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STUDI

STORIC I
RIVISTA TRIMESTRALE
DELL'ISTITUTO GRAMSCI

4
OTTOBRE-DICEMBRE 1999 ANNO 40

Caroccieditore
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*D Associato all'USPI - Unione stampa periodica italiana


Note critiche

COSCIENZAURBANAE STORIOGRAFIA CITTADINA.


A PROPOSITODELL'EDIZIONECRITICADEL
<<CHRONICON?, DI FALCONE DI BENEVENTO*

Fulvio Delle Donne

L'edizione di una cronaca solleva sempre notevoli problemi di competen


za. A chi spetta quel compito, a uno storico o a un filologo? E quell'ope
ra deve essere trattatacome una fonte da cui trarrenotizie utili alla cono
scenza piu approfondita delle vicende e delle problematiche di una deter
minata epoca, oppure come un testo dal cui codice linguistico e dalle cui
strutture compositive possono essere desunti elementi utili alla compren
sione di un particolare fenomeno letterario?E poi, bisogna far convergere
l'attenzione sulla personalit'adel suo autore, oppure sulla sua diffusione e
recezione? La risposta a tali questioni, naturalmente, non puo essere uni
voca, in quanto ogni edizione costituisce sempre un'interpretazione, che
puo risultare il piu possibile corretta solo se viene condotta su piu livelli e
il testo viene adeguatamente inserito in un appropriato contesto storico, de
terminatonon solo dai processi <<evenemenziali>>, ma anche da quelli spiri
tuali, politici, sociali; senza dimenticare, tuttavia, i rapporti linguistici, les
sicali, retorici che l'autore intrattienecon le opere su cui si e formato e con
le regole imposte dal genere letterario a cui si ispira.Dunque, un editore
di cronache deve farsi, al contempo, storico e filologo. Cosa che era ne
cessario fare - ed e stato ammirevolmente fatto da Edoardo D'Angelo -
per l'edizione del ChroniconBeneventanum di Falcone di Benevento.
L'edizione, che e ecdoticamente molto accurata e lungamente preparatal,
nonche fornita di tutti gli strumenti necessari alla sua agevole e proficua
consultazione, e basata non solo sui quattro manoscritti ancora esistenti
che riportano la cronaca, che, nella parte che ci e pervenuta, descrive gli
eventi che vanno dal 1102 al 1140: il Barberiniano Latino 2330 della Bi

*
Falcone di Benevento, Chronicon Beneventanum. Citt? e feudi nell'Italia dei Norman
ni, a cura di E. D'Angelo, Firenze, Sismel Edizioni del Galluzzo, 1998 (Per Verba, te
sti mediolatini con traduzione, 9).
1
Si vedano gli studi preparatori: E. D'Angelo, Studi sulla tradizione del testo dl Falcone
Beneventano, in ?Filologia mediolatina?, 1, 1994, pp. 129-181; Id., Giuseppe del Re's
?Critical? Edition of Falco of Benevento's Chronicle, in Anglo-Norman Studies XVI, ed.

by M. Chibnall, Woodbridge, 1994, pp. 75-81.


1128 FulvioDelle Donne

blioteca apostolica vaticana, il Barberiniano Latino 2345 della Biblioteca


apostolica vaticana, il San Martino 66 della Biblioteca nazionale di Na
poli, il San Martino 364 della Biblioteca nazionale di Napoli; quest'ulti
mo, risulta un descriptus del precedente. La constitutio textus tiene, tut
tavia, anche conto della editio princeps, apparsa a Napoli nel 1626 per
cura di Antonio Caracciolo, in quanto essa risulta indirettamente legata
alla perduta copia esemplata, su un perduto codice del XII secolo in ca
ratteri <<longobardi>>,dal medico beneventano Giulio del Sindico nel 1530,
da cui derivano anche imanoscritti ancora reperibili. I criteri ortografici
seguiti vengono scelti con grande attenzione, e tengono conto del genere
letterario a cui appartiene la cronaca e della funzione dell'opera, che mira
soprattutto a trasmetteredei contenuti fattuali: dunque, come dice D'An
gelo nella sua ampia e pienamente esauriente introduzione, ?filologismi
esasperati, alla ricerca dell'usus ortografico dell'autore, o di quello di uno
solo o anche tutti i testimoni della sua opera, che compromettessero in
qualche modo la comprensibilit'ada parte del lettore, potrebbero risulta
Dunque, sono stati scelti alcuni criteri guida di tipo norma
re sterili>>2.
lizzante, ricavati dai <<sistemi>>ortografici seguiti dai manoscritti, ma va
lutati anche in base all'attentissimo esame della morfologia, della sintassi
e dello stile del Chronicon, che occupa ben novanta pagine, circa, del
l'ampia introduzione.Un esame che, data la natura dell'opera, potrebbe,
di primo acchito, apparire eccessivo, ma che si rivela nient'affatto inutile
e sterile, dal momento che apre nuove ed originali strade per l'ap
profondita conoscenza dell'uso della lingua latina nell'Italia meridionale
del XII secolo: un lavoro, dunque, che potria e dovra essere proficua
mente tenuto presente da tutti coloro che vorranno apprestarsi a fare edi
zioni, o, semplicemente, indagini sugli autori di quell'epoca.
E evidente che D'Angelo sposta - facendolo dichiaratamente- il baricen
tro del proprio interesse verso l'ambito linguistico e letterario.Ma anche
l'aspetto storico viene scandagliato nell'apparato delle agili note di com
mento e nella parte dell'introduzione dedicata alla struttura della cronaca
e agli avvenimenti da essa descritti, che abbracciano il periodo in cui si as
siste al consolidamento del potere, nell'Italiameridionale, di re Ruggero.
Falcone & stato spesso considerato il campione della fazione longobarda
che lotta contro il tentativo normanno di instaurare il proprio predomi
nio. Ma, forse, e piu opportuno considerare la cronaca di Falcone come
un'opera che vuole descrivere i tentativi di Benevento di rendersi auto
noma sia dalla troppo stringente autorit'apapale, sia dalle ingerenze nor
manne.

2
E. D'Angelo, Introduzione a Falcone di Benevento, Chronicon Beneventanum, cit.,
p. LXI.
1129 Coscienzaurbanae storiografiacittadina

Falcone appartiene senz'altro alla fazione filopapale ed antinormanna,e, an


che se con qualche oscillazione, nel corso della sua cronaca osserva gli even
ti dal proprio angolo prospettico. Egli appartiene a un ceto nobiliare gelo
so delle proprie antiche tradizioni, da difendere innanzitutto dal pericolo
insito nelle incursioni normanne, ma anche dalle spinte sovvertitrici della
fazione <<popolare>>, ovvero <<borghese>>, che cercava l'accordo con i nor
manni, che, undique vicinantes, rendevano difficili e pericolosi i commerci.
Queste contrapposizioni tra le due parti condussero la citt'a a vivere alcu
ni momenti di crisi. Crisi pericolose come quella del febbraio 1113, che
condusse alla scissione della cittadinanzabeneventana nell'elezione del nuo
vo rettore, da scegliere traAnsone e Landolfo Borello; o quella del 1114,
che porto lo scontro tra i partigiani del conestabile Landolfo di Greca e
quelli dell'arcivescovo Landolfo, scontro che inizialmentevide trionfare la
fazione popolare, ma che, in seguito all'intervento di papa Pasquale II -
che, in un concilio tenuto a Ceperano e drammaticamentedescritto da Fal
cone, depose l'arcivescovoLandolfo, guida dei popolari - porto al mo
mentaneo annichilimento delle tensioni autonomistiche della citt'a.Quelle
tensioni, pero, assopite per un certo periodo, tornarono a divenire dirom
penti a partire dal 1127, quando, morto Guglielmo duca di Puglia, bari
centro dell'unit'a politica del ducato, comincio ad affacciarsi sulla scena
Ruggero II, provocando l'indebolimento dell'autorit'apapale su Benevento.
A questo punto, gli scontri tra le fazioni si riaccesero e ripreserovigore le
spinte autonomistiche.
Ilmotore delle vicende narrate da Falcone sembra proprio essere determi
nato dalle tensioni indipendentiste, che, nel Chronicon,prendono corpo nel
l'allocuzione che Roberto di Capua tiene alle forze antiruggeriane accam
pate al ponte di San Valentino, vicino a Benevento, nel luglio 1132:
Certissimum, domini et fratres, agnovimus vos pro libertate vestra augenda domos,
uxores, filiosque vestros et universa bona dimisisse, et armis solummodo vestris ac
ceptis, solam Dei salvatoris misericordiam invocantes inmedium convenisse... Con
solandum quippe est, et in victoria habeatur, nos pro augenda libertate sanguinem
fundere et in alienas manus nullo modo pervenire (1132.6.6 e 13).

In questo discorso, uno dei tantissimi che, secondo la tradizionedella cro


nachistica notarile, vengono riportati in forma diretta da Falcone, si fa leva
soprattutto sul sentimento di libert'a,che, pero, non deve essere solo pre
servata,ma addirittura accresciuta, anche a costo di sacrificare la propria
casa, la propria famiglia, la propria vita. Quella libert'ache i beneventani
cercheranno di mantenere inalteratasia nei confronti dell'imperatoreLota
rio, che riconquista l'Italiameridionale, sia nei confronti di Ruggero. Si
gnificativo, a questo proposito, e il rilievo che Falcone riserva alle notizie
dei privilegi, concessi sia dall'uno sia dall'altro, che liberavanoBenevento
1130 FulvioDelle Donne

dal pagamento dei tributi e riconoscevano a quella citt'auno statuto e, nei


fatti, un'autonomia del tutto eccezionali. E significativo e anche quel cam
biamento di giudizio su Ruggero3, che qualcuno ha voluto ravvisarenel
Chronicon4.Ruggero e definito, inizialmente,da Falcone come ?execrandae,
ut ita dicam, memoriae>>5,o, addirittura, viene detto peggiore di Nerone6.
Quel sovrano, dapprima descritto come feroce, pero, a partire da un certo
momento, sembra che venga riabilitato, tanto che ne vengono riconosciute
le qualit'apolitiche nel tentativo di composizione dello scisma religioso del
1137 e nella capacita di destare lo stupore e l'ammirazionedei napoletani
misurando, nel 1140, il perimetro della loro citta. Ma il cambio di pro
spettiva, che avviene in connessione con la presunta concessione ai bene
ventani di un importante privilegio - di cui avremomodo di parlare piui
diffusamente - in realtanon e definitivo, ma legato solo alle dimostrazioni
di benevolenza del sovrano nei confronti della patria di Falcone. Infatti, se
di Ruggero e lodata la sapientia strategica in battaglia nel momento in cui
e alleato dei beneventani7, di quello stesso personaggio sono stigmatizzate
l'inumana rabbia nella profanazione delle spoglie di Rainolfo di Puglia8 e
l'imperizianella promulgazione delle aborrendaenorme di materia moneta
ria, con cui si obbligava all'uso dei ducati9.
La cronaca di Falcone, dunque, non va letta - secondo un'interpretazione
piuttosto consueta'0- come il resoconto del conflitto tra la superstite stir
pe longobarda e quella emergente normanna,ma, piuttosto, nella prospet
tiva di un piu ampio movimento di acquisizione di sempremaggiori auto
nomie, che, cosi come rilevato da Giovanni Vitolo", puo essere riscontra

3
I passi in cui Falcone loda Ruggero sono esaminati in G.A. Loud, Ihe Genesis and
the Context of the Chronicle of Falco of Benevento, in Anglo-Norman Studies XV, ed. by
M. Chibnall, Woodbridge, 1993, pp. 186 sg.
4
Cfr.E. D'Angelo, Introduzione, cit., pp. XLVIII sgg.
5
Falcone di Benevento, Chronicon Beneventanum, cit., 1133.13.13. L'affermazione ? sta
ta talvolta utilizzata per determinare la datazione ma sulla questione cfr. E.
dell'opera;
D'Angelo, Introduzione, cit., p. VIII.
6
Cfr. Falcone di Benevento, Chronicon Beneventanum, cit., 1133.10.6.
7
Cfr. ivi, 1138.4.3.
8
Cfr. ivi, 1139.10.1-11.
9
Cfr. ivi, 1140.4.2-1140.5.1.
10
Cfr. soprattutto F. Chalandon, Histoire de la domination normande en Italie m?ridio
nale et en Sicilie, I, Paris, 1907, p. XLIII; E. Gervasio, Falcone Beneventano e la sua Cro
naca, in ?Bullettino delTIstituto storico italiano per il Medioevo e Archivio muratoria
no?, 54, 1939, p. 109. Ma cfr. anche E. D'Angelo, Introduzione, cit., p. XL, nota 1.
11
G. Vit?lo, Citt? e coscienza cittadina nel Mezzogiorno m?di?vale. Secc. XI-XIII, Saler
no, 1990.
1131 Coscienzaurbanae storiografiacittadina

to in quasi tutto ilMezzogiorno. In questo modo si puo comprendereme


glio l'ampio rilievo che spesso viene dato da Falcone, con tragica enfasi,
alla distruzione dei vigneti beneventani"2,che rappresentanoanche l'impre
scindibile sostrato economico su cui la citta fonda la propria attivit'acom
merciale, fonte prima delle tensioni autonomistiche13.E si possono com
prenderemeglio anche le lunghe e appassionate inserzioni dedicate al cul
to delle reliquie dei santi, in primo luogo quelle di Barbato, il patrono della
citt'a,e aimiracoli da esse operati. Forse, con tali inserzioni,Falcone si pre
figge l'intento di <<difenderel'unicita di Benevento, rifacendosi, pero, non
alla tradizione longobarda, bensi ad una situazionementale che di quella
stessa tradizionementale fu causa di profondo logoramento: fare di Bene
vento la "citta santa"d'una area geografica sempre interessataa giorni dif
ficili>>4.
La ?mitologia agiograficabeneventana>>,tuttavia,non vuole difen
dere solo l'unicita di una <citta santa>>,ma fa anche spiccare il senso del
l'autoconsapevolezzaurbana, che passa anche attraverso il culto dei santi,
che rinsalda la fiducia della popolazione nel carattereeccezionale della pro
pria comunit'a. A questo proposito si puo leggere quanto si dice del
l'inventio dei santiMarziano, Doro, Potito, Prospero, Felice, Cervolo e Ste
fano:
Fama igitur per civitatem ventilata, concursus magnus factus est virorum ac mulie
rum et cursu precipiti oblationibus ossa illa lacrimando osculabauntur; quae vero
ossa sanctorum indignus ego osculatus sum... Virorum autem, et mulierum et pue
rorum turbam canentium, quae precedebat et quae sequebatur, cereis in altum po
sitis et accensis, lector, si cerneres, et de tanto gaudio ultra humanum modum exul
tares et ex cordis profundo lacrimas rivo irriguo produceres: processionem enim in
solitam cerneres, et quod a multis annorum spatiis inauditum est, Beneventana
civitas ob sanctorum honorem amoremque modo est operata (1119.3.3 e 7).

Dunque, la traslazione delle reliquie rinvenute riesce, dopo molti anni, a


raccogliere assieme tutta la popolazione e a ricompattarla,facendola senti
re una salda e unita comunita: e questo, forse, ilmiracolo piui grande, an
che maggiore di quelli operati da san Barbato, che guariscono da paralisi.
Non esistono piu, in quell'occasione, opposte fazioni pronte a fronteggiar
si. Tutta la cittadinanza e accomunata nella fede e nel culto dei santi: tut
ti, compreso il cronista, baciano le sacre spoglie. Lo stesso Falcone, che si

12
Cfr. Falcone di Benevento, Chronicon Beneventanum, cit., 1113.6.1; 1114.1.2; 1132.15.5;
1133.10.1; 1133.10.3; 1333.13.7; 1138.3.1; 1139.6.5.
13
Sulle risorse economiche e commerciali di Benevento cfr. M. Rotili, Benevento, in hi
?eran e centri urbani nel Mezzogiorno normanno-svevo, Bari, 1993, pp. 293-309.
14
M. Oldoni, Mentalit? ed evoluzlone della storiografia normanna fra VXI e il XII se
c?lo in Italia, in Ruggero ll Gran Conte e Vlnlzlo dello Stato normanno, Bari, 1977, p.
154.
1132 FulvioDelle Donne

curamente appartiene al partito filopontificio, avversariodi quello popola


re guidato dall'arcivescovo Landolfo, non pu6 fare a meno di mostrarsi
estasiato di fronte a quella cerimonia, voluta e organizzataproprio da Lan
dolfo col chiaro fine di accrescere la propria autorit'a.Ma i fini propagan
distici perdono i tratti del vantaggio individuale e personale, per confluire
in una rinnovata autocoscienza cittadina, che conferisce la necessaria con
sapevolezza a chi vuole acquistare piu ampia liberta. Il possesso di venera
bili reliquie costituisce non solo un motivo di vanto, ma anche la garanzia
del benessere della citta, in quanto attestazione della tangibilitadel sacro e
della protezione divina. La loro presenza tiene unita la collettivita, ne raffor
za l'identificabile identita storica; la protegge e ne garantisce, non solo spi
ritualmente, la salvezza e i trionfi:negli Annales Sancti Disibodi, ad esem
pio, si dice che <<Mathildis Regina inAngliam ad patrem proficiscitur,ma
num sancti Jacobi secum deferens; per quod irreparabiledampnum regno
Francorum intulit>>5. Tanta e la forza, non solo di suggestione, delle reli
quie!
Dunque, la cronaca di Falcone va guardata da una nuova prospettiva. Essa
va senz'altro inseritanel contesto della coeva produzione -cronachisticadel
l'Italiameridionale, ma - come giustamente affermaD'Angelo"6- necessi
ta di un approccio che la sottragga alla consueta interpretazione che mira
a collocarla entro le linee direttrici di una storiografia statica o regressiva.
Della storiografia <<etnica>>, all'interno della quale, in base alla ripartizione
di Resta17,possono confluire le opere di Amato di Montecassino e Goffre
do Malaterra, Falcone <<rifiutasul piano formale ilmonografismo; su quel
lo ideologico l'etnicismo;mi pare infatti assolutamente fuorviante intrave
dere contrapposizioni di tipo etnico: nel Chronicon il termineNormandi ha
accezione tutta sociologica, e Longobardi compare in tutto solo tre volte, e
non oltre il 1114>>18.Dell'altra tipologia storiografica,quella definita sempre
dal Resta <<statuale>>, e in cui possono rientrareAlessandro di Telese e Ro
mualdo Guarna, Falcone <<noncondivide la reductioad unum ruggeriana,
ed e estraneo a qualunque forma di "coscienza del regno" [...] Non e pos
sibile, dunque, definire la storiografiadi Falcone "antinormanna"o "anti
ruggeriana";egli e, in questo senso, piu vicino alla tradizione cassinese, dal
punto di vista contenutistico, per il carattere fortemente "locale" della sua
trattazione, e dal punto di vista formale, per l'adozione della forma anna

15
Cfr. Monumenta Germanlae Hist?rica (MGH), Scriptores (SS), XVII, ed. G. Waitz,
Hannoverae, 1861, p. 23, ad annum 1125.
16
Cfr. E. D'Angelo, Introduzione, cit., pp. XXXV sgg.
17
G. Resta, La cultura siciliana dell'et? normanna, in Atti del Congresso Internazionale di
studi sulla Sicilia normanna, Palermo, 4-8 dicembre 1972, Palermo, 1973, pp. 212-216.
18
E. D'Angelo, Introduzione, cit., p. XL.
1133 Coscienzaurbanae storiografiacittadina

listica.Dal punto di vista ideologico, infine,manca in Falcone quella spie


gazione globale "razionale"della storia, che e invece tipica della storiogra
fia normanna>>9.
L'opera di Falcone, invece, deve rientrarenel filone della storiografia cit
tadina, quella che prende sviluppo soprattutto nei comuni dell'Italia set
tentrionale, specialmente ad opera di cronisti che svolgevano anche man
sioni notarili. Le stessemansioni che svolgeva Falcone, che, nella sua ope
ra, si definisce <<notarius, scriba Sacri palatii>> (1133.3.3). La sua
professionalita, del resto, risulta evidente, talvolta, anche nel corso dell'o
pera, quando vengono ricordate inmaniera dettagliata faccende di natura
strettamente giuridica20;ma la prassi connaturata alla sua attivit'adi attesta
zione della publica fides sembra trasparireanche quando, in continuazione,
afferma che quello che descrive lo ha sentito con le proprie orecchie, lo ha
visto con i propri occhi. Giusto a titolo esemplificativo, si veda quanto dice,
per l'anno 1114, in cui afferma di non ripeterenient'altro ?preter quod vi
derim et audiverim>>(1114.3.13);ma frequentissimi- quasi in ogni pagina
- sono i casi in cui Falcone, durante la descrizione, usa la prima persona
plurale, oppure si rivolge direttamente al lettore, dicendogli che se fosse
stato presente avrebbe potuto ascoltare o vedere cio che lui con le sue pa
role non riesce ad esprimere pienamente. Talvolta, quando Falcone non e
presente alla scena che sta descrivendo, riporta quanto gli e stato riferito
da persone degne di fede: <<audivimus profecto, sicut ex eorum qui inter
fuere, comperimus testimonio...>>(1127.7.5); oppure ?re vera, sicut ex ore
narrantiumqui interfuerunt,audivimus...>>(1132.10.20).Altre volte ancora,
dichiara esplicitamente che alcune cose non e riuscito a saperle, come in
occasione del viaggio di Roberto di Capua a Pisa: <<qualiter autem cum Pi
sanis egerit, nondum plenissime ad nostram perventum est notitiam>>
(1133.8.3). Dunque, la prassi, acquisita con l'esercizio della sua professio
ne, di corroborare con attestazioni e con testimonianze quanto viene ri
portato sembra incidere notevolmente anche sulla tecnica storiografica di
Falcone, che, in questo, non si distaccamolto dagli altri notai-cronisti21.Del
resto, la sua aspirazione a raccontare la verit'aviene esplicitamente dichia
rata:?nihil etenim lectoribus et audientibus proderitmendacia proferre, et
vanitate repleta, cum tot, ut predixi, vera habeantur quae, Domino faven
te, ad posteritatis memoriam ducere curamus>>(1131.3.4). Solo la verita,
dunque, deve essere ricordatada chi, oltre che storico, e anche professio
nalmente il custode e il garante della memoria della collettivit'a.La memo

19
Ivi, pp. XL-XLI.
20
Cfr. ivi, p. XLIV, nota 1.
21
Sulle tecniche comuni alie opere storiografiche di quel genere cfr. M. Zabbia, Notai
cronisti nel Mezzogiorno svevo-angioino, Salerno, 1997.
1134 FulvioDelle Donnie

ria serve a rafforzarela documentazione ufficiale, come si ricavadallamen


zione delle decisioni adottate presso un concilio indetto da papa Callisto
II: <<multaalia quae huic opusculo affigere longum visum nobis est, exco
gitans quidem fastidio addere, et libello tali universa componere: alias vero
scripta omnia, et notata, invenietis>>(1123.1.4).Ma lamemoria puo anche
essere utilizzata per porre in dubbio le attestazioni documentarie, come ri
sulta dalla contesa relativa alla nomina della badessa del monastero di San
taMaria: dagli atti prodotti da quel monastero risulta che la prima bades
sa era stataLabinia,ma Falcone interviene affermando che ?nos autemme
moriae ducimus ex moderno tempore abbatissam Labiniam eidem
monasterio secundam prefuisse>>(1121.7.9).
La pervasivita della prassi derivata dall'esercizio della propria professione,
del resto, risulta evidente anche dall'uso di riconoscibili formularinotarili,
cosi come viene fatto attentamente rilevare dal D'Angelo22.Gia il sistema
di indicazione cronologica e identico a quello usato nei documenti di na
-turaprivata da lui compilati; poi tutto il linguaggio, che indulge alla strut
turazione binaria, endiadica, tipicamente giuridica (?concessit et tradidit>>,
?confirmatum est, et commendatum>>,ecc.), o all'uso massiccio dei deitti
ci, conferma l'influenza, sullo stile della cronaca, della standardizzazione e
della formularitadocumentaria.
Ma questo non toglie nulla alla tensione di Falcone a fare della sua crona
ca un testo letterariamentefruibile, che generi anche piacere nel lettore. 01
tre all'affermazionegi'a riportata a proposito del concilio indetto da Calli
sto II nel 1123, in cui piu esplicitamente e espressa la volont'a di non an
noiare il lettore, molto frequenti sono i richiami alla brevita necessaria
nell'esposizione. Talvolta, appaiono anche alcune dichiarazioni riconducibi
li al topos della falsamodestia, come quella relativa al proprio ?sermo in
cultus>>(1124.2.1), o a quello della cortesia verso il lettore, o a quello del
Cosi come frequenti sono anche le figure retoriche, usate
la ineffabilita23.
con una certa abilita da Falcone, e le clausole ritmiche, che seppure non
impiegate con sistematicita, sottolineano alcunimomenti di particolare par
tecipazione emotiva da parte dell'autore24.Evidente e anche l'aspirazione a
fare un'opera unitariamente strutturata, in cui tutto il racconto viene a svol
gersi a partire da una precisa linea narrativa.Tanto e vero, che, quando gli
capita di dover fare un excursus, sente l'esigenza di chiedere il permesso e
scusarsi con il lettore, per arrecargli ilminor disturbo possibile; cosi acca
de per il 1119, in cui si dice: ?de guerra autem lordanis comitis suprame
morati, si vestrae placuerit caritati, et comitis Rainulphi aliquid succincte

22
Cfr. E. D'Angelo, Introduzione, cit., pp. CXLIX sgg.
23
Cfr. ivi, p. CXLI.
24
Cfr. ivi, pp. CXXIX-CXLI.
1135 Coscienzaurbanae storiografiacittadina

narrabo>>(1119.2.1); o, ancora, per il 1121, quando deve parlare della con


tesa relativaall'elezione della badessa del monastero di SantaMaria: <<aliud
quoque, si placuerit, explicabo>>.
Tuttavia, la descrizione delle vicende viene da Falcone limitata essenzial
mente a Benevento. Rari sono i casi in cui il fuoco della narrazione si spo
sta da quella citt'a.Cio capita a proposito delle vicende del 1135-36, quan
do si descrive l'assedio posto aNapoli da Ruggero, ma questo sembra spie
gabile col fatto che, probabilmente, Falcone si trovava in quella citt'adopo
aver abbandonato Benevento, in cui era prevalsa la fazione contrapposta a
quella del cronista. Sappiamo dell'esilio di Falcone perche e lui stesso a ri
cordarlo,ma solo quando ormai e ritornato a Benevento nel 1137:
Quibus omnibus ita peractis, ego predictus Falco iudex, et Roffridus iudex, et Fal
co Abbatis Falconis, et Saductus, et Pando, et Potofridus, et Adonibezet, qui per
trienniumexules fueramus,cum aliisBeneventanissimiliterexulibus licentiapre
dicti pontificisad propriareversisumus,celestisquidem regismagnalia laudantes,
qui post tribulationem et fletumexultationeminducit(1137.5.1).

Da quanto detto, si ricavache Falcone era andato esule tre anni prima, cioe
nel 1134, probabilmente quando abbandono Benevento anche Rolpotone.
Ma c'e da chiedersi perche Falcone non lo dica esplicitamente, cosi come
ha fatto per il suo ritorno.Anzi, a proposito dell'esilio di Rolpotone, il cam
pione della difesa della libertabeneventana, si limita a dire:
Audiens autem Rolpoto Beneventanus comestabulus comitem illum Rainulphum ad
regis imperium pervenisse, animo consternatus die kalendarum Iulii de civitate Be
neventana exiens Neapolim ingressus est; quem comestabulum mille et eo amplius
Beneventanorumsecuti sunt.Triduo autempost, comestabulusipseRolpoto timo
re perculsus, navigio parato, ne in manus regis traderetur, cum quibusdam fideli
bus suis et duobus filiis Pisas festinavit. Et eis navigantibus, iudicio Dei superve
niente, navis illa confringitur, et sic ipse cum uno filio suo et duobus fidelibus suis
inter procellas maris mortui sunt: alter vero filius evasit (1134.6.1-3).

La narrazione qui si fa decisamente scarna ed essenziale: vengono ricorda


ti con rapidit'ae cursorieta eventi decisamente importanti per la sorte di
Benevento. Si dice solo, e senza alcun commento o interventoda parte del
l'autore, che Rolpotone, insieme con mille beneventani - una parte decisa
mente cospicua della cittadinanza- va in esilio aNapoli, che dopo tre gior
ni si imbarca per Pisa e che muore in un naufragio con un figlio di cui
neppure viene ricordato il nome. In maniera ben diversa Falcone si com
porta in altre occasioni, in cui ricorda, e con compartecipazione, come si
rileva dalle incisive esclamative, non solo i nomi, ma anche le vicende di
beneventani ben poco influenti: cosi capita a proposito di tale Pietro del
Popolo, che ?capite abscisso, heu miser, exalavit>>(1137.3.12), o a propo
sito della morte di un altro ignoto personaggio beneventano, Giovanni di
1136 FulvioDelle Donne

Lepore, che Rolpotone <<capiteverso in foveammergi precepit, et pedibus


in altum levatis,heu miser, vitam inauditamorte finivit>>(1133.14.15). E in
maniera molto piu accalorata ed enfatica, Falcone ricorda la sorte di alcu
ni pugliesi, pure costretti all'esilio nel 1133 da Ruggero:
Audivimus preterea viginti et tria navigia auro et argento onerata, et mobilium, quae
Apuliae expoliaverat,in profundomaris submersisse;in quibusnavi
de civitatibus
giismulti viri et mulieres ex omnibus civitatibusApuliae, et infantesligatiexules
ducebantur, patriam parentesque suos nunquam visuri; qui vero in eodem naufra
gio suffocatisunt.0 quantusluctuset dolor orribilisuniversosfinesApuliae inva
sit, celorumtamenregemcollaudantes,quod de variismortis generibuset exiliipe
riculo eos liberavit, et momento uno de mundi huius voragine eos eduxit
(1133.11.3-4).

Il lutto e il dolore, che costituiscono un'endiadi di sicuro effetto emotivo


e fonico, si impadroniscono, addirittura, dell'intera Puglia, ma viene, con
temporaneamente, lodato il Signore, perche ha risparmiatoaimorti i dolo
ri dell'esilio. Perche, pero, Falcone non usa la stessa enfasi anche a pro
posito dei propri concittadini,morti nello stessomodo? E, soprattutto,per
che non ricorda se stesso tra coloro che furono costretti all'esilio? Certo
non puo essere che considerasse quell'evento poco importante; e, sicura
mente, non si puo neppure supporre che sia stato spinto all'omissione del
la propria vicenda personale per modestia. Infatti, quando deve parlare del
la propria nomina a giudice, non risparmia al lettore nessun particolare:
vengono descritte tutte le fasi della sua elezione da parte del cardinaleGe
rardo, rettore di Benevento, della sua approvazione da parte di Rolpotone
e di altri sapientes della citta, e della comunicazione data al pontefice; anzi,
fa quasi sorridere il ?quid multa>>- un'espressione di tono colloquiale che
Falcone usa spesso per ravvivaree velocizzare la narrazione - che precede
lamenzione della ratificapapale (1133.3.4). Oppure, ogni volta che viene
riportata la notizia dell'inventio e della translatiodei santi, Falcone non di
mentica mai di dire che ha baciato personalmente le reliquie25.
Dunque, ilmotivo deve essere ricercato altrove, e forse puo essere trovato
nel desiderio di Falcone di tralasciare,di dimenticare una parte spiacevole
della storia propria e di Benevento. Del resto, dopo aver ricordato l'esilio
dei suoi concittadini, la narrazione delle vicende del 1134 viene quasi bru
scamente interrotta e si accenna appena a un altro episodio, pure di fon
damentale importanza:
Pontifex autemsubAnacletinomine coloratus,cursu rapidoBeneventumvenit, et
civitatem illam ipsius regis virtute suae obtinuit voluntati et domos quorumdam Be
neventanorumdestruiprecepit (1134.7.2).

25
Cfr. Falcone di Benevento, Chronicon Beneventanum, cit., 1119.3.3; 1124.1.10; 1129.2.2.
1137 Coscienzaurbanae storiografiacittadina

Quasi si sorvola sul fatto che l'antipapaAnacleto, sostenuto dalle truppe di


Ruggero, entra a Benevento e si prende vendetta dei suoi avversari facen
do radere al suolo le loro case: e non sarebbe del tutto azzardato ipotiz
zare che tra quelle case vi fosse anche quella di Falcone. Cosi, per i due
anni immediatamente successivi, la storia delle vicende beneventane viene
completamente trascuratae la narrazione, stranamente, si famolto esigua:
appena due pagine a stampa vengono dedicate a quel periodo, mentre gli
eventi del 1133 vengono trattati in dieci pagine e quelli del 1137 in quin
dici. La desultoriet'adelle notizie relative a quegli anni - che rende poco
probabile l'ipotesi che Falcone abbia deciso di dedicarsi proprio allora alla
stesura della sua cronaca26- non puo essere spiegata col fatto che Falcone
si trovava in esilio altrove, forse a Napoli, perche, comunque, avrebbe fa
cilmente potuto avere notizie della sua non lontana citt'a.Credo, piuttosto,
che opern in Falcone una spinta alla damnatiomemoriae di quella fase sto
rica, che deve essere allontanata, fino quasi a farla sparire:una fase stori
ca che rappresenta l'annientamentodi quella autocoscienza cittadina a cui
tanto spazio viene riservatonel Chronicon.
Autocoscienza cittadina ed affermazione delle rivendicazioni,da parte del
la comunit'adi Benevento, a conquistare ambiti di autonomia sempre piu
ampi che si dichiarano inmaniera definitiva verso la parte finale del Chro
nicon, quando si giunge allamenzione dei privilegi concessi dall'imperato
re Lotario, prima, e da re Ruggero, dopo, con cui si scioglie la citta dal
l'obbligo di pagare i tributi.La descrizione di tali eventi e piuttosto ampia
e rivela una intensa partecipazione emotiva da parte di Falcone. Gia il
modo in cui viene riportata la richiesta presentata a Lotario, per interces
sione di papa Innocenzo II, dai beneventani e piuttosto significativo:
His ita peractis, iudices et sapientes civitatis eundem dominum papam precantur,
quatenus apud imperatorem intercederet, ut de antiqua afflictione, quam civitas lon
ge lateque perpessa est, imperator ipse Beneventanos liberaret (1137.14.1).

Le fidanze, il terratico, le angarie e tutti gli altri balzelli vengono conside


rati come afflictiones,disgrazie che la citta e stata costretta a sopportareper
troppo tempo e che ora non e piu disposta a tollerare.L'arrivo dell'impe
ratore ha apportato salvezza e sicurezza,ma non basta; ora deve essere
compiuto un ulteriore passo:
Quoniam quidem nos et patres nostri, avi et proavi Deum oravimus, ut imperato
ris adventum partibus istis largiri dignaretur, per cuius adventum, libertatis vigo
rem, et securitatis, consequeremur, nunc vero, pater sanctissime, et quia voluntas et

26
Cos? era stato
ipotizzato da E. Gervasio, Falcone, cit., p. 59. Ma sembra plenamente
condivisibile l'opinione di G.A. Loud, The Genesis, cit., pp. 189 sgg., secondo cui la ste
sura del Chronicon ? stata piuttosto complessa e ha attraversato diverse fasi.
1138 FulvioDelle Donne

potestas concessa est bene nobis faciendi, lacrimis oramus, ut de tanto periculo tri
butorumcivitatemBeati Petri eripias (1137.14.2).

Ora deve essere concessa la libertas, che nella richiesta - riportata in di


scorso diretto - viene addirittura anteposta alla securitas.Certo, i beneven
tani non chiedono di essere sciolti dal vincolo di fedelt'a,perche il signore
temporale, in caso di necessita, e l'unico che iipuo aiutare,ma solo di es
sere esonerati dal pagamento dei tributi, che addirittura e visto come un
periculum da respingere addiritturagrazie alla protezione divina. Lo stesso
Falcone compartecipa alla gioia di quella eccezionale concessione, resa
possibile anche grazie all'intervento di Dio, che protegge quella santa e fe
dele citta, sede di venerabili reliquie: ?et his taliter actis, salvatoriDeo et
Innocentio papae gratias egimus, cuius virtute et gratia tantam consecuti
sumus libertatem>>(1137.14.14). La gioia di Falcone e denunciata dall'im
provviso passaggio alla prima persona plurale e da quell'aggettivo tanta che
connota inmaniera inequivocabile la straordinariet'adella conquista.
Simile gioia viene espressa anche in occasione di una simile concessione da
parte di re Ruggero.
Rex igitur,precibuseorumacceptis,pro totiuscivitatisamore inveniendo,privile
gio facto et signato, omnes fidantias et exactiones, quas soliti fuimus persolvere,
condonavit; et privilegii pagina accepta, gaudio ineffabili civitatem sunt regressi Be
neventanam(1137.21.3).

La gioia ineffabilisper il privilegio - che con un, forse, sospetto eccesso di


precisione viene specificato come factum et signatum, e, piU avanti, conces
sum et firmatum - e quella dei messi beneventani, ma la liberazione e co
mune, di tutta la citta e anche dello stesso Falcone, come si ricava ancora
dall'uso della prima persona plurale per il verbo soleo. E Falcone di nuo
vo esulta assieme a tutti i suoi concittadini:
Cumqueprivilegiumhoc coramBeneventanorumcetu lectumesset,Deo salvatori
omnium, et prefato regi et iam dicto antistiti gratias egimus quia, quod avi et pa
tres nostri videre non potuerunt, libertatis et securitatis nobis dignatus est mise
riordia sua Iesus Christus largiri, et meritis non nostris offerre. Quid multa? Ex tan
to nobis concesso beneficio, et firmato, cives universi servitia et honores prefato
regipolliciti sunt, et sine offensionead eius preceptumfamulari(1137.23.1-2).

Emerge inmaniera inequivocabile il senso di orgoglio per essere riusciti ad


ottenere cio che per i propri avi era stata solo una vaga speranza:orgoglio,
che palpabilmente si traduce, sintatticamente, nell'uso dell'interrogativa e
nei frequenti passaggi dalla terza alla prima persona plurale. Ancora si rin
grazia la divinita, che ha dimostrato la propria benevolenza nei confronti
dei beneventani anche al di la dei loromeriti: un'affermazione che potreb
be essere interpretatacome una dichiarazione di modestia, ma che, come
1139 Coscienzaurbanae storiografiacittadina

vedremo, puo essere intesa anche in un altro senso, piu sottilmente fun
zionale.
Il privilegio di Ruggero viene ricopiato integralmentenella cronaca di Fal
cone (1137.22.1-7): ed e l'unica volta in cui viene compiuta un'operazione
del genere.Ma il privilegio, come risulta dagli studi di CarlrichardBriihl27,
si rivela, per i suoi caratteri diplomatistici, un falso, probabilmente esem
plato su uno effettivamente concesso dal sovrano. E la cosa sembrerebbe
confermata anche da quanto avviene sei anni dopo, nel 1143: il cancelliere
regioRoberto di Selby, inviato da Ruggero a Benevento per controllare il
documento, evidentemente insospettito dalla sua fattura, lo prese con se e
si allontano immediatamentedalla citta, senza che i beneventani, evidente
mente consapevoli, osassero impedirlo o protestare con il sovrano. E evi
dente quanto un simile privilegio, che tra l'altro gia era stato poco prima
concesso dall'imperatoreLotario, fosse ambito dai beneventani, che, come
detto, desideravano ampliare le proprie liberta, ed e pienamente spiegabi
le il fatto che essi se lo siano fabbricatida soli, secondo una prassi, del re
sto, non inconsueta in quei secoli.
Ma ora resta da capire quale fosse il ruolo di Falcone nella vicenda, ovve
ro se fosse consapevole o meno della mistificazione di cui si era fatto por
tavoce.Certo risulta improbabile che un notaio, scrivano del Sacro palaz
zo e poi giudice della citta, quindi profondo conoscitore delle vicende po
litiche beneventane ed esperto nella fattura di atti, sia privati sia pubblici,
non fosse a conoscenza della reale natura di quel documento. Tanto piu
che, da quanto dimostra ilmenzionato episodio che ebbe per protagonista
il cancelliereRoberto di Selby, la cosa doveva essere risaputadai beneven
tani. Inoltre, a proposito del passo, sopramenzionato, in cui si afferma che
Cristo aveva fatto inmodo che venisse concesso quel privilegio <<meritis non
nostris>>(1137.23.1), e in cui abbiamo rilevato qualcosa che va al di lIadel
topos della modestia, forse e da riconoscere una sorta di excusatio non pe
tita, di giustificazione che vuole sottrarre ai beneventani qualsiasi accusa di
troppo fattiva partecipazione alla vicenda. Del resto, non puo non risulta
re sospetta l'inserzione della trascrizione integraledi quel documento: cosa
che, abbiamo detto, non puo essere riscontrata in nessun'altra parte del
Chronicon. Infatti, il simile privilegio elargito dall'imperatoreLotario non
viene riportato e le parole del giuramento pronunciato dai suoi vassalli ven
gono trascritte solo inmaniera piuttosto sommaria.E non solo: anche del
privilegio effettivamente concesso da reRuggero, e che dovette servire come

27
Rogerii II. diplomata Latina, hrsg. v. C. Br?hl, K?ln-Wien, 1987, pp. 131-133; C.
Br?hl, Urkunden und Kanzlei K?nig Rogers II. von Sizilien, K?ln-Wien, 1978 (ripubbli
cato in italiano col titolo Diplomi e canceller?a di Ruggero II, Palermo, 1983), pp. 101
109.
1140 FulvioDelle Donne

base per il falso, non viene fattamenzione. Dunque, sembrerebbe proprio


che Falcone, a dispetto di tutti i giuramenti di veridicita, che costellano la
sua opera, fosse consapevole della falsificazione.Ma perche le attribuisce
credito?
Contrariamente a quanto avviene per lamaggior parte delle cronache bas
so-medievali scritte da notai, quella di Falcone dovette avere una certa cir
colazione28.Essa, infatti,non rimase chiusa in un cassetto e non venne sem
plicemente lasciatada Falcone in eredita ai propri discendenti, come capi
ta per il lavoro del padre di Rolandino da Padova, ma costitui ilmodello
e la fonte a cui attinse, spesso alla lettera, l'autore della Chronica Sanctae
Mariae de Ferraria29. Questo ci fa capire che assurse al ruolo di opera pub
blicamente consultabile. Purtroppo manca il proemio del Chronicon di Fal
cone, il luogo in cui l'autore avrebbe potuto farci capiremeglio il signifi
cato che intendevadare al suo lavoro,ma ci viene di richiamarequanto di
ceva Giovanni di Salisbury, quasi un coetaneo di Falcone, nella prefazione
della suaHistoria Pontificalis, in cui affermavache ?valet etiam noticia cro
nicorum ad statuendas vel evacuandas prescriptiones et privilegia roboran
da vel infirmanda>>30; oppure quello che ci dice Leone Marsicano, anche lui
vissuto, piu o meno, nella stessa epoca, a proposito dell'incarico affidatogli
dall'abate Oderisio di esaminare attentamente <<imperatorumac ducum
principumque praecepta, necnon aliorum quorum fideliummonimina>>e di
sistemarli in una cronaca31,oppure, ancora, la prassi, in qualche modo si
mile, riscontrabile in altre coeve cronache con documenti32.Insomma, in al
cuni casi, il valore dei documenti viene corroborato dal loro inserimento
nel corpo di una cronaca. E questa funzione di corroborazione potrebbe
essere riscontrata anche nell'opera di Falcone: certo non in tutta, perche
essa non sembra prestarsi, nella sua struttura complessiva, a tale scopo, ma
almeno nella parte in cui viene inserito il privilegio di Ruggero. La spiega
zione del modo in cui esso era stato concesso, in un futuro piuttosto lon
tano, quando lamemoria umana avrebbe cominciato a perdere vigore pro
bante, avrebbe potuto conferire attendibilit'ae valore giuridico anche a un
falso.

28
Sulla scarsa circolazione delle opere dei notai-cronisti cfr. M. Zabbia, Notai-cronisti,
cit., specialmente p. 8.
29
Ignoti Monachi Cistercensis, Chronica Romanorum pontificum et imperatorum ac de re
bus in Apulia gestis, a cura di A. Gaudenzi, Napoli, 1888.
30
Johannes Saresberiensis, Historlae pontlficalls quae supersunt, ed. by R.L. Poole,
Oxford, 1927, p. 4.
31
Leoni Marsicani et Petri Diaconi, Chronica monasterii Casinensis, hrsg. v. W. Wat
tenbach, MGH, SS, VII, Hannoverae, 1846, pp. 574 sg.
32
Cfr. G. Arnaldi, Cronache con documenti, cronache ?autentiche? e pubbllca storiogra
fia, in Fonti medioevali e problem?tica storica, I, Roma, 1976, pp. 353-360.
1141 Coscienzaurbanae storiografiacittadina

Certo e difficile pensare che Falcone abbia ricevuto, in via ufficiale, l'inca
rico di redigere il suo Chronicon; del resto, questo non era avvenuto nep
pure per Caffaro, che autonomamente si era andato dedicando alla stesura
dei suoi Annali, anche se poi vennero approvati e ratificatidai consoli e
dal Consiglio di Genova. E sarebbe azzardato anche ipotizzare che dell'o
pera di Falcone sia stata data pubblica lettura, come avvenne per quella di
Rolandino da Padova. Ma i continui appelli al lettore, e soprattutto all'a
scoltatore33,per quanto retoricipossano essere, potrebbero essere significa
tivi e rimandare a una sua fruizione quasi ufficiale34,o, almeno, all'aspira
zione a diventarlo. E anche l'invocazione alla <<vestraecaritati>>(1119.2.1),
ma soprattutto quella alla <<paternitati vestrae>>(1124.2.1), se pure non te
stimoniano dell'appartenenza di Falcone allo status clericale, come talvolta
e stato affermato35,potrebbero comunque essere rivolte - quasi come a un
dedicatario - ad un alto rappresentantedelle istituzioni ecclesiastiche, che,
magari, svolgeva funzioni di governo su Benevento, citt'a rigidamente sot
toposta all'autorit'adella Santa Sede.
Al di la di queste ipotesi, in ogni caso, Falcone si dovette dedicare, anche
senza un preciso mandato, alla compilazione del suo Chronicon, in quanto
dotato - come ben fa rilevareD'Angelo nella sua introduzione - di una
istruzione piuttosto elevata e della publica fides, derivata dalla sua qualifi
ca professionale e necessaria a fare un'opera che avesse nella ricerca della
verit'a il suo carattere essenziale: in sostanza, gli stessi presupposti che do
vettero spingere altri notai a dedicarsi al genere storiografico.Nel fare cio
diede senz'altro risposta ad un diffuso bisogno, sentito come urgente dalla
collettivita':quello di ritrovare,disposti in una serie cronologicamente or
dinata, gli eventi di cui erano stati protagonisti.Ma dovette anche, al con
tempo, rispondere ad un'altra esigenza, sentita come sempre piu impellen
te: quella di dare attestazione letterariaalle aspirazioni e alle rivendicazio
ni di una comunita che stava sviluppando in maniera insopprimibile e
tenace la coscienza della propria individualitaurbana.

33
Cfr. Falcone di Benevento, Chronicon Beneventanum, cit., 1127.8.5; 1131.3.4.
34
Su questo concetto cfr. G. Ferra?, La storiografia come ufficialit?, in Lo spazio lette
rario del Medioevo. Il Medioevo latino, III, Roma, 1995, pp. 661-693.
35
Per un'accurata disamina della storia della critica relativa a questa ipotesi, cfr. E.
Gervasio, Falcone, cit., pp. 7-17, ed E. D'Angelo, Introduzione, cit., pp. XIII sg.

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