Sei sulla pagina 1di 54

DIDATTICA E METODOLOGIA DELL’INSEGNAMENTO DELLA STORIA DELL’ARTE – FINARDI

02/03/2022

Tutti i lunedì e mercoledì ad eccezione di lunedì 7 marzo

Inserimento della disciplina della storia dell’arte nelle scuole superiori, dal vivace dibattito

che si apre alla fine dell’800. Didattica per competenze, lezioni partecipate. Insegnamento

trasversale dell’educazione civica, che contributo può dare l’insegnamento della storia

dell’arte? Rapporto scuola – museo, percorso per le competenze trasversali e per

l’orientamento (PCTO).

IN SERIMENTO DELLA STORIA DELL’ARTE NEI CURRICOLA SCOLASTICI che

avverrà progressivamente a partire dalla fine dell’800 fino a delle indicazioni, circolari del

Ministero degli inizi del ‘900. L’inserimento della disciplina come disciplina autonoma è

un tema legato a due altri temi: inserimento della disciplina in università come disciplina

accademica ed è collegato anche alla tutela del patrimonio artistico (tre aspetti correlati ed

interconnessi). La nascita della storia dell’arte come disciplina scientifica autonoma inizi

‘800 quando studiosi come Cavalcaselle e Morelli si impegnano a costruire identità

culturale e linguistica che è quella della nuova Italia, l’Italia unita: legame tra la tutela

patrimonio e i valori comuni del paese, come elemento di coesione. Dopo unità d’Italia

dibattito vivace sulla tutela che è legato alla nascita della storia dell’arte come disciplina

autonoma, era un periodo in cui stavano avvenendo cambiamenti importanti che

interessavano il nostro patrimonio (soppressione dell’asse ecclesiastico, abolizione del

fidecommesso. Questo ha favorito la dispersione del patrimonio e un mercato artistico

sempre più vivace, nel 1863 Cavalcaselle (Venturi lo definirà il primo storico dell’arte

nazionale) scrisse “Sulla conservazione dei monumenti e degli oggetti di Belle Arti e sulla riforma

dell’insegnamento accademico”, una memoria in cui poneva l’attenzione sulla gestione e la

valorizzazione del patrimonio artistico italiano: “…provvedere alla conservazione delle

opere antiche, col riordinare le gallerie, col dimostrare le scuole degli antichi nostri maestri

per mezzo delle loro opere, non che colla ricerca dei documenti atti a correggere i molti

errori che s'incontrano anche nella storia dell'arte, e col fornire in tal modo allo studioso gli
esempi e le notizie tanto necessari alla sua educazione artistica. Di più, sarebbe opportuno

che in quelle località dove fosse formata una scuola degli antichi maestri, si facesse un

corso di storia davanti alle opere da essa prodotte.”

Importanza anche di una scuola e di una formazione in cui ci sia un contatto diretto con

l’opera d’arte, inizia a toccare un tema caro agli storici dell’arte. Quando noi parliamo di

questi studiosi come Morelli e Cavalcaselle dobbiamo tener presente che in questo periodo

storico la cultura italiana è fortemente influenzata dal pensiero di Croce, nel 1902 esce

l’Estetica di Croce: associa l’arte all’intuizione, distinta dalla conoscenza intellettiva, l’atto

estetico è forma e niente altro che forma (arte come forma assoluta, libera dai condizionamenti

della realtà e della storia, gli aspetti tecnici vanno in secondo piano). Ripercussioni enormi.

Grazie allo stimolo dato da questi studiosi iniziano nella scuola italiana le prime

sperimentazioni di storia dell’arte, inserita come facoltativa, liceo classico e alcune scuole

chiamate normali e in pochissimi istituti tecnici. Nel momento in cui inizia la

sperimentazione si accende un dibattito fino a inizi ‘900 i cui temi fondamentali sono: qual

è il ruolo della storia dell’arte nelle scuole? Come superare opposizioni al suo

insegnamento? A quali professori affidare l’incarico? (Adolfo Venturi darà un contributo

importante su questo ultimo tema). Insegnamento storia dell’arte nell’ambito della storia

della filosofia o della letteratura italiana e il dibattito si avvia nel 1899 quando Enrico

Panzacchi (poeta, deputato, direttore della Pinacoteca di Bologna e titolare della cattedra

di Estetica e storia dell’arte moderna di Bologna) pubblicherà un articolo intitolato “La

storia dell’arte nelle scuole”: si potranno certo migliorare le leggi e rinforzare la vigilanza; ma io

sono convinto che il miglior presidio dei nostri tesori artistici e la loro prima difesa – senza della

quale tutte le altre saranno sempre manchevoli – dovrà cercarsi e trovarsi nel rinato amore del gran

pubblico italiano per la più simpatica delle nostre glorie, che è insieme la più espansiva delle nostre

energie etniche; in un amore affettuoso, geloso, sollecito, forte del consenso di tutti e convertito in

vero alito della nostra vita di popolo. Per amore bisogna conoscere”. Scarsa conoscenza della

storia dell’arte e confronto con la Francia dove già si erano formate delle cattedre di storia

dell’arte nelle università e sottolineava il grave ritardo dell’Italia. Qual era l’ostacolo che

veniva portato avanti? Come inserire la storia dell’arte nell’insegnamento, all’interno del
quadro orario, perché all’epoca si pensava soprattutto ai percorsi liceali che apparivano già

carichi di una grande mole di lavoro, Panzacchi sostiene che bisognerebbe, si augura che

venga revisionata tutta l’organizzazione complessiva della scuola e proponeva nell’attesa

della riforma di inserire la storia dell’arte all’interno della letteratura italiana: “le due

materie, facilmente compenetrandosi, verrebbero a giovarsi a vicenda dell’utilità e nel diletto della

scuola”. Arte subordinata alla poesia e all’insegnamento della letteratura, in Francia era

subordinata agli insegnanti di storia: educare il pubblico e gli studenti ad ASCOLTARE le

opere d’arte. Il termine implica una visione ancora romantica, legata ad un clima culturale,

questo termine non piacerà infatti a Venturi che si sofferma sull’osservazione dell’opera

d’arte. Nel 1899 Ugo Ojetti rispondeva a Panzacchi che sosteneva necessità di inserire la

storia dell’arte ma sottolineava come fosse una scelta prematura dato che non erano state

create cattedre di storia dell’arte nelle università e scrive: “Non vi sarebbero professori che

onestamente potessero insegnar questa materia. Oh, di pronti per un piccolo soprasoldo ad insegnar

anche la storia dell’arte dalle aurore boreali, dal caos fino ai tempi nostri, se ne troverebbero

centinaia, che la fame è molta! E un buon manualetto Hoepli, letto per una pagina o due ogni

mattina prima d’andar a fra lezione, può benissimo davanti agli scolari di liceo sostituire anche la

coltura e il gusto […] e a guardare le cose davvicino, sono proprio i professori di letteratura italiana

nei ginnasi e nei licei quelli che di storia dell’arte sanno zero via zero”. Si inserisce Venturi:

formare studiosi e professori competenti che possano trasmettere le conoscenze all’interno

delle scuole e degli istituti superiori, Venturi ha sempre rifiutato il ruolo ancillare della

storia dell’arte in favore di una autonomia totale della disciplina e in diversi scritti insiste

sulla necessità di educazione storico – artistica. “L’insegnante specialista di storia dell’arte è

l’unico in grado di iniziare alla storia dell’arte che è scienza dell’osservazione”. “L’arte è un

linguaggio che l’Italia crede di comprendere senza la conoscenza del suo dizionario, anzi del suo

alfabeto. […] eppure il sentimento per le arti figurative si forma solo con l’osservazione assidua”.

“Si deve concepire modernamente quale insegnamento di storia naturale, con maestri che sappiano

a tempo opportuno fare analisi ed esperienze. Tali maestri non improvvisano”. Lo sguardo al di

fuori dell’Italia fa sviluppare ulteriormente il legame tra insegnamento della storia

dell’arte e unità nazionale.


Quali sono i motivi a sostegno dell’insegnamento della storia dell’arte:

- Storia dell’arte come completamento della cultura generale.

- Importanza della storia dell’arte per la formazione del senso estetico, unito a quello

morale.

- Ruolo nel consolidamento dell’unità nazionale.

- Rapporto tra educazione e tutela. Si prende coscienza che la tutela del patrimonio

non è solamente opera delle soprintendenze: è necessaria la coscienza diffusa del

nostro patrimonio culturale.

In qualche modo, nonostante la critica che Venturi aveva avanzato verso la proposta di

Panzacchi di inserire l’arte associata alla letteratura italiana, il progetto di Panzacchi va

avanti e nel 1900 esce una circolare ministeriale intitolata “Insegnamento della storia delle

belle arti” circolare 86 (Panzacchi diventa Sottosegretario alla pubblica istruzione) e viene

attivata a titolo sperimentale l’introduzione di corsi liberi di storia dell’arte all’interno dei

licei classici, ma non si parla uno studio sistematico, ma come un qualcosa di leggero, di

dilettevole, importanza dell’immaginazione, del gusto, del sentimento come parte

importante dell’educazione liberale. Nella stessa circolare si legge che da un lato si

propone un aggiornamento dell’istruzione classica guardando a progetti presenti in altre

nazioni, dall’altro però si inserisce come materia subordinata alle più importanti come

letteratura italiana e storia. Circolare voluta da Panzacchi ed andava a regolamentare una

pratica diffusa nella seconda metà dell’800, ma la cosa interessante è che la circolare

precisa ai docenti di redigere una relazione al termine del primo anno di sperimentazione:

in effetti sono conservati questi documenti che sono una fonte interessante per capire qual

era la reazione e quali erano le perplessità e in effetti si fanno avanti voci diverse e alcuni

erano: Egidio Bellorini a Cuneo (corso in cui aveva adottato il metodo di collegare la storia

dell’arte partendo dalla storia della letteratura per non sovraccaricare gli studenti di ore

ulteriori di studio e lui stesso scrive nella relazione: «Perché non mi si vorrà sostenere […]

che, per insegnare l’alfabeto o gli elementi della grammatica artistica […], occorra essere Camillo

Boito, o Adolfo Venturi, o Corrado Ricci», interessante è che erano previsti degli incontri

volontari nei giorni festivi per osservare riproduzioni di opere d’arte o per andare a
visitare dei monumenti. All’inizio si era affidato a delle incisioni, poi delle foto dei fratelli

Alinari. Nello stesso anno 1899 – 1900 Mario Martinozzi a Modena in cui il docente sceglie

di concentrare il programma esclusivamente sul Rinascimento, voleva soffermarsi solo su

artisti italiani per mettere in relazione la storia dell’arte con la storia civile. Anche lui

lamenta la difficoltà nel condurre le lezioni per la mancanza di strumenti e si attrezza con

delle riproduzioni finché l’anno successivo riesce a proiettare delle immagini.

Contemporaneamente a Roma, lo storico dell’arte Gnoli proponeva di frequentare lezioni

di storia dell’arte all’interno di accademie e università dove si potevano trovare strumenti

adatti, che non erano ancora presenti nei licei. Un altro docente, Serafino Ricci, a Milano è

un caso un po' a parte, era un archeologo, docente all’università, studiosi di numismatica,

gli viene dato l’incarico di insegnare al liceo Beccaria e dice di servirsi di proiezioni

fotoelettriche che riscontrano successo tant’è che apre questi incontri pomeridiani o serali

anche al territorio e non solo a studenti liceali, “uditorio singolare di circa un migliaio di

persone”. Ricci per quanto riguarda i contenuti proponeva un excursus sul canone classico,

seguiva la tradizione accademica e si soffermava sulla tradizione classica e questo è un

elemento di novità perché le altre sperimentazioni erano tutte incentrate sul legame arte –

letteratura o arte – poesia o arte – storia, lui invece sceglie un percorso autonomo, parte

dalle opere, generalmente dell’arte classica o che presentano un canonen classico. Grazie a

lui nel liceo Beccaria di Milano sarà organizzato un Gabinetto archeologico e artistico,

spazio ricco di materiali diversi, strumenti che entravano per la prima volta in un liceo e

lui dice che possono essere utile anche ad altri docenti ma sottolinea che l’insegnamento

deve essere affidato a persone che si occupano di quelle discipline, che abbiano una

formazione specifica. Tant’è che sarà proprio lui a proporre le CATTEDRE AMBULANTI,

cioè che l’insegnamento doveva essere affidato ad un professore specialista soprattutto

nelle grandi città e nei centri minori individuare come professore un direttore di museo o

di una galleria locale: l’insegnante si sarebbe spostato tra un liceo e l’altro a giorni fissi.

Ci sono anche delle voci contrarie a tutto ciò, talvolta anche di studiosi come il direttore

del Bargello Supino che giudicava dannoso l’insegnamento perché vedeva che l’intento

originale si sarebbe potuto ridurre in un’arida sequenza di nomi e di date. Un altro


personaggio importante è PAQUALE PAPA, docente di letteratura italiana che aveva

avviato una sperimentazione di storia dell’arte nel liceo Michelangelo di Firenze e faceva

ricorso a proiezioni luminose e insiste sull’importanza del rapporto tra le opere letterarie e

le belle arti (estetica crociana), però vedeva un rischio nella circolare 86: sollevava il tema

di quello che doveva essere la discrepanza tra sapere letterario e sapere artistico: “Ai

giovani dei nostri licei – egli affermava – noi possiamo negare la licenza, se ignorano i titoli delle

opere latine del Petrarca, di cui nessuno di essi vedrà mai probabilmente neppure il frontespizio; se

non hanno un’opinione sul colore dei capelli e della barba del Divino Poeta; ma siamo obbligati a

rispettare la loro ignoranza, quando confondono una statua di Donatello con una del Bernini,

quando dicono che il Giudizio universale è la più bella scultura di Michelangelo, o che Raffaello fu

discepolo di Giotto, ed altri orrori di questa tacca” (si perdona tutto perché è ancora una

disciplina ancillare). Sottolinea ancora una volta la mancanza di professori adeguati e

specializzati. Riteneva che fosse importante insegnamento della storia dell’arte ma vedeva

un rischio nel fatto che fosse assegnato a docenti con competenze approssimative:

importante la formazione attraverso personale specialistico. Ruolo nella formazione civica

del cittadino. Queste riflessioni di Papa si inseriscono in un dibattito che è sempre più

ampio e con voci discordanti. Motivi di opposizione: sovraccarico di studio e formazione

degli insegnanti. In questo contesto ci sono delle voci che a noi stupiscono oggi ma che

sono interessanti, di docenti come Ermenegildo Pistelli convinto che sia un pericolo

l’insegnamento della storia dell’arte perché il percorso deve rimanere legato agli studi

classici per formare il canone di gusto delle élite, tutto improntato su canoni classici;

queste preoccupazioni le riferiva all’insegnamento dell’arte anche nelle università e non

solo nei licei (è un campo di studi incerto e potrebbero formarsi futuri professori e storici

dell’arte non adeguatamente preparati). IL MONDO PERO’ STAVA CAMBIANDO.

Pistelli a sostegno delle sue perplessità proponeva il modello tedesco, in Germania c’è

nelle università ma non nei licei, nel tempo si può cercare di migliorare l’insegnamento

accademico ma non è una esigenza improrogabile quella di inserirla nei licei.

Si inserisce GIOVANNI GENTILE, nel 1903 sulle pagine de “La Critica” (la rivista di

Benedetto Croce) quando scrive un contributo intitolato L’insegnamento della storia dell’arte
ne’ licei e l’arte del comporre in cui sosteneva l’importanza della materia: “Se il liceo ha da

essere scuola di cultura generale – affermava lo studioso –, e non può avere altro valore, può esser

questione di misura, non di numero di materie; le quali devono essere tante quante ne occorrono

alla cultura dello spirito, cioè quante sono le forme e le attività dello spirito”. Lo studioso

postulava un legame stretto tra una riforma profonda della scuola e l’introduzione della

storia dell’arte che implicava – per Gentile – l’espulsione dai programmi degli «esercizi di

comporre», individuati come l’elemento più eclatante di una sorpassata concezione

pedagogica e culturale; e concludeva: «Non è già tempo di abolire questo residuo della vecchia

rettorica? Questa è forse la riforma che bisogna chiedere».

Nel 1903 esce anche una circolare ministeriale che incoraggiava le visite a musei e gallerie

e già si comprende l’importanza della frequentazione del territorio per la conoscenza delle

opere d’arte; inoltre, favoriva ed esortava le scuole nel comprare riproduzioni grafiche di

opere, acquisto di strumentazione varia. Nel 1904 esce un Regio Decreto che fissa

l’insegnamento della storia dell’arte in corsi facoltativi e senza obbligo d’esame e si parla

ancora una volta di licei classici e si parla di nessi tra storia e opere d’arte e si auspica un

contatto diretto con le opere d’arte, regolamenta qualcosa già avviato a fine ‘800.

Nel 1906 c’è una Commissione reale della pubblica istruzione che viene incaricata di

studiare l’ordinamento degli studi secondari in Italia e vengono inviati dei questionari ai

docenti e operatori didattici e c’è un questionario interessante che chiedeva:

1. Si crede opportuno uno speciale insegnamento di storia delle arti figurative e plastiche?

Non è da temere che un insegnamento speciale siffatto degeneri facilmente in

dilettantismo o in sovraccarico di minuta erudizione storica e biografica?

2. Non è preferibile che tutti gli insegnanti e principalmente quelli di disegno, di lettere

italiane, di lettere classiche e di storia, non trascurino di discorrere agli alunni di arte o di

artisti, e soprattutto di accompagnare gli alunni in visite a gallerie e musei, mostrando loro

originali e riproduzioni di capolavori artistici di ogni specie?


La evidente ambiguità delle domande, espressione di una profonda diffidenza nei riguardi

del nuovo insegnamento, era destinata a suscitare la dura reazione di Adolfo Venturi, il

quale in un breve intervento apparso su «L’Arte», scriveva:

“Opportuno? Da tanti anni si combatte per la vita artistica italiana; e la Commissione reale chiede

se sia opportuno uno speciale insegnamento delle arti figurative e plastiche (sic!) […] L’ostilità

all’insegnamento della storia dell’arte, che dovrebbe esser vecchio ed è nuovo, trova opposizione nei

signori della Commissione che dovrebbero esser nuovi e invece son vecchi. La storia dell’arte è una

disciplina che vive a sé; il suo insegnamento, fondato sui metodi positivi, ha già i suoi edifici, i suoi

palazzi, i suoi templi […] La Commissione reale, ignara de’ progressi della scienza storica dell’arte,

del suo organismo, dei suoi metodi, si oppone, con mal celata ostilità, ai suoi diritti”.

Toni sempre più aspri, interviene anche la Società Italiana degli Studi Classici che riteneva

che dovesse essere subordinata alla letteratura.

Nel 1908 un allievo di Venturi, LUIGI SERRA, scrive sulla rivista la «Rivista pedagogica»,

appena fondata dal pedagogista Luigi Credaro, quale organo di una nuova “scienza

pedagogica” liberale, antidealistica, interdisciplinare, pubblicava una breve nota di Serra,

nella quale l’autore sosteneva l’autonomia dell’insegnamento storico-artistico motivandola

a partire da una moderna concezione della storia dell’arte e alla luce di una rinnovata

attenzione della società per le questioni artistiche. Non era più sufficiente una

preparazione «improvvisata e affrettata», avvertiva Serra, e risultava fuorviante

menzionare opere e artisti nelle diverse materie senza costruire un percorso storico-

artistico complessivo e organico:

“Non bisogna lasciarsi trascinare nel comune pregiudizio, cioè che per essere veramente competenti

in qualsiasi disciplina occorra un’adeguata preparazione e per la Storia delle arti figurative basti il

semplice “gusto” o la ancora più semplice “disposizione”, fecondata dalla lettura di qualche

manuale […] Se  la Storia dell’arte deve assidersi tra le  materie liceali, è necessario che entri come

organismo vivente maneggiato da persone che ne conoscano perfettamente la struttura e tutte le

recondite bellezze e tutte le anime”. Può essere utile, uno strumento di cui servirsi nella scuola

e ancora una volta per reazione a questo questionario Venturi continua a reagire e
risponde direttamente alla commissione reale insistendo sulla necessità di scegliere il

personale tra coloro che si sono diplomati nel nostro dipartimento e che si sono

specializzati in arte moderna e medievale e dirà: “Quei professori di lettere o di storia, che

sono ignari della lunga necessaria abitudine di osservazione sulle cose d’arte, che non abbiano la

familiarità indispensabile coi monumenti artistici, non potranno educare le nuove generazioni

all’amore dell’arte: invece d’accompagnare gli allievi a teatro, li tratterebbero nell’atrio a leggere e  a

studiare i manifesti”. E continua sottolineando la necessità di un insegnamento che «deve

insegnare a osservare, a vedere, a sentire l’arte in cui si riflette la idealità di nostra gente, in cui

presero figura le idealità della patria». La Commissione prende atto e scrive questo: esprimeva

“il voto che anche le cattedre di storia dell’arte delle scuole secondarie siano conferite mediante

concorso e che nel materiale obbligatorio di tutti gli istituti medi sia compresa una raccolta

progressiva di riproduzioni grafiche e plastiche delle più celebri opere d’arte”. Tuttavia, preso atto

che le gravi carenze riscontrate impedivano «la immediata e generale introduzione della

importante disciplina nelle nostre scuole», la Commissione proponeva di inserire la storia

dell’arte nei piani di studio liceali come materia facoltativa e limitatamente ai licei presenti

nelle grandi città, rinviando al momento in cui fossero maturate le «condizioni essenziali»,

attualmente inesistenti, una sua collocazione in pianta stabile, come disciplina

obbligatoria, in tutti i corsi liceali.

(tutto ciò è tratto dal pdf “Tra Enrico Panzacchi e Adolfo Venturi: discussioni, prime esperienze

ed iniziative di insegnamento della storia dell’arte nelle scuole italiane”).

Appunti 09/03 e 14/03

16/03/2022

A partire dal 1999 sono spariti i programmi dalla scuola e si iniziato a parlare di

competenze. Le Indicazioni Nazionali sono i documenti a cui si deve rifare il collegio

docenti per elaborare il curriculum d’istituto. Il documento più importante è il PTOF e a

questo proposito andiamo a vedere il PTOF della scuola in cui abbiamo studiato.

Pianificare l’attività didattica in un tempo più lungo di un anno scolastico, almeno 3 anni,

e può essere aggiornato ogni anno. Troviamo una descrizione del contesto in cui si
inserisce l’istituto. RAV: rapporto di autovalutazione, redigere un rapporto di valutazione

dell’azione portata avanti durante l’anno scolastico, in base ad una serie di indici (numero

di studenti bocciati, promossi con debito, ecc.). il cuore del PTOF è l’offerta formativa.

Ogni scuola decide su cosa investire, su cosa puntare, può proporre percorsi tradizionali

così come classi articolate per un potenziamento di alcune discipline. L’atto di indirizzo è

del dirigente scolastico che indica su cosa puntare e su cosa investire. Offerta formativa

che parte dagli indirizzi che sono attivati e i traguardi attesi in uscita, queste competenze

sono tratte dalle indicazioni nazionali. All’interno del PTOF poi è presente anche il

curricolo: quello che una volta si chiamava progettazione dipartimentale (i docenti si

riuniscono in dipartimenti), si possono poi trovare delle schede per competenze.

Nel 2007 sono state emanate delle norme per l’obbligo di scuola, che è stato prolungato a

10 anni. Le competenze di base confluiscono negli assi culturali, che si dividono in 4 (asse

dei linguaggi, asse matematico, asse scientifico –tecnologico, asse storico – sociale. (vedi

ppt)

La storia dell’arte rientra nell’asse storico – sociale, essendo storia. Non sono indicate delle

conoscenze, ma delle competenze e delle capacità.

Curricolo disciplinare: deve essere indicata la metodologia, quali sono le metodologie più

utilizzate. L’altro aspetto sempre presente nel curricolo è la dichiarazione di quali sono i

criteri e gli strumenti di valutazione. La programmazione non è solo a livello di curricolo

di istituto, ci deve essere una programmazione annuale del docente, annuale e per

ciascuna classe. Si continuano a chiedere conoscenze, capacità e competenze. Alcune

competenze sono sviluppate all’ultimo anno.

Abbiamo detto che è importante coinvolgere gli studenti in compiti sfidanti e coinvolgenti,

ma la didattica tradizionale con la lezione frontale ha ancora senso? Miniatura di

Laurentius de Voltolina, Henricus de Alemannia. Sicuramente sì, è ancora utile. Può

servire per introdurre un nuovo argomento, dare le informazioni necessarie all’avvio di un

compito, puntualizzare concetti, alla fine del compito riassumere ciò che hanno fatto.

Didattica per competenze: dobbiamo far riferimento ad un lavoro che pone l’attenzione sul
discente, se una volta il docente entrava in classe e svolgeva la sua lezione frontale tutto il

tempo al centro c’erano dei contenuti, ora al centro c’è il discente ed il docente è un

mediatore, mette a disposizione dello studente degli strumenti e pianifica e guida il lavoro

proposto agli studenti, sollecita la ricerca, propone delle strade per seguire la ricerca,

propone delle domande, indica delle strategie e delle soluzioni. In questo senso la parola

INCLUSIVITA’ è importante perché si possono proporre dei lavori, anche di gruppo, in

cui è lo studente a trovare il percorso più adatto per arrivare alla soluzione, l’obbiettivo è

uguale per tutti e poi lo studente intraprenderà la sua strada. Il lavoro portato avanti deve

essere flessibile, può essere cambiato in corso d’opera. Compiti autentici si intende compiti

che cercano di valorizzare l’esperienza specifica dello studente (lavorare sulle competenze

precedenti e svilupparne di nuove) e che sia pensato in contesti veri e verosimili perché

può essere un modo per legare i contenuti che studiano con una realtà più concreta. L’altro

aspetto è quello della LABORIALITA’, con cosa si intende? Non solo laboratori fisici ma si

intende piuttosto, sempre nell’idea di procedere verso un’esperienza attiva, perseguire

acquisizione della competenza attraverso una didattica che sia proposto come laboratorio,

si propongono dei problemi e gli studenti devono provare a sperimentare e trovare delle

soluzioni (didattica che punta alla ricerca e alla sperimentazione). Privilegiare percorsi che

integrano i saperi e le discipline, se loro riescono attraverso i compiti a mettere in relazione

le conoscenze acquisite anche con docenti diversi ovviamente è meglio. Riflessione e meta-

cognizione, l’alunno durante l’esecuzione del compito e dopo averlo svolto deve avere la

possibilità di ripercorrere le soluzioni che ha attivato, quando ripercorre la strada seguita

ha la possibilità di rendersi conto degli eventuali errori commessi, delle cose che può aver

fatto meglio e si può chiarire sulle procedure che ha utilizzato, può auto-valutarsi. Questo

termine, meta-cognizione, viene utilizzato dagli anni ’70 del ‘900 e nasce nell’ambito del

cognitivismo e c’è uno psicologo russo che prima degli anni ’70 aveva notato come

simbolo e linguaggio rappresentano strumenti culturali e sociali fondamentali, con cui

l’uomo cerca di potenziare le funzioni psichiche naturali e queste funzioni raccolgono sia

stimoli visivi, ma lo studente nell’età dell’apprendimento si crea degli stimoli auto-

generati con cui interpreta ciò che lo circonda e potenzia così le sue capacità cognitive.
Questi compiti è importante che si concludano con una fase di riflessione, che è un modo

per valutare il lavoro collettivo ma anche l’apporto individuale, quindi nel momento della

narrazione è importante per riflettere sul proprio operato. Nel momento in cui si espone al

docente o ai compagni quel momento è un momento di auto-riflessione e auto-

valutazione. Il docente si pone come mediatore e facilitatore, non ha più solo un ruolo

trasmissivo come in passato.

Si può raggiungere una maggiore incisività se si punta anche all’empatia.

Quando abbiamo parlato dell’importanza della dimensione emotiva e relazionale

parliamo anche delle soft skills, competenze che vengono definite “personali e sociali” sono

particolarmente importanti. Si insiste sulla capacità di lavoro in un team. Queste

competenze di problem solving e resistenza allo stress sono importanti non solo per trovare

un maggior successo nel mondo del lavoro ma anche per conseguire un benessere

personale che è molto importante. Indicazioni nazionali del primo ciclo d’istruzione:

L’ambiente di apprendimento:

- Valorizzare le esperienze e le conoscenze degli studenti

- Attuare interventi adeguati nei riguardi delle diversità

- Favorire l’esplorazione e la scoperta

- Incoraggiare l’apprendimento collaborativo

- Promuovere la consapevolezza del proprio modo di apprendere

- Realizzare attività didattiche in forma di laboratorio

Un sistema per facilitare l’apprendimento può essere di dover spiegare a qualcuno che

non conosce un’opera e che non l’ha mai vista, in un ambiente che è una sorta di museo

virtuale (es. del Pantheon che lei ha fatto in classe al liceo, lo studente quando mostra il

lavoro deve spiegare il perché della scelta, quali sono gli aspetti che hanno colpito?

Utilizzato artsteps).

Analizziamo il ppt della pagina classroom:


ci può essere nell’unità di apprendimento una fase articolata in più ore di lezioni frontali

ma poi ci deve essere la parte che promuova lo studente nel ruolo di protagonista. La sfida

è di lavorare armoniosamente all’interno del team del collegio docenti.

21/03/2022

La didattica per competenze nell’educazione all’arte

Competenze che si acquisiscono più facilmente se si trovano a lavorare in contesti e

situazioni reali e verosimili. Il lavoro da svolgere deve mirare all’acquisizione delle

competenze trasversali per affrontare una società sempre più complessa, che muta

velocemente. L’arte si presta a questo tipo di lavoro, cioè lo sviluppo delle competenze

trasversali, anche le competenze emotive, su cui ci sono moltissimi studi a partire dagli

anni ’90 (studio di Daniel Goleman che pone il tema dell’intelligenza emotiva al centro di

uno studio psicologico, intelligenza emotiva come “insieme di abilità pratiche (skills)

necessarie per l’autoefficacia dell’individuo nelle transazioni sociali che suscitano

emozioni”; quella che lui definisce intelligenza emotiva è legato alla capacità di

riconoscere, gestire e comprendere consapevolmente le proprie e altrui emozioni. Questa

non si può sviluppare individualmente, ma è fondamentale che lo studente si approcci con

i suoi pari). Essere intelligenti emotivamente significa entrare in contatto con la bellezza

propria e altrui e l’arte può aiutare moltissimo.

Approccio per competenze:

- La progettazione deve essere condivisa nel consiglio di classe (team-working)

- Una riduzione dei contenuti, a vantaggio di un’azione educativa più intensa e

approfondita su specifici temi-cardine (nuclei fondanti)

- Diversi criteri di valutazione (rubriche di valutazione).

Per quanto riguarda il concetto di nuclei fondanti si intendono “quei concetti fondamentali

che ricorrono nei vari punti di sviluppo di una disciplina e hanno valore strutturante e
generativo […]”. Ma come promuovere le competenze? Rivedere la disciplina attraverso

una riduzione dei contenuti, essenzializzazione dei contenuti, problematizzazione dei

contenuti, integrazione disciplinare (unità di apprendimento strumento per affrontare

alcuni temi integrando materie diverse), sviluppo di conoscenze procedurali (abbiamo

detto che è importante osservare quella che è la procedura che seguono gli studenti nel

raggiungere un obbiettivo, tant’è che abbiamo detto che è importante valutare il prodotto,

il lavoro, ma anche osservare lo studente a lavoro e valutare il processo attraverso il quale

è arrivato a quel risultato), didattica laboratoriale (importanza del laboratorio,

apprendimento attivo in classe), operare per progetti (lavorare a progetti che possono poi

essere declinati in unità di apprendimento), compiti di realtà/o compiti autentici (lavorare

su un contesto verosimile), apprendimento come cognizione situata (apprendimento

finalizzato all’acquisizione di competenze specifiche di una determinata situazione),

sviluppo dei processi cognitivi.

Didattica per competenze: metodologia

- Valorizzare l’esperienza attiva degli studenti

- Favorire un apprendimento induttivo

- Valorizzare l’esperienza sociale e cooperativa

- Favorire la riflessione continua e la ricostruzione dei propri percorsi (riflettere sul

lavoro svolto fornendo dei questionari agli studenti su quello che stanno facendo e

attuando e può essere restituito anche attraverso una descrizione dei vari passaggi

che hanno portato al risultato)

- Sostenere l’assunzione di responsabilità di fronte al compito da gestire sia

individualmente che in gruppo

Quale ruolo può avere l’arte in tutto ciò?

Vocazione interdisciplinare dell’arte, parliamo di manufatto artistico che è oggetto fisico,

oggetto simbolico, espressione di libera creatività dell’uomo, documento storico,

testimonianza di un contesto, espressione di un ideale romantico o culturale e via dicendo.


L’analisi dell’opera d’arte può portare lo studente a sviluppare le competenze trasversali.

Baldriga dice che le competenze acquisite non sono solo disciplinari ma possono essere

anche utili nella vita per affrontare la complessità del mondo in cui viviamo. Questo è

importante grazie a molti studi che dimostrano che è importante che l’uomo sin dall’età

infantile si avvicini all’arte, per arricchire ed aiutare l’individuo a definire la propria

identità e a sviluppare il senso di identità e di appartenenza, o l’etica delle responsabilità e

il valore del bene comune o la partecipazione e la solidarietà, o lo sviluppo delle

competenze emotive e relazionali, sviluppo del pensiero complesso, creativo e divergente

(attraverso la complessità dell’opera d’arte). La storia dell’arte nella scuola e l’importanza

dell’educazione estetica: l’incontro con l’opera d’arte e con la bellezza stimola il senso

dell’unicità e dell’autenticità delle esperienze, la curiosità verso gli altri

linguaggi/messaggi, l’apertura al dialogo, la formulazione del giudizio (prendere

posizione. Voluta non neutralità dei musei che prendono una posizione specifica perché

ritengono che il museo possa essere luogo per sviluppare valori civici e democratici –

legami con la situazione attuale), l’attenzione verso la dimensione spirituale/invisibile.

APERTURA AL DIALOGO: si potrebbero fare tantissimi esempi e su questo insiste anche

Baldriga che dice che “le culture del mediterraneo offrono infinite possibilità per

affrontare le trame complesse dei contatti tra i popoli, delle contaminazioni e degli intrecci

linguistici e formali […]”. L’arte può aiutare a riflettere sulle migrazioni, sui popoli diversi,

ecc.

La storia dell’arte è un formidabile strumento di sviluppo delle competenze, non solo

disciplinari, ARTE COME PALESTRA DELLE COMPETENZE:

- Capacità di leggere e interpretare le fonti

- Confrontare un manufatto artistico con un’opera letteraria, musicale, teatrale,

cinematografica, cogliendone affinità

- Comprendere il concetto di patrimonio, di tutela e di conservazione

- Comprendere i risvolti socio-economici connessi alla realizzazione di un’opera

d’arte
- Cogliere il valore identitario dell’opera, collegarlo al suo contesto culturale di

appartenenza originaria e di appartenenza attuale

- Comprendere il messaggio dell’opera d’arte e coglierne la forza comunicativa

(anche nel tempo)

- Valorizzare l’opera d’arte e comprenderne il senso, le modalità, le potenzialità

dell’utilizzo dell’opera ne contesto della modernità

- Comprendere il concetto di pubblico/pubblici dell’opera d’arte (invitare gli studenti

a realizzare delle interviste per capire come viene fruita l’opera d’arte)

- Costruire un percorso di analisi e di ricomposizione della genesi dell’opera (questo

si può fare ed è interessante a proposito dell’arte contemporanea).

È importante proporre dei compiti calati in un contesto reale o verosimile e i 3 requisiti in

un compito di realtà è che presenti un contesto reale, abbia destinatari precisi e abbia

finalità precise (vedi format del compito di realtà su ppt). Privilegiare il lavoro di gruppo

in classe ma questo non toglie che possa essere affidato anche un lavoro individuale.

Soprattutto quando si lavora in gruppo è importante osservare il tipo di comportamento,

esistono delle griglie di osservazione sistematica per cercare di individuare come l’alunno

sia in grado di essere autonomo, in grado di relazionarsi con gli altri, sviluppare il senso di

responsabilità e di flessibilità e la consapevolezza degli effetti delle sue scelte e delle sue

azioni.

Valutazione: esito (risultati ottenuti nello svolgimento di un compito o nella realizzazione

di un prodotto), processo (come lo studente è giunto a conseguire tali risultati),

autovalutazione (percezione che lo studente ha del proprio lavoro, percezione chiara di

sé).

Il docente deve porsi come obbiettivo la valutazione delle competenze e non solo delle

conoscenze, le competenze chiave che sono le competenze di riferimento più importanti;

gli studenti possono cercare di riflettere su sé stessi e sul tipo di lavoro svolto. Le schede

sono utili sia per lo studente che per il docente perché possono aiutare a capire come

sviluppare il lavoro.
Per quanto riguarda la storia dell’arte le macro aree di riferimento sono molteplici:

promuovere sensibilità e interesse verso il patrimonio culturale e il paesaggio (conoscere i

luoghi, esplorare gli spazi), stimolare e premiare la partecipazione e il senso di

responsabilità verso il paesaggio e la città (promuovere pratiche di tutela e

valorizzazione), rafforzare le iniziative di fruizione del patrimonio in chiave

interdisciplinare (progettare in modo condiviso, coinvolgendo la comunità), condividendo

percorsi formativi con i luoghi della cultura, stimolare la riflessione degli studenti

sull’estetica della cittadinanza (promuovere la pedagogia della bellezza).

IL MUSEO IMMAGINARIO: un museo virtuale in cui gli studenti sono chiamati a

rielaborare le conoscenze acquisite e acquisirne di nuove con metodo induttivo a partire

dai contenuti e dalle capacità già maturate. Questo lavoro si può proporre anche a ragazzi

del primo e del secondo anno di scuola superiore, anche spiegando loro quella che è

l’etimologia della parola museo, dove nasce, a cosa è legata, per capire anche analogie e

differenze tra la parola originale e quello che intendiamo noi oggi, facendo riferimento

anche alla definizione ICOM. Lo spazio museale contiene delle opere, che sono manufatti

complessi, ma la struttura stessa e il contenitore che le contiene ha una organizzazione e

un sistema complesso. È consigliabile approcciarsi a tali concetti attraverso la visita al

museo. Il museo è una struttura complessa: collezione, pubblico, personale (ruoli che

devono svolgere), sede (è una sede storica o moderna? È stata reimpiegata o costruita

volutamente?).

Riflettere sulle funzioni:

- Ricerca

- Conservazione

- Esposizione

- Comunicazione

e sulle figure professionali:

- Direttore

- Curatore
- Registrar

- Restauratore

- Catalogatore

- Responsabile servizi educativi

Se si vuol fare un lavoro di simulazione un’idea potrebbe essere di suddividere la classe in

gruppo, in cui ognuno svolge un ruolo e il prerequisito è la conoscenza delle figure

elencate. Anche se si chiede di progettare un museo immaginario si può fare anche

attraverso PPT, Google Sites, Artsteps che richiedono comunque la visita al museo e la

conoscenza delle collezioni. Può essere anche una visita alla Pinacoteca Vaticana dove il

percorso espositivo è rigorosamente cronologico e si può chiedere di scegliere alcune

opere dividendole per tema, tecnica, soggetti e riprodurre un museo immaginario con le

opere che si sono viste al museo fisico (studio del sito del museo e rielaborazione in classe

per realizzare il museo immaginario).

Vediamo un’unità di apprendimento: importantissimo è individuare i destinatari (nel caso

dell’esempio II A liceo classico Aureus), il titolo (L’età di Augusto), prodotto (realizzazione

di un PPT/video sull’età di Augusto), discipline coinvolte (possono essere diverse e bisogna

indicare le ore che coinvolgono ciascuna disciplina, una parte delle ore in aula e una parte

“laboratoriale” che non è obbligatoria), durata, struttura e contenuti (storia dell’arte, storia,

italiano, geografia), obiettivi (saper compiere le interconnessioni tra i contenuti delle

singole discipline, conoscere l’età di Augusto, conoscere i caratteri del poema epico,

capacità di inquadrare correttamente le opere studiate nel loro contesto storico, saper

redigere la scheda di analisi di un’opera d’arte, sviluppare attraverso la conoscenza del

patrimonio culturale e il valore identitario e di cittadinanza consapevole), i prerequisiti

possono essere non indicati o indicati, sono facoltativi, metodologia (flipped classroom,

cooperative learning), strumenti (internet, mappe, ppt, app), valutazione (rubrica di

valutazione del Dipartimento). Poi il singolo docente può decidere di scandire l’attività in

varie fasi, a modo anche di promemoria (utilizzare dei supporti, ad esempio video,

presentazioni e risorse varie). Si possono far vedere alcuni video che sono descrittivi,

analizzano un monumento o un’opera e che possono essere utili per mostrare delle parti
(in questo caso anche un video “muto”). Flipped classroom vuol dire classe ribaltata,

rovesciata: invece di spiegare l’argomento in classe e darlo da studiare a casa ribaltare,

ovvero dare da studiare l’argomento a casa, non per poi tornare in classe e interrogare i

ragazzi; lo spirito della metodologia è avere più tempo in classe per attività di tipo

collaborativo o laboratoriale, fare delle domande su ciò che hanno studiato sul manuale o

visto nei video e poi alcuni argomenti approfondirli con l’aiuto del docente. In questo

modo lavorano su qualcosa di sconosciuto, vedono un video su qualcosa di cui non sanno

niente e questo può essere interessante e stimolante. È importante partire da un’opera

d’arte e capirne la storia nel tempo (l’Ara Pacis in questo ad esempio si presta perché si

può partire da quello che è l’Ara Pacis oggi con l’edificio che lo contiene realizzato da

Richard Meier, dove si trovava in origine, dove è stata trovata, perché è stata collocata lì,

far conoscere il primo contenitore del monumento, ecc.

È importante avere in classe un momento di restituzione di questo lavoro, si potrebbe

proporre ad esempio un questionario per capire se hanno compreso ciò che hanno visto; si

può dividere la classe, si realizzano più video e si mettono a confronto per individuare

criticità e particolarità, modo di crescita.

Manoscritto del ‘300 che dimostra come la lezione fontale sia sempre stata critica per

alcuni aspetti, a cosa serve? Introdurre un argomento, dare informazioni necessarie

all’avvio di un compito, puntualizzare concetti. Approccio da privilegiare è

l’APPRENDIMENTO ATTIVO (introdotto da Felder, Brent e Prince che indica diverse

metodologie nelle quali si focalizza l’interesse sullo studente). Ambienti di apprendimento

(studenti disposti in tavoli circolari, in isole per potersi confrontare).

La lezione tradizionale, frontale è incentrata sul docente, la flipped è al contrario, ai ragazzi

viene dato un lavoro da svolgere a casa su del materiale preparato dal docente e a scuola

devono restituire ciò che hanno appreso (questo favorisce anche una didattica più

inclusiva perché ognuno può lavorare secondo i propri tempi). Il sito di Avanguardie

Educative di INDIRE (Istituto Nazionale di Documentazione Innovazione e Ricerca


Educativa) che è sempre molto attento su metodologie più recenti, avanguardie educative

appunto.

Storia dell’arte con la flipped classroom (dal sito di INDIRE): parla di registrazione perché

spesso i docenti registrano le lezioni e si può far riferimento ad una sorta di archivio

personale con delle lezioni che il docente si è preparato e si gioca l’effetto sorpresa a casa e

loro vedono dei video su qualcosa che non conoscono, quindi sono stimolati e sono spinti

a fare o a rispondere a delle domande che poi vengono fatte in classe. Il materiale da dare

a casa può essere di vario tipo, sono consigliati uno o due video brevi su cui possono

lavorare prendendo degli appunti o facendo delle mappe concettuali.

23/03/2022

Continueremo a parlare di metodologie didattiche (metodologie ideate da pedagogisti e

studiosi che hanno approfondito studi e ricerche nell’ambito cognitivo che non vanno però

adottate in maniera rigida, vanno interpretate in maniera flessibile). Spesso ci si trova a

lavorare anche con 180/200 studenti e quindi un numero elevato. Per quanto riguarda le

metodologie da utilizzare nell’ambito dello sviluppo di una unità di apprendimento,

queste possono essere applicate con “morbidezza”. Numero ridotto di ore settimanali e

questo non deve sfuggire nel pianificare le attività, metodologie usate anche in piccole

porzioni di programmazione.

Abbiamo detto che l’apprendimento deve essere ATTIVO E COINVOLGENTE in modo

che gli studenti si possano appassionare e si parla di apprendimento attivo per indicare le

attività che coinvolgono in prima persone degli studenti e finalizzate alla realizzazione di

un prodotto di vario tipo. È importante che ci sia il momento anche per riflettere su ciò che

si è appreso e questo può avvenire del momento della restituzione di ciò che si è appreso,

quindi quando gli studenti presentano il loro prodotto. Al di là dello studio individuale è

importante anche far lavorare gli studenti in gruppo, e si parla quindi di

APPRENDIMENTO COLLABORATIVO che è una espressione generica per indicare

diversi approcci educativi in cui gli elementi del gruppo devono interagire ed essere

coscienti delle loro responsabilità.


APPRENDIMENTO COOPERATIVO nasce dalle teorie di alcuni studiosi come Piaget e si

basa sul costruttivismo (studi che prendono in considerazione l’apprendimento come un

processo di costruzione delle conoscenze piuttosto che un processo di acquisizione del

sapere). La conoscenza viene costruita dal discente, tale modello prevede quindi un

discente attivo che costruisce le proprie rappresentazioni grazie alle interazioni con il

materiale, le persone e il contesto. Questo sistema di apprendimento ha avuto un nuovo

impulso negli ultimi decenni con le nuove tecnologie perché si può proporre loro del

materiale su cui lavorare. L’apprendimento si costruisce in termini di costruzione piuttosto

che in termini di trasmissione; l’insegnante svolge attività di controllo e di guida. In questo

tipo di approccio le risorse sono gli studenti stessi, che acquisiscono un ruolo di primo

piano. Sono state definite delle caratteristiche specifiche affinché si possa parlare di

cooperative learning:

- Interdipendenza positiva (vuol dire che diventa requisito fondamentale che ogni

membro del gruppo agisca e si comporti in modo collaborativo; ognuno ha la

consapevolezza di essere parte fondamentale e indispensabile per il gruppo, con

effetti positivi in termini di motivazione, impegno e nelle relazioni interpersonali.

Facciamo degli esempi di come si può attuare: interdipendenza di risorse e

materiali [ogni componente possiede una parte delle informazioni o dei materiali],

interdipendenza dei ruoli o leadership condivisa, interdipendenza di valutazione

[gruppo valutato tanto per il lavoro individuale tanto per quello collettivo])

- Responsabilità individuali (ognuno deve essere consapevole del fatto che il proprio

contributo è fondamentale. La valutazione individuale si può fare proponendo dei

test, chiedere di spiegare cosa ha fatto nel gruppo)

- Interazione che promuove il faccia a faccia (gli studenti devono lavorare realmente

insieme, condividendo risorse, verificando gli uni con gli altri la catena del

ragionamento, le conclusioni, le difficoltà come i risultati. È possibile spiegare ai

compagni del gruppo il modo di risolvere un problema, discutere la natura dei

concetti, trasmettere ai compagni del gruppo i contenuti appresi, ecc.)


- Abilità sociali (determinano la qualità del lavoro finale, gestire la comunicazione, la

condivisione delle risorse, i conflitti interpersonali, le mancanze o le risorse di uno o

più membri del gruppo, inclusività)

- Elaborazione di gruppo (sia durante il lavoro che stanno svolgendo sia al momento

della consegna, in grado di valutare se il loro lavoro procede, individuando i

cambiamenti necessari al successo del lavoro).

Qual è il ruolo dell’insegnante quindi? David e Robert Johnson hanno descritto quale sia il

ruolo dell’insegnante:

Passaggi da attuare prima dell’inizio dei lavori di gruppo:

1. Specificare gli obiettivi didattici (che possono essere gli obbiettivi relativi ai

contenuti da apprendere e i compiti da svolgere, che devono essere calibrati e gli

obbiettivi di abilità cooperative)

2. Decidere la dimensione del gruppo

3. Assegnare gli studenti ai gruppi

4. Organizzare gli ambienti

5. Distribuire materiali di apprendimento per favorire l’interdipendenza

6. Assegnare i ruoli per favorire l’interdipendenza

7. Spiegare agli studenti il compito da svolgere e gli obbiettivi da raggiungere

8. Strutturare un’interdipendenza positiva verso l’obbiettivo

9. Strutturare la responsabilità individuale

10. Strutturare la cooperazione inter-gruppo

11. Spiegare i criteri di valutazione (deve essere chiaro agli studenti come verranno

valutati)

12. Specificare i comportamenti da osservare

Passaggi da attuare durante lo svolgimento dei lavori di gruppo:

13. Monitorare gli studenti (si può fare attraverso una check list)

14. Fornire assistenza per lo svolgimento del compito

15. Intervenire per favorire le abilità cooperative


16. Concludere la lezione

Passaggi da attuare a lavoro ultimato:

17. Valutare qualità e quantità dell’apprendimento

18. Valutare la bontà dell’andamento del lavoro di gruppo

Queste attività possono essere pensate anche per una porzione del programma,

conclusione di un percorso più ampio (es. dopo aver affrontato gli autori del Barocco) e si

utilizzano la VALUTAZIONE FORMATIVA (utilizzata per identificare una valutazione

relativa ad alcune conoscenze ristrette, ad un breve percorso, si compie in itinere, durante

il percorso. Questa valutazione deve rispondere al criterio dell’utilità più che ai criteri

della validità e dell’attendibilità. Cioè, la valutazione formativa deve essere utile ad

aggiustare il tiro, ad adeguare l’attività didattica alle diverse esigenze e caratteristiche

degli alunni) e la VALUTAZIONE SOMMATIVA (si effettua per rilevare le conoscenze e

le competenze alla fine delle unità di apprendimento, alla fine di una porzione più ampia.

Tale valutazione ha anche una funzione formativa perché consente di avere l’ultimo dato

sull’apprendimento degli allievi e di fornirgli feed-back sul livello delle loro prestazioni;

permette di correggere eventuali errori e di migliorarsi).

Esempio: il sistema del confronto tra le opere è molto utile per gli studenti, domande

chiuse a risposta multipla per porre attenzione sul lessico, domande con vero o falso,

ALTERNARE LE TIPOLOGIE DI DOMANDE, confronto con grafici o immagini, domande

sulle tecniche e i materiali, alcune domande aperte e inserire sempre qualche domanda sul

lessico (es. cos’è il tiburio?), domande di contesto storico (es. chi è Lorenzo il Magnifico?),

domande di analisi dell’opera d’arte che possono essere fatte con domande guida o con un

elenco di aspetti che devono toccare (es. come è rappresentata la figura umana, com’è la

resa spaziale, c’è un’attenzione al paesaggio, ecc.), domande di iconografia, domande di

riconoscimento di dettagli. Di tanto in tanto è bene anche proporre dei confronti tra opere

di periodi differenti. Per le verifiche sommative un esercizio che può essere utile è sempre

quello dell’analisi delle opere d’arte, si può scegliere una scheda di analisi ma è

importante, soprattutto all’inizio, proporre una scheda ben scandita perché imparino
l’ordine in cui determinate cose vanno citate. Si possono proporre delle attività individuali

o collaborative. Per quanto riguarda il Rinascimento si può proporre un lavoro sul

rapporto tra artisti e mecenati, realizzare una presentazione proprio su questo tema

basandosi su quello che hanno studiato integrandole con delle ricerche ulteriori e si può

chiedere di lavorare anche in piccoli gruppi (le guide per docenti che si trovano nei

manuali di storia dell’arte delle scuole superiori si possono utilizzare come spunto),

esempio realizzazione di interviste impossibili a pittori paesaggistici romantici e

impressionisti.

Altra possibilità

di lavoro in

classe con gli

studenti è EAS:

episodi di

apprendimento

situato, ideato da

Pier Cesare

Rivoltella. Viene

pensato come lavoro dedicato ad una piccola porzione del programma, l’importante è

partire sempre da una situazione stimolo (proporre agli studenti un video, una immagine,

un documento in rete, un capitolo del manuale e può essere proposta a casa e poi nella

fase che lui chiama operatoria gli studenti devono lavorare su un artefatto [PPT, mappa

concettuale, video, ecc.] e questo è preferibile che lo facciano in classe e lo studente deve

elaborare ciò che ha appreso, arricchirlo con qualcosa di nuovo e cerca di elaborare un

prodotto. La fase finale è poi la ristrutturativa in cui si fa il punto sul lavoro svolto e

l’insegnante potrà valutare l’artefatto e individuare elementi positivi e elementi di

criticità).

Esempio: la tecnica scultorea di Michelangelo

FASE PREPARATORIA:
Presentazione del percorso, fasi, modalità di lavoro, modalità di verifica; visione di

fotogrammi del film Il furore di Michelangelo (2019); visita alla chiesa di S. Pietro in

Vincoli (la visita deve essere accompagnata da una fase didattica e preparatoria), ecc.

L’attività di stimolo può essere di diverso tipo (lettura di un testo, visione di un

film/documentario/cortometraggio, visita in un museo/chiesa/sito archeologico, esperienza

di una gita/viaggio/stage).

FASE OPERATORIA:

preparazione di un video/PPT/Prezi; selezione di contenuti: tecnica di lavorazione del

marmo, scelta opere da studiare e approfondire

FASE RISTRUTTURATIVA:

avviare la discussione a partire dal risultato ottenuto e riflessione su quanto ottenuto.

Anche la valutazione sarà sulle competenze.

Anche l’insegnante che spiega attraverso un PPT può essere molto utile soprattutto se poi

si portano i ragazzi a fare una visita (es. monumento di Giulio II in San Pietro in Vincoli e

spiegare varie cose, ad esempio il rapporto con lo spazio e con la luce, l’importanza del

restauro e cosa si è condotto durante il restauro e questo si può fare in loco). È interessante

mostrare anche le fonti (es. Vasari). Un altro spunto per parlare della “poesia della materia

di Michelangelo” è anche la visione di un cortometraggio su Youtube (Lo sguardo di

Michelangelo regia di Michelangelo Antonioni, 2004). La visita è importante, ma

l’integrazione dell’insegnante in aula lo è altrettanto, magari con la visione di fotografie

inedite che gli studenti non conoscevano.

REALIZZIAMO UNA UNITA’ DI APPRENDIMENTO

- Percorso formativo interdisciplinare

- Studente protagonista del processo di apprendimento

04/04/2022

Oggi parliamo di VALUTAZIONE


Argomento delicato e complesso

che investe la progettazione

didattica. Parliamo di verifiche

delle conoscenze che continuano

ad essere valide se integrate con

altri sistemi di valutazione dove

con verifica intendiamo l’insieme

di ? quando parliamo di valutazione facciamo riferimento all’azione di attribuzione

emerso dalla verifica. Per valutare si deve far riferimento alla normativa vigente, decreto

62 del 2017 che ha inserito un concetto nuovo: non più valutazione oggettiva per testare le

conoscenze ma una valutazione finalizzata a valutare le competenze, una valutazione

formativa il più attendibile possibile. La valutazione ci dice il DL 62/2017 ha per oggetto il

processo formativo e i risultati dell’apprendimento, quindi fa parte della formazione, non

è l’atto conclusivo dell’apprendimento, ma fa parte del processo formativo. La valutazione

è formativa ed educativa, non ha alcuna funzione sanzionatoria perché fa parte degli

strumenti che possono aiutare lo studente al miglioramento. La valutazione nel corso degli

anni del percorso scolastico documenta lo sviluppo dell’identità personale, promuove

l’autovalutazione di ciascuno in relazione alle acquisizioni di conoscenze, abilità e

competenze; la valutazione è formativa ed educativa e concorre al miglioramento degli

apprendimenti e al successo formativo degli alunni.

“si tratta di accertare non ciò che lo studente sa, ma ciò che sa fare con ciò che sa” Di Grant

Wiggins, 1993.

devono essere indicati i

traguardi di competenze e

gli obbiettivi di

apprendimento.
Dall’anno scolastico 2020/2021 (legge 107 del 2015 e disciplinato dal DL 62 del 2017) è

previsto un curriculum che accompagna lo studente all’esame di stato, che comprende

percorso di studi, competenze acquisite, eventuali scelte di insegnamenti opzionali,

esperienze formative nei percorsi PCTO, esperienze di attività culturali, artistiche,

musicali, sportive, di volontariato, effettuate in ambito extrascolastico, certificazioni

acquisite. Gli attori coinvolti sono gli studenti, le scuole, le commissioni dell’esame di stato

e in futuro università e mondo del lavoro e ognuno di essi ha un ruolo specifico nel

processo di realizzazione e utilizzazione del curriculum e le commissioni tengono conto

del curriculum di ogni studente, soprattutto in sede di colloquio. Il curriculum è suddiviso

in 3 parti: la prima è di competenza delle scuole, la seconda è a cura sia delle scuole sia

degli studenti ed è inerente alle certificazione, la terza parte è di competenza degli studenti

e riguarda le esperienze extrascolastiche. Quando lo studente affronta l’esame di stato si

trova davanti una commissione che è preparata sulle esperienze dello studente.

non è importante

solo ciò che lo

studente ha

realizzato e

prodotto ma

anche come lo

studente si è

attivato per la sua

prestazione; la difficoltà consiste nel tenere conto di tutto il percorso svolto dallo studente.

I processi di apprendimento sono sequenze di attività mentali che lo studente compie

quando apprende e sono di natura diversa, possono essere cognitivi, metacognitivi (legati

al processo), motivazionali, relazionali, affettivi; hanno una componente personale

(caratteristiche che differiscono da studente a studente); hanno uno sviluppo temporale e

si inverano negli apprendimenti (cercare di comprendere il processo di apprendimento

che ha accompagnato lo studente).


in alcuni

casi lo

studente

può avere

bisogno

di una

guida,

che può

essere il

docente o

uno

studente che ha raggiunto un livello superiore di apprendimento; proporre delle domande

agli studenti del tipo “perché è importante questo compito? Come pensi di migliorarti per

un compito analogo? Ecc.” lo possono aiutare nel processo di apprendimento, o

quantomeno ad interrogarsi sul processo compiuto. Comprendere il rapporto con i

compagni.

Quando parliamo di valutazione possiamo distinguere una valutazione iniziale o

diagnostica: si effettua una valutazione prima di affrontare il processo di formazione per

appurare la situazione di partenza degli studenti in relazione al lavoro didattico che si

intende svolgere, finalizzata a rilevare la situazione iniziale degli studenti, ovvero il grado

di conoscenze, abilità e competenze di cui esse dispongono (i famosi test di ingresso).

L’altra forma di valutazione è quella in itinere o formativa: viene eseguita durante il

percorso di apprendimento per consentire al docente di capire quali aspetti del lavoro con

la classe stanno producendo successo e quali invece richiedono una revisione (regolazione

dell’azione didattica) e allo studente di mettere a fuoco i punti di forza o di debolezza

dello studio che sta svolgendo; l’altro tipo è la valutazione finale o sommativa: mira ad

accertare il possesso di conoscenze e competenze alla fine del percorso, si concentra sul

risultato finale ma presta attenzione anche ai processi che hanno portato all’elaborazione

del prodotto finale.


La valutazione sommativa è a conclusione di un percorso più lungo quindi.

Quali sono gli strumenti che può utilizzare il docente? Si deve considerare la pertinenza e

la rilevanza degli strumenti in relazione agli obbiettivi oggetto di valutazione. Gli

strumenti, possono essere usati in base al loro diverso grado di strutturazione, sono:

colloqui individuali, osservazioni su esperienze, analisi delle interazioni verbali e delle

argomentazioni scritte, analisi dei prodotti e dei compiti pratici complessi, prove di

verifica, risoluzione di problemi, compiti autentici.

Per quanto riguarda le verifiche scritte, possono essere aperte (temi, relazioni su

esperienze ad esempio una uscita didattica, riflessioni su esperienze svolte), prove semi-

strutturate (presuppongono risposte aperte brevi e circoscritte e che rispettino i vincoli

stabiliti dal docente affinchè si possano confrontare con i criteri di correzione). In questo

tipo di prove si può in alcuni casi valutare la proprietà di linguaggio, l’efficacia del lessico,

la rilevanza dei contenuti, la pertinenza dei contenuti, ecc. Diverso è per le prove

strutturate, dove i quesiti prevedono conoscenze semplici, risposte vero/falso,

completamenti, corrispondenze, scelte mutliple e sono utili e funzionali per delle

valutazioni molto rapide, ma hanno il limite di non consentire di valutare la creatività, la

capacità di argomentare e sostenere ipotesi. Punteggi in decimi o punteggi in ventesimi o

via discorrendo e il docente può scegliere il punteggio da attribuire alle domande,

l’importante è chiarire il punteggio per ogni domanda e il punteggio complessivo (è

espresso in decimi?). per calcolare il punteggio si deve fare una proporzione (punteggio
ottenuto:x = 20:10 e risultato della proporzione + 1). Feedback e autovalutazione:

autovalutazione del prodotto, autovalutazione del processo (senso attribuito dall’alunno al

lavoro, intenzioni che hanno guidato nell’attività), centralità della narrazione del percorso

cognitivo compiiuto (funzione riflessiva e metacognitiva); esempi sono: ti ritieni

soddisfatto del tuo lavoro? Perché? Quali difficoltà hai incontrato? Cosa potresti fare la

prossima volta per migliorare il tuo lavoro? Hai lavorato meglio da solo o in gruppo?

Spiega perché. Sei stato capace di condividere le conoscenze e le informazioni ai tuoi

compagni nel lavoro di gruppo? Hai portato a termine ogni fase, seguendo attentamente la

consegna ricevuta? Quale parte della prova ti è piaciuta maggiormente? È quindi un modo

per il docente per conoscere meglio lo studente e per lo studente per conoscere meglio sé

stesso. Esistono anche delle rubriche di autovalutazione (eccellente, adeguata, parziale) e

lo studente deve scegliere in quale parte inserirsi e in quale si riconosce. Si può poi

richiedere una relazione sintetica dell’attività che ha svolto (se è u7n lavoro di gruppo,

qual era la tua parte? Quali difficoltà hai dovuto affrontare e come le hai risolte?).

griglia di valutazione di carattere

molto generico; poi ci sono le

RUBRICHE VALUTATIVE,

calibrate in base agli obbiettivi

prestabiliti che vanno precisati,

insieme ai criteri necessari. Alcuni

sono: AUTONOMIA nella

manifestazione di apprendimento

in relazione a uno specifico

obbiettivo; l’attività dello studente

si considera completamente

autonoma quando non è

riscontrabile alcuno intervento

diretto del docente. TIPOLOGIA DELLA SITUAZIONE nota o non nota entro la quale lo

studente mostra di aver raggiunto l’obbiettivo. una situazione nota può essere quella che è
già stata presentata dal docente come esempio o riproposta più volte in forme simili per lo

svolgimento di esercizi o compiti di tipo esecutivo. Una situazione non nota si presenta

allo studente come nuova, introdotta per la prima volta in quella forma e senza specifiche

indicazioni rispetto al tipo di procedura da seguire. RISORSE MOBILITATE: lo studente

usa risorse appositamente predisposte dal docente per accompagnare il processo di

apprendimento, o in alternativa ricorrere a risorse reperite spontaneamente nel contesto di

apprendimento o precedentemente acquisite in contesti formali e informali.

CONTINUITA’ nella manifestazione di apprendimento: vi è continuità quando un

apprendimento è messo in atto più volte o tutte le volte in cui è necessario oppure atteso.

In alternativa, non vi è continuità quando l’apprendimento si manifesta solo

sporadicamente o mai.

queste competenze

suddivise in questo

modo devono far

riferimento alle

competenze chiave di

cittadinanza. Esistono

delle griglie ufficiali

del ministero ad

esempio a cui possono attingere tutti quanti? In realtà no, la normativa prevede che
debbano essere rispettati dei requisiti (devono essere chiari i criteri, devono rispondere a

delle normative) ma se andiamo su internet ne troviamo tante, possiamo trovarle di

carattere generale, basati su degli indicatori che sono degli obbiettivi delle competenze

chiave di cittandinanza e riguardano anche la storia dell’arte. L’importante è che siano ben

esplicitati gli indicatori, in alcuni casi si può parlare di livello base non raggiunto, livello

base, livello intermedio, livello alto (e poi degli indicatori ad esempio coerenza tra testo e

immagini, equilibrio tra le diverse componenti, presenza per ogni sequenza di un livello di

presentazione sintetico, individuazione di parole chiave, correttezza formale, di sintesi, di

analisi, ricchezza e correttezza delle fonti di riferimento). Si può decidere di adottare delle

griglie specifiche per i colloqui orali, ma sono tabelle un po' più faraginose. Immaginiamo

di dover preparare una griglia di valutazione, nel caso delle storia dell’arte dobbiamo

valutare le conoscenze. Nel caso dei lavori di gruppo si possono usare queste stesse

tabelle. L’importante, per quanto riguarda il momento in cui vengono elaborate delle

griglie di valutazione, è tenere conto del modello che prevede che si debba indicare il

livello raggiunto per ciascun asse (asse dei linguaggi, asse matematico, asse scientifico-

tecnologico, asse storico-sociale): livello base, livello intermedio, livello avanzato.

Mercoledì parleremo delle unità di apprendimento, parleremo del tema delle verifiche e

poi il tema del rapporto scuola – museo.

Il dibattito libero è un qualcosa invece il DEBATE è molto diffuso nei paesi anglosassoni

ed è nato negli Stati Uniti.

sostenere la tesi a prescindere dal

pensiero individuale, il debate è

nato nelle scuole e nei college e


nelle università anglosassoni e la finalità è di imparare e acquisire scioltezza nel parlare in

pubblico e dibattere. Recentemente si è diffuso in Europa ed in Italia; negli Stati Uniti sono

organizzati campionati continentali, nazionali e mondiali promossi da università e

associazioni culturali.

Il debate vero e proprio deve avvenire dopo una fase di studio che consiste nel cercare

anche le fonti (può aiutare il docente o cercarle da soli). Obbiettivo del debate è vincere la

gara, chi è riuscito a condurre meglio il dibattito, non chi ha torto o chi ha ragione, ma chi

è stato più convincente e questo può divergere in molti casi (non sempre chi ha ragione è

più convincente e viceversa) ed è questo anche che lo differenzia dal dibattito libero.

Ci sono diverse fasi:

- Scelta dell’argomento (l’insegnante propone o può sceglierlo insieme alla classe;

definizione della tesi da condurre e discutere)

- Ricerca del materiale (gli studenti lo cercano in modo autonomo o lo fornisce il

docente, dipende dal livello della classe)

- Assegnazione della tesi (tesi assegnate a prescindere dalle opinioni personali)

- Scelta dei portavoce (generalmente 3 o 4 speakers che parlano a nome di tutto il

gruppo, in alcuni casi si può consentire agli altri componenti di intervenire in uno

spazio preciso)

- Svolgimento del dibattito (ci sono modelli diversi di debate, quello vero e proprio

inizia con uno speaker che presenta la tesi e anticipa in sintesi le argomentazioni

che intende portare avanti nel dibattito e ha la durata di 2 o 3 minuti per ciascun

gruppo; prime argomentazioni a cura del secondo speaker che presenta gli

argomenti e/o prove a sostegno della propria posizione ed ha la durata di 3 minuti

per ciascun gruppo; poi si fa una pausa di 5/10 minuti in cui il gruppo prepara le

repliche alle argomentazioni altrui; interviene il terzo speaker che deve cercare di

individuare gli elementi di criticità dell’intervento dell’avversario per poter

sostenere la propria tesi ed ha la durata sempre di 3 minuti circa per ciascun

gruppo. Il tempo li costringe ad imparare ad essere sintetici ma incisivi, chiari


nell’esposizione. Poi ci può essere una fase di dialogo libero, in cui partecipa tutto il

gruppo, possono essere poste delle domande alla squadra avversaria cercando di

metterle in difficoltà sottolineando i punti deboli, e questo potrebbe avere una

durata fino a 10 minuti; poi c’è la conclusione a cura del quarto speaker in cui si

ricapitolano i punti salienti e si mostra perché la propria posizione è migliore

dell’altra)

- Giudizio della giuria (deve considerare la ricchezza e coerenza delle

argomentazioni, gli aspetti formali e retorici, ogni giurato attribuisce il suo

punteggio e alla fine si sommano, si procede così alla definizione dei punteggi e alla

proclamazione del gruppo vincitore della contesa, sempre spiegando perché ha

vinto e perché è apparsa più convincente).

può essere un progetto

didattico per la

singoloa classe, un

laboratorio di

argomentazione

eztracurricolare, tornei

tra diverse classi (orario

scolastico o

extrascolastico),

partecipazione a tornei

regionali o nazionali.

20/04/2022

museo che può essere spazio di comunità,

in cui gli studenti, futuri cittadini, possono

riconoscersi (film Franconia, il Louvre

occupato); perché ci attrae l’arte? Perché in

effetti tutti noi ci possiamo riconoscere


come emozioni, sentimenti, emozioni rappresentate, la nostra storia e la nostra identità.

Possiamo anche vederci in prospettiva, museo come ponte verso il futuro. Anche durante

il lockdown si è confermata l’idea che l’arte e la cultura in generale hanno una grande

importanza per il benessere e la salute.

Per capire il perché della riflessione sul museo vediamo la definizione ICOM del 2007,

approvata a Vienna.

questa definizione è importante e ci dice tante

cose, il ponte verso il futuro: fondamentale la

ricerca per mandare il patrimonio alle generazioni

future. Questa definizione è stata recentemente

messa in discussione, c’è tuttora un dibattito

vivace su come proporre una definizione più

calzante con i tempi che sono cambiati

velocemente e a Kyoto nel 2019 era stata proposta una nuova definizione che però non è

stata approvata (ancora quella del 2007 è quella ufficiale).

riferimento al passato e al futuro ma

anche il concetto che il museo deve

essere anche uno spazio in cui si

garantiscono pari diritti e pari accesso

al patrimonio a tutte le persone. I

musei non sono a scopo di lucro.

Ribadiamo che questa definizione

non è stata approvata ma è tuttora in

fieri un dibattito che porterà ad una nuova definizione.


Sempre nell’ICOM è stato redatto un codice etico

nel 2004. Queste cose il museo le attua attraverso

le figure professionali museali che devono puntare

alla valorizzazione del patrimonio e alla

conoscenza pubblica del patrimonio. È importante

anche il rapporto con il territorio e con la scuola e

per questo spesso le scuole progettano dei percorsi

di educazione al patrimonio insieme ai

responsabili dei servizi educativi dei

musei (figura presente nella carta

nazionale delle professioni museali

del 2005, insieme all’educatore

museale). Il termine patrimonio, o

bene culturale, fa riferimento al

concetto di valore che si sposa al termine cultura, dal latino colere, coltivare: nel museo

sono conservati beni che riconosciamo come valori da coltivare nel tempo. Una metafora

spesso utilizzata è quella del museo come libro, che si può leggere più volte, che si può

interpretare diversamente. Ci consente di rapportarci con il presente e con il passato a

patto di dover educare il nostro sguardo; è necessario pensare al museo come luogo in cui

si può educare lo sguardo, educare alla bellezza e sviluppare creatività e pensiero critico.

L’educazione al patrimonio è fondamentale per la costruzione della personale identità.

Educare alla cittadinanza, collaborare con il docente

Nell’ambito della didattica dei beni culturali è necessario distinguere quella svolta nel

contesto scuola (si propone l’avvicinamento ai beni culturali attraverso una didattica

interdisciplinare e possiamo parlare di PEDAGOGIA DEL PATRIMONIO, contesto in cui

la storia dell’arte ha

enorme potenzialità

vista la sua vocazione

interdisciplinare, può
essere asse centrale di un processo di apprendimento) e quella progettata nei luoghi di

cultura (realizzare le migliori condizioni di fruizione del patrimonio esposto a partire dalle

caratteristiche del contesto, del tipo di collezione che accoglie, del tipo di allestimento

proposto, tiene conto di elementi specifici del contesto e deve tener conto dei differenti

fruitori e la possiamo chiamare DIDATTICA MUSEALE). È importante che l’istituzione

museale dialoghi con il territorio e con la scuola, quindi quando parliamo di didattica

ideata nel museo è una didattica in alcuni casi lasciata ai privati (non solo bookshop ma

anche servizi educativi affidati a società private) e ovviamente l’attività più interessante è

quella ideata dagli storici dell’arte che lavorano all’interno del museo possibilmente (caso

di Roma con il Museo MAXXI in cui l’attività didattica museale è ricercata all’interno del

museo stesso e non è affidata a società esterne). In Italia si è iniziato a parlare di didattica

museale a partire dagli anni ’50 – ’60. I docenti e le indicazioni ministeriali consigliavano

di condurre gli studenti all’interno dei musei, che dovevano essere spazi da utilizzare ma

queste iniziative all’inizio del ‘900 queste iniziative erano affidate ai singoli docenti,

mentre a partire dagli anni ‘50/’60 si è iniziato a parlare di didattica museale all’interno dei

più importanti musei (tra i primi Uffizi, Pinacoteca di Brera, ecc.) e solo nel 1969 è stata

istituita la Commissione per la didattica nei musei presso il Ministero dei Beni Culturali

finchè nel 1993 sono stati istituiti i servizi aggiuntivi con la Legge Ronchei. Negli anni ’90

del ‘900 si è iniziato ad usare “educazione museale” più che di didattica: educazione ha un

significato più ampio in quanto riguarda sia l’attività che il risultato del processo di

apprendimento; il termine educazione, inoltre, privilegia la costruzione di una relazione

formativa piuttosto che la trasmissione di una informazione. Perché negli anni ’90 si è

iniziato a parlare di educazione? Perché si è capito che era importante proporre una serie

variegata di attività e anche la classica visita guidata doveva essere organizzata

diversamente per non essere una semplice trasmissione unidirezionale di informazioni. Si

parla di educazione museale nell’ottica di un rapporto che diventa sempre più fluido tra

spazio museale e collezione e fruitore. In passato il museo era concentrato sulla collezione,

in ani più recenti si guarda con più attenzione al visitatore e c’è stato un grande impulso

dai musei americani. Come è noto, sappiamo che i più grandi musei americani sono nati
nella seconda metà dell’800 e sono gestiti e finanziati da privati per la maggior parte

(diverso dalla situazione italiana in cui la maggior parte dei musei nascono da collezioni

private ma sono diventati beni pubblici), ma questo non significa che non abbiano posto

attenzione alla comunità. I musei americani si sono sempre posti come luogo in cui creare

e sviluppare un rapporto di coesione tra museo e territorio.

Cosa valorizzare nell’esperienza educativa nel contesto museale? Chiara Panciroli parla di

dimensione intellettuale (fornire strumenti che possano contribuire ad ampliare il

patrimonio delle conoscenze del visitatore), la dimensione relazionale – emotiva (la

relazione con sé e con l’altro da sé è fondamentale nell’educazione come esperienza;

relazione con l’opera d’arte ma anche con la possibilità dello studente di relazionarsi con

gli educatori, che può essere il docente ma anche l’educatore museale; ma vuol dire anche

un confronto con gli altri visitatori), la dimensine etica (l’esperienza deve essere

espressione di intenzionalità, orientata cioè ad un sistema di valori che si riflette sulla

selezioni di opere, sulla scelta delle linee da seguire per veicolare dei messaggi) e quella

estetica (veicolare anche dei valori estetici, con cui si intende non di bellezza in senso

assoluto ma legata ad un approccio di comprensione dell’immagine che non è solo

un’immagine formale ma contiene anche dei contenuti). La frequentazione e la familiarità

con lo spazio museale fa sì che il visitatore possa assimilare con più facilità un patrimonio

di conoscenze. Più complicato può risultare il coinvolgimento del pubblico adolescente,

trovare delle strategie coinvolgenti e dobbiamo ricordare sempre che vanno incuriositi,

avvicinati (proporre delle domande che possano tirar fuori delle sensazioni e delle

emozioni come diceva Herbert Read “l’arte aiuta a tirar fuori le emozioni”), mantenere

viva la discussione. A questo proposito, tornando alla prima slide, quando progetteremo

un percorso di educazione al patrimonio teniamo conto che possiamo inserire una “visita

guidata partecipata” e comprendere un’attività laboratoriale (rielaborazione di ciò che si è

appreso in un laboratorio con un’attività manuale / che si può svolgere all’interno dello

spazio di visita in modo tale che gli studenti si sentano coinvolti).

Teorie dell’apprendimento (è importante associare alle conoscenze disciplinari delle

competenze pedagogiche) parliamo di apprendimento cognitivo quando il processo


coinvolge delle conoscenze psichiche superiori, come l’intelligenza. Come si apprendono

queste cognizioni? Le principali teorie dell’apprendimento sono (così come sono state

elaborate nel tempo, dalla più “antica” a quella più recente:

- Comportamentismo: teoria sviluppata negli Stati Uniti e definisce apprendimento

come acquisizione di un nuovo comportamento da parte del soggetto che ha

ricevuto uno stimolo. Teoria inserita nel 1913 da John Watson in un articolo in cui lo

studioso assumeva il comportamento esterno come l’unico indicatore afidabile per

la psicologia (si può studiare un soggetto attraverso il suo comportamento

osservabile). La mente del discente è una tabula rasa, che acquisisce conoscenza

tramite l’esperienza e lo stimolo. Teoria criticata perché non prende in

considerazione le cause interiori di chi apprende.

- Cognitivismo: lo studio della mente e dei suoi processi, che sembrano essere gli

unici elementi in grado di spiegare il funzionamento di attività cognitive superiori

(coime l’uso del lignuaggio, della memoria, le dinamiche percettive, il

ragionamento, e il problem solving); l’apprendimento si basa sulla costruzione

interna al soggetto e non solo sul condizionamento dall’esterno. bisogna studiare i

processi di apprendimento

- Costruttivismo: ipotizza una serie di strutture psichiche che permettono di costuire

un modo personale di interpretare la realtà, ciascun individuo mediante la propria

visione della realtà, riesce a decodificarla e a darle un senso, apprendendo

dall’interazione con l’ambiente; ciascun soggetto ha un suo modo di interpretare la

realtà: ciò che conta è quanto possa essere utile all’individuo la sua descrizione

specifica della realtà.

alcuni studiosi hanno

messo in evidenza come

la conoscenza sia il

riflesso del rapporto

dell’individuo con

l’ambiente. Ha studiato
molto attentamente la dimensione del linguaggio nei giovani e nei bambini: il processo di

apprendimento non avviene all’inizio dell’attività scolastica ma l’apprendimento avviene

e inizia già dal primo giorno di vita, perché è fondamentale la relazione e l’incontro con

l’altro. l’apprendimento ci può essere se l’essere umano, sin da bambino, si relaziona con

l’altro e lo strumento per relazionarsi è il linguaggio. La zona di sviluppo prossimale è un

concetto nuovo, su cui l’insegnante deve lavorare.

ha in comune

con Vigotskij

l’interesse

per il

linguaggio.

Nella sua

teoria è

importante

anche un

altro aspetto per cui Bruner è noto: concetto di scaffolding, termine introdotto nel 1974 e fa

riferimento al termine inglese che vuole dire “impalcatura” e lui dice che in un certo senso

creare conoscenza è come creare un’impalcatura.

saggio

“Forma

Mentis:

saggio

sulla

pluralità

delle

intelligenze” (?) in cui vengono elencate delle capacità di diverso tipo; queste intelligenze

elencate sono presente in ogni essere umano ma il modo in cui si manifestano e si

combinano tra loro è unico. Negli anni ’90 aggiunge l’intelligenza esistenziale. Nel 1992 in
un discorso pubblico ha definito il museo come “una delle istituzioni più promettenti del

mondo moderno”, ad indicare le potenzialità offerte dal museo.

in un articolo intitolato “Il

museo costruttivista”

propone il museo migliore

che è quello con approccio

costruttivista. Hein colloca

in questo schema i

principali modelli cognitivi

di cui abbiamo parlato: il

comportamentismo

(apprenidmento behaviorista) che definisce apprendimento come acquisizione di un

nuovo comportamento da parte di un soggetto che acquisisce uno stimolo; cognitivismo,

che analizza i processi mentali che permettono l’apprendimento ed è qui rappresentato in

“lezione tradizionale e testo”; in alto a destra, “apprendimento per scoperta” cioè lo studio

come scoperta di conoscenze oggettive, si apprende una natura oggettiva della conoscenza

e si può prendere per scoperta, attraverso una costruzione attiva della conoscenza,

attraverso l’esperienza; in basso a destra, il costruttivismo che vede apprendimento come

l’impegno attivo da parte del discente a costruire la propria conoscenza dall’interazione

con l’esterno (c’è una conoscenza di contenuti ma anche una conoscenza soggettiva che

può costruire solo il discente) e viene incoraggiato lo studio autonomo e la libera

iniziativa. In questo schema associa ad ogni quadrante anche un tipo di approccio e un

modo diverso di intendere il museo e considera queste teorie come teorie che possono

essere alla base della scelta che fa il museo nell’esposizione delle opere.
dal primo schema deriva

questo. Il museo

costruttivista deve essere

un museo attivo e deve

rendere la collezione

attiva: percorsi che

variano nel tempo,

percorsi tematici,

possibilità di svolgere

percorsi diversi, leggere

in vario modo la

collezione, ovviamente di volta in volta dando dei riferimenti per contestualizzare il tutto.

Questo vuol dire che l’apprendimento non avviene solo in contesti formali, come la scuola,

ma anche in contesti informali, come il museo. da qui deriva che la visita guidata deve

essere partecipata: esplorazione, interazione, linguaggio, narrazione, emozione, empatia;

La visita guidata deve essere

accompagnata o deve proseguire

con una attività laboratoriale:

rielaborazione, feedback,

autoriflessione.

concludiamo con un’altra

citazione di Dallari: “l’esperienza

del bello, la capacità di


riconoscerlo come tale, è sempre intersoggettiva: è cioè un processo continuo basato sulla

relazione con le persone e le cose, gli alfabeti, i saperi, i valori, la cultura alla quale

apparteniamo”.

ricordiamo l’importanza di porre domande agli studenti durante una visita, la famosa

visita partecipata, metodo utilizzato oggi anche in altri campi, ad esempio in medicina.

Negli Stati Uniti, negli anni ’80, si è sviluppata una teoria, la visual thinking strategies, la

possibilità di educare l’occhio clinico attraverso una serie di domande: modalità di

apprendimento per cui l’educatore pone una serie di domande chiave (che vediamo in

foto). Questo metodo è uno strumento usato anche in psicologia per accrescere l’autostima

degli studenti BES ad esmpio (studenti con bisogni educativi speciali) e in ambito

universitario nelle facoltà di medicina (anche in Sapienza). Condurre gli studenti di

medicina in un museo, non si chiede loro una conoscenza specifica dell’opera d’arte dal

punto di vista storico ma è un allenamento per l’occhio clinico, questo metodo può aiutare

nell’elaborare le diagnosi.
27/04/2022

È importante pensare ad una visita coinvolgente e partecipata, che possa essere una sorta

di visita esplorativa, senza trascurare la dimensione emotiva e di educazione emozionale.

anche gli

studenti

problematici in

classe in un

contesto che li

coinvolge sono

differenti, più

collaborativi.

Tutto questo è ripreso da Marco Dallari in un articolo (si è occupato anche di educazione

alla bellezza, facendo riferimento alla educazione delle competenze emotive, attraverso la

bellezza si può educare, evoluzione di un pensiero che passa anche per la Montessori) che

quando parla dell’opera d’arte dice che “l’opera d’arte diventa materiale didattico

prezioso e insostituibile per sensibilizzare, alfabetizzare, costruire l’immaginario. Ecco

perché sono convinto che le opere d’arte non siano testi rispetto ai quali attivare

meccanismi di comprensione, spiegazione e conoscenza […]”. Per conoscenza citiamo il

gruppo di lavoro The Learning Museum (LEM) attualmente sta lavorando su una ricerca sul

rapporto “Emozioni e apprendimento nei musei”: come le emozioni sono una condizione

preliminare per l’apprendimento e come i musei facilitano le esperienze emotive (ricerca

fatta da NEMO, Network of European Museum Organisation). L’intento è di rendere i

musei dei luoghi di apprendimento. Lo spazio museale è un sistema complesso che è


fondamentale per avviare una riflessione sul tema della storia, della memoria, del ricordo,

fondamentale per portare avanti una politica che miri alla conservazione del patrimonio.

Tornando a poco prima, quando parliamo di attività e di strumenti che si possono

utilizzare durante le lezioni come preparazione alla visita museale e come rielaborazione

della visita anche abbiamo sottolineato l’importanza del linguaggio e della narrazione (il

contatto con l’opera consente allo studente di mettere alla prova il linguaggio e migliorare

il lessico, sforzandosi di descrivere correttamente un’opera, al di là della lettura in sé).

Spesso le opere che vediamo nel museo sono solo una selezione delle opere che sono

contenute nei depositi (non solo spazi polverosi e dimenticati, devono essere oggetto della

ricerca e di studio), i curatori devono operare delle scelte in base al tipo di narrazione che

scelgono di portare avanti. La reazione emotiva che può avere lo spettatore è spesso

ricercato nei musei di arte contemporanea, che può coinvolgere in modo più rapido.

Baldriga insiste sulla narrazione come importante perché è il percorso ideale che

accompagna l’esperienza dell’apprendimento. Compito del docente o dell’educatore

museale è guidare questa narrazione; abbiamo diversi livelli di narrazione. Tema spesso

affrontato nella scuola, che si concretizza spesso nello storytelling, che va inteso come “una

metodologia educativa basata sull’utilizzo della tecnica narrativa, sfruttata nelle sue

potenzialità di risorsa cognitiva e di collante sociale” (A. Affede 2011).

la 4 è importante perché il racconto, la

memoria di ciò che si è visto è molto

importante (lei lo ha sentito anche da

genitori di studenti che hanno raccontato

a casa ciò che avevano visto e questa

condivisione all’interno di una

dimensione familiare di una memoria che

è anche memoria collettiva).

Spunti interessanti di storytelling:


- Oggetti parlanti (raccontare la storia di un’opera o di un manufatto come se questo

parlasse in prima persona. Video con l’anfora che descrive la sua vicenda in prima

persona, anfore riallestite in una sala dei Mercati di Traiano, studiate da Dressel, in

questo caso è il museo che vuole veicolare dei contenuti in un certo modo),

- Racconti in prima e terza persona (si sceglie una figura a cui dar voce, l’artistaa, il

mecenate, ecc. in modo tale che debba mettere a frutto ciò che ha studiato in

maniera un po' diversa e questo costringe anche lo studente che non ha studiato a

fare qualcosa, ci può essere anche una parte di creatività);

- Interviste impossibili (anche qui possono essere diverse figure, mecenate, artista,

due figure di persone che non si sono conosciute nella realtà ma che hanno

attinenza tra di loro, esempio intervista tra Picasso cubista ed Einstein per una

riflessione sul tema dello spazio)

In alcuni casi si può chiedere ai ragazzi di interpretare i protagonisti che hanno conosciuto

attraverso la visita e questo si può fare o come lavoro prima o come attività laboratoriale

dopo aver svolto la visita (es. Galleria Borghese, interpretiamo i personaggi: Bernini,

Cardinale Scipione Borghese, papa Paolo V, Ludovico Ludovisi a cui era donato il Ratto di

Proserpina, che tornò con le altre sculture quando hanno lottizzato Villa Ludovisi).

Quando si chiede di dar voce a personaggi esistiti davvero è importante fornire delle

indicazioni, delle testimonianze storiche per ricostruire il contesto (con ragazzi più grandi)

o semplicemente delle date, la biografia, dei dati vari, spunti per costruire una sorta di

dialogo o di intervista impossibile. Oppure, diversamente, si può pensare di dar voce ai

protagonisti delle opere, delle sculture, delle pitture, ecc. e ovviamente qui gli stimoli sono

tanti. Questi lavori possono essere esposti in vari modi, recitarli in classe, registrare un

podcast, scriverli, ecc. (progetto della Rai, Radio3, chiamato Museo Nazionale con una

descrizione di opere, un numero enorme di opere, che vengono descritte dettagliatamente

da professionisti competenti in puntate che durano generalmente tra i 20 e i 30 minuti;

nella puntata si descrive l’opera e si parla anche dell’artista, citando altre opere. Altro

podcast è quello della Galleria degli Uffizi, spunto per lavorare in classe sul tema

dell’integrazione di studenti nati in altri paesi, Fabbriche di storie, nell’ambito di un


progetto più ampio che si chiama Patrimonio di Storie, con l’intento di valorizzare l’arte

europea che è frutto di intrecci culturali, lavorando sul tema dell’inclusione e sul

superamento degli stereotipi, opere raccontate da persone che frequentano il museo ma

che non sono degli storici dell’artee da cittadini stranieri residenti in Italia, che hanno

legato la vicenda descritta nell’immagine o con la vicenda storica con l’esperienza

personale e alcune sono nella lingua originale dello straniero che racconta e questo può

essere uno strumento per avvicinare gli stranieri appunto). L’arte può e deve essere

strumento di inclusione!

Nelle unità di apprendimento va specificato anche se ci sono studenti BES o con disabilità

e un progetto interessante è quello della Pinacoteca di Brera (DESCRIVEDENDO), che può

essere un’idea di strumento in classe (chiedere di realizzare delle descrizioni morfologiche,

fatte in modo particolare per i non vedenti e questo è un modo per lavorare su uno

strumento di inclusione in un contesto reale).

- il museo e le

sue

professionalità

(a scuola o al

museo)

- visita al museo

per conoscere la collezione

- lavori di gruppo (i componenti del gruppo si suddividono i compiti in base al

ruolo)

- creazione di un museo virtuale (PPT, Padlet, Google Sites, Artsteps)


esempio di mappa che gli studenti

possono creare.

Vediamo qualcosa sull’educazione civica che, insieme all’alternanza scuola lavoro, offrono

spunti interessanti ai docenti di storia dell’arte. Se pianificato il lavoro è molto

interessante. L’educazione civica costringono i docenti a lavorare in team perché lo

strumento consigliato è l’unità di apprendimento, questo non toglie che poi il docente

possa svolgere ore di

educazione civica con dei

microprogetti più piccoli

legati alla disciplina.

L’educazione civica è un

insegnamento trasversale,

non è previsto un docente

di educazione civica a

meno che non sia presente

nel consiglio di classe un docente di diritto.

È un insegnamento obbligatorio, a partire dalla scuola primaria in poi, per 33 ore annuali.

Le uniche leggi che citiamo sono la legge 92 del 2019 e con il decreto 35 del 2020 vengono

pubblicati degli allegati che contengono informazioni importanti.


Come svolgere questi argomenti? Il legislatore dice che i nuclei tematici devono emergere

dai contenuti della disciplina, non una programmazione a parte.

33 ore annue dalla scuola

primaria fino alla scuola

secondaria di secondo grado (33

settimane di insegnamento, è

considerata un’ora a settimana,

ogni docente le svolge come

vuole poi)

Le linee guida, in particolare sono formate dall’allegato A, B e C e contengono anche i

nuclei tematici a cui fare riferimento, vengono elencati degli spunti di lavoro: costituzione

(diritto nazionale, internazionale, legalità e solidarietà), sviluppo sostenibile (educazione

ambientale e tutela del patrimonio e del territorio), cittadinanza digitale. Troviamo


l’allegato C che costituisce le integrazioni al profilo educativo, culturale e professionale dello

studente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo e di formazione, riferito

all’insegnamento trasversale di educazione civica (vedi i punti nell’allegato).

competenze che avevamo

già citato, definite

nell’ambito dell’Unione

Europea.

Concludiamo vedendo la sifda di questo insegnamento trasversale: intento di riuscire a

chiarire, definire e interpretare la complessità (Morin che parla del pensiero complesso,

della sfida della complessità, dei limiti della scuola che si deve invece porre come sfida di

risolvere i problemi e fronteggiare queste complessità). UDA e compiti autentici: UDA

(competenze, contesto esperienziale, attività di gruppo, realizzazione di un prodotto,


valutazione del processo e del prodotto), compito autentico (contesti di vita quotidiana,

valorizza gli interessi degli allievi per creare motivazione e stimolo, responsabilità dello

studente, trasforma in significative le conoscenze e le abilità apprese nel contesto

scolastico).

16/05/2022

Importanza del concetto di tutela

esortazione nei confronti

dello stesso pontefice

affinchè impedisca in

futuro il danno ad altre

opere d’arte; le antiche

memorie erano viste

come testimonianza,

come memoria di un

passato che non c’è più e che quindi va conservato. Questa lettera si può collegare alla

storia della tutela del patrimonio nel corso del ‘700. In quanto dopo la morte di Raffaello

questa lettera fu dimenticata e poi ritrovata negli scritti di Baldassarre Castiglione. Nel

momento in cui si sente la minaccia del patrimonio si sente la necessità di tutelarlo, siamo

nel ‘700, nel periodo del Grand Tour.

l’editto Albani del 1733 viene preceduto

da un antefatto; principio della pubblica

utilitas: “pubblico decoro di quest’alma

città di Roma”.
Convenzione dell’Aja (1954)

https://www.fedlex.admin.ch/eli/cc/1962/1007_1041_1045/it#art_30

23/05/2022

Sostenibilità ambientale e concetto di sostenibilità, collegato alla dimensione della

sostenibilità economica e sociale. Importante lavorare sul tema del benessere:

Concetto di cittadinanza globale.

in qualche modo include il concetto di

patrimonio come bene comune.

carta di Siena redatta da ICOM; parlando di

sostenibilità ambientale il concetto di patrimonio è

strettamente legata a quella dell’ambiente. In che


modo i cambiamenti climatici repentini influenzano il patrimonio culturale? Incendi,

siccità, inondazioni, uragani, frane. Dalle coste che vengono erose ai processi di gelo e

disgelo che danneggiano strutture architettoniche. Ad esempio, aumentano sempre più le

muffe che si vanno formando sui libri e sui manoscritti nelle biblioteche, a causa

dell’innalzamento delle temperature. Un lavoro che si può far fare ai ragazzi è una ricerca

su artisti contemporanei che lavorano su queste tematiche. Si può partire dalle opere

d’arte per affrontare questi argomenti.

ompiti che si potrebbero

proporre in classe.
è un documento in cui

vengono indicate le

competenze digitali che

dovrebbe avere il docente

e quelle che dovrebbe

acquisire il discente.

Definisce le competenze

digitali dei cittadini

europei; oltre a questo

documento in cui vengono

indicati i vari livelli di

competenze, c’è anche il DigiCompEdu, specifico per gli insegnanti.

Potrebbero piacerti anche