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2021
LA CIVILTA’ EGIZIA-dalla terra alla pietra
Origine dell’architettura per comprendere come si è evoluta nel tempo.
AREA: mezzaluna fertile, molto vasta, parte più orientale del tigre e dell’Eufrate(odierno Iraq). Origine
civiltà urbana. Prime città🡪 primi edifici. Aree legate all’abbondanza di acqua, una sorta di steppa molto
fertile. Acqua palestra per i primi “architetti”. La costruzione città passa per una costruzione
territoriale=dalle tavole in terracotta ritrovate si osservano mappe schematiche delle suddivisioni di campi
e tracciamento dei corsi d’acqua🡪 costruzione geometrica dello spazio fatto di confini. Recente tavola che
dimostra teorema di Pitagora prima di Pitagora. Nella mezzaluna fertile si viene a creare una classe di
TIRACORDE(tracciamento dei confini), classi di tecnici.
IL NILO
Si distingue in due aree: alto(nubia) e basso(foce). Acqua fonte di vita=civiltà si diffondono lungo il
Nilo(anche antica Roma)
Fiume=risorsa idrica fondamentale. movimentare merci e per trasportare materiali di costruzione
Nilo grande autostrada delle cave e cantieri.
Acque che cancellano i segni dei primi agrimensori-alluvioni necessarie(limo)🡪perdita dell’architettura in
terra cruda, la sopravvivenza della parcellazione fondiaria e del sistema irriguo per scorrimento.
Nilo fonte dei primi materiali da costruzione:
⮚ CANNE PALUSTRI GIGANTI: nascono nelle aree di sponda consentivano di costruire le prime
abitazioni. Stuoie di copertura di una struttura costituita da altre canne che vengono legate insieme
da legacci vegetali che formano fascio di canne che hanno la forma di una colonna.
Singola canna è fragile, mentre un insieme resistono. Es. due settori a arco parabolico piantati nel
terreno e legati in sommità, che reggono traverse lignee o di canne sui quali vengono legate le
stuoie(manto). Non sono rimaste, ma oggi vengono ancora realizzate nelle zone dei tigri e Eufrate.
Per ricavare tecniche🡪Modelli all’interno delle tombe come corredo funebre. Es. allevatori egizi con
mandria. La struttura dove ci sono le vacche=tettoia costituita da copertura stuoie canne o vimini(salici)
rette da fasci di canne legate(strozzature dei legacci che formano rigonfiature). Oppure costruzione leggera
in legno di palma da dattero o di acacia, fasci di canne e stuoie(oppure come un piedritto), e le pareti in
stuoie venivano rivestite con il fango del Nilo.
⮚ TERRA: frutto della composizione meccanica o chimica delle rocce, alla quale viene mescolata a
sostanze organiche. Materiali clastici incoerenti con diversa granulometrie: GROSSOLANI(ghiaia,
sabbia), FINI(limo) o FINISSIMI(argilla che agisce da legante unendo fra loro gli elementi). Le terre
venivano in genere scavate accanto al cantiere(fosse=pozze ed abbeveratoi).
⮚ ARGILLA: materiale fondamentale. Non può essere usata pura, perché soggetta a fenomeni di ritiro
in fase di essicazione(tende a fessurarsi e perde la sua coesione).
⮚ GESSO: (esula dal nilo)dal V-IV a.C. famosi intonaci a base di gesso=solfato di calcio, ottenuta dalla
cottura delle pietre a temperature fra 130-210° che determina un parziale perdita di molecole di
acqua. Mescolando la polvere ottenuta con almeno 20% di acqua si ottiene un legante di solfato di
calcio che non richiede inerti(una sorta di pasta che diventa una malta adesiva che lega mattoni o
intonaco)
A questi materiali di solito si aggiunge sgrassanti (additivi):
❖ Minerali=sabbia o ghiaia. Aumentano la resistenza a compressione
❖ Vegetali=paglia, erba, pula e fibre vegetali
Per:
❖ Aumentare la coesione del materiale, aumentare la resistenza meccanica
❖ Facilitare l’evaporazione dell’umidità interna e l’essicazione per prevenire la fessurazione
L’uso di casseforme(tecnica del pisé) sempre più robuste ha consentito di impiegare impasti di terra
relativamente più asciutti. Talvolta può bastare l’umidità naturale per formare la materia
Cosa si faceva con la malta?
o Capanne= realizzata con la tecnica del TAUF, ovvero del muro formato a mano senza l’uso di
casseforme
o Con cassaforma di vimini o legno, come nel PISE’ DE TERRE( Tecnica più duratura con sgrassanti
minerali=sabbia o ghiaietto),PISE’ DE CRAIE O TORQUIS-PISE’(con sgrassanti vegetali paglia torta e
tritata, pula di cereali, cenere) la paglia funge da armatura che irrobustisce e riduce l’erosione. Nel
pisè l’impasto va distribuito a strato nel CASSERO(2-3 m di lunghezza e 1 m di altezza) e ben battuto
con il cosiddetto MAZZAPICCHIO per estrarne l’acqua. Grandi blocchi di terra cruda. Uso malta di
argilla di muri con ciottoli usati spesso(tante acque) per la parte del basamento(muretto più
resistente all’umidità, sul quel innalzare il muro)*. I romani opus latericium e tecnica del piè nella
fase iniziale(es. capanna di Romolo sul Palatino)
o ADOBE, ovvero mattoni crudi
Di malta d’argilla(optimum del 30%) mista a sabbia/sassi/paglia e acqua o in malta di gesso( ottenuta dalla
cottura di pietre di solfato di calcio)
- La lavorazione di compattamento fatta calpestando la materia, può durare per ore
- L’impasto veniva mescolato da uomini o animali.
- La muratura poteva essere armata introducendo rami intrecciati, paletti o griglie di canne
- Un CORDOLO di pietra legato con malta di terra e di mattoni cotti all’IMPOSTA lo preservava
dall’umidità*
LA TIPICA CASA EGIZIA-molto semplice
- Un piano fuori terra
- Recintata da un muro anche merlato di protezione dell’ingresso
- Cortile chiuso
- Le stanze di base erano 3
- Rampa di accesso al letto
- Apertura per aereazione, luce e focolare(specie di antica canna fumaria). Che nella domus romana
viene trasformata in compluvium o impluvium ovvero luogo dove scendeva acqua piovana. La
maggior parte delle attività si svolgevano fuori dalla casa(orto,…)
- Le derrate alimentari potevano essere conservate in depositi voltati o a cupola
Case ritrovate nell’insediamento di Deir-el-medina destinato alle maestranze funerarie(quelli che
disegnavano tombe delle necropoli dei re, nella valle dei re)🡪lavoratori non schiavi, ma veri e proprio
esperti
PALAZZO NORD DI AKHENATON(famoso per aver introdotto monoteismo all’interno cultura egizia)distrutto
in mattoni crudi in adobe(formati a mano) più resistenti durante l’essicazione. El Amarna, nuovo regno,
1348-1335 a.C.
CASA YEMEN
Case forme di rudere ancor nel medio oriente Yemen🡪costruzione in pisè=casa yemenita simile a quelle
delle antiche egiziane un palazzetto. Parte fondale con materiali di rinforzo=SCARPA(basamento
AGGETTANTE rispetto filo muro). Struttura formata da corsi orizzontale Pisè di cui si distinguono elementi
verticali=impronte casseri.
Notiamo elementi cultura egiziana delle costruzioni in terra. Limiti:
- Economiche
- Performanti da punto di vista microclimatico🡪INERZIA TERMICA MOLTO ELEVATA(ambienti interni
temp. Costanti con il variare delle stagioni
- Elevato spessore muri🡪tanto più spessi quanto più alto muro. La terra non ha una PORTANZA
elevata (capacità di resistere al peso/compressione della struttura). Più edificio alto più peso. Peso
parete scarica sulla parte bassa.
- Non molto resistente al TAGLIO
- Sotto tenderà a sbriciolarsi🡪aumentare lo spessore🡪peso su superficie maggiore.
- Andamento a scarpa anche per le pareti🡪 il muro va RASTEMANDOSI, ma verticale verso l’interno.
Profilo a scarpa. inclinazione antiribaltamento
La cultura egizia è la più ricca di documenti icnografici relativi alle tecniche edilizie o artistiche. All’epoca
delle piramidi oltre all’oro si conosceva un solo altro metallo in grado di indurirsi al martellamento=RAME.
Che però non poteva essere impiegato come picconi o scalpelli per taglio diretto di conci di pietra che
avveniva attraverso cunei di rame
Utensili da CARPENTIERE ed ebanista: (per lavorare il legno)limitata tecnologia strumenti
egiziani(inadeguata per la pietra)
⮚ Segacci= unico strumento per tagliare con denti lisci
⮚ Punte di trapano ad archetto: che facevano il foro(passante, mentre buco non passa). Fuso in legno
con una punta. Una coppiglia(elemento convesso, protezione mano che premeva sul perno del
punteruolo. Filo legato alla punto e muovendo archetto come violoncello si faceva il foro)
⮚ Scalpelli
⮚ Sgorbie(scalpello da intaglio)
⮚ Lesine(punteruoli)
⮚ Asce
⮚ Scuri
⮚ Cote(affilatoi)
⮚ Martello di legno
Rilievi che mostrano artigiani al lavoro(mobile)(trono Tutankhamon con zampe di leone). Strumenti in
rame(dal 1950 a.C.) e poi in bronzo(1500 a:C.) fissati su impugnature e manici in legno. Operaio al centro
sta legando un pezzo di legno in una morsa lignea infissa nel terreno per ricavare assi.
Si procedette prima per FUSIONE dei pezzi interi e poi per FORGIATURA e battitura al fine di ottenere una
lama
Carpentieri al lavoro: l’operaio in alto a sinistra sta realizzando le gambe di un sedile servendosi di una
particolare ascia/pialla
I due operai in altro destra stanno levigando un pezzo di legno servendosi di pietre levigatrici
opportunamente sagomate
Quello in basso a sinistra impiega uno scalpello battuto d un martello in legno
L’operaio in piedi scolpisce gli ornamenti di una grande cassa servendosi di un piccoli martello in legno e di
un punteruolo metallico.
Piccole asce a mano
Per il fissaggio degli elementi lignei si impiegavano incastri a tenone e mortasa o a coda di rondine.
Arch. Egizie hanno perso i colori(anche quando di pietra). I pigmenti erano naturali:
- minerali, ossidi di ferro per rosso e terre per ocra.
- vegetali=erbe, piante
- Animali: murice(porpora fenici)
MINATORE/MURATORE(da fango o pietra), strumenti:
⮚ Squadre cave
⮚ Verificatori di piombo: verificava la verticalità del muro con filo a piombo
⮚ Telaio per mattoni(adobe o pisè)
⮚ Squadra convessa
⮚ Squadra concava
⮚ Archipenzoli: misurare orizzontalità superfici
⮚ Regoli(cubito reale 45-55cm=dimensione braccio, metro è napoleonico)
⮚ Picchetti tendifilo(tiracorde)(definire perimetri)
⮚ Sega ad arco
⮚ Picchetti livellatori: stabilire se superficie fosse piana
⮚ Leva: spingere blocchi o sollevare
⮚ Ceselli e scalpelli
⮚ Mazzuoli
⮚ Rulli e Cunei
⮚ Slitte in legno: poggiavano i blocchi o
Essere un ascensore.
Durante le prime dinastie per la lavorazione dei blocchi venivano utilizzati strumenti lapidei in
DIORITE( pietra basaltica), successivamente venivano usati in bronzo e in ferro.
LE PIETRE:
ARRIVO A ROMA
Prende il posto di Raffaello per il cantiere di s. Pietro ( bramante🡪Raffaello ( Fragicondo e san gallo🡪
peruzzi) lascia schizzi su come avrebbe finito lui il progetto bramantesco. Rinforzo con esedre interne alle
braccia della croce greca per rinforzare i pilastri. Rimangono 4 torri campanarie e la facciata che viene
ripresa da Michelangelo. Peruzzi congela l’idea di Bramante( di tenere la pianta a croce greca con 4 pilastri).
Prospetto: grande cupola colonnata. Non porta a termine il progetto: la cupola con Michelangelo e la
facciata e navata con Maderno.
- PALAZZO MASSIMO ALLE COLONNE a roma dopo 1527-1532
Le colonne in facciata danno il nome al palazzo. Concetto di palazzo moderno che si stacca da quelli del
400. Riassumerne carattere all’antica. Adattare lotti irregolari alle esigenze abitative. Lotto triangolare
asimmetrico, ma che dall’esterno risulta simmetrico. Sulla via ci sono palazzi della famiglia Massimo, 3
fratelli che dopo i sacco del 1527 realizzano questi palazzi. Strada crea un andamento curvo e su quella
curva cade il palazzo Pietro massimo. Facciata che è costituita da una loggia convessa su colonne libere a
gruppi di due (binate). Non si era mai vista loggia in facciata convessa. Conservare convessità per dare
maggior spicco e enfatizzare la facciata. Dalla facciata asimmetrica porta all’angolo del giardino ( dotato di
loggie, loggiato doppio) con a destra uno spazio che sembra una grotta con una fontana( ninfeo). L’edificio
doveva essere moderno e richiamare antichità e diventare museo per la collezione di anticaglie che
volevano esporre. L’uso della luce fanno risaltare la facciata( colonne risaltano, mentre il loggiato è scuro).
Via del paradiso cade sull’asse del loggiato. Piano terra un parnato? del bugnato. In questo palazzo vi è
l’ordine architettonico al piano terra ( non usuale). Piano nobile salone di rappresentanza, costituito da un
piano e mezzo( c’era anche finestre piccole come quella del mezzanino che alzavano il soffitto). Mezzanino
si trova nella parte alta del palazzo (doppio mezzanino)(anomala). Uso delle bugne che simulano opera
quadrata romana. Ordine tuscanico sotto e ionico sopra, dichiarato da finestre con parapetto. Nel vestibolo
vi sono gli stucchi che simulano parti marmoree che fregiano i cassettoni e le nicchie delle statue. Due
statue della collezione dei massimi. Portale ionico dell’ingresso. Le quattro facciate sono tutte diverse, non
regola sempre e comunque. Bocche di lupo: ( è una apertura di aerazione per locali interrati ricavata in una
delle pareti del locale; è utilizzata per prendere aria e luce dall'intercapedine, che al piano stradale è
provvista di aperture protette da grate o da appositi fossetti anch'essi provvisti di una copertura a grata.
In passato serviva anche per permettere di portare nelle cantine, con il badile, il carbone da riscaldamento
che veniva depositato all'esterno quando l'accesso allo scantinato non era possibile. Il muro all'interno
aveva una forma a scivolo che facilitava lo scorrimento in modo raccolto del carbone verso il basso)
nei cassettoni della volta e serviva ad alleggerire la trave e consentono di illuminare le volte. Anticaglie e
palazzo metà di grandi architetti. I soffitti sono tutti cassettonati.
Iacopo strada che si trasferisce anni ’60 in Germania ma che vuole avere disegno giulio
romano🡪1989 commissiona…
STRUTTURA:
1. ESTERNO: Il complesso monumentale di Palazzo Te si presenta agli occhi del visitatore con uno
sviluppo fortemente orizzontale. Progettato su pianta quadrata con un ampio cortile interno, il
palazzo si ispira concettualmente alla villa rustica antica, dove si privilegiano le vedute orizzontali in
un continuo dialogo tra architettura e ambiente circostante. A differenza dei palazzi urbani, Palazzo
Te prevede una distribuzione degli spazi nobili al piano terra, leggermente rialzato per
salvaguardarlo dalle piene del Mincio, e ambienti di servizio al piano superiore.
La decorazione dell’esterno e la scansione architettonica delle facciate sono tratte dal repertorio
antico. Giulio Romano crea un ordine unico ritmato dalla presenza di lesene che reggono una
trabeazione composta da architrave e fregio dorico con metope decorate. Le metope del lato nord
sono ornate con una serie di imprese gonzaghesche, mentre questi emblemi non compaiono nelle
altre facciate. Una cornice marcapiano fascia le facciate nord e ovest, che sono concepite in modo
unitario, anche se sono riscontrabili alcune differenze, come l’apertura a fornice unico sul lato ovest
e a tre arcate su quello nord. Tuttavia l’apparente rigore classico nasconde numerose licenze e
forzature, probabilmente legate a problemi costruttivi risolti genialmente dall’estro di Giulio
Romano. Nelle superfici prevalgono i conci lisci; bugne rustiche fasciano il basamento, al di sopra
del podio levigato, e incorniciano le aperture. La facciata meridionale, che prospetta su un cortile
escluso dal percorso di visita, è incompleta e mostra un paramento a intonaco che reca tracce di
architettura dipinta nel Settecento. La facciata orientale viene anch’essa rimaneggiata nel XVIII
secolo. No sovrapposizione dei piani. Unico piano di ordine gigante perfettamente finito con tema
della travata ritmica che si alterna con le parti bugnate costruite da grossi blocchi non finiti. Di
pietra non c’è nulla ma tutto realizzato con mattoni di terracotta e stucchi. Fronte occidentale dove
c’è l’ingresso parte regolare. Parte orientale non molto regolare perché si adatta alle preesistenze.
Attico cieco che concludeva piano e nascondeva le falde del tetto. Attico demolito anni ’70 del
1700. Atrio tetrastilo con nicchie. Fronte settentrionale dove si vedono divisione di parte femminile
e maschie. Interasse delle lesene non regolare. Buco con vecchia facciata del palazzo te.
2. INGRESSO: L'ingresso sul lato ovest del palazzo si apre in asse con il portale della loggia di Davide
oltre il cortile d'onore ed è ispirato architettonicamente all'atrium della domus romana descritta da
Vitruvio, secondo i trattatisti del XVI secolo. L'ambiente, di forma rettangolare, è tripartito: al
centro uno spazio voltato a botte con lacunari ottagonali e delimitato da quattro colonne (due per
lato) che reggono la volta; i vani laterali presentano una copertura piana. Le colonne di pietra, con
base e capitello rifiniti, hanno il fusto sbozzato a imitazione delle lavorazioni provvisorie della pietra
nella cava. Questa conformazione irregolare della superficie è richiamata dal bugnato rustico,
ottenuto con intonaco e stucco, presente in tutto il palazzo. Nell'atrio stesso tale tecnica viene
utilizzata per le lesene che scandiscono le pareti. Interessante è il gioco che Giulio Romano crea tra
vera e finta pietra, gioco che fa da specchio al rimando tra natura e artificio costantemente
presente nella decorazione del palazzo. Le lesene rustiche scandiscono quindi le pareti dell'atrio e
sono alternate a nicchie. Nella parte inferiore corre un gradino rivestito di lastre di pietra che lo
trasformano in sedile.
Alla destra dell'atrio si aprono due ambienti che nel Cinquecento venivano chiamati "tinello
pubblico" e "tinello privato per li ufficiali", locali adibiti a sale da pranzo per il personale al servizio
del principe e oggi utilizzate per esposizioni.
Memoria atrio romano tetrastilo(megaron). Colonne rustiche non finite. Villa del te deve essere
rustico, legato alla campagna. Unione tra non finito e finito raffinato. Loggia di davide che segue la
stanza delle aquile ( davide di golia che ha vinto contro ogni pronostico e le altre imprese), posside
gruppi tetrastili che abbbiamo visti nella farnesina( serliane). Nel palazzo c’era un equipe, i suoi
allievi realizzavano dipinti ( fedeli e infedeli). Prematiccio stuccatore che dal te va in francia dove
lavora per francesco I e porta rinascimento in frnacia, altri partono evanno in baviera per realizzare
cstello pirnipessa sissi. Da giulio romano partono maesti che portano lessivo di giulio e di roma
ovunque. Parte caldo invernale e politico, di rappresentanza.
3. CAMERA DELLA METAMORFOSI DI OVIDIO: La stanza, detta "camarino" nelle fonti per le sue
modeste dimensioni, deve il suo nome al soggetto di alcune rappresentazioni mitologiche
raffigurate nei fregi, ispirate alle "Metamorfosi" di Ovidio. A partire dalla parete di ingresso,
procedendo verso destra, i soggetti ispirati alla mitologia sono: Orfeo agli inferi; Il supplizio di
Marsia (parete sud); Il giudizio di Paride; Bacco e Arianna; Danza di satiri e menadi (parete ovest);
La sfida tra Apollo e Pan; La visita di Bacco; Menadi e satiro (parete est). Ai temi mitologici si
alternano paesaggi di fantasia, tranne il paesaggio sulla parete nord, a destra della finestra, che
mostra una veduta reale di Palazzo Te come doveva apparire dalle mura di Mantova nel 1527,
quando il palazzo era ancora in costruzione sull'omonima isola.
Per le decorazioni pittoriche, di gusto antiquario, sono ricompensati nel 1527 i pittori Anselmo
Guazzi e Agostino da Mozzanica. Il camino, in marmo rosso di Verona, é sovrastato dall'impresa del
Monte Olimpo e reca la scritta dedicatoria: "Federico II Gonzaga quinto marchese di Mantova".
L'iscrizione documenta che l'allestimento dell'ambiente risale a prima del 1530, anno in cui
Federico viene insignito del titolo di duca dall'imperatore Carlo V. Le pareti di questa camera, così
come quelle della maggior parte del palazzo, sono prive nella parte inferiore di decorazioni perché
coperte in origine da lussuosi arazzi o cuoi. Sulla parete nord, sotto il cornicione di legno, é visibile
una porzione di fregio di stile mantegnesco, risalente al 1502 e appartenente alla preesistente
fabbrica delle scuderie di Francesco II Gonzaga, padre di Federico. La camera di Ovidio e le due
successive stanze costituivano in origine un appartamento.
Ovidio bibbia dei pittori e decoratori di questi palazzi e ville.
4. CAMERA DELLE IMPRESE GONZAGHESCHE: L'ambiente, analogo al precedente nell'impostazione
dello spazio e degli apparati ornamentali, prende la denominazione dal soggetto principale del
fregio: le imprese della famiglia Gonzaga. L' impresa è un elemento simbolico determinato da una
figura ("corpo") e da un motto ("anima"), ma anche sola figura o solo motto, attraverso il quale chi
lo adottava desiderava esprimere, in maniera enigmatica e ideale, virtù, affetti, princìpi morali,
eventi personali significativi. A partire dalla parete nord, procedendo verso destra, le imprese
raffigurate sono: Cane; Cavedone o Alare (parete nord); Cintura; Monte Olimpo; Museruola; non
identificata; Torre (parete est); Sole; Stemma Gonzaga; Ramarro (parete sud); Boschetto;Crogiolo;
Ali; Tortora; Guanto (parete ovest). Tra le imprese più ricorrenti nel palazzo figurano quelle del
Ramarro e del Monte Olimpo. La prima, accompagnata dal motto: "QUOD HUIC DEEST ME
TORQUET", "Ciò che manca a costui tormenta me", è riferita alla passione ardente di Federico per
la sua favorita, Isabella Boschetti, contrastante con il sangue freddo del rettile.
La seconda, accompagnata dal motto: "FIDES/ΟΛΥΜΠΟΣ", Fede/Olimpo", esprime il concetto di
fedeltà, per le ceneri che, poste sull'altare alla sommità del monte, rimangono immobili sopra.
Il camino, in marmo rosso e giallo di Verona, con l'impresa del Ramarro, reca l'iscrizione:
"F[edericus] II M[archio] M[antue] V", "Federico II quinto marchese di Mantova". emblemi che
connotavano il carattere della famiglia, motto in figura( es. sole radiante di Ludovico Gonzaga,
anche nei plutei di s. Sebastiano; Federico II Gonzaga simbolo salamandra e olimpo). Collezionista
di monete, stucchi riprendevano. Doppia loggia attaccate, una rivolta verso sud per le passeggiata
invernali.
5. CAMERA DEI CAVALLI: Destinato all'accoglienza degli ospiti e alle più importanti cerimonie,
l'ambiente, eseguito probabilmente tra il 1526 e il 1528, prende il nome dai ritratti dei superbi
destrieri dipinti con nobile portamento a grandezza naturale nella parte inferiore delle pareti
affrescate. Federico, come il padre e i suoi avi, li allevava nelle celebri scuderie gonzaghesche e li
teneva in massimo conto, considerandoli l'omaggio più alto che si potesse fare ad un amico o ad un
ospite illustre. Due dei sei cavalli recano ancora in basso il proprio nome: Morel Favorito, il cavallo
grigio della parete sud; Dario, il destriero più chiaro della parete nord. I cavalli, che spiccano sullo
sfondo di paesaggi, dominano una grandiosa architettura dipinta alle pareti, ritmata da lesene
corinzie e nicchie che ospitano statue di divinità o, sopra le finestre, busti di personaggi. La parte
superiore della campata è caratterizzata invece da finti bassorilievi di bronzo che raccontano le
fatiche di Ercole. Il fregio che corre alla sommità delle pareti, all'angolo delle quali sono ritratte
quattro aquile gonzaghesche, è popolato da puttini e puttine che si muovono tra graziosi girali
variopinti e mascheroni. Il soffitto, in legno dorato su fondo blu, nei cassettoni racchiude rosoni e le
imprese più ricorrenti del palazzo: quelle del Ramarro e del Monte Olimpo. Prospettiva che ha
architettura e figura che sembrano aggettare.
6. SALA DI AMORE E PSICHE(sala da pranzo): L'ambiente, il più sontuoso del palazzo per la ricchezza e
il pregio delle decorazioni, deriva il proprio nome dalla favola di Amore e Psiche, tratta dalla
"Metamorfosi"; di Apuleio, narrata sulla volta e nelle lunette. La sala, detta "camaron quadro" in
una descrizione cinquecentesca di Jacopo Strada, è uno spazio destinato ai visitatori di maggior
prestigio. Lungo la cornice che corre ai piedi delle lunette, a partire dalla parete est, quella che
ospita il camino di marmo rosso veronese, si legge l'iscrizione che ricorda i titoli di Federico
Gonzaga e il ruolo attribuito alla villa, destinata all'"onesto ozio" dopo le fatiche dell'attività di
governo ("HONESTO OCIO POST LABORES AD REPARANDAM VIRT[utem] QVIETI CONSTRVI
MANDAVIT"). I passi della favola di Amore e Psiche prendono il via dall'ottagono della volta della
parete ovest, con la raffigurazione di Venere, su un carro trainato da cigni, mentre indica ad Amore
la fanciulla Psiche affinchè questi la punisca. L'intreccio narrativo, proseguendo in maniera non
lineare sulla volta e nelle lunette, sprigiona la propria apoteosi nel riquadro al centro del soffitto,
dove Giove unisce in matrimonio Psiche e Amore. Sulle pareti sud e ovest sono rappresentati i
preparativi di un banchetto ambientato in campagna. Sono presenti Amore e Psiche, con la figlia
Voluttà, sdraiati su un letto (parete sud). Altre favole mitologiche, che narrano di amori contrastati,
decorano le pareti nord ed est: Bagno di Marte e Venere (parete nord, a sinistra); Bacco e Arianna
(al centro); Venere e Adone (a destra); Giove e Olimpiade (parete est, a sinistra); Polifemo con
Galatea e Aci (al centro); Pasifae e il toro (a destra). Gli affreschi sono databili tra il 1526 e il 1528.
Inizia da questa camera la serie di pavimenti tardo settecenteschi "a terrazzo" . sul giardino con
temi amorosi e dell’ozio( cucina e amore) dopo il lavoro. Tele dipinte disordinatamente con la sotira
di amore e psiche, che si concludeva sulle pareti con lo sposalizio, che occupa due pareti( sud e
occidentale) . Novità a mantova con figure a tutto tondo, nudo e a dimensioni naturali. Architettura
vegetale che costituisce una sorta di loggia ideata da raffaello per la Farnesina. Parete
settentrionale e orientale con altri temi amorosi.
7. SALA DEI VENTI: La camera, di cui si hanno notizie risalenti al 1527-1528, prende il nome dai volti
personificati dei venti che soffiano nella parte bassa della volta. L'ambiente è dedicato al tema
dell'astrologia. Il motivo dell' influsso delle stelle sui destini dell'uomo, trova riscontro nell'iscrizione
di Giovenale sulla porta della parete sud: "DISTAT ENIM QVAE SYDERA TE EXCIPIANT", "Dipende
infatti da quali stelle ti ricevano [quando nasci]". La volta vede al centro l'impresa del Monte
Olimpo, circondata da divinità: partendo dall'esagono con Giunone sul carro trainato da pavoni, a
destra si incontrano: Nettuno; Minerva; Venere; Apollo; Mercurio; Giove; Cerere; a fianco
dell'impresa: Marte e Diana nei due esagoni affrescati e Vulcano e Vesta nei due riquadri modellati
a stucco. Più in basso si trovano i segni dello Zodiaco, in stucco a finto bronzo, alternati alla
personificazione dei mesi. L'influsso delle costellazioni associate ai segni zodiacali, è raffigurato nei
medaglioni. Partendo dalla parete sud, si susseguono: Capricorno-Serpentario: Incantatore di
Serpenti; Acquario-Aquila: Il generale vittorioso; Pesci-Balena: Pescatori di grandi pesci degli abissi;
Ariete-Nave e Delfino: I navigatori; Ariete-Auriga: Musiche di pastori. Parete ovest: Toro-Zoccolo
del Toro: Gladiatori; Gemelli-Lepre: Ippomene e Atalanta; Cancro-Orione: Cacciatori. Parete nord:
Cancro-Orione: Pescatori; Leone-Cane: Cacciatori di grandi belve; Vergine-Corona: L'offerta delle
ghirlande; Bilancia-Saetta: La caccia agli uccelli acquatici; Scorpione-Altare: Sacerdoti. Parete est:
Scorpione-Centauro: Auriga; Sagittario-Arturo: Prigionieri; Sagittario-Arturo: Custodi di palazzi
regali. Il camino, in marmo di Brentonico come le mostre delle porte, reca i titoli di Federico II. Sala
astrologica oltre camera dei psiche, dove Carlo V (1530-1532 due volte viene)imperatore di spagna
ammira il soffitto. Raffigura influsso degli assi nella vita degli uomini. Esagoni verticali con i dodici
mesi con iconografi antica. Todini con i venti che soffiano. Gli dei che dominano su tutto e
attraverso i venti influiscono sulla vostra vita. Le camere delle aquile che rappresentano la forza dei
Gonzaga, ma anche temi amorosi, eros che vince su tutto.. amore vince su tutto( amorini che
vincono qualcuno). Figura di fetonte( ruba carro del sole e comincia e gira per la volta celeste).
8. Zona formata da lettine : CAMERA DEI TRIONFI
9. CAMERA DEGLI STUCCHI, nella quale lavora primaticcio; Lavorata con elevata maestria da
Francesco Primaticcio e Giovan Battista Mantovano, probabilmente tra il 1529 e il 1531, la camera è
interamente ornata da eleganti stucchi. Le pareti sono percorse da un doppio fregio che illustra un
lungo corteo di militari romani in marcia. La composizione, che si sviluppa per oltre sessanta metri e
annovera circa cinquecento figure, può essere osservata a partire dalla coda del corteo, fissata sulla
parete sud, all’angolo sinistro della fascia superiore. Qui si vede uscire da una porta urbana la
retroguardia dell’esercito, composta da soldati, donne e bambini, carri con provviste.
Risalendo il corteo, sulla parete ovest, si incontrano prima dei soldati armati di lancia, poi i portatori
di insegne. La parete nord è dedicata alla rappresentazione di militi al guado, di arcieri e portatori di
insegne. La fascia superiore si esaurisce sulla parete est, che presenta arcieri e lancieri a cavallo. Il
corteo prosegue nella fascia inferiore della parete sud, dove al centro è raffigurato l’imperatore a
cavallo mentre impartisce ordini con la mano tesa, preceduto da littori e suonatori a cavallo. Più
avanti, nella parete ovest, si notano astrologi e indovini. La marcia ha seguito nella parete nord con
cavalieri al guado, un carro con armi e un cammello carico di bagagli. La maestosa scena si conclude
sulla parete est, dove due squadroni di cavalieri, il primo con corazze a squame, si lanciano al
galoppo. La volta a botte è ornata con delicati bassorilievi che ritraggono personaggi del mito e
della storia classica. Le lunette sono occupate da nicchie con pregevoli figure ad altorilievo di Marte
(parete ovest) ed Ercole (parete est). I due personaggi sono sovrastati dalle Vittorie, disposte a
corona.
10. CAMERA DEI CESARI con episodi dei grandi imperatori; La camera, i cui lavori potrebbero risalire al
biennio 1530-1531, è così chiamata per i soggetti dipinti sulla volta, esaltati come esempi virtuosi
tratti dalla storia antica. L’affresco nell’esagono al centro della copertura a schifo è dedicato
all’episodio, narrato da Plinio, Cesare ordina di bruciare le lettere di Pompeo. La scena è volta a
celebrare la grandezza d’animo di Cesare che, dopo la vittoria di Farsalo, si rifiutò di leggere le
lettere che provavano il legame tra il nemico vinto Pompeo e i notabili di Roma. Anche i due tondi
sui lati lunghi della volta ripropongono esempi di nobili gesti di antichi sovrani e condottieri:
Alessandro Magno che ripone l’Iliade in uno scrigno (parete sud), onora la nobile decisione di
Alessandro di riporre i libri di Omero in uno scrigno d’oro sottratto al nemico vinto Dario, re di
Persia; La continenza di Scipione (parete nord), glorifica la rinuncia di Scipione a trattenere una
giovane prigioniera. Le vele della volta sono occupate da sei rettangoli verticali con figure di
imperatori e guerrieri: Alessandro Magno (parete est); Giulio Cesare; Signifer o portainsegne
(parete sud); Augusto (parete ovest); Guerriero; Filippo di Macedonia (parete nord). Gli angoli della
copertura, ornati a ottagoni intrecciati su fondo azzurro, ospitano nella parte inferiore quattro
ovali, sostenuti da putti e Vittorie alate, con le seguenti imprese gonzaghesche: Boschetto (angolo
est-sud); Monte Olimpo (angolo sud-ovest); Ramarro (angolo ovest-nord); Zodiaco (angolo nord-
est). Quest’ultima presenta la terra immobile nell’universo, come sottolinea il motto: “IN EODEM
SEMP[ er]”, “Sempre nello stesso luogo”. Il fregio è tardo settecentesco (l’originale è andato
perduto).
11. CAMERA DEI GIGANTI: Erano i Giganti grandi di statura,
che da' lampi de' fólgori percossi ruinavano a terra... "[G. Vasari]
L’ambiente, eseguito in via definitiva tra il 1532 e il 1535, narra la vicenda della Caduta dei Giganti,
tratta dalle Metamorfosi di Ovidio. La camera è la più famosa e spettacolare del palazzo, sia per il
dinamismo e la potenza espressiva delle enormi e tumultuose immagini, sia per l’audace ideazione
pittorica, volta a negare i limiti architettonici dell’ambiente, in maniera tale che la pittura non abbia
altri vincoli spaziali se non quelli generati dalla realtà dipinta. Giulio Romano infatti interviene per
celare gli stacchi tra i piani orizzontale e verticale: smussa gli angoli tra le pareti, gli angoli tra le
pareti e la volta e realizza un pavimento, oggi perduto, costituito da un mosaico di ciottoli di fiume
che prosegue, dipinto, alla base delle pareti. Con questo stupefacente artificio unitario e
illusionistico, l’artista intende catapultare lo spettatore nel vivo dell’evento in atto, per produrre in
lui stupore e sensazione di straniamento. La scena è fissata nel momento in cui dal cielo si scatena
la vendetta divina nei confronti degli sciagurati giganti che, dalla piana greca di Flegra, tentano il
vano assalto all’Olimpo, sovrapponendo al massiccio dell’Ossa il monte Pelio. Giove, rappresentato
sulla volta con in pugno i fulmini, abbandonato il trono, scende sulle nuvole sottostanti, chiama a sé
l’assemblea degli immortali e, assistito da Giunone, punisce i ribelli: alcuni dei giganti vengono
travolti dal precipitare della montagna, altri sono investiti da impetuosi corsi d’acqua, altri ancora
vengono abbattuti dal crollo di un edificio. La scena, in origine, era resa ancora più drammatica dal
bagliore delle fiamme prodotte da un camino realizzato sulla parete tra le finestre. Il pavimento,
ideato da Paolo Pozzo, risale al secondo Settecento. Triclinio estivo (camera da pranzo), unicum
non distinzione tra soffitto e pareti, decorazioni sono uniche in tutta la stanza. Nuvole disegnano il
pennacchi e si realizzano cupola. Tema è la gigantomachia( guerra tra giganti e giove, badate che io
e l’imperatore siamo forti). Lanterna ombrellone che copre il trono. Vasari dice Il pavimento era
fatto di ciottoli e avere senso di instabilità dato dai resti caduti dall guerra, doveva esserci una
camino🡪 fuoco dare senso della fine del mondo. Serliana che viene giù con i giganti. Gioco della
palla( campo da tennis al coperto) e bagno caldo
- APPARTEMANTO DI TROIA 1536-39
Nell'aprile del 1521, due anni dopo la morte di Francesco II Gonzaga, il primogenito Federico, che nel 1519
non aveva ancora raggiunto la maggiore età ed era salito al potere sotto la tutela della madre Isabella
d'Este, assume a tutti gli effetti la guida dello stato. Il nuovo marchese passerà alla storia non solo per il suo
opportunismo politico bensì anche per il suo talento di collezionista e committente ed in particolare per
aver voluto a Mantova Giulio Romano, che per più di vent'anni detterà legge artistica alla corte dei
Gonzaga, orientando il gusto dell'intera città sulle rive del Mincio. Sotto la sua stella, nei sogni del principe,
Mantova sarebbe dovuta diventare una nuova Roma e, di conseguenza, uno dei centri propulsivi della
maniera moderna. Secondo la tradizione degli studi, gli interventi di Giulio Romano in Palazzo Ducale
possono essere distinti in due fasi. La prima, cominciata e conclusa nel 1531, riguarderebbe solo la
sistemazione del doppio appartamento in Castello e la costruzione della Palazzina destinata alla sposa; la
seconda, svolta tra il 1536 e il 1539, riguarderebbe, invece, la realizzazione del cosiddetto Appartamento di
Troia in Corte Nuova e la fabbricazione dell'edificio della Rustica, di fronte alla loggia del nuovo
appartamento di rappresentanza, al di là del Prato della Mostra. Buona parte della sontuosa decorazione
dell'Appartamento di Troia è purtroppo scomparsa. Nonostante i grandi recuperi del primo Novecento, che
hanno restituito dignità agli ambienti progressivamente degradati nel corso dei secoli, nulla rimane, infatti,
degli oggetti mobili e degli arredi che integravano gli affreschi ed i ricchissimi ornamenti in stucco ricordati
anche da Vasari. Per la Sala di Troia Giulio concepisce una composizione estremamente dinamica ed
illuministica che fonde pareti - dove si rappresentano episodi distinti - e soffitto - dove, invece, la battaglia
appare continua - sfruttando il trucco visivo degli alberi che si alzano nei quattro angoli della volta
collegando le scene, ma nella sala non c'è traccia della sua mano. L'esecuzione, infatti, di molto inferiore
alla genialità dell'idea delle figure umane e animali che si "girano e torcono nello spazio" avvicinandosi ed
allontanandosi tanto da creare un effetto tridimensionale, è lasciata ai discepoli, dei quali il maestro si dice
insoddisfatto. Per questo oltre a realizzare tutti i disegni, Giulio interviene anche sui cartoni. di regola
lasciati agli assistenti. Sotto la volta della sala rettangolare gira un sottile cornicione di stucco dorato e i
dipinti delle pareti sono distinti in quadri a loro volta circondati da analoghe cornicette dorate. (RAGOZZINO
2003, pp. 151-166).
La sala è dipinta con grandi scene relative alla guerra di Troia. I soggetti vennero suggeriti dal cremonese
Benedetto Lampridio, cultore di lettere latine e greche e precettore del principe Francesco Gonzaga; la
storia inizia sulla parete meridionale dedicata a Paride e alle vicende che portarono alla guerra, Il sogno di
Ecuba, il giudizio di Paride, il ratto di Elena; a Paride si contrappone l'eroe greco Achille con le due storie,
una sulla parete opposta, Teti nella fucina di Vulcano, e sulla testata ovest, Teti consegna le armi ad Achille.
Tre altre scene illustrano punizioni divine: La costruzione del cavallo di Troia, La morte di Laocoonte e dei
suoi figli sulla parete nord, Aiace fulminato sullo scoglio sulla testata est. Sopra il cornicione, nella volta a
padiglione, si svolge ininterrottamente una lunga serie di battaglie. Sui lati sud, ovest e nord sono gesta di
Diomede tratte dal libro V dell'Iliade, concordemente spiegate come Diomede ferito da Pandaro, Diomede
scaglia un masso su Enea salvato da Venere, Diomede uccide Flegeo, Igeo e Pandaro; sulla testata est è il
Combattimento sul corpo di Patroclo (Iliade, XVII); incerta rimane l'interpretazione di altri episodi. Anche il
cielo della volta presenta qualche difficoltà di lettura. Vi si vede al centro Giove, Giunone e Ganimede con
Venere (o Ebe?) svenuta, mentre altri dei - Vulcano, Diana, Minerva - e la Fama seguono la battaglia. La
fonte letteraria di questa estesa rappresentazione va ovviamente ricercata in Omero, probabilmente
secondo il commento medioevale di Eustazio di Tessalonica, ma certamente vennero utilizzate anche
l'Eneide e le Favole di Igino. Il significato sembra comprensibile alla luce degli avvenimenti politici
dell'epoca. Federico II acquisisce il Monferrato, e la scelta di campo per i greci vincitori vuole forse alludere
all'antico feudo dei paleologhi che vantavano la discendenza dall'Impero d'Oriente. L'illusionistico affresco
della volta diventerà, specialmente in età barocca, il modello per innumerevoli simili decorazioni, sebbene
non sempre Giulio sia rimasto soddisfatto dell'esecuzione, condotta materialmente dagli allievi, Rinaldo
Mantovano, Fermo Ghisoni e Luca da Faenza e per gli stucchi da Andrea del Golfo (BERZAGHI 2014, p. 10 ).
Palazzo ducale che dal medioevo arriva fino al 700. Per Federico II chiamato per realizzare l’appartamento
di troia n=4 ( ancora elente letterario). Costruito vicino ai laghi sul lato est e il ponte di s. Giorgio.
appartamento realizzato subito dopo palazzo dl te. Appartamento che si trova tra tre giardini. Giardino
pensile al piano nobile. Nella numero due aveva messo la moglie distante da lui. Appartamento come una
sequenze di camere. A queste camere lavora anche tiziano chiamato per realizzare la camera dei dodici
cesari( lo studiolo) ritratti distrutti. Sotto i ritratti cera un armadiatura rivestita di legno con panelli dipinti da
giulio con la vita degli imperatori. Aldo mantovano pittore allievo di giulio. giardino pensile che era parteto
su un lato. Dopo il 1538-40 Federico vuole un’altra (fondazione della palazzina della rustica) palazzina dalla
parte opposta all’appartamento i troia, dove progetta una loggia doppia mensola che ha una terza
campata. Uso dell’elemento rustico e bugnato. Viene collegata attraverso le mura( corridoio e un altro
coperto) simile al casino e i palazzi vaticani. Aggiunge la facciata loggiata verso il giardino grande( bugne e
le colonne tortili) . si passa da una decorazione 2D( troia) a una 3D( rustica). Loggia giuliesca . La corte
nuova: sezione parzialmente aperta, fino alla Sala di Troia inclusa. Questo nucleo comprende più edifici
costruiti dal secolo XVI e aggregati nel tempo alle fabbriche più antiche. Dal Castello infatti si accede,
mediante lo Scalone di Enea, alla Sala di Manto, l'ambiente delle feste che fa parte dell'Appartamento
Grande di Castello costruito dal duca Guglielmo. Dal salone principesco si entra nell'Appartamento di Corte
Nuova abitato dal duca Federico II, che comprende la Sala dei Cavalli, la Sala delle Teste e la Sala di Troia
(ornate da affreschi di Giulio Romano e della sua bottega), oltre che dalla Camera dei Cesari e da un
delizioso giardino pensile, detto dei Cani. Si attraversa la Galleria dei Marmi o dei Mesi, che si affaccia sul
Cortile della Cavallerizza, per percorrere la lunga Galleria della Mostra che immette nell'Appartamento
giuliesco detto dell'Estivale o della Rustica. Oppure si può proseguire per entrare nell'Appartamento delle
Metamorfosi da cui, nella bella stagione, si può accedere al Giardino dei Semplici.
Le eccellenze
La maestosa Sala di Manto, salone delle feste del duca Guglielmo. L’Appartamento di Troia con le eroiche
scene giulesche ispirate alla vicende delle guerra fra troiani e greci. Sontuosa anche la Galleria della Mostra,
dove nel sec. XVII si trovavano le collezioni gonzaghesche: qui era conservata la Morte della Madonna di
Caravaggio, acquistata da Rubens per il duca Vincenzo I.