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EMERGENZE AMBIENTALI

8 marzo prova scritta - noi avremo ancora l’aula a disposizione quindi farà un paio di
turni per sfruttare ancora l’aula e fare la prova scritta. Da Febbraio gli esami saranno in
presenza. PROVA SCRITTA SULL’INQUADRAMENTO GENERALE DEL TEMA. Parte 1 di
inquadramento con ciò che spiega a lezione.

Lunedì 14 marzo ci sarà una prova in presenza presso l’aula Ferrero di Via Barberia che
riguarda la parte monografica. Parte orale nella quale gli comunichiamo la scelta delle 2
monografie.

31.01.2022
Introduzione

Il tema dei beni culturali è stato affrontato, dove si parla di tutela, accendendo i riflettori
sui fattori antropici che hanno determinato una lezione, una fragilità del bene culturale.
Per fattore antropico si intendono le guerre, quelle che hanno messo a repentaglio la
tutela del patrimonio. Pensiamo ai bombardamenti di Berlino, a Roma durante la 2GM,
considerando la penisola come un museo a cielo aperto e come la guerra non colpisca
solo le comunità ma anche la memoria, condivisa o meno, spesso meno. Abbiamo visto
in queste settimane il tema della Caunsel Culture demolendo statue dei protagonisti della
storia nazionale che nella loro vita magari erano razzisti, non considerando il suo contesto
non potendo giudicarlo ad oggi.

Cos’è un bene cultuale? Lo posso cancellare solo perché la statua è stata scolpita da uno
scultore omicida o razzista? Il concetto di bene culturale è un concetto labile. Oggi
vediamo in questa fase storica con questa nuova polemica, una cultura che cancella le
effigi del passato giudicando con i nostri parametri odierni.

Tornando al discorso anticipo un concetto: una delle caratteristiche della tutela dei beni
culturali è il fatto che lo sviluppo della tutela non è un processo lineare e continuo ma è
un procedimento che avviene a scatti, a gradini, ci sono delle cesure storiche che hanno
determinato un’accelerazione del processo di tutela. Questi fattori che producono
un’acelleraiozne sono fattori anche qui di tipo antropico, una società che cambia, ma ci
son anche fattori non antropici che creano quel momento di crisi che determina un
ripensamento della tutela. Es. i terremoti: come le bombe creano un paesaggio che è
simile a quello di una guerra, non fa distinzione tra un palazzo civile, una piazza, ecc.
questi cataclismi spesso hanno rappresentato un fattore di accelerazione nella tutela che
è anche legata ai fattori antropici come i cambiamenti di regime, anche il fascismo in
qualche modo ha ripensato la tutela.

Nella seconda parte del corso studieremo l’evoluzione della tutela parlando della
Protezione civile e come questo sistema abbia interagito con le strutture amministrative
dei beni per mettere in sicurezza e ripristinare i beni essendo l’Italia un museo a cielo
aperto.

I lavori che affronteremo partiranno da un’analisi dell’evoluzione del concetto e della


tutela del bene culturale. Lo faremo parlando in generale e nello specifico nel caso italiano
per allungarci a temi internazionali come la globalizzazione essendo un fenomeno che
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non interessa solo i commerci ma anche il tema della tutela del bene, non solo il mercato
dei beni.

Moriremo anche una finestra sul tema del paesaggio, soprattuto per parliamo di eventi
naturali non possiamo evitare il fatto che anche il paesaggio ha un ruolo nel concetto dei
beni. Il bene è un concetto che va guardato da varie prospettive, è un prisma, non
possiamo pensare al bene immaginando un dipinto con l’affresco.

Concetto su come la tutela da privato diventi pubblico inteso come beni comuni, della
collettività. Ad oggi è scontato per noi pensare che la statua e il palazzo siano beni
comuni ma in passato non era cosi a dimostrazione dell’evolversi dei concetti.

Analizzeremo dei casi catastrofici e arriveremo anche a toccare temi che riguardano l’arte
e con questo arriveremo a chiarire oggi qual è il ruolo del Ministero dei Beni Culturali
nell’ambito di questo tema: l’emergenza ambientale.

Quando parliamo di patrimonio del beni e lo caliamo nella realtà di un territorio colpito da
un evento catastrofico prendiamo in considerazione l’ottica del ripristino dei beni colpiti
ma anche il concetto della promozione dei beni culturali. Vedremo come i territori colpiti
utilizzeranno questo argomento del patrimonio per compiere quel progetto di retriggering
un ritorno alla normalità che interessa ala comunità colpita ma che riguarda anche il
ripristino e la valorizzazione di come questi beni possano essere utilizzati per il territorio
colpito.

Inizio del corso

Pariamo da un esempio, da un caso, da poco abbiamo celebrato la Giornata della


Memoria, lo sterminio, campi di concentramento. Partiamo da qui perché di aguta a
capire la complessità del bene.

Aushwitz - è un bene artistico? NO, è un patrimonio di sofferenza. È un luogo del dolore,


però questo luogo è stato trasformato in una sorta di monumento. Questo esempio anche
banale ci consente di iniziare l’avventura mettendo in evidenza un primo carattere dei
beni culturali: quando parliamo di beni culturali facciamo riferimento a un concetto ampio,
che supera la dimensione estetica/archeologica dell’intrattenimento. Bene culturale è
anche la musica, uno spartito.

Qu torma un concetto. L’altra caratteristica è il fatto che la storia dei beni culturali è una
satira discontinua, una storia che conosce delle fasi di accelerazioni, fasi anche
degressive, fasi di cambiamento legate al fatto che il patrimonio risulti minacciato. A
segnare questo fattore di crisi pul essere una scelta antropica come la Rivoluzione
Francese o anche non antropico come un’eseondazione, una frana, come’alluvione di
Firenze, anni 60 che si aprono con questo evento drammatico nel boom economico in cui
si conosce il benessere. Eppure un evento drammatico ci riporta alla realtà, un dramma
per un’intera comunità toccando un patrimonio mondiale per i beni culturali che è la città
del Giglio. Questi sono i due elementi da tenere in considerazione.

L’ampiezza del concetto e la sua discontinuità temporale.

Quando si comincia a immaginare quale può essere un bene culturale? Quando ci


confrontiamo con la prima forse non cosciente idea di avere a che fare con un bene
cultuale? Dalla Classicità, laddove facciamo riferimento ai templi antichi, spazi sacri

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inviolabili, solo il sacerdote poteva entrarvici. Templi che conservavano oggetti di culto
che solo il sacerdote era legittimato a custodire. Possiamo parlare di un primo concetto di
bene culturale inteso come bene protetto a favore della continuità. Affidata ad oggi al
Mibact, all’epoca erano le comunità religiose in cui inconsciamente rappresentavano
l’idea di un bene protetto per il bene della comunità.

Se accendiamo i riflettori sull’epoca della classicità seppur inconsciamente il concetto di


bene culturale è un concetto complesso, ampio perché pur non essendo formalizzato
questi spazi sacri riguardavano non solo la struttura e i beni contenuti ma anche il
paesaggio circostante com alberi, corsi d’acqua. Edificati in aree che avevano un potere
divinatorio, scelte apposta. Es. Egitto. Scenografia che lo circonda che va tutelata e che i
sacerdoti tutelavano l’ingresso all’edificio.

Il paesaggio era una zona delimitati da segni, pietre, staccionate, altorilievi che andavano
oltre il tempio. Un altro esempio, pensiamo al Mondus dell’antica Roma, una cosa strana
e affascinante, era una sorta di fossa circolare scavata al centro dell’urbe, delle città, era
sacro perché si pensava che da questa fossa profonda i morti potessero risalire verso la
terra, anche qui c’era una liturgia, un sacerdote. Era uno spazio sacro che faceva parte
del paesaggio, era un bene custodito per il bene della popolazione.

Già nell’antichità questi spazi che hanno una valenza religiosa si passa appunto a un’idea
del bene culturale secularizzato che perde questa valenza religiosa. Acquisisce una
valenza in quanti opera dell’uomo. Sono beni culturali che in qualche modo acquisiscono
al loro interno un concetto che è quello di CIVILTÀ.

Anche se nel corso dei secoli perdono il valore religioso non perdono il valore sacrale. Per
quanto questi manufatti o edifici non siamo collegabili a un rituale religioso o a un’entità,
rappresentano spazi sacri da tutelare perché sono memoria di un popolo. Acquisiscono il
significato che noi oggi in epoca moderna associamo al termine monumento perdendo la
valenza religiosa ma mantenendo in parte la valenza sacrale.

Pensiamo al Risorgimento, qui a Bolo c’è il museo. Se lo visitiamo vediamo manufatti,


opere, bandiere della storia gloriosa nazionale. Dopo il risorgimento lo stato si premura di
tutelare queste vestigia a costruire statue che ricordino il periodo storico avente un valore
sacro per la patria. Pensiamo a una fatto accaduto di recente, l’elezione del Presidente
della Repubblica, pensiamo all’altare della Patria a Roma, pensiamo alla ritualità che si
associa alla storia civile di un popolo, il presidente che mette la corona d’alloro, fa un
discorso, c’è qualcosa di religioso nel senso di custode delle sacre vestigia. Custodisce le
memorie con un intendo quasi sacrale.

Questo passaggio dalla religiosità alla sacralità delle spoglie delle memorie era già
nell’antichità in cui questo fenomeno si sviluppa, già nell’antica Grecia si tutelano e
conservano manufatti architetture che si associano anche alla nascita di un inserimento
come le città stato della Grecia antica. La nascita di un insediamento può essere
ricordato con queste sacre vestigia che ricordano gli eroi fondatori della città. Se
pensiamo all’antica Grecia pensiamo alla nave con cui Teseo torna da Creta dopo che ha
sconfitto il Minotauro, Plutarco ci racconta che questa nave viene conservata
gelosamente a memoria dell’evento, viene periodicamente restaurata della tavole
degradate e lesionate a dimostrazione che già in questo mondo che si perde nei secoli

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seppur sotto traccia si sviluppano dei concetti molto moderni. Il fatto che questa nave
venga sottoposta a manutenzione ci porta a un cornetto che è quello del restauro
programmato, che la tutela del bene non sia legata alla sua caducità ma al fatto che
debba essere mantenuto nel corso del tempo anticipando valori aggressivi. Nel caso della
nave di Teseo si tratta di un restauro programmato che si associa a un concetto moderno,
il fatto che questo manufatto acquistando un valore civile, non ha più valore religioso
come prima veniva associato alle vestigia del passato.

Un’accelerazione la conosciamo nel momento in cui la classicità del mondo ellenistico si


confronta con l’emergere di una potenza immortale, Roma, la civiltà che in qualche modo
rappresenta un passaggio di testimone accelerando il processo cominciando a codificare
la salvaguardia delle opere e dei beni culturali. Questo processo è un processo legato a
due fattori, l’urgenza della prima forma di tutela che deriva dal fatto che Roma è un
impero in espansione che nella fase più alta va dalle coste nord Africane fino alla Gran
Bretagna, un impero in cui vediamo muoversi non solo soldati e schiavi ma anche una
circolazione di beni culturali. È un atto predatorio, un bottino di guerra offerto
all’imperatore per la sua potenza.

Ma l’espansione dell’impero non è solo di tipo militare legata alla mobilitazione di eserciti
che depredano ma p anche un’espansione di tipo turistico laddove dobbiamo fare conto
del fatto che durante i secoli della massima espansione dell’impero si sviluppa una classe
sociale come l’aristocrazia che vuole viaggiare, ama l’esotico anche del mondo ellenistico
in cui riconosce le radici. Ci sono anche famiglie aristocratiche che viaggiano per mesi
mettendo in atto un altro concetto moderno che troviamo già presente in questi primi
contatti che è il collezionismo. I carri delle famiglie nobili si riempiono di statue, oggetti
rari che servono per abbellire le loro ville.

A spingere verso l’idea di cominciare a codificare il patrimonio è anche il fatto che molte
di queste famiglie aristocratiche acculturare che hanno conosciuto le collezioni greche
come quelle di Bergamo e di Alessandria, ecco il momento di accelerazione, sono
famiglie che intuiscono che la potenza deriva non solo dall’uso della forza ma anche il
prestigio culturale che mi collega a culture molto diverse. È una tutela che comunque si
ricollega al fatto di mantenere una memoria. Un aristocratico che si porta una stele in
giardino compie un’usurpazione ma è anche un atto di conservazione.

Caso di Cicerone, grande letterato, storico ma anche funzionario pubblico. Cicerone è il


questore della città di Siracusa in Sicilia. All’epoca non si occupava di beni culturali ma di
amministrare la giustizia, le ammende, le tasse. Nel suo ruolo di questore si interessa
affinché nel cimitero della città venga riportato alla luce la tomba di Archimede, grande
matematico dell’antichità ormai nascosta dal tempo e dalla natura. Rendendo fruibili le
spoglie mortali di Archimede e restaurando la sua tomba, Cicerone mette in atto
un’azione di tutela.

Questa faccenda ci introduce all’età augustea in cui attraverso varie iniziative come
questa di Cicerone che cambiano la percezione dei beni cultuali. Si afferma un’idea che il
bene culturale abbia un valore pubblico, ci sono queste famiglie aristocratiche che girano
il mondo in largo cercando memorie, oggetti curiosi, opere d’arte, però contestualmente

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si sviluppa anche l’idea che il bene sia qualcosa che deve essere, se pubblico, fruibile a
tutti non deve essere nascosto in una villa.

L’esempio più eclatante in età augustea è Giulio cesare che mostra alla popolazione la
sua collezione di dipinti di usa proprietà. Dipinti di storie di Aiace, Medea e altri miti in
modo che tutti ne possano godere ma perché Giulio capisce che la potenza e il prestigio
nascono anche da questo elemento, dal fatto di essere custodi di memoria rendendola
fruibile al popolo.

Cominciamo ad avere i primi segnali del cambio di idee.

Agrippa, generale di Ottaviano (futuro imperatore Augusto), classica figura di uomo


trasversale, è un Generale ma anche architetto, quindi sa guardare la città con un occhio
diverso dal semplice uomo d’arme. Ne incontreremo anche altre. Agrippa è interessante
per le sue Orazioni di successo in cui lui invita i privati a partire dalle famiglie
aristocratiche che viaggiano in Europa a rendere pubblico quanto preso in modo che tutti
ne possano fruire. Agrippa ne da l’esempio da generale ricco, famoso che fa scorrere
all’ingresso delle sue terme una statua di Isippo in modo tale che tutti la possano
ammirare.

È un’opera cosi bella che suscita l’invidia dell’imperatore Tiberio che cerca in maniera
predatoria di sottrargliela, la cosa interessante è che di fronte a questa atto di forza
dell’imperatore il popolo si ribella per farla rimanere lì dov’è per vederla tutti.

Pollione è un militare anche lui, ufficiale delle legioni però è anche un raffinato letterati
anche politico. È il primo che costruisce una biblioteca pubblica a Roma a dimostrazione
della nuova valenza di bene che non è solo una statua, un dipinto o l’edificio ma diventa
anche una struttura che accoglie un patrimonio diverso.

Arriviamo a Ulpiano, anche lui personaggio citati perché è colui che codifica una norma
che farà la scuola: le statue anche se private se sono esposte in luoghi pubblici sono
considerate Res populi romani, quindi un bene della comunità e come tali diventano
demaniali, concetto che ad oggi si pratica per i beni cultuali. Un vincolo demaniale che
non riguarda solo le statue ma anche opere tecniche, pensiamo all’imperatore Augusto
che nell’arsenale di Pozzuoli conserva la nave costruita per traportare dall’Egitto gli
obelischi come moda del tempo.

Il problema che gli storici hanno identificato nell’epoca è che non ci confrontiamo con una
tutela di tipo selettivo, certamente nell’antica Roma questa azione predatoria compiuta
dagli eserciti piuttosto che alle famiglie consentono a Roma di riempirsi di effigi del
passato, di movimenti, di obelischi che in qualche modo consentono di preservarli. Qual è
il problema? È che ancora quest’epoca la tutela è selettiva. C’è una percezione
soggettiva del bene per quanto riguarda l’approccio alla sua tutela. L’esempio che gli
storici riportano per identificare questa spoliazione selettiva che rende Roma una città
piena di opere è che nel 181 a.C. durante uno scavo ai piedi del Gianicolo vengono
rivenuti due archi in pietra che connettono dei rotoli scritti in latino. Gli storici che
partecipano a questa operazione attribuiscono questi testi all’epoca di Numa Pompilio
come primo successore di Romolo agli esordi della storia di Roma. Sono testi che letti
parlano di riflessioni filosofiche, metodi religiosi. Questi testi vengono distrutti perché si
ritiene che non siano conformi alla Nadia di Roma e che non sono in linea con la Roma

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repubblicana, con lo spirito ,la filosofia che anima Roma in quel periodo. Gesto scellerato
ma che per loro è usuale. In questo caso la tutela è piegata un disegno politico.

Un altro fattore di accelerazione è rappresentato dal cambio di religione quando c’è lo


scisma tra Oriente e Occidente, abbiamo due editti rappresentativo del cambio religioso,

- Milano o quello di Costantino del 313 d.C di liberto del Cristianesimo senza
persecuzioni.

- Tessalonica - 380 - Cstantino che la rende religione dello stato.

Questo passaggio di carattere religioso ha dei riflessi anche sull’aspetto della tutela
perché nel momento in cui si afferma il cristianesimo come religione di stato ci si pone il
problema di tutela degli antichi templi pagani che rischiano di essere mandati in rovina.
Ecco perché in coincidenza con questo passaggio di religione si comincia a formulare la
prima legislazione organica di tutela occidentale che fonda le sue radici nel paganesimo
che in questo contesto viene dimenticato. Possiamo dire che a spingere la legislazione
non è legata alle invasioni barbariche ma la spinta è la riflessione sull’incuria che gli etici
subiscono perché la religione professata è quella cristiana. Tuttavia questa meritevole
idea di tutela si scontra con i limiti del meccanismo della tutela che viene scelta perché se
diciamo che con questo passaggio di comprende che la tutela non può essere selettiva
dall’altro lato è una tutela che si basa soprattuto sulla tecnica del reimpiego, spesso e
volentieri quando troviamo degli edifici incustoditi per preservare queste memorie per
l’emergere di un nuovo imperatore Costantino è una forma di tutela che si spinge a
riutilizzare pezzi di questi monumenti inserendoli nel contesto di nuove costruzioni
nell’ottica appunto di preservarli.

Es, l’arco di Costantino costruito nel 315 d.C per celebrare la vittoria di Costantino contro
Massenzio nella battaglia di Pontemilvio è un assemblaggio nelle decorazioni che
provengono da edifici antichi andati in rovina. Potremmo dire la stessa cosa delle prime
basiliche del Vaticano e del Laterano che sono frutto di marmi e colonne di altri
monumenti. La tecnica del reimpiego trasforma gli antichi monumenti come una sorta du
cava dalla quale prendere ciò che ci serve anche nell’ottica di conservare gli apparati
decorativi in primis esponendoli in un altro contesto architettonico. Significa però
decontestualizzare quel bene e questo è un concetto altrettanto moderno che all’epoca
non c’è, l’idea della contestualizzazione, ci confronteremo con studiosi che dicono che il
bene costituisce una memoria degna di tutela che non può essere allontanata dal suo
contesto in cui ha significato. Nel momento in cui tutelo il bene devo tutelare anche il
paesaggio in quanto bene culturale esso stesso che va a braccetto con quello creato
dall’uomo.

1.02.2022
La prova scritta sulla parte di inquadramento sarà martedì 8 marzo in Aula 2. 10 domande
con 5-6 righe di risposta. Entro fine settimana scrivergli una mail per decidere se siamo
frequentanti o non.

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Evoluzione della tutela nella cornice dell’impero romano, della classicità. Ha detto che
certamente con il cambio di religione, il passaggio dai riti pagani al cristianesimo come
regione di stato abbiamo la cesura storica, elemento positivo che non deve farci
dimenticare che ci sono ancora diverse ombre nell’idea della tutela, rappresentate da un
lato dalla tecnica della tutela selettiva (due arche in pietra rinvenute ai piedi del Gianicolo
- rotoli scritti, una parte in greco e l’altra in latino che toccano temi religiosi e speculazioni
filosofiche, una parte viene sacrificata, quella in greco che si occupa di questioni
filosofiche che i romani pensano possano distogliere l’attenzioni dalle credenze religiose e
quindi bruciati pubblicamente).

Questo è il primo limite. Dall’altro la tecnica del reimpiego - tecnica che d aut lato
preserva per ricollocare gli elementi in un contesto diverso, dall’altro il fatto che vengano
inseriti in un contesto diverso il patrimonio viene disperso. Il fatto che per noi p scontato è
la CONTESTUALIZZAZIONE del bene che deve essere collocato nel suo scenario storico
per capirne il senso, in questo periodo è disatteso in quanto manca la conoscenza e lo
studio di tale patrimonio che abbiamo noi oggi.

Se da un lato la cesura di questi editti di Milano e Tessalonica che portano alla nascita
della religione imprime un impulso per la tutela innanzitutto del patrimonio pagano messo
in ombra, ci sono ancora queste ombre che aleggiano sulla tutela: quella selettiva e la
tecnica del reimpiego facendo esempi come le basiliche del Vaticano e Laterano con l’uso
di altri monumenti in disuso come vere cave dalle quali ricavare il materiale di costruzione.
Non possiamo dimenticare che in epoca della classicità latina il tema della tutela del
patrimonio delle antiche vestigia inizia a svilupparsi.

Segnaliamo la figura di Teodosio I come imperatore precedente alla separazione


dell’impero, colui che mette e codifica la prima legislazione in difesa dei templi pagani.
Questa prima legislazione si fissa un principio secondo il quale l’arte non va preservata
per il suo valore religioso ma la qualità artistica che ha. È un re cristiano (Ravenna), questi
beni vengono preservati e facciamo riferimento in particolare a quelli pagani.

Questa filosofia che Teodosio introduce con i codici vengono recepiti dal figlio Onorio,
primo imperatore romano d’Occidente, in un impero diviso in cui Costantinopoli diviene il
nuovo centro nevralgico. Onorio è colui che impone la fine della spoliazione dei beni,
quell’opera di intervento massiccio nei monumenti in decadenza riformati in cave. Atti con
i quali formalmente viene frenato questo scempio. Onorio formula il concetto che questi
beni non possano essere spoliati perché pubblici.

Con lui segnaliamo un passaggio ulteriore, il mondo romano orami cristianizzato


introduce anche la prima legislazione sulla tutela della cristianità e le chiese cristiane che
entrano sotto l’ombrello della difesa pubblica, dello stato.

Oltre all’Occidente il cui centro è Ravenna, a Oriente sappiamo che tra il 395 alla metà del
400 abbiamo un impero che ci accompagna di cui Costantinopoli è la capitale. Mero in
declino a causa delle invasioni, Costantinopoli è centro di una raccolta continua di opere
e si segnala perché i palazzi, come quello imperiale, hanno collezioni imponenti di statue,
marmi che provengono dalla Grecia. Le vestigia dell’antica Grecia abbellscono questa
capitale divenendo un faro del collezionismo.

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Il modello orientale è più avanzato e per fare un bilancio di questo impero discendente i
tentativi di tutela che vediamo sulle due sponde dell’impero comunque sopravvivono.

La legislazione di Teodosio, le implementazioni che porta avanti Onorio ma per capire


come questo segnale si replichi successivamente pensiamo a Teodorico come sovrano
ostrogoto che però mantiene in vita la legislazione di questi sovrani che hanno portato
avanti queste idee.

Cosi come ad Oriente, Bisanzio, Costantino, le collezioni private di statue provenienti


dalla Grecia classica torvano l’apice nel Codice Giustinianeo - leggi che regolamentano la
vita civile ma anche disposizioni sulla tutela, il concetto di proprietà privata, di bene
pubblico e quali di questi sono pubblici e non privati.

L’impero d’Occidente è un impero che in questa fase storica è in una fase di drammatico
declino legato al fatto che i barbari cominciano a invadere la penisola. Dal 489 d.C le tribù
germaniche arrivano anche nella nostra penisola. Pensiamo al Sacco di Roma più famoso
quello del 410 d.C. azione predatoria imperante perche quando ci invadono dobbiamo
confrontarci con città abbandonate, castelli distrutti, chiese della cattolicità incendiate, le
campagne depredate, i monumenti deturpati. Guerre e razzie che si trasformano in un
degrado, sia del patrimonio delle città ma anche i monumenti che vengono anche essi
abbandonati se non vandalizzati. Entra in gioco un altro concetto che ci porta verso
un’epoca nuova, il Medioevo. In questo panorama cupo in cui l’impero è schiacciato si
manifesta un nuovo fenomeno di tutela che riguarda il settore della tutela degli antichi
scritti. Le opere pubbliche come i monumenti o i palazzi non possono essere nascosti. I
libri possono essere spostati, occultati. Gli uomini di cultura nelle invasioni organizzano
una rete che consenta di proteggere dallo scempio delle invasioni gli antichi scritti.
Quando parliamo di uomini di cultura del periodo medievale che durerà molti secoli, sono
uomini della chiesa, all’epoca chi studiava ed era minimamente formato erano uomini
della chiesa. Questo fenomeno di tutela dei libri coincide con il monachesimo dei sistemi
conventuali che si fanno carico di questa tutela. Con le invasioni barbariche facciamo
conto che molti monumenti vengano distrutti ma si manifestano nuove tutele e nuovi
oggetti di tutela allargandosi anche agli scritti e i libri.

Questo processo legato alla nascita della cultura monastica e delle biblioteche coincide
anche con un’evoluzione tecnica che favorisce questo programma di tutela, il fatto che la
salvaguardia dei libri in epoca Medievale avviene nella fase in cui la scrittura passa la
papiro alla pergamena essendo compatta, solida e resistente che consente di immaginare
una custodia degli scritti più efficace. Da qui il fenomeno costituito dai monaci amanuensi
che salvavano le opere classiche, cristiane ma non solo trasferendo dal papiro alla
pergamena centinaia di scritti. L’epoca Medioevale si caratterizza per questi complessi
conventuali in cui i religiosi trascrivono e traducono compiendo sia un atto di tutela che si
divulgazione.

Nonostante le invasioni si arriva al confronto con una realtà politica di guerre, battaglie,
ecc. anche i re barbarici che si insediano qui iniziano a immaginare che questa tutela non
potrà essere disattesa. Citiamo Aurelio Cassiodoro, segretario di Teodorico come re
gotico. Aurelio è un uomo illuminato che scrive numerose lettere nelle quali sollecita i
sovrani goti che dominano la penisola a tutelare i monumenti, a restaurare i “pubblici

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ornamenti” a recuperare il patrimonio edilizio che le invasioni stesse avevano
pregiudicato.

L’elemento interessante delle lettere è che Cassiodoro non si limita a questo ma solleva il
problema che i re goti non solo devono costruire edifici nuovi ma anche conservare i
vecchi monumenti evitando il riuso.

Personaggio importante che come uomo di lettere si inserisce in un contesto delle


invasioni il cui tema del patriomoini non viene dimenticato. Una volta molto Teodorico e
quindi anche l’impero ostrogoto è discendente, Aurelio si ritira a vita privata creando un
monastero di Vivarium in Calabria in cui i monaci mettono in atto quella regola che
ritroviamo in tanti altri complessi come copiare e studiare i testi antichi non solo sacri.
Cassiodoro nella regola fa riferimento anche ai codici antichi, filosofici, matematici che
devono essere preservati e tramandati. Altro esempio è l’Abbazia di Montecassino che
nasce negli stessi anni del 529 di San Benedetto da Norcia con la regola esempio,
inaugurata del 555 da Cassiodoro.

Se lo scenario dell’Italia è quello del devasto barbarico con malattie e pestilenze troviamo
in questo scenario anche delle isole cultuale come le abbazie e le strutture monacali e
conventuali con uomini di cultura che si fanno carico di tutelare un nuovo bene di cui
nessuno si era fatto carico (181 Gianicolo).

Questo tema della tutela non viene dimenticato: grazie al sistema monacale ma anche
perché gli stessi sovrani goti una vola in Italia si impregnano di cultura latina e classica
circondandosi di uomini che la conoscono.

Un segnale che usiamo come barometro di questo interesse barbarico per i beni
facciamo riferimento a un’occupazione di Roma del 546 d.C. siamo più o meno degli
stessi anni. Vi è l’ennesima invasione di Roma, il re ostrogoto Totila come i predecessori
ritiene che occorra umiliare il territorio conquistato radendolo al suolo, ma gli uomini di
cultura come Belisario uomo d’arme e di lettere, generale bizantino che viene da
Costantinopoli in cui crescono le collezioni pubbliche e private, malato in Italia da
Costantino per fermare Totila, pur sconfitto lo convince che la sua opera di devastazione
debba essere evitata e Totila accetta i consigli.

L’epoca in cui l’impero è sotto le invasioni è un’epoca drammatica con alcuni fari accesi
sulla questione dei beni culturali.

Le biblioteche rappresentano una conquista. Ma ci sono anche elementi culturali e sociali


che rilanciano dopo le invasioni un’idea di più ampio respiro della tutela. Quella tutela
occidentale durante le invasioni barbariche è di tipo emergenziale, non chiarificale, deriva
da un declino che porta a questa soluzione necessaria.

Quando diventa articolata e strutturata come tutela? Quando ci sono delle decisioni
istituzionali che danno questa accelerazione.

Tre sono il volano che mettono in moto questa soluzione, quando si esce dall’emergenza?
Quando ci sono queste novità rappresentate dalla SCIENZA che si sviluppa con la
tecnologia che va avanti e ci porta verso una modernità anche materiale, economica
importante anche per la tutela avendo degli strumenti che prima non si avevano. Secondo
elemento: PERCEZIONE DIVERSA DEL TEMPO frutto anche delle invasioni che hanno
messo a nudo il destino di splendidi imperi. Il tempo viene stoicizzato, non è un tempo

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presente. Si comincia a percepire l’idea che l’antico è qualcosa che sta fuori dal mio
presente e quindi per questo va ammirato e tutelato.

Poi c’è il terzo elemento: SPOSTAMENTO DELL’ASSE, DEL PRINCIPIO DI


LEGITTIMAZIONE DAL POTERE RELIGIOSO A QUELLO CIVILE che guarda appunto i
soggetti che utilizzano i beni culturali per legittimarsi. Con il Medioevo e entrando nel
rinascimento ci confrontiamo con l’idea moderna dello stato del quale il potere religioso
comincia ad avere un ruolo minore, si parla di autorità civili che guidano lo stato. La
nascita dello stato moderno civile attraversando il medioevo lo stato assume un carattere
sempre più laico e questa autorità civile comprende l’importante di usare il patrimonio per
legittimare la sua guida. L’epoca rinascimentale è quella delle signorie che legittimano il
ruolo nelle città attraverso la tutela del patrimonio, delle vestigia.

Dal XV secolo ci confrontiamo con strutture sociali che cambiano, ci sono i Principi, i
nobili, ma si sviluppa anche una nuova classe che è la borghesia imprenditoriale fatta di
arti e mestieri che alimentano la diffusione della cultura, come i nobili, la borghesia del
periodo rinascimentale, periodo che arriverà alle soglie della Rivoluzione Francese di
antico Regime, classe che si accultura e ovviamente si apre la platea di coloro che si
interessano della curatela. Emergono i Principi e i Signori i quali, in qualche modo,
rafforzano il legame con i sudditi con una politica anche culturale con le grandi collezioni
dimostrano il loro prestigio nella comunità e il rispetto che gli è dovuto.

Questo fenomeno di scoperta di tutela del patrimonio è frutto dell’evoluzione economica


uscendo dai secoli bui portando alla classe sociale che fa da volant alla diffusione della
cultura e a un fenomeno che è l’Umanesimo che mette al centro l’uomo con la sua storia,
il suo passato che deve essere preservato e valorizzato.

es. Lorenzo il Magnifico, uomo d’armi ma anche di cultura, uomo che fa dell’arte anche il
sigillo del suo potere che arriva anche dalle proprie collezioni evidenziando il patrimonio
territoriale.

Questa valorizzazione è una rappresentazione visiva del potere che è a disposizione del
pubblico legittimando il signore o il principe. La salvaguardia dei monumenti, delle opere,
dei castelli, delle architetture sui quali si comincia ad accendere un riflettore.

Uno sviluppo della tutela che produce un mercato florido fatto di committente che i
principi, i signori affidano alle botteghe artigiane, alle corporazioni. È un circuito virtuoso,
un sistema di valorizzazione che ha un fine politico e strategico. Significa che i grandi
signori rinascimentali conquistano reputazione, legittimità di fronte alla comunità
mostrando di essere non solo uomo d’armi ma anche uomini di cultura, dotti, capaci di
conservare il sapere nei propri palazzi.

È un approccio politico che ha effetti positivi sul processo della tutela, in primo luogo
perché spezza il cortocircuito della tecnica del riuso.

È un volant importante nella nascita delle biblioteche di cui i signori si circondano. Gli
oggetti antichi perdono anche un po’ quella visione che fino a quel momento era diffusa,
di vederli come una sorta di mirabilia, di oggetti strani, curiosi, un fenomeno che si p
sviluppato soprattutto in epoca medievale grazie a un fenomeno come quello del
pellegrinaggi. Popolazione in movimento, Pellegrini che invadono le strade, vanno a
Roma, in Terrasanta e tornano con qualche ricordo che viene messo a disposizione della

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collettività e certifica il viaggio e visti come oggetti curiosi. Questo aspetto dell’oggetto
curioso dei mirabilia si collega al fatto che spesso i pellegrini medievali tornavano
portandosi anche qualche osso sacro, frammento religioso.

Con il Rinascimento si interrompe un cortocircuito che spesso gli elementi passati siano
religiosi, NO sono oggetti artistici perdendo questa connotazione superstiziosa anche.

Pensiamo al mercato medievale sulle ossa e i frammenti del santo. Il protestantesimo


nasce perché Roma è un mercato di reliquia, fenomeno che si stempera perché l’oggetto
perde la connotazione legata alla superstizione. Non è un caso che in epoca
rinascimentale nasca l’archeologia come branca della tutela che si sviluppa non a caso in
questo periodo, alimentata dai ricchi signori, dai principi di quali cominciano appunto a
utilizzare le vestigia del passato per cominciare a costruire una storia nazionale. L’impero
era un’identità sovrastatuale che univa vari popoli, imploso questo sistema nascono le
nazioni e l’archeologia serve per spolverare il passato.

Questo potere costituito alla luce di quanto detto ci portano a dire che si rompe l’idea
privatistica del bene per consegnare i beni culturali alla collettività. I principi ci tengono
che le proprie biblioteche siano aperte e visitabili perché li legittimano nono solo come
uomini d’armi ma anche eruditi ai quali è giusto affidare l’amministrazione di una città.

Archeologia che segna anche la storia occidentale dal XV sec in poi in cui di diffondono
interessi per le vestigia dell’antica Roma.

Nel primo rinascimento nasce non solo una disciplina scientifica ma anche con una
disciplina commerciale che è l’antiquariato, la vendita delle vestigia romane. Certamente
questo elemento di novità deve confrontarsi anche con un fenomeno che si associa a
questi progressi, c’è il fatto che per quanto immaginiamo l’antiquariato come virtuosa in
quest’epoca la faccia che mostra è quella di un’arte ancora predatoria. C’è un mercato
che vede uomini senza scrupoli per alimentare le collezioni private in quanto Roma è un
museo a cielo aperto.

C’è un uomo, un letterato che potremmo definire in due epoche tra il Medioevo e il
Rinascimento, Petrarca che di fronte a questo scempio alza la voce. Nei suoi scritti
denuncia narrandoci le bellezze di Roma. La polemica riguarda il fatto che i monumenti , i
palazzi ecc. hanno una funzione pubblica che non può essere sottaciuta. Lo sguardo di P.
Come uomo che ci porta in una nuova epoca non è romantico e malinconico ma è una
denuncia propositiva che invita alla responsabilità di fronte alla spoliazione e all’incuria e
riguardo al mercato antiquario che è alimentato dai vertici degli stati, dei comuni con
sovrani che vogliono legittimare il proprio ruolo dimostrando di essere dotti e quindi di
poter guidare un popolo. Le riflessioni di Petrarca introducono un concetto che ci fa
andare avanti verso l’evoluzione della tutela. Di fronte a una Roma che superata la fase
drammatica delle invasioni è abbandonata a se stessa, gli scritti dei mercanti inviati dai
sovrani europei, il passo avanti è che Petrarca introduce l’elemento della
CATALOGAZIONE capendo che cosa c’è dentro le mura dell’antica Roma arrivando, solo
in questo modo, a comprendere l’importanza della tutela.

Questa riflessione porta a introdurre un concetto come questo quindi significa far si che
anche qui si associno i resti che troviamo con lo studio delle fonti. La tutela è prassi ma è
anche studio, è tecnica ma anche scoperta della storia di quel monumento.

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In questi anni Roma viene visitata da molti letterati, Brunelleschi, Donatello nei loro scritti
di viaggio (divennero anche collaboratori dei papi) portano riflessioni sui monumenti che
andrebbero studiati creandone una “carta di identità”.

Come spesso succede la storia è fatta di cambiamenti che sono frutto di processi di
lungo periodo come quello visto fino ad ora, e di eventi contingenti che fanno da
acceleratori come la 1GM come l’assassinio dell’erede asburgico.

Questo succede anche per la tutela dei beni. Un ruolo chiave rispetto a queste riflessione
lo hanno i pontefici che vengono invogliati, spinti a tutelare i beni perché succede
qualcosa. I pontefici di questo periodo sono anche papi guerrieri. Che cosa li spinge a
tutelare la cultura? Lo Scisma d’Occidente con il papa che si rifugia ad Avignone
1378-1417 con lo scontro tra Filippo il Bello e Bonifacio VIII.

Secondo elemento che pongola i pontefici è il Concilio di Trento 1582, deve in qualche
modo trovare un argine al diffondersi del luteranesimo, della dottrina protestante. Questi
due eventi che scuotono le fondamenta della chiesa avranno importanti riflessi sul tema
della tutela perché anche essi hanno il compito di farne un uso politico messi in
discussione dai sovrani laici e dalla nascita delle forme di eresia come la riforma
protestante, il lateraneismo, gli ugonotti. Per potenziare l’immagine il papato deve usare
queste vestigia passate. Sull’onda di questi scritti e la denuncia del ruolo di Roma si
affiancano i pontefici di cui diverranno consulenti decidendo di partire dal passato, dai
martiri.

Martino V che per primo nelle sue bolle pontefice comincia a denunciare lo stato di
degrado della capitale, denuncia a cui seguono alcune scelte: ripristina una magistratura
dell’antica Roma i Magistri Viarium che nell’antica Roma essendo funzionari pubblici
dovevano promuovere il decoro dell’urbe. Magistratura riattivata con l’obiettivo di
salvaguardare, mettere in sicurezza palazzi e strutture dalla spoliazione a rischio a causa
dell’antiquario.

Sisto IV - ci da un segno di interesse per i beni, nel 1471 fonda i musei Capitolini,
importante collezione suggellata dal fatto che donò al popolo la statua della lupa. I
pontefici ci danno un’idea positiva.

Giulio II era un pontefice che colloca all’interno del Vaticano la sua collezione antica e
nessuno la poteva vedere. Molte statue di cui è mi possesso vengon collocate nel
Giardino del Belvedere ma riservato alla corte papale, non al pubblico.

Paolo III fa scelte diverse - nel 1534 crea il commissariato alle antichità, altra magistratura
nell’ottica di tutelare il patrimonio.

Sono questi gli anni in cui un letterato, un diplomatico come Baldassarre Castiglione e un
artista come Raffalleo vanno da Leone X sollecitandolo a operare per la tutela del
patrimonio romano. Sono anche gli anni in cui viene demolita la basilica vaticana senza
scrupolo.

Un evento è il Concilio di Trento che costringe la chiesa di impegnarsi per la tutela del
patrimonio come sfida lanciata dal mondo protestante. Alla luce degli esiti del Concilio, il
cardinale Carlo Borromeo viene incaricato di scrivere le regole e le istruzioni per la
salvaguardia e la conservazione degli edifici sacri. Significa anche confrontarsi con un
concetto che va al di là, ci confrontiamo con queste regole con l’idea che la tutela non sia

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un’intervento che viene fatto in emergenza ma deve essere programmata e continua,
bisogna prevenire e non curare.

Queste regole di Borromeo sono importanti perché sull’onda di questa codificazione


anche gli altri sovrani della penisola creeranno delle legislazioni a riguardo. Realtà
politiche anche diverse che però percepiscono un’apertura importante con l’idea di avere
degli strumenti giuridici per tutelare i beni.

L’umanesimo, abbiamo detto che traccia il solco di questo rinnovato interesse per i beni,
abbiamo parlato di Roma ma si può parlare anche di Firenze con i Medici che tra 4-500
con Cosimo il Vecchio fonda la biblioteca del Convento di San Marco, è un banchiere,
politico e signore della città. Perché è importante questa biblioteca? Perché è la prima
biblioteca pubblica d’Europa, fatta costruire non come arredo privato ma visitabile a tutti.

Poi abbiamo Cosimo I de Medici, un altro è Giuliani de Medici che diverrà Clemente VIII,
sono due de Medici che danno vita a una bella biblioteca che è quella Laurenziana, si
apre con una scalinata progettata nell’ottica di dare l’idea che sia una salita verso la
cultura da parte del popolo, un patrimonio pubblico.

Un altro personaggio è Vespasiano da bisticci è un uomo di Firenze collaborando con i


Medici e anche a Roma. È un letterato ma nasce come librario. Non è un caso che a lui
venga affidato di scrivere l’ordinamento della biblioteca vaticana. Questo fatto da
Vespasiano sul modello non delle biblioteche dei principi private ma riscrive l’ordinamento
della Biblio vaticana seguendo l’ordinamento di quelle universitarie che nascono in
Europa, ovviamente pubbliche.

Passiamo dal problema dei beni con le invasioni al problema legato alle guerre di
religione, anni dell’umanesimo ma anche dei cattolici che bruciano le opere di Lutero e i
protestanti che bruciano i simboli più oscurantisti come il codice del diritto canonico,
elemento prepotente della chiesa per avere potere temporale. Gli umanisti cercano di
salvare tutti i testi a questa situazione iconoclasta.

Si aggiunge anche un altro problema religioso, il confronto non è come i barbari del nord,
non tra cristiani e protestanti, ma anche il mondo arabo che arrivarono alle porte di Vienna
distruggendo e bruciando.

Un esempio molto citato che da l’idea di com una questione politica e religiosa possa a
mettere a repentaglio i beni 1687 il Partenone viene centrato da un cannone veneziano
perché consideravano quel tratto strategico per i commerci con i turchi che entravano nei
nostri territori, i veneziani temono che i turchi abbiano creato un presidio di armi nel
Partenone bombardandolo.

I protestanti distruggono i monasteri, le biblioteche che nel medioevo si erano costruite


vengono smembrate.

Abbiamo parlato degli Ugonotti che si accaniscono contro gli edifici della cattolicità, ma
allo stesso tempo Luigi XIV distrugge il monastero di Pole Royal perché ritiene che sia il
cuore del giansenismo come sentimento eretico.

Spostandoci da Enrico VIII introduce la riforma protestante, sopprime i conventi e i


monasteri ma ordina che vengano censite tutte le biblioteche delle abbazie e delle chiese
per conservare la memoria della cristianità attribuendo allo stato. In qualche modo in

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Gran Bretagna si afferma l’idea che i documenti, i libri, non appartengano all’ente che li
possiede ma all’intera collettività.

Enrico VIII ci da l’idea che documenti e libri debbano far parte di Biblio pubbliche e quindi
nascono anche altri tipi di strutture conservative come i musei.

Arrivando al 700 con le guerre di religione entriamo in una nuova epoca che è quella dei
lumi. Illuminismo. Con l’illuminismo l’idea che la tutela del patrimonio si incarni in
collezioni private con cui i principi legittimino la propria potenza si trasforma nell’idea che
le collezioni, la tutela del patrimonio debba rappresentare una ricchezza per l’intera
nazione e non solo prestigio per il sovrano. Sono coloro che sostengono la necessitò di
democratizzare la cultura, sostengono i diritto di tutti di fruire delle opere e di conoscere il
proprio patrimonio culturale del proprio paese. Tutto ciò collegato a un principio cardine
dell’illuminismo che è i diffondersi dell’istruzione. Il termine illuminismo ha un significato
pregnante: sono coloro che vogliono illuminare con la luce della ragione l’oscurità della
superstizione che aveva portato alle guerre, allo scontro in nome di un dio sconosciuto e
quali finalità esso abbia.

Illuminare con la luce significa favorire l’istruzione. Qual è l’elemento innovativo? Il fatto
che gli illuministi sostengano l’dora di allargare l’istruzione alle fasce più basse della
popolazione non solo attraverso il fenomeno della scolarizzazione (apriamo scuole,
insegnanti e alunni) ma una forma di istruzione che deve avvenire anche attraverso questa
vetrina rappresentata dai beni culturali. In sintesi gli illuministi ritengono che i musei siano
altrettanto importanti della scuola. Ritengono che il bene in un museo abbia una funzione
pedagogica che non deve essere sottovalutata.

Non è un caso che a metà del 700 ci confrontiamo con la nascita del British Museum a
dimostrazione che questo tipo di visione si concretizza nella nascita di strutture dedicate
alla conservazione e anche qui un altro passo avanti per il concetto di bene con l’idea
della promozione trasformando questo bene culturale anche in uno strumento divulgativo.
Ritengono che la cultura debba essere democratizzata attraverso la progettazione dio un
sistema scolastico efficiente dicendoci che anche il bene debba avere una funzione
pedagogica e che quindi il bene non ha solo il lato di tutela ma anche di promozione
come concetto molto moderno; significa anche turismo e non solo formazione. Entrando
nell’epoca dei lumi loro esaltano la funzione sociale dei beni che non sono solo strumento
di potere ma anche di istruzione delle nuove generazioni.

2.02.2022
Lista che si aprirà il 25 febbraio e si chiude il 27 - 10 domande in 30 min è dire tanto

Per la prova orale del 14 sarà a Palazzo Marescotti aula Ferrero che si aprirà
successivamente - 10 marzo e si chiuderà il 12 marzo.

Età dei lumi che segna una chiusura importante perché fino al 600 la cronaca ci racconta
di lotte di religione tra il mondo cristiano, quello protestante e quello mussulmano per poi
precipitare nel 900 nella crisi più totale. Guerra che produce ripercussioni anche sul tema
del patrimonio culturale. L’iconoclastia, la distruzione delle chiese e degli oggetti sacri
diviene uno strumento di lotta. Devastazione che si chiude con questa fase di
accelerazione e di ripresa che è l’età dei lumi.

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Intellettuali che ritengono che la ragione della illuminare le tenebre che aveva
insanguinato l’Europa nei secoli precedenti. Ritengono che la ragione debba cancellare
questi secoli bui per farlo puntano l’obiettivo sulla scienza, sul positivismo, esperimento
pratico e empirico, sulla riflessione critica, un nuovo rinascimento/umanesimo che vede
come strumento operativo, L’ISTRUZIONE. Uno dei grimaldelli con cui scardinare queste
lotte di religione è i sollevare dall’ignoranza fasce sempre più ampie di popolo facili allo
scontro perché ignoranti.

L’istruzione è l’elemento cardine dall’affrancamento dell’ignoranza, istruzione che deve


vedere lo stato intervenire indubbiamente nell’ambito dell’apertura delle scuole e nella
messa a punto della struttura con cui lo stato cerca di alfabetizzare le giovani generazioni.

Tale riflessione non si ferma qui, ritengono che altrettanto importante sia il fatto che lo
stato metta a disposizione il proprio patrimonio culturale perché anche questo divenga
strumento di alfabetizzazione come processo di formazione culturale che deve avvenire
nelle aule e fuori dalle aule, nei luoghi strategici per formare le nuove generazioni.

L’idea è che lo stato si debba fare carico del processo della DEMOCRATIZZAZIONE
DELLA CULTURA non più riservata alle élite ma debba raggiungere anche gli strati bassi
della popolazione. Quindi tutti devono avere il diritto all’accesso alle opere d’arte
dimostrato con l’apertura di musei come il British e il Louvre esempi di fruizione pubblica
che segnano il diffondersi delle aperture museali.

Cosa succede in Italia alla luce di questo ombrello che copre il 700? Il processo per certo
aspetti inizia prima, dovuto al fatto che l’Italia è un museo a cielo aperto, abbiamo delle
vestigia dell’antica Roma in poi che sono disseminate lungo il territorio. Siamo il cuore del
rinascimento europeo e ancora prima il Monachesimo che ha consentito la tutela e la
conservazione del patrimonio librario che sarebbe stato disperso. Nel medioevo il
fenomeno monacale si affianca a una altro fenomeno che non riguarda il patrimonio
cartaceo mai suppellettili delle chiese, le reliquie, gli oggetti di oreficeria, custodite nei
monasteri durante le invasioni.

In Italia, Milano 1618 - il Card. Federico Borromeo fonda l’accademia Ambrosiana prima
del Louvre o del British come struttura organizzativa del patrimonio che fa da apripista.
Egli dona la sua collezione e la sua Biblio alla città e non a caso l’Accademia Ambrosiana
diviene quindi un cenacolo, un centro di studi per intellettuali e artisti che vengono a
studiare e a conoscere le opere. In Italia vengono anticipati eventi come l’inaugurazione
del British e del Louvre.

Sull’onda di questo primo vagito si diffonde l’idea che il patrimonio delle opere sia un
bene pubblico tutelato e reso pubblico. Al di là di questo episodio dalla Francia l’onda
lunga raggiunge il nostro paese sopratutto si radicherò con le invasioni napoleoniche ma
già nella prima metà del 600 quando vengono a studiare le nostre opere portando la loro
visione illuminista.

Altra data significativa nel meccanismo di perfezionamento è il 1720 la cronaca ci


racconta di Scipione Maffei, erudito, illuminato, storico, paleografo e anche drammaturgo,
intellettuale a tutto tondo. A Verona, città in cui vive, organizza un museo di iscrizioni, è il
primo museo di iscrizioni di cui abbiamo traccia in Italia. Museo in cui con cura raccoglie

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le antiche epigrafi rimane che fanno parte dei suoi studi e delle sue ricerche. Oltre
all’originalità delle epigrafi romane levate all’incuria, la cosa importante è che queste
epigrafi sono esposte per il pubblico godimento. Questo museo di iscrizioni del 1720
rappresenta agli occhi della riflessione un elemento importante di accelerazione del
patrimonio perché questo museo consente al pubblico di ripercorrere la storia della
nostra penisola, ha una funzione pedagogica, formativa. Concetto di istruzione diffusa
che è uno dei volani della diffusione dell’illuminismo.

Anche al sud, nel mezzogiorno, in questa fase da segnali di una realtà che rimane al
passo con questo contesto internazionale dell’illuminismo, Carlo Borbone nel 700 si
distingue per essere promotore degli scavi di Ercolano e Pompei.

Lo stato della chiesa teocratico non rimane immune a questo vento di rinnovamento che
arriva in Europa grazie agli illuministi, nel 1734, Papa Clemente XII rinnova i musei
Capitolini, lo riorganizza secondo una nuova forma.

Alla luce di ciò potremmo dire che la diffusione dei principi dell’illuminismo si traduce in
un fenomeno nuovo che è la musealizzaizone con opere in sezioni e posizioni definite per
il pubblico godimento.

Un altro esempio: Firenze come culla di cultura italiana, qui c’è un passaggio politico dai
signori precedenti, i Medici, alla famiglia dei Lorena. Ci interessa una riflessione fatta da
una donna a dimostrazione che le donne nel 700 avevano capacità illuminate e illuministe
smentite dopo. Qui si parla di una nobildonna che è Annamaria Luisa de Medici che nel
momento in cui consegna la città alla nuova casata firma con i Lorena un Patto di
Famiglia, patto con cui i Medici donano la propria collezione d’arte, imponente in quanto
prima erano banchieri quindi avevano molto denaro permettendosi di acquistare opere,
divennero anche consulenti dei sovrani per l’acquisto di opere. Annamaria con questo
patto non sancisce solo che la collezione passi nella disponibilità della famiglia Lorena ma
impone che questa raccolta rimanga integra per 3 scopi:

- L’ornamento dello stato

- L’utilità pubblica

- La curiosità dei forestieri

In queste tre espressioni che risalgono alla prima metà del 700 - 1737 anno della
donazione.

Principi che contengono tutte le caratteristiche della concezione moderna della tutela
museale. “Ornamento dello stato” - il prestigio della nazione dipende anche da questo,
dalla capacità di difendere la propria cultura. “Utilirà pubblica” torniamo alla vision
illuminista divenendo uno strumento formativo per la cittadinanza quindi pedagogico. “La
curiosità dei forestieri” - favorire il TURISMO concetto: con le opere d’arte ci fai i soldi.

Vediamo il primo punto per collegare questo concetto a un altro che nel 700 comincia a
prendere piede con l’illuminismo ma che diviene ancora più evidente all’indomani di
un’altra cesura storica che è la rivoluzione francese. Principio che il patrimonio culturale
ha la funzione fondamentale di consolidare l’idea di nazione. Idea intesa non certo nei
termini beceri che abbiamo conosciuto noi nel 900 come i totalitarismi, ma un
nazionalismo che sia in grado di preservare e valorizzare la cutlrua in quanto patrimonio
significa identità di una nazione. Con la rivoluzione francese il concetto illuminista trova la

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sua massima espressione, l’arte assumer un carattere politico e ideologico, si fa
portavoce di temi civili, progressisti. Questo contenuto politico e ideologico non si
esprime sono nella tutela statale del patrimonio come bene comune e memoria collettiva
ma la stessa arte viene usata per propagandare idee e principi nella rivoluzione francese.
Con la rivoluzione diciamo che il patrimonio venga inteso come uno strumento civile, non
è un caso che la furia iconoclasta che si sprigiona dalla rivoluzione che devasta Parigi e
Nazioni viene ben presto bloccata dal governo provvisorio, nel momento in cui sorge la
rivoluzione francese i primi ad essere colpiti sono i nobili, il clero sottraendogli i patrimoni
per scappare all’estero, le chiese vengono spogliate. Ci si rende conto che questa massa
rappresenta un legame della Francia con il passato ormai indelebile. La confisca del
patrimonio e dei beni artistici che colpisce il clero, la nobiltà e il sovrano stesso si
trasforma poi in una difesa di queste patrimonio, nascono in Francia dei musei nazionali,
le biblioteche in cui conservare i volumi confiscati al clero.

Come vediamo l’illuminismo porta all’elaborazione di un concetto di nazione che si fonda


anche sulla tutela di questi beni di classi sociali odiate come il clero e la nobiltà.

1789 - 2 novembre - l’assemblea costituente di Parigi istituzionalizza i beni ecclesiastici


nel 1792 vengono pubblicati dei decreti che marginalizzano i beni della corona e dei nobili
che sono scappati abbandonando i propri palazzi.

Nell’agosto del 1792 succede un episodio che fa comprendere quale fosse lo spirito della
nuova Francia facente i conti con il passato - la cronaca di racconta che si consuma la
presa del palazzo/residenza parigina dei sovrani fino a quel momento, presa che si
trasforma in atti di vandalismo, s consumano i grandi eccessi, una furia giacobina,
estrema. L’esito della giornata porta a chiedersi se la rivoluzione abbia senso facendo
tabella rasa del passato.

La scelta sembra diverso quando nel 16 settembre del 1792 l’assemblea costituente vara
le prime misure legislative che dovrebbero mettere in sicurezza le opere appartenenti al re
e ai nobili scappati.

Non è un caso che proprio durante la rivoluzione francese gli intellettuali illuministi
coniano un nuovo termine: VANDALISM riprendono l’idea della devastazioni dei barbari
materializzandosi durante la rivoluzione.

Un altro elemento è: questi beni che entrano a far parte del patrimonio nazionale sottratti
agli atti vandalici estremi francesi nella seconda metà del 700, Fanno parte del concetto
del demanio dello stato che viene poi esportato in Europa dalla armate napoleoniche.
Napoleone conquista l’Europa e anche l’Italia che diviene un regno. Generale autoritario
che si proclama imperatore ma è anche un uomo che diffonde i principi e le conquiste
dell’illuminismo, i codici civili commerciali francesi dopo la caduta dell’antico regime,
l’idea del sistema costituzionale con un parlamento eletto dai cittadini, un organo che
rappresenti la collettività che in Europa tarda ad arrivare, in Inghilterra esisteva già nel
600. Sono tutte conquiste che vengono condivise in Europa direttamente da Napoleone.

Fatto che con le armate napoleoniche si diffonde non solo il fatto che la furia iconoclasta
contro le opere sia controproducente per l’identità di una nazione, ma anche il fatto che lo
stato debba organizzarsi per gestire questo bene pubblico. Uno degli elementi di novità
che la Francia rivolzionaria napoleonica esporta è anche l’idea di un sistema

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amministrativo professionale, lo stato per governare ha bisogno di funzionari e uffici
preparati gestiti da uomini che abbiano una formazione, questo riguarda anche il tema dei
beni culturali, non si può improvvisare ma ci vogliono funzionari capaci di gestire questi
beni. L’idea di una amministratura moderna con funzionari non decisi dal sovrano si
diffonde in Europa e quando ci sarà nel 1815 la restaurazione su certi aspetti non si
tornerà indietro nonostante i sovrani riprendano il potere non cancellando i codici o gli
strumenti amministrativi e questo riguarda l’amministrazione generale ma in maniera
specifica riguarda la tutela dei beni del patrimonio.

Nell’800 lo scenario dei beni cambia. Il processo di modernizzazione e questa assunzione


di conoscenza di tutela statale del patrimonio è frutto della rivoluzione francese. C’è un
altro fattore: oltre alla rivoluzione francese ddi tipo politico cultuale c’è anche la
RIVOLUZIONE INDUSTRIALE che influisce sul tema dei beni sull’attenzione sul loro
destino. Per due ragioni:

- Ordine sociale - la rivoluzione industriale che è partita qualche secolo prima in gran
Bretagna nell’800 coinvolge l’Europa facendo comparire anche in Italia una borghesia
ricca che si pone il problema di rafforzare il proprio ruolo sociale. Questa borghesia
mercantile, industriale che diviene la nuova classe visibile negli stati europei ci tiene a
fare come i nobili, le classi e le ville della borghesia 800esca sono palazzi che imitano in
maniera evidente le regge dei re, dei principi e aristocratici. L’alta borghesia vuole
circondarsi di una scenografia che in qualche modo la distingua dal popolo minuto
avvicinandola all’aristocrazia decadete. I palazzi dei nobili riprendono negli arredi lo
sfarzo, la cura che avevamo trovato nei castelli e nelle ville dell’aristocrazia. È una
muova classe sociale che nell’800 vuole marcare la differenza con il popolo minuto e lo
può fare grazie alle disposizioni di denaro comprando biblioteche private e opere
d’arte. Ecco il possedimento artistico che ha origini sociali. È una borghesia che
conquistata la modernità e l’agiatezza di da alla contemplazione, fascia in cui troviamo
personaggi che hanno fatto i soldi imitando l’aristocrazia terriera che ha perso il
prestigio subendo gli effetti della rivoluzione indebitandosi. Questo è l’elemento sociale
all’interno del discorso dell’accelerazione che tra 700 e 800 subisce la tutela del
patrimonio.

- Ordine economico - Elemento forse anche più moderno - la rivoluzione industriale


porta alla modernità, il progresso, le ricchezze che si muovono in un mondo globale,
ma portano anche degli scompensi. Si si interroga sugli effetti dell’industrializzazione di
fabbriche che vanno a carbone mettendo a rischio opere e affreschi. Il paesaggio,
l’industrializzazione tumultuosa come quella successiva alla 2GM è una
industrializzazione che aggredisce il paesaggio (elemento del patrimonio culturale).
Costruire una fabbrica voleva dire spesso la demolizione di edifici antichi e qualcuno
pensa che non abbia senso compiere gesti del genere. La borghesia che certamente è
fautrice e motore dell’industrializzazione è quella che inizia a riflettere su questi temi ed
è importante guardare questa ottica non solo sull’aspetto sociale ma anche
economico. Il denaro non può esse priorità rispetto alle effigi del passato. Il rischio è
quello di minare l’identità nazionale. L’identità nazionale si basa su questi beni.

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C’è un terzo fattore che segna questo passaggio storico tra 700 e 800: fattore più
culturale. Il ROMANTICISMO - l’800 si apre con questa corrente letteraria e filosofica che
si traduce nella riscoperta delle radici dei popoli, l’esaltazione del passato. l’Europa
diviene meta di quel fenomeno che è il Grand tour in cui giovani nobili alto-borghesi che
vagano l’Europa per ammirare le origini della civiltà.

Tutti questi fattori che seggano una nuova modalità di approccio europeo ai beni fa si che
il messaggio che filtra all’interno deo governi europei sia sempre più garantista nei
confronti delle opere d’arte del patrimonio, lo stato non soltanto deve occuparti de
demanio artistico-culturale a sua disposizione ma l’importanza dei beni emerge anche
con le prime legislazioni che evidenziano il fatto che anche gli edifici privati che
rappresentano un momento significativo della storia nazionale, per quanto sono privati,
devono comunque essere tutelati al fine che la loro bellezza ossa essere vista da tutti.

Si parla di vincoli della proprietà privata prima di allora vista come un valore assoluto, una
conquista delle civiltà. La stessa borghesia che fonda la sua crescita sul libero mercato e
la proprietà privata sono concetti che si devono fermare di fronte a un interesse superiore
che è quello del tutela del bene culturale.

Questa visione nuova, cioè l’interesse privato che indietreggia o soccombere porta gli
stati a doversi organizzare perché possa avere ricadute pratiche, non è un caso che in
Francia che consociamo un primo tentativo di organizzare al tutela affidandola allo stato.
Questo avviene nel periodo di Luigi Filippo D’Orleans, siamo nella fase della restaurazione
dopo Napoleone ma in Francia gli effetti della rivoluzione non cessano. Perché succede
adesso? Dal 1830-48 nella stagione di Napoleone III ci confrontiamo con un sovrano,
Luigi Filippo, che viene incorporano non come re di Francia ma come re dei francesi cosa
che avrà su ricadute sulla turala dello stato, primo sovrano legittimato dal basso, re che
ha stipulato un patto con la popolazione. La Francia gode di una costituzione, di un
parlamento, è un passo significativo in quanto nella costituzione vengono consentire le
libertà politiche e lo stato si fa carico di una serie di ruoli come l’istruzione pubblica, la
gestione dell’urbanistica, entra nel sociale. Stato che si prende cura di un popolo fatto da
sudditi, ma divide uno stato che si preoccupa dei CITTADINI a cui va garantita una idea di
istruzione che passa anche attraverso la tutela e la valorizzazione del territorio.

Alla luce di questo cambiamento politico in Francia lo stato prende provvedimenti pratici
per affrontare la tutela, ecco che nel 1834 Francois Guizot che è ministro del re crea
un’organismo che farà scuola, crea un organo che è l’ispettore generale dei monumenti
storici. È importante citare questa figura perché il compito che gli viene affidato è quello
di compiere la catalogazione nazionale dei monumenti che deve consentire al governo
francese di comprendere quelli che hanno bisogno di restauro, quali e come reperire i
fondi.

È importante perche questo incarico viene affidato a uomini che hanno una preparazione
nel settore, sono professionisti nell’amministrazione. Oltre a questo organo che ha il
compito della catalogazione.

Nasce anche il comitato storico delle arti e dei documenti, non ha funzioni pratiche che
l’ispettore ma ha due elementi rilevanti:

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- origano consultivo ma di grande prestigio perché si compone di storici, letterati,
tecnici, architetti, urbanisti

- La tutela del patrimonio che fino ad ora è in qualche nodo stata lasciata in mano a
singole individualità che si sono messe una mano sul cuore preoccupandosi di questo
destino adesso nell’800 vediamo che comincia a diventare un interesse collettivo. Qui
c’è un organismo, c’è un approccio collettivo alla tutela.

In Italia abbiamo i sovrani assoluti dei Borbone, il papa a Roma, ecc.

Se la stessa francia che nella prima metà dell’800 rappresenta un modello di


progettazione pubblica della tutela del patrimonio piomba improvvisamente in una
situazione storica drammatica che influisce anche sul tema della tutela.

Dopo Luigi Filippo la Francia conosce nel 1852-70 una nuova fase politica che vede
emergere la figura di Napoleone III che crea un impero liberale autoritario e liberticida che
si conclude con una parabola drammatica. Egli come tutti gli uomini di potere con visione
autoritaria della gestione dello stato considera fondamentale avviare una politica di
potenza estera aggressiva. Tutti i leader autoritari hanno questa visione. Succede che
Napoleone III convinto di avere l’esercito più forte di Europa, sfida apertamente la Prussia
che nel cuore dell’Europa si accinge a creare un nuovo stato che è la Germania (anni 70
dell’800 con l’Italia e la Germania), l’esercito prussiano sconfigge i francesi e la Francia
nel 1870 piomba (guerra franco-prussiana) in una nuova fase rivoluzionaria molto breve
che produce effetti psicologici e materiali significativi.

L’impresa di Napoleone che decreta la nascita della terza repubblica francese che arriverò
fino al 1940. L’impresa di Napoleone III ha esiti drammatici per il patrimonio, in primo
luogo perché c’è la guerra in cui l’esercito prussiano umilia il territorio francese passando
e devastando anche i monumenti e le opere depredando. L’altro elemento è che quando
Napoleone III fugge da Parigi si scatena la rivoluzione contro il governo oppressivo e
succede quello che abbiamo visto nel secolo pretendete, Parigi saccheggiata, le effigi di
Napoleone III vengono vandalizzate e quindi la rivoluzione franco-prussiana è una shock
cultuale: invasione dell’esercito nemico e la rivoluzione giacobina estera che di nuovo
paralizza Parigi e si trasforma in atti di vandalismo.

A questa fase storica ne segue una successiva che ha imparato dalla disfatta di
Napoleone III, egli stesso in tempi di pace fece cose discutibili costruendo il proprio
prestigio non solo sulla politica estera aggressiva ma anche in qualche modo nell’ottica di
plasmare il paesaggio a propria immagine e somiglianza. Durante il suo regno il centro di
Parigi viene sventrato, distrutto, le famose strade ampie che lo caratterizzano vengono
azzerati per far spazio a delle reti viarie ampie e larghe che viene creata perché Nap è il
leader di un regime autoritario ma è un impero che si fonda sulla modernità che
rappresenta la borghesia. La nazione basa la sua forza sull’esercito ma anche sul fatto
che la nazione sia una nazione ricca, influente.

Aprire il centro di Parigi e riorganizzare l’urbanistica del cuore di Parigi significa demolire i
quartieri medievali di Parigi per creare lunghe arterie ampie e larghe.

La prima motivazione è la paura di qualcuno che inneschi la rivoluzione, creare nel cuore
di Parigi delle arterie ampie impedisce la creazione delle barricate che possono essere
fatte nelle strade strette. Poi c’è una ragione economica poiché avere larghe strade

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significa che i commerci sono più fluidi. Napoleone III affida al suo urbanista Hausmann la
rioganizzazione del cuore di Parigi azzerando il centro di Parigi cancellandone i quartieri
medievali creando grandi arterie.

Terzo fattore è il passo indietro della Francia in ambito di tutela, esattamente dopo questa
fase storica in Francia parliamo di leggi sulla tutela, sono eventi che non riguardano solo
Napoleone III. Mussolini dopo i Patti Lateranensi fa demolire il centro di Roma.

Nel 1887 ecco la prima legislazione - prima legge francese sulla tutela del patrimonio.

Il fatto che questa prima legge che in Europa viene messa a punto in Francia affida la
tutela del patrimoni al ministero dell’educazione, non esiste un ministero apposito, non
c’è un ministero dei beni culturali perché il patrimonio è strumento pedagogico che deve
formare la popolazione.

(Mi chiamo Elisa Lorenzini + numero di matricola)

7.02.2022
Filippo di Orleans re dei francesi e non re di Francia, cambio di marcia della concezione
dei beni pubblici. Il ministro dell’interno nel 1234 crea l’ispettore generale dei monumenti
storici e viene creato il comitato storico dei documenti. Si pensa a una forma di
professionalizzazione di coloro che devono gestire il patrimonio e la visione collettiva del
patrimonio stesso.

Passaggio che subisce una battuta d’arresto con Napoleone III che nel 1852 diventa
imperatore. Viene eletto nel 1848 alla caduta di Luigi Filippo d’Orleas il nuovo presidente
della repubblica che con un colpo di stato inizia l’esperienza del nuovo impero di
Napoleone III che si chiude nel 1870 con la sconfitta di Sedan dell’esercito prussiano che
segna la parabola di grande sviluppo che porta ad alcuni esiti allarmanti. I Prussiani
entrano nel territorio francese devastando per umiliare la potenza sconfitta.

Esperienza della Comune di Parigi che segna la storia della Francia che non ha più un
capo o un governo e quindi si manifesta questo evento di democrazia dal basso,
giacobina.

1887 legge che in qualche modo esplicita l’idea che la tutela dei monumenti e dei beni
mobili e immobili rappresenti un interesse nazionale verso i quali i diritto privati fanno un
passo indietro. Legge che viene ripresa in tutte le legislazioni 800esche. In particolare
apripista nel secolo successivo delle normative che riprendono questa codificazione
francese del 1887 sono 3:

Non è un caso che dopo il varo di questa legge francese questi siano i paesi che la
osservarono. Abbiamo le prime codificazioni che seguono la scia francese:

- Germania

- Impero Austro ungarico

- Italia

Non è un caso. C’è un motivo che li giustifica. La Germania e l’Italia sono due paesi
appena nati, la Germania nasce proprio sull’onda della sconfitta a Sedane e dopo ciò i
Francesi subiscono uno smacco che alimenterà l’idea di rivalsa. Guglielmo I viene

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incoronato a Versailles come imperatore del nuovo Reich che nasce, la Germania che con
Napoleone era sempre divisa in tanti lender diviene una nazione nel 1871.

L’Italia nasce nel 1861, Italia ancora zoppa, l’Italia ancora non ha una capitale definitiva,
nel 1871 diviene Roma con la breccia di Porta Pia avendo cosi una capitale degna di un
nuovo stato. L’avventura di queste due nuove nazioni che sgretolano il congresso di
Vienna del 1815, salta tutto con queste due nuove realtà.

Dopo l’unificazione dei due stati nasce il problema che Fatta l’Italia vanno fatti gli italiani
tanto che un torinese non parlavano con un siciliano perché non si capivano. Torna
l’importanza di valorizzare un patrimonio comune, in Italia agevolato dalle antiche vestigia
romane che fanno da collante.

In Germania teniamo conto che ci sono popolazioni rimaste divise, abbiamo i regni del
nord che erano di fede protestante mentre quelli del sud sono cattolici, ecc. anche qui
realtà diverse che devono condensarsi e quindi la NECESSITà DI UNA NARRAZIONE
NAZIONALE CHE AVVENGA ANCHE ATTRAVERSO LA VALORIZZAZIONE DEI BENI
CULTURALI.

Il caso dell’impero Austro-ungarico è diverso, è un impero molto etnico con popolazioni


diverse, popolo di lingua tedesca, impero che tiene insieme anche i polacchi, ci sono gli
ungheresi, gli slavi, è un impero che arriva fino ai nostri confini, ci sono gli italiani con il
lombardo veneto. Un mosaico di realtà diverse. Come tenere insieme questa
popolazione? Fino ad ora con la forza imponendo l’uso del tedesco. Erano popoli
schiacciati dal nucleo centrale. Stazione che diventa complicata con una serie di
rivoluzioni al punto tale che l’imperatore deve ridisegnare il rapporto di forza tra questi
popoli evitando l’implosione. Trasforma nel 1867 impero asburgico in austro ungarico.

Considera l’altra etnia ungherese come più numerosa nonostante fosse trattata come la
piccola provincia italiana e crea una sorta di sovranità bicefala, una maggiore autonomia e
auto governo per gli ungheresi sempre sotto l’imperatore. La nascita di questa
organizzazione anche qui porta a immaginare che occorre trovare un collante che sia
leggibile dalla popolazione, crea empatia, non è uno scritto che richiede una forma
cultuale approfondita ed elaborata. Anche qui si comincia a mettere in cantiere l’idea di
creare una via nazionale di cultura usando il patrimonio come collante.

Nota a margine: questo succede nel mondo continentale, in gran Bretagna nasce
l’obiettivo di sviluppare una legislazione per la tutela ma con un approccio diverso ai casi
citati perché in realtà l’elemento che fa da volant non è l’idea di creare una narrazione
nazionale come avviene nel continente ma è l’aspetto scientifico da esaltare. Questo
perché la gran Bretagna a metà dell’800 è una potenza coloniale essendo già un impero
non guardando all’Europa.

In particolare c’è un personaggio che è John Lubbok che non a caso non è uno studioso
d’arte ma è uno scienziato, un antropologo biologo, uno come tanti che ha girato il
mondo tra le navi inglesi. È tra i fondatori delle moderne discipline inventando termini
come Neolitico o Paleolitico. È quello che porta alla messa a punto di un modello di tutela
dei beni culturali come l’ispettore dei monumenti antichi, la differenza è lo spirito. Non a
caso i primi musei che vengono creati e sviluppati hanno questo approccio, sono quelli

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delle scienze naturali. A fare da volano inizialmente non è l’approccio nazionale come nel
continente per i motivi elencati.

800, siamo in un secolo nuovo che da un lato vede gli atti di vandalismo della Comune a
Parigi come l’assalto alla toulerie o la colonna eretta in onore di Napoleone fondendo i
cannoni presi agli eserciti sconfitti come i russi e gli austriaci che viene abbattuta in questi
anni.

Prende piede il principio storico della tutela passando da una tutela fomenta da un criterio
di bellezza quindi estetico e quindi elitario che poteva essere intercettato da un pubblico
più colto, ma anche selettivo; passiamo a un CRITERIO STORICO grazie al fatto che l’800
è segnato dalla nascita di nuove nazioni.

Quindi riassumendo il patrimonio culturale assume un valore identitario per fasce sempre
più ampie di popolazioni, non è più un discorso di élite ed è per questo che troveremo
sempre il tema della tutela affidata al ministro dell’educazione, deve essere fruibile a tutti,
è una visione che si lega a Hobbes Baun un filosofo, stoico inglese che codificò l’idea che
la tradizione sia qualcosa di inventato, la tradizione non è qualcosa di dato ma prevede
una concettualizzazione e da questo punto di vita è vero pensare che i monumenti siano
dei fattori incredibili per creare identità nazionale.

Come gli storici definiscono come una sorta di storia vivente per celebrare il passato e
aggiungere al valore estetico un valore in più come quello della tradizione condivisa,
opere che tracciano il nostro passato.

Questo ci porta a immaginare di associare al concetto di patrimonio culturale un valore


sacrale del patrimonio, è una sorta du sacralità laica, è una sorta di culto della nazione
che si celebra quotidianamente attraverso il patrimonio. Sono di facile comprensione e
lettura i quadri, il palazzo, la statua, la pieve, la cattedrale, ecc. che contengono una sorta
di forza persuasiva intrinseca nei confronti della popolazione sono aperti a tutti.

A dimostrazione delle nuova visione sacrale del patrimonio come strumento in cui ogni
giorno la nazione si rinnova l’esempio è quello dell’impero austro ungarico, nella seconda
metà dell’800 è Vienna a fornire con studiosi di fama le prime riflessioni su questo tema,
sono alcuni studiosi i cui scritti si diffondo in Europa facendo scuola.

Aloise Vrigel con il culto moderno dei monumenti - siamo in una Vienna culturalmente
effervescente, la Vienna della secessione della modernità, un crogiolo culturale, è qui che
ci sono studiosi come lui che riceve l’incarico dall’imperatore di monitorale i monumenti
imperiali. Testo programmatico per la tutela. È colui che codifica l’idea del bene come
manifestazione di sacralità che ovviamente non è dovuta a valori intrinseci ma a valori che
la società gli attribuisce = ecco la creazione della tradizione condivisa.

es. pergamena che contiene un contratto ma se io questa pergamena non la inserisco in


un museo non le do un valore, non e do una sacralità ma gliela do quando questa
pergamena la rendo fruibile a tutti.

Un valore sacrale come la reliquia esposta nelle chiese, le diamo un significato civile, è un
gioco di parole, una sacralità civile e non religiosa.

La pergamena diventa monumento quando la pongo in un contesto per creare una


tradizione fondamentale per comprendere il mio passato.

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Vrigel codifica per la prima volta l’dea che la tutela del patrimonio storico artistico sia una
disciplina che debba essere autonoma rispetto alla storia dell’arte che è una disciplina
speculativa mentre queste disciplina richiede capacità pragmatiche di intervento che ha
bisogno di autonomia per svilupparsi, non può restare nel cono d’ombra.

Riegl indica la teoria dei valori - nell’approcciarci a un bene storico artistico dobbiamo
tenere conto di 3 piani di lettura che vanno modulati insieme, il valore storico del bene
che significa garantire che questo bene comune/artistico sia leggibile e comprensibile e
questo significa fare degli interventi eventuali di integrazione di parti mancanti nell’ottica
di renderlo comprensibile. Poi c’è u altro piano di lettura: il valore dell’antichità nel tenere
in considerazione quella sorta di patina del tempo che si forma sulle opere d’arte, che
siano quelle in una collezione o monumenti a cielo aperto, la patina de tempo va tutelata.
C’è un ultimo piano di lettura che è il valore della novità che si rifà al concetto di uso, se
voglio fruire questo bene deve essere fruibile e questo significa mettere in atto azioni di
ripristino e rifacimento che mi consentano di esporlo, di metterlo in sicurezza per
goderne. Questi tre piani di lettura secondo Riegl devono stare insieme in quanto la tutela
sono tutte e 3. La tutela è la giusta modulazione di questi tre piani di lettura, non è uno
solamente. Questa riflessione è veramente moderna.

Max Vorak anche lui scrive un volume; catechismo per la tutela dei monumenti, studioso
e professore. Questo titolo è emblematico: concetto di religiosità dell’opera e il fatto che i
monumenti vengono consacrati alla regione laica dello stato, lo stato celebra le sue
memorie attraverso i suoi monumenti come per es le manifestazioni all’alare della patria;
catechismo è la sintesi di questo concetto.

Questo catechismo dell’opera che lo tradorma nello strumento per la narrazione nazionale
è un elemento che dobbiamo considerare anche nel caso italiano come nazione che
sorge nell’800 facendosi carico anche di questo aspetto facendolo fin dall’inizio, ancora
agli albori del’lunità nel 1859 all’inizio della terza guerra di indipendenza c’è il Piemonte
come regno sabaudo di Vittorio Emanuele II pensando a quale potesse essere l’aporoccio
dei confini nazionali. Nel 1859 Gabrio Casati come ministro della pubblica istruzione varia
una riforma dell’istruzione pubblica inserendo nelle scuole del piccolo regno lo studio del
patrimonio cultuale, de beni cultuali.

Nel 1861 l’Italia si unifica e il parlamento inizia i suoi lavori, è un processo complesso. Di
fronte a questo processo cosi rapido la classe liberale che guida l’Italia cerca di dare una
sorta di omogeneità. Le leggi amministrative piemontesi vengono applicate al resto della
penisola.

Questa brutale estensione della normativa piemontese è tattica per mostrare l’unita di
questo paese anche alle potenze straniere.

Si cerca un linguaggio comune fatto di arte e vestigia, linguaggio che bisogna inventare. I
monumenti possono servire per fare gli italiani. La necessità di dare impulso nasce anche
da un altro evento, i limiti di questa unificazione amministrativa imposta dall’altro porta a
malumori come scioperi o scontri in piazza, dopo l’unità l’esercito italiano inizia a sparare
sulla popolazione questo malcontento legato (RIASCOLTARE)

È un papa rancoroso che si sente violato. La gestione di questo patrimonio è un problema


perche nel momento in cui l’Italia viene unificata nasce il mercimonio in quanto non si è in

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grado di controllare il patrimonio e gli stranieri vogliono i beni presi dalla chiesa ma che
non sono ancora patrimonio dello stato. Oltre a non conoscere l’effettiva consistenza di
questo patrimonio lo stato delega il controllo delle opere presenti sul territorio ai comuni
ma i comuni e le province non hanno soldi il cassa per avere del personale che tiene sotto
controllo ciò che ha acceso l’interesse dei mercanti d’arte.

Qualche passo si comincia a fare, ma dove? Non si hanno più soldi a causa dei
risorgimento? Si cerca di intervenire dove è possibile farlo ma dove in temi rapidi? Di
fronte al patrimonio librario più semplice da tutelare. Il 22 dicembre del 1861 a pochi mesi
dall’unificazione un altro ministro Francesco de Santis della pubblica istruzione
costituisce la Biblio di Firenze. I libri sono più facile da gestire. Sull’onda di questa Biblio
nazionale di Firenze ne nascono altre come quella di Roma, Napoli. Il primo settore
tutelato è quello dei libri anche perché è più facile custodire questo tipo di patrimonio. Per
quanto riguarda i beni immobili, le opere d’arte, le collezioni, gli scavi i tempi saranno
molto più lunghi.

Perché per la tutela di questi beni i governi liberali aspettano tanto? C’è un aspetto
logistico. Questo governi liberali sono conservatori e hanno paura che queste norme
possano colpire un diritto che i liberali considerano sacro, la libertà privata e fare una
norma di tutela sarebbe compromettere questa libertà. Il fatto che questa sia la classe
liberare che governa il nostro paese giustifica questo fatto.

C’è la necessità di esaltare questo aspetto, quindi provvedimenti che tutelano particolari
zone di Roma come i fori imperiali, oppure pensiamo alla casa di Giuseppe Verdi che
viene dichiarata come monumento nazionale. La tomba di Giacomo Leopardi che diviene
monumento nazionale entrando nell’idea di una nuova identità statuale dell’Italia unificata,
ecco che a pochi anni della breccia registriamo un primo significativo evento.

Le articolazioni amministrative erano il comune e le province come articolazione


territoriale, un modello che richiama quello francese perché anche questo nella
legislazione citata prevede una tutela ristretta guidata dai prefetti che sono la lunga mano
del governo sul territorio permettendo il dialogo. Sono organi di controllo, siamo agli inizi
di questo procedimento e hanno il compito di evitare espoliazioni.

Ci sono poi dai 4 ai 6 commissari che sono dipendenti dal ministero degli interni e non
della pubblica istruzioni, metà del governo e metà della provincia però ci interessa che
questi organismi hanno ruolo di vigilanza, si parla di ordine pubblico. Vigilanza sui
monumenti quindi anche una prima forma di inventario cercando di capire che cosa c’è
che possiamo etichettare come tale, il fatto una parte della commissioni non riguardi la
pubblica istruzione capiamo le lacune proprie dello stato.

La direzione generale delle antichità delle belle arti nel ministero della pubblica istruzione
è composta da tecnici al servizio in un campo complesso come quello della tutela del
patrimonio, non è un caso che su questa onda venga riorganizzata l’Accademia dei Licei.

1876, l’Italia si muove a piccoli passi ma confortanti - bisogna creare un organo di


collegamento tra questa ammirazione generale di Roma e le commissioni locali
conservatrici, non è un caso che in questo anno venga istituita la figura dell’ispettore
tecnico che fa da anello di congiunzione. Se passiamo da una vigilanza a una tutela
occorre questa figura di raccordo, anche a livello regionale si pensa a una figura che

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assuma questa sorta di figura ponte tra il territorio e il governo centrale anche se a livello
regionale non esiste una struttura amministrativa come tale ma nel 1884 vengono creati
dei legati regionali che hanno il compito di fare l’inventario relativi ai beni storici.

1889 - vengono istituiti 12 commissariati per le antichità e le belle arti in ogni singola
regione, questa organizzazione regionale diviene più complessa e la tutela non è più si
singoli individui ma di organi collegiali.

A questa serie di provvedimenti se ne collegano alcuni che riguardano Roma capitale che
ha portato un bagaglio di beni culturali inimmaginabile solo qualche anno prima, Guido
Baccelli come ministro della P.I. propone una legge che riguarda la tutela del patrimonio
antico di Roma che rappresenta il cuore classico e il recupero dei monumenti classici è
uno strumento pedagogico per guardare alla grandezza del passato italiano che era unito
già dall’impero romano. Nel disegno di legge Baccelli vuole tutelare la proprietà privata
mettendo in atto degli interventi conservativi che avvengono anche in maniera forzata
introducendo l’espropriazione per pubblica utilità che però indennizzo rifondando il
privato del bene che ha perso. Il disegno di legge Baccelli per Roma non passa, seppur
trattandosi per Roma lo strumento di esproprio spaventa i liberali e il Parlamento si arena.
Nel 1888 ci riproverà Michele Coppino un altro ministro della P.I. ma anche a sua viene
boccata per lo stesso problema, l’azione autoritaria dello stato a tutela del patrimonio con
l’esproprio significa ledere la proprietà privata.

È un bilancio negativo, vengono presentati 32 disegni di legge che cadono proprio per il
problema appena citato.

Quando cambia quesito approccio? A inizio 900, c’è un’accelerazione nella tutela? I fatto
che ci sia timore della riforma normativa del patrimonio di certo è legata alla proprietà
privata della borghesia ma c’è anche un’aspetto di visione di costruzione dello stato
stesso. Mentre in Francia nel caso francese la rivoluzione francese è un fatto drammatico
che vede il trasferimento violento dei beni del sovrano al popolo e quindi induce a una
democratizzazione dei beni divenendo collettivo, nel caso italiano questo processo non
c’è, anzi, nell’ottica di unificazione per la quale le regioni si uniscono al Piemonte
subendone le leggi, il patrimonio italiano veniva visto come bene della colora d’Italia
quindi è difficile entrare nell’ottica di poter toccare questo patrimonio.

C’è un’altra cesura storica che porta a superare questa visione è l’Italia fa nascere nuove
legislazioni moderne che vanno oltre questi casi dell’800.

L’elemento chiave è il fatto che in Italia abbiamo il cambio di passo per quanto riguarda la
politica, passo significativo, nel 900 abbiamo è l’epoca in cui si ha una massificazione
della politica che diviene un fenomeno di massa con partiti strutturati e non per pochi
eletti.

Teniamo a mente l’alfabetizzazione prima l’Italia era divisa in dialetti, alfabetizzazione


significa per leggere e scrivere, maturare una propria opinione politica volendo essere
protagonisti della propria storia politica, grazie a Giolitti verrà introdotto il suffragio
universale maschile.

Grazie all’alfabetizzazione e al diritto di voto abbiamo un scenario in cui una fetta du


popolazione maggiore entra nella famiglia, l’Italia. I liberali non sono più da soli, ci sono i
cattolici, i socialisti, ecc. un’allargamento della partecipazioni che costringe i liberali a

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dover dialogare con queste forze, fino alla fine dell’800 è stato usato il pugno di ferro; il
900 nasce sotto una luce diversa con Giolitti che dice di non reprimere questi nuovi
pensieri, è un uomo nuovo e giovane che non ha fatto il risorgimento ma è alto
funzionario della corte di stato, dice che bisogna dialogare, perché vuole dialogare con
uste forze? Perché ritiene che l’Italia abbiamo bisogno di grandi riforme perché c’è una
popolazione che vuole riforme e cambiamenti e lo stato deve essere pronto a concedere.

Il fatto che quando parliamo di riforme dobbiamo includervi anche la tutela del
patrimonio, Giolitti governerà per 15anni introducendo anche le prime forme di pensione,
tutele delle donne lavoratrici, per i giovani, delle regioni del mezzogiorno, qui abbiamo
quel passaggio anche per i beni che da stato minimalista concede di passare a uno stato
interventista.

Tra queste riforme vediamo quella introdotta dal ministro Daneo Credaro della P.I che
finalmente porta l’istruzione pubblica insieme allo stato.

È lo stato che si deve preoccupare di mettere insieme le scuse, formarli, fornire il


materiale. L’interventismo di Giolitti segna un passaggio per quanto riguarda i beni
culturali, non è un caso che le più importanti riforme sui beni le abbiamo nel 900 in questo
periodo, leggi che faranno suoi, la legge fascista riprenderà quelle di Giolitti che implicano
l’interventismo statale.

8.02.2022
Abbiamo acceso i riflettori sull’epoca giolittiana come epoca che rappresenta una cesura
anche per il tema del beni culturali, come mai è una cesura? Abbiamo detto che conclusi
cambia il quadro nazionale, si parla del fatto che l’Italia ha conosciuto un processo di
alfabetizzazione che porta alla necessitò di partecipare alla vita politica e si ha una
maggiore coscienza di essere cittadini di un nuovo stato, cittadini che hanno anche delle
libertà. Dal 1861 al 1901 ci confrontiamo con 40 anni in cui anche il diritto di voto è stato
allargato, questi die strumenti fanno da volano all’ampliamento della cittadinanza,
esprimono la propria opinione politica votando i partiti come quello socialista che si fanno
promotori di nuove istanze e richieste. Unite al presidente del consiglio come uomo
pragmatico che non viene dal risorgimento, alto funzionario dello stato della corte dei
conti, ha una conoscenza precisa della burocrazia. A differenza dei presidenti precedenti
non ha un atteggiamento persecutorio verso il partito socialista che nasce tardi (1875
nasce in Germania) qui nel 1925, continueranno a mandare un numero sempre maggiore
di deputati in parlamento, è una forza che non si può perseguitare. In un discorso in
parlamento deciderà di prendere atto che l’Italia sta cambiando facendo i conti che ci
sono partiti nuovi come i socialisti, i liberali hanno guidato l’Italia per tutto l’800 e adesso
ci sono i socialisti.

Giolitti non li perseguita e questa scelta è determinata anche dal fatto che proporre
riforme importanti. È necessario mettere in cantiere delle leggi che tutelino i più deboli.

Welfare - assicurazione per gli infortuni nel lavoro, la prima normativa sulle pensioni, tutela
del lavoro minorile, delle donne, il suffragio universale maschile, tutte riforme che Giolitti
mette in cantiere perché il parlamento ha l’appoggio dei socialisti, pur se scritti da un
governo liberale questi diritti vano a favore dei socialisti.

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Succede che lo stato italiano si occupa di aspetti che prima ignoravano, non solo il
Welfare ma anche l’aspetto cultuale tanto che si parla di una prima tutela efficace e
organica dei beni culturali tanto che la legge del 39 ragiona sui punti principali.

Non è un passaggio facile, fino all’epoca giolittiana agli esordi del 900 l’Italia si misura
con ubi atteggiamento passivo, vengono presentati oltre 32 progetti di legge anche da
personaggi con un peso politico anche se queste leggi rimarranno su un binario morto
poiché i liberali non vogliono entrare nel diritto di proprietà dei borghesi che tremano
all’idea che possano essere espropriati i propri beni. L’accelerazione avviene perché
Giolitti conta sulla maggioranza dei socialisti.

I socialisti appoggiano Giolitti perché le sue idee rientrano nella loro sfera dei desideri,
essi si fanno promotori di tali leggi perché pensano che la cultura sia un elemento
fondamentale perché la condizione esistenziale va oltre al lavoro, la cultura non è un fatto
di élite ma serve anche alla popolazione che ha il diritto di formarsi anche attraverso lo
strumento artistico. Ecco perché l’appoggio dei socialisti consente il varo di tali leggi sulla
tutela.

1902- numero 185 - Nuncio Nasi - Ministro della P.I, non c’è un ministro dei beni
culturali, prima legislazione organica dell’Italia unita dedicata ai beni culturali. Il titolo è
fuorviante “Tutela del patrimonio monumentale” - è una legge che si può applicare anche
ad altro, non solo ai monumenti, quali sono gli elementi chiave di questa legge che
sblocca la situazione? Per la prima volta concettualizza l’idea di tutela dei monumenti e
dei reperti archeologici, c’è una concettualizzazione, queste leggi contengono dei
concetti immutati anche in epoca repubblicana. Un altro elemento è l’indicazione della
Vetus Ta, del bene affinché sia tutelato. Stabilisce che siano oggetti di tutela solo i beni
mobili e immobili che abbiano più di 50 anni.

Un altro concetto è la tutela indiretta, concetto importante ma concetto molto discusso; si


palesa il pericolo dell’allargamento eccessivo dello stato rispetto al privato, ci colleghiamo
alla contestuaizzaizone del bene, idea molto moderna è il fatto che il bene vada tutelato
considerando anche lo spazio che questo occupa e lo stato può regolamentare
l’edificazione nelle vicinanze del monumento, tale spazio merita altrettanta tutela sempre
per il principio di contestualizzazione che considera bene anche ciò che circonda il bene
in sé. È un concetto importante inserito in questi anni perché i primi anni del 900 sono
anche quelli in cui incrociamo una forte industrializzazione accelerata. l’Italia che da
sempre era un paese agricolo conosce queste novità. L’atteggiamento della borghesia
diviene predatorio creando i distretti industriali fuori dal centro urbano. Questa situazione
fa paura per l’atto autoritario dello stato, la proprietà fa un passo indietro nei confronti
della tutela.

Un altro elemento che ci dimostra come lo stato dimostra questo stacco con la proprietà
privata e ne dimostra l’indole è la prelazione delle vendite dello stato, pretende che ci
siano beni culturali non di valore nazionale che possano essere messi sul mercato e che
possano essere acquisiti. Per i beni di alto valore artistico e culturale viene posto il veto di
esportazione. È previsto un indennizzo e in particolare vengono stabiliti dei criteri
risarcitori per i proprietari terrieri che se avessero visto aprirsi uno scavi archeologico.

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Questa legge si occupa anche di scavi del patrimonio con un risarcimento nel caso
andasse sottratto il terreno al proprietario.

La legge nasi contiene anche un elemento di novità che è anche un limiti, legge che
contempli la creazione di cataloghi, oggetti d’arte e antichità che sono complicati dal
ministero della P.I con competenza centralizzata con la competenza dell’autorità del
territorio come i sindaci ecc.

Per quanto riguarda il sistema della tutela vediamo che subisce una accelerazione con un
sistema piramidale centralizzato diverso da quello anglosassone che risulta ribaltato, noi
sposiamo il modello francese con l’amministrazione verticistica e centralizzata, quello
inglese ha le autorità locali come vero motore della tutela e non il sistema centrale.

Legge Nasi il cui spirito è il fatto che per la prima vota l’interesse pubblico prevale sul
privato, c’è una sorta di allineamento anche rispetto al campo dell’umanistica, finalmente
lo stato impone delle proprie leggi al punto di sacrificare la proprietà provata rispetto al
bene a rischio.

L’altro elemento fondamentale a cui si fa riferimento è che l’opera d’arte seppur nella
monumentalistica come dice Nasi, viene fotografato dalla legge come una stratificazione
di conoscenze, di sensibilità di un popolo che vanno preservate al punto tale che
finalmente si capisce che l’arte è un concetto universale a cui non si possono applicare
gli strumenti della borghesia come il diritto d’autore o il brevetto industriale, questa tutela
privata salta quando si parla di opera d’arte. Questo porta al fatto che in questa legge
non si parla solo di manutenzione e conservazione ma anche di espropriazione alla
gestione del privato al quale si impedisce di modificarla, distruggerla o di diminuire il
valore.

Tutto questo è frutto anche della collaborazione tra socialisti e liberali. Legge che
rappresenta l’esito di una riflessione in parlamento in cui i socialisti sostengono questa
tutela perché ritengono che l’arte serva a lenire l’abbrutimento dell’industrializzazione
come processo che avviene senza regole. Giolitti mette in cantiere delle riforme per
sfruttare anche la cultura che vuole far saltare l’idea dell’operaio ingranaggio.

A questa legge del 1902 fa seguito un’altra legge che in qualche modo trasforma questi
principi in qualcosa di operativo.

Nel 1907 nascono le soprintendenze con la legge 386 del 27 giugno 1907 la legge Nasi
viene resa operativa collegando il governo centrale con il territorio, vengono create a
livello regionale, provinciale e una specifica per Roma. Hanno una funzione di
coordinamento e di controllo come l’attività di manutenzione, scavo, riordino dei materiali,
della custodia dei monumenti. Al di sotto del sovrintendente troviamo gli ispettori com
tecnici preparati che illustrano la storia e l’arte esaminando i progetti. Affiancati ad essi
operano degli architetti in quanto l’urbanistica è un elemento chiave.

Calando nella struttura piramidale abbiamo i segretari e i vice segretari per le funzioni
amministrative per arrivare all’ultimo gradino di questo sistema di tutela che sono i
custodi che materialmente vigilano le collezioni d’arte.

Questa legge che da attuazione alla precedente dando struttura top-down contiene uno
spirito innovativo, l’idea che creando Lew sovrintendenze archiviamo al tutela a non
semplici burocrati o amministratori ma che questo tipo di settore entri a piene mani nel

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campo di funzionari dedicati che possano gestire in mondo nuovo l’opera d’arte con
competenze artistiche.

L’applicazione di questa articolazione territoriale di tutela presenta dei limiti oggettivi


perché queste soprintendenze nei primi anni devono interfacciarmi con organizzazioni
locali che in qualche modo creano confusione. Fino alla fine dell’800 la tutela anche in
Italia è affidata allo spontaneismo di persone di buon cuore i quali mostrano ill proprio
prestigio facendosi carico della comunità come tutela. In epoca giolittiana il sistema della
soprintendenza entra in frizione con questa realtà sedimentata, una forma di autogestione
di notabili che vivono con sofferenza la presa di potere dello stato.

Poi c’è un altro problema nel momento - formazione di un catalogo nazionale che viene
implementato, uno stato come il nostro non aveva le risorse finanziarie per fare questa
catalogazione e questo e un limite oggettivo.

Legge Rosadi - aggiusta il tiro delle legge precedente. Il primo limite è il fatto che non si
fa più riferimento ai monumenti ma alle cose immobili e mobili che abbiano interesse
storico, artistico, paleontologico, ecc. quindi si allarga l’oggetto. L’altro aggiustamento
riguarda il tema della catalogazione che risulta impraticabile aggiungendo uno strumento
giuridico come quello della notifica. Significa che l’oggetto viene tutelato non perché è
incluso in una lista preformata, predisposta dalle autorità ma è tutelato nel momento in
cui viene individuato come bene meritevole di tutela. Non c’è una catalogazione
generalizzata che senza uomini preparati e denaro sarebbe impraticabile ma si stabilisce
che appena la sovrintendenza scopre un bene meritevole viene notificato al proprietario
che quel bene è sottoposto a un controllo speciale. Metodo che lenisce il problema e la
fatica di catalogare.

Queste due leggi vogliono modulare diversi problemi con l’uso della notifica. L’effetto
boom di queste leggi lo capiamo anche nel fatto che sono leggi che arriveranno a
cancellare il meccanismo dell’indennizzo, in qualche modo il fatto che il privato fosse
risarcito e non potesse utilizzare i terreni limitrofi a un monumento segna la preminenza
definitiva dello stato rispetto all’interesse privato.

Legge Rosadi che aggiusta il tiro rispetto a quella del 1902 n quanto la legge nasi faceva
riferimento a beni limitati mentre la legge Rosadi allarga la prospettiva prlando di cose
facendo si che sotto la tutela dello stato transitassero solo elementi limitati ma anche i
beni ambientali nonostante rimanga il limite dei 50 anni. Questo legge è frutto del suo
tempo ragionando sul fatto che l’industrializzazione metta a rischio il nostro panorama. È
una legge che rappresenta un compromesso anche rispetto alla tutela della proprietà
privata che può possedere e allevare un bene ma ha l’obbligo di annunciare la
compravendita al ministero della P.I. ricordiamo che questo mercato di compravendita è
proprio anche dello stato con la prelazione.

Un’altra forma di tutela è la tassa progressiva sulle esportazioni.

Questo non è un atto autoritario ma si tratta di beni che hanno una rilevanza storica ma
non p detto che debbano essere tutelati dallo stato ma nel caso in cui vengono
intercettati dei beni che lo stato ritiene che debbano stare sotto la tutela dello stato
questo può cercare di entrare nel mercato e prendere tale bene. C’è anche un limite
tecnologico, es. la fotografia è uno strumento che muove i primi passi agli inizi de 900, è

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strategica per la catalogazione e la preservazione dei monumenti e attività di restauro, il
fascismo quando si muoverà per la tutela dei beni userà a fotografia. C’è anche un limite
tecnologico oltre che culturale. Non abbiamo ancora gli strumenti che ci consentono di
fare il salto di qualità. La catalogazione farà un salto di qualità quando riusciremo a
informatizzarla, l’informatizzazione consente un dialogo istantaneo tra sovrintendenze e
ministero.

La domanda consente di arrivate all’ultimo aspetto a dimostrazione che è una politica dei
piccoli passi, un tentativo di approccio a un tema nuovo.

Epoca giolittiana si caratterizza anche con la legge 688 del 1912 - legge che interviene
estendendo questa serie di prescrizioni che abbiamo spiegato stamattina a parchi, ville e
guardiani che hanno un riconoscimento perché di rilevanza storico artistico, con questa
legge si chiude il cerchio di principi fondamentali che continueranno a scandire la tutela in
Italia.

Altri paesi ci seguiranno solo dopo che il continente europeo si confronterà con la PGM
che il continente è una guerra senza precedenti, le guerre fino all’800 sono sempre state
guerre locali con due eserciti che si confrontavano, erano eventi circoscritti al punto tale
che la società civile ne veniva a conoscenza solo attraverso i giornali.

La PGM è totale, la tecnologia ci porta anche elementi di guerra. Prima la guerra avveniva
in uno spazio limitato mentre qui abbiamo diversi fronti che si muovono. Il fronte è un
fronte che coinvolge la società civile sconvolgendo territori e le bombe distruggono paesi.
Tutto ciò crea angoscia nella popolazione anche per gli effetti visivi eclatanti senza
precedenti che coinvolge anche le bellezze naturali. A seguito della terra in molti contesti
europei si crea una normativa di tutela. Due paesi su tutti come la Francia e la Germania,
due paesi più coinvolti nel conflitto, tutela che significa anche cominciare e immaginare
una serie di azioni operative per tutelare il patrimonio in una fase emergenziale come la
guerra come creare specifici luoghi in cui alloccate statue e quadri anche per evitare
l’azione predatoria degli eserciti nemici, Hitler per esempio ci terrà molto a creare la
propria collezione privata.

Anche l’Italia si muove in un’ottica diversa legata al fatto che dagli anni 20 si entra nella
fase di un regime totalitario. Quello che ci spingono a rimettere mano alle normative non
sono motivi bellici però il regime di Mussolini comprende il fatto che i beni rappresentino
un punto strategico per esaltare il regime e la propria immagine rispetto una popolazione
che deve essere sedotta. Mussolini nel 1922 compie un colpo di stato con la Marcia su
Roma e come tutti i leader autoritari devono gestire il potere, c’è il problema della
legittimazione a posteriori che tutti i leader autoritari devono affrontare.

Come si legittimano i regimi autoritari dopo la presa del potere? Avviene con tanti
strumenti come la propaganda, una propaganda che deve rafforzare il regime e le sue
scelte, si deve trasformare in una fondazione delle nuove generazioni ma anche
attraverso la tutela dei beni che devono in qualche modo rappresentare il fiore
all’occhiello che serva a educare gli italiani che sono entrati in una fase storica nuova che
è quella del fascismo.

Come si approccia il fascismo a questo progetto? Con la forza, se con le leggi giolittiani
ci siamo confrontati con un regime che metteva mano alla tutela spostando l’asse verso

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lo stato con il regime vediamo l’utilizzo del pugno di ferro troviamo nel codice penale del
1930 con alcuni articoli che riguardano le sanzioni che colpiscono coloro che
danneggiano e deturpano i beni generali con aggravanti che riguardano le azioni violente
verso cose che hanno un interesse storico e artistico. (Teniamo conto del fatto che nel
1929 Mussolini firmò i patti lateranensi con la chiesa che vedono un rapporto tra la chiesa
e il fascismo tanto che la chiesa non si appoggerà più al partito cittadino ma a quello
fascista che la tutela; questo rapporto più stretto si esprime anche nella tutela dei beni,
l’ambito della tutela nazionale si allarga anche a tutto ciò che riguarda la chiesa come gli
edifici di culto.

Ci sono due articoli: 733 che riguarda il danneggiamento del patrimonio archeologico,
storico e artistico e il 734 che sanziona coloro che deturpano le bellezze naturali.

Interessante il fatto che anche qui abbiamo un passaggio: la tutela non è più
amministrativa civilistica ma entra nella legislazione penale con i fascismo.

Pugno di ferro del regime autoritario ma anche una serie di provvedimenti che nonostante
siano partoriti da un regime pongono un buon impianto tanto che sopravviveranno alla
caduta del fascismo. Il motivo per cui queste leggi rimangono in epoca repubblicana fino
agli anni 80 messe in discussione quando nasce il ministero dei beni culturali.

Promotore della tutela del patrimonio culturale è Bottai, collaboratore di Mussolini che è
un uomo di cultura di prestigio nel regime e rispettato da Mussolini.

Legge numero 1889 del 1939 - legge Bottai - prestigio che gli da anche una autonomia
decisionale che altri ministri non hanno. Ha una formazione umanistica, visione
cosmopolita, ama circondarsi di esperti d’arte, è propugnatore dell’architettura moderna,
patrocina diverse riviste culturali di studio e riflessione come la Critica Fascista, riviste
che guardano anche all’Europa che divengono luogo di riflessone e dibattito.

Il progetto di Bottai rientra nella visione corporativa che il fascismo ha dello spazio; per
Mussolini lo stato non deve cancellare le classi scoiali, cosi come non condivide il mondo
liberale che vedeva il prevalere di una borghesia. La visione corporativa del fascismo è
organica concependo lo stato come un grande organismo con vari organi che svolgono
un compito che ha come obiettivo quello di mantenerci in vita. La visione corporativa del
fascismo è questa in cui gli organi sono le classi sociali che non devono essere
cancellate. Queste classi sociali devono tutte cooperare insieme per la potenza e lo
sviluppo dello stato, non deve esserci scontro sociale perché vorrebbe dire che un organo
va contro un altro.

Premessa che serve per dire che anche l’arte rientra in questa visione corporativa dello
stato, dovendo fare leva a questo modello capiamo che anche gli artisti devono essere
considerati una corporazione come i macellai, i ferrovieri, ecc. alla fine degli anni 30
nasce la Camera dei Fasci e delle Corporazioni come rogano consultivo dello stato per
aumentare il prestigio e la forza dello stato fascista, non c’è più il Parlamento. L’arte non
si può sottrarre alla regolamentazione di questo sistema corporativa.

9.02.2022
Con il fascismo come in tutti i sistemi totalitari i regimi creano consenso con il stessa del
bastone e della carota mettendo in campo da un lato il pugno di ferro e dall’altro cercano

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di sedurre la popolazione con strategie propagandistiche, il problema di Mussolini come
Hitler e Stalin è il problema della legittimazione in quanto creati con un colpo di stato, non
c’è un voto che legittima, in genere dopo la presa di potere i regimi hanno il problema di
creare la legittimazione, ecco perché quando facciamo riferimento alla tutela dei B.C.
dobbiamo far riferimento a questi sistemi, il fascismo ha la necessità e come obiettivo
quello di formare le nuove generazioni create a immagine e somiglianza del regime
attraverso un sistema pedagogico pianificato. Il fascismo si manifesta in maniera evidente
nella scolarizzazione come la riscrittura degli stessi libri scolastici, la propaganda e la
funzione pedagogica trovano spazio nei beni cultuali.

Regimi totalitari con questo doppio metro di misura per creare quella legittimazione a
posteriori.

Il pungo di ferro in ambito artistico viene espresso in ambiti penale con alcune norme che
sanzionano in maniera più punitiva i comportamenti vandalici che riguardano che cose di
interesse storico-artistico oppure anche l’esercizio di culto perché nel 29 con i patti
lateranensi i rapporti tra il fascismo e la chiesa diventano fortissimi proteggendo anche il
patrimonio della chiesa, non solo introduce l’educazione religiosa ma anche la tutela di
tale patrimonio - questo è il bastone. La carota si impersona in Giuseppe Bottai, uno
dei Ras più importanti che circondano Mussolini, uomo che a differenza di altri leader ha
una formazione umanistica evidente e molto funzionari della prima ora sono uomini grezzi
che infastidiscono Mussolini per la loro miopia e la loro incapacità di creare uno stato,
Bottai ha una formazione umanistica, un prestigio personale che derivano da conoscenze
internazionali senza provincialismo e questo gli consente una speciale abilità di manovra.
Non a caso per la sua conoscenza internazionale Mussolini gli lascia carta bianca nel
settore della tutela. È un uomo che abbiamo visto inaugurare diverse riviste umanistiche e
scientifiche in cui c’è un dibattito che non ci aspetteremmo in un regime totalitario ma ciò
dipende dalla sua capacità di manovra. Questo dipende che al di là della sua capacitò
intellettuale e delle sue relazioni, Bottai non possa indirizzare il tema del patrimonio
all’interno dei binari che riguardano un progetto più alto dello stato corporativo in cui ogni
classe sociale è chiamata a collaborare per la potenza dello stato e cosi come vengono
inquadrate le varie organizzazioni del lavoro anche il mondo dell’arte entra nel
meccanismo delle corporazioni e anche questo mondo viene posto sotto il controllo del
regime.

Il fascismo si rifà alla civiltà classica come traccia del mondo classico. Il tema della
romanità è carico al fascismo che vuole esitare la capacità di sottomettere degli
imperatori che trova in Bottai un formidabile propugnatore dell’idea. Non è un caso che
nel 1935 Bottai venga nominato governatore di Roma e investito di questo ruolo compie
un’opera meritoria nonostante la pieghi a favore del regime mettendo in atto una
ricognizione del patrimonio della capitale per mettere in atto questa idea della romanità (in
questi anni il fascismo diventa un impero con la conquista dell’Abissinia, si immagina una
Italia capace di vivere gli antichi splendori dell’impero romano); questa ricognizione fa
emergere che la capitale è in preda a un immobilismo preoccupante perché fin dall’unità
in poi non è mai stato approvato un piano regolatore in grado di organizzare la città,
Roma diventa la capitale dell’Italia come città che cresce in maniera vertiginosa.

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C’è un museo a cielo aperto in tutti i sensi, è un problema denunciando anche il fatto che
ale stesse leggi giolittiane a Roma sono rimaste inattuate abbandonando i reperti. Bottai
interviene pesantemente, in ogni modo il fascismo fornisce elementi di consolidamento
per quanto riguarda la tutela rimanendo il vigore anche oltre.

Roma cosi diviene un cantiere mettendo in atto molti interventi per fare di Roma un
palcoscenico fascista restaurando molti monumenti antichi ma anche con stravolgimenti,
con i patti Lateranensi si crea via della Conciliazione che sventra una parte del centro
storico medievale di Roma, il medioevo non si voleva prendere in considerazione in
quanto buio per la capitale.

È un’opera quella che Bottai mette in atto che in qualche modo ha risvolti positivi che
vanno oltre l’epoca fascista anche perché si circonda di un mondo intellettuale che riesce
a vivere nelle maglie del fascismo, la stessa leghe che egli mette in cantiere nel momento
in cui sfrutta i beni come propaganda del regime incontra numerosi studiosi come Argan,
Longhi, sono due intellettuali che interagiscono e consigliano Bottai nel momento in cui si
propone all’interno del Ministero dell’Educazione per avviare un pensiero di tutela sempre
indirizzata alla politica.

Sono due personaggi importanti che gli daranno alcune dritte: favorire l’esportazione di
alcuni beni come quelli di poco interesse nazionale per rafforzare il mondo
dell’antiquariato, è una scelta strategica che rientra nell’ottica di sfruttare i beni per
propagandare; attraverso il mercato antiquario l’Italia avrebbe un posto nel mondo
facendosi conoscere come grande museo, ci sono anche implicazioni economiche
riuscendo ad avere una boccata d’ossigeno rispetto a una situa economica che dovrebbe
raggiungere l’autarchia, è un progetto fallimentare, questo progetto deprime l’economia
prendendo difficile al mondo industriale e commerciale il fatto di non avere scambi.
L’ottica è quella di vendere opere minori.

Il secondo aspetto su cui Bottai riflette immaginando l’elaborazione di una nuova legge x
la tutela è l’organizzazione delle sovrintendenze anche a livello territoriale, faccian
ovviamente riferimento a un regime totalitario pervasivo, le sovrintendenze vanno
potenziate rendendo i controlli sul territorio più capillari.

Un altro elemento positivo è l’idea di mettere in cantiere un catalogo unico fatto


attraverso la creazione di una fototeca come nuovo strumento tecnologico che prima non
c’era. Il fascismo è il primo che usa e foto aeree per vedere la condizione dei beni.
Attraverso la fototeca lo stato è in grado di capire anche il contesto ambientale in cui
l’opera si trova.

Centralizzazione della tutela che si materializza non solo nell’idea della fototeca ma anche
dell’istituto centrale x il restauro, il tema tecnico e operativo non è più affidato alle singole
attività locali ma diverrà nazionale. Gli interventi fascisti nel campo del patrimonio si
rifanno all’espressione della politica dell’immagine come strumento per accrescere il
consenso.

l’Italia ha giò una serie di leggi giolittiane ma il fascismo vuole creare una propria legge
facendolo in modo efficace tanto che fino al 1975-6 rimarranno in vigore, nasce il
ministero per i beni culturali e quindi cominciano delle riflessioni diverse, fino a quel
momento il pensiero fascista sarà quella adottata anche in epoca repubblicana.

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La legge di cui Bottai si fa promotore del 1939 è una legge che può essere traghettata
oltre il fascismo tanto che la Costituzione italiana traghetta questa legge all’interno
dell’Italia nuova repubblicana. Legge che ha un buon impianto perché seppur il fascismo
è totalitario almeno nel settore dei beni non sarà cosi miope accettando i principi
sviluppati con la legge Nasi e Roadi di epoca giolittiana. Otre a recepire questi principi il
fascismo aggiunge qualcosa di più su bambini nuovi e inesplorati. In particolare è il fatto
che il fascismo per la prima volta si occupa di tutelare anche il settore dell’arte
contemporanea. Il fascismo fa un passo oltre la vetus ta, lo fa partendo da una strategia
politica, l’arte contemporanea fa parte del bagaglio propagandistico ma rappresenta un
approccio nuovo alla tutela. Un esempio banale è il futurismo come cavallo di battaglia
del fascismo cambiando poi idea, l’opera futurista rientra nella visione di tutela che
osserva un nuovo settore del patrimonio.

Importanti anche gli archivi di stato e quindi la documentazione importante per uno stato
che vuole un controllo centralizzato esplicandosi anche nell’articolazione di archivi di
stato nel territorio. Sviluppo che subisce un incentivo di epoca fascista, c’è anche qui un
disegno politico per monitorare la documentazione avendo un controllo sul nostro
passato e sulla nostra storia partendo dall’Archivio di Roma.

Mette in campo strumento moderni come la Fototeca ma anche la discoteca di stato


come prima struttura nella quale vengono conservati i discorsi registrati. Il fascismo fa un
passo verso la modernità anche con gli strumenti tecnologici registrando grandi dischi
con musica ma anche discorsi di Mussolini con l’idea di conservare la memoria del
fascismo attraverso questo nuovo supporto storico che è il disco.

Viene normata la tutela del diritto d’autore, il fascismo è quello che ferisce roma nel
momento in cui la sventra per ragioni politiche ma fa approvare nel 42 la legge urbanistica
nazionale adottata anche in epoca repubblicana che si inserisce anche nel discorso della
tutela e della pianificazione del territorio per uno sviluppo armonico accogliendo statue e
monumenti, ecc.

1939 - legge che non stravolge le conquiste giolittiane - l’oggetto che pone come finalità
di tutela riguarda le cose che hanno interesse storico, artistico, etnografico fino ad
estendersi alla tutela dei parchi (1912), non stradando lo spirito giolittiano viene
mantenuto lo strumento della notifica che serve per assoggettare i beni immobili, una
notifica rilasciata dal ministero dell’educazione che approva la notifica vincolando un
bene. È una legge che si pone in linea con quanto conosciuto all’inizio del 900. È una
legge che però rispetto a quella giolittiana implementa o sguardo sui beni laddove la
legge prevede della vigilanza del ministero dell’educazione nazionale allargando lo
sguardo anche alle cose ecclesiastiche.

Questa visione pervasiva si manifesta con Bottai la cui legge obbliga le province e i
comuni a presentare un elenco delle cose che sul proprio territorio ritiene che siano di
interesse culturale, elenco periodicamente aggiornato. Questo aspetto della legge è
quello che chiude l’idea che il patrimonio sia affiato a notabilato, spacca il cordone
paternalistico locale della tutela per centralizzarlo. La legge bottai prevede la possibilità
ad alcuni beni come le collezioni private di imporre a questi beni un diritto d’uso e

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godimento per la comunità. Questi beni pur rimanendo privati sono beni che devono
essere fruibili al pubblico e il pubblico ha il diritto di visitarli.

Da un lato è una legge che non taglia i principi di tutela giolittiani ma interviene in maniera
autotirtativa e centralizzata sulla tutela e promozione dei beni consentendo il godimento
pubblico di collezioni strategiche private, tutto a favore del regime.

Siamo nella fase in cui il fascismo ha sposato l’idea di un intellettuale come Gentile, stato
etico che non deve solo amministrare il bene pubblico ma anche educare.

Il fatto che questa legge imponga ai privati di rendere pubbliche le collezioni entra
nell’ottica di uno stato etico gentiliano che il fascismo punta su un altro concetto oltre alla
romanità, il folklore locale.

C’à un tentativo di preservare le memoria esaltando il folklore locale, ecco perché il


fascismo impone ai privati locali di rendere pubbliche le collezioni rendendole accessibili
perché l’italiano si possa riconoscere anche nelle proprie tradizioni.

Il fascismo è uno stato etico che fa un uso polito dell’arte e della tutela ma è anche un
regime che sui beni apre riflessioni importanti con tecnologie che gli permettono di
modernizzare la tutela.

Abbiamo parlato di Argan e Longhi o di Cesare Brandi come colui che per primo, mentre
dirige l’istituto di Roma per il restauro del 39 teorizza il restauro preventivo, intendendo
che la tutela del patrimonio debba essere innanzitutto una tutela indiretta ovvero che un
sistema di tutela deve prevenire il decadimento, la lesione dell’opera, del palazzo, del
monumento. Concetto che riprenderà Giovanni Urbani suo allievo che implementerà
l’idea di conservazione programmata intesa non solo come tutela del singolo bene ma
anche l’ambiente che lo ospita e questo significa non solo pianificare gli interventi di
restauro ma anche comprendere quali siano i fattori e le cause di deterioramento che
incidono sul bene.

A questa legge se ne associa un’altra che allarga di nuovo il discorso dei beni, è la legge
1497 del 1939 - legge importante perché in qualche modo include definitivamente la
protezione dei beni del paesaggio all’interno del patrimonio nazionale. Non è un caso che
dopo averla approvata si parlerà di patrimonio specificandone due categorie:

- i beni culturali

- I beni paesaggistici

Patrimonio nazionale inteso come identità nazionale. L’altra novità che troviamo in questa
legge è il fatto che qui lo stato interventista compie un altro passaggio ovvero i sistemi
operativi di intervento, alla luce di questa legge, a differenza dell’epoca giolittiana
(importante perché vengono posti i principi), qui abbiamo gli strumenti operativi come
commissioni provinciali con in compito di individuare le bellezze naturali da proporre al
ministero dell’educazione come meritevoli di tutela. Aspetto operativo che distingue le
due leggi e che quella 1497 istituisce un piano paesaggistico nazionale che segna
un’accelerazione rispetto all’epoca giolittiana. Un piano che va a braccetto con la legge
urbanistica del ’42 con norme edilizie che devono tener conto della nuova norma di tutela.
Queste due leggi del 1089 che la 1497 hanno un buon impianto messe in discussione
solo negli anni ’80 con la legge Galasso - segnerà una prima distanza fascista perché
negli anni ’80 in Italia ormai abbiamo avviato un meccanismo che pensa la tutela non più

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centralizzata facendo nascere le amministrazioni regionali negli anni ’70 già previste nella
costituzione.

In questa vivioosne centralizzatrice e autoritaria del fascismo rientra la questione delle


sovrintendenze - una legge del 39 - riordina le sovrintendenze. Vengono implementati gli
uffici territoriali perché lo stato è pervasivo e vuole controllare tutti i territori ma oltre a
questo l’implementazione delle sovrintendenze portano alla loro specializzazione come
quelle che si occupano dei monumenti, delle antichità, ecc.

A queste leggi del ’39 si aggiungono quella urbanistica del 42 e il codice civile del ’42
introducendo un concetto di regime autoritario che sopravviverà in epoca repubblicana
introducendo il patrimonio indisponibile dello stato facendo riferimento alle cose di
interesse culturale che entrano nella tutela dello stato su cui il privato non può porre i
propri interessi. Il codice del 42 si collega al discorso dei patti lateranensi in cui il tema del
patrimonio si declina anche nell’ottica del culto con l’articolo 831 che fa riferimento ai
beni degli enti ecclesiastici, edifici del culto soggetti al codice civile o a leggi speciali e
specifiche. Cosi come si fa riferimento al fatto che anche gli edifici di culto anche se
privati non possono essere sottratti.

Nel ’42 c’è anche la legge urbanistica che rimarrà a lungo.

Entriamo nell’epoca repubblicana con un modello di tutela centralizzato, il processo lungo


ci porterà a una visone della tutela che coinvolgerà le realtà locali. Certamente la legge
Bottai non viene rinnegata o smantellata, anzi, l’articolo 9 della costituzione traghetta
questa legge in una fase storica nuova confermando che lo stato ha un ruolo centrale e
strategico nella tutela.

Legge urbanistica del ’42 importante oltre perché è sopravvissuta al fascismo è una legge
importante perché in qualche modo ripara anche a un problema che si era manifestato in
occasione di eventi calamitosi che avevano segnato la penisola nella prima fase storica
come il terremoto di Messina nel 1908, terremoto devastante perché oltre alla scossa c’è
un maremoto che sconvolge la città. Segnaliamo il fatto che all’indomani del terremoto
vengono approvate delle norme che sull’onda emotiva della paura porta a rimodulare il
centro della città imponendo delle regole ferree per la tubatura degli edifici, l’altezza degli
edifici, la larghezza delle strade. Una serie di norme comprensibili in quanto norme che
vogliono evitare quanto successo nel 1908. L’idea è creare dei grandi isolati che
impediscano l’effetto a catena sviluppato come edifici molto distanti tra di loro per non
creare un effetto domino. Sono normative che avranno una pensante influenza sul
patrimonio in quanto imponendo questi limiti impatteranno sul cuore delle città che
spesso è incompatibile con il mantenimento delle tracce antiche. La palazzata come
grande edificio che stava sul mare come sede portuale e memoria storica della città,
questa non verrà ricostruita alla luce della normativa in quando considerata a rischio. La
città subì una lesione nella memoria. Abbiamo perso un elemento di memoria passata
della città, la città perde la palazzata identificativa dei rapporti con il mare. Con la scelta
di non ricostruita cambierà anche l’anima della città divenendo amministrativa. Ne
vediamo una cesura identificativa della città.

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L’articolo del 42 vuole mettere in moto un meccanismo facendo rientrare il tema dei beni
culturali che era stato escluso dal momento di paura affrontato a volte a discapito del
bene stesso. La legge del 42 urbanistica reintegra il concetto della tutela.

Entriamo nell’epoca repubblicana - articolo 9 che fa da continuità con l’epoca fascista - si


compone di due espressioni precise:

1- la repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica

2- la repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione

Ci sono due considerazioni da fare: per quanto riguarda il secondo comma consente di
recepire all’interno dei principi fondamentali della costituzione del 48 le leggi che erano
quelle fasciste. L’altro elemento da considerare è innovativo è il fatto che nel primo
comma si parla della promozione dello sviluppo tecnico e di ricerca. Questo primo
pericolo segna il passaggio sa una concezione statica e conservativa a una concezione
più dinamica. Se il secondo si occupa della tutela il primo si occupa della promozione
quindi godimento. Significa conoscenza, sviluppo della conoscenza che va al di là del
principio statico della tutela.

Significa anche alla luce di questo articolo troviamo un concetto come il TURISMO che
non a caso entrerà a far parte della materia dei beni culturali e del turismo come forma di
promozione della cultura.

In qualche modo questa espressione contenuta nella costituzione esalta e formalizza un


concetto che abbiamo trovato nella Firenze dei Medici come la dichiarazione di intenti di
Luisa del Medici, idea che riemerge e viene formalizzata in maniera chiara, la promozione
è un concetto moderno che si collega al turismo quindi sviluppare un settore economico
strategico in un territorio come l’Italia.

Oltre all’articolo 9 citiamo anche il 44 della Costituzione che si collega indirettamente alla
gestione dei beni stabilendo dei vincoli alla proprietà terriera privata per consentire un
razionale sfruttamento del territorio, articolo che prevede lo strumento dell’esproprio, che
non si riferisce in maniera precisa a i beni ma li riguarda indirettamente.

14.02.2022
Iniziamo la lezione da un concetto che ieri abbiamo lasciato in sospeso ed è importante
mettere a fuoco. La questione che è stata posta ieri è relativa al tema delle regioni,
abbiamo fatto un panoramica dell’articolo 9 e sulle modalità con cui il tema del
patrimonio viene traghettato in epoca repubblicana, abbiamo evidenziato alcuni aspetti
positivi denunciando molti limiti che in qualche modo, nonostante questa meraviglia
dichiarazione di principi della prima parte della Costituzione impediscono che la tutela
faccia un passo avanti.

Ieri in modo brutale abbiamo detto che la costituzione che ci hanno consegnato i nostri
padri costituenti nel 48 contiene dei principi importanti ma già declinati in fase
precedente, ciò che ci si aspetta dalla fase repubblicana è un passo ulteriore che c’è nella
costituzione laddove non si parla solo di tutela ma anche di valorizzazione che
sicuramente non era una priorità fascista o liberale, ma come abbiamo detto ci sono vari
ostacoli che impediscono questo processo.

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Uno di questi è rappresentato da una eredità del passato che in un contesto diverso
come quello italiano degli anni 50 risulta anacronistico, la questione della
centralizzazione, il modello di protezione dei B.C nasce in epoca liberale proseguendo il
suo cammino on epoca fascista partendo dal presupposto che il controllo avvenga da
Roma, che avvenga a livello ministeriale, ministero, come elemento di freno
all’innovazione ancora una volta è affidato al ministero della pubblica istruzione.

Centralizzazione che potrebbe essere scardinata e dare una nuova visione ai B.C se si
potesse dare esecuzione alle regioni cosi come previste dal dettato costituzionale. Essa
prevede che lo stato sia composto da Comuni, Province e da un nuovo livello di
amministrazione che è la Regione e che appunto prevede in applicazione al dettato la
nascita di assemblee regionali, che sono il piccolo parlamento regionale, la giunta
regionale come nuovo organo che rappresenta il governo regionale e un presidente della
regione che ha ruolo di rappresentanza rispetto al nuovo contesto amministrativo.

Questo non succede, dobbiamo aspettare gli anni ’70 perché finalmente il sistema
regionale venga messo in funzione e anche questo influenzi anche il tema della tutela.

Perché questo non succede? Negli anni ’50 a priorità è uscire dalle secchie della guerra
essendo l’Italia un paese ferito da essa, al di là dei beni è un paese dove la gente fa la
fame e gente che viveva ancora nelle grotte. L’urgenza di consentire uno sviluppo il più
rapido possibile dell’Italia in qualche modo fa si che la politica non si preoccupi del
territorio e del sistema regionale che significherebbe creare un vincolo agli sviluppi, un
controllo più acuto dello stato che si scontra con una crescita selvaggia degli anni ’50,
crescita che porta a risultati clamorosi in quanto tra gli anni 50-60 ci sarà il boom
economico.

Ci sono anche delle ragioni economiche che rallentano lo sviluppo del sistema regionale
frenando anche il tentativo di rinnovare il rapporto con la tutela del patrimonio e questo
elemento politico è rappresentato dalla guerra fredda.

L’Italia dopo la seconda guerra mondiale è immersa in una nuova guerra che vede il
confronto tra il mondo sovietico e gli stati uniti. l’Italia grazie all’uso del piano Marshall
ottiene questo risultato di una crescita impetuosa, ma il prezzo va pagato. Quando De
Gasperi nel 47 va negli stati uniti Truman accorda linee di credito, rifornimenti, materie
prime quindi tutto quello che serve per rimettere in piedi l’economia nazionale ma vuole in
cambio un segno evidente che l’Italia si pone nel blocco dei paesi occidentali. Questo
segno lo sperimentiamo dopo in quanto tornato dal viaggio De Gasperi rompe l’alleanza
di governo con il partito comunista e socialista che da questo momento in poi non
parteciperanno più ai governi nazionali.

Dal ’43 in poi, dallo scoppio della guerra civile i 3 grandi partiti popolari che erano
riemersi dalle persecuzioni del fascino come la democrazia cristiana, i socialisti e i
comunisti avevano creato quelli che noi chiamiamo i governi di unità nazionale avendo un
obiettivo comune come quello di scacciare i fascisti.

Dopo questa fase se ne apre un’altra altrettanto dura ma che pone una scelta radicale
interrompendo questo rapporto. I comunisti e i socialisti contestano il fatto che De
Gasperi accettando gli aiuti del piano Marshall abbia posto il nostro paese sotto il
controllo do una potenza straniera.

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Questa rottura, questa frattura tra i partito socialista da un lato e dall’altro la democrazia
cristiana durerà per decenni. Solo negli anni ’60 rivedremo il partito socialista, queste
contrapposizioni legate alla guerra fredda si attenua e torneranno a collaborare, ma il
partito comunista rimarrà sempre fuori, manderà dei deputati in Parlamento partecipando
alle elezioni, indubbiamente non potrà esprimere più ministri nel governo.

C’è un clima di sospetto che da 47 in poi segna la politica nazionale, una


contrapposizione frontale tra il partito moderato centrista, della democrazia cristiana e
quelli detti di sinistra che segna la questione relativa alle regioni. In che modo questo
clima di sospetto incide anche nel rallentamento di alcune istituzioni previste dalla
costituzione? Il sistema regionale è un nuovo livello di potere e crearle a livello
amministrativo significa che in qualche modo ci siano nuove elezioni, la possibilità che il
partito comunista e socialista possano vincerle, mentre a livello nazionale come nelle
elezioni del parlamento della camera e del senato i socialisti e i comunisti sanno a priori
che non potranno mai esprimere un governo o con la democrazia cristiana o con loro due
(negli anni ’90 è stata scoperta una organizzazione segreta chiamata Gladio, creata dagli
americani, per evitare che i comunisti e i socialisti potessero guidare un governo in Italia).
Nell’ipotesi estrema in cui in occasione di una elezione nazionale i comunisti e i socialisti
fossero riusciti a scavalcare la DC esprimendo un proprio governo ci sarebbe stato un
colpo di stato. Questo limite non c’è nel sistema locale potendo guidare comuni o giunte
provinciali. Per esempio il comune di Bologna dopo la guerra è sempre stata guidata dalle
giunte rosse. A livello dei vari livelli amministrazione locale la questione del ruolo politico
comunista e socialista nella guida dei governi locali non è stato messo in discussione;
questo è presente anche a livello regionale, dare una possibilità a partito comunista e
socialista di guidare le regioni, conventio ad escludendo (accordo non scritto per cui i
comunisti e socialisti non possono esprimere un governo a livello nazione non vale a
livello locale). Creare le regioni, preventivare lo scenario nel quale alcune regioni possano
essere guidate dai socialisti e dai comunisti è panico per la Dc in quanto è una cosa
grande, governare interi grandi territori creando un altro potere oltre a quello centrale di
Roma, è pericoloso e rischioso per la Dc che voleva portare l’Italia nel blocco dei paesi
occidentali con gli stati uniti. Ecco perché la Dc tergiversa e rallenta la procedura della
messa in funzione delle regioni.

Negli anni ’70 la situa cambia tanto che questo problema viene superato da altri problemi
più grandi come la crisi economica internazionale con il terrorismo e la tenzone che
costringono le forze politiche a ricompattare le file superando certi steccati. Negli anni ’70
il partito non entrerà ancora nei governi ma poggia molti provvedimenti in parlamento e
collaborerà anche al varo di questo nuovo livello intermedio dell’amministrazione
strategico che sono le regioni. Elemento che dobbiamo tenere presente quando parliamo
dei b.c. se il sistema regionale che dovrebbe fare da volano a un maggior coinvolgimento
nei territori, una responsabilizzazione della tutela e promozione, le regioni rimangono al
palo. Questo clima di sospetto che aleggia sulla politica italiana non emerge solo dove le
regioni potrebbero contribuire anche nei beni culturali ma questo atteggiamento emerge
anche difronte una legge importante rispetto a quella istitutiva dei sistema regionale che è
a legge urbanistica, abbiamo accennato all’ultima legge urbanistica de ’42 risalente

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all’epoca fascista, anche questa viene traghettata nel nostro sistema costituzionale e
rappresenta ancora la legge fondamentale, spesso disapplicata. Legge che avrebbe
dovuto spingere le amministrazioni locali a scrivere i piani urbanistici (qui il discorso sul
patrimonio centra) spesso non viene fatto sia a causa della guerra ma anche perché negli
anni ’50 con il boom economico nessuno ha interesse a controllare tale sviluppo.

Anche la legge urbanistica soffre del clima di sospetto che aleggia in Italia dopo la 2GM.
Ci sono vari tentativi di superare la legge fascista in quanto uno dei problemi che il mondo
repubblicano deve affrontare è la presa di distanza da quel periodo ma la legge 42 rimane
imperterrita per decenni, ma perché? Come mai la DC tentenna?

Uno degli elementi cardine della legge del 42 è l’esproprio, dal fatto che lo Stato abbia un
ruolo autoritativo per cui l’interesse privato retrocede russato a un interesse legittimo
dello stato a tutelare un bene che è un bene a favore della comunità. Il fatto che questa
idea, questo strumento giuridico che lo Stato mette a disposizione delle amministrazioni
locali come sottrarre terreni edifici e usarli per la comunità è sostenuto dal mondo della
sinistra in Italia che vogliono un maggior interventismo dello stato anche nei confronti di
un paese distrutto che non può farlo a spese di una popolazione che vede un fiume di
denaro essere raccolto da coloro che in maniera selvaggia costruivano le periferie delle
città. Lo stato è completamente assente, sono cattedrali nel deserto selvaggiamente
costruite. L’elemento dell’esproprio potrebbe fermare tali mostri è condiviso dalla sinistra
ma nel mondo cattolico c’è qualcuno che storce il naso.

Il mondo cattolico è complesso, c’è un mondo cattolico che potremmo dire riformista che
ha una visione più moderna ma c’è anche una democrazia cristiana, di questi anni, come
mondo conservatore. Non c’è ancora il concilio vaticano secondo, è una chiesa chiusa
che vede i socialisti e i comunisti come un diavolo incarnano, non è un caso che Pio XII
non esiti a scomunicare i comunisti e i socialisti.

La dc ritiene che questo strumento in un progetto qualunque di legge urbanistica puzzi di


socialismo. La parte più conservatrice e miope rispetto al mondo che sta cambiando, il
mondo cattolico ritiene che cosi si fa in Russia non si fa un paese posizionato nel blocco
occidentale e questo non è un fattore secondario per l’approvazione della legge
urbanistica; teniamo conto che la dc la possiamo criticare ma è un grande partito che ha
guidato l’Italia per tanti decenni con una grande maggioranza.

Questi due elementi strategici per il discorso della tutela in epoca repubblicana
rimangono fermi, l’art. 9 non torva applicazione pratica perché il livello regionale di
gestione dell’amministrazione che sarebbe strategico anche per rivedere il ruolo delle
sovrintendenze non parte, la legge urbanistica fondamentale per consentire uno sviluppo
armonico del territorio tutelando il paesaggio, i centri storici fondamentali per il nostro
pese ricchi di vestigia, ecco che l’articolo 9 rimane un’arma spuntata.

Questa fase di stallo conosce un cambiamento di passo negli anni 70-80, un


cambiamento che consente a questa visione regionalista anche e non solo fa un passo
avanti partendo da una lettura precisa, esaustiva dell’articolo 9.

l’art. 9 fa riferimento al fatto che la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la


tutela del passaggio e del patrimonio.

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Quando si fa riferimento alla Repubblica nell’art.9, si ritiene che non di debba far riferito
allo stato-persona ma allo stato-oridinamento che è articolato a vari livelli.

Quindi insito in questo concetto di repubblica come soggetto che si deve far carico della
tutela e della promozione, dobbiamo considerare tutte le sue articolazioni, tutti gli enti a
qualunque livello sono chiamati a partecipare al bene comune tutelandolo e
promuovendolo cosi come in vari articoli e anche nell’articolo 9 della Costituzione.

Negli anni ’70 non solo si sblocca il sistema regionale, nascono le regioni a statuto
ordinario e quindi l’Italia comincia ad avere una nuova articolazione di potere a livello
regionale che si piò giustificare sue due livelli: polito-sociale e culturale.

A livello politico, negli anno ’60 finisce l’epoca in cui il partito comunista e socialista sono
internamente in opposizione e non possono partecipare ai governi, negli anni ’60
passiamo dal centrismo con governi della dc, alla fase di centro-sinistra; fase in cui per
ragioni di politica internazionale, come per esempio la morte di Stalin con un nuovo uomo
a Mosca che denuncia le azioni di Stalin. Denuncia che fanno capire al partito socialista
che l’abbraccio dei comunisti non va più bene; quindi i socialisti decidono di spostare il
proprio asse verso a dc e di aprire un dialogo con essa. Gli anni 60 son gli anni in cui i
partito della dc e quello socialista esprimono dei governi, troviamo dei governi con
ministri socialisti, era dal 47 che non succedeva. I comunisti ancora no ma i socialisti
rientrano.

La nascita di questi governi di centro-sinistra avviano una stagione di riformismo


accentuato, non è che la dc non avesse fatto riforme avendo il compito non facile di
uscire dal dramma della guerra avviando la ricostruzione del paese, ingresso dei socialisti
da una ulteriore spinta alle riforme anche rispetto alle classi più disagiati in quanto il boom
non ha reso tutti benestanti ma ha migliorato la qualità della vita di nuove fasce di
popolazione, c’è una buona fascia di italiani che non hanno tutele sociali.

La tematica delle tutele sociali entra nelle intenzioni di centro-sinistra e questo riformismo
si riverbera anche sul tema della tutela tel patrimonio. Perché? Si capisce che questa
crescita smisurata, convulsa, dell’economia italiana per quanto positiva ha creato anche
molte ferite e problemi. Ieri abbiamo fatto i casi de Vajont e dell’alluvione di Firenze per
capire appunto come la natura si ribelli a un uso indiscriminato del territorio e quali siano
le conseguenze per il paesaggio, per il patrimonio culturale di un uso indiscriminato del
territorio.

L’arrivo dei socialisti impone anche un cambio di passo, un riformismo forte, una tutela
sociale che deve tutelare anche il territorio ferito dalla crescita indiscriminata degli anni
50, primi anni 60.

Aggiungiamo il fatto che a riaccendere i riflettori sul tema della tutela nonostante abbiamo
visto la commissione Franceschini degli anni 60 non avesse prodotto una normativa
effettivamente innovativa rispetto a questo tema è il fatto che negli anni 70 l’Italia deve
fare i conti con un clima internazionale e nazionale che cambia radicalmente. La stagione
del riformismo degli anni 60 espresso dai governi di centro-sinistra come Moro, Fanfani,
Nenni e Saraga, ecc. subisce uno strappo perché la situazione precipita negli anni 60 in
quanto l’economia internazionale entra in un periodo di crisi senza precedenti.

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Gli anni 70 si aprono con una guerra dello yom kippur, lontana da noi ma che avrà effetti
per tutto il globo. Al guerra arabo-israeliana è una guerra che produce conseguenza
drammatiche in quanto di fronte allo smacco che l’esercito egiziano subisce dalla
controffensiva israeliana provoca conseguenze pesanti per l’economia.

La guerra si chiama cosi perché l’attacco da parte del mondo arabo, Egitto, Siria avviene
nel giorno di una festività ebraica quindi il mondo arabo vuole umiliare un paese che
festeggia. In realtà gli israeliani reagiscono, hanno un esercito molto organizzato rispetto a
quello arabo e non solo lo ricacciano indietro ma conquistano nuovi territorio. Una
sconfitta umiliante per il mondo arabo che porta la reazione dei grandi produttori di
petrolio che negli anni ’70 vedono protagonisti il mondo arabo a parte delle compagnie
petrolifere che sono gli inglesi gli altri sono gli arabi e contestano che gli europei non
abbiano frenato il contrattacco israeliano con conseguenza una sconfitta umiliante del
mondo arabo, non hanno proferito parola per punire il mondo occidentale rimasto silente i
grandi produttori di petrolio la riducono in modo da aumentare il prezzo, aumentando cosi
il prezzo dell’energia. l’Italia che dipende all’epoca da energie che vengon dall’estero
come dal petrolio arabo deve fare i conti con la crescita dei prezzi dei prodotti, l’Italia
negli anni ’70 conosce un duplice processo negativo a livello economico, da un lato la
riduzione della produzione, siamo in una fase di crisi per l’energia, e l’aumento dei prezzi.
Sono due eventi economici che generalmente non stanno insieme ma gli effetti di questi
eventi provocano la stagflazione: riduzione della produzione ma aumento dei prezzi,
dovrebbe essere il contrario.

Un duplice effetto negativo che impone un ripensamento anche nel ruolo dello stato, gli
anni ’70 aprono uno scenario talmente drammatico per cui è necessaria una capacità
dello stato per colmate una crisi cosi evidente attuando una politica economica molto
forte, gli anni 70 sono gli anni della Programmazione: tentativo dello stato di indirizzare
l’economia per avere dei risultati positivi con strategie, una pianificazione che anche da
noi viene messa in cantiere perché stiamo attraversando una situazione drammatica
economica.

Perché la politica della programmazione economica possa essere efficace si pone il


problema di avere una articolazione amministrativa in grado di metterla in atto, ecco
perché negli anni ’70 il sistema regionale acquista un ruolo che prima non aveva
assolutamente. Oltre alla questione della crisi teniamo conto anche del fatto che questi
sono anni in cui l’Italia vive l’emergenza del terrorismo, dei colpi i stato, una sorta di
guerra civile che spinge le forze popolari a collaborare. La Dc apre un dialogo anche con i
comunisti guidati da un giovane Berlinguer, dalla perte della Dc c’è un uomo sensibile alla
collaborazione che è Aldo Moro.

Quindi gli anni ’70 sono anni drammatici con crisi economica internazionale che ricade
sull’Italia, il tema terrorismo e dei colpi di stato che mettono in fibrillazione la società.

Tutto questo ha degli effetti sulla politica perché da un lato compatta le forze popolari che
devono far uscire l’Italia da questa situazione complicata, dall’altro impone appunto da
parte dello stato delle scelte drastiche e una capacito di intervento capillare sul territorio
per mettere in atto la politica della programmazione.

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Ecco allora la questione delle regioni: il ruolo delle regioni negli anni ’70 diventa
fondamentale, sono protagoniste perché in qualche modo dovrebbero tradurre dall’alto
verso il basso le politiche di pianificazione a livello economico, sociale legate a questo
clima drammatico con cui si aprono gli anni ’60. Ovviamente a pompare sul sistema
regionale sono le forze di sinistra e capofila di questo movimento regionalista che si
riflette anche sul tema della tutela del territorio e dei BC, e la riuscita di questo modello
centralista che abbiamo ereditato sono e le regioni rosse. Si tengono le elezioni regionali
una volta messe in atto la costituzione e gli esiti ci dicono che ci sono alcune regioni che
sono sotto il controllo comunista.come la Toscana che negli anni 70 è più di altre anche
nel campo dei Bc si fa promotrice di una opposizione rispetto al governo centrale, i BC
diventano uno strumento strategico anche a livello politico con cui le regioni rosse
prendono le distanze dal governo ancora dominato dalla Dc. La democrazia cristiana
governa fino agli anni 90 del 900.

Per quasi 50 anni la Dc da sola con altri alleati, ecc. è sempre il perno dei governi del
nostro paese. I socialisti e i comunisti vedono del sistema regionale lo strumento con cui
è possibile rinnovare i rapporti tra il centro e la periferia, tra città e campagna
combattendo gli interessi industriai che se ne fregano della tutela. Regioni rosse che
escono da queste prime competizioni elettorale sostengono il regionalismo come lo
strumento con il quale le amministrazioni locali potranno portare a compimento o
accentuare quel coinvolgimento dal basso dei cittadini che deve riguardare anche la
gestione democratica del patrimonio nell’ottica di arrivare alla socializzazione della
cultura. Il sistema regionale viene promosso dalle amministrazioni rosse che si sono
insediate nell’ottica di favore anche il censimento, la catalogazione che ancora langue ed
è lontana dall’essere compiuta. Il sistema regionale con le forze comuniste e socialiste
nell’ottica della socializzazione dovrebbe favorire il censimento rivitalizzando i musei, le
biblioteche come non semplice vetrina di una nazione ma x le forze di sinistra dovrebbe
rappresentare l’elemento propulsivo di una comunità locale, un collante. La tutela non
come fattore d’élite o vetrina dello stato ma come strumento di riscatto sociale che le
comunità hanno il diritto di vedere espresso e a cui hanno diritto di partecipare. Non è il
caso che queste regioni rosse sono agguerrite come l’apripista che sarà la Toscana sulla
questione del regionalismo e patrimonio culturale, i comunisti formano un concetto
innovativo, quello di regione aperta il cui territorio viene gestita in maniera democratica,
socializzato ma nell’ottica di una compartecipazione e responsabilizzazione delle
comunità. Non ultimo il mondo comunista e socialista sostiene il movimento regionalista
anche per portare avanti un processo di snellimento della burocrazia, di questo mondo
centralizzato, lento di cui la Dc dopo la 2GM si è fatta ancora tutore per molti aspetti,
entra in gioco qua, ancora in filigrana, la questione della delega alle regioni di funzioni che
prima erano competenza dello stato. Certamente la spinta regionalista che negli anni ’70
indicata come un fenomeno che fa da volano alla riflessione sui BC, viene declinato e
sostenuto dalle forze di sinistra soprattuto x quanto riguarda il territorio, questa è a prima
vera chiave di lettura del patrimonio culturale gestito a livello regionale, la tutela del
territorio diciamo fa un passo in più rispetto al patrimonio culturale inteso come
monumenti, collezioni e scavi.

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Come mai gli anni ’70 è il primo tipo di bene culturale che viene promosso con il sistema
regionale?

Gli anni 70 sono anni in cui sull’inda del processo regionalista anche il tema dei Bc è un
team affrontato dalla politica. Il tema della tutela inizialmente riguarda la tutela della
gestione del territorio, questo è il primo oggetto della tutela degli anni ’70.

Perché? Già in costituzione è previsto che sia riconosciuta una potestà legislativa alle
regioni in materia urbanistica, ovvio che alla luce della crescita sregolata degli anni 50 e
60 la tutela del territorio si incrocia con il tema l’urbanistica. Non è un caso che
all’indomani della nascita del sistema regionale vengano pubblicati dei decreti che
responsabilizzano le regioni in ambiti come quello del territorio che sono strategici come il
decreto 11 del 15 gennaio 1972 con il quale vengono trascritte le regioni a statuto
ordinario le funzioni amministrative che prima erano dello stato in materia di agricoltura,
caccia, foreste, pesca in acque interne e insieme alle competenze vengono trasferite
anche le strutture e il personale che prima faceva capo allo stato. Questo è un decreto
che va a braccetto con l’8 del 15 gennaio 1972 che trasferisce alle regioni a statuto
ordinario le competenze e i funzionari in materia urbanistica, viabilità, acquedotti che
abbiamo un interesse regionale. Questi decreti sono decreti che riguardano una gestione
del territorio, non si fa riferimento in maniera chiara alla tutela del patrimonio ma
indirettamente si intreccia con quella dei beni mobili e immobili che incidono su quel
territorio in quanto importanti x la comunità in quanto rappresentativi della sua storia.

Certamente questi decreti sono i principali rappresentano una spinta forte verso un
coordinamento verso la tutela urbanistica da un lato/territoriale e quella storio artistica di
un territorio dall’altra.

L’urbanistica con questi decreti diventa caratterizzante il ruolo delle regioni che diviene
privato nella gestione del territorio, non della singola città come era accaduto fino a quel
momento, e l’urbanistica e la sua gestione del territorio grazie ai decreti degli anni ’70
entra in un nuovo settore di riflessione + ampio che è la disciplina ambientale nel senso
della trasformazione del paesaggio, non solo nella concezione urbanistica della tutela.
Ecco, certamente, la nascita delle regioni rende anche + efficace l’opera di quelle
associazioni private, di quell’associazionismo volontario che era comparso in Italia prima
delle regioni ma che trova nell’amministrazione regionale un interlocutore privilegiato che
prima non aveva come il ruolo di primo piano di Italia nostra, una delle varie associazioni
ambientaliste che beneficiano nel nuovo sistema regionale. Italia nostra nasce prima delle
regioni, è un’associazione che nasce negli anni 50-55, nasce con l’obiettivo molto limitato
che è quello di tutelare il cuore di Roma che sta subendo il processo di sventramento che
i spesso i governi italiani hanno usato come metodo x risanare i centri cittadini, nel secolo
precedente lo subì Napoli, sventramento che produce effetti pericolosi x i monumenti e le
opere d’arte. Italia nostra di fronte a questo processo di aggressione de territorio x
crescere il + velocemente possibile nasce con questo obiettivo. In realtà con lo sviluppo
del sistema regionale Italia Nostra acquisirà visibilità e un ruolo senza precedenti
nell’ottica di sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo all’ambiente e della speculazione
come il problema legato all’ambiente. L’idea di stimolare le istituzioni come le regioni che

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negli anni ’70 sono diventate un interlocutore importante nel tutelare il paesaggio con
predisposizione di piani organici di tutela del proprio territorio regionale.

Quindi negli anni ’70 questa sinergia poterà allo sviluppo di parchi nazionali, bacini fluviali
che vengono tutelati x preservare la fauna. È un processo virtuoso che si alimenta di
queste associazioni private che negli anni ’70 trovano un interlocutore sul territorio in
grado di valorizzare le proprie competenze. Non è un caso che architetti e urbanisti che
fanno parti di queste associazioni diventino grazie alle loro competenze un prezioso
tessuto di collaborazione x le amministrazioni regionali appena nate nell’ottica di favorire
la tutela e la valorizzazione del patrimonio.

Questa competenza che le regioni acquisiscono da loro una autonomia nella gestione che
rimane sotto l’ombrello dello stato.

Gli anni ’70 portano all’attuazione del piano regionale previsto dalla Costituzione che ha
influenze importanti anche nella sfera della tutela del patrimonio e del paesaggio ma la
competenza generale spetta allo stato, l’art.9 riserva alla repubblica la tutela e la
promozione attraverso le sue diramazioni. Lo stato acquisirà una funzione di controllo ma
rimane di competenza nazionale.

Un altro passaggio importante che noi conosciamo negli anni ’70 in tema di tutela è da un
lato l’articolazione territoriale della tutela attraverso la nascita del sistema regionale, ma
dall’altro anche una nuova visione del ruolo dello stato centrale rispetto a questo tema.

Gli anni ’70 non sono solo gli anni in cui nascono le regioni ma nasce anche un Ministero
x i beni culturali e ambientali.

Anche a livello centrale il tema della tutela viene ricalibrato dando al questo tema del
patrimonio una propria collocazione autonoma rispetto al ministero della pubblica
istruzione che però abbiamo visto ha sempre avuto un ruolo strettamente pedagogico
legato al suo DNA. È un ministero che dovrebbe portare a regime uno di quegli aspetti
che abbiamo citato con il sistema costituzionale repubblicano, cioè quello della
promozione. Se il sistema regionale da un lato è quello che dovrebbe sottrarre i compiti di
tutela al sistema centrale, quello centrale dovrebbe rafforzare la promozione con una
struttura autonoma, un proprio ministero, una propria burocrazia centrale.

Gli anni repubblicani 70-80 vedono anche la nascita di un altro ministero, quello
dell’ambiente. Del 1986 si sviluppa questa nuova realtà, un’amministrazione dedicata alla
tutela dell’ambiente sull’onda di quello che viene identificato come secondo boom
economico.

L’Italia conosce due boom economici, uno degli anni 50-60 in cui cambia
antropologicamente la città, le statistiche ci dicono che negli anni 50 il numero degli
operai è maggiore di quello dei contadini; negli anni 80 abbiamo una nuova stagione di
boom economico, stagione internazionale del liberismo, della Toucher, di Reagan, due
figure che impongono un modello economico e sviluppo industriale privo di regole o freni
che ha effetti anche sul contrasto italiano tanto che questo nuovo processo globale di
industrializzazione legata all’informatica che mette in moto questo secondo boom
economico favorendo il libero mercato voluto dalle due grandi potenze che sono gli Stati
Uniti e la Gran Bretagna.

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Un secondo boom economico che coinvolge anche l’Italia, negli anni ’80 le statistiche del
Celsi ci dicono che per la prima volta in quegli anni il numero degli impiegato del terzo
settore come i colletti bianchi superano gli operai, c’è un nuovo cambiamento
antropologico del nostro paese.

La nascita del ministero dell’ambiente nel 1986 a 10 anni di distanza dalla nascita di
quello per i Bc è dovuto a questo cambio di passo nella storia nazionale, questo secondo
boom economico significa ancora una vola aggressione del territorio, negli anni ’80 grazie
anche con lo sviluppo della scienza si parla di un fenomeno che anche oggi vediamo
citato come la quesitone del buco nell’ozono e il riscaldamento globale, crescita
incontrollata dei consumi degli anni ’80 porta a questa conseguenza. In questi anni il
tema dell’ambiente entra nel dibattito pubblico per via dell’industrializzazione, lo
sversamento in mare di sostanze tossiche, il buco dell’ozono, ma ricordiamoci che sono
anche anni con cui i mondo si confronta con l’allarme nucleare, c’è la tragedia di
Chernobyl, apre uno scenario apocalittico per tutti e quindi l’idea della tutela del territorio
non può non interessare i governi nazionali. Sono anni in cui nascono anche i partiti verdi.

Anni in cui nasce un’istituzione nuova, un organismo nuovo come il ministero


dell’ambiente che non mancherà di entrare in cortocircuito con quello dei BC perché
spesso affronteranno tematiche che sono convergenti innescando una competizione in
quanto la prima dicitura del ministero dei beni culturali è anche ‘ambientali’.

Entrerà in gioco anche la dicitura Turismo (Mibact) perché con la nascita del sistema
regionale le funzioni operative sono delle regioni mentre lo stato si concentra sulla
promozione e non la semplice conservazione del patrimonio, non è un caso che questo
ministero sia un ministero PER i beni cultuali quando nasce nel 1975 e non DEI beni
culturali. Questa congiunzione ha un valore strategico significativo che porterà nelle varie
riorganizzazioni ad acquisire questa dicitura che implica anche il turismo.

In questa fase politica i due ministeri hanno diciture che li porta a collidere.

In realtà l’idea di creare un ministero per i beni cultuali non è degli anni ’70 ma è vero che
c’è un dibatto culturale già dal 45 in poi sull’idea che questo tema debba essere sottratto
al ministero della pubblica istruzione x dargli dignità propria attraverso una propria
organizzazione.

Ma il fattore di accelerazione che porta a metà degli anni ’70 alla nascita di questo
dicastero è rappresentato dalle istituzione delle regioni, dal dibattito delle loro
competenze anche in tema di BC. È un ministero che nasce anche perché c’è un clima
culturale favorevole a questo passaggio, c’è una quesitone giuridica di organizzazione
burocratica legata alla nascita del modello regionale ma c’è un clima + generale che
favorisce la nascita a livello di vertice di un cambiamento anche a Roma grazie a questo
clima. Perché la fase storica in cui in Italia ci confrontiamo con dei governi bicolore in cui
c’è una collaborazione efficace e stretta tra la Dc e il partito repubblicano, è un partito
piccolo (in proporzione la Dc è un grande sole mentre il partito repubblicano è una luna,
un piccolo satellite) ma mentre la Dc sta lottando disperatamente, sta navigando nelle
acque burrascose delle varie correnti che la attraversano, quello repubblicano è piccolo
ed elitario con un mondo culturale borghese che ha degli obiettivi mirati riguardo allo
sviluppo del nostro paese. In particolare gli anni ’70 sono gli anni in cui all’interno di

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questo partito repubblicano guidato storicamente da Ugo La Malfa che è il grande padre
e leader del partito, ma emerge un altro leader, giornalista, intellettuale, storico del
risorgimento che è Giovanni Spadolini il quale si fa promotore della nascita di questo
nuovo dicastero (ministero dei BC e ambientali) e sarà il primo ministro non a caso che
guiderà questo nuovo ministero.

Questa nascita del ministro legata al fatto che c’è un piccolo partito guidato da un’élite
che ritiene strategica la formazione culturale, strategico il fatto che dopo anni di scempio
legata alla costruzione, al boom, la ricchezza debba essere nuovamente immaginata non
solo come una ricchezza materiale che porta il benessere come negli anni 50-60, ma una
ricchezza che deve essere anche spirituale, un nuovo rinascimento che debba far si che
lo stato si impegni non solo nella crescita materia ma anche spirituale.

È un mondo di élite quello che si raccoglie intorno al partito repubblicano ma che è molto
attivo sia a livello accademico che sulla stampa. Giovanni Spadolini è l’emblema di
questo militante repubblicano, è un professore universitario stimatissimo, direttore del
Corriere della Sera, è un partito partito ma che ha una capacità di presa sull’opinione
pubblica, sulle élite nazionali che gli altri partiti non hanno anche la stessa Dc che oramai
è un partito grosso e pensate.

Italia nostra è una associazione su cui i repubblicani punteranno l’attenzione nell’ottica di


coagulare l’opinione pubblica sul tema dei beni culturali e del patrimonio che porti a una
ricchezza intellettuale.

La nascita del ministero frutto del movimento regionalista frutto di un rinnovato


movimento culturale che coinvolge il partito repubblicano, ricordiamo che Spadolini fu il
primo ministro che fu anche un leader del partito repubblicano ma anche frutto di un
ripensamento all’interno del partito comunista che negli anni ’70 cerca di trovare un
proprio spazio.

Sappiamo che il partito comunista è stato messo in un angolo, mandato fuori dai governi
a partire dal 47, manda deputati, senatori ma non esprime una propria politica attiva, il
tema dell’ambientalismo e quello del patrimonio possono essere un tema che nel
momento in cui i comunisti guidano le regioni (è un livello di amministrazione in cui i
comunisti possono competere e guidale le amministrazioni regionali), il partito comunista
assume un ruolo + attivo denunciando i guasti del patrimonio, guasti della sua gestione,

Il partito comunista riacquista una visibilità nella competizione politica grazie al fatto che
si fa carico del tema della tutela del patrimonio e della tutela della cultura.

Non è un caso che gli anni ’70 vedano iscriversi al partito comunista moti intellettuali,
architetti, urbanisti, sociologi, storici dell’arte che lo vedono come un partito che può
ritagliarsi uno spazio + visibile nella politica nazionale.

1972 - data a questo interesse x la politica culturale da parte dei comunisti, Roma viene
colpita da un nubifragio ma come successe a Firenze a rendere e amplificare gli effetti
danneggiando il cuore della città antica, è l’unità. L’unità cavalca l’onda della questione,
per la prima volta troviamo un manifesto del partito comunista che accende i riflettori su
queste problematiche. È un tema che sollecita e solletica il PC sia perché acquista un
peso politico che fino a quel momento non poteva avere ma anche perché il PC cavalca il

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tema della tutela del BC alla luce del fatto che molti centri storici negli anni ’70
manifestino gli effetti evidenti di quei processi dei decenni precedenti.

Molti centri urbani cominciano a svuotarsi spostandosi in periferia, il PC ritiene che


questo svuotamento dei centri urbani debba portare a cavalcare questa situazione x
prendersi cura del Patrimonio. L’idea che si cavalca grazie al fatto che tanti intellettuali si
iscrivono al partito vedendolo come partito che si occupa di cultura. Il fatto che il
problema dei centri storici svuotati debba portare lo stato ad approfittarne tutelando quei
beni che rischiano di fronte allo svuotamento di subire un ulteriore abbandono. Il fatto che
ci sia questo svuotamento porta a concentrarsi sull’igiene pubblica trasformando i centri
storici in quelle grandi vetrine che in qualche modo consentono di esaltare la funzione del
nuovo ministero che è nato il cui obiettivo è esaltare il patrimonio turistico.

Il PC ritiene che questo fenomeno debba essere letto in maniera positiva. Se si sfrutterà
questa possibilità il centro sarà una vetrina con cui favorire il fenomeno del turismo.

16.02.2022
Ripasso lezione precedente:

Anni ’70 tentativo di chiudere con il centralino dello stato con il sistema regionale che
dovrebbe avvicinare i cittadini alle istituzioni e snellire la burocrazia. Abbiamo visto i molti
fattori che hanno impedito che fino agli anni ’70 il sistema regionale non venisse messo in
atto e il clima di sospetto riverberato anche sul tema del patrimonio. È una questione
economica e sociale, l’euforia della crescita del 50-60 mette in secondo piano
un’apparato amministrativo decente. Clima di sospetto tra la Dc e le forze della sinistra, il
boom che hanno impedito questo passaggio. Negli anni ’70 il clima è maturo e si compie
il passaggio grazie a vari fattori come il fatto che negli anni ’60 nasce il centro sinistra, la
Dc collabora con i socialisti aprendo una stagione di riforme coinvolgendo una realtà +
piccola ma non da ignorare in quanto i socialisti rappresentano gli operai. Abbiamo visto
con il boom un primo passaggio antropologico in cui gli operai superano i lavoratori della
terra. Nuova formula politica che inaugura una nuova stagione in Italia, potremmo parlare
di centro sinistra organico in quanto dal 72 in poi in quanto i governi prevedono anche la
presenza di esponenti del partito socialista. Periodo di riforme che si traduce anche per
quanto abbiamo visto dei BC con le esperienze della commissione Franceschini,
commissione consultiva che a livello consultivo non porterà grandi cambiamenti ma il
documento che chiude i lavori della commissione fornisce degli input importanti
puntando il dito all’uso selvaggio del territorio.

La nascita del sistema regionale è favorito anche dal fatto che gli anni ’70 si aprono con
una crisi economica grande e gli italiani sono abituati bene con il boom economico e a
causa di questo evento internazionale che porta alla crisi petrolifera tutto il mondo e
anche l’Italia risente dei prezzi dell’energia che salgono portando a una crisi generalizzata
che porta a governi che negli anni ’70 conoscono una ulteriore formula politica, sono anni
della solidarietà nazionale, espressione significa emergenza, la situazione è cosi grave
che dobbiamo ripensare a una collaborazione tra le forze popolari. Gli anni ’70 sono anni
di questo esperimento che prevede non solo i socialisti ma anche un’apertura di credito al
partito comunista, fuori dai giochi a partire dal 47, rientra negli anni ’70 collaborando con i

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governi, non vi entra ma in parlamento sostiene provvedimenti anche radicali che
consentono all’Italia di uscire dalla crisi economica e il clima sociale teso provocato dai
tentativi di colpi di stato, il brigassimo rosso, ecc. questi due poli della questione portano
a una collaborazione e a un approccio radicare alla gestione dello stato. Sono anche anni
della programmazione economica in cui lo stato interviene con uno spirito anche da
unione sovietica, un progetto di lungo periodo per uscire dalla crisi. La nascita delle
regioni viene caldeggiata perché il sistema regionale dovrebbe agevolare questo riassetto
economico del paese x uscire da questa fase complessa.

Dall’altra parte abbiamo visto ieri che lo stato non cambia solo alla sua base laddove
viene creato il amministrativo regionale, ma anche ai suoi vertici, abbiamo detto che gli
anni ’70 vedono la nascita del ministero dei BC, il patrimonio non è appannaggio della
pubblica istruzione ma ha una propria struttura, un budget, finanziamento e l’approccio
non è strettamente pedagogico che abbiamo conosciuto per quasi un secolo. La nascita
di questo ministero è favorito dall’imput del partito repubblicano, d’élite che fin dal
dopoguerra collabora con la Dc, partito affidabile x le istituzioni da cui emerge Spadolini
che inaugura il ministero.

Importante anche il partito comunista che trova nel tema della cultura in generale un
nuovo motivo x accreditarsi nell’opinione pubblica, è un patrio che ha sempre difficoltà in
Italia. Negli anni ’60 il Pc con la distensione la conclusione della fasi di Stalin si apre
anche la stagione del dissenso, alcuni importanti figure intellettuali che in epoca staliniana
erano stati costretti alle purghe, ai lavori forzati arrivano in occidente e raccontano cosa
succede realmente nell’Unione sovietica. Le denunce dei crimini di Stalin, il movimento
del dissenso che si manifesta e i primi perseguitati che vengono a raccontare, mettono in
difficoltà il comunismo europeo e quello italiano ha bisogno di trovate un proprio spazio
politico.

Il tema culturale è un tema che ha una forte presa nell’opinione pubblica al punto che il
partito vede crescere il proprio consenso soprattutto all’interno degli intellettuali, sono
molti che si iscrivono al PC, partito che si fa portabandiera di politiche di denunce.
Questo consente al PC seppur fuori dalle stanze dei bottoni di influenzare una politica
governativa e contribuire a portare alla nascita della nuova struttura che è il ministero PER
beni culturali e ambientali.

Questa trasformazione che è in atto negli anni ’70 subisce una accelerazione nel ’73
quando alla regioni vengo trasferiti i poteri nei settori accennati ieri che non sono
direttamente legati a patrimonio culturale ma che di riflesso trattando di politiche
ambientali coinvolgono anche il tema del patrimonio.

Tutto questo nella cornice ampia di un stato che mantiene prioritariamente la tutela del
patrimonio, poi le regioni diventano una articolazione territoriale che snellisce le
procedure per monitorare meglio il territorio.

In questi anni ’70 diventa manifesto il fenomeno delle agenzie private che dovrebbero
consentire di rendere anche meno burocratica l’attività delle regioni stesse come Italia
nostra, il FAI cominciando ad avere influenza in materia della tutela affiancandosi alle
istituzioni regionali in ottica di avere un rapporto + stretto con i cittadini facendosi
portavoce delle critiche dei cittadini rispetto al territorio ricadendo anche sulla funzione

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del patrimonio storico e artistico. Dall’altro dovrebbero, nell’ottica + generale del
funzionamento dello stato, evitando che le regioni divengano un meccanismo burocratico
esse stesse rischiando di far fallire anche in materia di tutela non agendo in maniera
efficace.

Teniamo conto che questa sinergia tra agenzie-istituti regionali diventa strategica nel
momento in cui negli anni ’80 conosciamo il secondo boom economico positivo dopo gli
anni ’70 che si aprono con la crisi “la stagflazione”. Negli anni ’80 l’encomia italiana
conosce un secondo boom frutto della globalizzazione che a sua volta è frutto della
informatizzazione dell’economia e anche frutto che dopo gli anni 70 in cui l’economia è
stata eterodiretta dallo stato in maniera evidente (programmazione economica x l’Italia) si
entra in una fase li libero mercato, Toucher e Reagan portavoce di uno stato che deve
essere minimalista e lasciare sfogo alle industrie di crescere. Anni ’80 di crescita sensibile
anche del Pil. Si parla di buco nell’ozono, ecc. ci confrontiamo con la tragedia di
Chernobyl facendoci capire che l’energia rischia di ritorcersi contro l’umanità intera. Tutti
fattori che spingono all’idea di implementare il ruolo delle regioni che hanno competenze
forti x la tutela del territorio in sinergia con le agenzie private che si moltiplicano
sull’ordine del fatto che nascono anche i partiti verdi, nell’87 abbiamo le prime elezioni
nazional a cui partecipa il partito di sinistra, il partito dei verdi x la tutela del paesaggio
anche strategico x l’encomia.

Il processo regionale negli anni 90 si traduce in un ulteriore passaggio che riguarda


sempre la costituzione. Sono gli anni in cui in Italia si manifesta il fenomeno del leghismo,
fenomeno delle competenze territoriali che qui diventa anche una forma di indipendenza,
di secessioni, movimento che adesso è istituzionalizzato ma all’epoca era battagliero
sull’idea di un’autonomia del nord-est come polmone economico dello stato che
dovrebbe raggiungere anche il limite estremo della secessione.

Un leghismo che nasce sull’onda della crescita economica degli anni ’80 che ha fatto
riemergere delle discrepanze evidenti x quanto riguarda lo sviluppo del paese.

Questo fa si che negli anni ’80 emerga una crescita a due velocità con il nord-est come
locomotiva economica italiana, i poli industriali. Poi c’è il mezzogiorno che non si
aggancia alla crescita alimentando i fenomeni di corruzione ancora oggi presenti che
segnano una spaccatura evidente nella penisola a livello politico ed economico. Anni ’90
sono anni in cui questo fenomeno dell’autonomia del federalismo raggiunge il massimo.

Non si parla + di regionalismo ma si immagina un approccio opposto con tutto agli enti
locali e quello che rimane va allo stato.

Lezione di oggi:

Ecco che allora sull’onda del movimento leghista, sulle istanze del regionalismo e
federalismo di cui questa forza politica si è fatta portavoce arriviamo ai primi anni 2000 in
cui appunto in cui la costituzione conosce ancora una volta una sollecitazione.

Nel 2001 conosciamo la riforma del Titolo V della Costituzione che cerca di rendere
ancora è evidente il passaggio di competenze dallo stato centrale verso gli enti territoriali.
Riforma che pur partendo dal fatto che sia lo stato ad occuparsi della tutela dei beni nello
spettro è ampio della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (anni ’80 - partiti verdi).

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La riforma dell’articolo V pur parendo dal sunto che lo stato ha, secondo l’art.9, l’incarico
di tutelare l’ambiente e dei Bc, conferisce al sistema regionale una cosiddetta legislazione
concorrente in tema di valorizzazione del patrimonio storico culturale. Il titolo che da
l’ossatura di che cosa sia lo stato o meno è il quinto.

L’articolo 117 della costituzione che viene rimodulato all’apertura degli anni 2000 la
materia della tutela del patrimonio culturale e dell’ecosistema in base alla cosiddetta
lettera S comma 2 dell’art.117 lo stato ha la legislazione esclusiva sui BC. È significativo
che lo stato x poter tutelare il patrimonio è costretto a mettere in atto una strategia che
garantisca omogeneità nella tutela tenendo conto che la nostra penisola conta molte
differenze storico culturali emerse negli anni ’90 portando a questi estremi tentativi come
la secessione e il federalismo estremo. C’è un grande ombrello che rimane in mano allo
stato x mantenere una minima omogeneità nella tutela. L’articolo 117 non esclude però il
fatto che le regioni possano introdurre misure di tutela specifiche per quanto riguarda il
patrimonio cultuale + rigorose e pervasive rispetto a quelle dello stato nell’ottica della
tutela ma anche della valorizzazione del patrimonio culturale. Questo significa che in base
a questo nuovo articolo elaborato all’inizio del nuovo millennio la regione può mette in
campo una legislazione concorrente che si fonda sul principio di SUSSIDIEARIETÀ: le
regioni e gli enti locali hanno la possibilità di introdurre delle tutele + rigorose rispetto allo
stato. Alla luce della rimodulazione dell’articolo questo principio viene declinato anche
nella prospettiva in base alla quale lo stato mantiene soprattuto una funzione di controllo
mentre alle regioni viene affidato un ruolo operativo sia nell’ambito della tutela che nella
promozione culturale.

Questa sorta di divisione dei compiti trova conferma nell’articolo 118 perché viene
prevista la possibilità che ci siano delle intese, degli accordi che vengono siglati dallo
stato e delle singole regioni nel settore dei BC con lo scopo di coordinare questa
collaborazione che vede un ruolo sussidiario delle regioni e una differenziazione dei ruoli
tra stato e regioni sempre + forte in un’ottica di un approccio che non è più top down con
lo stato che si muove e fa, ma deve essere un approccio diverso: bottom up in cui le
regioni sviluppano competenze e strategie di tutela sotto l’ombrello della legislazione
nazionale. Lo stati continua ad avere x motivi strategici di omogeneità di tutele del
territorio la competenza x questo tipo di interventi.

Questo nuovo approccio non riguarda solo il settore dei BC. Questa innovazione con la
riforma del Titolo V troverà codificazione nel CODICE DEI BENI CULTURALI E DEL
PAESAGGIO del 2004 - sintesi della normativa che dall’inizio dell’avventura repubblicana
ha segnato il tentativo di riprendere il discorso sulla tutela nelle epoche precedenti.

Il codice del 2004 recepisce questa rimodulazione tra i rapporti e gli enti territoriali,
parliamo delle regioni, delle province e delle città metropolitane che diventano sempre +
grandi inglobando i comuni limitrofi, grandi territori amministrativi che devono assumere
un ruolo fondamentale anche nell’ottica della tutela del patrimonio.

Nel corso del 2004 in particolare si fa leva sul tema degli accordi, una cooperazione tra
stato, regioni e altri enti che non vede + lo stato in un ruolo che impone le scelte dall’alto
ma dialoga con i territori attraverso appositi accordi anche nel settore della tutela.

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Il codice del 2004 rappresenta il punto finale di questa parabola x quanto riguarda il tema
della tutela contiene alcuni principi fondamentali che sono frutto di questi passaggi, il
fatto che lo stato con queste riforme ha esteso il suo controllo ma ridotto la gestione, li
stato ha controllo dei BC ma la gestione pratica viene messa in atto con la legislazione
concorrente al sistema regionale e a cascata dagli altri enti locali.

Secondo punto: il fatto che la tutela del patrimonio nel codice del 2004 valorizzi le forme
di gestione indiretta, il fatto che nel codice si codifichi il fatto che gli enti privati abbiamo
un ruolo riconosciuto nella valorizzazione del patrimonio dal FAI a Italia nostra, alla
galassia di enti privati che hanno come scopo societario quello della tutela. Privati che
sono anche le fondazioni che finanziano i restauri, le aziende private che sponsorizzano
una mostra, sono gli organismi di ricerca privati.

Con il codice sintetizziamo una gestione del patrimonio che ha + livelli che vede ancora lo
stato come un grande ombrello sulla tutela ma che vede sotto lo stato alcuni soggetti che
hanno pari dignità e ruolo, dalle regioni che con la riforma del 2001 hanno acquisito una
competenza legislativa concorrente importante alla valutazione degli enti privati. Il codice
riconosce anche ai privati una capacità di intervento e partecipazione che prima era
esclusa oppure ignorata.

ARABI grandi produttori di petrolio  si arrabbiano con l Europa perché non si sono mossi
difronte la guerra con i israeliano e li punisce con l’aumento del prezzo del petrolio,
STAGFLAZIONE (riduzione della produzione e aumento del prezzo). Ripensamento del
ruolo dello stato anni 70 scenario drammatico, necessaria capacita dello stato di fermare
questa crisi con una politica economica forte. Anni 70 = anni della PROGRAMMAZIONE, 
tentativi i indirizzare l economia, pianificazione . ecco che il SISTEMA REGIONALE
acquista un ruolo di rilievo. Anni in cui l’Italia vive anche il TERRORISMO in una sort di
GUERRA CIVILE che spinge le forze popolare a collaborare. La DEMOCRAZIA
CRISTIANA riesce ad aprire un dialogo anche con i COMUNISTI, nuovi personaggi come
BERLINGUER, ALDO MORO  dalla DC. CAPACITA DI INTERVENTO CAPILLARE.

Ruolo delle regioni, potere dato dalla sx, uscendo dal MODELLO CENTRALISTA ereditato
dalla REPUBBLICA, APRIPISTA L’Emilia Romagna. TOSCANA soprattutto nel campo dei
BENI CULTURALI, diventa OPPOSIZIONE al sistema centrale. Le REGIONI ROSSE usano
anche il patrimonio culturale contro la DC, che governerà fino al 90’. SOCIALISTI E
COMUNISTI vedono nel sistema regionale lo strumento col quale si può innovare il
rapporto tra centro e periferia, città e campagna, combattendo gli interessi privati ecc.
che se ne fregano della tutela. Queste sostengono il REGIONALISMO come strumento
col quale le amministrazioni locali possono coinvolgere il popolo, IL GOVERNO
POPOLARE, anche per la questione del patrimonio, SOCIALIZZAZIONE D4ELLA
CULTURA. FRANCESCHINI denuncia il acheggio degli anni 50’ per la mancanza di una
CATALOGAZIONE, le regioni rosse vogliono favorire proprio il CENSIMENTO e
CATALOGAZIONE rivitalizzando MUSEI E BIBLIOTECHE, non come vetrina di una

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nazione ma come elemento propulsivo di una comunità locale, un collante. La TUTELA
quindi non e’ un élite ma uno strumento di RISCATTO SOCIALE, le comunità hanno il
diritto di vedere espresso e di partecipare.

Le regioni rosse non sono tante ma sono agguerrite, i comunisti formano un concetto
innovativo, REGIONE APERTA in cui il territorio viene gestito in maniera democratica,
COOMPARTECIPAZIONE E RESPONSABILIZZAZIONE DELLE COMUNITA’. Il mondo
comunista e socialista sostiene il movimento regionalista anche per un processo di
SNELLIMENTO DELLA BUROCRAZIA della DC.

ANNI 70, sull’ONDA del REGIONALISMO anche il tema della TUTELA torna ad essere
affrontato,  in particolare del territorio, come primo oggetto della tutela, in primis (in
costituzione e’previsto che sia rionosciuta una PODESTA GESTIONALE REGIONALINE
SULLA GESTIONE URBANISTICA) ecco che si aggiunge il TERRITORIO attraverso
DECRETI che responsabilizzano la regione. Decreto 11, 1972, trasferite alle regioni le
funzioni amministrative in materia agricoltura, caccia, foreste, pesca etc che prima erano
argomento dello stato, insieme alle competenze vengono trasferite anche le strutture
personali. A questo decreto si aggiunge il n.8, sempre del 72,conferisce le competenze e
alti funzionari in materia urbanistica di viabilita, acquedotti, lavori pubblici di interese
regionale. Questi decreti riguardano la getione del territorio, ma non in maniera chiara a
livello di TUTELA DEL PATRIMONIO, ma indirettamente intrecciandosi con i BENI MOBILI
E IMMOBILI presenti sul territorio.

URBANITICA diventa elemento caratterizzante delle regioni, entra in un nuovo settore di


riflessione piu amplio, quella della DISCIPLINA AMBIENTALE, la trasformazione del
paesaggio non solo in concezione strettamente urbanistica della tutela. Le regioni
rendono anche piu efficaci le opere di quell ASSOCIAZIONISMO VOLONTARIO comporso
prima di loro, che trova nell amministrazione regionale un interlocutore privileggiato che
prima non esisteva: es ITALIA NOSTRA, ass. abientalista che beneficia del regionalismo.

Questa sinergia [portera’ alla nascita dei grandi parchi e bacini fluviali per preservare
fauna e flora locale, processo virtuosmo che si avvale di quete associazioni che
collaborano con la regione. Non a caso molti architetti e urbanisti di queste associazioni
sono fondamentali per le neoregioni, aiutandole a formarsi ma rimanendo sotto l’ombrello
dello STATO. SE IL SISTEMA REGIONALE dovrebbe sottrarre i compiti di tutela al sistema
centrale, questo dovrebbe pero’ pensare alla PROMOZIONE copn una STRUTTURA
AUTONOMA,attraverso un proprio MINISTERO, una propria BUROCRAZIA CENTRALE.

ANNI 70 E 80 nascita anche del MINISTERO DELL’AMBIENTE, nel 1986, nuova realta’
sull’onda del SECONDO BOOM ECONOMICO dell’ITALIA, quello del 50’/60’ in cui
cambia antropologicamente la societa’, e quella degli anni 80’ STAGIONE
INTERNAZIONALE DEL LIBERISMO, modello economico TACHER privo di regole e freni
primo grande processo globale riferito all’INDUSTRIALIZZAZIONE, favorisce il libero
mercato. I COLLETTI BIANCHI SUPERANO GLI OPERAI, nuovo cambiamento
antropologico. Nascita del MINISTERO DELL’MBIENTE (10 ANNI DOPO DEL MINISTERO
PER I BENI CULTURALI) E’ dovuto a questa cambio, con il secondo boom infatti dinuovo
c’e’ un AGGRESSIONE DEL TERRITORIO. Grazie allo SVILUPPO DELLA SCIENZA si
parla del RISCALDAMENTO GLOBALE, crescita incontrollata e insensata porta questo

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esito (bastardi), sversamento in mare di sostanze tossiche, anche allarme nucleare
(Černobyl’), apre uno scenario APOCALITTICO PRT TUTTI, NASCONO I PARTITI
VERDI.Si sviluppa anche il turismo, lo stato si concentra anche sulla promozione, sempre
ad opere del MNISTERO DEI BENI CULTURALI , che diventa MIBACT.  NASCE ANCHE
PERCHE C’E’ UN CLIMA CULTURALE FAVOREVOLE A QUESTO PASSAGGIO, oltre alla
questione giuridica e burocratica. Emerge un leader, storico del arisorgimento, giovanni
spadolini, PROMOTORE DELLA NASCITA DI QUESTO NUOVO ministero, quindi PRIMO
MINISTRO di questo.

16.02.2022

21.02.2022
Mettiamo un’etichetta a quanto abbiamo raccontato la scorsa settimana nel corso
dell’ultima lezione abbiamo parlato a livello italiano e internazionale. Effettivamente ad
oggi si nota nell’evoluzione della normativa una differenza tra Europa e internazionale.a
livello internazionale dal secondo dopo guerra abbiamo celle iniziative come l’AIA
dell’unesco per mettere in chiaro i paletti con cui gestire scenari di guerra eventuali.
Normativa del 54 importante perché definisce in modo chiaro quali siano i rifugi che in
caso di scenario bellico devono essere creati, stabiliti per consentire la protezione dei
beni mobili che possono essere colpiti dalle armi così come devono essere definiti i centri
monumentali all’interno dei quali la protezione deve essere garantita al patrimonio. A
livello eu abbiamo visto che il discorso è più complicato per la stessa natura del consesso
internazionale.

Europa degli anni 50 dopo la 2GM, nasce la CECA nel 51 sull’idea di condividere elementi
strategici come carbone e acciaio essendo due materiali + utilizzati nelle industrie del
mondo. È un processo lento, settore dopo settore che ha difficoltà di allargarsi agli aspetti
culturali. Si aspettano gli anni 90 per cominciare a parlare di normativa europea sui b.c.
con Mastricht nasce l’Europa con un rapporto stretto non solo economico ma anche
politico per esempio la polizia internazionale, questioni anche più generali con il tema
della protezione del b.c.

All’esterno del consesso e verso l’interno dei vari stati rendendosi conto che con
Mastrcht cadono i confini. Passaggio difficoltoso perché nel sistema europeo la normativa
deve essere recepita internamente agli stati creando dei problemi di dialogo tra i vari
governi per la gestione del patrimonio, è un problema legato anche alle stesse normative
interne, non abbiamo un sistema di schedatura dei beni comuni, ogni stato ha il proprio e
sappiamo che la catalogazione è strategica ai fini della cura e per evitare asportazioni e
furti. A livello Europeo non c’è un linguaggio comune nonostante siamo in una fase
informatizzata. La custodia di questo linguaggio è un ostacolo per dare compimento a un
patrimonio europeo transnazionale per cui la Gioconda è tutelabile perché patrimoni
europeo.

Il passaggio nazionale è stato + efficace, l’Unesco ha fatto da volano, abbiamo parlato di


quella del 54.

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1972 convenzione tra le quali in qualche modo di sgancia dal concetto di scenario di
guerra, dall’altro pone l’accento su una nuova strategia come quella dei siti di valore
straordinario universale. Siti che hanno un interesse planetario. È quel meccanismo che
porta ogni anno alla pubblicazione di un elenco dei siti come patrimonio dell’umanità.
D’altro canto però l’Unesco si riserva verso i siti una assistenza e un controllo che se lo
stato non è in grado di garantire scatta una sorta di procedimento di verifica al punto tale
che se il sito non viene tutelato, valorizzato o non ne vengono usati i finanziamenti si
viene depennati. Questa strategia culturale che è segnata con la convenzione del 72 è un
cesura definitiva rispetto alla visione 800esca e nazionalista del patrimonio. Anche nei
termini ci da l’idea di qualcosa che non va valorizzato sono a livello nazionale ma è un
fattore che dovrebbe unire la comunità internazionale.

Parlare dei siti vuol dire parlare del paesaggio e dei monumenti che ne fanno parte.
Riflettiamo dell’idea di sito come patrimonio come qualcosa che non è scontato. Se
avvolgiamo il nastro della storia ci rendiamo conto che il paesaggio con i suoi monumenti
e rovine nell’arco della storia ha avuto due declinazioni diverse,

- Una dimensione di tipo soggettivo - paesaggio e ambiente è stato legato a una


percezione personale del luogo e del sito, in qualche modo possiamo declinare
partendo dallo “stato d’animo”.

- Visione oggettiva - visione che invece si concentra sulla cose che incidono su
quell’ambiente e su quel contesto paesaggistico e tiene conto dello spazio geografico,
delle qualità ambientali e delle caratteristiche morfologiche del territorio.

La visione soggettiva del paesaggio è una visione che emerge in maniera sensibile a
partire dal medioevo e si collega al concetto di pittura e scrittura emergendo come
protagonisti in queste opere. Cosa non scontata in precedenza. Visione oggettiva che
trova esplicazione a partire dall’800, da quando alla luce del positivismo, dell’illuminismo
nascono delle scienze nuove come la geografia moderna che prende piede da questo
processo che si collega alla rivoluzione francese e all’epoca dei lumi.

Dal soggettivo all’oggettivo che si collega all’elaborazione dell’idea di protezione la


troviamo in Italia a inizio 900 in epoca giolittiana, è un caso emblematico del passaggio di
visione. È il caso della pineta di Ravenna, caso storico: a inizio 900 in Italia c’è una
battaglia importante per la difesa di questo territorio, come mai la pineta occupa i lavori
parlamentari? Perché in questo contesto è ambientata una novella del Decameron, storia
di Nastagio degli onesti, storia ambientata lì. Nobiluomo e cavaliere che si innamora,
amore impossibile, uomo che preso dalla rabbia per questo sentimento non corrisposto
tenta il suicidio e lo convincono ad allontanarsi da Ravenna. In una passeggiata nella
pineta di Classe si imbatte in una scena di una donna che corre inseguita da un cavaliere
e dai mastini feroci che la prendono e le mangiano il cuore, Nastagio ne rimane impietrito,
storia che però si ripete in quanto lei risorge e ricomincia la scena drammatica e crudele.
Egli ripreso dal rimorso invia la famiglia della nobildonna a un banchetto nel bosco e
costringe cosi i suoi invitati ad assistere a questa scena tragica, scena che coòposce la
nobildonna e la spinge a ripensare al rifiuto cedendo alle sue lusinghe.

Novella che ha reso celebre la pineta e qui nasce l’idea della sua protezione a inizio 900,
non a caso perché sappiamo che siamo in un’epoca particolare, quella di Giolitti in cui ci

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confrontiamo con un governo riformista che mette in cantiere tante riforme anche nel
settore specifico dei BC. Sicuramente i governi giolittiani fanno da voltano
all’industrializzazione del paese e alla modernizzazione della cultura, questo sviluppo non
teme di mettere a rischio il territorio, cosa che succede anche in questo caso in quanto la
Pieneta rischia di essere cancellata per delle bonifiche nella bassa Romagna per prendere
territori anche alle malattie. L’idea è di coinvolgere anche la pineta ma difronte alla
minaccia che ci sia una modernizzazione agricola in parlamento si blocca l’iniziativa.
Corrado Ricci come sovrintendente ai monumenti di Ravenna è i primo a denunciare che
questo luogo con memoria storica anche di letteratura nazionale interviene spingendo il
governo a ripensare al proprio progetto.

Ricci in qualche modo esplicita un concetto nazionale: ci sono dei contesti naturali che
devono essere tutelati come opere d’arte, alla stessa stregua.

A dargli man forte nel 1905 è il ministro dell’agricoltura Luigi Rava che si pone da questo
lato della questione della tutela anche perché originario di Ravenna. Il parlamento si fa
portavoce di una legge apposta per la Pineta di Ravenna come primo documento ufficiale
in cui si salvaguardia il patrimonio storico culturale.

Nel 1909 infatti Rava che è ministro della pubblica istruzione promuove legge per le
antichità e belle arti in cui vediamo formulato il principio in cui i bene collettivo costituito
anche dal territorio deve prevalere all’interesse privato e del mercato in generale. Lo fa in
un’ottica che non è + solo artistica ma anche geografica come tutela del territorio in cui
troviamo presenti dei veri patrimoni.

Certamente il paesaggio nell’800 acquisisce un ruolo in primo piano nel discorso generale
sul patrimonio come discipline scientifiche che studiano il territorio, dall’altro perché l’800
seppur su un altro fonte mette al centro il paesaggio in virtù del fatto che il secolo nasce
con la cultura romantica che si basa su questo che entrano in menar prepotente nel
discorso artistico. In particolare la visione romantica nell’arte porta a maturazione una
riflessione del secolo prima che trova in queste rappresentazioni dei contesti la sua
compiuta rappresentazione: il fatto che il paesaggio è lo specchio di una nazione, è per
questo che i siti patrimoniali sono ambiti dai singoli paesi in quanto vetrina per la propria
cultura. Pedaggio come spirito del popolo. Ci sono dei romantici che esaltano le vestigia
del passato ma ci sono anche scienziati che cominciano a leggere il pedaggio mettendo
in evidenza il rapporto tra fattori climatici e spirito di una comunità.

I paraggio viene visto dalla scienza come un libro aperto che racconta lo spirito e i
caratteri di una nazione come per esempio gli scritti di Madame Lestil che fa riflessioni sul
mondo tedesco la quale descrivendo il pedaggio lungo il reno fatto di boschi selvaggi
austeri fa riferimento al concetto in cui i caratteri della popolazione tedesca si collegano
all’ambiente in cui è cresciuto. Nella prima metà dell’800 si ha una riscoperta della natura
non antropizzata ma selvaggia che rappresenta una sorta di monumento naturale che
deve essere tutelato dalla nazione come tutela un palazzo rinascimentale.

Sull’onda delle riflessioni della Lestil pensiamo a Rousseau che durante i viaggi ci
racconta dell’alta montagna nelle Alpi e dello smarrirsi nella foresta, emergono le due
chiavi di lettura del paesaggio:

- il sentimento

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- La scienza

Due visioni che possono convivere e che devono rappresentare il volano filosofico della
tutela stessa del paesaggio. Un esempio emblematico e che si connette al patrimonio
internazionale lo troviamo negli stati uniti come grande nazione che non ha grande
memoria che no ha conosciuto le vestigia romane.

Ecco allora l’esaltazione dei grandi parchi nazionali che in america sono dei monumenti in
cui tutte le famiglie fanno una grigliata, ecc. c’è un’approccio alla natura che noi non
conosciamo, forte legame con i parchi nazionali è frutto anche di questo problema, i
parchi nazionali sono il monumento della nazione, il patrimonio, perché questi parchi
spesso hanno delle sequoie secolari che sono lì da prima che gli inglesi sbarcassero,
rappresentano una unione con un passato che non esiste e che non hanno. Ecco
spiegata a sacralizzazione dei parchi.

Paesaggio che ritroviamo in maniera visibile in maniera romantica con le rovine del
passato, diventano la scenografia di un ambiente che devono alimentare l’ammirazione
dell’uomo che si traduce in un fenomeno moderno che è quello del Grand Tour, ne
abbiamo parlato in epoca romana. Idea che riprende nell’800 sull’onda del romanticimo
mandando i giovani in europa per godere delle vestigia del passato e farsi una formazione
umanistica che parte dall’idea di esaltare il passato tutelandolo.

Non è un caso che sull’inda della visone rimanti alla fine dell’800 e inizio 900 tra
romanticismo e determinismo nascono le legislazioni relative alle bellezze naturali, pionieri
sono gli Stati Uniti che hanno un problema legato alla propria memoria, sono pionieri
perché non hanno i templi da contemplare e si devono legare a quello che hanno quindi
alle sequoie gigantesche. Pensiamo anche la fenomeno della conquista dell’ovest non
ancora conclusa in questo periodo è un fattore importante per pensare al paesaggio
come bellezza da tutelare. Anche la Germania in Europa farà da apripista in materia di
tutela.

Questo processo è dovuto anche ad eventi tragici che portano alle legislazioni in questo
campo come negli Stati Uniti che ci sono grandi tempeste che si consumano tra la fine
dell’800 e i primi del 900; Gran Bretagna apripista come la Germania colpita da grandi
inondazioni a inizio 900. Pensiamo al terremoto di Messina del 1908 come evento
drammatico che si fa capire quanto sia delicato il territorio e quanto possa essere fragile,
sono normative che si interrogano sui fenomeni dell’urbanizzazione. Es 1906 come
incendio di San Francisco, terremoto che rade al suolo la città e distrugge il contesto
urbano scatenando una serie di incendi che coinvolgono palazzo per palazzo.

Legislazioni che arrivano da noi e mettono in evidenza che lo stato deve gestire
l’urbanizzazione da un lato e il pedaggio dall’altro, Giolitti è un presidente del consiglio
che da rilievo alle municipalizzazioni facendo assumere responsabili agli enti locali.
Vengono resposabilizzati i municipi. Le città sono realtà sempre più complesse e quindi
anche la legislazione deve interessarsi del fatto che le periferie si allarghino e che spesso
madre natura reagisce in malo modo alle aggressioni, es il Vajont come uso indiscriminato
del territorio.

Progresso e tutela del patrimonio = concetti che in Italia vengono formalizzati da due
scienziati, nel 1888 nasce la società botanica italiana di scienziati che sollecitano i governi

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a tutelare le zone della penisola che hanno un particolare pregio. Negli anni 80 dell’800
nasce un fenomeno che esploderà in maniera evidente nel 900 come un ambientalismo
ancora in filigrana ma c’è.

Il mondo della scienza paradossalmente si fa tutore del paesaggio ma siamo negli anni in
cui a inizio 900 lo sviluppo industriale, la società di massa, le comunicazioni più strette
come le ferrovie dello stato, la tutela diviene un fenomeno di valorizzazione del tempo
libero, allora ecco che nascono per esempio le stazioni termali per la cura del corpo e
quindi quel sito che semmai già nell’antichità era usato per queste cure, vengono
riscoperte nell’800 le cure termali. Pensiamo anche agli impianti in montagna, si parla di
club alpini (il primo è inglese), organizzazioni che uniscono lo sport alla valorizzazione e
tutela del paesaggio. Ultimi sono i lidi, le spiagge, fenomeno turistico della elio terapia
come inizio 900 si lavora sul fatto che il sole aiuti il corpo umano. Questo discorso di
intreccia con il turismo e il tempo libero. Cosa c’entra il patrimonio con questo? È
strategico mettere in cantiere le guide turistiche come fondamentali, le guide di inizio 800
sono ricchissime di particolari, dettagli, sulla popolazione, sul territorio e sui monumenti,
pubblicazioni che diventano uno strumento pedagogico importante non solo perché
alimentano il sogno ma forniscono una formazione cittadina anche attraverso il pedaggio,
i monumenti naturali.

Guide e a cascata la nascita delle associazioni che si fanno promotori della tutela del
pestaggio che se entra a pieno diritto dei BC, queste associazioni nascono e portano al
discorso dei parchi naturali, tutela che nasce negli stati uniti ma poi arrivano anche qui a
inizio 900 a partire dalla tutela della Pineta di Ravenna anche qui iniziamo a conoscere dei
parchi nazionali come il Gran Paradiso, le riserve di caccia del sovrano vengon tutelate.

Natura - spiritualità - scienza - sentimento = sintesi nell’inizio 900 in cui vediamo che il
paesaggio non è solo luogo geografico ma anche luogo dello spirito a cui la borghesia
tiene tanto e ha anche il desiderio di alimentare non solo le tasche ma anche lo spirito.

Inizio 900 influenza il tema della tutela del patrimonio con valorizzazione e tempo libero
come volano nell’ottica di tutelare, abbiamo visto i parchi nazionali, ecc.

Nell’epoca giolittiana guardiamo alla legge Rosadi del 1910 che stende la tutela alle
bellezze naturali e paesaggistici che prevede lo strumento dell’esproprio e una
commissione di vigilanza che dovrebbe monitorare i luoghi.

Legge che non si pone in contrasto con gli interessi dello sviluppo economico della
produzione, in qualche modo cerca di ottemperare ambo gli aspetti. Sappiamo che l’Italia
è un paese che gestisce una economia arretrata ma cambia a inizio 900, la legge rosati
contempla questo aspetto stabilendo un principio: laddove sia possibile lo stato rinuncia
a usare l’esproprio come atto di forza ridando quel terreno di particolare interesse se il
proprietario dimostra di comprendere l’importanza della tutela. Si ottemperano i due
criteri, lo stato si affida al privato.

La legge Credaro del 1912 estende la tutela del paesaggio anche al pedaggio atrofizzato
che sono di interesse storico artistico forse perché progettati da famosi architetti.

L’esito che inizio 900 matura i tema di tutela affonda le radici nel romanticismo, parte del
processo si sviluppa nell’onda del fatto che il romanticismo accende i fari sulla natura e
l’illuminismo opera a una concezione scientifica della natura quindi tra fine 700 e inizio

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800 natura e scienza vanno a braccetto e divengono riflessione del mondo romantico che
diviene grazia alla scienza una natura storica, lo studio della geografia in particolare, nel
mondo tedesco, consente di percepire una natura in termini oggettivi. C’è un personaggio
che fa da apripista che si compirà nel 900 con le prime normative organiche per il
pedaggio che è Alexander Von Umbolt, geografo il quale appunto comincia a puntare
l’attenzione su fenomeni come la geologia, zoologia, botanica, ambiti che nulla togliendo
alla contemplazione romantica danno un segnale importante da tenere in considerazione
sulle emergenze nel rapporto tra uomo e ambiente e quanto uno influenzi l’altro.

A lui si affianca un altro studioso che è Carl Ritter, fa un passaggio ulteriore rispetto al
precedente, ci dice che l’uomo è cittadini di uno specifico spazio geografico in cui si è
insediato e quindi è influenzato dalla realtà in cui si trova, è una concezione scientifica ma
anche molto romantica. Noi comprendiamo qual è il rapporto uomo-natura quando
recuperando gli oggetti di una società ne osservo il materiale di costituzione.

Un altro esempio sono gli ostacoli della natura, una comunità che si torva in mezzo alle
montagne sarà influenzata da quel paesaggio e dal quelle risorse, il territorio dice Ritter è
un elemento che agisce sulla popolazione.

Madame de Stil quando parla della foresta nera parla di una cattedrale gotica tedesca
che è immagine del carattere dell’uomo tedesco che porta a questo tipo di riflessione. In
qualche modo il passaggio che viene fatto dagli scienziati e geografi nell’800 è che la
popolazione porta in se le caratteristiche del proprio territorio.

Aspetto che emerge in maniera drammatica durante la prima guerra mondiale,


devastazione, guardiamo le fotografie dei campi di battaglia quasi come fosse un
territorio lunare. Stravolgere il territorio significa privarlo della sua identità, è una visione
che dopo la prima guerra mondiale sviluppa due filoni di pensiero che hanno esiti diversi.

Uno è l’ecologismo immaginandosi che la terra vada tutelata e l’altro è il nazionalismo. Se


l’ecologismo fa da volano anche romantica alla tutela, il nazionalismo sarà becero.

Laddove, siamo partiti con i primi scienziati tedeschi per leggere il rapporto uomo-
paesaggio c’è chi piega questa concezione in maniera del tutto nazionalistica, Hitler farà
tesoro di alcune di queste considerazioni portando una idea di Germania romantica fatta
dal ferro e dal sangue delle popolazioni germaniche, una visione agreste che anche
Mussolini provò a rispolverare per combattere i corpi estranei. Visione che si lega alla
natura e solo chi può affondare le proprie radici antropologiche e familiari in questo
contesto può far parte della nazione.

Facendo un passo temporale se diciamo fine 700 e inizio 800 come riflessione per la
Germania, il periodo della prima guerra mondiale vediamo i francesi che danno vita a una
nuova stagione di studi sul paesaggio che si incarna nella fondazione di una collana di
sudi di ricerca chiamati Annali di Storia che riaccendono i riflettori sull’ambiente partendo
da una contaminazione di varie discipline, qui si parla della storia diplomatica e politica
entrano anche le scienze sociali, antropologiche e entra in gioco anche il fatto come di
dice Lucien Fevre che certamente la natura influisce sui caratteri della popolazione che
incide sul territorio ma introducendo un modello più possibilissimo riflette su come i
modelli di organizzazione sociale a loro volta incidano sul contesto territoriale e come
l’uomo affronti la natura. Con la stagione degli annali Hitler dice “noi siamo cosi e solo noi

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possiamo”. Visione possibilistica con cui ci dice che l’uomo e il suo essere sociale
incidono sul territorio: es un corso d’acqua può essere visto come un ostacolo o una via
per commerciare.

Sull’onda delle riflessioni Fernand Rodelle da visione concreta a questi principi


elaborando uno studio gigantesco sulla civiltà nell’età di Filippo II, è uno sguardo di
insieme su uno spazio abitativo, quello delle coste del mediterraneo che rende il territorio
protagonista, in questo studio troviamo descritte le coste, il clima delle varie nazioni
affacciate sul mediterraneo, i percorsi per terra, ecc. si rafforza il concetto di geostoria
anche materiale in cui l’uomo si muove e agisce.

Introduciamo un altro fattote importante in termini di cultura della protezione, anche i


tempi della storia cambiano, se inserisco il paesaggio in una narrazione storica è una
narrazione che non ha solo i tempi dell’uomo ma si parla di un concetto trascurato come
la storia di lunga durata che si costruisce non sull’uomo ma sul luogo in cui l’uomo
agisce.

In questi stessi anni anche in Italia ci sono studiosi che fanno riflessioni importanti sul
paesaggio come Benedetto Croce, ministro della pubblica istruzione, che punta su
questa idea del paesaggio anche come nutrimento della patria nata nel 1861, una visione
che trova concretizzazione nella legge che è pre-fascismo come la 778 del maggio 1922 -
una legge che contiene punti importanti e che presenta un passo ulteriore degli anni 10
del 900: prevede l’impossibilità di alterare o distruggere senza il consenso del ministero
paesaggi o elementi di valore, i proprietari devono presentare alle sovrintendenze,
progetti con i quali vuole modificare mobili vincolati al patrimonio cultuale. Vengono
stabiliti istanze e misure per contenere il godimento del panorama.

Per la prima volta in una legge si parla dei manifesti, dei cartelloni pubblicitari con il
divieto di affissione laddove si compromettano le bellezze.

Torna in auge l’idea della romanità e quindi anche della tutela del paesaggio: riflessione
sul paesaggio che tonerà dopo la seconda guerra mondiale, anche qui vediamo per
esempio uno storico che è Emilio Saemi. In ritardo rispetto agli anni nel ’61 come periodo
de boom pubblica un volume “storia del paesaggio agrario italiano” in cui il pedaggio è
protagonista e ci racconta come cambia e quali siano le influenze sui rapporti sociali,
come il paesaggio si metta al servizio della politica. Anche in Italia in qualche modo di
parla di integrazione tra uomo e natura.

Quello che abbiamo raccontato oggi ci da una competenza nuova legata alla
modernizzazione del XX secolo in cui le scienze si diffondono, competenza che dovrebbe
mettere le comunità nella condizione di tutelare e valorizzare il patrimonio anche tenendo
conto del paesaggio e della natura considerandolo come un monumento. In realtà questa
riflessione si interrompe bruscamente nel momento in cui l’uomo si è trovato a dover
confrontare le sue capacità organizzative con eventi catastrofici che in qualche modo
hanno rimesso in discussione la capacità di rileggere il territorio e di gestirlo. Gestire il
territorio significa considerare anche la sua organizzazione giuridica, il sistema politico,
l’organizzazione economica, tutti i fattori che devono essere tenuti in considerazione ne
momento in cui la natura lancia delle sfide, la natura p madre ma può essere anche una
pericolosa matrigna nel senso che lancia delle sfide che in qualche modo mettono in crisi

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tutta una serie di meccanismi di funzionamento dello stato che riguardano anche il tema
specifico della tutela. Ci riferiamo alla questione della protezione del territorio e di come lo
stato metta insieme del meccanismi e delle normative che gli permettano di agire
velocemente e in caso di emergenza. È un processo lento e complesso che ha portato nel
nostro caso a risultati positivi ma non del tutto efficaci.

22.02.2022
Tema del territorio-paesaggio-tutela-valorizzazione incrociando con la scienza da un lato
e visione romantica dall’altro. Ieri abbiamo chiuso la lezione facendo riferimento al libro
che Sereni scrive in Italia nel 1961 Storia del paesaggio italiano - questo libro esce in un
momento particolare della storia politica italiana di boom economico che significa anche
assoluta incertezza nell’ambito della tutela. Libro che esce in questo periodo e si inserisce
nelle Annali francesi del primo 900 che avevano esplorato nuove visioni del territorio
declinandolo verso l scienze sociali che si affiancano alla storia e cercano di leggere il
territorio come un paesaggio antropizzato modificato. Non è solo il paesaggio che
influenza il luogo ma con gli Annali si ribalta la visione, il territorio è un territorio
politicizzato, la società civile imprime sul territorio le proprie scelte di tutela,
organizzazione giuridica cancellando la visone romantica da Madame de Stil per quanto
riguarda la visione del paesaggio. È una visione che non riguarda solo l’Italia, per una
volta siamo noi che facciamo da volano perché nel decennio successivo è in Francia che
avviene il passaggio del testimone, negli anni 70 con Georges Douby che scrive la storia
rurale della Francia che ricalca quanto fatto da Sereni in Italia. Perché questi due storici?
Perché inserendo nel discorso del paesaggio i temi economici, biologici, matematici,
cominciamo a vedere una riflessione sul paesaggio che ci porta dei numeri, delle
statistiche possiamo approcciarci alla gestione del paesaggio. Pedaggio non più come
percezione estetica ma paesaggio politicizzato, si ribalta la concezione di un paesaggio
che influisce sull’uomo. Si comincia a ribaltare la riflessione e che tutto il paesaggio sia
anche frutto dell’opera dell’uomo e come ci si approcci a livello normativo.

Introducono un aspetto anche statistico avendo un quadro + articolato del paesaggio e


del territorio.

Non è + una storia diplomatica ma di lungo periodo che si può studiare con le rilevazioni
numeriche quindi con le statistiche, siamo negli anni 70 come periodo che consente di
avere risultati in tempi rapidi. L’approccio alle statistiche del territorio consente anche un
monitoraggio del paesaggio che ci permette di immaginare la tutela anche in contesti di
crisi, i territorio sono oggetto di stravolgimento laddove interviene un conflitto, un
intervento di tipo antropico che sconvolge il territorio, le comunità e i beni, non ci sono
solo fattori antropici ma anche naturali che in qualche modo sollecitano le istituzioni a
dare risposte anche riguardo al patrimonio non intesa come tutela di lungo periodo ma
istantanea ed emergenziale legata allo sconvolgimento determinato da un terremoto,
esondazione, ecc.

La tutela si incrocia con il concetto di protezione civile, di protezione del territorio,


processo per nulla scontato, molto complesso che richiede una organizzazione specifica
in grado di intervenire in questi casi. Un fattore di crisi è dovuto anche a una catastrofe

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che si abbatte sui confini e anche qui lo stato deve intervenire in una fase emergenziale.
La cosa non è scontata o semplice e nel caso italiano è stata complessa.

Il processo è stato qui lungo e complesso anche perché qui alle origini del nostro stato
c’è una concezione minimalista che compromette a modernizzazione del paese.

L’Italia liberale ha delle caratteristiche che non consentono di immaginare una struttura di
protezione in tempi ragionevoli. Lo stato liberale.è minimalista quindi con poche funzioni
come l’ordine pubblico, l’esercito e la giustizia come grandi temi all’ordine del giorno della
giustizia, l’istruzione per esempio non non lo è. C’è una visione minimalista anche
derivante dalla mancanza di fondi partendo dal presupposto che l’unificazione italiana ci
porta a confrontarci con uno stato economico fragile e il primo obiettivo della classe
liberale è il pareggio di bilancio dimostrando ai paesi europei di essere un paese virtuoso
consolidando che l’Italia è una realtà nazione europea.

1876 le Casse dello stato si sono risanate, qui Dino Sella può dichiarare di aver portato al
pareggio di bilancio, ma questo è costato lacrime e sangue.

Aspetto legato alla cultura della tutela: lo stato liberale è anche paternalista che ha un
rapporto con il cittadino inteso come il padre di famiglia, inteso come il notabilato lungo
l’800 guida l’Italia liberale è un notabilato che ritiene di sapere quali siano le priorità della
popolazione, non la interroga ma ritiene dall’alto della sua cultura di sapere quali siano le
sue esigenze.

Questo significa che il tema degli aiuti anche in fase emergenziale sia un tema del privato
cittadino. Durante le grandi catastrofi è in genere la beneficenza privata che interviene in
soccorso delle popolazioni, sono le istituzioni ecclesiastiche presenti sul territorio in
maniera ramificata che si fanno carico di questo tipo di assistenza che è quella che la
chiesa da sempre nei confronti dei poveri, non è lo stato che si occupa di loro.

Un approccio all’emergenza che si fonda sulla pietà umana, non c’è nulla di studiato o
pianificato da parte dello stato. Oltre questa visione minimalista e paternalista un’altra
caratteristica dello stato post unità è uno stato centralista: l’unificazione avviene in
maniera rocambolesca e la borghesia ha paura, non c’è tempo per un parlamento le leggi
sabaude del Piemonte vengono applicate al resto della penisola. Leggi che potevano
andare bene in un contesto piccole ma che avranno grossi problemi nel regno d’Italia, a
partire dal fatto che queste leggi lasciano in mano ai comuni l’onere di gestire
l’amministrazione locale con le proprie risorse che non ci sono.

Queste leggi di unificazione una numero 2448 del 1865 stabilisce l’obbligo x i comuni di
approvare regolamenti per l’igiene, edilizia e polizia locale che sono temi importanti anche
nelle fasi emergenziali, tuttavia, i comuni non hanno poi i soldi per applicare questi
regolamenti che sono settori strategici per la vita quotidiana.

Tutte queste norme rimangono al palo. Quello che ricordiamo è partire da questo
regolamento imposto in base alle leggi di unificazione che non viene attuato.

In qualche modo tradendo anche dei passi avanti che erano stati fatti prima
dell’unificazione, nella nostra penisola erano state varate delle norme urbanistiche che si
incrociavano con il tema dell’emergenza naturale, la santa sede come paese autocratico
con un regime oscurantista che vede liberali come fumo degli occhi, dopo il terremoto di
Norcia ne 1859 viene approvato un regolamento edilizio tenendo conto anche di questi

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fattori emergenziali che possono mettere in cristi le istituzioni, il territorio e ledono il
patrimonio di una comunità.

Pensiamo al regno delle due Sicilia con i Bornone, qui abbiamo un intervento pubblico
come il terremoto nel 1851 in Basilicata, terremoto che porta Francesco II a creare la
cosiddetta Cassa Agraria di Melfi che ha l’obiettivo di raccogliere denaro e materie prime
destinate a mettere in modo la ricostruzione come fase molto delicata.

Prima di Francesco II pensiamo a Ferdinando IV di Borbone che si misura con un


terremoto devastante del 1783 che spinge il sovrano a fare una cassa sacra che viene
alimentata, destinata alla ricostruzione, i beni ecclesiastici vengono requisiti e usati per le
linee di credito destinate alla ricostruzione. Anche lui aveva abbozzato una serie di norme
sismiche considerando il territorio e la sua stabilità.

L’unificazione fa piazza pulita delle norme precedenti mantenendo solo quelle del
Piemonte, queste conquiste pre-unità vengono disperse fino alla sinistra storica in Italia.

Di fronte a uno stato paternalista, minimalista e centralista che impone dall’alt anche una
visione delle emergenze, per tutto l’800 l’intervento per le emergenze è militare. In
mancanza di norme sulla protezione civile vengono applicati i codici militari.

I decreti d’urgenza che baipassano il parlamento e presi dal governo in maniera


autonoma per i soccorsi, la protezione, ecc. significa che l’emergenza porta restrizione
delle libertà dei diritti. Pensiamo allo stato d’assedio, non è + l’amm. Civile ma quella
militare a intervenire in caso di calamità. Pensiamo ai cordoni sanitari, una catastrofe non
provoca solo una lezione del paesaggio ma anche una ferita nelle comunità come le
pandemie all’indomani delle catastrofi con morti da seppellire e questo porta al
diffondersi di fattori patogeni, pensiamo al coprifuoco o impossibilità di spostamento.
Significa anche processi sommari come chi sfrutta il panico popolare, vengono passati x
le armi direttamente nei luoghi della catastrofe. Pesiamo al tema dei saccheggi forzati
essendo l’intervento di emergenza militarizzato spesso in Italia arrivavano sul luogo privi
di sostegno necessario. Lo stato spesso autorizzava il saccheggio dei militari. Gli stessi
militari che partecipano sono impreparati anche logisticamente non solo perché non ci sia
una catena di rifornimenti che lo Stato non interpreta allo stesso modo di una guerra.
Sono militari che spessino arrivano sui luoghi con il moschetto, non hanno pale o altro x
mettere in sicurezza il luogo o soccorrere, hanno un approccio militare all’emergenza.

Un altro aspetto è il trasferimento forzato delle popolazioni che sono state coinvolte
vengono spostate altrove provocando uno shock notevole.

Fino a soluzioni estreme che vengon paventate ma non esplicate, come a Messina è un
processo ancora lento quando dopo il terremoto i vertici militari propongo di bombardar
Messina e ricostruirla altrove. Non è un approccio civile ma da esercito. Questa visone è
una visione che arriva fino al 900 il cui forte emerge l’idea che il cittadino non sia un
soggetto da aiutare e assistere sia nella sua individualità che nel suo contesto, ma sua un
soggetto da contenere. Il problema che si pone è quello dell’ordine pubblico, l’intervento
è militarizzato perché si vuole evitare che la popolazione presa dal panico possa
scatenare rivolte e forme di ribellione contro lo stato appena nato. Non sono rare le
cronache con i cittadini che cercavano oggetti o propri cari sotto le macerie.

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È un atteggiamento diffidente dello stato, una diffidenza che è frutto di una concezione
paternalistica dello stato stesso. Ma anche perché nel corso della seconda metà dell’800
ci confondiamo con il fatto che la politica italiana è + complessa con i liberali che
dominano la fase ma iniziano ad acquisire consensi forze come i socialisti, i repubblicani
+ incalliti non convertiti all’idea che dopo l’unificazione ci fosse un sovrano, i cattolici (no
expedit).

A Messina il protagonista delle cronache è Micheli il quale non è nemmeno siciliano ma è


di Parma, cattolico convinto del fatto che i cattolici non possano rimanere ai margini della
storia nazionale e organizza una serie di aiuti alle popolazioni colpite che saranno efficaci
e aurano un grande eco. I giornali parleranno di Micheopoli il quale costruì dal nulla
un’altra città con una chiesa, un ufficio postale, un tribunale e con un foglio che circola
nella popolazione e cerca di intercettare le esigenze generali.

Questo è un elemento chiave, il concetto di comunità che si salva con il concetto di


patrimonio ha la possibilità di emergere dalla catastrofe solo se la popolazione ne è la
protagonista. Michelopoli è una realtà che in qualche modo sopperisce elle mancanza
dello stato sia dal punto di vista pratico in quanto Micheli da vita a una città permettendo
di convivere e il coinvolgimento delle comunità locali.

Michelopoli ebbe un grande successo, operazione umanitaria che viole dimostrare che i
cattolici sono affidabili e parte della nazione e che quindi sono pronti nel caso di
emergenza a fare parte di una stessa comunità. È anche una visone che spaventa i liberali
e spinge una parte dell’opinione pubblica conservatrice che ci sia un disegno politico e di
come la santa sede sia + affidabile delle stesse istituzioni italiane.

Quando cambia questa visione che lo stato italiano comincia a mettere insieme gli
ingranaggi che servono a immaginare un servizio di protezione civile? Avviene con
l’avvento al governo della sinistra storica, 1876 anno in cui a destra storica che ha
governato dall’unificazione perde potere e autorità per motivi politici ma questa è una
cesura fondamentale. Perché è impostante questo passaggio? La sinistra storica pur
appartenendo alla galassia dei liberali rappresenta l’anima del parlamento + favorevole
alle riforme, se la destra è la + conservatrice del paese che aveva come obiettivo di
portare l’Italia al pareggio di bilancio, la sinistra ritiene che l’Italia debba spendere e fare
riforme a favore della popolazione stremata che non solo ha subito gli effetti del
risorgimento ma governi liberali e moderati con un approccio economico rigido.

Da un lato abbiamo una classe politica + intenta ad avviare riforme e interventismo dello
stato.

Questo cambio di passo avviene in virtù della salita al potere della sinistra storica e a
causa di una serie di calamità che convincono lo stato a cambiare rotta. Negli ultimi
decenni dell’800 ci saranno degli eventi dolorosi come al terremoto di Casamicciola del
1883, già ce ne fu uno nel 1881. Nel 1887 è la Liguria a Dianomarino a subire una vioentra
scossa.

1905 - Calabria

1908 - Messina

1915 - Marsica

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Questa situazione richiede un cambiamento di rotta. Quello de 1883 è interessante
perche costringe lo stato a misurarsi con gli interventi in emergenza in quanto è un
terremoto che ha un’eco interazione senza precedenti. Tuttavia qui facciamo i conti con il
fatto che la tragedia va oltre la stampa nazionale. Casamicciola è un’area termale molto
famosa. Il terremoto si abbatte quando siamo in alta stagione e quindi quando c’è una
concentrazione di vip che non troveremmo in altre contesti. Ci sono morti anche qui tra i
grandi industriali, eredi, acc. La stampa internazionale deve dichiarare che i propri
concittadini e leader sono morti in questa circostanza.

Quindi questo terremoto avrà un riscontro internazionale effettivamente notevole. Non è u


caso che dopo questo terremoto lo stato italiano cominci a costruire i primi osservatori
geodinamici che monitorano il territorio.

Anche i terremoti successivi prosano a evolvere dell’approccio nell’emergenza. Quello in


Liguria porta lo stato a parlare di un intervento che superi il vincolo del pareggio del
bilancio. Il terremoto in Calabria del 1905 in seguito al quale si comincia a immaginare
una normativa sui soccorsi di tipo civile ma fa anche da volano a una serie di leggi che in
epoca giolittiana si materializzano x cercare di aiutare il mezzogiorno. l’Italia giolittiana
emerge la contrapposizione tra un nord e un sud. Il terremoto del 1905 apre lo sguardo su
una popolazione sconosciuta, quella del mezzogiorno che ha ancora delle condizioni
arretrate. Le leggi Speciali di Giolitti in questa fase riguardano il sud e servirebbero ad
aiutare con finanziamenti, agevolazioni fiscali queste popolazioni che il terremoto ha reso
visibili all’opinione pubblica.

Un interventismo che acquista una ulteriore valenza con il terremoto di Messina del 1908
che è i terremoto in seguito al quale per la prima volta viene fatta una classificazione
sismica del territorio. Si comincia a immaginare una prima legislatura che riguarda le
costruzioni e l’edilizia, norme antisismiche. Scelte che produrranno dei problemi in quanto
vincolare la costruzione a queste norme significherà tradire la cultura e la memoria di
queste comunità.

L’ultimo evento che segnaliamo in questa fase dell’Italia liberale è il terremoto della
Marsica che avviene in una fase storica particolare nel 1915, l’Italia non è ancora in guerra
ma sta decidendo cosa fare. Questo terremoto è drammatico perché diviene difficile il
concetto di militarizzazione perché con la guerra la maggior parte delle truppe sono nelle
regioni del nord per l’addestramento nell’ottica di entrare nel conflitto e quando scoppia
questo evento drammatico le truppe non sono pronte a un intervento civile. Lo stato è
scettico nello spostare gli eserciti, infatti il terremoto della Marsica diventa una tragedia
proprio perché i ritardi sono dovuti a questa questione.

Situazione che porta una ulteriore riflessione: spostare gli interventi di emergenza al
ministero dell’interno ql ministero dei lavori pubblici, un nuovo ministro, passaggio
significativo che ci da l’idea che l’approccio sia strategico e fondamentale.

Oltre a questo di fonte all’emergenza e ai ritardi il governo da dopo questa tragedia


comincia organizzare una serie di magazzini ferroviari in cui vengono creati dei depositi
sanitari nelle prefetture che dovrebbero consentire di intervenire anche nell’igiene
pubblica.

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L’Italia fascista ha una visione contraddittoria perché da un lato rappresenta una fase in
cui lo sviluppo tecnologico consente di fare passi importanti e sappiamo che Mussolini
tiene conto di questi aspetti con l’areonautica come fiore all’occhiello che ha anche
obiettivi civili come i rilevamenti topografici di studio degli spazi colpiti, ecc. pensiamo al
fatto che in epoca giolittinana, Giolitti ottiene grandi risultati come la nazionalizzazione
dell’istruzione pubblica, ma questa nazionalizzazione avviene anche x le ferrovie, nel 1876
quando cade la destra storica e va al potere la sinistra storica va al potere grazie alla
politica sulle ferrovie.

Succede che non solo vengono creati dopo i terremoto questi magazzini strategici per i
vari interventi ma in epoca fascista nasce il treno del soccorso, grande novità. Mussolini
da vita a questo strumento che arriva in prossimità delle zone colpite portando truppe
con sé. Atro elemento è che con Mussolini nasce il servizio nazionale dei vigili del fuoco
con l’addestramento e formazione che dovrebbe consentire di agire anche difronte a
emergenze nazionali come quelle che abbiamo citato.

23.02.2022
Ripasso lezione precedente:

Mettiamo in chiaro qual è il meccanismo che nel corso dellìunificazoe ha messo in piedi
un sistema che fa intervenire lo stato in situazioni di emergenza.

Abbiamo vista che lo stato liberale entra in maniera carente in queste situazioni, abbiamo
visto che è militarizzato e con uno scopo contenitivo nei confronti della popolazione, il
problema sono i moti di piazza alimentari dalla popolazione e quindi l’obiettivo è di
impedirle. Quadro che si complica quando compaiono le forze antisismiche come i
socialisti e i cattolici che pretendono di rappresentare una parte della popolazione e la
loro presenza nei luoghi dei disastri crea non poca apprensione, abbiamo fatto l’esempio
di Michelopoli. Iniziativa che ebbe grande successo e che la classe liverare legge come
una sfida allo stato x mettere in evidenza le carenze della società. È una cesura quella del
potere della sinistra storica con grand riformismo acquisendo da parte delle stato delle
nuove funzioni. Abbiamo fatto l’esempio di alcuni eventi calamitosi che scandiscono la
vita nazionale e contribuiscono con delle tragedie a modificare l’atteggiamento dello
stato: superato il vincolo di bilancio, prima normativa sule costruzioni urbane,
monitoraggio del territorio. Concetti chiave che emergono che sono l’INTERVENTO e la
PREVENZIONE. Questo vale nell’ottica di salvaguardare le comunità civili e x tutelare il
patrimonio.

Lezione:

Il fascismo dal punto di vista tecnico fa un passo avanti ma la gestione dell’emergenze è


difficoltosa perché l’approccio è politico ma si manifesta anche un evento che rende
difficile un intervento rapido ed efficace, il problema è che con il fascismo si ha una
sovrapposizione tra le istituzioni dello stato, quelle liberali che non vengono cancellate e
una struttura di partito. C’è un cortocircuito, degli scontri e delle rivalità tra i
rappresentanti delle istituzioni pubbliche e quelle locali del fascismo, spesso il prefetto si
scontra con il federale che è rappresentante locale del fascismo. Il federale vuole visibilità

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e consolidare il suo ruolo ma deve fare i conti che lo stato agisce con le sue articolazioni
per esempio i prefetti. Mussolini spesso vorrà appoggiarsi ai prefetti piuttosto che ai
federali. I prefetti conoscono il funzionamento dello stato e non preparare dei prefetti
fascisti ma cosi si arrivano a creare delle tensioni anche nei momenti di emergenza.

Il discorso della protezione civile è un discorso che rimane silente per molti decenni dopo
il fascismo e con la nascita dell’epoca repubblicana. Questo non significa che una volta
sorta la repubblica italiana non vengano presentati dei disegni di legge che dovrebbero
intervenire in questo settore, ma sono disegni di legge che non riscuotono successo
come quello de 1950, 1962, 1967: disegni su quella che all’epoca viene definita DIFESA
CIVILE che falliscono. Vengono presentati in fasi particolari come il Polesine del ’51.
Quegli degli anni ’60 incrociano Firenze, il Vajont, terremoto del ’68, ma non raggiungono
l’obiettivo di essere approvate dalla camera del senato.

Periodo della guerra fredda; de Gasperi che trascina l’Italia verso la Repubblica porta
‘Italia nel blocco dei paesi occidentali. Incontra il presidente Truman per ottenere gli aiuti
del Piano Marshall con cui gli americani cercano di sollevare le economie europee
nell’ottica di avvicinarli al suo modello politico ed economico. Truman accetta di aiutare
l’Italia ma chiede che i partiti della sinistra come socialisti e comunisti vengano allontanati
dal governo, dal 43 al 47 sono stati governi di unità nazionale, fase di completa
emergenza in cui tutti i partiti hanno collaborato nella fase della resistenza.

È una collaborazione che continuò anche dopo in quanto paese devastato dai
bombardamenti. Questa collaborazione finisce nel ’47, gli stati uniti vogliono che De
Gasperi dia un segnale forte e si allontana il blocco sovietico in quanto l’Italia era l’ultima
frontiera prima del mondo sovietico. È una scelta che crea malumori e che caratterizzerà
la nostra politica fino alla caduta del muro di Berlino. Politica per cui i comunisti e
socialisti partecipano mandando deputati e senatori in parlamento ma non possono
esprimere un governo o partecipare a governi altrui con una coalizione. La nostra
democrazia nasce nel ’48 e gli storici la definiscono come una DEMOCRAZIA
BLOCCATA.

I socialisti poi negli anni ’60 torneranno al governo allentando la tensione anche
nell’ambito delle riforme della protezione civile. La democrazia quindi ha i suoi primi
decenni in un clima di tensione e sospetto tra le due grandi forse politiche che sono la Dc
che guiderà i governi fino agli anni ’90 e due forze escluse dalla possibilità di governare
che sono i socialisti e i comunisti. C’è un senso di sospetto che si manifesta in vari ambiti:
pensiamo alla legge regionale con esse che nascono negli anni ’70 in quanto la Dc
pensano che possano diventare un livello intermedio di potere e che possa essere
capitanato dai socialisti o comunisti. Anche qua torniamo in un clima di sospetto che
blocca questi disegni di legge che vengono riproposti. Il problema è che anche qui i
comunisti temano vi sia nel disegno di legge la possibilità per la forza di maggioranza
della Dc di poter creare un regime autoritario sotto le mentite spoglie di un’emergenza.

Non è un caso che questi primi disegni siano titolati come DIFESA CIVILE - termine che
creano sospetto. Questi disegni devono fare un passo indietro dal punto di vista
dell’amministrazione dello stato e le competenze tornano al ministero dell’interno sottratte
al ministero dei lavori pubblici arrivando a politicizzare l’emergenza. Poi socialisti e

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comunisti considerano che si affida al governo la possibilità di dichiarare stato di
emergenza senza consultare il parlamento e questo alimenta i sospetti in quanto significa
che il governo può usare il decreto baipassando l’organo deputato dalla costituzione a
fare le leggi quindi il governo ha il potere assoluto di fare leggi. (1963 - nasce il partito
Dc+socialisti guidato da Moro che è del Dc e come vice Nenni che è socialista).
Possibilità di requisizioni forzate di beni ma anche queste leggi prevedono prestazioni
obbligatorie personali: di fronte a un’emergenza se va messo in sicurezza un palazzo il
prefetto può obbligare alla gente di lavorare e questo scatena l’opposizione dei comunisti
pensando al lavoro forzato. In ultimo nei disegni di legge tra anni 50 e 60 di parla di
volontariato che man mano diventerò importante in ambito dei soccorsi, anche qui si
pensa che lo stato possa dialogare con questa parte della popolazione che è disponibile
a lavorare in queste leggi però il volontariato viene inquadrato con apposite liste di
iscrizione e vengon addestrati dallo stato che si preoccupa di formare i volontari che
andranno nei luoghi delle emergenze. I socialisti e i comunisti considerano che queste
squadre puzzino molto di fascismo come la milizia volontaria fascista come strumento di
controllo sociale. L’idea è che in realtà di questo squadre si finisca di fare un uso politico.

Queste leggi si riferiscono alla difesa civile perché non hanno come obiettivo suo
l’intervento classico di emergenza ma anche nei casi di disordine come scioperi fiolenti
che creano fibrillazione nelle comunità passando sotto lo stato di emergenza. Sono leggi
pasticciate che mettono insieme troppe cose e nell’ottica delle forze di sinistra hanno uno
scopo poco nobile come quello di fornire, nei casi di emergenza, degli strumenti alo stato
x intervenire senza altri pareri come quelli del Parlamento che dovrebbe controllare come
opera la maggioranza mentre la legge della difesa civile lascia dei dubbi sullo scopo di
questa normativa.

La situazione cambia tra 60-70 per alcune ragioni che abbiamo visto nelle lezioni scorse.
Gli anni ’60 sono da un alto gli anni del boom economico ma anche anni in cui un
territorio italiano viene aggredito impunemente come il Vajont, l’alluvione a Firenze ed è
un fenomeno che arriva fino a Venezia.

(Domanda: come mai avendo la Dc i numeri per far votare una legge non viene
approvata? Risposta: I comunisti e i socialisti non partecipano ai governi ma la Dc parte
con un grande consenso che poi si riduce al punto tale che ci sono fai storiche in cui la
Dc riesce a fare approvare leggi da una formazione che è quello sociale-italiano e per la
Dc è un problema in quanto approvate dai neofascisti. Quando la Dc è in difficoltà
arrivano questi voti e quindi torna sui suoi passi. Quindi queste leggi non passano e la Dc
non forza. Si ritiene che il volontariato mascheri una milizia paramilitare, governo che
potrebbe utilizzare queste forze a suo piacimento e questa paura di una milizia blocca
qualunque iniziativa della Dc nel continuare su questa strada).

Popolazione tormentata da un’emergenza a cui lo stato non fa risposte concrete, nel


mezzogiorno ci sono pochi presidi militari, siamo in un contesto di guerra fredda e la
maggior parte delle forze armate sono in guerra. Il mezzogiorno non ha un presidio
comparabile e quindi gli aiuti arriveranno molto tardi. La zona è già di difficile accesso e le
vie che portano a questi paesi sono state dissestate e questa popolazione per giorni
rimane abbandonata al suo destino. Siciliani costretti per decenni vivere in baracche

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fatiscenti. La situazione cambia con l’inizio degli anni ’70 anche grazie alla scossa delle
coscienze dovute agli avvenimenti precedenti. C’è un cambio di passo, negli anni 70il
sistema regionale entra in funzione come settore strategico anche per il settore del pronto
intervento emergenziale. Non è un caso che in apertura di questo decennio venga
approvata la legge 996 del 1970 che mette in moto il discorso della protrazione civile
anche se nell’ottica dei soccorsi, non si parla ancora di ricostruzione o prevenzione.
Primo passo significativo ed ecco che si delinea uno scheletro di amministrazione in cui si
incarica di intervenire in caso di emergenza come il ministero degli interni, i prefetti, al di
là di essi la novità introdotta è la figura del COMMISSARIO PER LE EMERGENZE che
sarà strategico perché diventa l’anello di congiunzione tra le istituzioni dello stato e le
comunità locali in un’ottica di condivisione. Il commissario crea una sinergia con i sindaci,
i prefetti, le forze armate, dovrebbe in qualche modo anche dare immagine di uno stato
che non cala dall’alto la soluzione ma le progetta in condivisione con il popolo. Il
commissario ha poteri speciali di intervento sarà poi incarnato da Zamberletti primo
grande commissario x le emergenze che ha valorizzato questa figura superando molti
ostacoli nel rapporto con lo stato.

Sempre questa legge nell’ottica della compartecipazione e organizzazione nascono dei


centri di primo intervento nel territorio, sono coordinati dal commissario straordinario
come il sistema sanitario e le cucine da campo x consentire alla comunità di potersi
sfamare.

Anche nell’ottica di ammorbidire una situazione centralizzata nasce il comitato


interministeriale della protezione civile con un rapporto sinergico tra tutti i ministeri che
devono agire sul territorio come quello degli interni, del lavoro, dei lavori pubblici, quello
dei beni culturali che sarà poi investito di un ruolo a sé nella gestione delle emergenze.
Nascerà con le leggi successive anche il commissario speciale dei BC con l’obiettivo di
occuparsi di un altro bene ferito che non è la comunità umana ma il patrimonio.

Viene valorizzato il ruolo del volontariato come un ruolo con cui lo stato deve interagire
nelle fasi emergenziali. Una legge che sblocca la situa x gli interventi di emergenza ma
che ha dei limiti evidenti come quello che emerge è che non si occupi di prevenzione o di
ricostruzione.

Negli anni ’80 questa legge viene approvata ma non approva il regolamento attuativo di
questa legge, senza regolamento la legge è carta straccia. A ricordarci la lacuna
drammatica è il terremoto del 1980, anni con eventi che ci portano alla dura realtà. Nel
momento in cui l’Italia conosce il secondo boom economico con la crescita del PIL come
non succedeva da un decennio ci porta alla realtà il terremoto dell’Erpinia. Terremoto che
colpisce il mezzogiorno dell’Italia in cui le forze dell’esercito non ci sono o sono limitate,
lo stato non si coordina, non arrivano nemmeno le informazioni in tempo reale e
l’immagine plastica di uno stato che su questo tema è molto indietro è il fatto che i
giornalisti arrivino sul luogo del disastro in Campania prima delle istituzioni, surreale
vedere i giornalisti che si aggirano x le case sventrate senza nemmeno un funzionario
dello stato. Da qui uno scandalo che viene portato all’attenzione dell’opinione pubblica
grazie a Pertini, Presidente della Repubblica, leader socialista, uomo della resistenza.
Compie un gesto mai compiuto da nessun presidente nei momenti di emergenza; va in tv

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e denuncia le mancanze che le istituzioni pubbliche hanno dimostrato nel caso di
emergenza. Il terremoto porta indietro il tempo, a questa denuncia si aggiunge il fatto che
il presidente dice che il Parlamento in 11 anni non trova il tempo x approvare il
regolamento della legge.

Con una buona responsabilità dell’industria del nord che diventerà poi leghista, ma il
terremoto ha arricchito delle aziende del nord acquisendo i soldi per costruire al sud e
tornandosene al nord. Il terremoto dell’Erpinia ci porta indietro nel tempo perché rispetto
allo spirito della legge del 1970 l’efficenza dello stato risata inesistente. Dall’approvazione
della prima legge sulla protezione civile de 1970 fino al terremoto c’è un’altro terremoto
che è quello del 1976 in Friuli che colpisce il territorio nord-est italiano. C’eravamo illusi
che questa legge potreste essere u successo perché sia gli interventi di emergenza che la
ricostruzione hanno dato effetti buoni provando la figura del commissario per la prima
volta. Siamo nel 76 e i sistema regionale è una realtà, anche quelle a statuto speciale
come il Friuli. Lo spirito con cui i friulani affrontano l’emergenza è di totale autonomia
della comunità. Il commissario coinvolge le comunità locali rendendole protagoniste della
ricostruendo raggiungendo livelli buoni anche nel campo del BC. Perché uno degli slogan
dei friulani x descrivere l’emergenza è “dov’era, com’era”.

Questa filosofia viene rispettata dal governo e da risultati importanti, vengono messi in
piedi molti borghi e emblematico è il caso di Gemona, una città ricca d’arte, medievale
che è stata gelosamente custodita ma viene scossa dalle fondamenta. Gemona viene
ricostruita esattamente com’era, in particolare questo approccio alla ricostruzione grazie
a questa legge si traduce con una conquista dei beni cultuali come l’Opificio delle Pietre
dure.

Con questo terremoto si sperimenta per la prima volta la tecnica della ricomposizione a
terra, l’idea che i frammenti delle pievi, delle chiese vengano numerati e ricomposte su
grandi spianate predisposte x renderli operativi attraverso il restauro. Pratica che inizia ad
essere impelaga con questo terremoto raggiungendo effetti sorprendenti come con
Gemona.

Ci interessa che i beni culturali emergono da un lungo silenzio con queste


sperimentazione che farà scuola non solo in Italia.

Facciamo un passo indietro con il terremoto dell’Erpinia, terremoto che da una scossa
all’opinione pubblica e alle forze politiche. A dare un impulso alla protezione civile è anche
la tragedia di Vermicino, ragazzino che nel 1981 cade in un posso artesiano, profondo ma
con un imbocco stretto e anche qui lo stato fa una brutta figura proprio perché il
terremoto di Vermicino è la prima tragedia civile osservata dalle telecamere seguendo
questo evento per tutta la sua fase fino alla morte del bambino. Evento tragico che da
l’idea di uno stato incompetente chiamando pure dei funamboli del circo.

Questa legge sulla protezione civile era stata tradita e con il terremoto in Friuli avevamo
creduto alla sua efficacia tradita dalla comunità che si è rimboccata le maniche anche
sopperendo alle mancanze dello stato, comunità che dialogavano con il commissario
Zamberletti, inoltre il terremoto avviene in Friuli quindi carico di caserme. L’intervento
militare fu efficace. Questo ha creato un’illusione che esplode quando Pertini va in tv e fa
una dichiarazione di impotenza delle forze politiche.

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Negli anni ’80 c’è anche Chernobill, facendo nascere il partito del sole che ride, oggi
partito dei verdi. Il passo ulteriore è dare attenzione a questa legge creandone la struttura
operativa nel 1982. Attraverso questa nuova legge viene formalizzata la figura di un
ministero e ministro nuovo per il coordinamento della protezione civile come una sorta di
commissario permanente che deve monitorare il tema. Un ministro x il coordimaneto a cui
viene affiancato un dipartimento della protezione civile che viene creato all’interno della
presidenza del consiglio dei ministri diventando un suo organo, organo sovraministeriale
non è di un unico ministero x favorirne l’unificazione.

Legge che fa un passo ulteriore, attraverso questi dipartimenti e figure si riflette sull’idea
che lo stato debba avere compiti nella prevenzione e previsione nella raccolta dei dati.

Organi che devono raccogliere in maniera sistematica i dati sulle emergenze, rifarsi alla
ricostruzione storica delle emergenze in Italia. Questi organi hanno anche il compito di
predisporre un piano nazionale e territoriali in base alle aree che le statistiche ci dicono
essere + a rischio. Ultimo è il coordinamento dei soccorsi con un fine preventivo. A
perfezionare questa legge sarà 10 anni dopi nel 1992 un’altra legge approvata in un clima
diverso come il federalismo, la legge del 70 portano al perfezionamento del sistema di
protezione civile.

Lo stato perde il ruolo di primo piano e svolge attività di coordinamento e controllo ad


azioni che verranno lasciate alle autorità locali con il principio di sussidiarietà che si
traduce garantendo l’assistenza all’emergenza a livello locale partendo dal sindaco e non
dallo stato.

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