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1527
di André Chastel
Presentazione 5
II. Roma-Babilonia 72
La Sala di Costantino 73
Il papa-Anticristo 84
L’Anticristo e i pronostici 91
Epilogo 285
Bibliografia 310
1
Lettere sull’arte di Pietro Aretino, a cura di F. Pertile ed E. Came-
sasca, 4 voll., Milano 1957 (vol. II, n. cclxiv, p. 106).
2
[I Sonetti lussuriosi, una raccolta di poesie erotiche dell’Aretino,
erano stati illustrati da Giulio Romano in maniera sconveniente. Cfr.
cap. v, p. 147].
3
g. vasari, Vita di Perino del Vaga, in Le vite de’ piú eccellenti pit-
tori, scultori ed architettori, a cura di G. Milanesi, Firenze 1878-85, vol.
V, p. 611.
4
Sviluppando le osservazioni convergenti di g. briganti, Il Manie-
rismo italiano, Roma 1945; e di s. j. freedberg, Painting in Italy. 1500-
1600, Harmondsworth 1971, proporremo piú avanti la nozione di
«stile clementino».
5
j. burckhardt, Die Kultur der Renaissance, 1860 [trad. it. La
civiltà del Rinascimento in Italia, Firenze 1968]; m. creighton, History
of the Papacy, vol. VI, London, 1884, conclude il suo lungo studio con
la rievocazione del sacco del 1527, che segna per lui la fine di un’epo-
ca e l’inizio della Controriforma.
6
briganti, Il Manierismo italiano cit.
7
freedberg, Painting in Italy cit., p. 165.
8
L’abate Lanzi, nella sua Storia pittorica dell’Italia, Bassano 1789,
pp. 243-44, ha soprattutto osservato la dispersione della scuola di Raf-
faello: «Felici le arti se Clemente com’ebbe il genio, cosí avesse avuto
i bei giorni di Leone. Ma le guerre, le pestilenze, e ogni genere di avver-
sità afflisse in quel tempo il Dominio ecclesiastico; e l’anno piú fune-
sto fu il 1527, in cui Roma fu messa a sacco. La scuola di Raffaello si
dissipò, e si disperse, gli eredi delle sue massime o morirono, o si sta-
bilirono altrove; e sotto il pontificato di Paolo III, il solo Perino del
Vaga sosteneva il credito della scuola».
9
b. cellini, La vita da lui medesimo scritta (c. 1559-62), a cura di G.
Davico Bonino, Torino 1973, ad esempio libro I, cap. 30; cfr. cap. v.
10
La critica della Curia e le polemiche antiromane sono caratteri-
stiche della fine del medioevo e del Rinascimento: il movimento ussi-
ta continuò a esprimerle in Europa centrale, il movimento piagnone le
cristallizzò in Italia.
Sulla libertà dei costumi e la corruzione nella Roma del Rinascimen-
to cfr. l. von pastor, Geschichte der Päpste seit dem Ausgang des Mittelal-
ters, Freiburg im Breisgau 1886-1907 [trad. it. Storia dei papi dalla fine del
medioevo, Trento-Roma 1944-64, vol. III, libro I, pp. 305 sgg.].
11
a. renaudet, Erasme et l’Italie, Genève 1954. Cfr. cap. iv. Sulle
osservazioni satiriche di Erasmo circa il clima guerriero della capitale,
che lo inorridí, cfr. r. p. adams, The Better Part of Valor: More, Era-
smus, Coht and Vives on Humanism, War and Peace. 1496-1535, Seat-
tle 1962, pp. 37 sg.: «Maledette siano queste guerre che m’impediscono
di godere di una contrada d’Italia che mi piace ogni giorno di piú», let-
tera a Aldo, 1508.
Giulio II era entrato a Roma la domenica degli ulivi del 1507 con
La marcia su Roma.
Le difese di Roma.
Il sacco.
«Imago Urbis».
siete montes atruena | Viendo sus hijos vendidos, | Sus hijas en mala
estrena | Consules y senadores | De quejas hacen su cena, | Por faltal-
les un Horacio, | Como en tiempo de Prosena. | La gran soberbia de
Roma | Hora España la refrena: | Por la culpa del pastor | El ganado
se condena. | Agora pagan los triunfos | De Venecia y Cartagena, | Pues
la nave de Sant Pedro | Quebrada Ileva la entena, | El gobernalle qui-
tado, | La aguja se desgobierna: | Gran agua coge la bomba, | Menester
tiene carena, | Por la culpa del piloto | Que la rige y la gobierna. | Oh
Papa, que en los Clementes, | Tienes la silla suprema, | Mira que tu
potestad | Es transitoria y terrena! | Tu mismo fuiste el cuchillo | Para
cortarte tu vena. | Oh fundador de los cielos, | Dadnos paz, pues es tan
buena! | Que si falta a las cristianos, | Huelga la gente agarena, | Y crece
la secta mala | Come abejas en colmena. | La justicia es ya perdida; |
Virtud duerme a la serena; | Quien mas puede come al otro, | Como en
la mar la ballena: | Fuerza reina, fuerza vale, | Dice al fin mi cantile-
na».
2
Per le canzoni in Francia, cfr. e. picot, Chants historiques français
du XVIe siècle: Règnes de Louis XII et François Iee, Paris 1903.
3
a. medin e l. frati, Lamenti storici dei secoli XIV, XV e XVI, vol.
III, Bologna 189o. Un altro lamento pone direttamente in causa Fran-
cesco I, a cui s’ingiunge di riparare i torti causati da Carlo V: «Italia
afflitta, nuda e miseranda | Che or de’ principi suoi stanca si lagna, |
A te, Francesco, questa carta manda» (pp. 405 sgg.).
4
La presa di Roma, a cura di F. Mango, Bologna 1886, citato da d.
hay, Italy and Barbarian Europe, in Italian Renaissance Studies, miscel-
lanee C. Ady, a cura di E. F. Jacob, London 1960.
5
Sonetto anonimo, trascritto da Pandolfo Nassino, «Memorie Mss.
Bresciane», Cod. C.I., 15, Brescia, Bibl. Quiriniana. Pubblicato da g.
milanesi, Il Sacco di Roma del 15-27. Narrazioni di contemporanei,
Firenze 1867, p. lxii: «Passio Domini septimi Clementis | Secundum
Marcum. – Papa dixit: Hebraei, | Quem queritis? – Responderunt ei:
| Papam Clementem cum suis armentis. | – Ego sum: Sinite, sine tor-
mentis. | – Tunc dixerunt: sunt omnes mortis rei. | Et ligaverunt eum
Pharisaci, | Ad Caesarem trahentes caput gentis. | – Dixit Caesar: Tu
es rex dericorum. | – Respondit papa Clemens: Tu dixisti. | – Bla-
sphemavit; et eum percusserunt. | Papa stabat in medio Ispanorum. |
Disse il Colonna: Amice, ad quid venisti? | Et super vestem suam sor-
tem dederunt. | – Sitio, disse; et acetum gustavit. | Consumatum Cle-
mentem expiravit».
6
s. lowinski, A Newly Discovered Sixteenth Century Motet Manu-
script at the Biblioteca Vallicelliana in Rome, in «Journal of American
Musicological Society», 3 (1950).
Questa raccolta contiene un mottetto politico dello stesso Festa, di
sapore «savonaroliano», che deve risalire al periodo in cui Firenze,
16
La conclusione ufficiale della Lega Santa del 1526 fu accompa-
gnata da cerimonie che ebbero a Venezia un andamento sontuoso:
processioni con costumi, figure allegoriche, carri di «quadri viventi»,
ecc. Cfr. sanuto, Diarii cit., XLIII, coll. 42 sgg. per l’8 luglio 1526,
e Calendar of State Papers, Venice, vol. III: 1520-26, London 1869, n.
1343, p. 579.
Si noterà nella tribuna dei confratelli di Santo Stefano, «una dami-
gella in piedi, con in mano un globo, una ruota nell’altra»: Fortuna (la
sorte), e sul palco della Scuola di San Marco, una nave allegorica da
accostare a uno dei simboli analoghi studiati nel cap. ii, e nel pageant
di Amiens.
17
hook, The Sack of Rome cit., p. 228.
18
Su Giovanni dalle Bande Nere, esiste un capitolo di g. g. rossi,
Vita di Giovanni de’ Medici, nella raccolta Vite dei Sforzeschi, Milano
1853, pp. 195-245, e una narrazione di p. gauthiez, Jean des Bandes
Noires, Paris 1901. Sui movimenti di massa e la guerra per scaramuc-
ce proprie del periodo, cfr. p. pieri, Il Rinascimento e la crisi militare
italiana, Torino 1952, pp. 550 sgg e 574 sgg. Quest’autore non sem-
bra considerare Giovanni uno stratega molto originale, ma gli attri-
buisce una decisa attitudine al comando. Sulle circostanze e le conse-
guenze della ferita mortale di Giovanni, cfr. p. gauthiez, Nuovi docu-
menti intorno a Giovanni de’ Medici detto delle Bande Nere, in «Archi-
vio Storico Italiano», 1902-903. Sulla statua in onore del condottiero
eretta in piazza San Lorenzo, cfr. Epilogo.
19
È difficile mettere in relazione a questi avvenimenti il ritratto del
seguace di Bacco (coll. priv.) che è apparso con un’attribuzione discu-
tibile a Dosso all’esposizione di pittura ferrarese Esposizione della pit-
tura ferrarese del Rinascimento, Ferrara 1933, n. 201. Un’iscrizione sul-
l’alto del quadro porta: «Alfonso Duca Terzo con il fiasco e il bicchiere
conservò il ducato di Ferrara e ricuperò quello di Modena e Reggio
qua[n]do alli [=al dí] vi di marzo s’aboccò con Borbone nel Finale». Vi
fu infatti un accordo fra il Duca e Borbone nel momento in cui questi
ebbe bisogno di passare i fiumi, e Modena e Reggio erano l’oggetto di
una vecchia contestazione fra Roma e Ferrara (cfr. gregorovius, Sto-
ria della città di Roma cit., e von pastor, Storia dei papi cit., vol. IV,
parte II, libro III, pp. 234-35). Ma le ragioni per le quali quest’ope-
razione, che fu di grande aiuto all’armata di Carlo V, è stata evocata
al di sopra di un ritratto «bacchico» di Alfonso d’Este, non sono per
noi cosí chiare come sembrano esserlo per e. wind, Bellini’s «Feast of
the Gods». A study in Venetian Humanism, Cambridge (Mass.) 1948,
p. 40. Per di piú, l’identificazione del ritratto è sicura? L’iscrizione è
originale?
20
hook, The Sack ol Rome cit., pp. 127 sgg.
21
pieri, Il Rinascimento cit. cfr. cap. iv.
22
A proposito della visita di Lannoy a Roma il 25 marzo 1527, Mar-
cello Alberini scrive: «e fu ben quel di presago delle future calamitati
nostre, che me ricordo vederlo venire a Santo Apostolo, che era il
tempo serenissimo et in un punto cader tanta e cosí subita pioggia che
in la via Lata i cavalli nuotavano nell’acqua fino alli petti». Cfr. d.
orano, I ricordi di Marcello Alberini, vol. I (l’unico uscito), in Il Sacco
di Roma del 1527, Roma 1901, p. 230.
23
Paolo Giovio descrisse questo fatto d’armi con entusiasmo in una
lettera del 14 febbraio a D. Contarini, ricopiata da sanuto, Diarii cit.,
XLIV, 1896, col. 99. cfr. anche g. g. ferrero, Politica e vita morale
del Cinquecento nelle lettere di Paolo Giovio, Torino 1940, p. 68.
24
d. gnoli, «Descriptio Urbis», o censimento della popolazione di
Roma avanti il sacco borbonico, in «Archivio, della Reale Società Roma-
na di Storia Patria», A (1894), pp. 375 sgg.; delumeau, La vie éco-
nomique cit., Paris 1957, vol. I.
25
Sulle fortificazioni di Roma, cfr. l. cassanelli, g. delfini e d.
fonti, Le mura di Roma. L’architettura militare nella storia urbana,
Roma 1974.
26
marcello alberini, Ricordi cit., p. 238.
27
Ibid., p. 229.
28
cellini, La vita cit., p. 78.
29
Su Castel Sant’Angelo e il miracolo dell’angelo cfr. e. rodoca-
nachi, Le Château Saint-Ange, Paris 1909; m. borgatti, Castel Sant’An-
gelo in Roma, Roma 1931; cassanelli, delfini e fonti, Le mura di
Roma cit., pp. 63 sgg. e nota 14, p. 77 (bibliografia).
30
Tali sono i discorsi di Ferrante a Sisto IV nel 1475: «Voi non siete
signore di Roma e non potete regnarvi in ragione delle gallerie, strade
strette e terrazze. Se dovete farvi passare delle truppe, le donne sca-
gliando pietre dalle terrazze le metteranno in fuga e si stenterà a costrui-
re barricate». Ferrante gli consigliò di abbattere terrazze e porticati e di
allargare le strade. Il papa seguí il consiglio e da allora in poi le terrazze
e i porticati vennero abbattuti nella misura del possibile e le strade allar-
gate sotto il pretesto di rifare la pavimentazione e di dare piú luce.
Da s. infessura, Diario della città di Roma, a cura di O. Tomasini,
Roma 1890, p. 79, citato da delumeau, La vie économique cit., p. 289.
31
pieri, Il Rinascimento cit., p. 580.
32
guicciardini, Storia d’Italia cit., nell’ed. del 1929, V, pp. 142-46;
gregorovius, Storia della città di Roma cit.
33
Secondo F. Vettori nel suo dialogo sul sacco (circa il 1530), l’at-
tacco fu lanciato dietro la dimora del cardinale Cesi, dove da un lato
c’è la vigna di Santo Spirito, dall’altro quella di maestro Bartolomeo
da Bagnacavallo; cfr. Viaggio in Alemagna di F. Vettori... aggiuntavi…
il Sacco di Roma del 1527, dello stesso..., a cura di C. Salvi, Firenze e
Paris 1837.
34
von pastor, Storia dei papi cit., vol. IV, parte II, libro III, p. 256,
n.1; pieri, Il Rinascimento cit., p. 581, nota 1.
35
Cellini, come si sa, si dice l’autore di questa prodezza nella Vita.
Sulle controversie concernenti la morte di Borbone, cfr. von pastor,
Storia dei papi cit., vol. IV, parte II, libro III, p. 255, n. 3.
36
a. prost, Les sciences et les arts occultes au XVIe siècle. Corneille
Agrippa, sa vie et ses œuvres, 2 voll., Paris 1882, app. xxv; f. cancel-
lieri, Il Mercato, il lago dell’Acqua Vergine, il Palazzo Panfiliano nel
Circo Agonale, Roma 1811, pp. 242-243. Cfr. hook, The Sack of Rome
cit., p. 162.
Secondo m. guazzo, Le historie di tutti i fatti degni di memoria nel
mondo successi, Venezia 1546, p. 66, citato da hook, The Sack of Rome
cit., p. 164, un vecchio aveva predetto che Borbone avrebbe trovato
la morte prendendo una grande città.
37
«Fatta la ninna e passa via Barbone» si cantava in Trastevere,
secondo cancellieri, Il mercato cit., p. 242.
38
Sul coraggio della guardia svizzera, cfr. r. durrer, Die Schwei-
zergarde in Rom und die Schweizer in päpstlichen Diensten, Luzern 1927,
vol. I, pp. 397 sgg.
Sulla sfera radiata, cfr. c. maes, La sfera radiata di bronzo dorato già
infissa al vertice dell’obelisco vaticano riconosciuta ora ed autenticata con
iscrizione nel museo Capitolino, in «Il Cracas», 4, 1894, pp. 371 sgg.
39
Iscrizione antica: «D.O.M. | Bernardino Passerio Juli II Leone
X et Clementis VII Ponttt.maxxx aurifici ac gemmario praestantiss. |
qui cum in sacro bello pro | patria in prox. lanic. parte | hostium plu-
reis pugnans occidisset | atque adverso militi vexilium abstulisset | for-
titer occubuit pr.n. mai mdxxvii | V.A. xxx. viim.vi.d.xi | Iacobus et
Octavianus Passerii | fratres patri amantiss. Posuere».
Iscrizione moderna: «Il 6 Maggio 1527 | ravvolto nella bandiera |
di sua mano strappata | alle irrompenti orde borboniche | qui presso
cadde a difesa della patria nel proprio e nel nemico sangue | Bernardi-
no Passeri Romano | orefice | padre di famiglia. | Perché tanto esem-
pio frutti insegnamento ed emulazione ai posteri, la società degli orafi
di Roma al loro fratello d’arte e di cuore nuovo ricordo consagrano |
25 Ottobre 1885».
Cfr. ravioli, La guerra di sette anni cit., p. 374 nota 1.
Si legge un’altra iscrizione all’interno di Sant’Eligio degli Orafi, via
Giulia.
40
Si è obbligati a tenere conto della testimonianza di Paolo Giovio
(1483-1552), ma con qualche prudenza. La sua credibilità di storico è
stata messa in dubbio da F. Chabod nel saggio Paolo Giovio del 1954,
ripreso in Scritti sul Rinascimento cit., pp. 243 sgg.
Stretto alleato dei Medici, dopo la sua venuta nel 1513 al servizio
di Leone X, non lasciò Clemente, e, nel maggio 1527, corse con lui fino
69
Sulla navicula Petri, cfr. h. rahner, «Navicula Petri». Zur Sym-
bolgeschichte des römischen Primats, in «Zeitschrift für katholische
Theologie», 69 (1947), pp. I sgg. La fonte: Luca, 5, 3.
Nel Venerabile beda, Exposito in Joannem, a cura di J. P. Migne,
Patres Latini, vol. 92, Paris 1850, col. 709 d: laborat nec mergitur.
Una moneta di Nicola V porta la navis con Ecclesia. Cfr. Lexicon
für Theologie und Kirche, 7 (1955), p. 588.
70
«Al terzo palco era raffigurata “Navicula Petri”, intendendo la
nostra madre santa Chiesa che era al momento fra le onde. Flutti e
procelle (tempeste) marine nella quale molto agitata e turbata dal
vento erano alcuni personaggi naviganti come san Pietro che tende
le mani a un altro di fuori come sulla riva. Ed era scritto “Domine
salva nos perimus”. E il detto personaggio di fuori teneva un rotolo
nella mano, sul quale rotolo era scritto “Modice fidei quare dubita-
sti”. E ai lati del detto palco erano due corpi adorni portanti ciascu-
no le loro armi, ossia Francia e Inghilterra, e la spada in mano che
facevano roteare come pronti a proteggere, difendere e risollevare
quella navicella. E lungo la parete in alto vi era una città che rap-
presentava Roma o Gerusalemme, dove era scritto “Et iustitia cor-
rectio sedes ejus”».
E sul frontone in alto i quattro versi seguenti: «Destruet ira truces
magni Jovis alta nocentes. | Innyxos propria pellerent sede matrem. Sic
| innicta premet magna tum dextera reges. Ausos | christiferam tange-
re marte domum».
Ballata: «Santa Chiesa dalle onde gravata | E gli sconfitti Gesú vuol
sollevare | Al fine ch’ella sia preservata | Ecco il mezzo per lei risolle-
vare | Il fior di giglio e la vermiglia rosa | Con il loro valore coloro faran-
no sprofondare | Che la Santa Chiesa vollero schiacciare, | Se uniti sono
come lo si suppone». Les spectacles populaires à l’entrée du Légat d'An-
gleterre à Amiens (4 Août 1527), in L’entrée du Légat dedans Ville
D’Amyans avecq le triumphe de la Ville..., a cura di V. Jourdain,
Cayeux-sur-Mer 1910, pp. 13-16.
71
maurice scève, Délie, Lyon 1544, decina xxi. La composizione
della raccolta può essere anteriore al 1540. Le decine xix, xx e xxi con-
cernono il conestabile fellone. Il cervo-volante, emblema di Carlo VI,
era stato adottato dal conestabile con l’impresa: «Cursum intendimus
alis». Cfr. p. giovio, Dialogo dell’imprese militari et amorose, Lyon
1574, p. 12; e g. de tervarent, Attributs et symboles dans l’art profa-
ne, Genève 1958, 1, p. 67.
L’autruche (struzzo) = l’Autriche (Austria), come nella decina lv,
che descrive con ironia la trasformazione dell’aquila in struzzo.
72
Fra le altre vive reazioni nel campo imperiale contro le violenze
dell’esercito, bisogna notare quella del generale dei Francescani, Quiño-
nes, che voleva soprannominare i capitani imperiali «capitani di Lute-
Roma-Babilonia
La Sala di Costantino.
Verso la fine del 1523 o agli inizi del 1524, uno dei
primi atti ufficiali del pontificato di Clemente VII era
stato quello di ordinare il compimento della Sala di
Costantino, allora chiamata dei Pontefici per via delle
otto teste di papi che dovevano inquadrare le «storie».
Era l’ultima e la piú vasta delle quattro «Stanze» inco-
minciate sotto Giulio II: la «Segnatura» del 1508;
«Eliodoro», iniziata nel 1512 e continuata sotto Leone
X: l’«Incendio» del 1514; e infine «Costantino», a par-
tire dal 15175. Questa serie di decorazioni terminava
nella Stanza contigua alla Stanza di Costantino, con la
quale aveva in comune una storia analoga6. Come è stato
notato da lungo tempo, ognuna di queste decorazioni
contiene allusioni all’attualità attraverso i ritratti dei
papi. La storia contemporanea è resa viva e, nel mede-
simo tempo, è sottolineato il perdurare dell’istituzione7.
Niente è più famoso e, in un certo senso, familiare
di queste stanze, ma vale la pena entrare nei meandri di
una «dottrina» che aveva ritrovato tutta la sua attualità
Il papa-Anticristo.
L’Anticristo e i pronostici.
1
La prima guida di questo genere risale al 1150 circa, l’Opusculum
de mirabilibus novae et veteris urbis Romae del canonico F. Albertini è
datato 1510 (ristampato nel 1515, 1522, 1523). Cfr. scherer, Marvels
of Ancient Rome cit.
2
Si veda la piccola guida tedesca delle Mirabiliae Romae, stampata
circa nel 1475, ristampata in facsimile, Weimar 1904, con introduzio-
ne di R. Ehwald. È tipica delle guide della fine del secolo xv e dell’i-
nizio del xvi, cfr. pollak e schudt, Le guide di Roma cit., p. 23. Dà
quattro illustrazioni: pagina di sguardia: pellegrini e Santo Volto di
Veronica (cappella angolo Nord Est di San Pietro); la leggenda di
Romolo e Remo; Imperium Romae; Santo Volto, con le armi pontificie
dei Della Rovere (Sisto IV).
Sulla Veronica cfr. a. chastel, La Véronique, in «Revue de l’Art»,
n. 40 (giugno 1978), pp. 71-82.
3
Su Lutero a Roma, cfr. introduzione, nota 12.
4
renaudet, Erasme et l’Italie cit.
5
La cronologia e la dottrina delle Stanze sono esposte nell’opera di
d. redig de campos, Le Stanze di Raffaello, Roma 1950.
6
Questa stanza fu incominciata, almeno nella decorazione a grotte-
sche della volta, prima del 1521, poi intrapresa da Perino del Vaga, inter-
rotta nel 1523 e terminata poco prima del 1527. Cfr. m. v. brugnoli,
Gli affreschi di Perin del Vaga nella cappella Pucci, note sulla prima attività
romana del pittore, in «Bollettino d’Arte», 47 (1962), pp. 327 sgg. Vasa-
ri, nella vita di Giovanni da Udine, si riferisce all’epoca di Clemente, in
quella di Perino del Vaga, a quella di Leone X, per il tondo centrale.
7
Come lo ha perfettamente formulato R. Wittkower: «In expres-
sing one event through the other, and meaning both, the painting beco-
mes the symbol of an exalted mystery: the miraculous power of the
Church, which remains the same throughout the ages, whether we are
in the year 452 or 1513» (in Interpretation of Visual Symbols, 1955,
ristampato in Allegory and the Migration of Symbols, London 1977, p.
180).
8
La fusione di questi due registri: teologico e contemporaneo, è
stata analizzata da vicino nell’articolo di m. j. zucker, Raphael and the
Beard of Pope Julius II, in «The Art Bulletin», 59 (1977), p. 524, che
sarà anche utilizzato e completato nel cap. vi.
9
f. hartt, The Stanza d’Eliodoro and the Sistine Ceiling, in «The
Art Bulletin», 30 (1950), pp. 124 sgg. Non seguiamo l’autore nella sua
esegesi della Sistina.
10
zucker, Raphael cit., p. 530.
11
Sulle avventure militari del futuro Leone X, cfr. von pastor, Sto-
ria dei papi cit., vol. III, libro III, p. 816.
12
s. freedberg, Painting of the High Renaissance in Rome and Flo-
rence, Cambridge (Mass.) 1961, p. 152.
13
[Giulio II aveva ideato la tomba più grandiosa che sia mai stata
costruita, ma Michelangelo incontrò talmente tante difficoltà in quella
ordinazione che non fu mai portata a termine. Giulio fu sepolto in San
Pietro, dove giace tuttora senza alcun monumento commemorativo].
14
Cfr. cap. vi.
15
f. hartt, Raphael and Giulio Romano with Notes on the Raphael
School, in «The Art Bulletin», 26 (1944), pp. 67 sgg.; j. hess, On Raphael
and Giulio Romano, in «Gazette des Beaux-Arts», 32 (1947), pp. 86 sgg.,
espone un’opinione completamente diversa. La sua interpretazione ha
suscitato le dure obbiezioni di Hartt, The Chronology of the Sala di Costan-
tino, in «Gazette des Beaux-Arts», 36 (1949), pp. 301 sgg.
Si veda anche j. shearman, The Vatican Stanze Function and Deco-
ration, in «Proceedings of the British Academy», 57 (1971), pp. 3 sgg.
Rolf Quednau, dell’università di Monaco, ha scritto una tesi sul-
l’insieme dei problemi della Stanza di Costantino. Secondo questo
autore la parte decorativa è stata concepita da Raffaello, come pure le
scene storiche; il programma d’insieme è in rapporto con la destina-
zione ufficiale della Stanza. Cfr. Die Sala di Costantino im Vatikan Pala-
st, New York 1979, pp. 448 sgg. Quednau ha concluso ch’esso fu
«attualizzato» nel 1523.
16
Sull’importanza dei progetti di Raffaello cfr. j. sherman,
Raphael’s unexecuted Projects for the Stanze, in Walter Friedländer zum
9o. Geburtstag, Berlin 1965, pp. 177-80; l. dussler, Raphael, München
1966, pp. 96-97.
17
[Glovis è la lettura anagrammata di sivolg o volgersi, rispecchia l’os-
sessione propria dei Medici riguardo alla resurrezione e al rinnovarsi].
18
m. ferry, «Candor illaesus»: The «Impresa» of Clement VII and
other Medici Devices in the Vatican «Stanze», in «The Burlington Maga-
zine», 119 (1977), pp. 676 sgg. Questo studio, di cui seguiamo qui le
conclusioni, ci sembra porre termine alla discussione fra J. Hess e F.
Hartt sull’utilizzazione delle imprese.
Il soffitto, che è stato rialzato alla fine del secolo xvi, era in origi-
ne più basso, dorato, sistemato con «imprese del suave», e disposto in
modo da toccare la cima delle nicchie dei pontefici (shearman, The
Vatican Stanze cit., n. 45).
19
«The association of the history of Constantine with the persons
of the Papacy is of course generally sensible, and in the circumstances
of this moment in the history of the Church it was evidently intended
as a homily on the proper relation of the temporal and especially of the
Imperial, to the papal, spiritual power: this room contains the admo-
nition that was so drastically to be disobeyed in 1527» (freedberg,
Painting of the High Renaissance cit., p. 570).
20
Come ha dimostrato hess, On Raphael and Giulio Romano cit.,
pp. 79 sgg., con l’aiuto delle Vitae Pontificum (1479) del Platina. Non
38
a. osiander e h. sachs, Eyn wunderliche Weyssagung von dem
Babstumb..., Nürnberg 1527. Cfr. a. warburg, Heidnisc-antike Weis-
sagung in Wort und Bild zu Luthers Zeiten, 1920, stampato in Gesam-
melte Schriften, vol. II, Leipzig 1932.
39
Sul ruolo delle stampe cfr. m. geisberg, Die Reformation in den
Kampfbildern der Einblattsholzschnitten, München 1929; a. blum, L’e-
stampe satirique en France pendant les guerres de religion, Paris 1916.
Gli autori del secolo xix hanno tutti messo in rilievo che la Rifor-
ma ha ottenuto la partecipazione delle masse grazie al carattere pole-
mico, diretto, caricaturale e implacabile delle stampe: o. schade, Sati-
ren und Pasquillen aus der Reformationszeit, vol. I, Hannover 1856. e.
fuchs, Die Reformation, in Die Karikatur der europäischen Völker, Ber-
lin 1901, cap. iv, ha ben dimostrato quanto Lutero fosse cosciente di
quest’azione presso le masse.
40
k. a. wirth, «Imperator pedes papae deosculatur». Ein Beitrag zur
Bildkunde des 16. Jahrhunderts, in Festschrift für H. Keller, Darmstadt
1963, pp. 175-221.
41
h. zschelletzschky, Die «drei gottlosen Mayer» von Nürnberg.
Sebald Beham, Barthel Beham und Georg Pencz, Leipzig 1975, pp.
143 sgg.
42
d. koeplin e t. falk, catalogo della mostra Lukas Cranach, vol.
I, Basel e Stuttgart 1974, pp. 330 sgg.
* [«un libro straordinariamente buono per i laici»].
43
f. buchholz, Protestantismus und Kunst im sechzehnten Jahrhun-
dert, Leipzig 1928, pp. 36 sgg.
44
h. grisar e f. heege, Luthers Kampfbilder, vol. I, Freiburg im
Breisgau 1921; a. schramm, Luther und die Bibel, vol. I: Die Illustra-
tionen der Lutherbibel, Leipzig 1923.
45
h. preusz, Die Vorstellungen vom Antichristi im späteren Mittelal-
ter, bei Luther und die konfessionnellen Polemik, Leipzig 1906; p. picca,
Il Sacco di Roma del 1527: profezie, previsioni, prodigi, in «Nuova Anto-
logia», 16 (1929), pp. 120 sgg.
46
Sul September Testament, cfr. f. schmidt, Die Illustration der
Lutherbibel (1522-1700), Basel 1962.
47
Cfr. cap. i. Nelle Conversazioni a tavola di Lutero, si misura la
profondità della rottura con Roma, che riduce gli avvenimenti del
1527 alla sciagura dei cattivi: «Ex Satana enim est Papa» (1531),
Tischreden, n. 210, Weimar 1913, p. 323; (1538), ibid., n. 3717, p. 559.
48
j. janssen, L’Allemagne et la Réforme, trad. franc. Paris 1892, ha
particolarmente insistito sull’aspetto antiromano e antiitaliano della
Riforma, e in particolare sugli scritti estremamente violenti di U. von
Hutten.
49
h. reinhardt, Einige Bemerkungen zum graphischen Werk Hans
Holbein des Jüngeren, in «Zeitschrift für schweizerische Archäologie
rivolte contro Roma stessa. Così nel discorso al Tribunale della Rota
del 15 maggio 1528, Che fu pubblicato a Roma e – e cosa che non stu-
pisce – tradotto in tedesco (cfr. cap. vi).
62
Oltre a warburg, Heidnisch-antike Weissagung cit., si veda l.
thorndike, A History of Magic and Experimental Science, vol. V, New
York 1941, p. 2-33; e. garin, Lo Zodiaco della vita. La polemica sul-
l’astrologia dal Trecento al Cinquecento, Bari 1976.
63
lorenzo bonincontri, De rebus caelestibus, 1472-75, edito a
Venezia da Luca Gaurico nel 1526. Sulla congiunzione di Giove e di
Saturno nell’Ariete, l’autore aveva molto da dire; ne conosceva tre,
coincidenti con il Diluvio, la venuta del Signore Gesù e quella di Mao-
metto; la quarta sembrava corrispondere a una nuova potenza univer-
sale: «Et regem dabit innocuum qui terminet orbem».
Sulla teoria delle grandi congiunzioni, e sulla sua importanza nei
dibattiti sull’astrologia, cfr. garin, Lo Zodiaco cit.
64
Su Torquato, cfr. reeves, Influence of Prophecy cit., p. 364; can-
timori, Eretici cit., pp. 18-20.
65
reeves, Influence of Prophecy cit.
66
warburg, Heidnisch-antike Weissagung cit; garin, Lo Zodiaco cit.
67
L’importanza annessa all’oroscopo di Lutero sussiste nella pole-
mica antiprotestante fino al secolo xvii e oltre; per esempio, f. de rae-
mond, Histoire de la naissance, progrez et décadence de l’hérésie de ce siè-
cle, Rouen 1629, pp. 28 sgg., nota che dopo Jonctin, «Marte e Vene-
re si trovarono nella terza casa della sua natività, il che significa la cadu-
ta della fede».
68
warburg, Heidnisch-antike Weissagung cit. pp. 510-11; saxl,
Illustrated Pamphlets of the Reformation cit., pp. 255 su.: «The books
are only a fraction compared with the pamphlets which were produ-
ced».
Su questa questione, cfr. m. pegg, A Catalogue of German Refor-
mation Pamphlets (1516-46) in Libraries of Great Britain and Ireland, vol.
I, London 1973, vol. II, 1977; r. w. brednick, Die Liedpublizistik in
Flugblatt des 15. bis 17. Jahrhunderts, 2 voll., Baden-Baden 1974 e 1975.
69
Die vier Eigenschaften des Weins. Cfr. catalogo della mostra Von
der Freiheit eines Christenmenschen (Kunstwerke und Dokumente aus
dem Jahrhundert der Reformation), Charlottenburg Schloss, Berlin
1967, pp. 22-23.
70
Catalogo della mostra Hans Baldung Grien, Karlsruhe 1959,
fig. xxxiv.
71
a. wass, Die Bauern im Kampf um Gerechtigkeit 1300-1525, Mün-
chen 1964, p. 223. Altra versione di Glücksrad, obbediente all’azione
energica delle persone abbienti. Cfr. l’Epilogo.
72
[Carlo era nato a Gand, pertanto in territori posti a occidente
(sulla riva sinistra) del Reno].
73
guicciardini, Consolatoria fatta di settembre 1527 a Finocchieto,
tempore pestis, citata nell’edizione, a cura di S. Volpicella, di L. San-
toro, p. 256. È stato osservato non senza meraviglia che lo stesso
Guicciardini ha passato del tempo, pare nel 1528, a compilare una scel-
ta dei testi profetici di Savonarola. Vi si legge, in particolare, il passo:
«O Roma, o prelati di Roma, io vi avviso che voi non avete a guasta-
re questa opera» (25 febbraio 1497). Cfr. palmarocchi, Scritti auto-
biografici e rari di F. Guicciardini cit., p. 313.
74
Il sacco «a causa mas que material» fu la conclusione del conte
de la roca, Epitome de la vida y echos del emperador Carlos, Milano
1646; parimenti antonio canovas del castillo, Del assalto y saco di
Roma por los Españoles, Madrid 1858.
Nella sua Cronaca, il milanese Grumello si adopera a discolpare il
conestabile; a tale scopo, sottolinea il fatto che il saccheggio della città
era un atto voluto dal cielo, l’adempimento della profezia di Samuele:
«Roma declinabit vires et carebit ecclesiastico duce et Rex Romanorum
possedebit eam», e di quelle di santa Brigida di Svezia (Cronaca di
Antonio Grumello pavese [1465-1529], a cura di Muller, Milano 1856).
75
rodríguez-villa, Memorias cit., pp. 140 sgg.
76
von pastor, Storia dei papi cit., vol. IV, parte Il, libro III, cap.
3, p. 247. Il vero nome del personaggio era Bartolomeo Carosi. Esiste
una biografia non pubblicata dovuta a Camillo Turci, cfr. orano, Mar-
cello Alberini cit., p. 246 nota 2; g. b. pecci, La Brandaneide, Lucca
1757; picca, Il Sacco di Roma cit., pp. 235 sgg.
77
b. varchi, Storia fiorentina, Colonia 1721, libro X, cap. 18, cita-
to da picca, Il Sacco di Roma cit., p. 122. Secondo lo stesso autore, una
lettera indirizzata al datario Giberti da Venezia, l’11 dicembre 1526,
annunziava il sacco di Roma.
78
Lettere al marchese di Mantova, pubblicate da a. luzio, Isabel-
la d’Este e il Sacco di Roma, Milano 1908, pp. 121-22 (7 maggio) e
124-26 (16 maggio).
79
luzio, Pietro Aretino nei primi suoi anni cit., pp. 8 e 9, Introdu-
zione.
80
r. eisler, The Frontispiece to Sigismondo Fanti’s «Trionfo di For-
tuna», in «Journal of the Warburg and Courtauld Institutes», 10
(1947), pp. 155-59.
81
Un’incisione a guisa di fregio, da un arazzo del secolo xv intito-
lato precisamente l’arazzo di Michelfeldt, descrive in cinque scene il
corso immorale del mondo e il regno dell’ingiustizia. Le tre figure del
professore, del prete e della Provvidenza tengono in equilibrio la ruota
della Fortuna, nella quale le condizioni sono raffigurate da uccelli, men-
tre la volpe (Fuchs) si volge in senso contrario al tempo (Zeit). Cfr.
zschelletschky, Die «drei gottlosen Maler» von Nürberg cit. Questo
non è ritenuto (con ragione, a nostro avviso) opera di Dürer da e.
«Urbis direptio»
Opere d’arte.
Reliquie.
mento più forte che mai anche ai tratti più banali della
devozione.
In pari tempo cominciava a diffondersi la notizia che
le grandi reliquie erano state miracolosamente preser-
vate. I primi rapporti avevano potuto esagerare nella
precisazione di particolari sensazionali. In una lettera
del 21 maggio rivolta da un «messere Urbano» alla
duchessa di Urbino e ricopiata in Sanuto si legge: «Le
sacre reliquie sono state disperse. La Veronica è stata
rubata; la si è passata di mano in mano e in tutte le
taverne di Roma, senza che nessuno se ne indignasse;
un Tedesco ha piantato il ferro della lancia che ha col-
pito il Cristo su di una picca ed è corso attraverso il
Borgo per scherno»62.
Questo forse è giornalismo «a sensazione». Provocò
commenti vivaci di tono ma un po’ imbarazzati di
Valdés e le proteste indignate di Castiglione. Ma a poco
a poco le indicazioni mutarono di segno, e uno dei testi-
moni oculari del sacco, sopravvissuto alle tragiche setti-
mane, Alberini, scrisse, nelle sue memorie (redatte, e
vero, molto più tardi): «La Veronica, la testa di
Sant’Andrea in San Pietro, quelle dei Santi Apostoli
Pietro e Paolo in San Giovanni in Laterano, e l’effigie
miracolosa del Salvatore nel Sancta Sanctorum... non
hanno potuto essere profanate da quelle mani infami».
Si raccontò come i soldatacci sacrileghi che demoli-
rono il tabernacolo delle reliquie al Laterano, fossero
atterriti da rumori insoliti e fuggissero63.
Tutte queste tradizioni furono raccolte in documen-
ti manoscritti utilizzati dall’archivista – archeologo di
San Pietro, Jacopo Grimaldi, nell’opera da lui pubblicata
nel 1621, che segna il punto finale di questa curiosa fac-
cenda. Era il momento in cui il nuovo San Pietro era
appena terminato. Non dobbiamo dimenticare che la
basilica-madre della cristianità era rimasta incompiuta e,
per così dire, sventrata per un buon mezzo secolo. All’e-
Una cosa che non si era ancora mai veduta, era quel
miscuglio internazionale, quell’assalto violento di spa-
gnoli e di tedeschi, quella lunga agonia degli abitanti di
Roma – loro stessi di così varia origine – in una città
disorganizzata, in mano a soldati di ventura, diversissi-
mi per costume, linguaggio, comportamento. Ne risultò
un odio duraturo tra spagnoli e tedeschi72, ma con curio-
se sfumature: «Mali fuere Germani, pejores Itali, Hispa-
ni vero pessimi», scrisse il priore dei canonici di Sant’A-
gostino, Kilian Leib73. Questo apprezzamento è sfuma-
to nell’Historia direptionis: «La rabbia degli Spagnoli fu
più viva e più atroce mentre quella dei Tedeschi più
ignobile nei tormenti inflitti ai preti74. È certo in ragio-
ne di questa voce insistente, e molto verosimilmente,
ben fondata, che il generale dei Francescani, Francisco
Quiñones, parlava dei «capitani di Lutero» e ingiunge-
va all’imperatore, a quanto riferisce Navagero, di disar-
mare le sue truppe per non meritare egli stesso questo
appellativo75. Si riversava perciò sui lanzichenecchi ere-
tici tutto l’obbrobrio del saccheggio e dei sacrilegi. Ma,
per quanto ne conosciamo, nessuna immagine ci è giun-
ta che ne illustri le gesta.
Gli italiani avevano periodicamente esaltato i loro
1
c. prandi, Villa Lante, Roma 1955. p. 4) fig. 2. Dei graffiti del
1527 sono forse esistiti anche negli appartamenti Borgia. r. lanciani,
The Destruction of Ancient Rome, London 1901, cap. XVIII, pp.
222-23, ha segnalato che vi erano «names scratched with a pointed
instrument on the lower surface of the wall... but whether they are the
names of the mercenaries of Charles Vth or of more penciful visitors
of later times I cannot say».
2
Questo testo si trova in g. kirchmair, Denkwürdigkeiten seiner Zeit
(1519-1553). Fontes rerum austriacarum, sez. 7, vol. I, Wien 355, pp. 7
e 8. Un testo analogo è parzialmente citato come proveniente da Seba-
stian Schertlin von Burtenbach, uno dei capitani dei lanzichenecchi, di
janssen, L’Allemagne et la Réforme cit., III, p. 140; e von pastor, Sto-
ria dei papi cit., vol. IV, parte 11, libro II, p. 113. Sulle condizioni del-
l’accordo del 5 giugno, cfr. hook, Sack of Rome cit., pp. 209-10.
3
von pastor, Storia dei papi cit., vol. IV, parte II, libro III, pp.
311-12; hook, The Sack of Rome cit., pp. 226-28.
4
guicciardini, Storia d’Italia cit., XVII (V, pp. 189-90).
5
d. redig de campos, Il nome di Martin Lutero graffito sulla «Dispu-
ta del Sacramento», in «Ecclesia», 6 (1947), pp. 648-49; Un altro graf-
fito del Sacco nelle Stanze di Raffaello, in «Ecclesia», 19 (1960), pp. 552
sgg.; Raffaello nelle Stanze, Milano 1965, pp. 20 sgg.
André Malraux ha sviluppato curiosamente questi temi in un finto
colloquio con Picasso: «Quando il conestabile di Borbone ha preso
Roma, i suoi arcieri hanno scelto come bersaglio la Scuola di Atene.
– Non amavano Raffaello? Già cubisti?
– Per mesi, tutti i personaggi: Platone che era Leonardo da Vinci,
e non so più quale che era Michelangelo, e tutti gli altri, hanno avuto
frecce conficcate negli occhi... Bella scena per un film» (andré mal-
raux, La corde et la souris, Paris 1976, pp. 410-11).
Il graffito sulla parete nord della «Sala della prospettiva» è stato
riprodotto in: La Sala della prospettiva. Storia e restauro, catalogo della
mostra organizzata a Roma, alla Farnesina, nel giugno-luglio 1981, a
45
Scherdin von Burtenbach, capitano dei lanzichenecchi, si vanta
di avere portato via vesti lussuose e 15000 fiorini d’oro puro, e in più
la corda di Giuda. Riguardo a questa «reliquia», cfr. le Mirabilia Romae
cit., p. 129: «vicino all’altare di San Pietro, dove il papa ha consacra-
to l’imperatore, è sospesa la corda di Giuda».
46
g. a. saluzzo di castellar, Memoriale (1482-1528), a cura di
V. Promis, Torino 1869.
47
e. müntz e a. l. frotingham, Il Tesoro della Basilica di San Pie-
tro in Vaticano dal XIII al XV secolo, con una scelta di inventari inediti, in
«Archivio della Reale Società Romana di Storia Patria», 6 (1883), pp.
1-138 (pp. 82 sgg., Inventarium, 1454-55; pp. 99 sgg., Inventarium
sacristie, 1489). x. barbier de montault, Les souterrains et le trésor de
Saint-Pierre à Rome, Roma 1866, dà un’idea delle perdite. Queste sono
commentate da f. m. torriglio, Le sacre grotte vaticane, Roma 16392,
p. 265. Cfr. e. müntz, Ricerche intorno ai lavori archeologici di G. Gri-
maldi, Firenze 1881, p. 445.
48
chastel, La Véronique cit., pp. 71 sgg.
49
rodocanachi, Rome au temps de Jules II cit., p. 98.
50
Lettera di Theodorus Vafer alias Gesscheid, pubblicata da i.
mayerhofer, Zwei Briefe aus Rom aus dem Jahre 1527, in «Historisches
Jahrbuch», 36 (1891), pp. 747 sgg.; h. grisar, Le tombe apostoliche di
Roma, in «Studi e Documenti di Storia e Diritto», 13 (1897), p. 345
nota 40, ha creduto di poter sostenere che la tomba dell’Apostolo non
era stata violata, nonostante la testimonianza citata. j. ruysschaert,
Le Sac de Rome de 1527 et la tombe de Saint Pierre d’après deux notai-
res contemporains, in «Römische Quartalschrift», 58 (1963), pp. 133
sgg. è meno sicuro sulla base di testimonianze complementari.
51
h. grisar, Die römische Kapelle Sancta Sanctorum und ihr Schatz,
Freiburg im Breisgau 1908, p. 24.
52
a. rocca, De particula ex pretioso et vivifico ligno Sacratissimae
Crucis. Roma 1609, citato in f. steinmann, Die Sixtinische Kapelle, Ber-
lin 1921, vol. I, p. 582.
53
panvinius, De praecipuis urbis Romae sanctioribusque basilicis...
Liber cit., p. 192. Sul catalogo delle reliquie dell’oratorio compilato nel
1624 da Lorenzo Bonincontri, segretario della confraternita, cfr. gri-
sar, Die römische Kapelle cit., p. 62.
54
Cfr. il catalogo della mostra Tesori d’arte sacra di Roma e del Lazio
dal Medioevo all’Ottocento, Roma 1975, nota 86.
55
Ibid., n. 100. P. de Sandoval nel 1604 ha segnalato la scoper-
ta di questa reliquia nel villaggio che chiama Calcata nel 1557. Cfr.
Epilogo.
56
o. panciroli, Tesori nascosti dell’alma città di Roma, Roma 1625,
p. 195, ha riferito che il crocifisso dipinto della chiesa di Santo Spiri-
to a Roma (Rione Monti) aveva versato lacrime durante il sacco; inol-
63
Quando chiese ai canonici di San Giovanni in Laterano come
avessero potuto salvare le reliquie degli Apostoli, Leonardo Santoro
ottenne come risposta: «Divinamente i barbari spaventati mentre si
apparecchiavano di abbattere il ciborio, fuggirono via» (santoro, Dei
successi del Sacco di Roma cit., p. 14).
64
Cfr. per l’Inghilterra, j. phillips, The Reformation of Images:
Destruction of Art in England (1535-1660), Berkeley 1973; e per i Paesi
Bassi, d. freedberg, The Problem of Images in Northern Europe and its
Repercussions in the Netherlands, in Hafnia, K°benhavn 1977, pp. 25-45
(con bibliografia sull’iconoclastia nordica).
65
27 giugno 1527, in Letters and Papers Foreign and Domestic of the
Reign of Henry VIII, a cura di J. S. Brewer, London 1872, VOI. IV,
parte II.
66
sanuto, Diarii cit., XLV, col. 436.
67
Questo episodio è ricordato come tipico del comportamento lute-
rano da un polemista antiprotestante, de reamond, Histoire de la nais-
sance... de l’hérésie cit., p. 280: «Dopo che ebbero fatto una stalla per
i cavalli della cappella papale, i luterani rivestiti degli ornamenti eccle-
siastici, scelsero fra loro un lanzichenecco, che tenendo il posto di Lute-
ro fu creato Papa, mentre tutti i soldati alzando la mano gridavano:
Lutero Papa, Lutero Papa».
68
Lebensbeschreibung des berühmten Ritters Sebastian Schertlin von
Burtenbach, a cura di C. S. von Holzschuher, 2 voll., Nürnberg
1777-82.
69
Tutto questo in gregorovius, Storia della città di Roma cit., ed
è essenzialmente tratto dalle narrazioni raccolte da G. Milanesi ne Il
Sacco di Roma del MDXXVII cit.
70
Da un manoscritto della Biblioteca Angelica; schulz, Der Sacco
cit., p. 71.
71
Pubblicato da rodríguez-villa, Memorias cit., pp. 134 sgg. Tra-
duzione parziale in von pastor, Storia dei papi cit., vol. IV, parte II,
libro III, pp. 277-78.
72
Secondo canovas del castillo, Del asalto y saqueo de Roma...
cit., l’odio che ne è risultato durò fino al secolo xvii.
73
La frase proviene dal giurista Fabius Arcas de Narnia, citato da
Kilian Leib nella sua cronaca pubblicata da j. döllinger, Beiträge zur
Politischen, Kirchlichen und Kulturgeschichte der letzten sechs Jahrhun-
derte, Regensburg 1862, vol. II, p. 512.
74
Direptio expugnatae urbis Romae... cit., p. 108.
75
Secondo una lettera del 27 luglio indirizzata da Navagero al doge
di Venezia (brown, Calendar of State Papers cit., vol. IV, pp. 76-78), ci
si è talvolta interrogati su una collusione possibile fra il conestabile di
Borbone e Zwingli: f. de boni, Gli eserciti stranieri in Roma nell’anno
1527, in «Il Politecnico» serie II, vol. 47 (1860), pp. 405 sgg.
76
Cfr. a. venturi, Storia dell’arte italiana, X: La scultura del Cin-
quecento, parte II, Milano 1936, pp. 207 sgg.
77
Carlo V aveva chiesto a Filiberto di Chalon, principe di Oran-
ge, di curarsi di fare erigere per il conestabile una tomba «trionfale» a
Milano o a Napoli (lettera da Valladolid, 30 giugno 1527, pubblicata
da r. ulysse, Philibert de Chalon, prince d’Orange (1502-1530). Lettres
et documents, in «Boletin de la Real Academia de la Historia», 39
[1901], n. 71). Si era dapprima pensato a Milano: cfr. il rapporto (cita-
to) dall’abate di Naiera, il 27 maggio 1527 (rodríguez-villa, Memo-
rias cit., p. 139), ma finalmente l’esercito imperiale, lasciando Roma,
portò i resti del conestabile a Gaeta. Cfr. a. lebey, Le Connétable de
Bourbon (1490-1527), Paris 1904, pp. 442 sgg. Questi riposò dappri-
ma sotto un mausoleo innalzato nella cappella del castello. Nel 1562,
essendo stato scomunicato il conestabile, il Concilio di Trento ne
ordinò l’esumazione e il corpo fu collocato all’esterno della cappella,
dove parecchi viaggiatori poterono vederlo nel corso dei secoli xvi, xvii
e xviii. Il castello di Gaeta fu distrutto nel 1860.
78
Si veda la serie dei disegni e incisioni di Urs Graf in h. koegler,
Urs Graf, Basel 1947; e. major e e. gradman, Urs Graf, Basel s.d. Su Nico-
las Manuel, c. a. beerli, Le peintre poète Nicolas Manuel et l’évolution socia-
le de son temps, Genève 1953, cap. v: Le guerrier, mythe et réalité.
Il lanzichenecco tedesco, copiato dal fantaccino svizzero, appare
nel Corteo trionfale di Massimiliano (H. Burgkmair, Dürer e altri, verso
il 6-18, pubblicato nel 1526), dove guida e accompagna i carri. Nel
1520, Barthel Beham incise una serie di lanzichenecchi in maniera
comica; Cfr. zschelletschky, Die «drei Gottlosen Maler» von Nürn-
berg cit., p. 315.
La migliore raffigurazione dei lanzichenecchi è senza dubbio il pic-
colo pannello in grisaglia firmato Bruegel, datato 1568 (?), se si fosse
certi della sua origine e del suo autore. Probabilmente è un frammen-
to ritagliato da, o uno dei pezzi di, un insieme che fisserebbe un signi-
ficato complessivo a questo gruppo del porta-stendardo, tamburino e
pifferaio, tutti e tre in azione, nel costume tipico dei mercenari, molto
simile all’incisione di Barthel Beham (1525): Coli. Frick, New York,
pannello di quercia: cm 20,3 x 17,8, firmato e datato in basso a sini-
stra. Nella data manca la L che s’impone. L’opera è segnalata nella col-
lezione di Carlo I nel 1639. Cfr. il catalogo della Frick Collection, New
York 1968, vol. I, pp. 142 sgg.
79
w. scheidig, Holzschnitte des Petrarca-Meisters, Berlin 1955, p. 72.
80
w. berenson, Italian Pictures of the Renaissance. Central and
North-Italian Schools, London 1968, tav. 994.
81
Cfr. cap. vi.
82
torrigio, Le sacre grotte vaticane cit., p. 262. L’autore rimanda
a Giovanni Battista del Tuso nella Historia dei chierici regulari, cap. 18.
L’esoterismo ghibellino.
La fine dell’Italia.
L’intervento di Erasmo.
Adriano VI.
Archeologia e paganizzazione.
1
Cfr. cap. ii.
2
La fonte è un opuscolo tedesco, Auslegung Peter Creutzers... über
den erschröcklichen Cometen..., s.l.s.d.; combinato con un opuscolo
francese, La terrible et espouventable comete laquelle apparut le XI. Doc-
tobre Lan MCCCCC XX VII en Vuestrie region Dalemaigne..., s.l.s.d. (indi-
cazioni fornite da Anne-Marie Lecoq).
3
plinio, Nat. hist., I. xxii. warburg, Heidnisch-antike Weissagung
cit., p. 533, ha notato che Melantone si spaventò nel 1531 per l’appa-
rizione «in occasu solstitiali» di una cometa di questo tipo.
4
[«Piagnoni» erano chiamati i seguaci del Savonarola, che piange-
vano la condizione della Chiesa].
5
Cfr. r. ridolfi, Vita di Girolamo Savonarola, Roma 1952, vol. I,
pp. 73-75; d. weinstein, Savonarola and Florence. Prophecy and Patrio-
tism in the Renaissance, Princeton 1970, capp. iii-iv. Sulla medaglia di
Savonarola con la mano del Signore che brandisce la spada, cfr. g. f.
18
«Urbem Romam caput feceram: quae beneficii oblita nulli pec-
cando cedit: ego quoad licuit defendi: per multorum voces territavi: exci-
dium minata: mutare mores: resipiscere: ad sanitatem redire: hortata
sum. Quia minas facta secuta sunt: manum adduxi tuam cum Borbonio:
Urbem expugnavi diripui: caede sanguine incendiis complevi. Tot sup-
plicia: tot plagas tantum calamitatum invexi: ut quamquam ipsa facerem:
ipsa a tam crudeli spectaculo abborream Tantum miseriarum cumulum
miserata: iussi, ut scis, te Urbi parcere: clausos liberare: revocare exer-
citum: praesidia arcesque restituere: Italiam petere: hostibus pacem dare:
meis sacerdotibus tantum honorum tribuere: quantum nunquam fuerat
antea tributum. Reduco in Urbem expecto ob suscepta illinc vulnera:
hinc honores: utramque agnovisse manum dei laevam cum Borbonio dila-
cerantem, destram per te Bo(r)boniae complexantem: sublevantem: resti-
tuentem. Video actum nihil: medicinam non modo non sanasse: sed ad
maiorem peccandi licentiam: audendi petulantiam: habendi cupidita-
tem: famem rabiem irritasse: volui iterato commonefacere: feci impetum
prius ferro atque igne per Borbonium: nunc illuvie: aquisque per Tybe-
rum qui insolito incremento omnia complevit annonam rapuit: domos
evertit: atque adeo afflixit: ut plerique iudicaverunt barbaro externo Bor-
bonio Thuscum Tyberim fuisse crudeliorem: At nec sic quidem quicquam
profeci. Nunc certum est ultra non parcere: morbum medici manum refu-
gientem: immanium hostium falce resecare: antiqua evertere: nova
instaurare» (egidio da viterbo, Scechina cit., p. 105).
19
Ibid., p. 116.
* [«Ho fatto intervenire la tua mano col Borbone»].
20
g. casio de’ medici, Canzon’ove si narra la strage e il sacco di Roma,
diritiva al Catolico Re di Spagna e dei Romani…, [Roma 1529], 21 stro-
fe di 11 versi.
21
Al seguito di v. luciani, Francesco Guicciardini e la fortuna delle
opere sua, Firenze 1944; diez del corral, La monarquia hispanica cit.,
ha sottolineato quanto siamo debitori alla relazione e all’analisi dei fatti
date da Guicciardini.
22
Cfr. r. ridolfi, Vita di Francesco Guicciardini, Roma 1960.
23
vasari, Le vite cit., VI, p. 205: «[fece] a messer Francesco Guic-
ciardini che allora, essendo tornato da Bologna, si stava in villa a Mon-
tici scrivendo la sua storia, il ritratto di lui, che somigliò assai ragio-
nevolmente e piacque molto».
Fondo porpora; blasone dei Guicciardini sul seggiolone, su un libro
in mano allo storico si legge: «Io ho deliberato di scrivere le cose acca-
dute alla | memoria n[ostr]a in Italia». Yale Art Gallery (45 V4 x 33
318). Cfr. c. seymour, The Rabinowitz Collection of European Pain-
tings, New Haven 1961, pp. 30-31.
24
f. gilbert, Machiavelli and Guicciardini, Princeton 1965, cap.
VII, p. 271.
25
r. ramat, Il Guicciardini e la tragedia d’Italia, Firenze 1953; m.
santoro, Fortuna, Ragione e Prudenza nella civiltà letteraria del Cinque-
cento, Napoli 1967, pp. 290 sgg.
26
Ricordi autobiografici e di famiglia, in Opere inedite, a cura di G.
Canestrini, Firenze 1857, vol. X, p. 436.
27
f. guicciardini, Consolatoria, fatta di settembre 1527 a Finocchie-
to, tempore pestis cit., pp. 165 sgg.
28
m. guglielminetti, Memoria e scrittura. L’autobiografia da Dante
a Cellini, Torino 1977, pp. 286 sgg.
29
Cfr. le notevoli analisi di diez del corral, Maquiavelo y Guic-
ciardini, in La monarquia hispanica cit.
30
«Quanto s’ingannano coloro che a ogni parola allegano i Roma-
ni!» Ricordi cit., vol. X, p. 121 nota 110. Vedi anche santoro, Dei
successi del Sacco cit., p. 275 nota 2; d. cantimori, Francesco Guic-
ciardini, in Storia della letteratura italiana, IV: Il Cinquecento, Milano
1966, pp. 102 sgg.
31
gilbert, Machiavelli e Guicciardini cit., p. 288; r. ridolfi, Gene-
si della «Storia d’Italia» guicciardiniana, in «La Bibliofilia», 40 (1938),
pp. 369 sgg., ha potuto stabilire, dall’esame di una prima stesura, che
Guicciardini ha incominciato la sua opera da quello che è diventato il
libro XVI, che tratta della battaglia di Pavia, della formazione della
Lega di Cognac, e del sacco. Egli è andato diritto agli «anni terribili»
che lo esortarono a intraprendere l’opera.
32
Ricordi cit., vol. X, p. 130 nota 161.
33
e. pontieri, Gli ultimi ambiti della indipendenza italiana, in Nei
tempi grigi della storia d’Italia, Napoli 1949, con le note limitative di
cantimori, Italy and the Papacy cit., p. 274.
34
Dopo le considerazioni di f. chabod, Y a-t-il un État de la Renais-
sance?, in «Actes du Colloque sur la Renaissance», Paris 1958, pp.
57–74, seguiamo lo studio di hook, The Destruction ol the New Itatia
cit., pp. 25 sgg.
35
«Io confesso essere proprio ufficio del papa la cura spirituale; e
dico di più, che molto maggiore e più potente farebbe uno pontefice
la autorità spirituale che tutta la temporale che lui potessi avere; e che
il dimettere le cose temporali lo farebbe più grande, più reverendo nel
cospetto di tutta la cristianità. Ma poiché il mondo è pieno di malignità,
chi dubita che se uno pontefice non aiutasse le cose sue con ogni spe-
cie di armi o di potenza, che sarebbe annichilato non manco nello spi-
rituale che nel temporale» (Discorsi politici, I, p. 389, citato da gre-
gorovius, Storia della città di Roma cit.).
36
Ioannis Pierii Valeriani Bellunensis de litteratorum infelicitate libri
duo. Ejusdem Bellunensia. Nunc primum e Bibliotheca Lolliniana in lucem
edita, Venezia 1620, 1. 1, p. 7 (Laurentius Grana): «... sed, bone
Deus, cum primum coepi Philosophos, Oratores, Poetas, Graecarum
del giovedì santo; Ciceronianus cit., p. 57; poiché Erasmo non nomina
l’oratore, si suppone che si tratti di Tommaso Fedra Inghirami, di cui
parla altrove come del predicatore «ciceroniano» più in voga a Roma,
insieme a Giulio Camillo.
65
«Si quis argumentum rapti Ganymedis eleganter constructum
opere musaico dissolvat et iisdem tessellis aliter concinnatis exprime-
re conetur Gabrielem coelesteque nuntium adferentem Virgini Naza-
renae, nonne durum parumque felix opus nascetur ex optimis quidem
tessellis sed minus argumento congruentibus» (Ciceronianus cit., p.
409). Questo passo basta a dimostrare che la polemica di Erasmo non
si limita ai testi letterari.
Come lo ha notato bene panofsky, Erasmus and the Visual Arts cit.,
pp. 205 sgg., Erasmo, nella sua preoccupazione di moralista «evange-
lico», attento a quel che succede «magis in moribus quam in parieti-
bus», è ugualmente ostile ai particolari realistici, al lusso delle forme,
ai modelli antichi, in breve a tutto ciò che allora poteva importare agli
artisti.
Sul problema delle tombe, cfr. la risposta di Alberto Pio, citata in
g. scavizzi, La teologia cattolica e le immagini durante il XVI secolo, in
«Storia dell’Arte», 21 (1974), p. 200.
66
De partu Virginis, a cura di A. Altamura, Napoli 1948.
67
«Gratulamur tibi quod tantum unus praestes quantum antea
nemo: Ecclesiae... nostro saeculo... nobis denique ipsis, quibus immi-
nente hinc Goliade armato, hinc Saule a furiis agitato, affuerit pius
David illud funda a temeritate, hunc lyra a furore compescens».
Questo testo è stato pubblicato come premessa all’edizione dei
Poemata di Sannazaro, Roma 1793, pp. xliii-iv. È citato da dacos, Le
loge cit., pp. 69-7o e nota 196.
68
«Io non so se sia più reprensibile, essendo cristiano, trattare in
modo profano soggetti profani non dando a vedere di essere cristiano,
oppure trattare al modo pagano soggetti cristiani» («Haud scio utrum
sit magis reprehendem, si christianus, prophana tractet prophane, chri-
stianum se esse dissimulans, an si materias christianas tractet pagani-
ce») (Ciceronianus, ed. Amsterdarn 1966, vol. I, p. 701).
69
Ciceronianus, ed. Leida, I, col. 1020; citato da renaudet, Etudes
érasmiennes cit., p. 102; dacos, Le loge cit., p. 7o nota 197.
70
Elogio della pazzia, cap. 43. Nel vivo della disputa «ciceroniana»,
Erasmo non esitò a dichiarare che in fatto di «litterae», non doveva
nulla all’Italia, Apologia brevis ad XXIV libros Alberti Pii, in Opera omnia,
Leiden 1706, vol. IX, coll. 1123-96.
71
Lettera del 13 marzo 1527 a erasmo, in Letters cit., VI, pp. 471-
75, n. 1791 (bataillon, Erasme et l’Espagne cit., p. 249, non vi fa che
una breve allusione); n. 1875 «Fervet illic paganesimus quorumdam
quivis nihil placet nisi ciceronianum».
72
Gli storici più antichi si sono molto affannati per fare di Erasmo
un ammiratore dell’arte moderna. j. d. passavant, Rafael von Urbino
und sein Vater Giovanni Santi, Leipzig 1839, ha immaginato ingenua-
mente una visita guidata da Inghirami nella bottega di Raffaello.
Disgraziatamente, tutto ciò che Erasmo ricordava è il sermone di
Inghirami del giovedì santo del 1509. Di fatto, r. giese, in Erasmus and
the Fine Arts, in «The Journal of Modern History», settembre 1935,
p. 273, ha bene osservato che se Erasmo non parla degli edifici, delle
pitture, dei capolavori dell’arte italiana, dipende dal fatto che non l’in-
teressano e che non ha nulla da dirne.
73
Lo studio che E. Panofsky ha fatto dell’elogio di Erasmo a Dürer:
«Nebulae in pariete»; Notes on Erasmus’ Eulogy on Dürer, in «Journal
of the Warburg and Courtauld Institutes», 14 (1951), pp. 34-41, e del-
l’atteggiamento di Erasmo verso le arti: Erasmus and the Visual Arts cit.,
xxxii (1969), pp. 200 sgg., dimostra finalmente l’importanza seconda-
ria e puramente occasionale delle osservazioni dell’umanista. Se è vero
che egli abbia disegnato e dipinto, come si è supposto, questa espe-
rienza ha solo confermato la sua opinione sull’interesse mediocre delle
arti visive in confronto alle lettere, debitamente presentate, nell’ago-
sto 1518 a Amerbach, come le sole degne di attenzione. La pittura e
l’incisione sono ausiliari poco sicuri del pensiero morale, che solo può
essere espresso con il discorso scritto. Le distruzioni iconoclaste di Basi-
lea nel 1529 lo indignano soltanto per l’orrore della violenza e degli
eccessi (renaudet, Etudes érasmiennes cit., p. 356). È soprattutto per
Erasmo l’occasione di sottolineare che quelle statue di santi e quei cro-
cifissi non sono state in grado di produrre un miracolo.
74
Il pensiero fisso di Erasmo è il valore esclusivo, insostituibile, del-
l’uomo interiore (Enchiridion, 1503, cap. iv: De homine exteriore et inte-
riore). L’uomo interiore non si esprime realmente che con il linguaggio,
che merita tanto più tutta l’attenzione in quanto la verità fu rivelata dalle
Scritture. Il resto non conta. Cfr. d. marsh, Erasmus on Body and Soul,
in «Journal of the History of Ideas», ottobre–dicembre 1976, pp. 976 sgg.
75
Ciceronianus cit., pp. 102 Sgg.: «Istius generis pictor quidam
nuper risui nobis fuit».
76
Alberto, nello spirito del Rinascimento italiano, aveva trasfor-
mato il suo castello, rifatto la cattedrale di Carpi sul modello di San
Pietro, lavorato con i maestri. Cfr. vasari, Le vite cit., IV, 264. m. p.
gilmore, Erasmus and Alberto Pio, Prince of Carpi, in Action and Con-
viction in Early Modern Europe, Princeton 1969, pp. 299-318.
77
Citato da bataillon, Erasme et l’Espagne cit., p. 380.
78
r. carande, El sorprendido y sorprendente Adriano VI, papa, in
Homenaje a Johannes Vincke, Madrid 1963, vol. II, pp. 1 sgg.
79
Su Adriano VI cfr. Adrien VI. Le Ier pape de la Contre-Réforme. Sa
personnalité, sa carrière, son oeuvre, Louvain 1959, con bibliografia.
90
r. weiss, Andrea Fulvio antiquario romano, in «Annali Scuola Nor-
male Superiore di Pisa», 18 (1969), pp. 1-2.
* [«Tu restituirai nel suo corpo Roma fatta a brandelli»].
91
Su Marco Fabio Calvo, cfr. lanciani, La pianta di Roma antica
cit., p. 240; a. jammes, Un chef-d’oeuvre méconnu d’Arrighi Vicentino,
in Studia bibliografica in honorem de la Fontaine Verwey, Amsterdam
[19651, pp. 297-316; p. n. pagliara, La Roma antica di Fabio Calvo.
Note sulla cultura antiquaria e architettonica, in «Psicon», 8-9 (1976),
pp. 65-87.
92
valeriano, De litteratorum infelicitate cit., p. 81.
Lo stile clementino
riche: il nero sul nero che rivaleggia con il grigio sul gri-
gio dell’opera più antica, la barba di colore nero lucen-
te rispetto all’altra, rada e bionda, lo sguardo sensibile
del teologo e l’occhio sfrontato del libellista che s’im-
poneva a Clemente tanto da provocarne il patronato e
che ostentava la duplice capacita di satirico e di adula-
tore. Su tutti i piani, il ritratto eseguito da Sebastiano
mostra un grado di sofisticazione più alto.
Nella Flagellazione di San Pietro in Montorio (1525),
nella Sacra Famiglia di Burgos (1526-27), la maniera
superaffinata di Sebastiano si appesantisce. Ma se tenia-
mo conto degli antecedenti dei suoi toni cupi, delle esi-
genze monumentali del suo disegno, quello stile appare
allora trattenuto fino all’artificio: nobile, ma un po’
vuoto, già, come si è detto, classicheggiante24, predi-
sposto dalla volontà piú che dalla convinzione. Donde
le grandi riuscite nel ritratto di quello stile interamente
controllato, quando dipinge la distinzione aristocratica
di Clemente o l’autorevolezza dell’ammiraglio Doria.
Nel gruppo di pittori che diventava così solidale
intorno al 1525, Rosso Fiorentino (nato nel 1495) era il
più vecchio, Francesco Mazzola, con i suoi ventidue
anni, il più giovane; gli altri due, Perino e Polidoro,
erano sui venticinque anni. Circostanze di ogni specie
sembravano riunite per ripetere, su un modulo più raf-
finato, più «esteta», quello spirito di rivalità che aveva
stimolato così fortemente a Roma, vent’anni prima, l’ar-
te e la cultura. Quegli artisti non erano modesti artigia-
ni, ma personalità brillanti e colte. Rosso era «dotato di
bellissima presenza: il modo del parlar suo era molto gra-
zioso e grave, era bonissimo musico ed aveva ottimi ter-
mini di filosofia». Quanto a Francesco Mazzola, era la
seduzione stessa con la sua bella fisionomia, e per cita-
re ancora Vasari, «...aveva il volto e l’aspetto grazioso
molto e piuttosto d’angelo che d’uomo...»; rampollo di
una famiglia di elevato grado sociale, fu allevato dagli
L’incisione.
più avea saputo ed operato egli con l’intaglio che Baccio col
disegno; e così il papa lo commendò molto, e lo vide poi
sempre volentieri37.
Le sciagure.
Il rifugio veneziano.
1
p. giovio, Ragionamento sopra i moti e disegni d’arme e d’amore...,
Venezia 1556, p. 33. Più recentemente ferry, «Candor illaesus», cit.,
pp. 676 sgg.
2
Tre medaglie, riprodotte in bonannus, Numismata Pontificum
Romanorum, Roma 1960, XII, XIII e XIV, e commentate alle pp.
195 e 196, riproducono questa impresa: su una di queste versioni la
tiara appare al di sopra della pila medicea. Bonannus cita Tipotius:
«Voluit Clemens integritatem suam ab injuriis Fortunae et hominum
vindicare, incendium Urbis quod in arbore apparet, majori vi quam
humanae tribuens et invidia qua illa flagrabat se esse superiorem in
lucida imagine ostendens». Ercole Tasso vi scorse un atto di vanità
orgogliosa.
3
Come ha ricordato w. hecksher, Emblem, Emblembuch, in Real-
lexicon zur deutschen Kunstgeschichte, vol. V (1967), col. 142.
4
Se si fa l’accostamento con i disegni ben noti di Leonardo che obbe-
discono al medesimo schema generale: centro solare, raggi rifratti, ogget-
to incendiato, si discernono tre fenomeni: l’attraversamento a sfera di
cristallo, la concentrazione dei raggi su un punto di combustione, la dif-
frazione dello spettro in colori primari. Candor illesus sottolinea il fatto
che il vetro rimane intatto, mentre i rami s’infiammano e – secondo Gio-
vio – accentua l’immunità del bianco: le cose candidissime. Come al soli-
to si ha a che fare con tutto un prisma di concetti.
5
Sulle grandi speranze fondate sul pontificato di Clemente VII, cfr.
von pastor, Storia dei papi cit., vol. IV, parte Il, libro III, pp. 159-61.
6
Le lettere di Michelangelo Buonarroti, a cura di G. Milanesi, Firen-
ze 1875, p. 123, n. ccclxxx, lettera del novembre 1523.
7
cellini, La vita cit., cap. xxiii. È allora che Benvenuto fu pre-
sentato al papa (verso il 1523-24).
8
p. bembo, Prose della volgar lingua, a cura di C. Dionisotti, in P.
Bembo, Prose e rime, Torino 1971, pp. 39 sgg.; m. vitale, La questio-
ne della lingua, Palermo 1960; f. foffano, Prose filologiche. La questione
della lingua, Firenze 1908; ried. Firenze 1961.
9
j. shearman, Mannerism, Harmondsworth 1967, pp. 38-39.
10
f. berni, Poesie e prose, a cura di E. Chiorboli, Firenze 1934,
p. 283.
11
[Non perché sapesse suonare la lira; secondo la leggenda, il suono
della sua lira teneva insieme le pietre delle mura di Tebe].
12
Cfr. von pastor, Storia dei papi cit., vol. IV, parte II, libro III,
p. 161, che cita la lettera di Albergati, da Roma del 7 dicembre 1523:
«Tutta Firenze concorre qua».
13
La vita cit., cap. 26, dove Cellini fornisce il quadro della «dolce
vita» degli artisti: banchetti, balli mascherati, galanterie...
14
vasari, Le vite, cit., V, pp. 603-4.
15
Ibid., p. 600. Cfr. a. popham, On Some Works by Perino del Vaga,
in «The Burlington Magazine», 86 (1945), pp. 56 sgg.; a. griseri, Peri-
no, Machuca, Campaña, in «Paragone», n. 87 (1957), pp. 13-21; freed-
berg, Painting in Italy cit., pp. 140-41; più recentemente: j. shearman,
An Episode in the History of Conservation: the Fragments of Perino’s
Altarpiece from S. Maria sopra Minerva, in Scritti di storia dell’arte in onore
di Ugo Procacci, Milano 1977, vol. II, pp. 356 sgg.
16
c. de tolnay, The Medici Chapel, Princeton 1948, p. 9.
17
freedberg, Painting in Italy cit., pp. 114-15.
18
vasari, Le vite cit., VI, p. 10. Questo passo ha attirato l’atten-
zione di briganti, Manierismo cit.; e freedberg, Painting in Italy cit.,
p. 319.
19
vasari, Le vite cit., V, p. 222.
20
cellini, La vita cit., cap. xxx: «Di già era quasi cessata la peste,
di modo che quelli che si ritrovavano vivi molto allegramente l’un l’al-
tro si carezzavano. Di questo ne nacque una compagnia di pittori, scul-
tori, orefici, li meglio che fussino in Roma; ed il fondatore di questa
compagnia si fu uno scultore domandato Michelagnolo. Questo Miche-
lagnolo era Sanese...».
21
vasari, Le vite cit., VI, pp. 10 sgg. Lappoli dipinse tuttavia una
Madonna per Clemente, su ordinazione di Valdambrini. Cfr. anche
freedberg, Painting in Italy cit., pp. 64 sgg. e 319-20.
22
«Essendo poi creato pontefice Giulio cardinal de’ Medici che fu
chiamato Clemente settimo, fece intendere a Sebastiano per il vesco-
vo di Vasone [Girolamo da Schio, vescovo di Vaison] ch’era venuto il
tempo di fargli bene e che se n’avederebbe all’occasione» (vasari, Le
vite cit., V, p. 575).
23
Ibid., pp. 575-76. Quanto di questo ritratto rimane è così rovi-
nato che non si può dire se si tratti di una copia o dell’originale (Arez-
zo, Palazzo del Comune). Cfr. pallucchini, Sebastian Viniziano cit.,
p. 65 e tav. 64.
24
pallucchini, Sebastian Viniziano cit., pp. 58 sgg. Sulla qualifica
dello stile: freedberg, Painting in Italy cit., p. 150. In attesa della pub-
blicazione dell’opera su Sebastiano, cfr. gli studi di m. hirst, tra i quali
Sebastiano’s Pietà for the Commendador Mayor, in «The Burlington
Magazine», 114 (1972), pp. 585 sgg.
25
vasari, Le vite cit., V, pp. 155, 218-19, 221-22. Cfr. il catalogo
della mostra Le triomphe du Maniérisme européen, Amsterdam 1955, n.
88 (con bibliografia). Offerto al papa, il ritratto fu da questi donato all’A-
retino e passò poi all’incisore Valerio Belli che lo vendette nel 1560 allo
scultore Vittoria. Nel 1608 costui lo donò all’Imperatore Rodolfo II.
26
Su questo problema cronologico fondamentale, cfr. m. brugno-
li, Gli affreschi di Perino del Vaga nella Cappella Pucci, in «Bollettino
d’Arte», 47 (1962), pp. 327350; b. davidson, Early Drawings by Peri-
no del Vaga, in «Master Drawings», 1 (1963), n. 3, p. 14; freedberg,
Painting in Itaty cit., p. 150 e nota 57, p. 487.
27
vasari, Le vite cit., V, p. 611: «Talmente andò in lungo questa
pratica che l’anno 1527 venne la rovina di Roma che fu messa quella
città a sacco».
28
Ibid., VI, p. 150: «Mentre che Roma ridendo si abbelliva delle
fatiche loro». Questa frase sembra fare eco al passo sulla miniatura,
citato da Vasari stesso nella vita di Giotto.
29
Più di recente marabottini, Polidoro da Caravaggio cit., I, cap.
xi, pp. 102-35, e catalogo pp. 351-76.
30
freedberg, Painting in Italy cit., p. 146.
31
g. p. lomazzo, Idea del Tempio della Pittura (1590), a cura di R.
Klein, Firenze 1974, vol. 1, p. 1131.
32
marabottini, Polidoro da Caravaggio, I, pp. 99, 135-49; r. a. tur-
ner, Two Landscapes in Renaissance Rome, in «The Art Bulletin», 43
(1961), pp. 275-87.
33
[In scavi romani quali ad esempio la Domus Aurea di Nerone,
dove gli allievi di Raffaello andavano a studiare le pitture parietali, note
più tardi con il nome di «grottesche»].
34
Cfr. m. pittaluga, L’incisione italiana del Cinquecento, Milano
[1930].
35
[Marcantonio incise sedici tavole dei disegni pornografici di Giu-
lio Romano sulle posizioni sessuali, destinati a illustrare i Sonetti lus-
suriosi dell’Aretino].
36
vasari, Le vite cit., V, p. 418. Marcantonio fu rapidamente libe-
rato per le istanze del cardinale Ippolito de’ Medici e di Baccio Ban-
dinelli.
37
Ibid.
38
B. 104, Museo di Providence. Il disegno di Bandinelli, al Lou-
vre, Inv. 99. Cfr. b. f. davidson, Marcantonio’s Martyrdom of S. Loren-
zo, in «Bulletin Rhode Island School of Design», 47 (1960-61), pp. 1-6;
m. g. ciardi-dupré, Per la cronologia dei disegni di Baccio Bandinelli fino
al 1540, in «Commentari», 17 (1966), pp. 146 sgg. Vedi anche il cata-
logo Italienische Zeichnungen, München 1977, n. 5.
39
Dal 1524 al 1527 Caraglio lavorò anche per il Parmigianino; cfr.
a. e. popham, Catalogue of Drawings by Parmigianino, New Haven
1971, pp. 11-12. Sulle sue relazioni con Ugo da Carpi, ibid., I, pp.
12-17.
40
Si tratta di mettere d’accordo le due affermazioni di Vasari: 1)
nella Vita di Marcantonio, V, p. 425: «Avendo poi il Baviera fatto dise-
gnare al Rosso per un libro venti Dei posti in certe nicchie con i loro
instrumenti, furono da Gian Jacopo Caraglio intagliati con bella gra-
zia e maniera, e non molto dopo le loro trasformazioni. Ma di queste
non fece il disegno il Rosso se non di due, perché venuto col Baviera
in differenza, esso Baviera ne fece fare dieci a Perino del Vaga; le due
del Rosso furono il ratto di Proserpina e Fillarre trasformato in caval-
lo [in realtà Saturno e Filira]»; 2) nella Vita di Perino, p. 611: «[duran-
te il sacco] fra tanti il Baviera che teneva le stampe di Raffaello, non
aveva perso molto, onde per l’amicizia ch’egli aveva con Perino, per
intrattenerlo gli fece disegnare una parte d’Istorie, quando gli dei si tra-
sformano per conseguire i fini de’ loro amori. I quali furono intagliati
in rame da Jacopo Caraglio eccelente intagliatore di stampe».
La serie degli Dei: B. 24-43, tra cui Saturno, 1526, firmato «Jaco-
bus Caralius Veronensis»; la serie degli Amori degli Dei: B. 9-23. Il dise-
gno di Perino per Vertumno e Pomona è conservato al British Museum.
41
vasari, Le vite cit., V, p. 414.
42 l. servolini, Ugo da Carpi, Firenze 1977, p. 10.
43
Sul Cristo Morto, cfr. j. shearman, The «Dead Christ» by Rosso
Fiorentino, in «Boston Museum Bulletin», 64 (1966), pp. 148-72.
44
w. friedlander, Die Entstehung des antiklassischen Stiles in der ita-
lienischen Malerei um 1520, 1925.
45
È necessario supporre che «Rosso avrebbe dato un disegno del
suo album a Francesco con il permesso di rielaborarlo per Baviera»?
(s. freedberg, Parmigianino, His Works in Painting, Cambridge [Mass.]
1950, p. 65).
46
a. chastel, «L’aria»: théorie du milieu à la Renaissance, 1973,
ristampato in Fables, Formes, Figures cit., p. 395.
47
m. hirst, Rosso, a Document and a Drawing, in «The Burlington
Magazine», 106 (1964), pp. 120 sgg.; freedberg, Painting in Italy cit.,
p. 130.
48
Pertanto è difficile vedere in Eliézer e Rebecca e Le figlie di Jetro,
opere romane, come propone brugnoli, Gli affreschi di Perino del Vaga
cit., e come rifiuta di fare, giudiziosamente a nostro avviso, hirst,
Rosso cit.
49
Non possiamo che riprendere, riassumere e confermare a modo
nostro le indicazioni di j. shearman, «Maniera» as an Aesthetic Ideal,
in «Studies in Western Art. Acts of the XXth International Congress
of the History of Art», 1961, Princeton 1963, pp. 200 sgg., ristam-
pato in Renaissance Art, a cura di C. Gilbert, New York 1970, pp. 182
sgg., in particolare: «If the germ of Mannerism exists in the High
Renaissance and the seeds were sown in the second decade, the vital
place of its growth is in Rome between the death of Raphael and the
Sack» (p. 203).
50
Secondo l’eccellente osservazione di hartt, Power and the Indi-
vidual cit., p. 229.
51
freedberg, Painting in Italy cit., p. 131.
52
a. chastel, Les «ignudi» de Michel-Ange, 1975, in Fables, Formes,
Figures cit., pp. 273 sgg.
53
c. gould, The Sixteenth Century Italian Schools, London 1962, pp.
131 899. Si può ammettere che sia stato l’andamento del suo raccon-
to a indurre Vasari (Le vite cit., V, p. 225) a dichiarare l’opera incom-
piuta. L’edizione del 155o cita Lorenzo Cibo come «committente»;
quella del 1568 rettifica parlando del ritratto di Cibo e dell’ordinazio-
ne della Nostra Donna in aria fatta da Maria Bufolini, il che concorda
con la presenza dell’opera nella famiglia Bufolini nel xviii secolo.
54
Museo di Dresda. L’opera ha molto sofferto. La data general-
mente accettata è il 1525, avendo Anselmi tratto partito dalla compo-
sizione nella cattedrale di Parma nel 1526. Cfr. a. c. quintavalle, L’o-
pera completa del Correggio, Milano 1970.
55
freedberg, Parmigianino cit., p. 74.
56
meiss, Painting in Florence and Siena cit.
57
cellini, La vita cit., 1, capp. xxxiv-xxxviii.
58
raffaello da montelupo, La vita, a cura di G. Gaye, 1840, n.
cccclxiii, pp. 581-598.
59
Nell’orazione funebre di Luca Longhi di Ravenna (1580), V. Car-
rari parla di Marco Dente «intagliatore di meravigliosa, anzi unica
eccellenza…, ammazzato, con gran perdita di quest’arte, nel Sacco di
Roma». Citato da a. petrucci, Una vittima del Sacco di Roma, in «Il
Messaggero», 17 marzo 1959, p. 3.
60
vasari, Le vite cit., V, pp. 150-162. Sul viaggio a Napoli di Poli-
doro, cfr. marabottini, Polidoro da Caravaggio cit., pp. 149-50.
61
Peruzzi era da più di vent’anni a Roma. Aveva ricevuto nel 1520
l’incarico di dirigere i lavori di San Pietro, che procedevano sempre a
rilento. Era stato lui ad organizzare l’apparato dell’incoronazione del
1524. Non se la cavò molto bene, riferisce Vasari (ibid., IV, pp. 601-2):
«Quando sopravvenne l’orrendo sacco di Roma, il povero Balthazar
rimase prigioniero degli spagnoli: non perdette soltanto tutti i suoi beni
ma inoltre subì molti cattivi trattamenti perché, siccome aveva un
aspetto imponente, nobile ed elegante, lo credevano qualche prelato tra-
vestito o un personaggio adatto a pagare una grossissima taglia. Dopo
che quei barbari empi ebbero finalmente scoperto che era soltanto un
pittore, uno di essi, molto legato a Borbone, gli fece fare il ritratto di
quello scellerato capitano, nemico di Dio e degli uomini, sia che gli
abbia fatto vedere il cadavere, sia che glielo abbia descritto con dise-
gni e parole.
«Uscito dalle loro mani, Balthazar [Baldassarre] si imbarcò per
Porto Ercole e per Siena, ma per istrada fu svaligiato e spogliato di
tutto; giunse a Siena in camicia. Accolto con riguardi dai suoi amici,
che lo riequipaggiarono, ricevette ben presto uno stipendio pubblico
per occuparsi delle fortificazioni della città».
62
Ibid., V, p. 61
63
Ibid., p. 419.
64
Ibid., p. 225.
65
«Ecco, dal male del Sacco di Roma è pur uscito il bene, che in
questo luogo di Dio fa la vostra scultura e la vostra architettura», scri-
ve l’Aretino il 20 novembre 1537 (Lettere sull’arte di Pietro Aretino, I,
p. 81).
66
r. longhi, Ricordo dei manieristi, in «Approdo», 1, 1953, pp.
55-59, ripreso in Da Cimabue a Morandi, Milano 1973, p. 731: «Non
vorrei trarre oroscopi artistici, come oggi è di moda, da avvenimenti e
calamità varie del tempo; ma se di più d’uno dei «manieristi» si sa per
certo che a Roma lavorò con lo stocco dei lanzichenecchi alle costole;
di qualche altro che si salvò fuggendo (quando non ci rimise la buccia),
quasi si vorrebbe chiamarli dei “traumatizzati” del sacco di Roma».
67
vasari, Le vite cit., IV, pp. 491-92.
68
Napoli, Capodimonte.
69
vasari, Le vite cit., V, pp. 576 sgg. La rendita era di 8o ducati
all’anno. «Quest’uomo aveva tanto piacere in stare ghiribizzando e
ragionare, che si tratteneva i giorni interi per non lavorare; e quando
pur vi si riduceva, si vedea che pativa dell’animo infinitamente». Vasa-
ri aggiunge che Sebastiano era «tutto faceto e piacevole... e nel vero
non fu mai il miglior compagno di lui».
70
Dei brutti giorni del 1527 si ha una singolare lettera indirizzata
all’Aretino: «Bastiano pittore al divino signor Pietro Aretino. Compa-
re, fratello e padrone, è pur vero che i Pietri Aretini bisogna che ci
naschino; io dico ciò che ha detto il disperato Papa Clemente in Castel
Sant’Angelo. Sua Santità ha fatto imporre a tutti i dotti che faccino una
lettera allo Imperatore, raccomandando alla maestà sua Roma, ogni di
saccheggiata peggio che prima. E il Tebaldeo, insieme con gli altri, ser-
ratisi per tal cosa in gli studi, hanno fatto presentare le lor lettere a
nostro signore, il quale, lettone quattro versi per una, le gettò là, con
dire che da voi solo era materia tal soggetto; in fine egli vi ama, e assai
assai. E un di qualche cosa sarà, al dispetto degl’invidiosi, pur sanità.
Di Roma nel ’27» (g. bottari e s. ticozzi, Raccolta di lettere sulla pit-
tura, scultura ed architettura, Milano 1822-25, p. 188, n. lxxxvi).
71
milanesi, Les Correspondants de Michel-Ange cit., p. 38.
72
Cfr. i. fenyö, Der Kreuztragende Christus Sebastiano del Piombo’s
in Budapest, in «Acta Historiae Artium», i, (Budapest 1953), pp. 151
sgg. Si può trascurare lo studio di e. larsen, A Contribution to Seba-
stiano del Piombos Changing Conception of «Christ carrying the Cross»,
in «L’Arte», 59 (1960), pp. 209 sgg.
73
vasari, Le vite cit., VII, p. 558.
74
Ibid., V, p. 163: «È cosa molto rara e bella, per avere osservato
ne’ colori un certo che tenebroso per l’eclisse che fu nella morte di Cri-
sto...» Sulla Deposizione di Borgo San Sepolcro, cfr. k. kusenberg, Le
Rosso, Paris 1931, pp. 31 sgg.
75
vasari, Le vite cit., V, p. 151. marabottini, Polidoro da Cara-
vaggio cit., cap. xiv.
76
f. bologna, Il Carlo V del Parmigianino, in «Paragone», n. 73
(1956), pp. 3-16.
77
La Madonna dalla rosa, Museo di Dresda. Cfr. freedberg, Par-
migianino cit., pp. 80-81 e 181-82.
78
l. olivato, Per il Serlio a Venezia: documenti nuovi e documenti
rivisti, in «Arte Veneta», 21 (1967), pp. 284 sgg., ha pubblicato il testa-
mento redatto da Serlio il 1° aprile 1528, nel momento in cui, giunto
a Venezia gravemente ammalato, credette opportuno dettare le sue ulti-
me volontà. Dovette ristabilirsi abbastanza presto poiché il 1° set-
tembre dello stesso anno presentava al Senato la domanda di «copyri-
ght» per le sue tavole di architettura, pubblicata da d. howard, Seba-
Medaglie e monete.
Il «Giudizio universale».
tutto quel che d’un corpo humano può far l’arte della
pittura»85, o come Vasari: «l’intenzione di questo uomo
singulare non ha voluto entrare in dipignere altro, che
la perfetta e proporzionatissima composizione del corpo
humano et in diversissime attitudini»86.
Per lo spettatore di oggi, come per quello del Cin-
quecento, l’originalità dell’opera sta nel fatto di avere
abolito cornice, spazio, natura, a beneficio di raggrup-
pamenti ora fitti, ora radi, il cui elemento unico e
costante è il corpo nella sua nudità. Iniziativa possente,
che merita di essere meditata.
All’inizio del Cinquecento, presso i maestri fiorenti-
ni e romani, era diventato abituale comporre una «sto-
ria» religiosa con figure nude, disposte – da Leonardo
o Raffaello, ad esempio – come manichini viventi di cui
si abbozzavano le pose prima di ricoprirli dei drappeg-
gi tradizionali. Michelangelo usava, nei suoi disegni, lo
stesso metodo ed era diventato per lui naturale, quasi
istintivo, comporre iniziando da figure nude, poiché,
come Leonardo e più tardi Vasari, capiva che in esse si
trovano «insieme gli affetti delle passioni e contentez-
ze dell’animo». Il corpo umano esprime ogni cosa: è il
codice universale dell’espressione. La decisione presa
nel 1534 di ricoprire l’immensa «facciata» con una
coreografia di nudi in una luce poco variata e senza
armatura architettonica appariva manifestamente come
un passo indietro rispetto al soffitto della cappella; l’im-
portanza assunta dal Giudizio dopo vent’anni implica un
rifiuto dell’opera giovanile. Nei drappeggi, nei raggrup-
pamenti e soprattutto nei colori chiari, nel leggero rilie-
vo, le preoccupazioni pittoriche sembrano essere state
soppiantate dalle esigenze proprie allo scultore: il corpo
umano è l’oggetto primordiale.
Vi è una specie di rinuncia nel Giudizio universale:
una severità che riflette il cupo stato d’animo dell’arti-
sta, con il suo umore vieppiù turbato e angosciato che
L’imperatore a Roma.
1
Secondo sanuto, Diarii cit., XLVI, p. 645. Citato da hook, The
Sack ol Rome cit., p. 239.
2
sanuto, Diarii cit., XLIX, p. 134. Citato da hook, The Sack of
Rome cit., pp. 241-242.
3
hook, The Sack of Rome cit., p. 245.
4
d . gnoli, Il Sacco di Roma e la peste, in «Nuova Antologia», II
serie, 26 (1880), 15 dicembre, pp. 746 sgg.
5
Citato da von pastor, Storia dei papi cit., vol. IV, parte II, libro
III, p. 323.
6
Cfr. cap. iv.
7
Lettera di Iano Calvo Salimbeni alla Balia di Siena, datata da
Viterbo, il 4 ottobre 1528, a proposito del ritorno di Clemente a
Roma: «... Così intendano V. S. ill.me che a li sei [maggio] fu presa
Roma, a li sei [giugno] si arrese il castello, alli sei [dicembre] si partì
verso Orvieto, et alli sei [ottobre 1528] vol far la tornata. Cosa che mi
è parsa degna di annotazione». Pubblicata da c. p. falletti-fossati,
Clemente VII e l’impresa di Siena, il Sacco di Roma, l’assedio di Napoli,
Siena 1879.
8
Cfr. cap. iii.
9
Il Giornale di Biagio da Cesena (Blasius de Martinellis) menzio-
na l’ostensione del Volto Santo per la settimana santa del 1533. Cfr.
chastel, La Véronique cit., p. 78 e nota 38.
10
Cfr. cap. iv.
11
m. dell’arco, Pasquino e le Pasquinate, Milano 1957, p. 108.
12
hook, The Sack of Rome dt., pp. 245-46.
13
c. roth, The Last Florentine Republic. 1527-1530, London 1925,
p. 133.
14
Dopo la sconfitta di Gavinana (vicino a Pistoia), il 3 agosto
1530, che vide la morte di Ferruccio, il migliore sostegno della causa
fiorentina, e nello stesso tempo quella del principe d’Orange, «i Fio-
rentini – scrisse il Guicciardini – rimanevano senza risorse; la carestia
produceva sofferenze terribili senza speranza di alleviarle, una situa-
zione che, invece di indebolire l’ostinatezza di una parte 1 dei cittadi-
ni, serviva solo a rafforzarla: questa gente disperata sognava unica-
mente di sacrificarsi e far perire con loro la nazione. Non si trattava
più di salvarla al prezzo della loro vita o di quella di altri concittadini,
ma solo di far sì che le sue rovine fossero la loro tomba» [questo passo
corrisponde a L. XX, p. 143, dell’ediz. della Storia d’Italia, Pisa 1824].
g. parenti, Prime ricerche sulla rivoluzione dei prezzi in Firenze, Firen-
ze 1939, ha sottolineato l’effetto che ebbero gli avvenimenti del 1530
sulla vita economica di Firenze.
* [«Il Sette è inferiore al Cinque, chi lo crederebbe? Il Cinque ha
l’impero, il Sette l’esilio»].
15
Questo visitatore, al quale né l’imperatore né soprattutto il papa
annetterono sufficiente importanza, fu il padre di Anna Bolena diven-
tato conte di Wiltshire. Intervenne a nome di Enrico VIII per otte-
nere un accordo politico e il famoso divorzio chiesto dal re. Egli fu con-
gedato. Wolsey doveva morire sul finire del 1530; la mediazione che
aveva sognato durante l’estate del 1527 (cfr. cap. i) non aveva più
senso. La Spagna dominava l’Italia e l’Inghilterra lasciava, con Enrico
VIII, la chiesa romana. Le preoccupazioni di Enrico VIII riguardo
al suo divorzio non smisero di manifestarsi durante tutto il periodo:
s. ehses, Römische Dokumente zur Geschichte der Ehescheidung Hein-
richs VIII. von England. 1327-1534, in Quellen und Forschungen aus dem
Gebiete der Geschichte, Paderborn 1893.
16
Un certo numero di manifestazioni artistiche portano la traccia
di questa «liberazione» di Firenze e del suo ritorno alla «repubblica cri-
stiana». Un mottetto, Florentia tempus est penitentiae, dovuto a C.
Festa, riprende l’appello «piagnone» alla penitenza, concludendo con
una supplica: «Clemens peccavi, miserere mei», che sembra veramen-
te preparare un accordo con il papa. Cfr. «Journal of American Musi-
cological Society», 3 (1950).
Un retroscena politico preciso è stato messo in luce da j. f. o’gor-
man, An Interpretation of Andrea del Sarto’s Borgherini Holy Family, in
«Art Bulletin», 47 (1965), pp. 502-4, nella pala d’altare dipinta per
Giovanni Borgherini, che apparteneva all’opposizione antimedicea e
fece parte con Niccolò Capponi del gruppo di aristocratici che prese-
ro il potere dopo l’espulsione del maggio 1527. Questa notizia è stata
recentemente completata e leggermente sfumata da f. gilbert, Andrea
del Sarto «Heilige Familie Borgherini» und florentinische Politik, in Fest-
schrift für Otto von Simson zum 65. Geburtstag a cura di L. Grisebach e
K. Renger, Frankfurt 1977, pp. 284-88. La composizione è posterio-
re al febbraio 1528, quando il Cristo fu proclamato «Rex populi flo-
rentini» (il che non implica una teocrazia, ma il ritorno alla libertà
repubblicana, sottolineato dal fatto che il globo è sorretto dal Gio-
vannino fiorentino, che lo presenta al Bambino Gesù); essa è anterio-
re all’aprile 1529, che vide l’eliminazione del gonfaloniere Capponi.
17
Sull’ingresso a Bologna e le pubblicazioni che lo illustrano, cfr.
in Fétes et cérémonies au temps de Charles-Quint cit.; v. terlinder, La
politique italienne de Charles-Quint et le «triomphe» de Bologne, pp. 29
sgg.; j. jacquot (a cura di), Panorama des fêtes et cérémonies du règne.
Entrée et couronnement de Bologne... 1 pp. 43 sgg., con bibliografia.
Lo studio di g. giordani, Cronaca della venuta e dimora a Bologna
del Sommo Pontefice Clemente VII per la coronazione di Carlo V impe-
ratore, Bologna 1842, contiene la documentazione completa sui prepa-
rativi della città di Bologna e le modalità dell’incoronazione.
18
GIORDANI, Cronaca cit.: «tutte cose essendo a similitudine
della Basilica Vaticana».
19
Stanza di Costantino. Cfr. cap. ii.
20
N. Hogenberg: 40 tavole, rist. da W. S. Maxwell, Edinburgh
1875. R. Péril: 16 tavole, unico esemplare completo conservato all’Al-
bertina, Vienna. Testo dell’iscrizione nella serie di R. Péril: «Carolus
ille ego sum quintus hoc nomine Caesar. Natus ad Imperium Romana
ut sceptra tenerem. Est animus fessas mutasque reponere leges jura tri-
bunorum fasces priscosque Quirite Patricios revocare reducere pacem
antiquam correcta morum omnia in servato tramite legibus et veterum
jurisque vetusti consiliis armisque meis frenare superbos oppressos
relevare manu primevo Capitolia prisca nitori viros sanctumque sena-
tum reddere».
21
jacquot, Panorama cit., p. 425.
22
geisberg, Die Reformation cit., III (1930), tav. 139; g. stuhb-
fauth, Dreizeitgeschichtlichen Flugblättern des Hans Sachs mit Hand-
schriften des Georg Pencz, in «Zeitschrift für Bücherfreunde», 10
(1918-19), pp. 237 sgg.
23
sanuto, Diarii cit., XLVII, col. 349. Cfr. anche XLV, coll.
488-89; una lettera di Alvise Lippomani al vescovo di Bergamo, data-
ta da Orvieto il 7 gennaio 1528, indica che il tenore di vita della corte
pontificia a Orvieto era simile a quello dei primi tempi della Chiesa.
24
[Uno dei tre tribunali curiali, costituiti da dieci Prelati (audito-
res), che svolgevano le funzioni proprie della corte d’appello].
25
In schard, Historicum opus cit., pp. 1858 sgg.
26
sanuto, Diarii cit., XLVIII (1528), 6 luglio, col. 226. Svetonio
riferisce che Cesare ebbe la stessa reazione dopo il massacro del distac-
camento di Titurio (Cesare, 67). Cfr. r. reynolds, Beards, an Omnium
Gatherum, London 1950, e l’articolo di zucker, Raphael and tbe Beard
of Pope Julius II cit.
27
Nella Cena di San Gregorio destinata a San Michele in Bosco. p.
barocchi, Vasari pittore, Milano 1964, p. 17 e tav. v (pp. 114-15).
28
È stato identificato, nella Stanza di Costantino, il ritratto di Cle-
mente imberbe nell’effigie di San Leone 1 (o Clemente 1) fra Innocentia
e Veritas a destra del Battesimo. A sinistra di questa stessa scena, fra
Pax e Prudentia, quello di Urbano 1 (o Evaristo) sarebbe il ritratto di
Clemente barbuto. Cfr. fischel, I ritratti di Clemente VII nella sala di
Costantino in Vaticano cit., pp. 923 sgg. Se è davvero così, l’inserzio-
ne simmetrica in questa sala, al posto del ritratto precedente, è signi-
ficativa.
29
reynolds, Beards cit.
30
zucker, Raphael and the Beard of Pope Jutius II cit., pp. 524 sgg.
Noi accettiamo la linea generale di questo studio eccellente, di cui il
«Poscritto» nei riguardi di Clemente VII ha soltanto bisogno di esse-
re completato e sfumato.
31
In una lettera del 1518, Bembo scrive: «Ho buon viso et sommi
levato la barba che era assai lunga». Sembra che sia rimasto fino al
1536, quando il suo ritorno alla barba lunga fu notato da B. Cellini in
una lettera citata da Bottari e ticozzi, Raccolta cit., vol. I, p. 14. Fu
il suo aspetto definitivo, ben noto dai ritratti di Tiziano, dal mosaico
45
borgatti, Castel Sant’Angelo in Roma cit., pp. 165 sgg. La storia
dell’angelo dell’incoronazione è piuttosto complicata: a ricordo della
processione votiva e del prodigio sopravvenuto al tempo di Gregorio
Magno, Nicola III fece collocare sulla cima un angelo, che da allora si
vede raffigurato sulle miniature e sui quadri; questa figura fu distrut-
ta nel 1379 durante certi torbidi di Roma; Nicola V si adoperò a
restaurare il Castel Sant’Angelo e nel 1453 è terminato «l’Agniolo
nuovo messo in chastello» (secondo il documento del pagamento), di
marmo, o, più probabilmente, di legno con ali di bronzo. Il 29 ottobre
1497, il fulmine provocò l’esplosione di una polveriera che distrusse «la
statua dorata dell’angelo tenente la spada fuori del fodero».
46
b. fontana, Documenti vaticani contro l’eresia luterana in Italia,
in «Archivio della Reale Società Romana di Storia Patria», 15 (392),
pp. 71 sgg.
47
Louvre, Inv. 92.
48
vasari, Le vite cit., IV, p. 226. Sostituita dal bronzo, ancora visi-
bile, di Giardoni.
49
Cfr. j. a. gere, Two Late Fresco Cycles by Perino del Vaga: the Mas-
simi Chapel and the Sala Paolina, in «The Burlington Magazine», 102
(1960), pp. 8-19.
50
Cfr. a. chastel, Two Roman Statues: Saint Peter and Paul, in Col-
laboration in Italian Renaissance Art, a cura di Sheard e Paoletti, New
Haven 1978, pp. 59-63.
51
Un fatto di cronaca drammatico del giubileo del 1450 è, fra gli
altri, riferito da un cronista, Andrea Fulvio: «La grande folla ritorna-
va dall’aver visitato il Sudario, essendosi imbattuta in una mula e non
potendo indietreggiare né dall’una né dall’altra parte per quelli che die-
tro incalzavano, molti furono schiacciati sotto le zampe de’ cavalli e
sotto i piedi della folla stessa, molti altri caduti dai lati annegarono».
In seguito a ciò il pontefice Nicola V fece erigere le due cappellette
all’ingresso orientale del ponte, l’una edificata a Santa Maria Madda-
lena, l’altra ai Santi Innocenti. Cfr. borgatti, Castel Sant’Angelo in
Roma cit., pp. 167 sgg.
52
vasari, Le vite cit., IV, p. 580.
53
e. mâle, Les Apôtres Pierre et Paul, in «Revue des Deux Mondes»,
15 luglio e 1° agosto 1955. Su questa duplice devozione fondamenta-
le: c. pietri, Roma christiana. Recherches sur l’église de Rome, son orga-
nisation, sa politique, son idéologie, de Miltiade à Sixte III (311-440),
Roma 1976, cap. xviii: Iam regnant duo apostolorum principes.
54
vasari, Le vite cit., 11, p. 649- Secondo v. golzio e g. zander,
L’arte in Roma nel secolo XV, Roma 1968, pp. 338 e 435, il San Paolo
di Paolo (Taccone) Romano (1463-64) doveva essere stato collocato in
Cima alla scala della basilica vaticana.
55
torrigio, Le sacre grotte vaticane cit., p. 385. L’autore aggiunge:
66
La leggenda di san Michele è riferita con tutti questi episodi nella
Leggenda aurea alla data del 29 settembre. Cfr. o. rojdestvensky, Le
culte de saint Michel et le Moyen-Age latin, Paris 1922.
67
Si tratta della seconda versione del tema, al Carmine di Siena. Si
è d’accordo oggi nel datare la pala del Carmine intorno al 1528, dati i
suoi legami stilistici con la pala Saraceni del 1528 (d. sanminiatelli,
Domenico Beccalumi, Milano 1967, n. 43, pp. 101-2).
Vasari (Le vite cit., V, p. 638) parla di cinque «storiette». L’appa-
rizione di san Michele sul mausoleo di Adriano: disegno agli Uffizi, e dise-
gno acquarellato a Windsor (pubblicato da c. brandi, Disegni inediti di
D. Beccafumi, in «Bollettino d’Arte», serie 28 [1934], pp. 35 sgg. r san-
miniatelli, Domenico Beccafumi cit., pp. 139-40); pannello al Carne-
gie Institute a Pittsburgh: f. zeri, Due storie di san Michele di Dome-
nico Beccafumi, in Diari di lavoro, Bergamo 1971, pp. 79-80. Il mira-
colo di Monte Gargano figura parimente fra gli altri episodi.
68
Il Cfr. cap. 1, e chastel, Two Roman Statues cit.
69
Nel 1575, nella Sala degli Angeli di Caprarola, le medesime scene
furono dipinte all’interno di un ciclo più completo poiché include
Gedeone, Daniele ed episodi biblici che illustrano l’intervento di esse-
ri celesti. L’apparizione sul mausoleo è opera di Giovanni de’ Vecchi,
che manifestamente si è ricordato della composizione sulla Trinità dei
Monti, con la visione delle mitrie episcopali dinanzi all’immagine della
Madonna; soprattutto, le due statue anacronistiche sono in evidenza,
come nella cappella Chateauvillain. L’interpretazione tutta moderna dei
costumi e dei tipi dipende da un principio generale, il riferimento alla
storia recente non è esplicito. Cfr. r. roli, Giovanni de’ Vecchi, in
«Arte Antica e Moderna», 29 (1965), p. 52; f. zeri, Pittura e Contro-
riforma, Torino 1957, p. 109.
70
Cfr. cap. v.
71
fenyö, Der Kreuztragende Christus Sebastiano del Piombos in Buda-
pest cit., pp. 151 sgg.
72
freedberg, Painting in Italy cit., p. 488 nota 72.
73
hirst, Sebastianos Pietà for the Commendayor Mayor cit., pp. 585 sgg.
74
Vasari spiega il perché risalendo agli avvenimenti del 1529:
«Intanto venuto l’esercito del papa all’assedio di Firenze. Sua Santità
mandò Baldassarre in campo a Baccio Valori commissario, acciò si ser-
visse dell’ingegno di lui n’bisogni del campo e nell’espugnazione della
città. Ma Baldassarre amando più la libertà dell’antica patria, che la gra-
zia del papa, senza temer punto l’indignazione di tanto pontefice, non
si volle mai adoperare in cosa alcuna di momento; di che accortosi il
papa, gli portò per un pezzo non piccolo odio. Ma, finita la guerra, desi-
derando Baldassarre di ritornare a Roma, i cardinali Salviati, Trivul-
zio e Cesarino, i quali tutti aveva in molte cose amorevolmente servi-
ti, lo ritornarono in grazia del papa, e ne’ primi maneggi; onde poté
liberamente tornarsene a Roma» (Le vite cit., IV, p. 603). Fu allora che
Peruzzi studiò la costruzione nel nuovo Palazzo Massimo, 1532 sgg.
75
von pastor, Storia dei papi cit., vol. V, pp. 747 sgg.
76
Non riusciamo a scorgere un rapporto interessante fra la lettera
del 27 settembre di Sadoleto spesso – forse troppo spesso – citata, che
commenta di lontano, e in modo religiosamente prudente, gli avveni-
menti di Roma, e il presunto stato d’animo di Clemente e di Miche-
langelo, come lo suggerisce c. lanckoronska, Appunti sulla interpreta-
zione del Giudizio Universale di Michelangelo, in «Annales Instituto-
rum», 1932-33, p. 125.
77
L’umanità perde la sua sicurezza in presenza del Signore. Quel
che Michelangelo manifesta o invita imperiosamente i fedeli a prova-
re dinanzi a questo vasto avvenimento figurato, è il peccato. L’uomo
deve sapere che la sua natura è colpevole nei confronti del Signore, e
gli Eletti stessi sembrano tremare ancora (de tolnay, Michelangelo cit.,
V, p. 40).
78
milanesi, I corrispondenti di Michelangelo cit., p. 106; de tolnay,
Michelangelo cit., V, pp. ig, 98 sgg.
79
Sulle date, barocchi, Giorgio Vasari cit., pp. 1404 sgg.
80
vasari, Le vite cit., V, pp. 579-80. Cfr. m. chiarini, Pittura su
pietra, in «Antichità viva», 9 (1970), fasc. 2, pp. 29-37.
81
Michelangelo a Sebastiano (vasari, Le vite cit., V, p. 584); «la
scarpa di mattoni» (ibid., VI I, pp. 209- 10).
82
Questo concetto di un centro calmo e del tumulto che esso pro-
voca, corrisponde a quello di Leonardo nella Cena di Santa Maria delle
Grazie.
83
lanckoronska, Appunti sulla interpretazione del Giudizio cit. L’ar-
ticolo di m. b. hall, Michelangelo’s «Last Judgment» Resurrection of the
Body and Predestination, in «The Art Bulletin», 58 (1976), pp. 85 sgg.,
ha formulato un punto di vista nuovo, che non riteniamo dover discu-
tere qui.
84
l. steinberg, Michelangelo’s Last Judgement as Merciful Heresy, in
«Art in America», 63 (1975), pp. 48-63: Le idee eretiche di Miche-
langelo (ereditate da Erasmo e soprattutto da Valdés), successivamen-
te ignorate dalla critica e nelle riproduzioni incise eseguite dopo lo sco-
primento dell’opera, consistono nel rifiuto di una dannazione eterna
(Cristo esitante, privo di collera, assenza di iatus fra il cielo e l’infer-
no, piccolo numero di dannati in rapporto agli eletti...)
85
a. condivi, Vita di Michelangelo Buonarroti, Roma 1553, in p.
d’ancona, a. pinna, i. cardellini (a cura di), Michelangelo, Milano,
1964, p. 231.
86
vasari, Le vite cit., VII, p. 210. Le riserve sugli apprezzamenti
di Condivi e Vasari si trovano in de tolnay, Michelangelo cit., p. 122.
87
Probabilmente fin dal 1536, anno in cui la venuta di Carlo V
98
p. pouncey e j. a. gere, The Drawings of Raphael’s Circle, Lon-
don 1962, n. 194; j. rowlands, Rubens, Drawings and Sketches, Lon-
don 1977, n. 53. Il disegno è stato utilizzato per un fregio di Palazzo
Spada.
99
Cfr. vasari, Le vite cit., VII, p. 209: «Desiderando Sua Santità
che sotto il Iona di Cappella ove era prima l’arbore di Papa Giulio II
mettervi la sua, essendone ricerco, per non fare torto a Giulio e a Cle-
mente non ve la volse porre dicendo non istare bene» (condivi, Vita
di Michelangelo cit., p. 231). «Nella qual opera, per essere stata inven-
zione di Papa Clemente, ed al tempo di lui aver avuto principio, non
pose l’arma di Paolo, contuttoché il Papa ne lo avesse ricercato».
A. Bertini-Calosso ha creduto di poter identificare i ritratti di Cle-
mente VII e di Paolo III in due figure accovacciate l’una dietro san Pie-
tro, l’altra dietro Adamo: Ritratti del Giudizio Universale, in Michelan-
gelo Buonarroti nel IV centenario del Giudizio Universale, 1541-1941,
Firenze 1942, pp. 45 sgg. Le figure inserite in secondo piano negli spazi
come personaggi celebri facilmente riconoscibili sono abbastanza nume-
rose; esse non ci sembrano prestarsi a un’interpretazione così precisa
come è stata proposta.
100
Pubblicata in e. alberi, Le relazioni degli ambasciatori veneti al
Senato durante il secolo decimosesto, Firenze 1855, VOI. III, p. 299.
101
lanciani, The Golden Days of the Renaissance cit., p. 107. Que-
sto punto è stato sviluppato nel nostro capitolo La cour des Farnèse, nel-
l’opera collettiva Le Palais Farnèse, Roma 1981, vol. II.
102
chastel, La cour des Farnèse cit.
103
a. michaelis, Geschichte des Statuenhofes, in «Jahrbuch des deut-
schen Instituts», 5 (189o), p. 32; citato da dorez, La cour de Paul III
cit., p. 214.
104
lanciani, The Golden Days cit., p. 110.
105
Sui «trionfi» italiani di Carlo V nel 1535-36, cfr. chastel, Les
entrées de Charles Quint en Italie cit., pp. 197-206; e jacquot, Panora-
ma de Fétes et cérémonies du règne. Entrées italiennes (1535-1536) cit.,
pp. 427-33. Nel volume a cura di M. Fagiolo, Roma 1979, La città effi-
mera e l’universo artificiale del giardino, c’è alle pp. 63 sgg., un saggio
di m. l. madonna, L’ingresso di Carlo V a Roma, con ricostruzioni pre-
cise degli «apparati».
106
Lettres écrites d’Italie, a cura di V. L. Bourrilly, Paris 1910, p. 38.
107
Lettera del 28 gennaio a geoffroy d’estissac, ibid., p. 56.
108
Giornale di alberini, Ricordi cit. Cfr. lanciani, Storia degli scavi
cit., vol. II, pp. 58 sgg.; e dorez, La Cour de Paul III cit., I, pp.
250-60.
109
Sulla sistemazione urbana intorno a Palazzo Farnese, cfr. p.
murray, Italian Renaissance Architecture, London 1969, pp. 166 sgg.;
e il mio La Cour des Farnèse cit.
110
t. buddensieg, Zum Statuenprogramm in Kapitolplan Pauls III., in
«Zeitschrift für Kunstgeschichte», 39 (1969), pp. 177-228.
111
Cfr. j. s. ackermann, The Architecture of Michelangelo, London
1959 [trad. it. L’architettura di Michelangelo, Torino 1968, pp. 50-66
e 179-981.
112
z. ceffino, La triumphante entrée de l’Empereur nostre Sire Cbar-
les le Cinquiesme toujours auguste faicte en sa très noble cité de Rome,
testo francese, Anversa 1536, versione italiana, Roma 1536; andrea
sala, Ordine, pompe, apparati, et ceremonie della solenne entrata di Carlo
V Imperatore sempre Augusto nella città di Roma, riedito in v. forcella,
Tornei e giostre, ingressi trionfali e feste carnevalesche in Roma sotto Paolo
III, Roma 1885, pp. 39-50; b. podesti, Carlo Quinto a Roma nell’an-
no 1536, in «Archivio della Società romana di Storia Patria», 1 (A78),
pp.-303-44; f. cancellieri, Storia dei solenni possessi de’ sommi ponte-
fici da Leone III a Pio VII, Roma 1803, VII: Dell’ingresso solenne di
Carlo V sotto Paolo III; m. mitchell, The SPQR in two Roman Festi-
vals of the Early and Mid-Cinquecento, in «The xvith Century journal»,
9 (1978), n. 4, pp. 99 sgg. Non abbiamo potuto consultare a. de
santa-cruz, La Cronica del Emperador Carlos V, Madrid 1920-25, vol.
III, pp. 322-53, che contiene una narrazione dell’ingresso e del sog-
giorno di Carlo V a Roma secondo un testimone oculare (informazione
che dobbiamo alla cortesia di Bonner Mitchell); e neppure c. scheurl,
Einrit Keyser Carten in die alten Keyserlichen haubtstatt Rom, den 5. Apri-
lis, 1536.
113
Due problemi interessanti si pongono a proposito delle decora-
zioni per questo ingresso. Innanzitutto, a chi spetta la concezione e
l’organizzazione? Si hanno i nomi di Antonio da Sangallo il Giovane,
e dei suoi collaboratori Battista da Sangallo, Raffaello da Montelupo,
Battista Franco, Francesco Maso, Girolamo Pilotto, Francesco Sal-
viati. Ma si è pensato, sulla base di un taccuino di disegni, al ruolo
possibile di Peruzzi stesso: g. de angelis vossat, Gli archi trionfali
ideati dal Peruzzi per la venuta di Carlo V, in «Capitolium» A (1943),
pp. 287 sgg. Solo che Peruzzi non era più in grado di lavorare (morì
il 6 gennaio 1536) e la critica del Taccuino di Siena ha dimostrato che
questa raccolta non è omogenea: contiene note molto diverse (tra cui
f. 29v: tre archi; f. 4or: un quarto arco, concernente l’ingresso del
1536) e può risalire a quel Jacopo Meleghino da Ferrara, di cui Paolo
III aveva fatto il suo uomo di fiducia e che dovette sorvegliare gli
apparati. Cfr. m. toca, Osservazioni sul cosiddetto «Taccuino senese»
di Baldassarre Peruzzi, in «Annali della Scuola Normale Superiore di
Pisa, Classe di lettere e filosofia», serie III, 1 (1971), pp. 161 sgg. Pos-
siamo quindi attenerci all’indicazione di Vasari, il quale descrive con
precisione l’arco del Palazzo di San Marco e aggiunge: «Non solo que-
sto arco fu da Antonio ordinato, ma tutto l’apparato della festa che
117
Sull’atteggiamento e la sorte delle donne romane durante il
sacco, cfr. alberini, Ricordi cit., p. 272 nota 1. F. Guicciardini sug-
gerisce che talune seguirono l’esempio di Lucrezia [Lucrezia era una
matrona romana diventata leggendaria per la sua virtù (cfr. The Rape
of Lucrece di Shakespeare). Violentata dal figlio di Tarquinio il Super-
bo, chiese al marito e ai suoi amici di vendicarla, poi si uccise con un
pugnale. Nella rivolta che seguì i Tarquinii vennero cacciati da Roma].
Cfr. anche la lettera di Niccolò Vitelli a Vitello Vitelli, 11 maggio 1527,
in Lettere di diversi... scritte a Vitello Vitelli, Firenze 1551. Alcuni gen-
tiluomini romani preferirono uccidere la loro moglie piuttosto che
abbandonarla ai nemici, per esempio accadde così a palazzo Cesarini.
118
Un disegno attribuito a Lafréry o a Du Pérac (Berlino Dahlem,
Kupferstichkabinett, verso il 1580. Cfr. weil, History and Decoration
cit., fig. 17) conserva forse il ricordo di questa sistemazione, che, d’al-
tra parte, si presenta come una ricostituzione conforme a ciò che
mostra l’affresco del Labarum nella Stanza di Costantino.
119
Iscrizioni: al di sopra di san Paolo convertito, «Religionis asser-
tori»; al di sopra della conversione di san Clemente, «Presidi securi-
tatis».
120
Biblioteca Vaticana, Cod. Barb. Lat. 1903, f. 38r.
121
venturi, Storia dell’arte italiana cit., XI, 2, p. 992; portoghesi,
Roma del Rinascimento cit., I pp. 172 e 466.
1
Si può menzionare il fatto che Clemente non ometteva nulla dei
doveri principeschi. Nel 1533, in occasione del matrimonio di sua
nipote Caterina con Enrico, delfino di Francia, fece montare un corno
di liocorno sontuoso che, secondo Cellini, non valeva meno di 17000
ducati di camera. L’orafo ha raccontato anche come, per montarlo, egli
30
Su Postel, cfr. j. secret, Les Kabbalistes chrétiens de la Renais-
sance, Paris 1964, pp. 171 sgg.
31
Per particolari sulle tombe medicee cfr. de tolnay, The Medici
Chapel cit., cap. XI; d. heikamp, Die Entwurfszeichungen für die
Grabmäler der Mediceerpäpste Leon X. und Clement VII., in «Alberti-
na-Studien», 4 (1966), pp. 134 sgg.; v. l. goldberg, Leo X, Clement
VII and the Immortality of the Soul, in «Simiolus», 8 (1975-76), pp.
16-25; e m. g. dupré, Per la cronologia dei disegni di Baccio Bandinelli
fino al 1540, in «Commentari», 17 (1966), pp. 146-50.
32
vasari, Le vite cit., VI, p. 165.
33
Ibid., p. 172. Questi gruppi sono sempre sul posto a Palazzo Vec-
chio. Sul Palazzo Caffarelli-Vidoni, i fregi dipinti intorno al 1560-70
nello stile di Perino del Vaga contengono scene «all’antica»: glorifica-
zione, exhortatio, incoronazione, trionfo sul carro, vittoria di Tunisi,
ingresso a Roma, glorificazione da parte delle Virtù, tutte collocate tra
un busto e l’altro degli imperatori. Cfr. fagiolo, La città effimera cit.,
figg. 88-92.
34
È la statua che sarà trasportata in Piazza San Lorenzo nel 1851,
sul basamento – diventato fontana – della tomba di Giovanni dalle
Bande Nere lasciato incompiuto da Baccio.
35
p. bargellini, Scoperta di Palazzo Vecchio, Firenze 1968, figg.
213-19. Il modello del soffitto della Sala di Giovanni dalle Bande Nere
è al Louvre (cfr. barocchi, Vasari pittore cit., fig. 54).
36
vasari, Ragionamenti sopra le pitture di Palazzo Vecchio, in Le
Opere di Giorgio Vasari, 1878-85, vol. VIII (382).
37
Ibid., p. 182.
38
Una serie di ventidue composizioni di Stradano incise sotto la
direzione di Philip Galle celebra le vittorie della casa Medici. Cfr. hol-
lstein, Dutch and Flemish Etchings cit., vol. VII, p. 80: «Mediciae
Familiae rerwn feliciter gestarum o in victoriae et triumphi jobanne
Stradano Flandro... delinuta... Philippo co in aes incisa et edita, 1583».
Vi si trova tra l’altro una sorprendente Uscita delle truppe da Castel
Sant’Angelo al tempo di Giovanni dalle Bande Nere, che capovolge
completamente la situazione dei 1527.
39
Nel secolo xv era apparsa un’immagine di Fortuna del tutto diver-
sa dalla figura allegorica con la ruota, dei medioevo (cfr. cap. ii, nota
81): quella della divinità che regge la vela e il timone, di origine anti-
ca. Alberti ne trasse partito a Palazzo Rucellai e sulla facciata di Santa
Maria Novella (nel fregio decorativo). Verso il 1480, un medaglista fio-
rentino sfruttò il motivo che godeva di un elevato patrocinio della filo-
sofia: Platone (Leggi, IV, 709 A), e Ficino (epistola a Giovanni Rucel-
lai). Cfr. a. warburg, Francesco Sassetis Letzwillige Verfügung (1907),
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