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RITRATTO BIBLIOGRAFICO DI GIROLAMO VITELLI
1
Le Carte Pacchioni-Vitelli. Inventario, a cura di D. Debernardi, «Atti della
Società Ligure di Storia Patria» n.s., LIII/II (2013), pp. 247-272; cfr. anche Id., «Altro
che greco e papirologia!»: dalle lettere genovesi di Girolamo Vitelli, «An.Pap.» 25 (2013),
pp. 307-331.
2
Lo studioso di antichistica s’interroga sulle possibilità offerte dall’informatica,
al più tardi, dai tempi del sapido esempio di E. Degani, Il mostro di Irvine, «Eikasmos»
III (1992), pp. 277-278 [rist. in Filologia e storia. Scritti di Enzo Degani, a cura di M.G.
Albiani et al., (Spudasmata 95), Olms, Zürich-New York 2004, pp. 914-915], il quale non
si affidava ciecamente al Thesaurus Linguae Graecae per gli stessi motivi per cui, anche
oggi, è bene non affidarsi – ciecamente – allo World Wide Web, «perché la sua oceanica
‘cariddi’ avrà forse ingollato quasi tutto, ma certo non ancora tutto ciò che era ingollabile»,
perché «[i] vecchi strumenti di indagine […] non possono essere impunemente ignorati»
(qui il corsivo è mio). In più di vent’anni un sobrio dibattito su questi aspetti culturali
quotidiani, cioè logici e pratici assieme, ha permesso infine riflessioni di ottimo gusto, come
ad esempio quelle pubblicate in Strumenti di ricerca per gli archivi fra editoria tradizionale,
digitale e in rete, a cura di F. Cavazzana Romanelli et al., Provincia autonoma di Trento.
442 DAVIDE DEBERNARDI
Soprintendenza per i beni librari, archivistici e archeologici, (Archivi del Trentino: fonti,
strumenti di ricerca e studi 15), Trento 2012 – in particolare il contributo di A. Zorzi, Due
o tre cose che so di lui, pp. 23-35 – o quelle avviate da Y. Gomez Gane, Google Ricerca
Libri e la linguistica italiana: vademecum per l’uso di un nuovo strumento di lavoro, «Studi
linguistici italiani» XXXIV [= s. III, vol. XIII] (2008), pp. 260-278.
3
T. Lodi, Bibliografia degli scritti di Girolamo Vitelli (1869-1935), in In memoria
di Girolamo Vitelli, (Pubblicazioni della R. Università di Firenze, s.n.), Le Monnier,
Firenze 1936, pp. 87-130: sulla compilazione di questa bibliografia, per cui furono messe a
disposizione della Lodi «tutte le pubblicazioni del Vitelli […] trovate nell’ordinare i suoi
libri pervenuti, per disposizione sua, all’Università», col conseguente timore «che fosse
sfuggita più di una pubblicazione, poiché il Vitelli non conservava i suoi scritti», c’informa
ora Medea Norsa in una lettera a Gaetano De Sanctis (15 dicembre 1936) appena pubblicata
da A. Russi, Girolamo Vitelli e Medea Norsa nella corrispondenza di Gaetano De Sanctis,
«Atene e Roma», n.s. seconda, VII (2013), pp. 383-384. I titoli di Girolamo Vitelli citati
nella presente rassegna, quando segnalati anche nella Bibliografia, si richiamano con il
numero assegnato loro dalla Lodi posto fra parentesi quadre.
Ritratto bibliografico di Girolamo Vitelli 443
4
P. Treves, Bibliografia su Girolamo Vitelli, in Lo studio dell’antichità classica
nell’Ottocento, a cura di P. Treves, (La letteratura italiana. Storia e testi 72), Ricciardi,
Milano 1962, pp. 1124-1126.
5
T. Lodi, Bibliografia degli scritti, cit., pp. 123-124.
444 DAVIDE DEBERNARDI
– Firenze e l’Istituto di studi superiori nei disegni e nelle lettere di Carlo Mi-
chelstaedter (con due lettere inedite di Emilio Michelstaedter), «An.Pap.»
23-24 (2011-2012), pp. 355-418.
di Stato. Fonti, XX = Archivio Centrale dello Stato. Fonti per la storia della
Scuola III), pp. 15-96.
seggiatori latini che in questa lingua, e talora anche in greco, scandirono com-
plimenti, ringraziamenti, arguziette, adulazioni, malignazioni, come il Vitelli
(1), non franca la spesa di discorrere. Piuttosto, a questo proposito di professo-
ri spettegolanti pure in letteratura classica, mi piacerebbe riprodurre un felicis-
simo scherzo di Domenico Comparetti. Ma con esso si passerebbe dal classico
al goliardico e al maccheronico; e, dunque, lasciamo stare. (1) Dei suoi versi è
stata fatta una raccoltina: Girolamo Vitelli, Subseciva [sic!] (Firenze, Arte
della Stampa, 1927)».
secolo decimoquinto della nostra letteratura fino ai nostri giorni, ma per colpa
altrui. E se prendo la parola, è solo per due motivi impersonali: in primo luogo
per dimostrare a me stesso e a chi mi vuol sentire, qual misera cosa diventa la
critica, anche in mano a gente così brava, quando la passione la muove; secon-
damente per aprire, se sarà possibile, gli occhi di chi può sulla fallacia dei con-
corsi universitari in Italia».
– Sul concorso di Greco a Palermo. Memoria dedicata a S. E. il Ministro e
agl’Illmi Componenti il Consiglio sup. di P.I. e il Consiglio di Stato, Tip.
Zammit, Noto 1900, pp. 14 [f.to Demetrio De Grazia].
zioni anche dei principi della critica, debbono la loro esistenza ad altre osserva-
zioni e congetture infelici che vi hanno dato occasione»; voglio proprio rubar-
gliele queste parole che si leggono così poco a proposito là dove le volle porre
il chiaro professore di Firenze tanto competente quanto modesto. Tutti invece
troveranno che esse stanno perfettamente bene in bocca mia».
85-88: «“Il Greco è inutile” – “No, è utile, se non altro, per i medici, che son
costretti a adoperare tante parole d’origine greca, e hanno perciò bisogno di
conoscerne l’etimologia” – “E anche gli avvocati ne hanno bisogno.” – “Anche
gl’ingegneri.” – “E gli uomini politici possono forse farne a meno?” – “Ma, ri-
sponde a tutti il primo, la società moderna si basa sull’elemento esclusivamente
industriale.” Ecc. ecc. Così va avanti da anni la “patria accademia,” e discute e
discute, in stile più o meno giornalistico, senza accorgersi che il tempo speso in
questa discussione è per lo meno altrettanto perduto, quanto quello che spen-
derebbe nello studiare il greco. Ma non manca neppure l’uomo “geniale”, quel-
lo che “ha trovato la soluzione di questo problema ad ogni modo vitale,” nella
famosa “via di mezzo dove sta sempre la verità.” Si leggano, dice egli, i grandi
monumenti letterarii dell’Ellade nelle traduzioni. Chi credesse che il Manuale
dei proff. Vitelli e Mazzoni sia stato pubblicato per compiacere o, peggio, per
assentire all’uomo “geniale” sullodato, si sbaglierebbe di molto, e dovrebbe
certamente provare una delle più amare delusioni, quando leggesse la prefazio-
ne, dalla quale risulta che lo scopo del libro è quello diametralmente opposto di
“far innamorare di una letteratura, quale la greca fu, varia, alta, luminosa, per-
petuo documento d’arte e di civiltà,” allettando “i più volenterosi a risalire
dalle versioni ai testi, e dal poco al molto: aiuto dev’essere il libro e incitamento
a comprendere più e meglio, non già soccorso ai neghittosi”».
C. Neri, «Il greco ai giorni nostri», ovvero: sacrificarsi per Atene o sacrifi-
care Atene?, in Disegnare il futuro con intelligenza antica. L’insegnamento
del latino e del greco antico in Italia e nel mondo, a cura di L. Canfora e
U. Cardinale, il Mulino, Milano 2012, pp. 103-152.
E.G. Parodi, Il dare e l’avere fra i pedanti e i geniali, Perrella (Soc. Tip.
“Leonardo da Vinci”), Città di Castello 1923, pp. 118.
(1973), pp. 168-181, e poi col titolo originale in Id., Scritti filologici, a cura di F.
Bornmann, G. Pascucci e S. Timpanaro, con un’Introduzione di A. La Pen-
na, Olschki, Firenze 1986, pp. 736-751.
causa, con quel calore di convinzione, con quel suo argomentare netto e serra-
to, che è una lezione di etica oltre che dottrinale: il mondo degli studi non do-
vrà restare insensibile a questo esempio se vorrà liberarsi dal costume delle
polemiche faziose e guardare alla scienza come aspirazione disinteressata alla
verità»: cfr. anche G. Righi in A. Bernardini e G. Righi, Il concetto di filologia
e di cultura classica dal Rinascimento ad oggi, Laterza, Bari 19532 [ivi 19471],
pp. 640-641.
– Gli ottant’anni di «Atene e Roma», «Nuova Antologia» vol. 539o fasc.
2132 (1979), pp. 209-234.
giovani che si affidavano alla sua guida, era un uomo veramente eccezionale e
completo nel migliore e più largo senso della parola: diceva, infatti, che, me-
glio del greco, sapeva andare a caccia e giocare al biliardo. […] Leggere i testi,
molti testi: ecco ciò che il Vitelli domandava ai suoi scolari come cosa prima
ed essenziale. Ma leggerli voleva dire studiarli parola per parola, rendersi
conto di ogni lezione e delle sue varianti, cercar di scoprire l’origine dei pos-
sibili errori di tradizione e rifiutare o giustificare le correzioni congetturali
proposte per sanarli, penetrare nell’animo dello scrittore e nelle peculiarità
del suo stile, in cui l’animo si riflette, capirne tutte le difficoltà, interpretarli
nel modo più corrispondente al nostro uso ed alla nostra maniera di pensare.
Tutto ciò fatto con serietà, con disciplina, con vigile senso critico, sì da lascia-
re il minor numero possibile di dubbi, magari congetturando, quando ciò
fosse assolutamente necessario, e non si corresse il pericolo di tradire il testo,
che avevamo sott’occhio. Le lezioni del Vitelli erano un continuo richiamo a
tutto ciò che poteva esser detto prima sul testo e poi sull’interpretazione degli
autori che leggeva. Poi veniva la traduzione, limpida, precisa, elegante e squi-
sitamente italiana»: rist. col titolo La filologia classica al principio del secolo
XX in Id., Prometeo. Scritti di archeologia e filologia, (Pubblicazioni dell’U-
niversità degli studi di Firenze. Facoltà di Magistero IX), Bottega d’Erasmo,
Torino 1966, pp. 1-33; cfr. anche C. Cordié, La Firenze del Vitelli, «Il Resto
del Carlino», 11 febbraio 1967, p. 3.
2. Aneddotica biografica
quali, a poco a poco, a filo a filo, si doveva comporre, ma il gran giorno non
veniva mai, la gran tela della storia letteraria considerata come scienza naturale
e positiva! Pure questa animosità, se non insolenza, non questa forma d’allora
del fremito con cui ogni nuova generazione prende conoscenza del suo proprio
compito, non giungeva fino al professor Vitelli. Il suo sguardo, la sua voce, il
suo portamento, tutto in lui scoraggiava ogni velleità da sopracciò o da pari a
pari; ristabiliva le distanze; senza – c’è bisogno di dirlo? – truculenze e sgarbi
da pedagogo con ferula. Era uno di quei cavalieri che paiono sempre stare in
seggiola, sotto cui lo sgroppare dei polledri dura poco. Il suo prestigio, che ri-
mase costantemente intatto anche nei conversari di studenti più disinvolti e
sfrenati, veniva soprattutto dalla sua coerenza; se uno studente gli proponeva
un tema di lavoro «geniale» e «personale», non discuteva neanche, lo rifiutava
netto, e un po’ brusco (soltanto per il disappunto di non essere riuscito ancora
a farsi ben capire); voleva contributi sicuri e universalmente adottabili; e agli
esami non gradiva che il buon oro del sapere fosse sostituito dagli assegnati
delle frottole e delle abilità loquaci; voleva che si sapesse il greco e che si fossero
ben letti i testi»: rist. in Girolamo Vitelli e Santa Croce del Sannio etc. [v. infra,
p. 465], pp. 117-121.
non ho che ricordi personali. Ma come vivi e preziosi, se in essi ancora sento
parlare con la scolpita lentezza del suo accento meridionale e ancora vedo sor-
ridere tra la barba imbiondita dall’aroma delle sigarette il nostro grande Giro-
lamo Vitelli. Alto, un po’ curvo senza diminuzione del suo aspetto di prestante
signore, entrava nell’aula per la lezione, annunziato dal fedele custode Cappelli
che con una mano teneva in bilico sul cranio pelato il berretto e con l’altra
mano reggeva il battente a percussione della porta. «Il professore!». Ed era
davvero, il Vitelli, tal professore di cui poteva dirsi che salisse in cattedra, seb-
ben questa fosse un malconcio tavolino tappezzato di verde stinto e l’aula non
più che un disadorno camerone. Le finestre, di faccia ai banchi, ci buttavan
negli occhi manciate di luce accecante, e, dietro ai banchi, una vecchia pendola
che crocidava ticchettando i duemilasettecento minuti secondi dell’ora accade-
mica invadeva troppo spesso nei nostri orecchi il posto che avremmo dovuto
fare alla voce dei docenti. Vitelli metteva a tacere in noi il rumoroso e intermi-
nabile meccanismo del tempo: gli bastava scandire col suo passo adagiato e
deciso quei tre scalini di legno scheggiato, e lo vedevamo già sulle vette d’Olim-
po. Era il suo un linguaggio fatto per volare, ma poggiava in alto con ala cauta
e pacata attraverso gli abissi della divina poesia, staccandosi dalla traduzione
grezza con paziente e inflessibile salienza finché l’oro della parola greca, mu-
tandosi a poco a poco, non rivelava l’oro della parola italiana. Nessuno che sia
passato per la bella scuola di Girolamo Vitelli – l’Istituto di Studi Superiori a
Firenze – potrà dimenticare tanto innamorata ansia di perfezione, tanto medi-
tata chiarità d’intelletto».
I.F. Fikhman, G.F. Zereteli et l’Italie, «Aegyptus» LXIX (1989), pp. 179-193.
«La seconde étape du voyage fut Florence. Après Venise, Florence, ville sans
mer, ne lui plut pas. Mais bientôt il changea d’avis malgré la cherté des hôtels.
[…] A Florence il a visité la Galerie Pitti, admiré la Madonne de Murillo, a fait
des excursions à Fiesole et autres environs. Mais ce qui l’intéressent surtout, se
sont les manuscrits d’Arrien et G. Vitelli. Le 27.V.1901 il écrivait à V.
J[ernstedt]: «J’ai fait la connaissance de Vitelli, un très gentil et sympathique
vieillard (sic)». La lettre de 2.VI.1901 est plus détaillée: «Vitelli me plaît beau-
coup, et par sa simplicité et par son amabilité. Ainsi, inter alia, il m’a demandé
de m’adresser à lui en toute occasion, si j’en ai besoin, en ajoutant que tous les
livres et manuscrits qui se trouvent à Florence seront à ma disposition. Par son
amabilité et sa courtoisie il se distingue avantageusement des employés de la
Biblioteca Laurenziana qui ne peuvent pas se vanter de ces qualités . . . D’ail-
leurs cela n’a pas de grande importance pour moi car, à l’exception des manu-
scrits, je n’ai pas l’intention de nouer des relations avec ces messieurs. Je veux
464 DAVIDE DEBERNARDI
Rist. in Giovanni Gentile e il Senato cit., p. 128, con la risposta di F. Pintor (17
novembre 1902), pp. 129-130.
A. Jamalio, Girolamo Vitelli, «Atti della Società storica del Sannio» VII
(1929), pp. 129-132.
Rist. in opuscolo, in occasione del Convegno di studi Momenti di storia degli
studi classici in occasione del Centenario della fondazione della Associazione
Italiana di Cultura Classica (Napoli-S. Croce del Sannio, 8-9 novembre 1997),
con un’Introduzione di M. Boscia ed una lettera di G. Vitelli (4 marzo 1920)
alla redazione degli «Atti», ibid., p. LIX [= p. 7 della ristampa].
V.A. Maturo, Giuseppe Cassella – Girolamo Vitelli. Illustri nel mondo, mi-
sconosciuti da Cusano Mutri, «Annuario» 1989 dell’Associazione Storica
del Medio Volturno, pp. 243-257.
G. Nenci, Gli anni berlinesi di Ettore Pais nella corrispondenza con Giro-
lamo Vitelli, «ASNSP» s. III, vol. XII (1982), pp. 589-602.
giunge pel primo a lui, nel piccolo cerchio della sua lampada, dal buio silenzio
di secoli e secoli. La grave età si perde confusa nei millenni. Vent’anni? Ot-
tant’anni? La stessa ansia di sapere e di capire e, alla fine, la stessa pace a ritro-
vare gli uomini uguali: amore, fame, dolore, speranza, morte. Ogni parola, ogni
abbreviazione gli svegliano nella memoria cento echi, confronti, sinonimie,
etimologie, lembi di versi. Egli entra nell’animo e nel cervello di chi ha scritto,
gli si adatta come il candido stampo sull’originale, ne segue i pregiudizi, le pre-
dilezioni, i difetti, gli errori, l’indole, il respiro, così che alla prima lacuna del
testo, alla prima abrasione o lacerazione del foglio consunto egli supplisce sicu-
ro, che si direbbe séguiti la lettura; e dove il testo riprende, ecco la prova ch’egli
ha non indovinato ma dedotto logicamente quello che mancava. Un brano di
chi? Ma sì, questo è Sofocle. – Nonno, è il tòcco. – I nipoti tornano dal teatro.
– Nonno, sei ancòra qui? – Egli s’alza felice, depone gli occhiali. Un’altra siga-
retta, e poi salirà a riposare. Si dorme poco a ottant’anni. Domattina, di prima
ora, comincerà la ricerca. Un brano sconosciuto di Sofocle? Dubita della sua
memoria. No, no, è proprio sconosciuto. Spegne la luce sorridendo. Versi del
Filottète lo cullano, quando quello ode Neottolemo parlare greco: – Oh soave
favella… – La sua vita è stata tutta di strenuo lavoro; ma poteva scegliersi un
lavoro più dolce? Patiens laboris studia coluit mollia: è un verso dell’epitaffio
ch’egli già per gioco s’è scritto»: rist. in U. Ojetti, Cose viste, Sansoni, Firenze
19603 [19311], pp. 1029-1035, e infine da M.R. De Pascale, Presenze del passa-
to: a casa di G. Vitelli, «Labeo» XLVIII (2002), pp. 311-313. Uno stesso motto
di spirito pronunciato allora da Vitelli, in risposta ad un complimento di Vitto-
rio Scialoja, è ricordato anche da Henry Furst, pur senza esplicita paternità, in
una delle sue Schede sparse per «Il Borghese» di Leo Longanesi, rist. in Il me-
glio di H. Furst, a cura di O. Nemi, Prefazione di M. Soldati, Introduzione di
E. Jünger, Longanesi, Milano 1970 (Il meglio, 23), p. 379: «Gli italiani hanno
ottime leggi. Ma non serviranno a nulla se non verranno difese, se le autorità
non saranno costrette a rispettarle. E non esiste rispetto delle leggi senza una
forte e vigorosa opinione pubblica. Un nostro vecchio maestro soleva dire: «I
greci hanno perso la libertà quando hanno perso lo spiritus asper». Ma in Italia
chi si cura della legge?» (3 novembre 1966).
va, in bellissimi versi. E il maestro, a cui non mancava il senso fine dell’arte,
s’accorgeva benissimo che la difficoltà era stata più elusa che superata; ma, stu-
pito, ammirava. Vitelli gli diverrà poi fieramente avverso, ma non gli negherà
mai né la genialità artistica, né la solida conoscenza del greco»: rist. con tagli col
titolo Romagnoli filologo e umanista in Letteratura italiana. I critici, collana
diretta da G. Grana, vol. II, Marzorati, Milano 1969, pp. 1448-1459.
G. Salvemini, Una pagina di storia antica, «Il Ponte» VI (1950), pp. 116-131.
Rist. col titolo I miei maestri in Id., Che cosa è la coltura?, Guanda, Parma
1954, pp. 31-60, e ancora, col titolo originario, in Id., Scritti vari (1900-1957), a
cura di G. Agosti e A. Galante Garrone, (Opere di Gaetano Salvemini VIII),
Feltrinelli, Milano 1978, pp. 41-57: cfr. inoltre G. Angelini, Quelle serate in
via Lungo il Mugnone… Salvemini e gli amici degli anni universitari, in De
amicitia. Scritti dedicati a Arturo Colombo, a cura di G. Angelini e M. Tesoro,
Franco Angeli, Milano 2007, pp. 486-503.
«Altro uomo, altro studioso, altro insegnante, Girolamo Vitelli. Lo rivedo an-
cora, alto e gagliardo, con la sua bella faccia coronata da una barba assai folta,
che aveva la caratteristica di essere già bianca in prossimità del viso e di diventar
nera a mano a mano che si allontanava da esso, di essere insomma costituita da
due zone concentriche di due diversi colori. E riodo la sua voce, calma, pacata,
espressiva e di tono dolce e suasivo. Il suo insegnamento (come del resto anche
quello degli altri professori di letteratura) risultava di due parti distinte: l’illu-
strazione di un periodo di storia letteraria o di un dato autore o di un dato ge-
nere; e la lettura e l’interpretazione dei testi. Due parti distinte, sì, ma connesse.
[…] Incominciava, in principio del corso, a far tutto lui, come a dare l’esempio
del metodo da seguire: lettura del testo greco; traduzione italiana; osservazioni
di alta filologia, copiosissime. Poi chiamava noi studenti a collaborare, asse-
gnandoci un giorno in cui avremmo dovuto rendergli conto dei passi da noi
letti e studiati a casa. Purtroppo in quel giorno si notava nell’aula un’improvvi-
sa rarefazione di ascoltatori. E il professore pregava i presenti di riferire agli
assenti che egli dava molta più importanza alla lettura dei classici che non a
tutte le chiacchierate di storia letteraria (sono proprio le sue parole) per le quali
si può ricorrere a qualunque libro stampato. Noi riferivamo, ma la rarefazione
continuava. E certo era più piacevole e più simpatico stare a sentire il professo-
re che non prendere la parola noi, col timore o di vederci cogliere in fallo per
una interpretazione sbagliata o di essere tempestati di domande grammaticali,
fonetiche, lessicali, sintattiche invece di sentirci esporre tutte quelle regole dalla
viva voce del professore. È anche certo che la traduzione in prosa che il Vitelli
faceva dei testi greci, semplice e modesta nell’apparenza ma nella sostanza luci-
da, precisa, efficace, ci risultava graditissima e ci interessava oltre ogni dire».
G. Vittani, Girolamo Vitelli (Santa Croce del Sannio, 27 luglio 1849 – Spo-
torno, 3 settembre 1935) [sic!], «Bollettino dell’Accademia italiana di steno-
grafia» a. XII, n. 1 (1936), pp. 43-44.
«[…] il Vitelli non era uomo da fare lavori che ritenesse davvero inutili mentre
minuziose e numerose sono, come vedemmo, le osservazioni da lui raccolte su
questa materia [sc. la tachigrafia greca], e alle volte afferma esplicitamente che
qualcuna è importante; il motivo deve trovarsi probabilmente in una certa av-
versione che il Vitelli aveva per le costruzioni sistematiche, tanto che, come mi
scriveva recentemente il Pasquali, che così da vicino lo conobbe, a lui medesi-
mo che gli offriva una delle prime copie del suo fondamentale lavoro sulla tra-
dizione, sia pure bonariamente, osservava se non sarebbe stato meglio che aves-
se impiegato il suo ingegno per una edizione di Tucidide»: cfr. la testimonianza
orale di S. Timpanaro cit. supra, p. 477.
seinem fabelhaften Können mit einer oft unbegreiflichen Schnelligkeit und Si-
cherheit die kaum erst erworbenen Schätze der wissenschaftlichen Welt zu-
gänglich gemacht hat. Ich weiß, daß es in seinem Sinne ist, wenn ich hier auch
der tatkräftigen Hilfe gedenke, die seit mehr als 20 Jahren die von uns allen
verehrte Signorina Medea Norsa ihm geleistet hat, deren Namen durch so viele
gemeinsame Editionen mit dem seinen verbunden bleibt. Italien ist Girolamo
Vitelli großen Dank schuldig, denn wie es einst vor mehr als hundert Jahren
durch Amadeo Peyron an die Spitze der damals erst erblühenden Papyrusfor-
schung gerückt war, so ist es durch Girolamo Vitelli wieder in die erste Reihe
der auf diesem Gebiet miteinander wetteifernden Nationen erhoben worden.
Allen aber, die das Glück gehabt haben, diesem Manne, der nicht nur ein gro-
ßer Gelehrter, sondern auch ein Mensch von seltener Herzensgüte und von
bestrickendem Zauber war, persönlich näher zu treten, wird seine ehrwürdige
Gestalt unvergessen bleiben».
Dal Vate al Saltimbanco. L’avventura della poesia a Firenze tra belle épo-
que e avanguardie storiche. Album storico e iconografico a cura di A. Dei,
S. Magherini, G. Manghetti ed A. Nozzoli, con un saggio introduttivo
di G. Tellini, (Fond. Carlo Marchi. Quaderni 40), Olschki, Firenze 2008,
pp. LVI-251.
3. Papirologica
G. Bastianini, Firenze capitale degli studi sui papiri. Nei rotoli ridotti in
briciole la Storia dell’uomo dopo Tucidide, «Doc Toscana» a. 6, n. 19 (2006),
pp. 102-107.
Pubblicato con un taglio basso di F. Montanari, E da quelle preziose scatole di
ferro a giugno compariranno Saffo e Alceo, ibid.
– La papirologia a Firenze. Prospetto cronologico, in 100 anni di istituzioni
fiorentine per la papirologia: 1908. Società Italiana per la ricerca dei papiri
– 1928. Istituto papirologico «Girolamo Vitelli». Atti del convegno interna-
zionale di studi: Firenze, 12-13 giugno 2008, a cura di G. Bastianini e A.
Casanova, Ist. papirologico “G. Vitelli”, Firenze 2009, pp. VII-XVI.
Cfr. anche F. Montanari, Indiana Jones dei Papiri, «Domenica» («Il Sole-24
Ore»), 8 giugno 2008, p. 52.
– Papiri e papirologia a Firenze, «Atene e Roma» n.s., III (2009), pp. 166-170.
P.A. Carozzi, Alle origini della «Società italiana per la ricerca dei papiri
greci e latini in Egitto» (dal carteggio inedito di Girolamo Vitelli con Uber-
to Pestalozza, 1898-1908), «Atene e Roma» XXVII (1982), pp. 26-45.
* * *
dell’Aiace. Colla sua parola sempre elegante, precisa e chiara, egli espose dinan-
zi ad un affollatissimo uditorio che pendeva dalle sue labbra il dramma del gran
tragico, facendone rilevare tutti i pregi, tutte le finezze, tutti i tesori d’arte e di
stile. Anche chi della tragedia di Sofocle non aveva alcuna idea potè compren-
derne non solo la tessitura generale, ma e le singole parti e le più intime e parti-
colari bellezze di alcune scene. «Sono piú di 3000 anni, così egli cominciò, da
che per una bella persona del vostro sesso, o Signore, i Greci si impegnarono in
una grande guerra, durante la quale molte nobili anime di eroi scesero all’Orco.
Ne fu causa la bellissima Elena, che non aveva saputo resistere alla bellezza e
alle gemme di un Principe Orientale. Oggi s’è fatto progresso, e le belle donne
possono essere anche volontariamente rapite, senza che per questo si metta a
soqquadro l’Europa!…» Entrato così a parlare della guerra Troiana, fece subito
notare la figura dell’eroe più grande dopo Achille, Aiace Telamonio: «Gigante-
sco di statura, da tutti temuto, raramente egli parla, ma sempre assennato e
preciso; la fama del suo valore è così grande, che forse batte il cuore allo stesso
Ettore quando lo vede.» […] Troppo lungo sarebbe far qui il sunto del dramma
di Sofocle. Con rara abilità il prof. Vitelli seppe ricostruirne l’intreccio con
precise parole. Riassumendo le parti meno essenziali e traducendo in modo
mirabile i luoghi più belli, ripresentò agli occhi del pubblico tutta la tragedia»:
segue un rapido sunto della conclusione di questa conferenza stralciata, e delle
prime conferenze degli altri relatori, per cui cfr. anche In memoria di Girolamo
Vitelli cit. supra, p. 466.
Su questa terra che riceve di nuovo, dopo tredici secoli d’interruzione, la civiltà
latina, su questa terra che non si può muovere e scalfire senza incontrare ad
ogni passo una rovina o un ricordo del passato romano, lo sforzo dell’archeo-
logo e quello del colono procedono insieme e si completano: le lezioni dell’e-
sperienza antica orientano l’attività moderna».
Ritratto bibliografico di Girolamo Vitelli 487
G. Vitelli, rec. a Virgilio nel medio Evo per D. Comparetti, voll. I-II, Vigo,
Livorno 1872, pp. XIII-313, 310, «Philologischer Anzeiger» V (1873), pp.
376-379.
Rist. come strenna anastatica in omaggio al convegno internazionale di studi
Domenico Comparetti (1835-1927), Napoli-Santa Maria Capua Vetere, 6-8 giu-
gno 2002 [per cui cfr. gli atti Domenico Comparetti 1835-1927 cit. supra, p.
448], Dip. di Filologia e linguistica dell’Università degli Studi, Messina 2002, 4
pp. n.n.
– Un verso di Orazio, in Benevento – Ischia. Strenna-Album a beneficio dei
danneggiati del terremoto (28 luglio 1883), pei tipi di Luigi De Martini e
figlio, Benevento 1883, pp. 14-15 [non vidi].
Rist. con note in R. Pintaudi, Una nota poco nota di G. Vitelli su Orazio (Serm.
II 1,86), in questo stesso numero degli «An.Pap.» 26 (2014), pp. 437-439.
– Giordano Bruno innanzi ai Lincei, «La Nazione», 28 luglio 1894, p. [2].
– a Nicola Festa (21 febbraio 1907), «La Cultura» XXVI (1907), pp. 99-100.
Lettera compresa in una Cronaca universitaria dello stesso N. Festa, ibid.
– giudizio su G. Vailati, «L’Anima», maggio 1911 [= Giovanni Vailati
(1863-1909)], pp. 157-158.
Stralcio di G. Vitelli, Giovanni Vailati, «Il Marzocco», 23 maggio 1909, p. [1]
[Lodi 194].
– omaggio per A. D’Ancona nel trigesimo della morte, «Giornale d’Italia»,
10 dicembre 1914, p. 3.
Rist. in In memoriam Alessandro d’Ancona, Firenze 1915, pp. 79-80: cfr. anche
le condoglianze indirizzate il 10 novembre precedente alla vedova, Adele Nis-
sim, ibid., pp. 27-28.
– per Angelo Tanzella (23 gennaio 1919), in A. Tanzella, L’album della
Vittoria, Alfieri & Lacroix, Roma-Milano 1920, p. 247.
Autografo ‘di guerra’ poi trascritto da R. Pertici, Intellettuali, politici e soldati
nell’Album della vittoria di Angelo Tanzella (1920), in Culture e libertà. Studi
di storia in onore di Roberto Vivarelli, a cura di D. Menozzi et al., Edizioni
della Normale, Pisa 2006, pp. 309-333: p. 312.
– Ai papirologi convenuti a Monaco (settembre 1933), in Papyri und Al-
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«Revue des études grecques» XC/2 (1977), pp. 449-454, per cui cfr. la risposta
di S. Timpanaro, Comparetti, Vitelli, Hemmerdinger, «Belfagor» XXXIII
(1978), pp. 697-704. Ulteriori riflessioni su questo inedito, con ampie citazio-
ni problematiche a confronto, offrì infine L. Canfora, Storiografia e verità,
in Id., Noi e gli antichi, Rizzoli, Milano 2002, pp. 46-63, e soprattutto Il pa-
radosso di Salvemini, ibid., pp. 125-130.
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Abstract