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LA PROSPETTIVA Mignolli Gianluca m.

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La prospettiva è un insieme di proiezioni e di procedimenti di carattere geometrico-matematico che consentono di


costruire l’immagine della figura di uno spazio su un piano, proiettando la stessa da un centro di proiezione posto
a distanza finito. Un artificio geometrico che consente di rappresentare su una superficie piana un oggetto così
come appare all’occhio umano. Quindi, tra le tecniche di rappresentazione è quella che consente una
visualizzazione degli oggetti più vicina alla realtà.

Per quanto riguarda l’etimologia del termine, il vocabolo "prospettiva" è la forma femminile sostantivata di
"prospettivo", derivante a sua volta dal latino tardo "perspectivus", "che assicura la vista". Nel campo degli studi ottici
medievali la perspectiva indicava l'ottica stessa (perspectiva naturalis), intesa come percezione visiva. In particolare
indicava la pratica per misurare le distanze e le lunghezze inaccessibili tramite un rilevamento indiretto.

STORIA

I primi esempi dell’uso della prospettiva compaiono nell’arte figurativa romana in modo embrionale, privo di regole e
codifiche precise. Si parla più che altro di un tentativo di rappresentazione prospettica basata sulla sensibilità e
sull’intuito dell’artista. Nel periodo bizantino e durante l'alto Medioevo, i problemi connessi con la mimesi nella
rappresentazione furono quasi completamente trascurati, in quanto il fine delle arti figurative era evocare il
trascendente, e per questo si elaborarono stilemi anche assai raffinati, tralasciando però, anche volutamente, la ricerca di
effetti di un oggettivo realismo nelle immagini. Solo a partire dalla fine del Duecento, e soprattutto con l'opera pittorica
di Giotto, la restituzione illusionistica della realtà e la corposità delle figure tornò a essere un tema di interesse primario
e un obiettivo da raggiungere nelle rappresentazioni. Era perciò inevitabile che si sviluppasse la ricerca di espedienti e di
procedimenti atti a ottenere delle figurazioni in qualche modo corrispondenti al tipo di percezione visiva dell'essere
umano.

Una vera e propria rivoluzione della tecnica la si ebbe nel quattordicesimo secolo ad opera dell’artista e architetto
Filippo Brunelleschi (1377-1446). Con la sua grande maestria e la conoscenza approfondita del disegno tecnico,
l’architetto fiorentino adotta per la prima volta il sistema di rappresentazione prospettica a un unico punto di fuga, per
cui ne è anche l’inventore. La diffusione di questa tecnica fu rapida e accolta ben volentieri, perché in un’epoca di
rinnovamento come il Rinascimento anche le novità nel disegno rappresentarono una svolta in quella direzione.
Brunelleschi basò il suo approccio sugli studi di Euclide della percezione visiva, ossia dei raggi luminosi che dall’oggetto
si dirigono verso l’osservatore convergendo verso il centro dell’occhio sul piano della retina. Nella teoria formulata da
Brunelleschi i raggi proiettanti sono rette che toccano i vertici degli oggetti che si devono rappresentare, il centro di
proiezione è il punto di vista e la retina è il piano di rappresentazione.

Il procedimento geometrico teorizzato da Brunelleschi, che sostanzialmente conosciamo grazie alla prima trattazione
scritta dell'argomento, il De Pictura (1434-1436), scritto dall'umanista e architetto Leon Battista Alberti, al quale è
attribuita da alcuni critici la Prospettiva urbinate, fu completato e regolamentato da Piero della Francesca, verso la
metà del 1400. Egli scrisse il trattato “De prospectiva pingendi” che costituisce il primo studio organico della prospettiva
con la formulazione di un preciso sistema di leggi e procedimenti matematici.
Il contributo dell'Alberti fu anche determinante, proprio per la sua forma scritta. Importante fu senz'altro anche la
relazione di reciproca stima e di amicizia col Brunelleschi, testimoniata nel "Prologo" della versione in "lingua toscana"
del De Pictura, dedicato al più anziano architetto. A quest'opera divisa in tre libri, di cui il primo contiene aspetti
matematici, ovvero di ordine geometrico, si può far risalire l'inizio documentato della trattazione scientifica della
prospettiva.

Altro grande artista del Rinascimento che lasciò scritti sul tema fu Leonardo da Vinci, con notazioni e dimostrazioni
sparse nei suoi manoscritti (in particolare nel Manoscritto A, datato al 1492 e conservato all'Institut de France di Parigi).
È opportuno sottolineare il differente modo di riguardare il problema di Leonardo rispetto agli artisti delle generazioni
precedenti. Mentre l'Alberti, considerando le relazioni fra immagine e oggetto reale, pone l'attenzione su rapporti di
proporzionalità, Leonardo più sinteticamente mette a fuoco la similitudine, una delle proprietà che sarà fondamentale
nello stimolare i successivi sviluppi di ordine teorico, e con la mentalità dello scienziato dice anche:

"prospettiva non è altro che sapere bene figurare lo ufizio dell'occhio”.

In anni successivi, con la mancanza di sicure basi matematiche, le ricerche sul fenomeno della percezione visiva
venivano condotte con semplicissimi strumenti, premesse ai "prospettografi" usati poi nei secoli, o al massimo con
rudimentali camere oscure. Di questi strumenti e del loro uso, oltre alle descrizioni letterarie, abbiamo delle nitide
rappresentazioni in alcune notissime incisioni su legno di Albrecht Dürer, inserite come illustrazioni in un suo trattato
indirizzato ai giovani artisti, Underweysung der Messung mit dem Zirckel und Richtscheyt (Norimberga, 1525), con
testo in tedesco per la prima edizione germanica, poi tradotto in latino con il titolo Institutionum Geometricarum libri
quattuor e pubblicato postumo a Parigi nel 1532, con prefazione di Erasmo da Rotterdam.

Le esperienze accumulatesi nell'arco di oltre tre secoli erano tali che nel Settecento non esistevano ormai più segreti su
come allestire graficamente una veduta prospettica; fra le molteplici connotazioni e valenze che nel corso della sua storia
la prospettiva ha assunto non va certo dimenticato il suo uso a scopo illusionistico. Pur essendo questo un aspetto
sempre più o meno insito nelle immagini con essa ottenute, un precipuo interesse per la simulazione è evidenziato da
un particolare filone della pittura, quando con essa si vuole annullare la solidità della muratura per aprire illusivamente
verso il cielo, ma spesso anche allegoricamente, soffitti e volte. Una prima compiuta e celebre realizzazione di questa
tendenza la si ammira nella Camera degli sposi di Andrea Mantegna nel Palazzo Ducale di Mantova, affrescata negli anni
a cavallo del 1470.

Ma il maestro ritenuto esemplare per la prospettiva "da sotto in su" è, sempre nel XV secolo, Melozzo da Forlì, coi suoi
capolavori a Roma, a Loreto e a Forlì. Passando, dopo di lui, attraverso numerose esperienze, i cui episodi più salienti
sono nel Cinquecento la decorazione della cupola e del sottostante tamburo del duomo di Parma a opera del Correggio
e nel Seicento l'affresco di Pietro da Cortona sulla volta del salone di Palazzo Barberini a Roma (Trionfo della Divina
Provvidenza), si approda all'apice del percorso, nel raggiungimento di effetti che destano meraviglia e stupore, con
l'impresa dell'abate Andrea Pozzo nella navata centrale della chiesa di Sant'Ignazio a Roma (Gloria di Sant'Ignazio). Si
tenga conto che gli affreschi sono dipinti su superfici curve, e per fare in modo che guardandoli dal basso le linee
architettoniche e le figure non appaiono deformate, i pittori dovevano ricorrere a espedienti tecnici affini
all'anamorfosi, studiati anche sviluppando la superficie curva su cartoni piani, che poi venivano curvati per controllare
gli effetti visivi del disegno.

Fra il complesso degli espedienti messi in atto con finalità particolari vanno ricordati anche quelli per realizzare le
cosiddette "prospettive solide", in cui l'effetto delle linee si compone con quello del rilievo plastico, fino anche a
ottenere spazi che appaiono più profondi di quanto in realtà non siano. Tecnica molto probabilmente già usata nelle
scenografie teatrali in età ellenistica e romana, fu ripresa nel Rinascimento e nell'età barocca, e di essa furono dati
esempi memorabili, come il coro della chiesa di Santa Maria presso San Satiro in Milano, di Donato Bramante, parti
della scena del Teatro Olimpico di Vicenza, realizzate da Vincenzo Scamozzi a completamento del progetto di Andrea
Palladio, e la galleria di Palazzo Spada in Roma, di Francesco Borromini. Ora la tecnica è ovviamente studiata nelle
scuole di scenografia in quanto rimane un fattore di ricorrente uso nelle scene teatrali.

Il grande salto di ordine scientifico e tecnologico maturato nel XVIII secolo richiedeva anche una sistemazione delle
scoperte fatte nei secoli precedenti, inducendo a inserirle correttamente nelle diverse branche del sapere, secondo una
visione organica di coerenza e di appartenenza. Per quanto riguardava le conoscenze relative a tipi di rappresentazione
riconducibili alla geometria, il processo fu senz'altro favorito dalle esigenze che via via si presentavano nel campo della
progettazione di beni materiali, per la cui produzione il lavoro artigianale veniva sempre più sostituito dal sistema
industriale.

È merito soprattutto della cultura scientifica francese, giunta a un livello altissimo nel secondo Settecento, l'aver dato
una risposta adeguata alle varie istanze. Fu infatti Gaspard Monge il primo a ordinare la materia facendone un
organismo coordinato di vaste proporzioni, fissando anche in modo preciso i requisiti che un procedimento deve
soddisfare per essere considerato un "metodo di rappresentazione". A lui si deve il nome di "geometria descrittiva"
(passaggio dalla prospettiva rinascimentale di tipo centrale, a rappresentazioni su di un piano con modalità diverse
accidentale e obliqua) e il primo trattato sul tema, raccolta di lezioni che ebbe successive e numerose edizioni, e che si
diffuse rapidamente fuori dai confini francesi contribuendo a promuovere le ricerche e gli sviluppi nel campo.

In tempi più recenti sono state proposte concezioni fusioniste miranti a superare le divisioni che possono essere
ritenute solo apparenti, concezioni che sono parte di un dibattito di amplissime proporzioni e tendente a ricercare i
fondamenti strutturali su cui è costruito l'intero edificio della matematica, con la sua infinita rete di connessioni e
articolazioni. Ricerche che però non hanno messo in discussione la teoria fondante ritenuta ancora la più valida, quella
degli insiemi. Tutto ciò lascia comunque a margine l'operatore che si avvale tecnicamente di un determinato gruppo di
elementi, seppure essi facciano parte di un'immensa costruzione, o addirittura di un universo a sé stante, come è intesa
la matematica secondo la concezione neoplatonica di Roger Penrose. I metodi descrittivi di rappresentazione infatti
sono ancora quelli definiti nell'Ottocento, con le sole modifiche apportate alle abitudini degli operatori dalla normativa
tecnica, al fine di uniformare le convenzioni grafiche per rendere gli elaborati leggibili senza ambiguità alcuna.

Nel campo della pittura, è ovvio che la prospettiva non assolve più ad alcuna funzione da quando gli artisti, almeno
quelli più rappresentativi, hanno interrotto con decisione il filo di una continuità che nel passato era durata dalla
preistoria fino a quasi tutto l'Ottocento. Le avanguardie del Novecento, dal cubismo in avanti, mirano a espressioni e a
effetti che non hanno nulla in comune con le finalità di una prospettiva. Questa invece rimane un validissimo
strumento di indagine e di verifica per progettisti, architetti e designer, e per produrre immagini dei beni ideati o
costruendi da sottoporre all'attenzione di committenti e potenziali compratori.

Per tali scopi, una risorsa che offre prestazioni sotto vari aspetti enormemente superiori all'esecuzione manuale è quella
costituita dagli elaboratori elettronici. Oggi sono disponibili applicazioni software con cui si possono ottenere modelli
tridimensionali di qualsiasi oggetto, anche partendo dalle proiezioni ortogonali di esso, come anche si può avere la
visualizzazione di ambienti e spazi virtuali del tutto simili a quelli reali. È poi possibile osservare questi modelli da
qualsivoglia punto di vista, girando intorno a essi od entrandovi, visualizzando contestualmente innumerevoli
prospettive di essi.

Quanto si è detto ed esposto non vanifica affatto l'importanza di conoscere la struttura geometrico-matematica della
prospettiva, la cui validità rimane comunque inalterata come fattore scientifico. Inoltre, nelle fasi di ideazione e
progettazione di beni materiali riconducibili alle costruzioni, di qualunque genere esse siano, il lavoro grafico manuale
rimane spesso un passaggio ineludibile.

TECNICA

La prospettiva consente, quindi, di vedere gli oggetti esattamente come li percepisce l’occhio umano. Immaginiamo,
quindi, di guardare un oggetto senza muovere la testa e contemporaneamente con tutti e due gli occhi (visione
binoculare). Possiamo definire un cono visivo che partendo dall’occhio dell’osservatore includa tutto l’oggetto da
osservare. Questo dipende ovviamente dalla dimensione dell’oggetto e dalla distanza dell’osservatore da questo.
Dall’esperienza condotta scientificamente, si è dimostrato che l’angolo migliore di apertura del cono visivo deve essere
compreso tra i 30° e i 40°. Coni ottici con apertura maggiore generano aberrazioni ottiche simili a quelle che i fotografi
ottengono usando un grandangolare come obiettivo per la loro macchina fotografica.

L’altro fattore fondamentale per una buona riuscita della prospettiva è la scelta del punto di vista. E’ facile intuire
come sia possibile guardare un oggetto in infiniti modi e di come questo dipenda da tre parametri fondamentali:
posizione dell’osservatore, distanza tra l’osservatore e l’oggetto e l’altezza del punto di vista. Ad esempio, nella
prospettiva accidentale, l’asse visuale va collocato in corrispondenza della parte dell’oggetto che si vuole evidenziare (ad
esempio un lato dell’oggetto piuttosto che un altro).

Per capire come ciò avviene, è necessario definire alcuni elementi base della tecnica prospettica. In pratica si tratta di
osservare un oggetto e quindi di definire un osservatore (noi), scegliere l’oggetto da rappresentare, e immaginare di
frapporre tra noi e l’oggetto un piano virtuale verticale, come una lastra di vetro trasparente, che rappresenta il piano.

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