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Estratto

Bruno Migliorini, luomo e il linguista


(Rovigo 1896 Firenze 1975)
Atti del convegno di studi Rovigo, Accademia dei Concordi, 11-12 aprile 2008

a cura di Matteo Santipolo Matteo Viale

Accademia dei Concordi Editore

Iniziativa finanziata ai sensi della Legge Regionale n. 3 del 2003

ISBN 978-88-902722-5-7 2009 Accademia dei Concordi Editore Rovigo Piazza Vittorio Emanuele II, 14 45100 Rovigo Tel. 0425 27991 Fax 0425 27993 E-mail concordi@concordi.it www.concordi.it

INDICE

MATTEO SANTIPOLO MATTEO VIALE Prefazione LUIGI COSTATO, Presidente dellAccademia dei Concordi Saluto NICOLETTA MARASCHIO, Presidente dellAccademia della Crusca Saluto LUOMO E LO STUDIOSO PAOLO MIGLIORINI Un ricordo di mio padre FRANCESCO SABATINI Bruno Migliorini, un padre della Patria LUCA SERIANNI Leredit scientifica di Bruno Migliorini: una testimonianza PIERO FIORELLI A lezione da un giovane Migliorini MASSIMO FANFANI La prima stagione di Lingua nostra Documenti MARIA GRAZIA MIGLIORINI Migliorini e lAccademia dei Concordi Documenti ROSSANA MELIS Tra la guerra e la pace. Lettere a Bruno Migliorini degli anni Quaranta

XI

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XVII

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INDICE

DAVIDE COLUSSI Note linguistiche sul primo Migliorini MIGLIORINI LINGUISTA


E STORICO DELLA LINGUA ITALIANA

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RICCARDO TESI La vocazione europeistica di Bruno Migliorini (con unAppendice sulla prima nota di lingua contemporanea) Appendice ROSARIO COLUCCIA Migliorini e la storia linguistica del Mezzogiorno (con una postilla sulla antica poesia italiana in caratteri ebraici e in caratteri greci) IVANO PACCAGNELLA Il Quattrocento di Migliorini MIGLIORINI LESSICOLOGO E LESSICOGRAFO MAX PFISTER Migliorini e la lessicologia Appendice MANLIO CORTELAZZO Migliorini e il lessico contemporaneo CARLA MARCATO Migliorini e l'onomastica LE ALTRE LINGUE E LEDUCAZIONE LINGUISTICA CARLO MINNAJA Migliorini esperantista ELISA GREGORI Migliorini francesista MATTEO VIALE Migliorini tra grammatica ed educazione linguistica

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INDICE

VII

MATTEO SANTIPOLO Postfazione. Migliorini, Rovigo e i professori concordi Profili dei curatori e degli autori IMMAGINI E DOCUMENTI
a cura di Matteo Santipolo

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ROSARIO COLUCCIA

MIGLIORINI E LA STORIA LINGUISTICA DEL MEZZOGIORNO (CON UNA POSTILLA SULLA ANTICA POESIA ITALIANA IN CARATTERI EBRAICI E IN CARATTERI GRECI)

1. Premessa In apparenza mi sono prefisso un obiettivo irraggiungibile. Nella sterminata bibliografia di Migliorini altri (rispetto a quello che intendo trattare) sono i temi ricorrenti, gi enucleati nel ricordo che cinque commemoranti prestigiosi (G. Folena, I. Baldelli, A. Castellani, P. Fiorelli, Gh. Ghinassi) tracciarono di lui e della sua opera a Firenze, presso lAccademia della Crusca, il 18 dicembre 1976, a diciotto mesi dalla scomparsa (cfr. AA.VV. 1979). In modalit articolata gli argomenti riaffiorano nelle relazioni del nostro Convegno: la lessicografia, letimologia, lonomastica, leducazione linguistica, lesperantistica, ecc. In questo panorama tematico il Mezzogiorno sembra assente, a parte le eccezioni seguenti, che cito soltanto e delle quali non mi occuper in questa sede: 1. alla Scuola poetica siciliana, il capitolo sul Duecento della Storia della lingua italiana (Migliorini 1988: I 123-9) riserva riflessioni ancor oggi attuali1; 2. alla grecit dellItalia meridionale (Migliorini 1924a; 1924b; 1927; 1932), questione assai dibattuta nella prima met del secolo scorso, o a singoli episodi e testi della tradizione napoletana (Migliorini 1925; 1926; 1952a; 1952b), abruzzese (Migliorini 1936; 1946a; 1946b) e siciliana (Migliorini 1949; 1952c; 1954) risultano dedicate non poche recensioni e prefazioni2. Per il resto, negli scritti di Migliorini non figurano titoli che richiamino direttamente alla storia linguistica meridionale. Non rimane quindi che esaminarne lopera per cos dire in tralce, per cogliere in essa elementi collegabili al tema che andiamo ricercando: successivamente, come vedremo, gli stessi sono stati ripresi da diversi studiosi i quali, sia in modo esplicito sia in forma non dichiarata, si assumono di fatto il cmpito di proseguire e quasi mandare a esecuzione gli spunti ereditati.

Come si pu constatare raffrontando le pagine di Migliorini con lIntroduzione e il commento linguistico della recente edizione integrale dei Poeti della Scuola siciliana (Antonelli Di Girolamo Coluccia 2008). 2 Testi meridionali vengono inoltre citati, senza indicazioni bibliografiche o studi specifici (cosa ovvia, considerato il carattere della pubblicazione) in Migliorini 1975; alcuni di questi testi saranno ricordati pi avanti.

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1.1. Trecento e Quattrocento Consideriamo la situazione dei testi antichi. Nel 1952, nella collana Testi e manuali dellIstituto di Filologia Romanza di Roma, dalla collaborazione con il prediletto Folena nasceva il volumetto dei Testi non toscani del Trecento: Migliorini Folena 1952; seguiva, a distanza di un anno, nella stessa sede e con la medesima curatela, il gemello dedicato ai Testi non toscani del Quattrocento: Migliorini Folena 1953. 71 piccoli brani provenienti da diverse regioni dItalia (a esclusione della Toscana) nel primo lavoro e 123 nel secondo; in entrambi i casi linsieme corredato da Premessa, Glossario, Indice/Elenco dei luoghi e una carta fuori testo nella quale sono indicate data e provenienza dei brani antologizzati. I due volumi, separati per motivi editoriali ma tra loro interconnessi, identici nellimpostazione e nelle finalit, nascono dalla felice integrazione operativa dei due autori, pur se possibile distinguere le parti di pertinenza di ciascuno3. Ideati con intenti didattici e finalizzati a studiare la formazione della norma scritta fuori dalla Toscana nei secoli XIV e XV, sobriamente etichettati come strumento di lavoro [] utile, anche se lontano dalla perfezione, essi ebbero effetti di portata ben pi vasta, come si constata a prima vista dal numero delle recensioni: 8 nel primo caso, 9 nel secondo (cfr. Fanfani 1979: 168 e 172) Proviamo a ricomporre il censimento di quanto ci interessa. Nel Trecento per lintera Italia meridionale (compresa la Sicilia) registriamo le seguenti presenze: Abruzzo:
n. 42 Il giubileo del 1350 nella Cronaca aquilana di Buccio di Ranallo (LAquila, seconda met del sec. XIV, copia del 1493); n. 50 Dalle cose dellAquila di Antonio di Buccio (LAquila, 1381 ca.) ; n. 71 Costituzioni del convento di Santa Croce (LAquila, fine sec. XIV).

Sicilia:
n. 7 Capitoli sulle gabelle per la guerra (Palermo, 16 agosto 1320); n. 15 Formule magiche per guarire i cavalli (Palermo, I met sec. XIV); n. 29 Testamento del prete Guglielmino de Banbacara (Catania, ante 1 novembre 1349); n. 30 Capitoli frumentari della citt di Palermo (1349); n. 61 Lettera del Duca di Monblanc al castellano di Leontini in favore della comunit ebraica (Catania, 8 maggio 1393); n. 69 Capitoli della universit della terra di Alcamo (Alcamo, 1398).

In totale 9 testi, dei quali 6 provengono dalla Sicilia e 3 dallAquila. Nel Quattrocento per lItalia meridionale (compresa la Sicilia) registriamo le seguenti presenze: Campania:
n. 21 Lettera della regina Maria al clero di Altamura (cancelleria angioina, Altamura, 28 aprile 1420)4;

Precisate in Migliorini Folena 1952: XI e in Migliorini Folena 1953: XXIV. La regina Maria Maria dEnghien (morta nel 1446), che svolge un ruolo importante per la promozione del volgare salentino nella sua cancelleria e nella sua corte; il testo della lettera (in particolare il sistema grafico) presenta caratteristiche piuttosto evidenti di tipo salentino (Coluccia 2005: 133, n. 15).
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n. 42 Credenziale di Alfonso I dAragona ad Antonio Dentice (cancelleria aragonese, Napoli, 1 marzo 1443); n. 53 Dalle Memorie di Loise de Rosa (Napoli, 1452); n. 56 Re Alfonso chiama a parlamento i baroni e le universit del Regno (cancelleria aragonese, Roma, 8 settembre 1454); n. 61 Lettera di Ceccarella Minutolo (Napoli, 1460-70); n. 64 Ferdinando dAragona scrive al figlio sul ritorno del Panormita a Napoli (21 settembre 1463); n. 67 Ferdinando dAragona al capitano di Altamura (cancelleria aragonese, Napoli, 23 febbraio 1464); n. 68 Lettera di Ferdinando dAragona a Francesco Sforza (cancelleria aragonese, Napoli, 22 luglio 1465); n. 80 Eleonora dAragona a pranzo in Roma dal cardinale di San Sisto (Napoli, 10 giugno 1473); n. 89 Dal Governo et exercitio de la militia di Orso degli Orsini (Napoli 1477); n. 90 Lettera di Francesco del Tuppo (Napoli, tra il 1477 e il 1480); n. 93 Poscritto di Cola de Iennaro alla versione del Secretum Secretorum catalano (Napoli, 4 settembre 1479); n. 95 Memoriale del 1479 di Diomede Carafa (Napoli, 1479); n. 96 Dalle Instructione del bon cortesano di Diomede Carafa (Napoli, 1479); n. 99 Lettera di Alfonso dAragona a Ferdinando I scritta da Giovanni Pontano (cancelleria aragonese, Napoli, 30 maggio 1482); n. 103 Il re di Napoli allo studio (cancelleria aragonese, Napoli, 25 aprile 1484); n. 122 Lettera di Gabriele Altilio vescovo di Policastro a Cosmo Setario vescovo di Ravello e di Salerno (Policastro, 11 maggio 1500).

Abruzzo:
n. 16 Inizio della Fiorita dArmannino (Chieti, 13 settembre 1418); n. 25 Dai Cantari sulla Guerra aquilana di Braccio (LAquila, 1425-30 ca.); n. 47 Discorso di S. Giovanni da Capistrano (Abruzzo, 1447); n. 51 Statuti dellArte dei sarti (LAquila, 22 aprile 1452); n. 98 Supplica dun cittadino di Rieti per comperare un pezzetto di suolo comunale (Rieti, 1480-1482).

Puglia:
n. 4 Dal Libro di Sidrac otrantino (Salento, - Brindisi?, in. sec. XV); n. 55 Dai Protocolli di notar Pascarello de Tauris (Bitonto, 1 giugno 1454); n. 69 Inventario delle munizioni del castello di Palo per la consegna ad Azzo Visconti (Bari, 13 ottobre 1465); n. 82 Statuto del Consiglio della citt di Molfetta (Molfetta, 24 febbraio 1474).

Calabria:
n. 22 Contratto di pignoramento della Motta S. Quirillo (Reggio Calabria, 27 luglio 1422); n. 87 Da un ricettario calabrese (Stilo, 3 aprile 1477); n. 91 Lamento di Ioanne Maurellu di Cosenza in morte di don Enrico dAragona (Cosenza, 1478).

Sicilia:
n. 11 Dal canto sulleruzione etnea del 1408 di Andria di Anfusu (Catania, 1408); n. 14 Capitoli per la citt e isola di Malta (Catania, 11 febbraio 1416); n. 15 Capitoli dei vicereggenti per la redenzione dei prigionieri (Catania, 30 novembre 1416); n. 23 Memoriali di re Alfonso al vicer di Sicilia (Palermo, Cancelleria aragonese, 142328);

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n. 38 Lettera di Perna di Faronti al notaio di Trapani Francesco Milo (Salemi, 22 ottobre 1439); n. 62 Capitolo della corte del Consolato del mare (Messina, 1461).

In totale 16 testi campani (uno dei quali in realt salentino, cfr. n. 4), 5 abruzzesi, 4 pugliesi, 3 calabresi, 6 siciliani; la lettera di Gabriele Altilio (numero 122), vescovo di Policastro, si colloca allintersezione delle zone campana e calabrese (pur se in et aragonese il polo di gravitazione della localit senza alcun dubbio rappresentato da Napoli)5. Un insieme di entit non trascurabile, anche considerando che il carattere in prevalenza documentario e pratico della selezione deliberatamente sottostima i prodotti letterari, i quali ne avrebbero potuto accrescere lentit. Molti di questi testi, insieme ad altri, sono citati e sfruttati immediatamente, nel 1960, nei capitoli sul Trecento e sul Quattrocento della Storia della lingua italiana. Vengono per tali vie fissati i presupposti perch possano concretamente avviarsi studi sistematici sulla storia linguistica meridionale nel Medioevo, allepoca praticamente inesistenti. 2. Un venticinquennio di studi A quella data rifulgeva gi, nessuno dimentica, la grande tradizione degli studi dialettologici e sincronici, che vantava i nomi di Clemente Merlo, Gerhard Rohlfs, Heinrich Lausberg; ma ben pi esiguo era lelenco di contributi sul periodo medievale scientificamente inappuntabili, o almeno adeguati alle esigenza della ricerca. Di fatto la storia della lingua del Mezzogiorno, con riferimento allet medievale, comincia a essere studiata con sistematicit negli anni sessanta del Novecento, circa dieci anni dopo lapparizione delle due sillogi di Migliorini e Folena sui testi non toscani: in quel periodo appaiono i lavori di Mauro Braccini e di Oronzo Parlangli e, subito dopo, con intensit crescente, di Francesco Bruni, di Francesco Sabatini, di Alfredo Stussi, di Alberto Vrvaro (e di loro allievi). Nonostante tanti segnali positivi, ancora agli inizi degli anni ottanta la scarsit della documentazione disponibile (Vrvaro 1983: 579) poteva essere additata come la causa principale delle insoddisfacenti conoscenze sulle vicende linguistiche dellItalia meridionale nel Medioevo; peraltro la constatazione negativa era accompagnata da concrete indicazioni operative sugli obiettivi raggiungibili e sui percorsi per arrivarci. Con questo non si intende affermare che lincremento degli studi nel settore promani per intero dai due volumetti di Migliorini e Folena; ma certo non pu ritenersi scollegato rispetto agli impulsi dagli stessi suscitati. Il semplice elenco dei testi l antologizzati, divenuti oggetto di pubblicazione specifica da parte di studiosi successivi, contribuisce a misurare quanto lo stato attuale delle conoscenze possa ricollegarsi a quella matrice. Non si tratta di dare corso a un mero calcolo contabile, pure indicativo,

5 Antonello Petrucci, segretario di Ferrante, acquista nel 1475 la contea di Policastro (cfr. Barbato 2001: 15 e n. 34); suo figlio Giovanni Antonio autore di sonetti composti mentre era imprigionato in attesa dellesecuzione in sguito alla congiura dei baroni (cfr. Perito 1926). Rientra tra i testi antologizzati in Bianchi De Blasi Librandi 1993: 230-233, il Libro de le fuste di Policastro del 1486. Per la provenienza dallo stesso centro del Brancati, cfr. la successiva n. 13.

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ma piuttosto di verificare la concretizzazione di quelle lontane prospettive nel contesto della cultura e delle conoscenze attuali.
Il n. 4 di Migliorini Folena 1953 un brano del volgarizzamento salentino del Libro di Sidrac, poi integralmente pubblicato da Sgrilli 19836 con il corredo di spoglio linguistico e di glossario costruiti con il supporto di concordanze elettroniche: luso della strumentazione informatica, oggi diventato rutinario, trova qui una delle sue prime applicazioni nello studio di un testo antico. Lanalisi non si limita a una semplice, per quanto sottile, discussione dei singoli fenomeni: ne risulta una ricomposizione dettagliata di movimenti e tendenze specifici del contesto storico-culturale allinterno del quale il volgarizzamento salentino stato generato. Si tratta, ancor oggi, della analisi linguistica di maggiore estensione e profondit su un testo pugliese antico. Il n. 95 di Migliorini Folena 1953 riproduce un frammento di Memoriale di Diomede Carafa, ripubblicato insieme alledizione dellintero blocco dei Memoriali in Petrucci Nardelli 19887. Oltre alla ricompattazione di materiali dispersi in un numero assai vasto di testimoni manoscritti (oggetto di edizioni precedenti frammentarie e a volte occasionali), la nuova edizione, condotta con criteri paleograficamente inappuntabili, offre apprezzabili Note linguistiche, un glossario selettivo ma funzionale allinterpretazione del testo, un Saggio introduttivo che evidenzia bene i temi preferiti dal Carafa (lumanesimo civile, la teorizzazione cortigiana, la sistemazione delle buone maniere, il pensiero militare) nel contesto della vita di corte aragonese. Il n. 25 di Migliorini Folena 1953 offre quattro ottave di un anonimo cantare aquilano della prima met del sec. XV; il precedente non citato nelledizione integrale curata da De Matteis (1996)8. Il poema, articolato in una sequenza di undici cantari collegati, racconta lassedio imposto dal condottiero perugino Braccio da Montone al capoluogo aquilano e lo scontro successivo tra le sue truppe e quelle di Alfonso dAragona. Lintroduzione mette in luce i collegamenti dellopera con una duplice tradizione tematica e contenutistica, quella della letteratura cavalleresca popolare (variamente radicata nella cultura nazionale) e quella della cronachistica locale; seguono nota al testo, apparato e glossario. Il brano n. 53, tratto dai Ricordi di Loise de Rosa, confluisce nelledizione integrale di Formentin 19989: i due volumi offrono unintroduzione (nella quale particolari anche minimi vengono inquadrati nel contesto della vita napoletana dellepoca), ledizione dellautografo, un capillare commento linguistico, il glossario, la bibliografia molto analitica. Nellinsieme, la pubblicazione di un testo singolare e atipico, interpretabile addirittura come espressione di una cultura fondata sulloralit, costituisce loccasione per una puntuale ricostruzione della lingua del documento e dellintera situazione linguistica napoletana quattrocentesca. Attende ancora di essere ricomposto nella sua integralit lepistolario di Ceccarella Minutolo, una lettera della quale il n. 61 di Migliorini Folena 1953, non compresa nelledizione di Morabito (1999: 26 per la citazione successiva). Questo lavoro riproduce le epistole di un sol codice, pur in presenza di altre testimonianze manoscritte: lo studio non pretende infatti di ricomporre lintero lepistolario, ma semplicemente di offrire un esemplare di quei libri di lettere abitualmente ritenuti diffusi nel secolo XV, particolarmente in ambiente aragonese; per sovrammercato, la collocazione del lavoro in una sede editoriale obiettivamente defilata non ne ha favorito la circolazione. Ceccarella Minutolo resta a tuttoggi una figura semisconosciuta e attendiamo ancora di poterne ben valutare gli scritti.

Si tratta dei capitoli 31 e 32, corrispondenti a Sgrilli 1983: 220. Si tratta di un frammento del n. XI, Memoriale per il capitano prudente, cfr. Petrucci Nardelli 1988: 368. 8 In De Matteis 1996: 158-159, IX 20-23. 9 In Formentin 1998: II 517 7 518 18.
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Il n. 15 di Migliorini Folena 1952, indicato come Formule magiche per guarire i cavalli, ricompreso nelledizione integrale del Thesaurus pauperum in volgare siciliano, numero 23 della Collezione di testi siciliani dei secoli XIV e XV (Rapisarda 2001)10. Organizzato secondo lo standard della serie, il volume consta di ampia introduzione storico-culturale (antecedente latino, volgarizzamenti italiani, individuo palermitano oggetto dello studio, modi della traduzione, analisi della scripta), delledizione del testo con relativa Nota editoriale, del glossario. Conservato da un manoscritto del sec. XV, il Thesaurus siciliano rappresenta il volgarizzamento di un antecedente latino a sua volta riconducibile allambiente federicano: uno dei pochi testi a noi pervenuti della letteratura medico-scientifica insulare, di cui riusciamo ora ad apprezzare contenuti e caratteristiche linguistiche, in primo luogo il lessico. Per la recente edizione della Cronica aquilana di Buccio di Ranallo (De Matteis 2008) risultano decisivi la mediazione e gli spunti offerti da vari studiosi precedenti, in primo luogo G. Contini, non quelli provenienti dallantologia di Migliorini Folena 1952: n. 4211, neppure menzionata. La figura del cronista aquilano appartiene a una cultura portatrice di valori, interessi e temi dambito locale e nello stesso tempo aperta a suggestioni operanti nella contigua area mediana e a influssi provenienti da Toscana, Roma e Napoli; il testo, costituito prendendo a base il testimone meno malconcio tra i tre che tramandano lopera, corredato di apparato e di commento a pi di pagina.

Tiriamo i conti: dalla lista di frammenti raccolti nelle due antologie di Migliorini e Folena e offerti alliniziativa degli studiosi deriva lodierna disponibilit (pur nella variet qualitativa dei risultati) di tre testi napoletani (Petrucci Nardelli 1988; Formentin 1998; Morabito 1999), di due aquilani (De Matteis 1996; De Matteis 2008), di uno salentino (Sgrilli 1983) e di uno siciliano (Rapisarda 2001)12. Come accennato, non possibile precisare quanto del fermento editoriale dellultimo venticinquennio, periodo successivo allanno (1983) della desolata constatazione di Vrvaro sulla insufficienza della documentazione meridionale e della contemporanea edizione del Libro di Sidrac salentino che di fatto inaugura la serie delle riprese dai Testi non toscani, possa venir ricondotto alla diretta ispirazione di questi ultimi e quanto vada attribuito al mutato clima culturale generale, pi attento alla realt policentrica della nostra storia linguistica; abbiamo gi notato che nei lavori sui due testi aquilani, peraltro risalenti al medesimo studioso, il debito bibliografico, posto che tale effettivamente sia, non viene dichiarato. Di fatto, nellultimo quarto di secolo il panorama editoriale migliorato non di poco e testi napoletani e campani, abruzzesi e molisani, pugliesi, lucani, calabresi, siciliani, costituiscono ormai un apprezzabile reticolo di riferimento per gli studiosi (pur a maglie ineguali, come vedremo) e offrono la base documentaria che consente di ricostruire, con discreta ampiezza di dettagli e qualche presunzione di verosimiglianza, anche aspetti e situazioni meno evidenti del cammino verso l'italianizzazione delle variet meridionali.

In Rapisarda 2001: 110, 251-53 (in parte). In De Matteis 2008: 256-261, quartine 820-835. 12 Il n. 16 di Migliorini Folena 1953 produce un brano della Fiorita dArmannino (Chieti, 13 settembre 1418), la cui edizione stata annunciata al XXV Convegno CILPR (cfr. Gambacorta, in stampa).
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2.1. Le scriptae meridionali Lapertura di tanti cantieri di ricerca, oltre al fattuale superamento della prospettiva toscanocentrica e al progressivo delinearsi della specificit meridionale, comporta che il contributo fornito dalle diverse tipologie di testi al processo di italianizzazione e le dinamiche interne allarea possano essere esaminati con strumenti di analisi attenti ai fenomeni di variazione diafasica e diastratica e con attenzione spesso mirata alla produzione non letteraria, la cui variet compensa la non eccelsa qualit dei prodotti letterari. La linea di svolgimento di questo percorso nel Sud appare, oltre che lenta, non rettilinea e non uniforme: in altre parole litalianizzazione avanza nelle diverse zone a velocit diversa e con modalit differenti. In questo quadro, acquistano una rilevanza particolare le occasioni in cui, scartato il ricorso diretto ai volgari locali e non ancora generalizzata ladozione del modello a base toscana, si manifestano forme d'impianto e circolazione sovramunicipali, meno legate alla specificit geografica di partenza e per ci stesso in un certo senso pi "ambiziose". naturale che il processo di conguaglio linguistico risulti avvantaggiato da spinte di questo genere. Ai tentativi di estendere l'uso linguistico al di l dell'orizzonte di un singolo centro si applica spesso letichetta di koin, concetto elaborato e redditiziamente utilizzato soprattutto con riferimento a situazioni dell'Italia padana (koin lombarda, veneta, milanese, mantovana, ferrarese, ecc.); tuttavia, nonostante qualche accenno a possibili applicazioni anche nel Sud, qui il fenomeno si presenta meno marcato. Nel nostro caso converr rinunziare a tale schema interpretativo (poco pertinente alla realt meridionale) e ricorrere alla nozione, forse pi funzionale, di scripta. Non una mera questione terminologica: parlando di koin si pone l'accento sull'esistenza di sistemi linguistici unificanti (sovramunicipali, sovraregionali, ecc.) intenzionalmente creati e relativamente stabili, per i quali sia possibile individuare una serie di tratti specifici ai vari livelli della lingua e circoscrivere i limiti diatopici di diffusione. La scripta ha invece un carattere pi euristico e allude a "normali" oscillazioni interne a un sistema, in cui esiti di diversa provenienza convivono pi o meno pacificamente. Nel Mezzogiorno la spinta uniformante si esercita pi per via negativa, cio per sottrazione di tratti locali, che in positivo, mediante linstaurazione di modelli comunicativi appositi (cfr. Coluccia 1994a: 373-374; e cfr. le voci koin e scripta redatte da chi scrive per lEnciclopedia dellItaliano, in corso di stampa). Si sottrae in parte a questo schema la tradizione cancelleresca e amministrativa, per la quale linfluenza del modello uniformante si esercita anche nelle periferie e favorisce la confezione di prodotti (statuti, capitoli, bandi, registri erariali, ecc.) ripetitivi nella struttura testuale e relativamente omogenei nella lingua, anche a dispetto delle variazioni legate al luogo, al momento e alla contingenza redazionale. 2.2. I testi Laffinamento delle conoscenze progredisce in parallelo allaumento dei testi disponibili. Sotto questo profilo a volte quasi si desidererebbe un pi oculato bilanciamento delle attivit editoriali, considerato che mentre dati attendibili ancora scarseggiano per situazioni poco esplorate nuovi testi continuano ad apparire per zone gi ben studiate. Senza elencare una per una tutte le iniziative, per la Sicilia basti considerare che la Collezione di Testi siciliani dei secoli XIV e XV assomma ormai a 26 volumi: fresca ledizione delle Meditacioni di la vita di Christu curata da Gasca Quei-

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razza (2008). Per Napoli, dopo la notevole fioritura editoriale degli anni ottanta e novanta del secolo scorso, sono apparse le edizioni di un volgarizzamento da Vegezio operato da Giovanni Brancati di Policastro, allincirca nel 1476, cfr. Aprile 2001, e di un volgarizzamento da Plinio dello stesso, allincirca nel 1480, cfr. Barbato 2001: grazie a essi la figura di Brancati, finora noto fondamentalmente per la polemica antitoscana con Landino, si rivela decisiva per la promozione a fini letterari del volgare meridionale nel contesto movimentato del secondo quattrocento napoletano13. Negli ultimi tempi prendono consistenza e si rivelano ricche di interesse personalit semisconosciute, come Cola de Jennaro, maniscalco napoletano autore di un volgarizzamento dal catalano al napoletano del Secretum Secretorum e di un volgarizzamento di mascalcia da Giordano Ruffo, entrambi redatti intorno al 1479, nel corso della sua prigionia a Tunisi14. Tanto positivo fervore di studi consente lallestimento di importanti opere di sintesi, come la grammatica storica del dialetto napoletano (Ledgeway 2009), che per carenza della documentazione sarebbe stata irrealizzabile fino a non molti anni addietro. 3. La Puglia Se la storia linguistica napoletano-campana e quella siciliana risultano tra le meglio esplorate dellItaloromnia non toscana, non si pu dire lo stesso per altre aree del Sud, su cui le nostre conoscenze, pur progredite negli ultimi anni, non sono ancora al livello desiderabile. In queste condizioni attualmente la Puglia, regione che pure presenta la peculiarit di una produzione testuale di entit e variet non disprezzabili (come avremo modo di vedere) e la caratteristica, che si accentua in zone vicine quali Lucania e Calabria, di risultare ancora carente di adeguate affidabili edizioni di testi di

Giovanni Brancati, bibliotecario del sovrano aragonese, proviene da Policastro (per cui cfr. n. 5): fu autore di una celebre polemica dal sapore antitoscano, gi iniziata nel 1473 a proposito di una traduzione pliniana eseguita dal Landino e ribadita quando, nel 1480 ca., spinto a realizzare a sua volta una traduzione della medesima opera pliniana: Non ho anche curato far la medesma traductione in altro linguagio che in lo nostro medesmo non pur napolitano ma misto, parte perch iudicato questo ad nesun altro esser inferiore, parte perch ho voluto la medesma traductione sia utile ad tucti certo, ma principalmente a li mei conregnicoli et sopra ad tucti ad te, invictissimo re Ferrando. Si tratta della categorica rivendicazione del valore assunto, agli occhi del solerte funzionario regio, dal diffuso modello linguistico meridionale continentale, al quale espressamente rinvia la formula linguagio [] non pur napolitano ma misto, da intendere appieno alla luce della successiva allusione ai conregnicoli (e non, si noti, ai soli napoletani) quali destinatari ideali della nuova e pi adeguata traduzione. Curiosamente a lungo non si rilevato che letichetta napolitano misto indicata nel titolo del lavoro di Gentile delleditore moderno ma non del volgarizzatore quattrocentesco, perch il Brancati rinvia esplicitamente invece a un linguagio non pur napolitano ma misto, che pare essere cosa alquanto differente; ora invece le posizioni di Brancati paiono pi correttamente percepite (dopo Coluccia 1994a: 396-397, cfr. Barbato 2001: 25). 14 I testi sono oggetto delle tesi rispettivamente di F. Danese e di A. Montinaro svolte allinterno del dottorato di ricerca in Linguistica storica e Storia linguistica italiana (dottorato in consorzio tra le Universit di Roma La Sapienza, di Roma LUMSA, del Salento e della Tuscia). Il primo dei due corrisponde al n. 93 di Migliorini Folena 1953. Al mio allievo A. Montinaro devo una puntuale revisione editoriale del presente contributo.

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un certo peso (a parte il Libro di Sidrac gi menzionato, cfr. p. 199, Corti n. 14; si aggiunga, pi di recente, lInterrogatorium di Nicola de Aymo, cfr. p. 198, Corti n. 7)15.
Nel valutare le testimonianze pugliesi non vanno dimenticati due fattori di natura geolinguistica, riferibili rispettivamente alla situazione medievale e a quella odierna. Per un verso, la denominazione tardomedievale di Apulia (quella anche dantesca, per intenderci) indica un territorio che non coincide con lodierna Puglia e abbraccia lintera Italia meridionale continentale, cfr. Coluccia [1993b] 2002a: 7016. Per un altro verso, la regione attuale nasce solo con la formazione dello stato unitario, riunendo la Terra dOtranto (le attuali province di Lecce e Brindisi, territori in et medievale intensamente collegati con Taranto) e la Terra di Bari, caratterizzate da sviluppi diversi, e accorpando la Capitanata, sottratta in tal modo agli storici collegamenti con il Molise; dai confini della nuova struttura amministrativa viene invece esclusa una parte di quella che oggi la provincia di Matera, che per tradizione sarebbe difficilmente separabile rispetto al territorio pugliese. In una sola realt amministrativa confluiscono cos terre e popolazioni con storia, cultura e lingue differenti. Nonostante ci, la trattazione che segue non separa le due zone fondamentali della regione, la Puglia centro-settentrionale e quella meridionale. Pur se si mettono insieme aree linguisticamente differenti, non improprio n metodologicamente arrischiato presentare su base regionale le vicende di questi territori, anche per i secoli precedenti lunit dItalia. Una presentazione separata non rispecchierebbe leffettivo svolgimento della storia linguistica regionale, considerato che fin dallet medievale i rapporti tra queste zone sono intensi e costanti e che inoltre non si pu dare per scontata la coincidenza dei confini linguistici odierni con quelli di molti secoli addietro.

Riprendiamo il filo principale del discorso. Oggi il censimento dei testi pugliesi del Trecento e del Quattrocento pu vantare un bilancio nettamente pi ricco, in termini numerici, rispetto al punto di partenza di oltre cinquantanni fa. La specificit della situazione pugliese, caratterizzata dalla presenza di etnie come quella ebraica e quella greca, minoritarie ma assai vivaci, consente di ampliare con un manipolo di testi romanzi in caratteri ebraici e in caratteri greci il censimento dei testi in grafia latina. Un notevole contributo forniscono inoltre gli studi storici, nei quali vengono utilizzati e presentati documenti darchivio, delle cancellerie, del mondo notarile. Per uniformit rispetto ai criteri adottati da Migliorini Folena 1952 e 1953, consapevolmente si trascura in questa sede la copiosa documentazione in latino medievale che, edita in forma soddisfacente e convenientemente utilizzata, in grado di fornire informazioni ingenti anche sul volgare, in particolare sul lessico17. Vengono scartati: le testimonianze improprie18;
Se la situazione della Lucania pare immota, qualche segnale proviene dalla Calabria. Oltre ai recenti lavori di Librandi 2006 e di Sica 2007, C. Scarpino prepara ledizione dellinedito ricettario di Luca Geracitano di Stilo, del 1477, corrispondente al n. 87 di Migliorini Folena 1953. 16 A met del Cinquecento lesistenza di una specifica variet linguistica pugliese comincia a prender corpo agli occhi di osservatori nati e operanti lontano dal meridione come Cornelio, protagonista della Rodiana del veneziano Andrea Calmo, apparsa a stampa nel 1553, cfr. Coluccia [1993b] 2002a: 72. Aggiungo un riferimento sincrono che mi era a suo tempo sfuggito e che fornito proprio da Migliorini (1988: I 324): una distinzione tra una parola orvietana, laltra pugliese, laltra calabrese nei Marmi (a. 1553) del Doni. 17 Si veda per tutti il recente Aprile 2008: 100-117, con indicazione della bibliografia precedente. 18 Non possono essere attribuiti alla regione alcuni testi etichettati come pugl. nel corpus TLIO. Si tratta di E questo fu lo malo cristano, Bella, chi lo viso chiaro, Nuora, tu pur vo chi sia,
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i casi controversi o discutibili19;

Madre, che pensi tu fare, E lla Zerbitana retica!. Fonte del fraintendimento Elsheikh 1994: 56, dove per la verit, a proposito dellultimo di questi testi, pi sobriamente si afferma: lelemento abruzzese-pugliese o genericamente meridionale-continentale, ampiamente documentato dal Contini, e gi in parte anticipato dal De Bartholomaeis (ci si sente dentro un po dellodierno pugliese), rappresenta ormai la base sicura ed obbligata per qualsiasi ulteriore indagine su questo curioso contrasto in forma di ballata (Elsheikh 1994: 5-6). In realt le cose stanno diversamente, come chiarito gi in Coluccia 1975: 65-67 e 117-123. Questo fu lo malo cristiano la famosa Canzone del basilico, quella di Lisabetta da Messina, ricordata in Decameron IV 5 24 (cfr. anche ledizione e il commento a c. di V. Branca, Torino, Einaudi 1980), che non si riesce a localizzare pi precisamente rispetto a un generico (pur se inequivocabile) rinvio al contesto meridionale: lelemento lessicale pi significativo grasta vaso da fiori, non specificamente siciliano, ma piuttosto panmeridionale. Anche i meridionalismi lessicali presenti in Bella, chai lo viso chiaro non sono circoscrivibili geolinguisticamente (e semmai rinviano alla zona dello Stretto, non alla Puglia). Non basta infine la presenza di martamo 35 in Nuora, tu pur vo chi sia, pubblicata da Elsheikh 1994: 14-15, per collocare in una area precisa il testo: la forma con lenclisi del possessivo, presente in Cielo (premo 17, con molti riscontri nello stesso Contrasto e rinvii alla ciciliana Lvati dalla mia porta, cfr. Antonelli Di Girolamo Coluccia 2008: II 532), oggi conservata dal napoletano, era tratto comune anche alla Sicilia medievale (Spampinato, editrice del Contrasto). Pi caratterizzata la ballata E lla Zerbitana retica!, che ai meridionalismi del tipo gi rilevato (csama 8, flama 9) affianca un tratto fonetico meglio marcato: il dittongo oi da (nella rima oie) [ginoie genie 6, cortesoie cortesie 10, prigionoie prigionie 14], che risponde soprattutto, nelle varie fasi dai ei a ui, al pi noto fenomeno abruzzese-pugliese, fra il sud della Marche e la regione a nord di Taranto (esattamente oi a Popoli in Abruzzo, Agnone nel Molise, Andria e Bitonto in Puglia, i a Trani), ma non escluso dalla costa tirrenica (i a Pozzuoli) (Contini 1960: I 919); per dichiarazione esplicita dello stesso Contini (1960: I 920) il testo, conservato da un manoscritto che raccoglie scritture trecentesche, inserito nella silloge dedicata al Duecento solo per deferenza alla tradizione, e per compiere in qualche modo la serie rappresentata da Cielo e dal Castra. Da quanto risulta da un pi recente esame linguistico condotto sul Contrasto della Zerbitana, agli elementi meridionali si affiancano venature di italiano settentrionale e non manca qualche arabismo (uno sicuro, altri solo probabili); ce ne abbastanza per concludere che la parodia linguistica del Contrasto della Zerbitana ha [] per oggetto una variet di italiano pidginizzato parlato da unarabofona, la cui base italiano-meridionale pu attribuirsi tanto al poeta quanto alla variet linguistica con cui gli abitanti delle coste libico-tunisine sono venuti in contatto (Minervini 1994: 250-252; e vedi anche Casapullo 1999: 38). In conclusione, la matrice pugliese del contrasto non affatto sicura e il testo non pu rientrare nel nostro elenco. 19 La delicatezza delloperazione di etichettatura areale dei testi antichi non si limita agli anonimi, come quelli discussi nella nota precedente: neanche il luogo di nascita dellautore di per s pu essere decisivo, come si vede dai due esempi che seguono. [I] A Guglielmotto dOtranto si deve un sonetto teologico dei primi anni del Trecento che per la tradizione manoscritta e per la lingua non pu essere ascritto alla regione pugliese (nonostante i tentativi in tal senso operati da studiosi anche non locali); il riesame dellintera questione, il censimento delle testimonianze (alcune inedite), ledizione del testo in Coluccia Corchia 2007. [II] Controverso il caso del cosiddetto "serventese" (o Dottrina, o Proverbi) "dello Schiavo di Bari" (anche etichettato come Ammaestramenti dati per Salomone), compilazione gnomica composta sul finire del secolo XIII che conobbe straordinaria diffusione in redazioni tre-quattrocentesche e fino a tutto il Cinquecento; la testimonianza manoscritta pi antica costituita dalla trascrizione delle prime due strofe in un memoriale bolognese del 1306 (dopo lindicazione di Folena 1955: 105. ripresa da Pasquini 1970: 11, possediamo ora ledizione del testo tramandato dal memoriale grazie a Orlando 2005: 194 n. XXV). Non lecito dubitare della reale esistenza di questo personaggio [cio Schiavo], nativo di Bari, giudice o giullare che fosse (Pasquini 1970: 11), la cui presenza nella citt pugliese nel secolo XIII sarebbe comprovata da unepigrafe apposta sulla facciata nord della cattedrale cittadina (Tateo Girardi Sisto 1990: 528, n. 10) e che ricordato da una serie di testimonianze antiche (Folena 1955: 104; Pasquini 1970: 11):

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i falsi20.

oltre a quelle del Novellino, di Giacomino da Verona, di Francesco da Barberino e di altri, la menzione forse pi significativa di Buoncompagno da Signa, Rhetorica novissima (a. 1235), che lo definisce ingeniosus in idiomate materno transumptor cio, forse, abile compendiatore in lingua materna. Ma non tuttavia prudente accedere alle fantasie di qualche erudito locale che vorrebbe senzaltro attribuirgli questo anonimo prodotto (Pasquini 1970: 11); ancora pi drastico il giudizio di Folena (1955: 104) secondo cui si tratterebbe di un poeta del quale non ci rimane neppure un verso e sulla cui esistenza ci restano pochi e pallidi indizi autentici. Bisogna peraltro aggiungere che per la paternit del serventese non manca la ricandidatura pugliese, ancora avanzata da studiosi (Sansone 1967: 366; DellAquila 1986: 20, 73-75; Tateo Girardi Sisto 1990: 526-30) che non possibile qualificare come eruditi locali: in particolare lultimo contributo collega sia pure non perentoriamente alcuni brani del testo della Dottrina allo sviluppo delle attivit artigiane-mercantili e alla laicizzazione della morale favoriti dall ambiente barese dei primi decenni del secolo XIV (Tateo Girardi Sisto 1990: 528). Attribuisce senza alcun dubbio il serventese a Schiavo la voce, redatta da e.[lena] n.[atali], di LIE Autori II 1608; ma il contributo di Bologna 1987: 184, cui la voce rinvia, si limita neutramente a citare: Li amaestramente de Sallamon [], cio la Dottrina dello Schiavo di Bari. Allo stato delle cose, prudente distinguere tra lo Schiavo (figura di poeta e di giullare, allattivit del quale non pervenuta alludono dei testimoni sulla cui plausibilit non giusto nutrire riserve pregiudiziali) e il testo a lui attribuito; se guardiamo ai dati della tradizione manoscritta (pur in assenza di edizione critica) e alle risultanze linguistiche, non vi dubbio che il serventese vada collocato nellambito della cultura veneta trecentesca (Stussi 1967: XXIV-XXV, 101-108 e Stussi 1983: 346 n. 20). Finora trascurato (per quanto succintamente identificato gi da Contini 1960: II 812) il rapporto di un passaggio della Dottrina con due versi di Pir meu cori allegrari di Stefano Protonotaro, segno di un collegamento con la tradizione lirica siciliana che estende i riferimenti culturali dellautore del serventese fuori dallambito della produzione didattica settentrionale o, se vogliamo considerare le cose da una diversa e pi interessante prospettiva, segno della conoscenza in ambiente veneto trecentesco del testo di Stefano, conservato in attestazione unica dalle cinquecentesche carte Barbieri. Ecco i testi a confronto. Stefano Protonotaro, Pir meu cori allegrari, vv. 59-60: ke visto adessa bon suffirituri / vinciri prova et aquistare hunuri (Antonelli Di Girolamo Coluccia 2008: II 355); Dottrina, vv. 209-210: E hio ho veiuto bon sofretitore / cum umillitade esser venedore (Stussi 1967: 107). La dipendenza intertestuale comporterebbe, ove accertata, una valutazione attenta del valore storico e culturale di essa (mi propongo di tornare sullargomento). Di un certo interesse la citazione di Schiavo de Bare in uno gliommero di Pietro Jacopo de Jennaro (o forse meglio di Sannazaro, cfr. De Blasi 2007). Riproduco il testo dello gliommero per la parte che interessa, vv. 46-48: Ma lo Schiavo de Bare me inparao / che sette anni portao na boffetta / per fare nde vendetta a posta soia; interpretazione: portao sopport; na boffetta un buffetto, un ceffone; a posta soia a suo modo e comodo, prendendosi piena vendetta dopo una ponderazione settennale (Parenti 1978: 351-352, anche per il commento). Gliommero (potremmo dire gomitolo) un componimento dorigine napoletana che nel corso del Quattrocento e successivamente si caratterizza per il contenuto, alquanto caotico e divagatorio, e per lo schema metrico rappresentato da una sequenza di endecasillabi con rimalmezzo (Parenti 1978: 321-323): per genesi culta e scelte linguistiche consapevoli ascrivibile alla categoria della letteratura dialettale riflessa (De Blasi 1998: 14-15). La constatazione che il fatto [cui allude lo gliommero] in forma di precetto o, tanto meno, di aneddoto autobiografico, non risulta dallopera attribuita a Schiavo (Parenti 1978: 351) conferma, se mai ve ne fosse bisogno, lopportunit di distinguere tra laneddotica riguardante il personaggio e il testo della Dottrina a noi effettivamente pervenuto. Nel caso specifico si tratter di un episodio di largo consumo dal significato esemplare, funzionalmente assimilabile al wellerismo riguardante Cola de Trane di cui si discute nella nota 38. 20 Per il Duecento in campo prosastico vi sono solo dei falsi, che converr citare rapidamente, non fossaltro per evitare che si perpetuino degli equivoci. Nonostante labnegazione con cui talvolta si continua a riproporre lautenticit dei Diurnali di Matteo Spinelli da Giovinazzo (sec. XIII !), si tratta sicuramente di una contraffazione grossolana perpetrata non prima del sec. XVI. A prescindere

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Riguardo alla situazione editoriale vanno fatte due ulteriori avvertenze. Non tutti i documenti che oggi conosciamo sono affiorati grazie a indagini recenti. Una parte di essi era teoricamente disponibile gi da decenni, confinata in lavori che rimontano addirittura alla fine dellOttocento e ai primi del Novecento (periodo floridissimo per le ricerche positive ed erudite, in cui non furono disprezzabili tanti cultori di storia patria), e praticamente vi giaceva in attesa di essere dissepolta. Anche questo, a ben vedere, un insegnamento che promana da Migliorini Folena 1953, dove il n. 55 (i Protocolli di notar Pascarello de Tauris), il n. 69 (lInventario delle munizioni del castello di Palo per la consegna ad Azzo Visconti) e il n. 82 (lo Statuto del Consiglio della citt di Molfetta) cio tre dei quattro documenti pugliesi reperiti per il Quattrocento derivano rispettivamente dai lavori, di taglio storico, di Carabellese (1901-1907), di Ferorelli (1914) e di Volpicella (1875). I lavori di taglio storico sono a volte indifferenti, o poco attenti, a questioni di interesse primario per i linguisti e i filologi. Lo storico che si cimenta con i testi non sempre fornisce edizioni immediatamente utilizzabili per lanalisi linguistica: a volte trascura informazioni per noi decisive riguardanti lo stato e let del manoscritto, gli attori e le modalit della trascrizione, eventuali interventi editoriali, ecc; perfino la differenza tra originale, copia recente o copia tarda non sempre viene messa in adeguato rilievo21. 3.1. Fino al sec. XIV Ecco i risultati della ricognizione che riunisce tutti i testi pugliesi fino alla fine del Trecento22 oggi conosciuti. Si includono anche due documenti il cui originale scomparso (numeri 5 e 13) e la copia, di mano veneziana e un po pi tarda, di un precedente originale salentino (numero 15): i tre pezzi vengono inseriti nella lista quasi a risarcimento parziale della scarsa documentazione ottenibile, pur se lanalisi sulla lingua degli stessi presenta, come ovvio, forti elementi di presuntivit. Le parentesi quadre
da ogni considerazione di tipo storiografico (su questi temi si incentrato finora il dibattito tra negatori e sostenitori dellautenticit del testo [nessuno dei quali, ovviamente, riuscito a rintracciare il manoscritto originale o copie di epoca relativamente antica]), basterebbe la seguente constatazione: nel lessico di questo testo compare una forma come labardiere m. pl. soldati armati di alabarda, attestata nellitaliano solo a partire dal 1514-20 (Machiavelli, nella variante pi diffusa alabardiere). Il lemma sarebbe impossibile in un testo del XIII secolo, in quanto la voce (e la famiglia) penetrata in Italia con i lanzichenecchi e con le milizie svizzere (DELIn: s.v.). Superati i confini del secolo XIII, in area salentina un caso abbastanza simile rappresentato dal Chronicon neritinum, attribuito per la sezione iniziale al monaco benedettino Stefano di Nard, operante nel sec. XIV, e per la sezione finale (fino al 1412) ad anonimi continuatori, mentre pare dovuto alla penna dellerudito Giovan Bernardino Tafuri (1695-1760), dal cui laboratorio fuoriescono anche altri prodotti come il Ragionamento assegnato ad Angelo Tafuri e i Diari assegnati a Lucio Cardami; non possono convincere, in quanto sono poco argomentate e prescindono dalle modalit di trasmissione del testo, le sollecitazioni ad accogliere con ampio beneficio di inventario lautenticit (per non dire la genuinit) di questi testi (Braccini 1964: 205-206, n.). 21 Informazioni provenienti da copie anche molto tarde di originali scomparsi possono essere utilizzate dagli storici, purch vengano sottoposte a un vaglio critico analogo a quello riservato ai documenti originali; ma per la lingua si impongono esigenze diverse. 22 Questa tabella consente di rimpolpare il quadro desolatamente desertico [] salvo improbabili nuove scoperte ricomposto da Aprile 2008: 140-141, il quale mette insieme 10 pezzi.

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che racchiudono i primi tre elementi dellelenco stanno a indicare che gli stessi sono antecedenti al sec. XIV, cio ancor pi precoci23. Si segnala luso dellalfabeto ebraico e dellalfabeto greco: in assenza di indicazione specifica, si intenda che il documento vergato in alfabeto latino.
1. [glosse di abbetai Donnolo caratteri ebraici, sec. X, Oria, cfr. Treves 1961, Lacerenza 200424; 2. glosse a un testo della Minah, in tutto 154 lemmi e brevissimi sintagmi caratteri ebraici, ultimo quarto del sec. XI, probabilmente Otranto25, cfr. Cuomo 1977, Cuomo 2005: 321-326; 3. quattro testi, quattordici glosse e altre tre annotazioni trascritte da sei mani diverse, due principali e quattro secondarie, nel Laur. Plut. 57.36 caratteri greci, seconda met del sec. XIII (poco oltre il 1269), zona di Gallipoli, cfr. Arnesano Baldi 2004: 130-13826. Oltre alle annotazioni e alle glosse, notevolissimi sono i testi (rispettivamente dieci, quattro, nove e tredici righe di scrittura) che parrebbero, in tutto o in parte, dotati di struttura metrica (o di riprese rimiche) e sembrerebbero trattare temi amorosi tipici della poesia romanza medievale quali la malmaritata e lalba]; 4. testo di natura religiosa che comincia caratteri greci, tra la fine del Duecento e i primi decenni del secolo seguente, area salentina, inedito, cfr. Distilo 1985: 135;

Vengono escluse dalla lista le traduzioni di elegie in caratteri ebraici, forse del sec. XIII (ma potrebbero essere assai pi tarde), gi ritenute di area pugliese cfr. Cuomo 1983: 432 n. 19 ma invece quasi sicuramente siciliane. Come mi precisa la stessa Cuomo, dal codice Gaster Oriental 11669 della British Library, messo insieme tra la fine del sec. XIV e il sec. XV, deriva il testo pubblicato da Sermoneta 1994: XXX-XXXI (per la datazione) 1-39 (per il testo); si noti che esistono anche numerose edizioni a stampa (quindi pi tarde) del racconto della cerimonia pasquale, tra cui una traduzione pugliese non ancora studiata (XXXVI-XXXVII, n. 57). 24 Sul personaggio vedi anche Lelli 2004: 295-302. 25 Testo copiato nellarea culturale di una delle accademie talmudiche del Salento, probabilmente ad Otranto (Cuomo 2005: 321). 26 Non produce nuovi testi ma ha qualche riflesso sulla storia esterna della Scuola poetica siciliana la seguente annotazione in greco (di cui si fornisce la sola traduzione) che una rozza mano salentina attribuibile agli inizi del sec. XIV verga in posizione capovolta nel margine inferiore di un foglio del codice: Lunedi 29 ottobre [1268] rinchiusero i signori allinterno di Gallipoli, fino a giovedi 4 aprile [1269]. In questo giorno infatti gli abitanti di Gallipoli li consegnarono al Giustiziere e il Giustiziere li deport e li impicc a Brindisi lunedi 22 aprile, ed erano 17 gli impiccati a Brindisi, e davanti a Gallipoli erano 8, nel 1269, indizione XII. Cio i signori Glicisio e Tommaso Gentile e i suoi tre figli Io papas Angelo figlio di Giovanni del prete Rinaldo (Arnesano Baldi 2004: 126. Preciso che, qui e in sguito, mi riferisco al segmento dellarticolo dovuto a D. Arnesano). La annotazione allude allassedio posto dalle truppe angioine a Gallipoli, citt in cui si erano rifugiati i partigiani di Corradino dopo la sconfitta di Tagliacozzo (agosto 1268) e ne precisa i limiti cronologici, finora incerti. Una circostanziata rassegna delle fonti che trattano dellassedio di Gallipoli produce Acconcia Longo 1988; cfr. in particolare la annotazione che tutti i documenti della Cancelleria Angioina relativi allassedio sono contrassegnati dalla XII indizione, che comprendeva nel caso specifico il periodo dal 1 settembre 1268 al 31 agosto 1269 (Acconcia Longo 1988: 16). A Gallipoli si era ricoverato anche Philippus de Messana (quasi sicuramente identificabile con il rimatore Filippo da Messina, appartenente alla Scuola), che Torraca individua tra i proditores perseguitati da Carlo dAngi dopo la sconfitta e la morte di Corradino, [ il quale] viene catturato con altri ribelli in Gallipoli dal giustiziere Gualtiero di Sumerosa (cfr. la nota biografica premessa da A. Fratta alledizione dellunico sonetto giunto a noi di Filippo da Messina in Antonelli Di Girolamo Coluccia 2008: II 780; II 781784 per il testo).

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5. lettera di Pietro Pisano 1304, Polignano (documento antico scomparso; ne restano due trascrizioni moderne, di fine ottocento e inizi novecento), cfr. Corchia 1984; 6. traduzione-adattamento delle Sentenze morali di Gregorio Nazianzeno in 59 tetrastici, accompagnata da un commento interpretativo in prosa caratteri greci, primi decenni del sec. XIV, area salentina, cfr. Distilo 1995: 221; 7. sollecitazione rivolta da un grammatico a perch apprendano larte della scrittura, in tre quartine di alessandrini, ognuna delle quali monorima, col primo emistichio sdrucciolo e il secondo piano caratteri greci, secondo quarto del sec. XIV, area salentina (cfr. Distilo [1986] 1989: 518-523; Distilo 1995: 221, per la datazione); 8. predica caratteri greci, met sec. XIV, area salentina, cfr. Parlangeli [1958] 1960: 143-173. 9. formula confessionale caratteri greci, sec. XIV, area salentina, Parlangeli 1965; 10. lauda alla Vergine, in due quartine di alessandrini, ognuna delle quali monorima, col primo emistichio sdrucciolo e il secondo piano caratteri greci, sec. XIV, area salentina, cfr. Distilo [1986] 1989: 523-527; 11. lettera del notaio Niccol di Bisceglie a Angelo Acciaioli, conte palatino, conte di Malta e di Melfi, Gran siniscalco del Regno di Sicilia, il cui il notaio assicura la fedelt propria e del proprio signore Gabriele e si conferma servitore devoto Bisceglie, 26 maggio 1371, cfr. De Blasi 1982: 13, giustamente qualificata come di provenienza pugliese (Rao 1996: 97). Inedita, studio in preparazione a cura di Chiara Coluccia; 12. didascalie della cappella di Santo Stefano caratteri greci, ultimo trentennio del sec. XIV, Soleto, cfr. Romanello 1978: 35-36, Berger 1980: 113-114, 123, Safran 2005: 880-882; 13. statuti della cattedrale seconda met del sec. XIV, Giovinazzo (documento antico scomparso; ne restano due trascrizioni moderne, di fine ottocento e inizi novecento) (Carabellese 1897 e Garufi 1912); 14. due lettere di Sabatino Russo e una di Mos de Meli, mercanti salentini, al veneziano Biagio Dolfin 1392, 1399, secc. XIV ex. XV in., Copertino-Lecce (Stussi [1965] 1982: 159160, 164)27; 15. lettera di Raimondo del Balzo Orsini a Donato Arimondo, console veneziano in Puglia, che garantisce ai veneziani lesenzione dai dazi nella citt di Monopoli, fino al raggiungimento di un accordo specifico 24 agosto 1398, Barletta (originale scomparso, copia di mano veneziana della prima met del sec. XV) (Kiesewetter 2001: 30)28.

3.2. Il sec. XV Dopo questi timidi ma non irrilevanti inizi, nel corso del sec. XV il volgare si impianta progressivamente nelle corti e nelle loro cancellerie, nella cultura cittadina (testi
27 Sabatino Russo viene etichettato come judeo de Cobertyno chy sta mo in Leze proprio da Mos de Meli, cfr. Stussi [1965] 1982: 164. Lesistenza nei due centri di nuclei di ebrei variamente attivi risulta confermata tra laltro da una annotazione del resoconto fiscale di Nard del 1491: uno certo rumore facto tra iudei de Lecche et de Cupertino, cfr. Sidoti Olivo 1992: 745-746 (nelle citazioni dal testo le cifre rinviano, qui e successivamente, ai righi della trascrizione delleditrice). Sul testo vedi dopo Citt n. 31. 28 Un segno minimo della difficolt con cui gli scriventi pugliesi si risolvono ad abbandonare il latino per il volgare si potrebbe scorgere nel seguente episodio (segnalatomi da P. Sisto, che ringrazio): nella sottoscrizione che giudice e testimoni appongono a un atto di vendita redatto a Bari il 15 giugno 1378, il latino viene usato da quattro di essi mentre uno solo ricorre al volgare. Potrebbessere significativo che lunico scrivente in volgare non sia locale ma fiorentino: Antonio de Lapaccio de Firenze sono teste (cfr. Cannataro Cordasco 1985: 269). Peraltro lo stesso individuo in un atto di poco successivo, del 18 marzo 1381, si riaffida al latino: Ego Antonio de Lapaccio de Firenze testor (cfr. Cannataro Cordasco 1985: 286).

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di notai, di mercanti, di laici di varia estrazione), nei monasteri, nei conventi e in genere nelluniverso religioso, in una notevole variet di usi documentari, amministrativi e pratici, di trattati scientifici, di scritture esposte, di volgarizzamenti, e anche di prodotti letterari, ecc., da mettere in rapporto con la crescente articolazione della societ del tempo. La lista dei testi, distribuiti in tre differenti ambiti socio-culturali (corti, citt, universo religioso), si rivela ricca e variata29; a volte difficile stabilire una collocazione rigida e la nostra sistemazione ha valore indicativo e di mera comodit classificatoria. Nella presentazione che segue sovente vengono riunificati sotto un unico esponente molti pezzi, anche di tipologia relativamente diversa, redatti in vari anni e quantitativamente cospicui: il caso dei protocolli notarili, delle raccolte di statuti, dei libri di conti, ecc. In pochissimi casi, quando si ha che fare con testi databili al principio del sec. XVI la cui confezione riutilizza o riproduce materiali precedenti, il limite cronologico di fine quattrocento viene lievemente oltrepassato. Non si d conto di annotazioni minime, note marginali o interlineari, attivit grafiche sporadiche, che pure potrebbero testimoniare la presenza di pratiche scrittorie anche in strati marginali della societ e lincremento della produzione volgare in contesti particolari ma significativi (tracce di alfabetizzazione femminile, resoconti indiretti di prediche e di laudationes funebri, ecc.). La relativa abbondanza della documentazione genuina disponibile consente di trascurare in questo conteggio (al contrario di quanto stato fatto per il Trecento) le testimonianze di trascrizione tarda o linguisticamente controverse. Di conseguenza si escludono i cosiddetti libri rossi (etichettati anche come libri grossi, grandi, di privilegi, ecc.): questi libri rappresentano la selezione e la trascrizione di documenti pi antichi operate da notai, cancellieri o scriventi pi o meno professionali per iniziativa di comunit cittadine (e anche di privati) a partire dal pieno sec. XVI, ben al di l del limite cronologico di fine Quattrocento, accorpando materiali di provenienza varia, senza garanzie sulla natura e sulla qualit della trasmissione (perdiamo, in tutto o in parte, informazioni su luogo, data, mano, stato del documento originale). N si considerano ordini e disposizioni emanati da feudatari e signori locali, ma redatti da funzionari al servizio dei sovrani napoletani, inassumibili come reperti del volgare indigeno; valgono tuttavia a testimoniare che, almeno a partire dalla met del sec. XV, il volgare irrompe massicciamente nella stesura dei documenti giuridici e amministrativi elaborati in zona. Per ragioni in parte analoghe, legate alla trafila testuale, si escludono capitoli, bandi, suppliche ecc. originariamente redatti da scriventi pugliesi, ma conservati grazie alla trascrizione o al sunto operati da funzionari della corte napoletana30 e per ci esposti alla commutazione31 della veste linguistica che sempre in-

29 In buona parte le indicazioni si ricavano dai contributi riguardanti La Puglia inseriti nei tre volumi collettivi curati da Bruni 1992: 685-719; Bruni 1994: 687-727; Cortelazzo Marcato De Blasi Clivio 2002: 679-756. Cfr. inoltre Coluccia 2004a, Coluccia 2005. Di norma si d conto delle edizioni e degli studi pi recenti e affidabili; da questi si pu risalire, allindietro, alla bibliografia precedente. 30 Rientrano in questa casistica i patti e convenzioni tra Maria dEnghien (anche per conto del figlio Giovanni Antonio del Balzo Orsini) e il capitano Francesco Orsini, 1 marzo 1407, Taranto, giunti attraverso un transunto del notaio napoletano Iacobo Imictulo, cfr. Coluccia 2005: 134, n. 16.

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terviene durante lazione di riscrittura: il peso della commutazione aumenta non solo in relazione al numero degli interpositi che si frappongono fra lantigrafo allinizio del processo e il codice a noi pervenuto (con riferimento implicito alla distanza cronologica che separa le successive trascrizioni), ma anche in ragione della provenienza geografica dei trascrittori, quando si tratti di scriventi di origine differente da quella degli autori dei testi da loro ricopiati. Si tratta di una fenomenologia ben conosciuta nei testi letterari, a partire dal caso pi clamoroso, quello delle poesie siciliane ricopiate dai trascrittori toscani di fine Duecento. Ma anche sui documenti non letterari, quando trasmigrano da una zona linguistica a unaltra, lintervento dei trascrittori produce unopera graduale e in parte inconscia, ma sicuramente massiccia, di ibridazione della lingua originaria con la propria, e la veste linguistica del documento subisce metamorfosi pi o meno radicali. Ne risulta una forte torsione rispetto alla forma di partenza; resta problematico stabilire esattamente, caso per caso, quanto intensa e (in)volontaria sia la trasformazione idiomatica attuata dai copisti. Ecco lelenco dei testi.
Corti 1. Raimondo del Balzo Orsini, ordinanza 27 luglio 1401, Lecce (copia autentica coeva inserita in un privilegio dell11 agosto 1401), cfr. Kiesewetter 2006: 81-82. 2. Raimondo del Balzo Orsini, ordinanza 15 febbraio 1403, Lecce (conservata allinterno di un pi ampio documento tramandato da una coeva pergamena di ambiente notarile neretino), cfr. Frascadore 1981: 75 Coluccia 2005: 130-1, nn. 5 e 6. Per quanto riguarda la data, in base a un possibile differente calcolo dellindizione, permane incertezza se si tratti del 1403 o del 1402, cfr. Frascadore 1981: 72-73. 3. Maria dEnghien, giuramento di sottomissione a Luigi II dAngi 21 luglio 1406, Taranto (ripetuto qualche settimana pi tardi, con adattamenti minimi, dai rappresentanti dellUniversit di Taranto), cfr. Coluccia 2005: 134, n. 16; 4. Maria dEnghien, epistolario tre lettere in originale (tre diversi scrivani della corte di Maria) 16 agosto 1422; 22 dicembre 1422; 26 agosto 1433, sempre Lecce (Greco 2001); altre lettere in copia (Coluccia 2005: 133-34); 5. Antonio de Barulo seu Barletta, volgarizzamento della Mascalcia di Lorenzo Rusio destinato a Nicol III dEste, testimoniato da 4 diversi manoscritti, di qualche decennio pi tardi rispetto al momento della traduzione 1422, Ferrara?, cfr. Coluccia 2004a: 93-94; 6. epistolario di Giovanni Antonio del Balzo Orsini, principe di Taranto dal 1420, conte di Lecce dal 1446, gran conestabile del Regno dal 1435 a partire dal 1443, Lecce, trafila testuale da ricostruire, cfr. Coluccia 2005: 139-140; 7. Nicola de Aymo, Interrogatorium constructionum gramaticalium, grammatica latina con esempi in volgare leccese confezionata da un frate domenicano cappellano di Maria dEnghien 1444, Lecce, cfr. Coluccia Greco Scarpino 2006; Greco 2008; 8. Codice di Maria dEnghien, etichetta di comodo per indicare un coacervo di materiali vari (statuti, dazi, bandi, capitoli, ecc.) in latino e in volgare riferibili allattivit della regina, morta nel 1446 codice confezionato nel 1473, Lecce, cfr. Pastore 1979, Coluccia 1993a: 509-513, Coluccia 2005: 134;

Adotto la proposta terminologica di Vrvaro 1996: 532-533. Per la commutazione nelle poesie della Scuola siciliana (e in altri testi letterari meridionali), cfr. Antonelli Di Girolamo Coluccia 2008: III, Introduzione, LXIII-LXIV.

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9. Nicol de Ingegne di Galatina, Librecto de pestilencia, trattato medicale dedicato a Giovanni Antonio del Balzo Orsini marzo 1448, Taranto?, cfr. Sisto 1986, Coluccia 2005: 141144; 10. Jachecto Maglabeto di Gallipoli, sonetto caudato ante 1458, Taranto?, cfr. Coluccia 2005: 145-14832; 11. Falcecto, rigazo (cio servitore) del precedente, canzone indirizzata a Giovanni Antonio del Balzo Orsini, principe [] quale in Lecce sedy ante 1458, Taranto?, cfr. Coluccia 2005: 148-149; 12. disposizioni, ordini, inventari, dichiarazioni provenienti dalla corte di Giovanni Antonio del Balzo Orsini post 1458, Lecce, trafila testuale da ricostruire, cfr. Coluccia 2005: 140141; 13. Giovanni Russo di Copertino, trascrizione della versione italiana del Tresor, codice appartenuto a Giovanni Antonio del Balzo Orsini 1 marzo 1459, Lecce?, cfr. Coluccia 2005: 149; 14. Libro di Sidrac, redazione salentina intorno alla met del sec. XV, area brindisina (Sgrilli 1983: 11-12). Insicura lappartenenza del codice alla biblioteca di Angilberto del Balzo (cfr. i numeri successivi e Coluccia 2005: 163); 15. Nicola di Nard, trascrizione di due volumi della Bibbia, codici appartenuti ad Angilberto del Balzo, conte di Ugento dal 1463, duca di Nard dal 1483. In calce al secondo volume, una lista di vocaboli ebrej richati in latino, sorta di glossario bilingue ebraico-volgare 1466 e 1472, Ugento-Nard, cfr. Coluccia 2005: 158-160; 16. Guido di Bosco di Nard, trascrizione del Confessionale di S. Antonino da Firenze, codice appartenuto ad Angilberto del Balzo ante 1487, Ugento-Nard, cfr. Coluccia 2005: 160-161; 17. trascrizione del volgarizzamento del De civitate Dei di S. Agostino, codice appartenuto ad Angilberto del Balzo ante 1487, Ugento-Nard, cfr. Coluccia 2005: 161; 18. trascrizione del commento anonimo al Teseida, codice appartenuto ad Angilberto del Balzo33 ante 1487, Ugento-Nard, cfr. Coluccia 2005: 161; 19. trascrizione di un sonetto aggiunto in coda a un esemplare dei Trionfi del Petrarca, codice appartenuto ad Angilberto del Balzo ante 1487, Ugento-Nard, cfr. Coluccia 2005: 161; 20. inventario dei beni appartenenti ad Angilberto del Balzo ante 1487, Ugento-Nard, cfr. Coluccia 2005: 155-57; 21. anonimo, ternario di natura encomiastica inserito in Rogeri de Pacienza di Nard, Balzino 1498 ca., Salento-Napoli, cfr. Marti 1977: 129-130, Coluccia 2005: 171; 22. Rogeri de Pacienza di Nard, Balzino, Triunfo, lettere e sonetti 1498 ca., SalentoNapoli, cfr. Marti 1977, Coluccia 2005: 169-172. Citt 1. Sabatino Russo, tre lettere 1402-1403, Copertino-Lecce (Stussi [1965] 1982: 161-164); 2. Giovanni Bolani, vice (con)sul Venet(orum) in Litio a Tomaso Mocenigo, duca di Candia (lodierna Creta), lettera nella quale viene riportata la dichiarazione resa da Habramo iudio de Otranto, con ibridismo, sicuramente originario, caratterizzato dalla compresenza di elementi del salentino-leccese e del veneziano 5 novembre 1404, Lecce (Stussi 1982-83); 3. Angelo da Bari, Cola dAscoli Satriano e altri braccianti pugliesi, lettere conservate nel carteggio Acciaioli 1415-1420, Pisa e altre localit toscane (De Blasi 1982; Rao 1996); 4. Giovanni di Stefano da Prato, trascrizione di un esemplare della Commedia 2 maggio 1419, Lecce (Coluccia 2005, 165);
Alle schegge biografiche finora raccolte sul personaggio si aggiunga linformazione minima proveniente da un documento del 1463 pubblicato da Alaggio 2004: 106 e 108, n. 9. 33 Oggetto della tesi di dottorato di M. Maggiore.
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5. Tuccio Barella, lettera forse autografa al notaio Nicola Reppatito, capitano di Copertino 9 marzo 1422, S. Pietro in Galatina (Vallone 1981); 6. Tuccio de Incalcio di Ostuni, capitano del conte di Conversano, sentenza che assegna la propriet della Terra dellAbate al monastero di San Benedetto 27 agosto 1444, Conversano, originale, inedito; 7. Thomasi de Amara, Quaternus salis civitatis Luceriae, registrazione del movimento commerciale del sale tra questa localit foggiana e Manfredonia, ancor oggi centro di primaria importanza per la produzione salina 1449-1450, Lucera (Mazzoleni 1967; Coluccia [1990] 2002a: 58); 8. Pascarello de Tauris, Protocolli notarili. 39 manoscritti, conservati in un fondo dellArchivio di Stato di Bari (cui appartengono anche gli altri Atti notarili registrati ai numeri 12, 21, 27, 30), contenenti la registrazione autografa dei documenti rogati da questo notaio nel corso della sua pluridecennale attivit professionale. La lingua normalmente usata nei protocolli il latino, ma vi sono anche varie inserzioni volgari (descrizione di beni mobili e immobili, citazioni dirette di testimonianze, proteste, richieste e obbligazioni, patti statuiti tra le istituzioni cittadine e alcuni privati, ecc.). Di mano di Pascarello almeno 135 pezzi in volgare 1445 (il primo pezzo volgare del 1449)-1502, Bitonto (Carabellese 1901-1907 [i protocolli che ci interessano sono nel vol. I] (una porzione di testo in Migliorini Folena 1953: 71-72 [= n. 65]; Coluccia [1990] 2002a: 60)34; 9. iscrizioni graffite sui muri di locali della Torre del Parco adibiti a prigione; si devono a scriventi di varia provenienza geografica, alcuni forse pugliesi 1450-60 ca., Lecce (Cazzato 2006: 332-335); 10. Bernardo Macthes, conti 1454-55, Lucera, inedito (Compagna 1981; Coluccia 1998: 99, 103, 106, 108, ecc.); 11. traduzione dei cosiddetti Annali baresi operata da personaggio non identificato (trafila testuale da ricostruire) seconda met del sec. XV, ambiente andriese (Cioffari Lupoli Tateo 1991: 23); 12. Angelo Benedetto de Bitricto, Protocolli notarili, in 6 manoscritti (cfr. Citt, n. 8): sono di mano di questo notaio almeno 34 pezzi in volgare 1462-1489, Bitonto (Coluccia [1990] 2002a: 60); 13. Elisabetha de Quintaballis, testimonianza resa al notaio Antonio de Natali 17 maggio 1463, Nard (Frascadore 1981: 154); 14. Giacomo Bellanti, miniatore galatinese al servizio dei Gonzaga marchesi di Mantova, sette lettere verosimilmente autografe novembre 1463 marzo 1474, due lettere spedite da S. Pietro in Galatina, quattro da Marmirolo in provincia di Mantova, una da Napoli (Cazzato 1991; Coluccia 1992: 261-263)35; 15. supplica inviata dallUniversit di Galatina a Ferrante I dAragona, re di Napoli (trafila testuale da ricostruire) 1463, S. Pietro in Galatina (DElia [1959] 1995: 94-95); 16. capitoli della Bagliva (prima redazione [cfr. Citt, n. 35]) 1464, S. Pietro in Galatina (Massaro 2004, 129-145); 17. inventario riportante le dichiarazioni di 258 individui riguardanti terre, beni e diritti entrati a far parte della disponibilit di Ferrante dAragona in sguito alla morte di Giovanni Antonio del Balzo Orsini 1464, S. Pietro in Galatina (Massaro 2008);

La pubblicazione dellintero corpus volgare di Pascarello affidata a C. Marzano. Il personaggio non sconosciuto agli storici dellarte: Nellattesa [che Mantegna accetti di trasferirsi a Mantova, dove almeno dal giugno 1460] il marchese Ludovico, tramite il miniatore pugliese, ma operoso a Mantova, Jacopo Bellanti, ha preso contatti sullo scorcio del 1458 con il forsennato Michele Pannonio, lartista di origine ungherese attivo alla corte estense (Agosti 2008: 38).
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18. inventarium bonorum repertorum in arce civitatis Bari. Linventario, insieme ai due seguenti, contiene la descrizione in lingua materna di beni esistenti nei castelli di Palo e di Bari (il ducato di Bari era stato assegnato da Ferrante I dAragona agli Sforza come ricompensa per laiuto concesso da Milano a Napoli negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo); gli inventari vennero compilati per essere inviati a Milano 12 ottobre 1465, Bari (Coluccia Aprile 1997; Coluccia 1998); 19. Roberto de Perillo, notaio, Descriptio sive inventarium munitionum, armorum et rerum inventarum in arce terre Pali [= Migliorini Folena 1953: 88-89 (= n. 69), con un refuso nellindicazione della segnatura: Z 266 sup.] 13 ottobre 1465, Palo (Coluccia Aprile 1997; Coluccia 1998); 20. Roberto de Perillo, notaio, Descriptio sive inventarium munitionum, armorum et rerum inventarum in arce civitatis Bari 29 ottobre 1465, Bari (Coluccia Aprile 1997; Coluccia 1998); 21. Antonio de Juliano, Protocolli notarili, in 10 manoscritti (cfr. Citt, n. 8): sono di mano di questo notaio almeno 21 pezzi in volgare 1466-1521 [testi volgari del 1474, 1488, 1489, 1490, 1491, 1492, 1497 e un sol pezzo cinquecentesco, del 1521], Bitetto (Coluccia [1990] 2002a: 60); 22. Tarentinus Notarii Stephani, notaio, atto latino contenente la trascrizione di una lettera volgare inviata ai rappresentanti della chiesa di Castellaneta da Federico dAragona e controfirmata dal segretario regio Antonio Guidano, salentino (tra Lecce e Galatina)36 21 aprile 1468, Castellaneta (Zilli [1999] 2007); 23. capitoli della Bagliva 1471 ca., Melendugno, trafila testuale da ricostruire (Massaro 2004: 124-125 e 147-148); 24. registro del Maestro Portulano di Terra dOtranto e Basilicata 1472, Otranto (Massaro 2007: 178-9) [inedito; prevalentemente in volgare] 25. Stefano Mongi, registro delle entrate e delle uscite dellerario 1473, S. Pietro in Galatina (Aprile 1994); 26. Statuti cittadini [= Migliorini Folena 1953: 104-105, n. 82] 1474 (in copia del sec. successivo, non anteriore al 1519), Molfetta (Coluccia 1995: 216); 27. Pellegrino Coccia, Protocolli notarili, in 2 manoscritti (cfr. Citt, n. 8): sono di mano di questo notaio almeno 4 pezzi in volgare 1481-1484 [testi volgari tutti del 1481], Bitonto (Coluccia [1990] 2002a: 60); 28. Jeronimo Micheli, castellano e credenziere della fabbrica del castello, Conto della fabbrica e fosso 1487-1491, Manfredonia (Salvati 1968); 29. Agostino Columbre da San Severo, Mascalcia 1490, regno di Napoli (Trolli 1990: 105169); 30. Antonio Abinantino, Protocolli notarili, in 5 manoscritti (cfr. Citt, n. 8): sono di mano di questo notaio almeno 5 pezzi in volgare 1490-1495 [testi volgari del 1491, 1493, 1494, 1495], Bitonto (Coluccia [1990] 2002a: 60); 31. Giampaolo de Nestore, resoconto fiscale riguardante gli introiti della Corte del Capitano e le rendite della Bagliva 1491, Nard (Sidoti Olivo 1992); 32. testimonianza rinvenuta allinterno di una pergamena rogata dal notaio Paolo de Caponigro 11 febbraio 1491, Lucera (cfr. Schirru 1996; Coluccia 2002b: 714); 33. suppliche e domande Brindisi, 22 giugno 1493 (Frascadore 1975-76); 34. Urbano Perrono, notaio, strumento di concordia tra i baroni e lUniversitas di Lecce redatto in parte in volgare, conservato in pergamena originale (abbondantemente mutila) e in copia tarda nel Libro rosso cittadino Lecce, 21 marzo 1495 (Coluccia 1993a: 514-515), inedito;
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Si integrino con Vallone 1991: 167 le indicazioni bibliografiche di Zilli [1999] 2007: 142, n.

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35. Urbano Perrono, notaio, capitoli della Bagliva (seconda redazione [cfr. Citt, n. 16]) S. Pietro in Galatina, 1496-99 (DElia 1968; registrato in Migliorini 1975: 25); 36. iscrizione incisa sullarco di casa Lucchetti Corigliano, 1497 (Romanello 1978: 57-58); 37. brevissime annotazioni sottoscritte in calce alla copia di testamenti e altri documenti giuridici provenienti dalla comunit greca di Altamura, significative perch testimoniano la presenza della cultura bizantina anche nel Nord della regione caratteri greci, seconda met del sec XV (Corsi 1977-1978: 150, 153, 155-7; del 1563 unultima sottoscrizione: 293); 38. anonimo tarantino (di probabile origine lucana), Trattato digiene inizi del sec. XVI, Taranto (Gentile 1979; Coluccia 1993a: 538-539)37; 39. trascrizione del distico iniziale del sonetto CII del Canzoniere petrarchesco [ / ] caratteri greci, inizi sec. XVI, ambiente otrantino (Coluccia 1992: 259-260); 40. ordinamenti marittimi Trani, forse del 1363, stampati a Venezia nel 1507 (Valente 1981, 121; Coluccia 1995: 216); 41. Antonio de Ferrariis Galateo (1446-1517), Esposizione del Pater noster Salento, 1507-1509 (Coluccia 1993a: 560-569)38. Religione 1. Antonio da Bitonto, francescano, Credo in terzine di endecasillabi, Lauda in onore della Madonna, prediche con citazioni di versi iacoponici e danteschi (conservate in tradizione indiretta, attraverso lopera di rapportatores in ascolto) 25 novembre 1433 (Lauda); ante 1465 (Credo e prediche) (Coluccia 1994b: 701-702; Coluccia 2004a: 78-80; Pice 1996 [volenteroso, ma testo e commento vanno assunti con grande cautela]); 2. statuti degli Osservanti 1448, provincia di S. Angelo, Puglia settentrionale (Oliger 1915; Coluccia 2002b: 713); 3. quaderno dello spoglio di Nicola Pagano, Arcivescovo di Otranto, compilato dal notaio leccese Adam de Argenteriis sulla base di un inventario originale redatto dallo scrivano Gasparro Frabica, catalano Lecce, 1451 (Massaro 1996; Massaro 2007: 213-4); 4. visite pastorali, in latino con inserti in volgare 1452-1501, Nard (Centonze De Lorenzis Caputo 1988: 101, 177, 235); 5. atto di confessione, promessa e abiura di ebrei convertiti al cristianesimo 1454, Lucera (Lonardo 1907)39;
Il testo oggetto della tesi di dottorato di M. Mazzeo. Le condizioni assai sospette della tradizione manoscritta (non esistono testimonianze antecedenti quella dellerudito sette-ottocentesco Gian Vincenzo Meola, noto pregiudicato per altri falsi) non consentono di assumere le poesie di un Bernardino da Oria, che avrebbe agito nellultimo scorcio del sec. XV (Altamura 1978). Al secondo quattrocento rimonterebbe anche un poeta Cola de Trane evocato da Tateo 1972: 543: Di alcuni [poeti] ci stato serbato anche il nome, come il pugliese Cola da Trani. Alla base del fraintendimento c verosimilmente il verso di una barzelletta del Coletta contenuta nel ms. It. 1035 della Nazionale di Parigi, il famoso Cansonero del Conte di Popoli: N mo n mai, dice Cola de Trane. Non siamo in presenza di un personaggio reale (pur se si chiama Cola de Trano un individuo registrato in un atto di abiura di ebrei a Lucera nel 1454, cfr. Colafemmina 1991: 146) ma di una frase sentenziosa attribuita a un personaggio il cui nome riaffiora in altri testi della tradizione napoletana (come aveva gi visto correttamente Corti 1956: XXII-XXIII). Sotto certi aspetti analogo il valore esemplare da attribuire allepisodio riguardante lo Schiavo di Bari inserito nello gliommero del de Jennaro / Sannazaro (discusso nella precedente n. 19). 39 Il giuramento pronunziato in vulgari eloquio dal piccolo gruppo (19 unit) di ebrei abitanti di Lucera che si convertono al cristianesimo viene de verbo ad verbum in modum qui sequitur trascritto in una pergamena latina conservata nellArchivio Capitolare di Lucera: ne redattore il notaio Iacobus Caracausa di Troia (Lonardo 1907: 587-588).
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6. iscrizione nella cattedrale ante 1456, Nard (Romanello 1978: 56-57)40; 7. Pietro da Trani, Trattatello di confessione, composto a istanza di Borso dEste, conservato da quattro diversi manoscritti (tre dei quali di provenienza capestranese) 1466 ca., Ferrara? (Coluccia 2005: 167-168); 8. iscrizione che sovrasta larchitrave della chiesa di S. Pietro 1473, Minervino (Romanello 1978: 55-56); 9. Roberto Caracciolo da Lecce, francescano, Quaresimale (straordinario best-seller che raggiunge 23 edizioni entro il 1500), Specchio della fede (trattato teologico composto nel 1490 e stampato cinque anni dopo da un certo originale scritto de propria mano del ditto fra Roberto), e inoltre citazioni, frammenti e traduzioni volgari inseriti in varie opere latine 1475 (Quaresimale), 1490 (Specchio della fede), ante 1495 (opere varie) (Coluccia 1994b: 702-704; Coluccia 2004a: 80-85); 10. capitoli della cattedrale di S. Nicola 1485-90, Bari (Melchiorre 1989; Coluccia 2004a: 75-76, n. 16); 11. Capituli di S. Maria de la Nova, contenenti le regole di comportamento per gli affiliati alla confraternita di S. Maria la Nova (o de la Nova) nella chiesa di S. Francesco a Giovinazzo (archivio capitolare) 1492, Giovinazzo (Palese 1978; Coluccia [1990] 2002a: 58); 12. Confessione ritmica, scritture religiose e glosse caratteri greci, seconda met del sec. XV, area salentina (Pagliaro [1950] 1961; Distilo 1982-87) 41; 13. una lettera, un contratto e alcune annotazioni di carattere pratico-amministrativo di Nicola Schinzari, ultimo protopapa greco della citt caratteri greci, ultimi decenni del Quattrocento e primi del secolo seguente, S. Pietro in Galatina (Distilo 1992: 65-76); 14. glosse caratteri greci, secc. XV-XVI, area salentina (Colonna 1956, ediz parziale).

4. Specificit La lista contiene qualche inedito rintracciato durante i sopralluoghi in archivi o biblioteche. Se includessimo anche segnalazioni indirette in cataloghi, in nudi spogli, ecc. (che pertanto necessitano di approfondimenti e controlli specifici), il contingente dei testi potenzialmente disponibili aumenterebbe non poco42. In attesa delle indispensabili edizioni, nella storia linguistica della regione fino alla fine del secolo XV (e oltre), paiono profilarsi alcune costanti.

40 Anche in forza della congruenza cronologica e della coincidenza di luogo, il Luysi dEpephani nominato nelliscrizione verosimilmente lo stesso personaggio (Loysius de Epifanio) che risulta testimone in un atto notarile di vendita di beni immobili del 31 dicembre 1453 (Frascadore 1981: 140 e 146) e che viene registrato in un inventario del 1456 (Centonze De Lorenzis Caputo 1988: 168). 41 La Confessione ritmica, gi ritenuta di area calabrese settentrionale e datata al sec. XIV (Pagliaro [1950] 1961), va invece considerata pi probabilmente salentina e ricondotta a una datazione pi tarda (Distilo 1982-87): alcune carte del codice contengono un testo del monaco Nettario, del monastero di S. Nicola di Csole (presso Otranto), attivo nel 1468 e morto nel 1493. 42 I soli documenti pubblici di et aragonese conservati presso lArchivio di Stato di Napoli, in particolare i registri di entrata e uscita concentrati nel fondo Dipendenze della R. Camera della Sommaria, specificamente nei Conti erariali dei feudi, rappresentano testimonianza corposa e poco sfruttata del volgare locale dmbito amministrativo. Sulla base del sistematico lavoro di reperimento condotto da Jole Mazzoleni e da altri archivisti napoletani produce una ricca lista, peraltro ampliabile, Aprile 2008: 126-127.

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4.1. Perifericit La perifericit rispetto alle dinamiche prevalenti sugli scenari nazionali caratterizza la storia linguistica di questa terra-ponte fisicamente allungata, tra lo Ionio e lAdriatico, verso le terre dOriente. In effetti, se guardiamo ai fenomeni che insorgono nei poli pi attivi della penisola italiana e alle tendenze di volta in volta prevalenti, non vi dubbio che la Puglia giuochi un ruolo marginale e che certe manifestazioni della cultura nazionale si sviluppino con ritardo, talora con modalit singolari, o a volte non compaiano affatto. Tuttavia conviene ampliare la prospettiva canonica del rapporto periferia-centro e non identificare il centro esclusivamente con la Toscana o addirittura con la sola Firenze; collegamenti emergono soprattutto con la capitale storica del Meridione, vale a dire con Napoli. Linfluenza del modello napoletano agisce in particolare su documenti giuridici come statuti, capitoli, bandi e amministrativi come registri di conti e apodisse (ricevute con sottoscrizione autografa), che in tutto il Regno si presentano con una struttura testuale relativamente rigida per conformit alla tradizione e perch ne risultino agevolate la riconoscibilit collettiva e lapprovazione da parte dellautorit centrale. Il dispiegamento di un modello unitario produce i propri effetti sulla testualit e sulla tecnica di redazione, oltre che sulla lingua. Tra i testi di questo tipo, il caso meglio analizzato quello dei Capitoli della Bagliva di Galatina (1496-99 [Citt, n. 35]), cos qualificati da Migliorini (1975: 25)43: redazione, in lingua amministrativa meridionale, dei Capitoli della bagliva (giurisdizione) di Galatina, allora mistilingue (il greco poi si estinse). In essi i modelli letterari toscani e la tradizione latineggiante, notarile ed umanistica, si innestano [] sul tronco della koin quattrocentesca meridionale [] e di una koin amministrativa regionale, quale armonica componente del processo di evasione e di superamento dell'uso strettamente dialettale (DElia 1968: 91-92). La recente individuazione di una precedente versione dei Capitoli, rimontante al 1464 (Citt, n. 16), suggerisce lopportunit di un confronto sistematico tra le due diverse redazioni. Loperazione, poche volte consentita dalla documentazione pervenuta e ancor meno tentata nella pratica, potrebbe rivelarsi interessante proprio al fine di misurare la variazione linguistica e testuale in diacronia: in altre circostanze, esaminando copie del medesimo documento redatte in tempi diversi, si potuto rilevare che fenomeni di variazione e di sostituzione risultano concentrati nei settori della grafia, della fonetica e della morfologia, attenuati nella sintassi e quasi impercettibili nel lessico44. In sostanza, chi copia sembrerebbe attento a riprodurre la sostanza lessicale e semantica di un testo, pi facilmente verificabile, mentre rispetterebbe meno gli altri livelli della lingua. In Puglia non sono molti gli esemplari utilizzabili per questo tipo di raffronti. Uno strumento di concordia del 21 marzo 1495 tra i baroni e luniversitas di Lecce (Citt, n. 34) conservato in duplice versione attraverso la pergamena originale e una pi tarda trascrizione confluita nel
Si veda inoltre la citazione che ne viene fatta in Migliorini 1988: I 256, dove si evidenzia il forte ibridismo che caratterizza questo testo, come anche gli Statuti (o Codice) di Maria dEnghien (cfr. Corti, n. 8) e gli Statuti di Molfetta (cfr. Citt, n. 26): significativamente si parla di ibridismo, non di koin. 44 Secondo quanto sappiamo da documenti quattrocenteschi di area lucana (Compagna 1991; sulla fenomenologia della copia e sulla sua utilizzabilit in linguistica, vedi anche Vrvaro 1998 e Coluccia 2000).
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cosiddetto Libro rosso della citt, ma purtroppo loriginale vistosamente mutilo per uno strappo e dunque un confronto significativo di fatto impossibile. Differente il caso dei cosiddetti Capitoli di Bagnolo (localit del Salento non lontana da Otranto), redatti nel 1440 ma conservati solo attraverso due copie del sedicesimo secolo in duplice veste grafica, rispettivamente in caratteri latini e in caratteri greci (Perrone 1980: 177-186). 4.2. Incroci Quella pugliese una storia di incroci, pi che di isolamento o di separatismo. Fin nelle fasi pi antiche si individuano elementi di collegamento tra le diverse articolazioni territoriali e si colgono segni del processo di superamento dei particolarismi verso forme sovralocali di integrazione; gi presso i pi avvertiti testimoni trequattrocenteschi si registra la percezione dellesistenza di fenomeni linguistici e culturali che superano la frammentazione municipalistica o microareale e in qualche caso sembra addirittura di poter cogliere lembrionale configurazione di una specificit regionale individuata su base linguistica (Coluccia [1993b] 2002a: 68-75). Se poi consideriamo le direttrici esterne alla regione, oltre alle prevedibili Firenze e Napoli, non mancano rapporti orizzontali con le altre zone del Sud estremo, continentale e insulare (la Sicilia e larea calabro-lucana), e anche con localit dellItalia settentrionale lungo la direttrice adriatica (in particolare con Venezia, i cui interessi per gli scali della Puglia sono ben noti) e infine con i paesi (trans)frontalieri al di l del mare. Si configura una dialettica particolare, sia per la relativa autonomia delle tradizioni locali sia per la presenza di componenti specifiche che movimentano e in un certo senso complicano la storia linguistica e culturale della regione. In definitiva un contesto linguisticoculturale caratterizzato da marginalit e perifericit, ma anche aperto a rapporti e scambi molteplici variamente orientati. 4.3. Plurilinguismo Quella pugliese una storia di plurilinguismo. I dialetti pugliesi sono articolati al loro interno e nettamente separati da una linea, che corre da sud di Taranto a nord di Brindisi, attraverso la quale passa una delle grandi partizioni dialettali del territorio nazionale; nella regione convivono con litaloromanzo presenze alloglotte tuttora discretamente (e variamente) vitali come i franco-provenzali, gli albanesi, i grichi. Le articolazioni territoriali si manifestano del resto sin dallepoca preromana (lingue di sostrato di Dauni, Iapigi, Messapi, Peuceti, ecc.) e si continuano in epoca altomedievale (lingue di superstrato dei Bizantini e dei Longobardi). Nel tempo la variet si accresce in virt di ulteriori situazioni di contatto, dalle quali derivano riflessi nellantroponimia, nella toponomastica e nel lessico: arabi, armeni, normanni, ebrei, turchi, slavi, angioini, aragonesi (catalani e castigliani) condividono con gli indigeni territori, vicende storiche e lingue, in un incrocio in cui tanti particolari sono ancora da studiare. Molte situazioni potrebbero essere approfondite proprio grazie allanalisi dei testi antichi. Ad esempio, manca uno studio complessivo che indichi data, estensione, vitalit degli spagnolismi nei testi e nei dialetti pugliesi; al momento possiamo almeno constatare che probabilmente favorito da intellettuali e autori pendolari tra Napoli e la periferia (come i salentini Rogeri de Pacienza e Galateo), ma anche da ma-

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estranze impiantatesi nella regione a scopo di lavoro come a Lucera il massaro Bernardo Machtes (i cui interessantissimi registri di conti attendono uno studio integrale, cfr. Citt n. 10) un piccolo contingente di iberismi si ritrova gi in testi pugliesi quattrocenteschi e lascia ipotizzare vie precoci e abbastanza inedite di collegamento interne al Regno aragonese: ampollecta (per le hore) clessidra (< cat. ampollta de hores), aquapede vinello, vino che si ricava dalle vinacce (< cast. aguapi), donairo facezia, detto arguto (< cast. donaire), galante gentile, grazioso (cfr. cast. gala), moncile mantellina (< cast. monjil), perra malvagia, ostile (< cast. perro) (Coluccia Cucurachi Urso 1995: 213-218). 4.4. Variet Pur se la qualit della situazione editoriale non ancora allaltezza dei materiali reperiti, lesistenza di testi pugliesi, relativamente numerosi e tipologicamente variati, ormai indiscutibile e va ridimensionato il luogo comune che pigramente ripete lamentele sulla ridotta produttivit di questa regione: insomma, ben altro che frammenti. I trattati di medicina, di mascalcia e di veterinaria, i testi di contenuto enciclopedico, grammaticale, religioso, gli statuti, gli inventari e i documenti analoghi che si generano negli ambienti della cultura giuridico-notarile e nei conventi, testimoniano una produzione relativamente abbondante e varia nei contenuti, considerevole sotto il profilo lessicale e preziosa per la conoscenza della vita quotidiana e della cultura materiale: ci viene offerto in tal modo un ricco patrimonio, spesso connotativo dellarea, di lemmi riguardanti oggetti duso comune e attrezzi di lavoro, utensili, arredi della casa, vesti, tessuti, ornamenti, recipienti, mestieri, materiali e tecniche di esecuzione, animali45 e pesci di mare e di fiume, indicazioni di misura e di peso, monete, anche campi astratti come colori, dignit e cariche, diritto, relazioni di parentela; sono cospicue le informazioni su onomastica e toponomastica (Coluccia Aprile 1997; Coluccia 1998; Coluccia 2004b; Aprile 2008). La giusta insistenza sugli aspetti lessicali non deve indurre a trascurare ulteriori, anche notevoli, motivi dinteresse. Il resoconto fiscale scritto a Nard nel 1491, riguardante gli introiti della Corte del Capitano e le rendite della Bagliva nellanno precedente, rivela un contenuto particolarmente vivace in quanto registra tra laltro le pene comminate a sguito di fatti di microdevianza insorti nel centro salentino e riporta spesso alla lettera il corpo del reato, e cio levento che ha generato lerogazione delle pene (Sidoti Olivo 1992): risse, liti familiari, piccoli furti, violazione di norme e divieti, inviti piuttosto ruvidi, bestemmie, minacce e insulti. Il documento costituisce una vera miniera per il lessico e la fraseologia (Aprile 2008: 238-239), ma anche su altri piani si rivela almeno altrettanto accattivante. Sono frequenti le grafie tipiche dellarea come <ch/cch> per [/] (cachare cacciare cio cavare 722, 852, fache faccia 639, feche 98, 153, 229, fechi 522, forfichi forbici 452, Lecche 448) e <gh>, <nh>, <ngh> per [] (pugho 491, pughi 510, pigho pegno 218), (punhi 156), (arunghi aliossi 337,
La testimonianza (20 righi di volgare in tutto) rinvenuta allinterno di una pergamena rogata a Lucera l11 febbraio 1491 dal notaio Paolo de Caponigro (cfr. Citt, n. 32) fornisce una rara attestazione di anechya giovenca di un anno (LEI: 2 1405-1406, s.v. anniculus; cfr. Coluccia 2002b: 714), lettura preferibile rispetto a un oscuro avethia (prima lettura), forma che con concrezione dellarticolo andrebbe ricondotta al tipo beccia capra (ipotesi di Schirru 1996: 282).
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runghi id. 342 e 343, pungho 344, 361, Vanghulo Bagnolo, proprio la localit salentina ricordata in 4.1). sporadico ma connotativo il dittongo [ue] da latina (fueco 401, 479, 624). Luscita della quinta declinazione latina si conserva in fache faccia 639, facie id. 345; ricorre pi volte il possessivo enclitico in marituma 429, matrema 442, molliereta 639, soroma 271, sorota 323, e anche suisa 609 probabilmente errore per sirisa/sirsa suo padre (< sire signore). Tra i costrutti paiono degni di nota il ca polivalente con valore finale (portame li forfichi, ca te mecto le mano alli capilli 452) e lazione del futuro espressa ripetutamente con il costrutto volo + infinito (yo te vollio accusare allo conscillio 295-296, yo te vollio castigare 311, io vollio talliare la fache ad te et ad molliereta 639, yo te vollio cachare le ntrame cavare le budella 722, yo te vollio cachare locchi 852), coesistente con differenti realizzazioni di questo tempo verbale (der 509, far 521, fer 635 ); anche tu divi essere squartato 504-505 pu essere interpretato come una forma analitica di futuro. In conclusione, solo unanalisi a tutto tondo, non ristretta in un unico livello, pu rendere piena ragione delle dinamiche linguistiche che si riflettono nei testi. Sotto il profilo pragmatico-funzionale il resoconto di Nard fornisce un repertorio abbastanza ampio di insulti, di cui vanno sottolineate variet e sagace strutturazione interna: ben analizzato in altri contesti, nellitaliano antico linsulto un atto linguistico relativamente poco studiato, forse anche per una supposta carenza di dati significativi. Ma negli ultimi tempi si registrano segni di unevidente inversione di tendenza. Ai 323 passi estrapolati da atti di processi per oltraggio svoltisi a Lucca tra il 1330 e il 1384 ripubblicati da Marcheschi (1983, editando in modo pi rigoroso Bongi 1890) dedicata lanalisi sintattico-testuale di Dardano, Giovanardi e Palermo (1992); un significativo campione degli improperi e scambi verbali recanatesi pubblicati oltre un secolo fa da Neumann e Spallart (1907: 85-88) efficamente commentato da Breschi (1994: 484-486); ingiurie ricorrono nella ben analizzata raccolta di nuovi testi pratesi dalle origini al 1320 organizzata da Fantappi (2000); ingiurie pistoiesi databili tra gli ultimi mesi del 1295 e i primi del 1296 sono prodotte e commentate da Larson (2004). Anche la dimensione letteraria viene raggiunta da questo tipo particolare di comunicazione, come fa vedere Spampinato (2005-2006; e cfr. anche Alfonzetti Spampinato, in stampa)46. Oltre che per le evidenti implicazioni di carattere sociologico, testimonianze del genere sono preziose, addirittura eccezionali, perch in linea di principio rappresentano lacerti di oralit spontanea e registrazioni di discorsi diretti, vale a dire rarissimi strumenti di accesso alla lingua parlata del passato. Non va dimenticato tuttavia che si tratta di parlato riferito nella forma di citazione del messaggio altrui (secondo limpostazione di Nencioni [1976] 1983: 158-159, che distingue e differenzia allinterno il parlato-scritto rispetto al parlato-parlato e al parlato-recitato), su cui incide loperazione di scrittura attuata dal verbalizzatore, che potrebbe anche essere di cittadinanUtili integrazioni possibile ricavare anche da testi e studi che non si occupano specificamente di insulti, contumelie, gesti ingiuriosi collegati al turpiloquio verbale. In Sestito 2004: 47, s.v. filcchio si riporta senza commento lespressione ar facto fiche (allusione al noto gesto rituale dal contenuto simbolico) la cui ricorrenza in autori quali Dante, Meo de Tolomei, Onesto da Bologna, Marino Ceccoli commentata da Spampinato 2005-2006. Lannotazione li mostr le fiche ricorre peraltro nel resoconto fiscale neretino, cfr. Sidoti Olivo 1992: 636.
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za diversa rispetto al parlante, con le implicazioni del caso legate alla variazione dei sistemi linguistici e alla possibile conseguente ridotta capacit interpretativa da parte dello scrivente. Nel nostro caso lestensore Giampaolo de Nestore di Nard, dunque della medesima patria dei parlanti. 4.5. Sistemi grafici A causa (o in virt) della struttura marcatamente autoctona, ricca di tratti caratterizzanti, lo studio dei sistemi grafici di grande importanza per la ricostruzione della storia linguistica pugliese (e meridionale in genere); nel processo di superamento delle tradizioni locali a vantaggio di modelli pi estesi, i produttori di cultura scritta, di formazione e professione varie, sembrano aver giocato un ruolo di primo piano. Nella grafia di protocolli e inventari redatti in terra di Bari dalla met del sec. XV in avanti, caratterizzata da consuetudini specifiche della zona apulo-barese con qualche propagginazione lucana, si individua la presenza di usi diffusi nel Salento e nel sud estremo; inversamente, in testi salentini quattrocenteschi abbiamo tratti che sottolineano la discesa di correnti grafiche dal nord della regione. Nello stesso tempo la documentazione indica lesistenza di abitudini scrittorie comuni ai testi delle altre regioni meridionali estreme, e quindi allude a forme di collegamento per cos dire orizzontali, cio diversamente orientate rispetto ai rapporti verticali (tradizione locale vs. tradizione egemone) che siamo soliti disegnare trattando di storia linguistica meridionale (Coluccia [1993b] 2002a: 75-81). Questo complesso di elementi dinamici, allinterno di sistemi scrittori che per altri versi non mostrano differenze rispetto a quelli in vigore nelle altre regioni italiane, testimonia il lento riorganizzarsi dei rapporti reciproci tra le diverse zone del territorio verso forme progressive di integrazione e quasi configura una specificit locale dotata di una certa autonomia di fronte alla pressione della scripta napoletana e, sullo sfondo, del toscano; solo in una fase successiva, esauriti i fermenti di autonomia del pugliese e del salentino medievali, le forze conguaglianti extralocali potranno dispiegarsi senza incontrare pi resistenze particolari. 5. Postilla La prima produzione scritta volgare in grafia latina appare in epoca piuttosto tarda: solo nel pieno sec. XV i testi si intensificano e si articolano tipologicamente. Per spiegare questa situazione, non possibile riproporre una sorta di questione di tarde origini su scala regionale, n ci si pu semplicisticamente appellare a fattori di arretratezza della cultura locale; le prospettive cambiano se prendiamo in considerazione anche i testi redatti in alfabeto ebraico e in alfabeto greco. Lutilizzazione degli alfabeti non latini per la registrazione del volgare spiegabile geneticamente con la presenza nei territori meridionali di etnie non romanze dotate di forte tradizione culturale: in alcune aree del Mezzogiorno, la lingua di cultura (e di prima alfabetizzazione) per alcuni gruppi etnici non il latino, bens lebraico e il greco, come testimonia in maniera eloquente lentit stessa della produzione manoscritta in queste ultime due lingue47. La
Un elenco di quattrocentonovantuno codici in lingua ebraica redatti in Italia (tra cui molti dovuti a scriventi pugliesi) produce gi Freimann 1950; per la regione di cui ci occupiamo, consistenti arricchimenti forniscono i lavori (che per la quantit non si possono elencare singolarmente) di Cesa47

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produzione in lingua romanza e in alfabeto ebraico o greco di per s sottolinea limportanza del contesto bilingue per i primi tentativi di affermazione della nuova realt linguistica romanza e dimostra come tradizioni scritte diverse, utilizzate per servire a bisogni interni delle comunit alloglotte, abbiano talvolta funzionato anche da stimolo e catalizzatore della coscienza linguistica volgare; daltro canto la stessa lunga persistenza dei sistemi scrittori non latini testimonia la lentezza e le difficolt che caratterizzano il processo di affermazione della tradizione grafica italiana in aree come il Salento, ove forte la compresenza delle culture non romanze. Il crogiuolo genera episodi interessantissimi, che esemplifichiamo con un riferimento al mondo ebraico e uno al mondo greco. 5.1. Testi in grafia ebraica Alla comunit ebraico-pugliese rifugiatasi a Corf dopo lespulsione dal Regno di Napoli verificatasi, in diverse riprese, tra il 1492 e il 1541, si deve unabbondante produzione di vario argomento in prosa e in poesia. Un manoscritto redatto agli inizi del Settecento nella localit greca (rimasta fino alla fine del secolo sotto la dominazione di Venezia) contiene una canzone di argomento nuziale accompagnata dalla musica. Non si tratta di un prodotto originale creato per loccasione, ma di una antica canzone popolare, giudicata dalleditore di origine pugliese, trasferita nel contesto della cerimonia nuziale ebraica e adattata al motivo di un inno festivo preesistente (Sermoneta 1990: 147-149). Nel breve canto nuziale (3 piccole strofe per complessivi 12 versi) ricorre (ai vv. 58) una quartina di ottonari (con ovvie ipermetrie non strutturali) che, in forma isolata e decontestualizzata, si conserva anche in un altro codice corfiota contemporaneo. Eccone le trascrizioni:
Canzone nuziale Candu sugnu in chista brigada par chi sugnu in paradisu; candu vidu chistu bel visu so cuntentu e cunzulatu (cod. Mic. 4596 del Jewish Theological Seminary di New York, c. 14v) Candu untu in itu brigada par chi ugnu in paravisu candu vidu lu to bel visu un contentu e cunzulatu (cod. Montefiore 236, c. 52v)

Secondo il parere delleditore si tratterebbe di una canzone popolare pugliese; la lingua in verit rinvia a un tipo meridionale estremo, specificamente calabro-siculo, fenomeno che si pu spiegare con il fatto che un nucleo di ebrei provenienti dallItare Colafemmina, Luisa Cuomo, Fabrizio Lelli. Ancor pi copioso lelenco dei manoscritti in greco: ai 237 codici [salentini] descritti da [Oronzo Mazzotta] se ne aggiungono infatti oltre 170 attraverso il puntuale censimento procurato da Arnesano 2005: 25 (per la citazione testuale); e cfr. anche Arnesano 2008.

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lia, soprattutto pugliesi e siciliani [corsivo mio], era gi stanziato a Corf a partire dal XIV secolo. Quindi la formula comunit pugliese per i nuclei provenienti dallItalia generica e pu essere utilizzata solo in conseguenza dellaccresciuto numero di profughi [provenienti dalla Puglia] che sbarcarono nellisola durante il Cinquecento (Sermoneta 1990: 140, n. 7)48. Ma non solo in gioco la lingua del testo. straordinario che la quartina in questione, con minime varianti ma con le stesse rime, costituisca lavvio della canzona ciciliana di contenuto amoroso ma sicuramente prematrimoniale (se possibile adattare laggettivo al contesto) Quando sono in questa cittade, conservata in due codici gemelli trascritti (in grafia latina, ovvio) in ambiente fiorentino intorno al settimoottavo decennio del secolo XV (Coluccia 1975: 130-132, in particolare 131, vv. 1-4).
Canzona ciciliana Quando sono in questa cittade per tte sono im paradiso; quando veggio tuo bel viso son contento e consolato (C 35 sup. della Biblioteca Ambrosiana, c. 57r e Ginori Venturi Lisci 3 [oggi Acq. e Doni 759 della Biblioteca Laurenziana], c. 327v)

Si tratta di un fenomeno tuttaltro che infrequente nella antica produzione poetica meridionale: un canto (o uno spezzone di canto) appartenente al registro popolareggiante viene riutilizzato in contesti culturali differenti rispetto a quelli di prima elaborazione. In aggiunta, sappiamo per certo che fenomeni di contatto tra culture diverse e anche casi concreti di plurilinguismo non sono eccezionali nel contesto mediterraneo, tradizionale crocevia di popoli: ad esempio, canzoni di origine spagnola sono conosciute dagli ebrei mediterranei e nella produzione liturgica corfiota si registrano inni composti da sequenze di strofe in spagnolo, in italiano meridionale estremo e in ebraico49. Inconsueta invece la trasmigrazione (con conseguente ristrutturazione) del medesimo prodotto dallambito della poesia italiana meridionale a quello della poesia giudeo-romanza mediterranea. Accanto alla parziale rimodulazione tematica (canto nuziale nel primo caso, generico argomento amoroso nel secondo) e alle modeste variazioni lessicali, i due testi si caratterizzano per una differenza fondamentale: la canzone nuziale in grafia ebraica di Corf conserva la forma meridionale estrema, il suo collaterale in grafia latina trasmesso invece da una trascrizione toscana che ne ha modificato la veste originaria, al punto da renderla linguisticamente stridente con lintestazione canzona ciciliana attribuita alla poesia. Come in altri casi di testi meridionali trascritti in Toscana (e anche nel Settentrione), la commutazione linguistica si
Il vocalismo tonico di tipo siciliano, cio caratterizzato dalla chiusura in i di E lunga, I breve ed I lunga e in u di O lunga, U breve ed U lunga; sono diffusissime i ed u finali; ricorrono le forme indeclinabili dellagg. possessivo mia, tua e sua, invariabili per genere e numero; ecc. Forma marcata sugnu I pers. io sono, etichettata come calabro-sicula (Rohlfs 1966-1969: 540) 49 Per una convincente disamina della produzione liturgica attribuibile alle comunit giudaiche di provenienza italiana attive a Corf e Salonicco, cfr. Lelli 2006 (sul caso che stiamo trattando, vedi in particolare: 207 e n. 37). Allo stesso Lelli e a L. Minervini, dellUniversit di Napoli, devo molte informazioni su forme e presenze della cultura ebraica in Italia meridionale: ringrazio sentitamente entrambi.
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spiega con la storia della tradizione manoscritta e con lintervento del copista. La ciciliana o siciliana (insieme alla napoletana e alla calavrese) costituisce un genere della lirica italiana tardo-medievale nato nel Sud, di matrice tuttaltro che ingenua a dispetto dellanonimato, a volte intessuto di riprese stilistiche e metriche addirittura dai lirici siciliani, fornito di accompagnamento musicale, cui arride notevole successo anche nel Centro e nel Nord dellItalia (Coluccia Gualdo 2000: 34-48; Antonelli Di Girolamo Coluccia 2008: III XXIII-XXIV): questultima circostanza documenta nel Tre e Quattrocento lesistenza di movimenti culturali che si orientano in direzione opposta rispetto a quella prevalente, che procede dalla Toscana e dal Settentrione verso il Mezzogiorno. I rapporti con la cultura ebraica testimoniati dal canto nuziale di Corf configurano un nuovo capitolo della storia non banale di questa forma poetica. 5.2. Testi in grafia greca La tradizione scritta di lingua romanza e di grafia greca rappresenta in tutto il Sud un concorrente formidabile per quella in grafia latina. Testi romanzi redatti in alfabeto greco sono ben documentati, prevedibilmente, nelle aree caratterizzate da forti insediamenti bizantini quali Sicilia, Calabria e Puglia. In Lucania, nella antologia di testi quattro e cinquecenteschi messa insieme da Compagna 1983, il primo testo, del 1402, in caratteri greci e precede i prodotti in grafia latina (gli altri compresi nelle stessa raccolta e quelli studiati da Braccini 1964), che si susseguono a partire dagli anni Quaranta del sec. XV. Lelenco dei documenti lucani in grafia greca provenienti dal monastero di S. Elia di Carbone ammonta a 25 pezzi, distribuiti in un arco temporale che va dal 1402 fino al sec. XVI ex. - XVII in. (Distilo 1996: 160-165): vi si riflettono fatti di rilevanza amministrativa, economica e politica, annotazioni di eventi atmosferici eccezionali (terremoti, lapparizione di una cometa, tempeste e grandinate), schegge di vita minuta. Tornando alla Puglia, i documenti in grafia greca, distribuiti in un arco cronologico che va dalla fine del sec. XIII fino al pieno sec. XVI50, sono numerosi, diffusi e variati nel Salento, quasi impercettibili nel nord della regione: la diversa distribuzione territoriale ovviamente riflette il difforme radicamento locale della cultura bizantina. ragguardevole la relativa variet dei reperti editi: scritti di natura religiosa (predica, formula confessionale, invocazione alla Vergine), di carattere didattico e grammaticale, traduzioni, scritture esposte. Ancor pi ricca e promettente diventa la raccolta se aggiungiamo gli inediti censiti, in tanti diversi codici, da Arnesano Baldi (2004: 130-131, n. 78)51: una ricetta gastronomica, glosse (tra cui una accattivante sequenza italoinglese: () ; : ; : ; ecc.), vari altri testi. Tra i materiali gi trascritti e quindi sin dora offerti allattenzione degli storici della lingua colpisce, in quel contesto e a quellaltezza cronologica, la presenza della poesia (che nei testi in grafia latina assai pi tarda) e soprattutto delle liriche amorose
I testi indicati in precedenza, Religione, numeri 13 e 14, sono in parte confezionati nel sec. XVI; allo stesso secolo rimonta linedita coniugazione di / , di mano salentina (Distilo 1985: 136). 51 La parte cui facciamo riferimento di Daniele Arnesano. Non resta che sollecitare gli stessi bravissimi studiosi a trascrivere integralmente questi documenti, indicandone date e luoghi di confezione: ne deriverebbero ottimi materiali di studio, con conseguente ridefinizione della situazione linguistica del salentino antico.
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duecentesche (cfr. il numero 3 del 3.1.). Si tratta di un episodio originale per lintera storia linguistica meridionale nella quale, dopo lesaurirsi dellesperienza dei poeti federiciani, bisogner attendere la poesia culta di et angioina, quasi alla met del Trecento, e quella del filone anonimo quasi coevo (siciliana ecc.) di cui abbiamo trattato in 5.1., per ritrovare i segni di una nuova stagione lirica. In uno studio non ancora pubblicato Alessandro De Angelis (che vivamente ringrazio per le anticipazioni fornitemi) mette in luce lesistenza di rapporti formali e contenutistici tra le poesie salentine in caratteri greci e alcuni testi appartenenti proprio alla medesima corrente di lirica anonima in grafia latina sviluppata nel secolo successivo (De Angelis, in stampa): suggestione straordinaria che con interesse attendiamo di conoscere nei dettagli. 6. Desiderata I temi e gli esempi che abbiamo presentato vanno considerati un semplice campione delle potenzialit offerte da questi testi e della loro utilizzabilit per la ricerca storico-linguistica, a tutti i livelli. Mentre si vanno allestendo le prime banche dati52 costituite, in maniera esclusiva o prevalente, da materiali meridionali e pugliesi, continua ad avvertirsi dolorosamente la mancanza di edizioni critiche, sia di singoli testi sufficientemente estesi sia di raccolte omogenee di testi. Da questa fase degli studi ormai necessaria, poggiata su dati documentari abbondanti e inappuntabili, questioni generali e singoli aspetti trattati in questa presentazione potrebbero risultare modificati, anche in misura non marginale: sarebbe, credo, il modo giusto per onorare le suggestioni e le sollecitazioni che Bruno Migliorini ci ha consegnato.

Come quella allestita per il PRIN 2007 Storia, Archivio e Lessico dei Volgarizzamenti Italiani (SALVIt) che vede coinvolte le Universit del Salento (Rosario Coluccia, coordinatore nazionale), di Catania (responsabile Margherita Spampinato), di Napoli LOrientale (responsabile Rita Librandi), di Pisa "Scuola Normale Superiore" (responsabile Claudio Ciociola) e di Salerno (responsabile Sergio Lubello), allinterno del quale si colloca il presente lavoro. Altri archivi informatizzati furono redatti per il PRIN 2002 Corpora linguistico-testuali italiani on-line (CLIO2), al quale parteciparono le Universit del Salento (responsabile R. Coluccia), della Basilicata (responsabile R. Librandi), di Catania (responsabile M. Spampinato): per un elenco dei materiali disponibili cfr. Coluccia 2004b: in particolare 13-15.

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