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Simona Troilo (Università dell’Aquila): Il peso del passato. L'eredità monumentale fascista oggi
Eliana Billi (Sapienza Università di Roma): La censura antifascista nell’arte: note per una rilettura storica
Cecilia Bernardini (Restauratrice, laureata ICR): Dipinti murali del ventennio fascista. Rimozioni e accettazioni
Gabriella Prisco (Archeologa, già funzionaria dell’ICR): Amedeo Maiuri e l’archeologia del Ventennio, tra
Giovanni Ruocco (Sapienza Università di Roma): Muovere, rimuovere: gli usi ‘difficili’ del passato tra memoria e
storia
Ascensión Hernández Martínez (Universidad de Saragoza): Le tracce del franchismo: un’eredità scomoda per gli
spagnoli
Giuliana Tomasella (Università di Padova): Una difficile convivenza: l’eredità del fascismo negli edifici e nelle
Giulia Grechi (Accademia di Belle Arti di Brera): Monumenti al cadere. Ri-mediazioni, contestazioni e
Francesca Gallo (Sapienza Università di Roma): Arte contemporanea e difficult heritage: qualche esempio
La mostra inaugurale si è tenuta nel 1985 e si è iniziato a fare un punto sulla situazione, il
Eredità del ventennio eredità composita, reperti della romanità reimpiegati durante il
Fascismo. Il difficult heritage fa la sua comparsa a tratti nella società contemporanea; varie
l’ipertrofia della memoria, la banalizzazione del passato, ecc. necessario avere uno
sguardo largo, consapevole dei molteplici risvolti che l’analisi può avere. Quale eredità i
significa selezionare ciò che è destinato a rimanere e ciò che è lasciato all’oblio, ha a che
fare con il passato e il futuro ma anche con il presente; la tutela è radicata nel presente
ma con cui è necessario fare i conti. Complessità delle istanze che si celano in questi
architetture di vario genere, ecc. abbandonati per depotenziarli. Di fianco alle forme di
riuso o conservazione acritica c’è un’altra forma di rapporto con le forme del passato:
cancellazione, gesto iconoclasta che nega la possibilità di redimere l’eredità avuta in sorte.
Entrambe le modalità esprimono modi di relazionarsi con questa eredità e i tempi che
rappresentano.
L’idea avuta nel 1944 di affrontare il tema della rimozione dei monumenti fascisti si risolse
in un nulla di fatto, si optò per un riuso diffuso, la necessità di non appesantire le casse
dello stato portò ad accantonare l’idea dell’abbattimento; spogliati degli emblemi fascisti
più evidenti. A partire dagli anni ’80 l’eredità architettonica del fascismo venne rivalutata
dal punto di vista estetico, il dato simbolico ed ideologico viene espunto dalla lettura dei
manufatti. Spazi patrimonializzati, accolti nella pratica di conoscenza, valorizzazione e
Relazione con la memoria del Ventennio: il tergiversare e la negligenza con cui viene
accolta l’eredità del fascismo ci dice la difficoltà di rapportarsi con una storia difficile da
metabolizzare.
“La storia dell’arte non è una storia di cose ma una storia di giudizi di valore” (Argan)
La storia della censura è parte di questo assunto, è una storia di negazione di valore.
Intervento che vuole essere un resoconto delle ricerche su questo tema. Si parte dal caso
Sironi della Sapienza. Vicende della pittura murale raccontando casi emblematici di
Sironi: nel 1935 realizzato per rappresentare “la glorificazione dell’Italia fascista tra due
gruppi delle arti e delle scienze”, censurato nel 2944 e nel 1950 con la ridipintura che ne
alterò l’immagine originaria. Nel 1985 si tentò una prima strada per riportare l’originale
opere censurate di Sironi mettono in evidenza che l’artista non ebbe ruolo nel processo di
censura delle opere se non per un dipinto dell’università Ca’ Foscari di Venezia. L’artista
non intervenne su nessuna opera, meno determinata furono invece altri artisti che
dovettero rivedere le loro opere (ad esempio Alessandro Pandolfi che dipinse un’opera
sulla Casa del Fascio di Gallarate, coperto con una bandiera italiana in attesa che il pittore
elimini simboli politici ed ecc. ma Pandolfi non apportò nessuna modifica e scialbò l’opera,
che ancora oggi è in questo stato). Altri artisti invece apportarono modifiche (A. G.
Santagata nella Casa Littoria Antonio Locatelli di Bergamo, studi grafici per una revisione
dell’opera testimoniano le modifiche). Diversa storia per Antonio Achilli: il fulcro della
composizione della sala del CNR era raffigurato il Duce che parlava al popolo, questa
parete nel 1947 venne ridipinta dallo stesso artista. Ancora un’operazione censoria fu
chiesta a Carlo Sbisà che dipinse nel palazzo delle assicurazioni Generali a Trieste un
affresco “La Legge e l’Industria”: venne chiamato dall’amministratore dello stabile che
chiese di cancellare il fascio dipinto, lui prima si rifiutò ma pressato dalle insistenze
cedette ma raccontava dell’imbarazzo nel cercare un simbolo che sostituisse il fascio e alla
fine lo sostituì con una testa di Giano bifronte, che sottolineava anche il voltafaccia del
committente dell’opera che poi gli chiese di cancellare. Studiare la censura antifascista
significa attraversare più decenni. Distruzione violenta dei simboli del regime, lo
strumento della rabbia fu simbolicamente il piccone che agì solo parzialmente e descrisse
il periodo come l’unico spazio per la damnatio memoriae. Gli strumenti censori divennero
altri: rimozione alla vista, scialbi o strati di intonaco, ritratto del duce di Corridonia ad
esempio e gli esempi potrebbero continuare, anche tende e bandiere divennero strumenti
di censura. Simon Martin ha messo in evidenza come gli alleati convissero con la
opere alla base degli occultamenti ma anche impossibilità economica di far fronte alle
detto che un tentativo di razionalizzazione del processo fu fatto nel 1944. Ma il piano fu
te” municipale: Leopoldo Battistini, Madonna del Fascio (1927) asilo e oratorio di Santa
Rosa, Predappio ritoccata da una suora e quindi non venne distrutto dai partigiani.
murale di Giorgio Quaroni realizzato per la Casa dello Studente che aveva ben poco di
fascista venne distrutto quando iniziarono i lavori nell’edificio; dipinto di Giulio Rosso
demolita la parte destra dell’opera. Ognuna delle storie andrebbe ricostruita passo- passo
come presupposto della conservazione del patrimonio, anche quello difficile da digerire.
Mi sono persa
Muovere, rimuovere: gli usi ‘difficili’ del passato tra memoria e storia
Il lavoro dello storico è immaginato come fondato sugli eventi di cui si deve fornire una
residuale, la crisi di questa visione ha sancito la fine di quel regime di storicità lineare e
presente permanente, una sorta di interruzione, perduta la linea di continuità col passato
si ricercano dei materiali cui appigliarsi. Questo non dovrebbe essere uno spazio di
percorso della storia qual è quello che ha compiuto invece la memoria? E cosa possiamo
l’atto individuale di ricordare quando riflettiamo sulla memoria come fatto collettivo
restiamo influenzati dalla memoria individuale come se quella collettiva fosse ciò che
della memoria è sempre sospettabile nella sua affidabilità proprio a causa del processo
della sua formazione. I contenuti della memoria collettiva segnano oggi le identità.
Pomeriggio
2 notizie di questa settimana: scoperta di una fossa con più di 150 civili eseguiti nei primi
giorni della guerra civile; notizia sul Valle de los Caidos che verrà definito da un concorso
della dittatura, ancora oggi i partiti politici soprattutto della destra mettono ancora in
questione la legge 52 del 26 dicembre 2007 (questa legge diceva che tutti i segni della
dittatura dovevano essere tolti dagli spazi pubblici della Spagna, ad esempio rimozione
della statua di Francisco Franco nel 2008 questo succede perché è ancora in una situazione
di revisionismo e lotta politica, ideologica anche nel campo accademico, ancora non sono
stati capaci di costruire una narrativa in cui siano state incluse anche le prospettive di chi
ha perso la guerra e non solo chi l’ha vinta). Non sono stati costruiti luoghi per l’accordo,
dove la Spagna posso riconoscere la storia e anche quella della dittatura, confrontarsi con
fatti controversi e problematici della storia d’Europa. Tuttavia qualche attuazione è stata
fatta: intervento nel Turò de la Rovira, recuperati e trasformati in una specie di parco
secondo esempio è la situazione del paese Corbera d’ebre dove si è combattuta la batalla
del Ebro nel 1938 ed è stato distrutto e abbandonato, dimenticare anche la storia, ma il
governo li ha riconosciuti poi come BIC, bene di interesse culturale come luogo storico,
dentro questo paese la chiesa di San Pedro è stata restaurata 10 anni fa circa da un gruppo
della battalla d’Ebre denominato 115 dias corbera d’ebre ed ha recuperato una ventina di
spazi storici, per non dimenticare questi spazi storici; in Aragona c’è una attività chiamata
“Amarga storia”. Cosa succede con i grandi monumenti della dittatura? Franco ha usato
tutti i mezzi e soprattutto l’architettura per fare pubblicità ed ingrandire la sua figura,
come dio, comandante della nazione. La situazione sotto la sua dittatura è stata dura, lui è
periodo. Famoso Valle de los Caidos, esempio maggiore del culto franchista dei caduti
fascisti per Dio e per la Spagna (megalomane, monumentale, mostra nel 1941 dove si
manifestazione della vittoria dei fascisti perché avevano una parte importante nella
costruzione di una nuova nazione sotto il segno della dittatura. In questo monumento
Franco voleva essere sepolto ma prima di questo è stato riempito con 3000 e più corpi di
soldati fascisti ma anche soldati repubblicani (è la più grande fossa comune di Spagna), è
una monumentale costruzione e dentro vi è sepolto il dittatore Franco. Nella legge 52 c’è
un articolo che specificava la necessità di depotenziare questo luogo e per fare ciò sarebbe
stato necessario riesumare i resti del dittatore. Quello che stupisce è che hanno aspettato 44
anni per traslare i resti del suo corpo da un’altra parte ed era un monumento controverso.
Il secondo monumento è l’Arco della Vittoria di Madrid, sorto nel punto dove si è
verificata una delle battaglie più mortifere della guerra, fa parte del paesaggio simbolico
dove si trova anche il ministero degli esteri, costruzione fatta dalla dittatura ed ha una
presenza all’interno della città davvero fortissima. Questo monumento continua con
questo culto al dittatore e si celebra tante volte durante la dittatura. Durante il presente il
monumento è un simbolo contrario ai simboli della democrazia che fanno ora parte della
carcere de Carabanchel, simbolo della dittatura perché era il principale carcere della
nazione dove si portavano i carcerati politici, questo luogo poteva essere conservato come
un luogo di memoria anche per ricostruire una parte della storia contemporanea. Ci sono
stati molti richiami per conservarla ma il comune di destra della città di Madrid ha deciso
in una notte di demolirlo ed è stata conservata solo una piccola parte dove oggi si portano
gli immigrati illegali e dove si sono prodotti incidenti perché è un luogo di pressione
anche per l’attualità. La maggior parte dell’edificio è stata usata per costruire palazzi ed è
una vittima della speculazione immobiliare. Peio Riano (riagno) si chiede perché il carcere
è stato demolito e l’arco rimane in piedi? Perché la scultura di Franco viene tolta e il Valle
de los Caidos rimane in piedi? Un’opera di arte concettuale di Barbara Kruger del 1989:
your body is a battleground si può cambiare anche in il territorio della spagna è un campo
di battaglia.
Una difficile convivenza: l’eredità del fascismo negli edifici e nelle decorazioni
dell’Università di Padova
Il protagonista di questa vicenda è il rettore Carlo Anti, dal 1932 al 1943. Grazie alla sua
milioni e fu una grande vittoria. Studio del rettore, all’interno del cantiere del 1933 a
del Palazzo Bo (edificio principale dell’Università). Studio arredato da Gio Ponti che si
occupò anceh della decorazione e del design e lo studio si presenta ancora così eccetto i
ritratti del re e del duce. L’uni è una grande università in una città piccola l’ha definita
urbanisticamente (simbiosi tra città ed università). Il bando per la ristrutturazione del Bo è
vinto da Ettore Fagiuoli; nel corso degli anni ci sarà una successiva intrusione da parte di
Gio Ponti che ottenne dal rettore l’incarico di arredare e decorare il primo piano del Bo, a
tal punto sarà forte la sua presente da oscurare la persona di Fagiuoli. Ma è a lui che si
deve il cortile nuovo del Bo, marmoreo e magniloquente. Attilio Selva fu incaricato di
eseguire l’alto rilievo e la statua della Minerva, sull’altorielievo celebra gli studenti
conquista dell’Etiopia (oggi queste scritte non ci sono più). Nel 1943 Anti diede le
dimissioni e gli subentrò Marchese. Padova dopo l’8 settembre guidò la resistenza nel
Veneto e il centro operativo era dentro l’università. Nel palazzo Bo troviamo 2 discorsi
studente di arte e divenuto comandante della divisione “Monte Grappa” che cadde in
battaglia: discorso quindi contrastante. Al Liviano c’è una statua dedicata a Tito Livio
eseguita da Arturo Martini. Di fronte alla statua del partigiano è difficile rendere la
compresenza in fotografia, ma di fronte a lui c’è una stele che reca 116 nomi e costituisce la
motivazione della medaglia d’oro al valor militare data all’ateneo per meriti nella
resistenza e di questi ben 107 sono studenti. Un secondo intervento di maggiore impatto a
sono delle iniziative che si legano a questo anniversario. Nel cortile nuovo c’è
l’opera è di Kounellis. Come avvenne la scelta dell’opera di Kounellis? Venne istituita una
commissione di cui facevano parte numerosi professori e Ballarin propose non Kounellis
ma Cillida ma poiché questo era non disponibile venne sentito Kounellis che disse di sì e
gli venne dato l’incarico: lui successivamente invia una descrizione del progetto (ferro e
legno) e invia anche schizzi e bozzetti. Fa il riferimento alla cattedra di Galileo, che si trova
nella Sala dei Quaranta in Palazzo Bo. In una intervista che K. Rilasciò a Virginia Baradel
che gli chiese che impressione avesse avuto nel visitare il Bo: lui rispose che fu
impressionato dalla potenza evocativa della cattedra di Galileo, che è come un diapason.
Opera realizzata è nel cortile nuovo e le tre bandiere come lui le descrive nel suo progetto,
Le reazioni furono molto accese, e si può dire che prevalsero i detrattori dell’opera.
Pianezzola scrive che il cortile ha subito una ferita e per questo si chiede di restituire
dignità al cortile e di rimuovere quindi l’opera. Fase ’95: apoliticità, si è recuperata nel
aveva. L’opera di Kounellis va portata fuori dal cortile nuovo del Bo, si schierano
essere messa da un’altra parte. C’è chi auspicò una distruzione dell’opera ad opera dei
tarli, frasi sul fatto che un mucchio di legno fosse costata così tanto (vennero diffuse anche
notizie false sul costo). Tra le tante voci negative ci furono voci di professori, ad esempio
Weber di medicina, che scrissero a favore dell’opera. Fra coloro che difesero l’opera ci
ferro e stoffa. Quello che colpisce di più in questi commenti è il fatto che nessuno tocchi la
questione di cui noi dibattiamo ovvero la funzionalità in una lettura critica del cortile
pubblico
focalizzare meglio questo argomento: il fatto che necessità che sia in primis l’accademia a
monumento dedicato alla strage di Capaci, complicato anche vederlo perché essendo in
nato una sorta di antimonumento che si trova nell’indirizzo dove Falcone viveva, sotto
casa c’è un albero dove le persone hanno iniziato a portare oggetti, foto, ecc. simboli di una
indignazione fortissima: differenza tra la freddezza del monumento tradizionale nel luogo
della morte e il calore e la passione di questo monumento spontaneo nato nel luogo della
vita.
Anche le statue muoiono? Cita il video del 1953 di Resnais, Marker e Cloquet: quando gli
uomini muoiono entrano nella storia; quando le statue muoiono entrano nell’arte. Questa
botanica della morte è quello che chiamiamo cultura. È che il popolo delle statue è
mortale. Un giorno i loro visi di pietra si decomporranno a loro volta. Una civiltà lascia
Di chi è il patrimonio (foto della stele di Axum)? Il patrimonio è di chi appartiene e qui c’è
una ambiguità fondamentale: che sono oggi i cittadini? Oggi siamo all’interno di società
patrimonio bugiardo.
La questione riguarda solo il passato? No, torniamo sulla logica del monumento come un
Di chi è lo spazio pubblico? Urgenza di una forma di giustizia nei confronti delle
nazifascisti nel 1945 in val di fiemme, dopo una petizione popolare lanciata dal giornalista
Il Foro italico, ex Foro Mussolini: “la struttura architettonica non rifletteva l’ordine sociale
ma lo formava” (da Marcello Barbanera, il corpo fascista, 2016). Luogo focalizzato sulla
questione dell’educazione del nuovo fascista e questo per il fascismo era un elemento
dalla luce naturale, per creare lo stampo della virilità, enfasi sul corpo nudo per creare
l’educatore tipo che accettasse anche il compito come una missione di fede. Questo spazio
nel suo interno e nel suo esterno (i dormitori senza coperture per la luce) non era solo una
educazione nel senso di spiegare come doveva nascere l’uomo nuovo ma una
incorporazione del modello fascista. Questione fondamentale sulla quale si deve riflettere,
statuaria del corpo immobile. Qui siamo nel momento della costruzione della
costruisce il legame tra l’incorporazione fascista e la memoria collettiva. Sono i nostri corpi
che continuano a replicare dei modelli che sarebbero da contestare. L’amnesia culturale è
Progetto per la casa del mutilato di Palermo, edificio di matrice fascista e coloniale oggetto
questo monumento, avviene attraverso una serie di progettualità che vanno ad agire sul
design.
qualche esempio
Da qualche tempo gli artisti si confrontano con tali emergenze in diverso modo; lavoro di
Bridget Baker, da tali documenti parte la videoproiezione che pone al centro le giovani
generazioni di eritree in Eritrea e in Italia (?). in generale intervenire nello spazio pubblico
sulla consistenza fisica del monumento è complesso: uno dei primi episodi riguarda Imola,
inaugurato nel 1928. I fasci littori vengono rimossi nel 1943 ma le prime richieste id
rimozione del monumento risalgono agli anni ’60 e ’70. La soprintendenza impone un
vincolo nel 2002, e l’obelisco viene rimontato nei pressi del cimitero nel 2011.
tutti i caduti di tutte le guerre. Alfredo JAr, Studio Azzurro, ecc. sono convocati a
presentare dei progetti e ne vengono selezionati due ma l’ultima parola spetta ai cittadini e
la scelta è caduta su “Il segno della memoria” di Studio Azzurro, portato a compimento
nel 2013. Emersi racconti intorno alla Grande Guerra, testimoniati da cartoline, foto,
lettere, ecc. tali testimonianze sono valorizzate da Studio Azzurro in modalità attuate
soprattutto negli allestimenti museali. Ad Imola questi materiali sono raccolti nella
proiezione video sul pavimento in piazza, inoltre il segno della memoria era destinato alla
di debolezza è che non si trova traccia di questa opera in piazza, benchè abbia sicuramente
delle svolte positive come la partecipazione della popolazione e una soluzione estetico-
Arnold Holzknecht e Michele Bernardi, senza titolo, 2017, Bolzano. Intervento antitetico
significa anche accostarsi alle sue esclusioni o inclusioni indesiderate. Anche Rodari nel
1959 suggerisce di perfezionare l’opera senza modificare una virgola (scritte al Foro
Italico), aggiornamento delle scritte al foro. Neppure per noi oggi può bastare una
della monumentalità.