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E TRADIZIONE CLASSICA
a cura di
Eugenio Lanzillotta
ESTRATTO
Virgilio Costa
I frammenti di Filocoro
trditi da Boccaccio e da Natale Conti
TORED 2004
In copertina:
progetto grafico om grafica
ISBN 88-88617-043
Copyright 2004
Edizioni TORED s.r.l.
Vicolo Prassede, 29
00019 Tivoli (Roma)
Virgilio Costa
I FRAMMENTI DI FILOCORO
TRDITI DA BOCCACCIO
E DA NATALE CONTI*
Nel 1930, allinterno di un breve saggio sul mito del Demogorgone1, Carlo Landi pubblic cinque frammenti dellattidografo Filocoro, da lui individuati nella maggiore fra le
opere dotte di Boccaccio, le Genealogiae (o Genologie) Deorum Gentilium; ma a causa forse della prosa un po involuta
del Landi e dellideale destinazione del libro, gli studiosi di
letteratura umanistica pi che i classicisti, tra questi ultimi
solo Massimo Lenchantin De Gubernatis2, prima di Felix
Jacoby3, tent un esame dei nuovi testi.
Lesistenza di excerpta filocorei ignoti allintera tradizione
letteraria antica non era, in s, una novit, essendo allepoca
gi noti i passi accreditati a Filocoro e ad altri scrittori antichi
da un erudito veneziano del XVI secolo, Natale Conti. Ma
mentre nelle contiane Mythologiae sive explicationes fabularum
le citazioni inedite dalla storiografia greca frammentaria sono
relativamente numerosi, Filocoro il solo autore di cui Boccaccio conservi documenti sconosciuti per altra via; in pi, a
differenza di Conti, il quale non spende una parola per giustiI testi presentati verranno riproposti con pi ampio commento in una
prossima edizione dei frammenti di Filocoro. In questa sede si cercato di
limitare allo stretto indispensabile la ripetizione di notizie e considerazioni
rispetto allaltro mio contributo nel volume, Natale Conti e la diffusione della
mitologia classica in Europa fra Cinquecento e Seicento; entrambi gli articoli
sono nati dal dialogo e dal confronto con il prof. Eugenio Lanzillotta e con
le dott.sse Claudia Liberatore, Donatella Erdas e Monica Berti.
1
Demogrgone, Palermo 1930, pp. 27-29.
2
Nuovi frammenti di Filocoro, in RFIC n.s. X, 1932, pp. 41-58.
3
Cfr. FGrHist 328 F17c, F18c, F104c, F174, F226 e relativi commenti.
*
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Landi, op. cit., p. 20. Molto probabilmente Teodonzio scriveva il
latino: cfr. ibid., pp. 24-26.
10
Cfr. Cod. Laur. Aedil. 172, vol. III, f. 170. Il passo tratto da unampia enciclopedia rimasta in forma manoscritta in cui ampio spazio era
anche dedicato alla mitologia classica, il Fons Memorabilium Universi in
34 libri, cui Bandini lavor quasi per tutta la vita, su cui cfr. A.T. Hankey,
Domenico di Bandino di Arezzo, in Italian Studies XII, 1957, pp. 110-128;
Id., The library of Domenico di Bandino, in Rinascimento n.s. VIII, 1957,
pp. 177-207; Id., The successive revisions and surviving codices of the Fons
Memorabilium Universi of Domenico di Bandino, in Rinascimento n.s. XI,
1960, pp. 3-49; Id., s.v. Bandini, Domenico, in Dizionario Bibliografico degli
Italiani, 5, Roma 1963, pp. 707-709; H. Meyer, Das Enzyklopdiekonzept
des Fons memorabilium universi des Domenico Bandini im Verhltnis zur
Tradition, in Frhmittelalterliche Studien 27, 1993, pp. 220-240. Alla
stesura del Fons Bandini accompagn la compilazione di altre opere, tra cui
un indice alle Genealogiae di Boccaccio: cfr. E.H. Wilkins, The University
of Chicago Manuscript of the Genealogia Deorum Gentilium di Boccaccio,
Chicago 1927, pp. 20-25, 67-70.
11
Sugli anni napoletani del Boccaccio (dal 1327 circa al 1341) si
veda, per tutti, V. Branca, Giovanni Boccaccio. Profilo biografico, Firenze
1977, pp. 34-39; sulla biblioteca istituita da re Roberto e sul clima cultu-
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Al tempo in cui Boccaccio scriveva il XV libro delle Genealogiae (da cui proviene il passo qui riportato) erano ormai
scomparse anche le Collectiones del Bontempio13, ed perci
ancor pi eccezionale che in tanto naufragio si siano salvati i
cinque frammenti filocorei. Leggiamo, per cominciare, quello
in cui Teodonzio viene citato solo in quanto fonte di Filocoro
(cosa di per s singolare, perch nelle Genealogiae quasi sempre utilizzato come autorit a se stante14):
Quod autem illam (scil. Scyllam) occideret Hercules, dicit
Theodontius ob id fictum, quia unicus Cyclopis filius inter
saxa Scylle perierit, quam ob rem in ultionem suam Cyclops
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Serv., in Verg. Aen. V 824: hic autem Phorcus dicitur Thoosae nymphae
et Neptuni filius. ut autem Varro dicit, rex fuit Corsicae et Sardiniae: qui cum
ab Atlante rege navali certamine cum magna exercitus parte fuisset victus et
obrutus, finxerunt socii eius eum in deum marinum esse.
22
Cfr. O. Waser, s.v. Skylla 3, in Ausfhrliches Lexikon..., cit., IV, Leipzig 1915, coll. 1064-1071; J. Schmidt, s.v. Skylla 2, in RE III A, 1, Stuttgart
1927, coll. 655-658.
23
Cfr. Paus. I 19, 4; II 34, 7. Hyg., Fab. 198 2-4. [Verg.], Cyris 101-541.
Ovid., Met. VIII 14-151. [Apollod.], Bibl. III 15, 8 [211]. Serv., in Verg.
Aen. VI, 74. Schol. in Eur. Hipp. 1200. Schol. in Lycophr. 650. Il punto in
cui Scilla era perita lestremit orientale dellArgolide avrebbe preso il
nome, secondo Pausania (II 34, 7), di a[kra Skullai`on.
24
Coeph. 612-622.
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La razionalizzazione del prodigio attribuita a Filocoro (mutatos autem - causam adinvenere) viene raggiunta storicizzando
gli eventi narrati. La genericit della citazione, tuttavia, rende
vano, pi che arbitrario, il tentativo del Lenchantin di situare
in un preciso momento storico il conflitto tra Rodii e Lici o
di dare un volto ai Delones. Certo, non da escludersi che i
due popoli possano essersi effettivamente combattuti in tempi
remoti, n che il breve accenno alla morte del rodio Tlepolemo per mano del licio Sarpedone nellIliade (XVI 415-418)
alluda a un conflitto reale27; ma in questo passo veramente
sembra mancare qualunque appiglio per mettere in connessione lepisodio narrato con uno dei frammenti o dei titoli noti
dellattidografo28. Quanto ai Delones, che ancora il Lenchantin29 crede di poterli identificare con una popolazione tracia
stanziata presso Cizico (i Dolivone~, noti gi ad Ecateo30),
molto probabile che qui il nome sia corrotto.
Nessun dubbio sussiste invece sulla provenienza del terzo
frammento, in cui vengono richiamati quae a Philochoro in Atthi
dis libro de Monotauro recitantur. Ci che Filocoro aveva scritto
sullargomento ci noto, a grandi linee, dagli estratti dellAtthis
nella vita di Teseo plutarchea; ma qui il riferimento allattidoCfr. Jacoby, FGrHist III b (Noten) 328, p. 485.
Lo stesso Jacoby, del resto, ha ben chiara la problematicit dellattribuzione filocorea del racconto: Neither the substance of the story nor its
manner of rationalization looks like Ph., and it is difficult to tell where he
could have reported anything of the kind. Perhaps I had better have assigned the story to the Dubia [FGrHist III b (Noten) 328, p. 592].
29
Che i Dolioni potessero andare in aiuto dei Rod in qualit di mercenari, non inverosimile (art. cit., p. 45).
30
Steph. Byz. s.v. Dolivone~ (= FGrHist 1a F219): oiJ th;n Kuvzikon
oijkou`nte~, ou}~ Dolieva~ ei\pen Ekatai`o~. levgontai kai; Doliovnioi, kai;
qhlukw`~ Dolioniva. Cfr. L. Brchner, s.v. Doliones, in RE V 1, Stuttgart
1903, col. 1283. Vedi inoltre Ap. Rhod. I 947. Herodian., De pros.
cath. III 1, p. 20. Eust., in Hom. Il. II 768, v. 484. Schol. in Ap. Rhod. I
936949a. Plin., NH V 40.
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grafo sembra ricavato piuttosto da Eusebio, che del resto conosceva e utilizzava di frequente lo scrittore di Cheronea31:
Porro omittendum non est, quam varie de tempore huius
(scil. Minois) scriptores senserint. (...) ut idem Eusebius dicit
a Paradio memoratum, regnante Egeo Athenis, Mynos mare
obtinuit, et leges Cretensibus dedit. quod fuisse percipitur
anno mundi iii dcccc liii. et esto ibidem legatur Platonem
hoc esse falsum convincere. conveniunt tamen cum his que
de Theseo leguntur, et cum his que a Phylocoro in Atthidis
libro de Minotauro recitantur (...).32
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34
Gen. deor. gent. VIII 4, p. 399 Romano (= FGrHist 328 F104c): Di
Trittolemo scrive Filocoro che fu un antichissimo re della terra attica, il
quale, quando suo padre Eleusio, in occasione di una grave carestia, fu
ucciso da una ribellione popolare, avendo nutrito abbondantemente suo
figlio mentre il popolo moriva di fame, dovette fuggire, e con una lunga
nave che aveva per insegna un serpente se ne and in terre straniere: ma
una volta che ebbe raccolto una gran quantit di grano torn in patria, ne
scacci Celeo (o, secondo altri, il trace Linceo), il quale si era impadronito
del territorio, e riebbe il regno paterno; e non solo, ripreso il potere, don il
cibo ai sudditi, ma dopo aver costruito un aratro insegn loro a coltivare la
terra, fatto per cui fu chiamato discepolo di Cerere. Vi sono tuttavia alcuni
i quali sostengono che non fu Trittolemo a far conoscere agli Attici il bue e
laratro, ma un certo Buzige di Atene. Filocoro tuttavia dice che Trittolemo
visse molti secoli prima che Cerere fosse regina dei Siculi.
35
Euseb., Chron. a. Abr. 610/15 (= FGrHist 328 F104a): Eleusi`no~
povlew~ Keleo;~ ejbasivleuse, kaq o}n Triptovlemo~ h\n, o{n fhsin oJ Filovcoro~
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makrw`/ ploivw/ prosbalovnta tai`~ povlesi to;n si`ton didovnai, uJponoei`sqai de;
pterwto;n o[fin ei\nai th;n nau`n: e[cein dev ti kai; tou` schvmato~.
36
Schol. in Aristid. I 105, 12, p. 54 Dindorf (= FGrHist 328 F104b):
levgetai (...) o{ti Dhmhvthr tw`/ uiJw`/ tou` Keleou`, tw`/ Triptolevmw/, parevscen
a{rma ejx o[fewn pterwtw`n, i{na ejpi; touvtou ojcouvmeno~ didw`/ toi`~ a[lloi~
ajnqrwvpoi~ to`n si`ton, kai; tacevw~ plhrwvsai tou` sivtou th;n gh`n. (...)
Filovcoro~ de; iJstorei` o{ti hJ nau`~ e[nqa h\n oJ Triptovlemo~ dia; tou`to
ejnomivsqh uJpovptero~, ejpeidh; ejx oujriva~ ejfevreto.
37
Cfr. FGrHist III b (Noten) 328, p. 423 s.: It appears demonstrable
that Ph.s rationalism in this case, too, merely concerned itself with some
individual features (...) which were contrary to nature but of secondary
importance for the story itself. (...) F104c in the manner long since observed in regard to the iJstorivai of the Homeric Scholia and to the excerpts
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nomi Orcus, traduzione latina di Aidh~, Aydoneus ed Agesilaus (ajghsivlao~, la guida al regno dei morti).
Veniamo ora a Natale Conti (1520-1582 circa), che nella sua opera maggiore, le Mythologiae (I ed. Venezia 1568; II
Francoforte 1981) inserisce diverse citazioni inedite da Filocoro43 e da numerosi altri storici antichi, fra i quali gli attidografi Androzione44, Fanodemo45 e Melanzio46.
Veneziano di adozione, anche se non di nascita, fin da
giovane Conti altern una ricca produzione poetica personale alla traduzione in latino di numerosi classici greci: sue,
ad esempio, sono le prime versioni latine dei Deipnosofisti di
Ateneo [Venezia 1556, con ristampe anche a Basilea (1556)
e Lione (1556 e 1583)], del Peri; tw`n th`~ dianoiva~ kai; th`~
levxew~ schmavtwn di Alessandro Sofista (Venezia 1556), del
Peri; eJrmhneiva~ dello pseudo Demetrio Falereo (Venezia
1557), del Peri; ejpideiktikw`n di Menandro di Laodicea (Venezia 1558). Scrisse anche di storia: oltre agli Historiarum libri
XXXIII, comparsi tra il 1572 e il 1581 e dedicati alle vicende
italiane tra il 1545 e il 1580, si ricordano i Commentarii de
acerrimo Turcarum bello in insulam Melitam gesto (Venezia
1566), dal quale si soliti far cominciare la storiografia
moderna sullisola di Malta. Lopera per cui Conti divenne
famoso tra i contemporanei, i dieci libri delle Mythologiae,
un vastissimo repertorio di mitologia classica, basato su fonti
Myth. I 10 (= FGrHist 328 F81); III 16 (= FGrHist 328 F103); IV 13,
che in realt la semplice traduzione latina di uno scolio allEdipo a Colono
di Sofocle (ad v. 100 = FGrHist 328 F12); VII 6 (= FGrHist 328 F228); V
5 (= FGrHist 328 F84b); IX 18 (= FGrHist 328 F82).
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Myth. I 10 (= FGrHist 324 F70); V 8 (= FGrHist 324 F71).
45
Myth. IX 2 (= FGrHist 325 F30); IX 10 (= FGrHist 325 F5); IX 18
(= FGrHist 325 F5bis).
46
Myth. I 10 e VII 12 (due occorrenze per ciascun capitolo), su cui
cfr., nel presente volume, il saggio di Claudia Liberatore Nuovi frammenti
dellattidografo Melanzio in Natale Conti?
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lovgou~ kai; skwvmmatav tina e[lege pro;~ to; gelavsai th;n qeovn.
h\san de; ta; rJhqevnta uJp aujth`~ ijambikw` mevtrw rJuqmisqevnta,
o{per aujth; prw`ton ei\pen: ejx h|~ kai; th;n proshgorivan e[labon
i[amboi levgesqai. Iavmbh de; qugavthr h\n Hcou`~ kai; tou`
Panov~, Qra`ssa to; gevno~.50
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Scripsit Philochorus diem festum agi solitum apud Athenienses die decimotertio lunae novembris, quo tempore
Choes vocata solennia celebrabantur Terrestri Mercurio
consecrata: atque morem fuisse, ut ex omnibus generibus
semina, ut nomen significat, in olla miscerentur, atque
coquerentur ab iis, qui per diluvium fuissent servati, qui
Hydrophoria etiam alias agebant. at nemini tamen ex ea
olla gustare licitum erat.63
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