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LA STORIA DELL’ARTE

Herder esalta Winckelmann e lo de nisce un pioniere allontanandosi dall’impostazione


cronachistica, cerca di comprendere il senso globale dei singoli fatti, cogliendo la totalità
di una cultura e di un popolo nella sua evoluzione storica, lega l’arte a un contesto
concreto e irripetibile. Nonostante ciò Herder pone dei limiti alla storia dell’arte elaborata
da W: La visione Winckelmaniana gli appariva come una dottrina dell’arte, un’estetica, il
cui fulcro era la convinzione che l’arte greca del V sec attingesse a perfezione assoluta e
che fosse il criterio di base con cui valutare la produzione artistica di altre epoche e altri
popoli. Era proprio la norma a disturbare Herder, che critica 2 aspetti: a) W presenta i
Greci come un popolo che aveva creato la propria cultura e la propria arte da se modo
autarchico, ri utando che la loro arte traeva origine da quella egizia; b) W concepisce
l’arte greca come assoluto modello di perfezione senza comprendere che anche le arti di
altri popoli dovevano venir trattate in modo autonomo e non soltanto giudicate negative o
meno per comparazione. Dichiarando che ogni cultura va interpretata iuxta propria
principia, non secondo criteri ssi e universali, Herder in opposizione a Winckelmann
apriva la strada allo storicismo. La compresenza di un’esigenza di storicismo e
atteggiamento normativo caratterizza anche l’opera del Vasari “Le vite” nella quale ci
mostra una visione progressista in cui l’arte rinasce in seguito alla decadenza del
medioevo e si sviluppa giungendo alla perfezione con Michelangelo, apice di questo
processo evolutivo. La visione vasariana dell’arte ci appare “viziata” dal concetto di
“rinascita” che presuppone l’idea di un epoca di decadenza a cui tale “rinascita” avrebbe
messo ne. In secondo luogo è deformata da un’atteggiamento dogmatico teso a
indicare al lettore l’esistenza di una perfezione nell’arte raggiungibile con l’imitazione dei
modelli antichi e gli artisti del 500. Vanno aggiunti i condizionamenti di un’ideologia
toscanocentrica che faceva della Firenze Medicea la protagonista dello sviluppo artistico
italiano, relegando in secondo piano altri centri importanti come Venezia. Pur guidato da
questi criteri Vasari considerava il processo storico come una catena di fenomeni
strettamente connessi, sicché trattava di epoche e artisti secondo lui meno felici dal
punto di vista artistico se paragonati alla terza età ,ma degne di considerazione e notevoli
in rapporto alla “qualità dei tempi”.Insomma c’è un valore “relativo” che va riconosciuto a
opere medievali che se viste in rapporto al loro tempo appaiono belle e miracolose.
Grande di erenza tra Vasari e Winckelmann, è che il primo scrive una storia dell’arte
biogra ca, mentre il secondo, ha una sguardo + ampio, su tutto il contesto, il centro della
sua opera è l’arte intesa come “stile” che ha un’evoluzione storica legata a precisi
contesti. Fa dello stile il soggetto prioritario della trattazione storica.

ARTE, CONDIZIONI CLIMATICHE, PRATICHE SOCIALI E ORDINAMENTI POLITICI


Già nelle prime opere di W (Gedanken), vediamo un primo passo verso una forma di
storicismo che consiste nel presentare la perfezione greca come il frutto di un preciso
contesto climatico e sociale. L’eccellenza greca secondo lui deriva da un culto della
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bellezza che permea ogni ambito: politico, etnico, climatico, naturale e quello dell’innata
tendenza alla libertà che riconduce a un ordine naturale, nel senso che il sentimento della
libertà costituiva un’elemento a priori, innato di ogni greco.

Il fattore “natura” svolge un ruolo essenziale, del resto, Winckelmann sostiene che la
perfezione artistica greca derivi solo da un contesto greco e non dagli scambi che con
altri popoli, ritenuti super ui, la cultura per lui è quindi il risultato delle condizioni naturali
in cui si trova a operare un popolo. Si distingue dal modello etnogra co proposto da
Mariette e Caylus che considerano fondamentali i nessi, gli scambi, la comunicazione tra
le diverse culture artistiche. So ermiamoci sul fattore climatico, la dolcezza del clima,
in uenza positivamente e favorisce la bellezza sica, lo sviluppo di una mentalità
moderata e la lingua armoniosa. Riprende il concetto da Du Bos, secondo cui il mondo è
diviso in tre fasce climatiche, fredda, torrida e temperata, di cui solo in quest’ultima è
possibile la nascita di regimi politici e lo sviluppo di civiltà ra nate. Per Du Bos è la
Francia a bene ciare di tutti gli e etti bene ci del clima mite, per Winckelmann è la
Grecia. Questa teoria fu criticata dal pittore irlandese James Barry, il quale dimostrò in un
trattato speci co dimostrò l’assurdità dell’idea che il clima potesse condizionare lo
sviluppo artistico di un popolo. Polemizza contro Winckelmann che aveva lasciato
intendere che dietro la scarsa inclinazione per le arti mostrata dai popoli britannici ci
sarebbero state cause climatiche. Secondo lui lo sviluppo artistico dipende da
circostanze, da cause morali, opinioni, educazione dell’artista e del popolo.Dopo aver
dimostrato che le di erenze tra le scuole pittoriche italiane non possono derivare dal
clima delle diverse regioni, ma da cause morali o accidentali egli spiega l’attardato
sviluppo dell’arte inglese con cause religiose. Tuttavia Barry assimila un’idea
fondamentale della visione storica di W: quella di legare la produzione artistica a una
situazione storica concreta.

IL SENSO DELLA STORIA E LA NASCITA DELLO STORICISMO


Una coscienza storica attraversa la letteratura artistica in Italia sin dalla sua nascita.
Quando Dante riconosce nella sua Commedia la superiorità di Giotto rispetto al maestro
Cimabue, esprime intrinsecamente l’idea di un avvicendamento storico che ha portato
alla ribalta artisti più moderni. La letteratura artistica del 400-500 ha ben assimilato
l’aspetto della “modernità” di Giotto facendone l’iniziatore di una Rinascita dell’arte. S’era
così delineato un modello di sviluppo storico che trovò nelle “Vite” di Vasari la sua più
compiuta e emblematica manifestazione. Figura fondamentale nel 600 fu Giulio Mancini
con il quale inizia un primo progresso storicistico verso una maggiore conoscenza
dell’arte Medievale. Sostiene per la prima volta la continuità della pittura nei secoli oscuri
del Medioevo e a erma che per poter dare giudizio alle opere bisogna considerare i tempi
nelle quali sono state fatte.

Sempre nel 600, Filippo Baldinucci, ordinando la collezione di disegni del granduca
Leopoldo de Medici, adottò un criterio cronologico per osservare e veri care lo sviluppo
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storico e i “progressi dell’arte” partendo da artisti lontani dal gusto contemporaneo
(Cimabue e Giotto) ma considerati fondamentali in quanto anelli insostituibili di una lunga
catena. Va precisato che probabilmente già il “Libro dei disegni” del Vasari era ordinato
secondo lo stesso criterio cronologico. Troviamo quindi da una parte una storia scritta,
che segue lo sviluppo dell’arte attraverso singole biogra e e dall’altra una storia
“ gurata”,focalizzata sull’aspetto visuale, stilistico, cioè che parla attraverso le opere
stesse e necessariamente priva di quelle divagazioni aneddotiche che caratterizzavano il
genere biogra co. Nel 700 quest’ultima si a erma, così d’Hancarville illustrando le
antichità della collezione di Hamilton, presentando delle incisioni che riproducevano in
ordine cronologico opere appartenenti all’antichità, questo permetteva di cogliere
l’evoluzione degli stili dell’arte antica. In quest’epoca iniziavano infatti a formarsi raccolte
che presentavano una successione di opere di artisti dal medioevo all’età
contemporanea, visualizzando così la catena dello sviluppo storico dell'arte. Pioniere di
questo metodo Lodoli che aveva formato una raccolta di dipinti dall’arte bizantina al 700,
ponendoci una vera e propria storia “visuale” dell’arte. Probabile è che questo modello
collezionistico abbia avuto qualche peso sulla storiogra a artistica. Non è un caso che
sempre a Venezia sia stata redatta da Zanetti la storia della pittura veneziana la quale
rappresenta un’esempio di storia dell’arte in cui la parte biogra ca è eliminata a vantaggio
del fattore stilistico delle opere. Se lo storicismo nacque con Herder, d’altro canto già
precedentemente in Italia era maturato un forte senso dello sviluppo storico dell’arte, che
aveva spinto alcuni a valutare l’arte medievale come un momento fondamentale
dell’evoluzione storica. Tuttavia c’erano ancora molti pregiudizi, perché se già Mancini era
consapevole della continuità dell’arte nei secoli bui, ci sarebbe voluto del tempo perché
questa venisse apprezzata esteticamente. Prima che c’ho accadesse essa doveva essere
considerata degna di una trattazione storica. Così Sèroux d’Agincourt decise di elaborare
una storia dell’arte che coprisse i secoli di decadenza, colmando così la grave lacuna
nella storiogra a artistica. Sèroux però svolse l’immenso lavoro convinto che l’arte di cui
si occupava era decadente. In nome della storia trattava di un periodo che disprezzava
esteticamente.

L’importanza di Herder sta nell’aver a ermato la necessità di concepire la storia come


una catena in cui ogni anello è unico e necessario perché risponde a uno sviluppo
provvidenziale; nell’aver quindi sottolineato l’esigenza di comprendere ciascun anello in
sé, secondo i propri caratteri peculiari e individuali. Presupposto di questa concezione è
che lo spirito umano non è mai uguale a se stesso, non giudicabile attraverso principi
ssi. L’umanità va gradualmente realizzando se stessa rispondendo a un disegno
provvidenziale: ogni tappa, unica, è essenziale e necessaria; quindi non ha senso imitarla
o criticarla. Tutte le manifestazioni artistiche acquistano così il diritto di essere comprese
nella loro individualità e originalità. Quest’idea viene elaborata in modo originale da Hegel:
lo “spirito assoluto” si realizza rivelandosi nel processo storico, nel succedersi delle
civiltà, ciascuna delle quali rappresenta un momento unico di questo sviluppo: lo spirito si
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manifesta di volta in volta nella forma d’arte o nell’attività umana più appropriata a quella
determinata tappa. (arti incarnazione dello spirito assoluto) pag 195.

La comprensione di fenomeni artistici diversi tra loro fu sostenuta da Wackenroder, che


rivolge ai suoi contemporanei un’appello di “tolleranza” di tutte le espressioni artistiche.
Rispettare e comprendere le diverse forme dell’arte signi ca onorare Dio poichè ogni
opera reca la traccia di quel raggio divino che illumina ogni uomo. L’origine dell’arte è
infatti la scintilla divina che partita da Dio, attraverso il petto dell’uomo passò alle
creazioni di questi. L’arte è la rivelazione del raggio divino che colpisce l’umanità
rifrangendosi in mille colori perché unico è Dio e varia è l’umanità. L’arte è diversa ma
originata dallo stesso raggio divino del creatore.

LA STORIOGRAFIA ARTISTICA DA WINCKELMANN A CICOGNARA E FIORILLO


Il conte di Caylus costituisce una gura d’estrema importanza per aver rivoluzionato e
trasformato l’antiquaria in una scienza capace di fornire materiali utili alla storia dell’arte:
s’interessava ai manufatti d’uso comune, mediocri esteticamente ma fondamentali per
comprendere la cultura di un determinato popolo. Si distingue per la centralità conferita
all’opera rispetto alle fonti scritte, contrapponendosi all’antiquaria tradizionale tesa a
vedere nell’oggetto artistico un’illustrazione ai testi. Sottolinea l’importanza dello studio
diretto dell’oggetto, non più subordinato ai testi. Tale metodo punta a classi care le opere
secondo tipologie e ricostruirne la funzione. L’individuazione dello stile acquista
importanza in quanto espressione dello spirito di un dato popolo e di una data epoca. La
visione diretta dell’opera risulta perciò fondamentale: anche in questo si oppone
all’antiquaria tradizionale in cui gli autori spesso trattavano di opere mai viste. Tutto ciò
implica un linguaggio il più aderente possibile all’opera, senza divagazioni inutili, per
concentrarsi sugli aspetti materiali e formali.

Per W la storia dell’arte deve istruire su come l’arte nasce, si sviluppa e decade; su come
si modi cano gli stili esaminandoli in rapporto ai popoli, alle epoche e agli artisti(visione
d’insieme). Anche la visione Winckelmaniana si basa sull’esame preciso e accurato delle
opere dell’antichità che sono rimaste, escludendo quelle distrutte e quelle inutili secondo
lui all’individuazione dello stile di un epoca. La centralità dell’opera, la rivendicazione
dell’analisi, l’importanza della descrizione pongono W e Caylus sullo stesso orizzonte ma
solo apparentemente. L’obbiettivo del francese è più concreto: so ermarsi sullo studio di
oggetti perché importanti per la tecnica, lo stile, la cultura di un popolo ma a di erenza di
W senza la necessità di creare un contesto e una visione d’insieme. Ulteriore di erenza è
che Caylus, rimane fedele solo a ciò che è documentabile. Anche W considera importante
l’esperienza diretta ma questo per lui non basta ad avere un quadro completo, perciò
avanza delle ipotesi.

Seroux può essere considerato il diretto continuatore del pensiero di W, riprende il


metodo per cui la storia dell’arte deve ricostruire l’evolversi degli stili basandosi sulle
opere. Continuò l’opera a livello di contenuto dove il tedesco si era fermato, proseguendo
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in nome della storia, l’analisi del periodo dalla caduta dell’impero romano no al
Rinascimento facendo entrare il Medioevo nella storia dell’arte perché utile alla storia che
non s’interrompe. Tuttavia come in Vasari e W mantiene un punto di vista dogmatico
perché con questi studi intende indicare ciò gli artisti devono evitare.

I modelli dello storico furono Gibbon e Montesquieu che delineando lo sviluppo del
genere umano dimostrarono come la decadenza dell’Impero Romano, la cui origine
risaliva alla crisi della Repubblica, aveva implicato il declino delle belle arti, letteratura e
cultura in generale. Seroux fu cosi il primo a stendere una storia dell’arte del medioevo,
ma non fu l’unico a mostrare interesse per l’arte medievale: Vasari ne include una parte
nelle sue vite, Mancini nel 600 aveva dichiarato la continuità dell’arte nei secoli bui, nella
prima metà del 700 Muratori rivalutò l’arte medievale in chiave classicista e antibarocca.
In Francia Montfaucon scrive una storia dei re francesi del Medioevo in cui l’arte aveva la
funzione di illustrare la storia, non esserne la protagonista. Non vanno dimenticati poi gli
apprezzamenti per l’architettura gotica che costellano il 700 tra cui quelli di Lodoli. D’altro
canto in Italia nella seconda metà del secolo si era sviluppato un collezionismo
interessato ai primitivi, di cui quella già citata di Lodoli costituì un’anticipazione. Questo
tipo di collezionismo ebbe un certo impulso grazie all’apertura nel 1757 a Roma del
Museo Cristiano voluto da papa Benedetto XIV. Sulla scia di questo modello aprirono altri
musei cristiani, il più rilevante quello di Stefano Borgia che raccoglie a Velletri una
variegata collezione con l’idea di svolgere, una storia comparata dei popoli, delle religioni
e delle arti. Mentre Seroux sviluppava il suo progetto era già presente un forte fermento di
studi storici sull’arte locale che stava producendo un ampliamento nella conoscenza
dell’arte Medievale, dando impulso alla sua rivalutazione. É il caso di Della Valle che nelle
sue “Lettere Senesi” diede un contributo fondamentale alla scoperta e alla conoscenza
della scuola senese del medioevo di cui rivela una comprensione estetica profonda e
acuta non paragonabile a quella di Seroux. Della Valle e Zanetti oltre all’importanza
storica dell’arte medievale, ne riconoscevano anche una valenza estetica.

Legrand d’Aussy sottolinea che il compito dello storico è trattare ciò che è utile e
interessante per la ricostruzione storica, non ciò che è bello.La storia si libera così da
pregiudizi estetici e si concentra sullo sviluppo della cultura. Studioso dei vari tipi di
sepolture “nazionali” francesi sente la necessità di separare l’archeologia classica da
quella celtica, in cui si manifesta una chiara componente nazionalista. Fin dal XVI si erano
distinti all’interno della cultura antiquaria due poli: il polo delle antichità locali ed etniche,
de nite poi nazionali(individualità nazionale in cui le origini di un popolo sono
fondamentali) e quello dell’antichità greco romana(valori universali). Il primo verrà preferito
dalla cultura romantica con la sua esaltazione del carattere individuale. In Italia può
essere identi cato in tutti quegli studi tesi a rivendicare l’originalità e l’antichità pittorica
regionale. A questo proposito Luigi Lanzi propose una sintesi della storia della pittura
italiana, proponendo una raccolta che seguiva un duplice criterio geogra co e
cronologico, individuando le varie scuole corrispondenti ai vari stili e dividendole in fasi
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dei cambiamenti di queste. Dichiara la sua opposizione al genere delle biogra e pieni di
aneddoti inutili alla comprensione dell’arte e a favore degli artisti locali. Proclama la
precisa volontà di rompere con questa tradizione a ermando di voler studiare il pittore.
Come in W e Seroux anche in Lanzi lo stile è privilegiato e delinea una storia della pittura
basandosi sull’evoluzione di esso, ma a di erenza di W vuole allontanarsi dall’idea di uno
stile unico e perfetto proponendo una storiogra a policentrica che si sviluppa attraverso
le con gurazioni stilistiche. Questo studio fu ispirato dalla Storia della letteratura italiana di
Giacomo Tiraboschi. La scultura ebbe una storia speci ca grazie a Leopoldo Cicognara
che riprese l’approccio metodologico del Lanzi dividendo la scultura in 5 fasi e il metodo
winckelmaniano di a rontare la ricostruzione storica partendo da un’esame diretto delle
opere. Giusti ca la scelta di limitare il proprio campo alla scultura, facendo leva sul
carattere italiano di essa. Rivendica l’italianità della scultura anche per motivi politici tanto
da rendere inutile una suddivisione secondo le varie nazioni. Questo non impedì al conte
di approfondire i suoi studi dell’arte medievale approfondendo non solo personalità come
Nicola Pisano ma anche a comprendere la scultura romanica. Stesso tipo di studio,
svolgendo l’impresa di una storia dell’arte europea lo fece Domenico Fiorillo. Importante
riferimento per lui da un punto di vista metodologico fu Lanzi, mette però in relazione la
storia dell’arte con quella politica. Proponeva una storia che trattasse
contemporaneamente dei fattori interi e cause esterne oriture e declini nell’arte, ma
anche di erenziazioni geogra che e quindi stilistiche. Criterio guida è osservare l’arte in
rapporto a quelle che de nisce le ruote motrici della storia, religione e politica, le quali
costituiscono dei fattori fondamentali in grado d’in uenzare la produzione artistica. Così
l’arte di una determinata epoca di un dato popolo trova la sua ragion d’essere in un
preciso contesto sociopolitico e culturale.

UN APPROCCIO ANTROPOLOGICO E FUNZIONALE DELL’ARTE: LA SCOPERTA


DELLA POLICROMIA DELLE STATUE ANTICHE
Dalle parole di Tackeray emerge un duplice pregiudizio: nei confronti dell’arte neoclassica
troppo bianca e nei confronti della statuaria antica, tuttavia già a questa data si sapeva
dell’esistenza della policromia nella stauaria antica, Il primo passo versa questa
conoscenza era stato fatto da Quatremere de Quincy, che utilizza un metodo
caratterizzato da un’approccio antropologico all’antichità. Winckelmann a erma che il
bello consiste nella forma, mentre il colore è un elemento accessorio che può rendere più
piacevole l’opera ma non è un fattore costitutivo del bello. La bellezza per Winckelmann
ha un carattere intellettuale, va distinta dalla piacevolezza legata ai sensi. Predilige il
bianco in quanto fa apparire le forme più grandi e quindi ne accentua la bellezza. In tal
modo apre la strada ad un’apprezzamento della statuaria policroma.

La cultura dei Lumi si pose il problema di come rapportarsi all’antichità senza cadere
nell’antiquaria. La soluzione di Montesquieu fu quella di riattualizzare lo studio dell’antico,
a ermava un’approccio che stabiliva paralleli e confronti tra popoli antichi e quelli
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“selvaggi” dell’epoca contemporanea. Guasco per rispondere a una provocazione di
Montesquieu utilizza questo metodo per dimostrargli che è possibile studiare le statue in
termini “ loso ci”, cioè sottraendole ad una mera catalogazione, e interpretarle secondo
l’”uso”, dunque alla luce dei loro nessi con la società e la religione. L’esame di fonti e
oggetti non è più ne a se stesso, ma serve alla ricostruzione di un tto tessuto in cui le
opere sono strettamente connesse alle esigenze sociali e religiose per le quali sono nate.
Interpretare le statue antiche secondo i costumi dei popoli signi ca adottare un punto di
vista “relativo” e calarci nell’orizzonte mentale in cui sono nate le opere. Guasco divide le
statue antiche in due gruppi funzionali: sacrali, e quindi oggetto di culto e quelle
onori che con la funzione di onorare personaggi illustri. Le caratteristiche materiali e
formali di questi due gruppi sono messe in rapporto alla funzione che svolgevano nella
società. É grazie a quest’impostazione funzionale che Guasco può esaminare senza
pregiudizi estetici le di erenti materie delle statue e sottolinearne il carattere policromo. Il
modello di Guasco fu ripreso da Quatremere che sottolinea l’importanza di mantenere
l’opera nel suo contesto per comprenderne la vera essenza. A erma che l’arte nasce per
soddisfare concrete esigenze della società, espressione di questi ultimi: solo alla luce di
questi essa può essere compresa. Era consapevole che ciò che restava dell’arte antica
era solo una minima parte di quanto era stato prodotto, l’immagine dell’antichità era
parziale e sotto certi aspetti ingannevole. Sulla base dei resti esistenti era facile
concludere che gran parte della statuaria antica era di marmo. Ma le fonti antiche
testimoniavano una ricchezza di tecniche e materiali inimmaginabile per il gusto moderno.
I greci nutrivano una particolare predilezione per la scultura criso-elefantina, in avorio, oro
e materiali preziosi. Certo questi oggetti potevano ripugnare alla sensibilità estetica dei
moderni, portandoli a sottovalutarli, se non a criticarli come deviazioni del gusto. Tuttavia
per Q è scorretto liquidare questo tipo di produzione in maniera super ciale se le fonti la
attestano; è necessario semmai chiedersi la ragione della sua di usione e la funzione che
svolgeva nella società greca. Q dimostra che queste statue rappresentavano delle
divinità, dunque erano oggetti di culto che dovevano suscitare la superstizione e la
credulità dei fedeli con tutti quei mezzi capaci di creare un’e etto di magni cenza e sfarzo
con l’utilizzo di materiali preziosi e la policromia. Dunque per Quatremere l’arte dev’essere
interpretata calandosi nella società che l’ha vista nascere, ricostruendo la funzione a cui
assolveva. La storia era ormai penetrata nello studio dell’antico ed era capace di mettere
in discussione l’immagine che se ne aveva.

IL RESTAURO
Winckelmann sottolinea che molti antiquari erano caduti in errori nell’interpretazione delle
statue antiche perché non avevano saputo riconoscere i restauri che si erano susseguiti
nel tempo. È necessario quindi comprendere l’antico e recuperarlo nella sua autenticità.
Winckelmann concepisce il restauro come un momento conoscitivo, che doveva
rispettare lo stile, la tecnica e il materiale dell’opera originale. W nella pratica non fu
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sempre coerente alle sue idee tanto da ammettere alcuni pastiches. Il restauro per lui
doveva implicare un’approfondita conoscenza dei materiali e degli stili antichi che
bisognava saper imitare all’occasione: A incarnare questa nuova concezione fu
Bartolomeo Cavaceppi, scultore e restauratore romano, plasmato direttamente da W
contribuì a far diventare il restauratore uno specialista che praticava una professione che
richiedeva speci che conoscenze. Anche Cavaceppi ammette il restauro integrativo, ma
solo dopo aver e ettuato una serie di confronti e riscontri, dopo aver individuato lo stile, il
materiale e la scuola d’appartenenza dell’opera. Il restauratore deve calarsi nell’abilità e
nella mano dello scultore antico e se necessario chiedere consiglio agli eruditi ed esperti
di mitologia per l’identi cazione iconogra ca. Ma qualsiasi opera poteva essere
restaurata senza il rischio di comprometterne l’aspetto originale? Fu Canova a porsi
questo interrogativo quando si ri utò di di restaurare le statue del Partenone di Fidia,
considerandolo un sacrilegio. La possibilità di un restauro integrativo andava valutato
tenendo conto delle caratteristiche dell’opera. Quest’idea portò a una nuova sensibilità
che porterà negli anni 30 del XIX in Germania, a condannare il restauro integrativo.

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