Sei sulla pagina 1di 25

SUSSIDI ERUDITI

79
SERIE “ARCHIVI DEL LIBRO”

LA CASA EDITRICE
RICCARDO RICCIARDI
CENTO ANNI
DI EDITORIA ERUDITA

TESTI, FORME E USI DEL LIBRO


Atti della giornata di studio
Università degli Studi di Milano - Centro Apice
26-27 novembre 2007

a cura di MARCO BOLOGNA

ROMA 2008
EDIZIONI DI STORIA E LETTERATURA
GIOVANNI BENEDETTO

GIORGIO PASQUALI, RAFFAELE MATTIOLI


E UNA PROGETTATA COLLANA
DI CLASSICI DELLA FILOLOGIA*

Tra i documenti dell’archivio della casa editrice Ricciardi recentemente


acquisito dal Centro APICE dell’Università degli Studi di Milano1 figura
un carteggio tra Raffaele Mattioli e il filologo classico Giorgio Pasquali
(1885-1952), costituito da una ventina di lettere e biglietti2 che il banchiere
e il professore si scambiarono tra Milano e Firenze, dal novembre del 1949
sino alla fine di maggio del 1952, a soli quaranta giorni dall’improvvisa
morte di Pasquali, avvenuta il 9 luglio 1952. Ho avuto notizia di queste
carte qualche settimana dopo lo svolgimento del convegno milanese del
novembre 2007 dedicato alla Ricciardi. In attesa di fornirne un’edizione, si
darà qui una descrizione di massima del contenuto con particolare riferi-
mento al progetto su cui più si sofferma lo scambio epistolare tra Pasquali
e Mattioli, pubblicare «una collezione di Classici della Filologia, che op-
portunamente ed organicamente scelta, costituisca una documentata storia
degli studi classici, almeno dal superamento critico dell’umanesimo fino ai
nostri giorni».
Il breve carteggio coincide esattamente con gli anni della concezione e
dell’avvio della monumentale Letteratura italiana – Storia e testi della Ric-
ciardi, apertasi con Filosofia ·Poesia ·Storia, l’«eccezionale antologia di Cro-

* Il mio grazie a Franco Longoni e a Gianni Antonini, ai quali debbo la conoscenza del
carteggio Pasquali-Mattioli; preziosi suggerimenti e indicazioni mi sono inoltre venuti da
Gianni Antonini. Sono grato a Alberto Cadioli, presidente di APICE, per l’autorizzazione
alla consultazione e alla pubblicazione parziale del materiale, e a Marco Bologna per aver
accolto il presente contributo tra gli Atti del Convegno I cento anni della casa editrice
Riccardo Ricciardi.
1Una presentazione ne ha ora dato A. Negri, Il Centro APICE dell’Università degli Studi di
Milano, in AA.VV., Per una storia dell’Università di Milano, Bologna, CLUEB, 2008, pp. 129-
133 («Annali di storia delle università italiane», XI, 2007, pp. 373-375). Si veda inoltre in
questo volume di atti il saggio di Marco Bologna sull’archivio della Riccardo Ricciardi Editore.
2 Il materiale, non schedato, è disposto in ordine cronologico in una cartelletta.
184 GIOVANNI BENEDETTO

ce fatta da Croce stesso»3 uscita nel marzo del 1951, circa un anno e mezzo
prima della morte di Benedetto Croce (20 novembre 1952). Dopo la dura
parentesi della malattia nervosa nel periodo 1943-19464, anche per Pasqua-
li furono quelli anni di attività intensa, che poté forse apparire anche di-
spersiva, ad esempio per la frequenza che assunsero gli interventi di lin-
guistica italiana5. I rapporti con Mattioli avevano avuto origine probabil-
mente dalla collaborazione di Pasquali negli anni Venti e Trenta con «La
Cultura», la rivista di Cesare De Lollis (1863-1928) rilevata nel 1929 dal
giovane Mattioli, già alla Commerciale6. «La Cultura», sia nell’ultimo
periodo della direzione De Lollis sia nei primi anni Trenta, fu la sede in cui
originariamente comparvero alcune tra le più note prose ‘stravaganti’ pa-
squaliane7, ma già era stata la palestra nel 1907-1908 per alcuni dei primi
articoli del poco più che ventenne Pasquali8. Il tenore delle prime lettere
del carteggio conservato nell’Archivio Ricciardi fa comunque pensare che
da lungo tempo, forse da oltre quindici anni, le relazioni tra Pasquali e
Mattioli, se ci furono, dovettero essere occasionali.
A uno degli àmbiti che più occuparono e appassionarono Pasquali nel
secondo dopoguerra, i problemi della scuola e dell’università, va riferita la

3Circa genesi e inizio della fortunatissima collana ricciardiana si vedano le belle pagine di
D. Isella, Per una collezione di classici. La letteratura italiana – Storia e testi, Milano-Napoli,
Ricciardi, 1988; sul determinante contributo dato da A. Gerbi alla compilazione, sotto la su-
pervisione di Mattioli, della silloge crociana S. Gerbi, Raffaele Mattioli e il filosofo domato,
Torino, Einaudi, 2002, pp. 131-134, volume cui sin d’ora rimando per la bibliografia mattio-
liana, unitamente a S. Gerbi, Raffaele Mattioli, «Belfagor», LXI (2006), pp. 1-15.
4 Sul breakdown di Pasquali attento e discreto D. Pieraccioni, Il centenario di Giorgio

Pasquali, «Nuova Antologia», CXXI (1986), fasc. 2158, pp. 275-277.


5 Interpretati come segno nell’ultimo Pasquali «dell’indebolimento del suo interesse per

le letterature greca e latina», e per il mondo antico in generale, da B. Bravo, Giorgio Pasqua-
li e l’eredità del XIX secolo, in AA.VV., Philologie und Hermeneutik im 19. Jahrhundert, II,
Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1983, pp. 356-357. Il contributo che meglio presenti
figura e opera di Pasquali rimane quello di S. Timpanaro, Giorgio Pasquali, in I critici. Storia
monografica della filologia e della critica moderna in Italia diretta da G. Grana, Milano, Mar-
zorati, 1969, III, pp. 1803-1825.
6 Cfr. U. Martegani, Il cappello del banchiere. Vita di Raffaele Mattioli, Palermo, Sellerio,

1999, pp. 78-80; Gerbi, Raffaele Mattioli e il filosofo domato, pp. 17-18.
7 Quali Coniunctivitis professoria (1927), Il ritorno a Gottinga (1928), Troppe riviste!

(1930). Nel 1931-1932 Pasquali fu condirettore de «La Cultura».


8 Verosimilmente grazie alla presenza tra i redattori e direttori della rivista di Nicola

Festa, il professore con cui Pasquali si laureò alla Sapienza di Roma nel giugno 1907; sulla
complessa storia della rivista (fondata in origine da R. Bonghi nel 1881), e in particolare
sulla figura di De Lollis, si veda l’ampio contributo di G. Sasso, «La Cultura» nella storia
della cultura italiana, «La Cultura», I (1963), pp. 7-28; 152-181; 258-293.
GIORGIO PASQUALI, RAFFAELE MATTIOLI 185

prima missiva, del 9 novembre 1949, l’unica del carteggio che non riguardi
questioni editoriali. Come di quasi tutte le altre lettere di Pasquali a Mat-
tioli è conservata insieme all’originale manoscritto una trascrizione datti-
loscritta, evidentemente richiesta da Mattioli per ovviare alle difficolta di
lettura poste dall’ardua grafia pasqualiana9. La lettera si apre con un ringra-
ziamento di Pasquali per l’aiuto concesso o promesso da Mattioli a un’ini-
ziativa che stava a cuore al filologo fiorentino: «tenere in vita e rinforzare la
Scuola Nuova», cioè un liceo privato laico affidato a allievi fiorentini e pisa-
ni per la cui istituzione a Firenze Pasquali si impegnò, nell’intento di op-
porsi a «questa funesta cattolicizzazione, controriformizzazione, clericaliz-
zazione della scuola italiana» esplicitamente denunciata dalla lettera10, in
accordo con temi frequenti nella pubblicistica pasqualiana di politica sco-
lastica in quegli anni 11. Il successivo biglietto di Pasquali, del 12 dicembre
1949, per primo s’inscrive nella serie di progetti e proposte editoriali tema
del resto del carteggio: «Illustre Mattioli non potrebbe Lei raccomandare
per la versione a un editore, io penserei o al Ricciardi o all’Einaudi, quel li-
bro di Mark Lidzbarski, di cui io ho parlato nell’ultimo quaderno della
Rassegna d’Italia? Con ossequio Giorgio Pasquali12».

9«Qualche difficoltà ermeneutica nella decifrazione dell’autografo» è ammessa da

Mattioli nella lettera a Pasquali del 15.12.1951 cui più avanti si farà cenno. Sulla grafia di
Pasquali le note parole di G. Contini: «Altra scrittura di grande difficoltà era quella di
Giorgio Pasquali: una scrittura quasi illeggibile. Evidentemente, era gente che meditava
molto con se stessa, e annotava così, sommariamente...» (in G. Contini e L. Ripa di Meana,
Diligenza e voluttà, Milano, Mondadori, 1989, p. 189).
10 «Illustre Signor Dottore, Ho piacere che Lei aiuti a tenere in vita e rinforzare la

Scuola Nuova; credo che in questa funesta cattolicizzazione, controriformizzazione, cleri-


calizzazione della scuola italiana sia necessario che almeno una città si salvi». Sulla prove-
nienza degli insegnanti dagli allievi di Pasquali si sofferma il séguito: «E La farà felice che
gli insegnanti della Scuola sono superiori a volte ai più di quelli dello Stato. Sono giovani
educati per lo più a Firenze e Pisa in un ambiente universitario (o normalistico) che a me
pare più colto che altrove (e non dissimulerò che son convinto di averci qualche merito io)».
Ora e in seguito cito dalla trascrizione dattiloscritta, riscontrata sull’originale manoscritto
di Pasquali.
11 Sulla quale M. Raicich, Pasquali e la politica scolastica e universitaria: momenti e docu-

menti, in Giorgio Pasquali e la filologia classica del Novecento. Atti del Convegno Firenze-
Pisa, 2-3 dicembre 1985, a cura di F. Bornmann, Firenze, Olschki, 1988, in particolare pp.
189 ss., anche a proposito del «tentativo condotto con altri colleghi di istituire a Firenze un
liceo privato laico, affidato in gran parte a suoi scolari» (cfr. anche M. Raicich, Introduzione
a G. Pasquali, Scritti sull’università e sulla scuola, Firenze, Sansoni, 1978, p. X, n. 2).
12 Biglietto manoscritto, datato Firenze, 12.12.1949 su carta intestata Accademia della

Crusca.
186 GIOVANNI BENEDETTO

Diretta dal ‘mattioliano’ Sergio Solmi (1899-1981)13, la Rassegna d’Italia


uscì a Milano tra il 1946 e il 1949 con periodicità mensile: il numero di
ottobre 1949 era aperto da un articolo di Giorgio Pasquali dal titolo Auto-
biografia anonima di un giudeo polacco14. L’intervento di Pasquali era dedi-
cato a un volume pubblicato in Germania oltre vent’anni prima, nel 1927,
Auf rauhem Wege. Jugenderinnerungen eines deutschen Professors. Benché
apparsi anonimi, risultò a tutti noto all’epoca che quei «ricordi di gioventù
di un professore tedesco» erano di Mark Lidzbarski (1868-1928), profes-
sore a Greifswald e a Gottinga, semitista di fama internazionale. L’autore,
ebreo polacco, vi ripercorre la propria infanzia e adolescenza nell’ambiente
familiare di rigida ortodossia chassidica, la lotta per emanciparsene e poter
frequentare un Gymnasium tedesco, primo passo sulla via che lo condurrà
a una brillante carriera nelle migliori università tedesche, e ancor prima alla
rottura di ogni rapporto con l’ortodossia delle origini. Quanto nel libro af-
fascina Pasquali è certo la narrazione diretta e in prima persona, «con sen-
timenti misti di amaro riso e di amore per il mondo che vi è descritto»: nar-
razione che è soprattutto rivelazione del sofferto maturare in Mark di una
scelta di vita, «la fuga dal Talmud verso la scienza»15. Pur nella radicale dif-
ferenza delle situazioni storiche e familiari, il cammino di Lidzbarski verso
la Wissenschaft e verso Gottinga sollecita risonanze personali profonde in
Pasquali, che «i suoi veri maestri li trovò a Gottinga e a Berlino»16 nel lun-
go periodo di permanenza in Germania (1908-1914) successivo alla laurea
romana. Può oggi stupire che nel ripercorrere il mondo dell’infanzia di
Lidzbarski, e nel ricordare perciò che «nell’Europa Orientale Chassidim
erano nell’800 milioni»17, Pasquali nel 1949 non riservi neppure un cenno
alla scomparsa di quel mondo, e soprattutto alle ragioni di quella scompar-
sa, pochi anni prima, nel turbine del genocidio nazista. Sarebbe in realtà
stupore mal riposto, ignaro del sostanziale silenzio che per oltre dieci anni
dopo la fine della guerra avvolse in tutta Europa le vicende della distruzio-
ne dell’ebraismo europeo. Basti ricordare del resto che quella stessa Einau-
di cui Pasquali pensava, in alternativa alla Ricciardi, per la traduzione delle

13
Solmi lavorò per decenni all’ufficio legale della Banca Commerciale Italiana: di lui si
vedano i Ricordi su Raffaele Mattioli [1974] ora in S. Solmi, Poesie, meditazioni e ricordi.
Tomo secondo: Meditazioni e ricordi, Milano, Adelphi, 1984, pp. 288-301.
14 «La Rassegna d’Italia», IV (1949), 10, pp. 981-992.
15 G. Pasquali, Autobiografia anonima di un giudeo polacco, «La Rassegna d’Italia», IV

(1949), 10, p. 988.


16 Efficace e sintetica espressione di S. Timpanaro in apertura del citato suo Giorgio

Pasquali, p. 1803.
17 Pasquali, Autobiografia anonima di un giudeo polacco, p. 985.
GIORGIO PASQUALI, RAFFAELE MATTIOLI 187

Jugenderinnerungen di Lidzbarski, aveva da poco rifiutato Se questo è un


uomo di Primo Levi, poi pubblicato in tiratura limitata nel 1947 dalla piccola
casa editrice torinese De Silva (presso cui appariranno nel 1952 le pasqualia-
ne Vecchie e nuove pagine stravaganti di un filologo). Quale segno di sensibi-
lità e libertà intellettuale è anche da questo punto di vista significativa la chiu-
sa dell’articolo pasqualiano: «Io ne ho proposto la versione a cinque editori,
tutti lo hanno ricusato perchè il successo sarebbe dubbio. Io ho invece fede
che andrebbe a ruba tra gli ebrei e i curiosi di ebraismo, tra i curiosi di civiltà
polacca e tedesca, tra gli amatori di un’arte umana e non affettata».
La proposta di Pasquali trovò invece positiva accoglienza presso Mattio-
li, che il 15 dicembre 1949 risponde da Milano18 ringraziando il professore
fiorentino per il suggerimento, aggiungendo che «dal Suo articolo il libro
del Lidzbarski pare un documento singolare e meritevole di essere cono-
sciuto dal nostro pubblico» e spingendosi a suggerire un titolo per la tra-
duzione italiana: «Ho pensato anche alle difficoltà del titolo, che, come Lei
giustamente osserva, è troppo vago19; forse, se non Le pare troppo scherzo-
so, “Dal ghetto a Gottinga” farebbe più presa sui lettori».
Nel contempo Mattioli pone alcuni quesiti preliminari in vista della pos-
sibile edizione italiana (a chi appartengano i diritti d’autore; chi sarebbe il
traduttore; di quante pagine è il libro «e se si tratta di un volume unico o
del primo tomo di un’autobiografia, magari poi rimasta interrotta»), alla
realizzazione della quale Pasquali si dimostrerà costantemente interessato20,
insistendo in particolare nel suggerire il nome del traduttore21, finché una
lettera di Mattioli del 13 ottobre 1951 sembra definitivamente dare il via
all’iniziativa:

Illustre e caro Pasquali,


«Auf rauhem Wege» non poteva giungermi per via più piana e gentile22. La
ringrazio della cortesia, che rende ormai di facile esecuzione un mio vecchio e un
po’ vago proposito.

18 Copia di lettera dattiloscritta, non firmata.


19 Autobiografia anonima di un giudeo polacco si apriva appunto notando «Il titolo “Per
aspra via” (Auf rauhem Wege, Giessen, Töpelmann 1927) dice poco o nulla; molto più il
sottotitolo “Ricordi di giovinezza di un professore tedesco”».
20 Della questione trattano missive di Pasquali del 20.12.1949, del 7.3.[1951], del

9.10.1951.
21 Già l’articolo per «La Rassegna d’Italia» si concludeva con «ho in pronto un tra-

duttore che sa di tedesco ma anche di ebraico e ha interesse per il mondo ebraico moderno
e scrive bene la sua lingua, l’italiano».
22 Risponde alla lettera del 9.10.1951 (a firma di Pasquali ma non di sua mano), che così

inizia: «Illustre Mattioli, Per non so quale via mi è giunta notizia che Lei vorrebbe fare
188 GIOVANNI BENEDETTO

Sono d’accordo con Lei che per un libro così singolare occorra un traduttore
con ‘numeri’ speciali, e mi rimetto fin d’ora alla scelta che Ella vorrà fare tra i nomi
che mi segnala. Sarò poi particolarmente lieto se, attraverso Lidzbarski, si sarà
stabilito il primo filo di una Sua collaborazione ad altre iniziative.
Mi viene ora in mente una ‘stravaganza’: la ricorrente voga dei romanzi polizie-
schi non potrebbe essere sfruttata e ‘sublimata’ narrando le storie dei più importanti
e avventurosi ritrovamenti di testi classici, compresi naturalmente i falsi ritrovamenti
e le schiette falsificazioni? La serie di queste scoperte, autentiche e fasulle, finirebbe
col formare quasi una storia della filologia per episodi, aneddoti e ‘frodi’ letterarie.
Le pare un’idea ‘sballata’ più che stravagante? Mi creda cordialmente Suo23.

In realtà la traduzione italiana progettata da Pasquali e da Mattioli non


si realizzò, verosimilmente per la repentina fine di Pasquali a pochi mesi di
distanza da questa lettera, nel luglio 1952. Trascorreranno quasi qua-
rant’anni prima che il libro di Lidzbarski approdi al pubblico italiano, nel
1988, proprio a cura di un allievo di Pasquali, Marino Raicich, che nella
postfazione si sofferma sulle ragioni dell’insuccesso (apparente, oggi sap-
piamo) del maestro nel trovare un editore italiano per le memorie giovanili
del semitista gottingense:

È bensì vero che nel dopoguerra, dopo un periodo di autarchia culturale (an-
che se a maglie non troppo strette) si traduceva parecchio. Ma i modelli di riferi-
mento erano altri: l’America hemingwayana, il realismo socialista sovietico, la lette-
ratura esistenzialista della Rive gauche della Senna. La storia di Mark, di questo ra-
gazzino ebreo che da una cittadina polacca, inclusa nei confini della Russia zarista,
e dal tradizionalismo rituale di una comunità chiusa ed ostile al moto della cultura
moderna, approda con la fuga e con una vita di stenti e di studi alla docenza, alla
cultura accademica, a Gottinga, una delle più prestigiose università tedesche, era
del tutto fuori dalle gabbie ideologiche e dai parametri di gusto prevalenti presso
editori e lettori di allora24.

Verso quel mondo ebraico ormai annientato, e così diverso dall’ebrai-


smo italiano, attraverso l’intenzione di tradurre il libro di Lidzbarski il car-
teggio tra Mattioli e Pasquali svela nei due corrispondenti una sensibilità
rara rispetto al mondo intellettuale italiano del tempo, quando appunto Se

tradurre e pubblicare dal Ricciardi il libro di Lidzbarski “Auf rauhem Weg” [sic]; e quindi
Le ho spedito in prestito il mio esemplare».
23 Copia di lettera dattiloscritta non firmata. La si riproduce qui per intero.
24 M. Raicich, Postfazione, in M. Lidzbarski, Ricordi di giovinezza di un professore

tedesco. Prefazione di Giorgio Pasquali; postfazione di Marino Raicich, Firenze, Passigli,


1988, p. 243; come prefazione di Pasquali è naturalmente riproposto Autobiografia anonima
di un giudeo polacco.
GIORGIO PASQUALI, RAFFAELE MATTIOLI 189

questo è un uomo di Primo Levi «stentò a trovare un editore»25. Non va co-


munque taciuto, e già lo si è notato, che il costante interesse con cui Pa-
squali cercò di provvedere alla versione italiana delle Jugenderinnerungen
di Lidzbarski particolarmente si nutrì di un impulso in certo modo ‘auto-
biografico’, suscitato dal confronto tra la propria vicenda di vita e di studi
e quella del giovane Mark. Non stupisce perciò che Pasquali abbia compre-
so l’articolo su Lidzbarski nel quarto volume delle sue Pagine stravaganti,
uscito nel 1951, Stravaganze quarte e supreme, «dal titolo tristemente presà-
go»26, come del resto invitano a pensare le parole stesse della Prefazione:
«Supreme nel titolo (…) indica la probabilità che a questo libro non ne
seguano altri dello stesso genere. Se contrariamente alle previsioni ne met-
terò insieme ancora un altro, riparerò al guaio chiamandolo Stravaganze di
un sopravvissuto. Se altri articoli dello stesso tipo (di qual tipo poi?) saran-
no raccolti dopo la mia morte, se la cavino gli editori: io suggerisco fin da
ora, conforme a un modello celebre, Stravaganze di oltretomba»27».
Se nell’ultimo anno di vita Pasquali ancora poté curare un volume di
stravaganti28, postuma uscì in effetti un’altra sua opera ‘stravagante’, nel
1953. È il libro di Pasquali sicuramente meno noto, Storia dello spirito te-
desco nelle memorie d’un contemporaneo29, la cui genesi e il cui sviluppo ri-
calcano l’articolo del 1949 ispirato dalla lettura dei ricordi d’infanzia e ado-
lescenza di Mark Lidzbarski. Anche questa volta il filologo italiano è solle-
citato alla riflessione e al confronto dalle memorie di un grande antichista
tedesco, l’archeologo e storico dell’arte Ludwig Curtius (1874-1954), sì che
«seguendo passo passo quelle memorie, egli vi allinea parallele le sue» e
«ne deriva una doppia autobiografia che nella storia letteraria non ha

25 Come opportunamente ricorda Raicich, Postfazione, p. 244. Vicenda che essa stessa

rimanda a un tema centrale della sfida narrativa di Se questo è un uomo, tra «bruciante
necessità interiore di raccontare» e «l’incubo di non poter rendere adeguata testimonianza e
di non trovare rispondenze in chi ascolta»: cfr. G. Scaramuzza, L’inenarrabile e la testimo-
nianza, in Rappresentare la Shoah, a cura di A. Costazza, Milano, Cisalpino, 2005, pp. 69-84.
26 Cfr. G. Devoto, «Belfagor» VIII (1953), p. 180.
27 G. Pasquali, Stravaganze quarte e supreme, Venezia, Neri Pozza, 1951, p. 9.
28 Vecchie e nuove pagine stravaganti di un filologo, Torino, De Silva, 1952: è la ripro-

posta di Pagine stravaganti di un filologo, Lanciano, Carabba, 1933, con l’aggiunta di due
vecchi articoli. Sulle vicende editoriali dei vari volumi e delle varie ristampe delle Pagine
stravaganti vd. D. De Martino, Preistoria editoriale delle ‘Stravaganze’ di Giorgio Pasquali,
«Rivista di filologia e di istruzione classica», CXXIII (1995), pp. 236-249.
29 Firenze, Le Monnier, 1953: come informa la Prefazione di Giacomo Devoto, il testo la-

sciato da Pasquali fu curato per la pubblicazione «dai suoi quattro scolari e amici, Giovanni
Pascucci, Gianfranco Folena, Fritz Bornmann, Eugenio Grassi, con competenza e con pietà».
190 GIOVANNI BENEDETTO

precedenti»30. Il libro di Pasquali si conclude con lo stesso episodio che


termina il libro di Curtius (Deutsche und antike Welt. Lebenserinnerungen,
Stuttgart 1950). In poche, intense righe vi è rievocata la mattina di settem-
bre del 1937 quando, ospite a Heidelberg dell’amico Karl Jaspers, Curtius
sentì bussare alla porta: aprendo gli fu recapitata la lettera con cui su or-
dine del Führer era sollevato aus dem Dienste des Reiches, cioè dalla dire-
zione dell’Istituto archeologico germanico di Roma. L’episodio si fa epi-
cedio di un mondo31, quel «mondo dello spirito» teatro della formazione di
Pasquali a Gottinga e a Berlino cui egli negli ultimi anni di vita più volte
parve tornare con diverso, più profondo e dolente sguardo storico.
Per quanto riguarda Mattioli, dalla citata lettera del 13 ottobre 1951
chiaramente risulta che attraverso Lidzbarski egli si propose di stabilire «il
primo filo» di un’organica collaborazione con Pasquali. Una prima pro-
posta si deve a Mattioli stesso, non a caso nel segno della stravaganza, nei
mesi in cui Pasquali, a nove anni di distanza dalle Terze pagine stravaganti
(1942), tornava sul mercato editoriale con le Stravaganze quarte e supreme.
Al di là dell’ammiccante richiamo alla «ricorrente voga dei romanzi polizie-
schi» da sfruttarsi «narrando le storie dei più importanti e avventurosi
ritrovamenti di testi classici», va sottolineato che è Mattioli a lanciare l’idea
di una storia della filologia, ricostruita attraverso «la serie di queste scoper-
te, autentiche e fasulle». L’origine dell’ingegnoso suggerimento di Mattioli
è probabilmente da rintracciarsi in una importante vicenda di alcuni mesi
prima. Il carteggio rivela infatti che nel gennaio del 1951 era sfumata la
possibilità che Pasquali fosse direttamente coinvolto nella nuova collana
ricciardiana La letteratura italiana – storia e testi curando «il volume sullo
studio dell’antichità classica nell’ottocento»32, poi destinato a uscire nel
1962 a opera di Piero Treves, con impostazione certo assai diversa rispetto
a quella che si può presumere avrebbe scelto il filologo fiorentino. Alla let-
tera del 13 ottobre Pasquali risponde cinque giorni dopo, non raccogliendo
l’auspicio mattioliano di «una storia della filologia per episodi, aneddoti e

30
Così ancora la Prefazione di Devoto.
31
La destituzione dal servizio del Reich, di quel Reich, è rievocata da Curtius come «un
onore cavalleresco»: «Ich empfand es wie einen Ritterschlag» (L. Curtius, Deutsche und
antike Welt. Lebenserinnerungen, Stuttgart, Deutsche Verlags-Anstalt, 1950, p. 526).
32 Come risulta dalla copia di un biglietto dattiloscritto di Mattioli, non firmato, datato

Milano 22.1.1951: «Chiarissimo Professore, l’amico Pancrazi mi dà notizia – lietissima notizia


– della Sua cordiale adesione a collaborare alla nostra collana con il volume sullo “studio del-
l’antichità classica nell’ottocento”». Presto Pasquali ritirerà tale adesione, come attestano due
sue lettere manoscritte inviate rispettivamente a Pancrazi (da Firenze, 26.1.1951) e a Mattioli
(da Firenze, 9.2.1951), non prive di aspri giudizi polemici (anche sul Treves).
GIORGIO PASQUALI, RAFFAELE MATTIOLI 191

“frodi” letterarie», e riduttivamente limitandosi a rimandare alle note ricer-


che d’inizio secolo di R. Sabbadini sulle scoperte umanistiche di codici lati-
ni e greci33; la lettera si chiude comunque con un augurale «sarò ben lieto e
sempre pronto in massima a collaborare». Il progetto vagamente delineato
da Mattioli dovette in realtà far presa su Pasquali, che meno di due mesi
dopo, all’inizio di dicembre del 1951, espose un proprio piano editoriale
centrato sulla riproposizione di classici della filologia:

Venerato Mattioli34,
questa volta mi rivolgo a Lei con una proposta. Le piacerebbe farsi editore (o
trovare l’editore) di una raccolta poniamo di 10 volumetti di classici della filologia,
come il Wolf, l’Aubignac, il Bentley? Si tratterebbe di testi esauriti o comechesia
non facilmente trovabili. Lascerei in latino quelli scritti in latino, farei tradurre in
italiano, o lascerei nella lingua originale quelli composti in lingue moderne. Ad
ogni volume dovrebbe precedere una prefazione. Di alcuni filologi si potrebbe
tentare una antologia. Io mi assumerei di dirigere il tutto. Io direi non più di 10
volumi, e tutto XVII, XVIII o prima metà del XIX. Crede di poter discutere con
me il piano? o il momento editoriale, certo non favorevole, Le pare che non lasci
nessuna speranza35?

Conservata manoscritta a piè di pagina della lettera di Pasquali, nonché


in due copie dattiloscritte, la risposta di Mattioli reca la data di quello stes-
so 5 dicembre 1951 in cui evidentemente la missiva di Pasquali raggiunse il
banchiere a Milano. Val la pena citarla per intero, anche come esempio
tanto della versatilità culturale quanto dell’attenzione al dettaglio di Mat-
tioli editore:

33 «Il tema che Lei mi propone un po’ giocosamente è stato già trattato sul serio da un

uomo privo di humor, Remigio Sabatini in un libro (La scoperta dei codici greci e latini) un
po’ invecchiato e sempre insufficentissimo per il greco. Io conosco un solo studioso che
sarebbe per dottrina capace di scriverlo, Giuseppe Billanovich, ora professore nell’universi-
tà di Friburgo, quella svizzera e pia» (lettera dattiloscritta con firma autografa Giorgio Pa-
squali, da Firenze 18.10.[1951], su carta intestata Studi italiani di filologia classica). Il riferi-
mento va naturalmente a R. Sabbadini, Le scoperte dei codici latini e greci ne’ secoli XIV e
XV, I-II, Firenze, Sansoni 1905-1914.
34 Sull’uso di venerato, germanicizzante e caro a Pasquali non solo nella corrispondenza

epistolare, vd. il sorridente ricordo di G. Nencioni, Il maestro perduto, «Annali della Scuola
Normale Superiore di Pisa», s. III, XXIV/4 (1994), pp. 1023-1029: p. 1025.
35 Parte di lettera manoscritta firmata da Giorgio Pasquali, datata Firenze 5.12.1951, su

carta intestata Studi italiani di filologia classica. Nel fascicolo del carteggio si conserva la
consueta trascrizione dattiloscritta.
192 GIOVANNI BENEDETTO

Colendissimo Pasquali,
l’idea non mi dispiace. E se realizzata da Lei, come mi propone, son certo che
riuscirebbe una cosa nuova e ottima. Dubito solo che si tratterebbe di ‘volumetti’:
così a lume di naso li chiamarei piuttosto ‘volumotti’. e bisognerà vedere che i testi
siano davvero difficilmente reperibili: i Prolegomeni a Omero del Wolf si trovan
persino nella collezione Reclam. Anche le Conjectures del d’Aubignac sono state ri-
stampate di recente. Comunque, sarò molto lieto di discorrer con Lei di questo
progetto, e definirne gli elementi essenziali anche per ciò che riguarda le traduzio-
ni o non-traduzioni. Intanto, perché non prepara un ‘sommariello’? Potremo ve-
derci a Roma o a Firenze o a Milano. Forse Roma è la soluzione più pratica: mi
dica Lei quando prevede di potervi essere, ed io procurerò di disporre le mie cose
in modo da poterLa incontrare.
Le ho fatto mandare il Parini del Caretti. Ne parlerà? Mi creda, con molta
cordialità36

Le lettere dei successivi sei mesi, quasi tutte di Pasquali, danno conto
del prender forma del progetto, nelle linee generali e nei dettagli. Il 14 di-
cembre 1951 Pasquali ne traccia i contorni e gli intenti, in chiara prospetti-
va internazionale:

Io penso insomma la raccolta così: ogni volume il testo originale e la versione


italiana, colle indispensabili note, poche e brevi, e una prefazione, talvolta ampia,
che inquadri l’opera nella storia della nostra disciplina. Se si dessero i testi origina-
li, l’opera sarebbe meno venduta da noi, ma potrebbe contare su un pubblico in-
ternazionale: io, più ancora che a Germania, penso a Inghilterra, America, Scan-
dinavia. L’italiano della prefazione non darebbe noia a filologi forestieri, che lo
sanno o s’immaginano di saperlo e in qualche modo lo leggono, così come da noi
persona di cultura media il francese37.

Due settimane dopo («l’ultimo del 951») Pasquali invia il sommariello


richiesto da Mattioli, un primo elenco di testi («tanto per fissare le idee»)
per la nuova collana (vd. Appendice I)38. Nel fascicolo che conserva il car-

36 Copia di lettera dattiloscritta, non firmata. In basso a destra l’indirizzo: Egregio

Signor / Prof. Giorgio Pasquali, / presso Le Monnier, / Lungarno Vespucci 4, / Firenze. Il


riferimento al Parini del Caretti va a G. Parini, Poesie e prose. Con Appendice di poeti satirici
e didascalici del Settecento, a cura di L. Caretti, Milano-Napoli, Ricciardi, 1951.
37 Parte di lettera dattiloscritta con firma autografa di Giorgio Pasquali, datata Firenze

14.12.1951, su carta intestata Scuola Normale Superiore Pisa. Interessante la chiusa («A ve-
derci per la prima volta, forse presto»).
38 Lettera manoscritta di quattro fogli; vi si accompagna la consueta trascrizione dat-

tiloscritta fatta approntare da Mattioli, con alcune incertezze di lettura e qualche errore nel-
la resa dei nomi e dei titoli citati da Pasquali.
GIORGIO PASQUALI, RAFFAELE MATTIOLI 193

teggio Mattioli-Pasquali sono conservati cinque foglietti recanti la minuta


di uno scambio di lettere di Mattioli39 con il direttore della casa editrice
svizzera Francke. Se ne desume che per la collana di Classici della Filologia
progettata con Pasquali il banchiere milanese pensò a una sorta di joint
venture con una grande casa editrice europea, tale da consentire la diffusio-
ne dell’opera al di là dei confini italiani. Lasciamo la parola a Mattioli:

Ora avrei in mente un proposito il quale dato il suo carattere internazionale


può venire attuato solo con la partecipazione di una casa ed. la quale come la Sua è
specializzata nel ramo. Le modalità di questa partecipazione e collaborazione po-
trebbero venir discusse in un secondo tempo, per il momento vorrei solo sapere da
Lei, in linea di principio, il Suo parere circa la stampa di una collana del genere
previsto da me e del genere nel quale il prof. Pasquali sarebbe disposto a dirigere
anche con la collaborazione di uno studioso da Lei proposto. Si tratterebbe di una
nuova edizione di opere di studiosi nel campo della cosiddetta filologia classica: il
valore delle sue fonti ed il suo proprio valore costituirebbero una storia di questa
disciplina ed in pari tempo la storia dei suoi esponenti. Comprenderebbe il perio-
do che va dal superamento critico dell’umanesimo di Erasmo fino ai nostri giorni
fino a Wilamowitz e Schwartz.
La collana dovrebbe apparire in due sedi distinte: una sarebbe costituita da ve-
re e proprie opere filologiche e la seconda di opere di natura filologica autobiogra-
fica. Per il momento sarebbe prevista la nuova ediz. di 30 o 40 opere alle quali po-
trebbero far seguito delle ulteriori. Eventualmente si potrebbero riunire alcune
opere in base al loro contenuto e l’allegato prospetto n° 1 prevede l’edizione di
una raccolta di opere di Omero. Il tutto dovrebbe venir edito in lingua originale
sia per il dovuto rispetto alle opere il cui stile difficilmente potrebbe venir mante-
nuto in altre lingue, come pure per non dare all’opera un carattere nazionale. Que-
st’opera infatti non dovrebbe rispondere solo a necessità culturali bensì anche far
fronte alla richiesta di testi originali esauriti i quali particolarmente in oltremare
sono richiesti. Si esclude comunque la traduzione di opere in latino.
Qualora una traduzione dovesse rendersi inevitabile questa potrebbe venir alle-
gata quale appendice stampata in corpo più piccolo.
Ogni volume non dovrebbe avere più di 300 pagg. Qualora opere scelte doves-
sero avere un’estensione superiore e sempre che siano dello stesso autore esse po-
trebbero venire raccolte in un unico volume di tale mole. Qualora questa mole non
dovesse essere sufficiente le opere in questione potrebbero venir stampate sotto
forma di antologia.
Compito della Casa ed. sarebbe la stampa dei testi originali rinunciando a qual-
siasi forma di critica [commento]. Sarebbe tuttavia necessaria una introduzione al
fine di mettere brevemente in luce il valore intrinseco e storico dell’opera. Even-

39 I fogli sono di mano di Gianni Antonini, come egli stesso mi ha confermato.


194 GIOVANNI BENEDETTO

tuali note sarebbero da redigere in forma possibilmente concisa. Si potrebbero


inoltre prevedere degli indici sistematici e analitici.

Le stesse minute manoscritte contengono la risposta a Mattioli da parte


del responsabile della casa Francke, con il rifiuto della prospettata collabo-
razione per l’eccessivo rischio economico40. Al diniego Mattioli risponde
offrendo di addossare alla Ricciardi l’intero costo dell’operazione e chie-
dendo la compartecipazione di Francke nella sola distribuzione, per con-
sentire alla collana ideata con Pasquali un’adeguata diffusione internazio-
nale. Spirano in queste righe la risolutezza e l’ampiezza di prospettive del
Mattioli ‘europeo’, editore e organizzatore di cultura:

Egregio Lang41,
mi rendo perfettamente conto di quanto Lei mi dice circa le poche possibilità
di un successo economico della collana di cui alla mia del 23 marzo. Poiché tutta-
via il Suo giudizio circa il valore culturale di una simile impresa è stato favorevole
sono a dirLe che sarei disposto di sobbarcarmi quale Ricciardi tutto il rischio fi-
nanziario ivi connesso. Ciò che voglio proporle è che desidero che le opere venga-
no edite in ‘comunità’ da A. Francke AG Bern e R. Ricciardi Editore Milano Na-
poli e che la spettabile Sua ditta ne curi la diffusione per la quale la casa ed. Ric-
ciardi farà del suo meglio per collaborare. Non credo sia difficile arrivare ad un ac-
cordo con Lei circa l’organizzazione tecnica della questione.
Lei potrebbe pormi la domanda perché io faccia proprio a Lei una proposta del
genere al che io potrei solo risponderLe che le case ed. italiane – per motivi che è
superfluo particolareggiare proprio a Lei – producono quasi esclusivamente per il
mercato interno e sarebbe loro difficile tentare di imporsi sul mercato internazionale
il che invece una casa ed. svizzera di prima classe può fare anche e in special modo
quando si tratta di opere di questa specie per le quali la Sua spettabile ditta non solo
si è specializzata ma gode anche di una meritata nomea mondiale.
Non dubito che a questa lettera Lei vorrà rispondermi molto apertamente.

40 «Abbiamo studiato a fondo la Sua proposta ed acquisito la convinzione che si tratta

di un’opera di alto valore culturale. Circa la possibilità di smercio della collana invece siamo
molto pessimisti. In base alle ns. esperienze gli ambienti ai quali queste opere sono dedicate
al giorno d’oggi difficilmente sono in grado di acquistare libri in grande quantità ed anche
le biblioteche eventualmente interessate sono finanziariamente deboli. Queste circostanze ci
vietano purtroppo di partecipare con rischio proprio ad una simile impresa». Si tratta
verosimilmente della trascrizione di lettera tradotta dal tedesco.
41 È il cognome del direttore della Francke, come si ricava dall’organigramma della

ditta, conservato nel fascicolo, e inviato a Mattioli a cura probabilmente di un dipendente in


Svizzera della Banca Commerciale.
GIORGIO PASQUALI, RAFFAELE MATTIOLI 195

Dello scambio con Francke di lettere e proposte Mattioli tenne diretta-


mente informato Pasquali, come si ricava da un biglietto del 21.5.195242; del
27 maggio è una lettera ufficiale di A. Francke AG Bern, firmata dal diret-
tore Lang, in cui si invitava Mattioli in Svizzera tra il 20 e il 30 giugno per di-
scutere del Verlagsprojekt43. Mattioli era dunque riuscito a convincere l’edi-
tore svizzero ad associarsi all’ambiziosa impresa concepita con Pasquali. La
soddisfazione del professore fiorentino traspare dall’ultima lettera conservata
nel fascicolo del carteggio con Mattioli, datata Firenze 30.5.1952:

Caro venerato Mattioli,


ho ricevuto il carteggio con Francke e sono lieto che la nostra iniziativa vada in
porto.
Noi qui siamo a sua disposizione, pronti all’esecuzione di quel progetto: non
sarà opportuno cominciare a meglio definirlo e ad approntarlo in qualche parte?
Attendiamo suoi pareri e notizie. Con un cordiale saluto.

Al biglietto dattiloscritto Pasquali aggiunse alcune righe manoscritte: «Il


giovane Cassin attende istruzioni per il Lidzbarski44. Se crede, può manda-
re istruzioni a me. Io del resto sarei pronto per un colloquio a Milano. Dal-
l’8 giugno in là sarò probabilmente a Venezia, Hôtel de Londres».
Quell’estate del 1952, a Belluno, il 9 luglio, vedrà Pasquali «strappato
di schianto alla cultura europea, alla scienza filologica, alla scuola, agli ami-
ci italiani e stranieri»45. Pochi giorni dopo sarebbe uscita presso l’editore
Le Monnier la ristampa accresciuta della Storia della tradizione e critica del
testo46, l’opera più ampia e celebre di Pasquali filologo ‘storicista’, «erede

42 «Colendissimo Pasquali, Le rimetto copia di un selbstverständlichen scambio di corri-


spondenza. È superfluo aggiungere che La terrò al corrente del seguito. Accolga i miei saluti
più cordiali» (copia di biglietto dattiloscritto, non firmato, indirizzato a Pregiatissimo Signor/
Prof. Giorgio Pasquali/ Lungarno Vespucci 4/ Firenze).
43 «Es wird uns sehr freuen, zwischen dem 20. und 30. Juni mit Ihnen über Ihr Verlags-

projekt verhandeln zu können» (Herrn Dr. Raffaele Mattioli/Delegierter der/Banca Com-


merciale Italiana/Mailand).
44 Eugenio Cassin è il traduttore più volte segnalato da Pasquali per la versione italiana

del libro di Lidzbarski.


45 A. Ronconi, Umanità e storicismo di un maestro, «Atene e Roma» n.s. II (1952), p.

201. Quale causa della morte di Pasquali si suole indicare un ‘incidente stradale’: più preci-
samente egli rimase «vittima, nel centro della città, di un grave investimento motociclistico»
mentre attraversava la strada, come informa la cronaca del «Corriere della sera» del 10
luglio 1952 utilmente riproposta da L. Caretti, Montale e Pasquali, «Paragone/Letteratura»,
XXXVI (1985), 430, pp. 70-86: p. 86 n 3.
46 Per l’uscita della seconda edizione della Storia della tradizione e critica del testo «a pochi

giorni dalla Sua morte, avvenuta tragicamente il 9 luglio di quest’anno » vd. D. Pieraccioni,
196 GIOVANNI BENEDETTO

dell’ampio concetto di storia della tradizione instaurato nelle Textgeschichten


del Wilamowitz e scolaro ed amico di uno fra i maggiori oppositori del me-
todo lachmanniano, Edoardo Schwartz»47: l’opera in cui Pasquali, come è
stato osservato, investì «gran parte di sé, anche della sua autobiografia intel-
lettuale»48. E appunto i nomi di U. von Wilamowitz-Moellendorff (1848-
1931) e di E. Schwartz (1858-1940), indissolubilmente legati al ricordo del
decisivo soggiorno tedesco di Pasquali tra il 1908 e il 1914, ricorrono in
apertura di una pagina dattiloscritta dal titolo Monumenti della filologia
classica delineante motivi e intenti della collana progettata con Mattioli:
«La collezione si propone di ripubblicare opere dovute a studiosi di quella
che oggi si chiama filologia classica, che costituiscano per il loro carattere
documentario e il permanente valore, una storia della disciplina e allo stes-
so tempo dei suoi cultori. Comprenderà pertanto il periodo che va dal su-
peramento critico dell’umanesimo, segnato da Erasmo, fino ai nostri giorni,
al Wilamowitz cioè e allo Schwartz49».
Collana di Classici della Filologia si intitola un altro foglio dattiloscritto,
non datato, che si sofferma sull’ispirazione dell’impresa come documentata
storia degli studi classici:

Manca una collezione di Classici della Filologia, che opportunamente ed orga-


nicamente scelta, costituisca una documentata storia degli studi classici, almeno
dal superamento critico dell’umanesimo fino ai nostri giorni. Che illustri soprattut-
to gli splendidi secoli XVII e XVIII e gli inizi di quello a noi precedente, in cui fu-
rono gettate le basi storiche dell’attuale indirizzo. Che faccia conoscere una serie
di capolavori, i quali, oltre ad essere testimonianza di particolari indirizzi e attività
critiche, hanno un loro intrinseco pregio e valore, una esemplarità ancor oggi viva,
non diminuita neppure dal necessario superamento di qualcuno dei loro risultati.
Che costituisca insomma una saldatura col passato, un diretto innestarsi nei pro-
blemi, i quali sono nella loro stessa storia. Che reagisca quindi a un certo indirizzo
che questa storia presume poter ignorare, solo confidando nelle proprie doti di

«Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa», s. II, XXI (1952), p. 272 e dello stesso Pie-
raccioni la Premessa a G. Pasquali, Storia della tradizione e critica del testo, Firenze, Le Lettere,
1988, p. II; la prefazione di Pasquali recava la data Firenze, 10 giugno 1952.
47 S. Mariotti, Rileggendo la Storia della tradizione, «Atene e Roma», n.s. II (1952), pp.

212-219 (a p. 213), poi in S. Mariotti, Scritti di filologia classica, Roma, Salerno ed., 2000,
pp. 601-609.
48 L. Canfora, Comparetti e Vitelli attraverso il ‘prisma’ Pasquali, in Domenico Compa-

retti 1835-1927. Convegno Internazionale di Studi Napoli – Santa Maria Capua Vetere 6-8
giugno 2002, a cura di S. Cerasuolo – M.L. Chirico – T. Cirillo, Napoli, Bibliopolis, 2006,
pp. 265-273: p. 271.
49 Anche nel séguito lo scritto sostanzialmente coincide con quanto esposto da Mattioli

nella citata lettera alla casa editrice Francke, nota dalla minuta di G. Antonini.
GIORGIO PASQUALI, RAFFAELE MATTIOLI 197

intuizione. Un documentato richiamo e rivivimento della tradizione, dunque, di


particolare interesse antiquario, culturale scientifico. Una iniziativa che ogni stu-
dioso e cultore di antichità classiche non mancherà di intendere ed appoggiare50.

Accanto ai due dattiloscritti dal titolo Monumenti della filologia classica


e Collana di Classici della Filologia il fascicolo dell’Archivio Ricciardi con-
serva, parimenti dattiloscritto e in varie copie, un prospetto delle opere che
avrebbero dovuto (o potuto) costituire la nuova collana. Si tratta di tre
elenchi (vd. Appendice II) per complessivi quaranta titoli, divisi in Opere
filologiche, Crestomazie di opere filologiche, Opere a carattere autobiografico.
Senza ora procedere a una dettagliata presentazione degli autori e dei la-
vori scelti da Pasquali, mi limiterò ad alcuni rilievi generali. L’Elenco n° 1:
Opere filologiche in buona parte coincide con la lista trasmessa da Pasquali
a Mattioli nella lettera del 31.12.1951. Le diciotto opere elencate apparten-
gono in maggioranza a filologi tedeschi del XIX secolo, archegeti e espo-
nenti delle varie scuole e indirizzi della trionfante Altertumswissenschaft:
così Ph. Buttmann (1764-1829), W. von Humboldt (1767-1835), G. Her-
mann (1772-1848), K. Lachmann (1793-1851), K.O. Müller (1797-1840),
F. Ritschl (1806-1876), H. Sauppe (1809-1893), O. Jahn (1813-1869), J.
Bernays (1824-1881), dei quali vengono riproposti alcuni dei più noti lavo-
ri, di àmbito in genere non strettamente critico-testuale, tutti peraltro di
notevole densità e complessità esegetica, e di grande rilevanza nella storia
della filologia classica ottocentesca51. Dei secoli precedenti il XIX sono rap-
presentati solo Erasmo, Isaac Casaubon (1559-1614) e Richard Bentley
(1662-1742); l’abate d’Aubignac, F.A. Wolf, R. Wood e lo stesso Lach-
mann pertengono alla ‘questione omerica’, che sembra essere stata tra i te-
mi ispiratori della concezione stessa della collana52.

50 Il testo, non firmato, è certo da attribuirsi sostanzialmente a Pasquali: il nome di Pa-

squali è vergato in piccolo sulla parte destra del foglio, poco sotto il titolo Collana di Classici
della Filologia.
51 Così ad esempio l’edizione delle Eumenidi di Eschilo a cura di K.O. Müller (griechisch

und deutsch, mit erläuternden Abhandlungen über die äußere Darstellung und über den Inhalt
und die Composition dieser Tragödie, Göttingen 1833), che diede origine al famoso scontro
con G. Hermann, accusato di sterile Notengelehrsamkeit: per una ricostruzione della polemica
e dei suoi significati vd. E. Degani, Filologia e storia, ora in Filologia e storia. Scritti di Enzo
Degani II, Hildesheim, Olms, 2004, pp. 1277-1279. Di scuola hermanniana fu invece H.
Sauppe, presente nella collana divisata da Pasquali sia con l’importante Epistola critica ad
Godofredum Hermannum, Lipsiae 1841 sia con l’ampia raccolta di Ausgewaehlte Schriften,
Berlin, Weidmann, 1896 (dove anche è ristampata l’Epistola critica).
52 Come si è visto, la prima proposta di Pasquali, nella lettera del 5.12.1951, parla di

«una raccolta poniamo di 10 volumetti di classici della filologia, come il Wolf, l’Aubignac, il
Bentley».
198 GIOVANNI BENEDETTO

Di natura ancora più tecnica è l’Elenco n° 2: Crestomazie di opere filolo-


giche, comprendente dodici titoli, per metà di autori tedeschi del XIX se-
colo (Bernays, Droysen, Hermann, Müller, Ritschl, Sauppe), tutti salvo
Droysen già presenti nell’elenco precedente. Di essi vengono ora segnalate
le Kleine Schriften, raccolte di articoli ‘minori’ di norma connotati da rigo-
rosa ‘scientificità’, spesso di grande valore metodologico e profonda in-
fluenza sul corso successivo degli studi53; da notarsi inoltre la presenza di
due grandi e ardui filologi inglesi del XVIII secolo, R. Dawes (1708-1766)
e soprattutto R. Porson (1759-1808), per i quali si suggerisce la ristampa ri-
spettivamente dei Miscellanea critica (1745) e degli Adversaria. Notae et
emendationes in poetas Graecos (editi postumi nel 1812), volumi costruiti
sulla discussione e l’emendazione congetturale di centinaia di passi di auto-
ri classici, in particolare greci54. Entrambi gli elenchi constano di opere
spesso assai ampie, perlopiù di fondamentale importanza nello sviluppo
degli studi filologici tra XVII e XIX secolo, di sicuro spessore specialistico
e certo non rivolte a un pubblico dai vaghi o generici interessi ‘umanistici’.
Come prometteva la presentazione, la progettata collezione di Classici della
Filologia effettivamente si pone come «documentata storia degli studi clas-
sici», dunque rivolta in primo luogo ai filologi di oggi e di domani, chiama-
ti a confrontarsi con i capolavori della propria disciplina nel momento in
cui dalla riflessione sulle tragedie del Novecento poteva sortire (come poi
sortì) la radicale negazione delle ragioni fondanti la tradizione umanistica
occidentale: di qui il dovere, che a Pasquali dovette apparire ineludibile, di
recuperare «una saldatura col passato», nella consapevolezza che essa im-
plichi e significhi «un diretto innestarsi nei problemi, i quali sono nella loro
stessa storia»55.
Più volte, nei cinque decenni trascorsi dalla morte di Giorgio Pasquali,
è stato sottolineato il forte interesse che egli sempre ebbe per la storia degli
studi classici56. La prova più evidente e il fondamento più saldo di quell’in-

53 Basti citare i cinque massicci volumi degli Opuscula philologica di F. Ritschl, Lipsiae,

Teubner, 1866-1879.
54 È la tradizione cui almeno in parte ancora può ascriversi un’altra opera compresa

nell’elenco, gli Adversaria critica (Hauniae 1871-1884) del danese J.N. Madvig (1804-1886),
uno dei massimi filologi del XIX secolo.
55 Corsivo mio. Sulla centralità dei singoli problemi nel metodo di ricerca di Pasquali vd.

le osservazioni di Timpanaro, Giorgio Pasquali, pp. 1816-1818.


56 Rimando a A. La Penna, Lo scrittore «stravagante», «Atene e Roma», n.s. II (1952), p.

226 («Chi meglio di lui avrebbe potuto scrivere una storia della filologia classica europea
nei secoli XIX e XX?»); S. Timpanaro, Premessa, a Rapsodia sul classico. Contributi all’Enci-
clopedia Italiana di Giorgio Pasquali, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1986, pp.
GIORGIO PASQUALI, RAFFAELE MATTIOLI 199

teresse risiedono nel fatto che «in tutte le opere di Pasquali filologia e sto-
ria della filologia sono strettamente congiunte»57, come appunto dimostra-
no le pagine pasqualiane più esplicitamente rivolte a problemi di storia del-
la filologia classica, quelle di Filologia e storia (1920) e di Storia della tra-
dizione e critica del testo (1934): dedicate le prime a F.A. Wolf e alla scienza
dell’antichità tedesca del XIX secolo,58 volte le altre a svelare l’importanza
degli studi di philologia sacra di teologi protestanti del XVIII secolo a pro-
posito dell’origine del «metodo del Lachmann»59 o a indagare la concreta
attività editoriale degli umanisti europei del XVI e del XVII secolo60. Pur
nelle grandi differenze di stile struttura e ampiezza che le separano, Filo-
logia e storia e Storia della tradizione sono in certo modo accomunate da un
intento ‘militante’, si tratti della confutazione dell’aggressivo antifilologismo
nazionalista di E. Romagnoli, o invece, su altro e più alto piano, della volontà
di mostrare l’inadeguatezza di «ogni concezione meccanicistica della critica
testuale»61, in rapporto soprattutto alle posizioni espresse nella Textkritik di
P. Maas. Spazio e ruolo riservati alla storia della disciplina in entrambi i vo-
lumi ben corrispondono, mi sembra, a tale intento di filologia ‘militante’, co-
me in altro modo emerge altresì dagli indimenticabili ritratti di antichisti, ita-
liani e tedeschi, affidati alle Pagine stravaganti. Lo stesso spirito ‘reattivo’ e
costruttivo può cogliersi nel Pasquali del secondo dopoguerra che progetta

25-27 e ancora A. La Penna, Gli Scritti filologici di Giorgio Pasquali, in Giorgio Pasquali e la
filologia classica del Novecento. Atti del Convegno ..., Firenze, Olschki, 1988, pp. 73-74.
57 S. Timpanaro, Pasquali, la metrica, e la cultura di Roma arcaica, in G. Pasquali, Prei-

storia della poesia romana con un saggio introduttivo di Sebastiano Timpanaro, Firenze,
Sansoni, 1981, p. 38 (quanto tale affermazione valga ovviamente a caratterizzare l’attività
stessa di Timpanaro è notato in Sebastiano Timpanaro e la cultura del secondo Novecento, a
cura di E. Ghidetti e A. Pagnini, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2005, p. 98).
58 Cfr. G. Pasquali, Filologia e storia. Introduzione di Fausto Giordano, Firenze, Le

Monnier, 1998, pp. 67-90.


59 È il I capitolo (Il metodo del Lachmann) di Storia della tradizione e critica del testo,

Firenze, Le Monnier, 1934, anticipato nell’articolo Teologi protestanti predecessori del Lach-
mann, «Studi italiani di filologia classica», n.s. IX (1931), pp. 243-254. Come è ben noto, ta-
li aspetti saranno specificamente sviluppati da S. Timpanaro nel suo La genesi del metodo
del Lachmann, la cui prima edizione è del 1963 (ora con una Presentazione e una Postilla di
E. Montanari, Torino, UTET, 2003); ancora a lungo Timpanaro spererà «di studiare un po’
più a fondo i rapporti tra filologia e “eresie” nei secc. XVI-XVIII» (cfr. «Il Ponte», LVII,
2001, nn 10-11, p. 312 e A. Rotondò in Sebastiano Timpanaro e la cultura del secondo Nove-
cento, pp. 6-11).
60 Nel famoso capitolo Recentiores, non deteriores. Collazioni umanistiche ed editiones

principes (con lo stesso titolo già il contributo in «Annali della Scuola Normale Superiore di
Pisa», s. II, I,1932)
61 Mariotti, Rileggendo, p. 214.
200 GIOVANNI BENEDETTO

con Mattioli l’ampia e ambiziosa collezione di Classici della Filologia come


«documentato richiamo e rivivimento della tradizione», non certo la più
vicina o la più ovvia.
L’attenzione per «gli splendidi secoli XVII e XVIII», già presente nei
primi due Elenchi, si fa più evidente nell’Elenco n° 3: Opere a carattere
autobiografico, dove ci si spinge a includere nell’ideata collana l’Opus
epistularum di Erasmo da Rotterdam, Lebenswerk dell’inglese P.S. Allen la
cui pubblicazione attraversa tutta la prima metà del Novecento. Assai ardi-
to anche il proposito di ristampare le raccolte epistolari di due giganti della
Res publica litterarum, Giuseppe Giusto Scaligero e Isaac Casaubon, mai
più riedite rispettivamente dal 1627 e dal 170962; particolarmente beneme-
rita la scelta di Pasquali nel caso delle Ephemerides di I. Casaubon, il ‘dia-
rio’ del grande filologo e umanista, inedito sino al 185063 e da allora co-
munque rimasto ignoto alla cultura italiana. L’estraneità alla cultura italia-
na, anche e soprattutto accademica, umanistica e filologica, può in realtà
dirsi elemento caratterizzante per le opere comprese in questo terzo elenco,
con la parziale eccezione forse dell’epistolario di Erasmo: il motivo non è
casuale o occasionale. L’individuazione delle opere a carattere autobiografi-
co da comprendersi nella collana non è ispirata dalla volontà di compiacere
curiosità erudite o morbosità letterarie, e nulla cede alla visione di una sto-
ria della filologia e dell’erudizione quale «bedside book about the lives and
works of scholars, enlivened with anecdotes and jokes»64. Le vite e gli epi-
stolari indicati nel terzo elenco concernono tutti dotti vissuti a partire «dal
superamento critico dell’umanesimo, segnato da Erasmo»65, successivi cioè
alla fatale translatio – nel corso della prima metà del XVI secolo – del pri-
mato degli studi filologici, e in particolare di greco, dall’Italia rinascimen-
tale all’umanesimo filologico nordeuropeo di area protestante (via via fran-
cese, olandese, inglese, tedesco). Da Erasmo si passa infatti agli ugonotti

62
La prima edizione delle Isaaci Casauboni Epistolae era comparsa all’Aia nel 1638:
definitiva è rimasta l’edizione a cura di Th. J. van Almeloveen (Roterodami 1709), colossale
volume in folio. Sulla prima raccolta delle lettere di Casaubon anche in rapporto a quella
dello Scaligero, vd. P. Dibon, Les avatars d’une édition de correspondance: les Epistolae I.
Casauboni de 1638, «Nouvelles de la Republique des Lettres», 2 (1981), pp. 25-63.
63Ephemerides Isaaci Casauboni cum praefatione et notis edente Johanne Russell S.T.P., I-

II, Oxonii, e Typographeo Academico, 1850.


64 È appunto la visione rifiutata da R. Pfeiffer sin dalla prima pagina del Preface alla sua

History of Classical Scholarship. From the Beginnings to the End of the Hellenistic Age,
Oxford, Clarendon Press, 1968.
65 Così il dattiloscritto Monumenti della filologia classica; di «documentata storia degli

studi classici, almeno dal superamento critico dell’umanesimo fino ai nostri giorni» è men-
zione nel prospetto Collana di Classici della Filologia.
GIORGIO PASQUALI, RAFFAELE MATTIOLI 201

Scaligero66 e Casaubon, al sassone J.J. Reiske (1716-1774) formatosi agli studi


greci nella Leida di T. Hemsterhuis67, infine a Wilhelm von Humboldt68 e a
Karl Otfried Müller69, protagonisti di spicco del neoumanesimo germanico e
della prodigiosa ascesa della scienza dell’antichità tedesca. Nessuno di loro è
italiano, come nessun dotto italiano tra XVI e XIX secolo compare nella
Collana di Classici della Filologia disegnata da Pasquali70.
Quell’abortito progetto, oggi rivelato dalle carte dell’Archivio Ricciardi,
prese forma negli anni stessi in cui nasceva e fulmineamente si avviava la
grande impresa ricciardiana della Letteratura italiana, «negli anni imme-
diatamente successivi alla fine della guerra: come dire gli anni grandi, di
grande passione, della nostra rinascita dalla catastrofe, quando a uomini di
formazione anteriore all’avvento del fascismo si impose come imperativo
morale, nonché lo sperare nel domani, l’adoperarsi per costruirlo sulla base
di certuni valori, lacerati ma non spenti»71. Intorno a quell’imperativo a

66 Del quale, oltre alle Epistolae, si propone la ristampa delle Lettres françaises inedites
publiées et annotées par Philippe Tamizey de Larroque, Agen 1879 (ora disponibile tra gli
Slatkine reprints, Genève 1970) e della cosiddetta Autobiografia, cioè J. Scaliger, Auto-
biography. With autobiographical selections from his letters, his testament and the funeral
orations by Daniel Heinsius and Dominicus Baudius, ed. by G.W. Robinson, Cambridge,
Mass. 1927.
67 Del Reiske sono menzionate l’interessante autobiografia, introvabile in Italia (D. Johann

Jacob Reiskens von ihm selbst aufgesetzte Lebensbeschreibung, Leipzig 1783) nonché l’ed. 1897
dei Briefe (Johann Jacob Reiske’s Briefe hrsg. von R. Foerster, Leipzig, Hirzel, 1897), di cui si
ebbe un’aggiunta vent’anni dopo (Briefe von J.J. Reiske. Nachtrag von R. Foerster, Leipzig,
Teubner, 1917), volumi entrambi compresi tra le «Abhandlungen der philologisch-
historischen Classe der Königl. Sächsischen Gesellschaft der Wissenschaften» (n° 16 e 34).
68 Di cui si propone di riprodurre i Briefe an Gottfried Hermann. Mitgeteilt und

erläutert von A. Leitzmann, Weimar, Böhlaus, 1929.


69 Con Erinnerungen, 1847-8 nel prospetto si intendono probabilmente le Biographische

Erinnerungen an Karl Otfried Müller comprese in Karl Otfried Müller’s Kleine deutsche
Schriften über Religion, Kunst, Sprache und Literatur, Leben und Geschichte des Alterthums
gesammelt und herausgegeben von E. Müller, I, Breslau 1847, pp. IX-LXXVIII. Indispen-
sabile è ora W. Unte – H. Rohlfing, Quellen für eine Biographie Karl Otfried Müllers (1797-
1840). Bibliographie und Nachlass, Hildesheim, Olms, 1997.
70 Si può aggiungere che molti dei testi indicati nei tre elenchi stesi da Pasquali sono

spesso di difficile reperimento nelle biblioteche italiane, anche universitarie. È d’altra parte in-
teressante osservare la presenza di molti di quei libri – e in particolare biografie, epistolari e
Kleine Schriften – nella biblioteca di Achille Vogliano (1881-1953) confluita nella sezione di
Papirologia del Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università degli studi di Milano:
come è noto importanti e duraturi furono i contatti di Vogliano con il mondo filologico tede-
sco sin dagli anni Venti (cfr. L. Lehnus, Vogliano filologo e la Germania, in Achille Vogliano
cinquant’anni dopo. I, a cura di C. Gallazzi e L. Lehnus, Milano, Cisalpino, pp. 9-52).
71 Cfr. Isella, Per una collezione di classici, p. 8.
202 GIOVANNI BENEDETTO

quella speranza e a quell’impegno si ritrovarono anche Giorgio Pasquali e


Raffaele Mattioli: nell’ispirazione della «documentata storia degli studi
classici» concepita dal filologo fiorentino, il banchiere ‘milanese’72 dové av-
vertire affinità di passione e convinzione, lui «fomentatore di cultura uma-
nistica su scala quasi rinascimentale, ma con una concezione risorgimentale
dello svolgimento quasi millenario della civiltà italiana»73.

72 Su «Raffaele Mattioli Milanese» G. Contini, Ricordo di Raffaele Mattioli, ora in Ultimi

esercizî ed elzeviri, Torino, Einaudi, 1988, pp. 383-386 nonché naturalmente R. Bacchelli,
Le notti di via Bigli, in AA.VV., Un augurio a Raffaele Mattioli, Firenze, Sansoni, 1970, pp.
3-44.
73 L. Valiani, Ritratto di Raffaele Mattioli, «Nuova Antologia», CXV (1980), vol. 542,

fasc. 2135, pp. 272-290: p. 274.


GIORGIO PASQUALI, RAFFAELE MATTIOLI 203

Appendice I.

È il primo elenco di opere inviato da Pasquali a Mattioli per la pro-


gettata collana di classici della filologia, contenuto nella lettera da Firenze
del 31.12.1951. Prendo come riferimento la trascrizione dattiloscritta,
segnalando difformità dal testo manoscritto di Pasquali. In alto a sinistra
della pagina una nota informa: [In parentesi quadra le parole dubbie].

Firenze, l’ultimo del 951


tel. 21381
Egregio Mattioli,
propongo per il momento, tanto per fissare le idee:
1) un volume di autobiografie di filologi: SCALIGERO e REISKE: non conosco la
prima direttamente; la seconda è divertente;
2) una scelta di epistole di ERASMO;
3) W. VON HUMBOLDT, Über die Verschiedenheit des Menschlichen Sprachbaues;
è l’incunabolo della nuova linguistica;
4) BENTLEY, Dissertation on the Epistles of Phalaris (1697); Epistula ad Millium
(1691) e qualcosaltro;
5) uno o due volumi omerici, oltre i Prolegomena di WOLF e le Conjectures Aca-
démiques di D’AUBIGNAC, [alcuni] opuscoli di ZOEGA e HEYNE;
6) scelta di scritti di GOTTFRIED HERMANN che non si trovano più;
7) [forse] scelta di critici inglesi del XVIII sui tragici; PORSON, DAWES qualcun altro74
8) CASAUBONUS, De Satyrica Poesi et Satyra Romana;
9) scritti mitologici e storici e religiosi del primo XIX tedesco: BUTTMANN,
Mythologus, OTTFRIED MÜLLER Die Dorier e il cosiddetto Eumenidenstreit, e
anche LOBECK, Aglaophamus;
10) BERNAYS, Aristoteles’ Theorie des Drama o qualche altra cosa: era ottimo, e
non si trova;
11) O. JAHN, una scelta di scritti mitologici introvabili;
12) RITSCHL, una scelta di scritti plautini;
13) [SHUPPE], Epistola antica75: breve
14) DILTHEY, de Callimachi Cydippa: breve e introvabile76. È il fondamento della
concezione moderna dell’alessandrinismo.
E si può trovare parecchio altro. Ma rimangono aperte molte questioni: la prima di
tutte, se originale o traduzione.

74 Dopo DAWES, virgola.


75 Si tratta dell’unico significativo errore di lettura delle opere citate da Pasquali. È da
leggersi SAUPPE, Epistola critica.
76 Non comparirà nel definitivo elenco dattiloscritto di quaranta titoli. Si tratta di C.

Dilthey, De Callimachi Cydippa, Lipsiae 1863.


204 GIOVANNI BENEDETTO

Appendice II.

Una delle copie dei tre elenchi dattiloscritti con indicazione dei volumi
previsti per la nuova collana di Classici della Filologia. Nessuna delle copie
è datata.

ELENCO N° 1: Opere filologiche


1) R. BENTLEY Epistula ad Millium, 1691.
2) Dissertation on the Epistles of Phalaris, Themisto-
cles, Socrates, Euripides and others, and the Fables
of Aesopus, 1697.
3) A Dissertation upon the Epistles of Phalaris with
an Answer to the Objection of the Hon. Chr.
Boyle, 1699.
4) PH. BUTTMANN Mythologus, 1828-29.
5) J. BERNAYS Aristoteles Theorie des Dramas, 1857.
6) J. CASAUBON De Satyrica poesi et Satyra Romana.
7) F.H. D’AUBIGNAC Conjectures Académiques, 1670(?)-1715.
8) ERASMO Ciceronianus, 1528.
9) G. HERMANN De interpolationibus Homeri, 1832.
10) W. V. HUMBOLDT Ueber die Verschiedenheit des menschlichen
Sprachbaues und ihren Einfluss auf die geistige
Entwicklung des Menschengeschlechtes, 1830-35.
11) O. JAHN Die Wandgemaelde des Colombariums in der Villa
Pamfili, 1857.
12) Der boese Blick.
13) K. LACHMANN Betrachtungen ueber Homers Ilias, 1837.
14) K.O. MUELLER Dissertation ueber die Eumenides77, 1833.
15) F. RITSCHL Trinummus (introduzione).
16) H. SAUPPE Epistola critica, 1841.
17) F.A. WOLF Prolegomena ad Homerum, 1795.
18) R. WOOD Essay on the original Genius a.Writings of Homer,
1769.

ELENCO N° 2: Crestomazie di opere filologiche


1) R. BENTLEY Opuscula philologica, 1781.
2) (BOTFIELD) Prefaces to the first editions of the Greek and
Roman Classics, 1861.
3) J. BERNAYS Gesammelte Abhandlungen, 1885.

77 Lege Eumeniden.
GIORGIO PASQUALI, RAFFAELE MATTIOLI 205

4) J. C.WOLF Casauboniana, 1710.


5) R. DAWES Miscellanea critica, 1745.
6) J.G. DROYSEN Kleine Schriften zur alten Geschichte, 1893-4.
7) G. HERMANN Opuscula.
8) J.N. MADVIG Adversaria Critica, 1871-3.
9) K.O. MUELLER Kleine Schriften, 1847-8.
10) R. PORSON Adversaria, notae et emendationes in poetas
Graecos
11) F. RITSCHL Kleine Philologische Schriften, 1866-1879.
12) H. SAUPPE Ausgewaehlte Schriften, 1896.

ELENCO N° 3: Opere a carattere autobiografico


1) J. CASAUBON Epistulae, 1709.
2) Ephemerides, 1850.
3) ERASMO Epistulae, 1906-47.
4) W. V. HUMBOLDT Briefe an C. Hermann, 1929.
5) K.O. MUELLER Erinnerungen, 1847-48.
6) J.J. REISKE Lebensbeschreibung (von ihm selbst aufgefasste)
7) Briefe, 1897.
8) J.J. SCALIGER (Autobiographia), ed. ingl., 1927.
9) Epistulae, 1627.
10) Lettres inédites, 1879.
206 GIOVANNI BENEDETTO

Potrebbero piacerti anche