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IL NEOCLASSICISMO: LA RISCOPERTA DELL’ANTICO

Metà del ‘700: l’Illuminismo ha la sua massima espansione. Londra e Parigi diventano i centri europei più importanti
per la promozione di idee e saperi. Qui si impose una generazione di intellettuali animati da un acceso spirito
polemico nei confronti delle istituzioni politiche, religiose e culturali dell’epoca. Essi erano abili a rivolgersi ad un
pubblico più ampio delle accademie, diventando una vera corrente in opposizione all’Ancient regime (parliamo del
‘partito dei filosofi’). Non ovunque ottenne la stessa espansione, ma riuscì comunque a permeare negli ambienti
intellettuali. Italia: Accademia dei Pugni (fratelli Verri e Beccaria). Questa stagione fu dominata dall’idea che tutto
potesse cambiare tutto la guida della ragione.

1751: Francia, ‘Encyclopédie’ (Diderot e d’Alembert) manifesto del nuovo pensiero critico. Voci strutturate in ordine
alfabetico, illustrando i progressi del sapere tecnico-tecnologico e affrontando in un’ottica razionalista questione
filosofiche, politiche e teologiche. A caratterizzare tali filosofi era un interesse per i procedimenti e i ritrovati tecnici.
Essi superarono la tradizione distinzione tra arti liberali e meccaniche promuovendo la valorizzazione di qualsiasi
attività creativa e un atteggiamento concettuale concreto orientato verso il miglioramento della realtà. La trattazione
era arricchita grazie a tavole incise che riproducevano gli strumenti e le macchine presenti i laboratori e fabbriche. Ne
consegui anche una rivalutazione della tecnica esecutiva (processo che trasforma le idee in materia).

Si verificò anche una graduale trasformazione dei gusti e dell’espressione artistica che in prima battuta fu una
reazione alle formule tardobarocche e del rococò. Tale rifiuto si dipinse di un fervore moralistico identificandolo come
lo stile dell’Ancient Regime da condannare. Da qui si sviluppa il nuovo orientamento del NEOCLASSICISMO, grazie
anche ad un diffuso interesse per l’antichità promosso dalle scoperte di Ercolano e Pompei.
Lo storico Johann Joachim Winckelmann (1717-1768) giunse a Roma da Dresda nel 1755, dopo aver già prodotto il
primo manifesto della nuova estetica, in cui esponeva il concetto chiave dell’esemplarità dell’arte greca. 1764: ‘Storia
dell’arte dell’antichità’: opera più importante che apre la via moderna alla storiografia artistica. Qui concepisce la
storia dell’arte antica come un progetto organico di 4 fasi:
- Stile primitivo
- Stile grandioso (Fidia)
- Stile bello
- Stile di imitazione
Il soggiorno in Italia gli permise di avere una diretta conoscenza dell’antico. L’imitazione non è da intendere come
sterile copia dei modelli classici, né il passato viene recuperato solo nella sua valenza archeologica, o nelle forme e
stili. Essa appare affascinante per i suoi contenuti estetici ed etici, coerenti con l’esigenza di razionalità e di
rinnovamento civile.
Altra figura di spicco è il pittore tedesco Anton Raphael Mengs (1728-1779), il quale insiste nell’importanza di imitare i
maestri antichi, in quanto essi hanno compiuto nelle opere la correzione e il perfezionamento di quelle forme che in
natura mostrano sempre difetti e imperfezioni.
Francesco Milizia (1725-1798) invece sottopose a revisione critica dei fondamenti della disciplina, condannando gli
eccessi irrazionali di Bernini e Borromini. L’architettura deve avere una funzione e deve essere determinata dalla
necessità. La perfezione di un edificio è quindi la bellezza + comodità e solidità; gli edifici devono essere caratterizzati
da funzionalità e pubblica utilità. Auspica un’architettura dotata di una certa maestà che contribuisca alla
magnificenza dello scenario urbano.

Il Bello Neoclassico si pone quindi in antitesi con il gusto corrente, con la grazia sensuale del Rococò. Esso è conforme
al vero, cioè alla natura e si concretizza nella ‘nobile semplicità’ e nella rigorosa purezza delle forme. Il bello coincide
classicamente con il buono, è considerato stimolo alla virtù sociale e individuale: estetica=etica. Su queste premesse in
Francia si sviluppa Jacques-Louis David.

Architettura: maggior banco di prova dei principi neoclassici-illuministi; non vi è omogeneità. Il revival classicista
assume una pluralità di caratteri ispirandosi alle innovazioni architettoniche e divenendo pretesto per rievocazioni
archeologiche. Viene ricercata la semplicità, orientandosi verso forme geometriche pure e elaborando teorie
estetiche. Volevano un totale rinnovamento + problema urbanistico. Altri accostarono a ciò riferimenti esotici,
ponendo l’accento sull’inserimento dell’edificio nella natura circostante. Vengono anche progettate città ideali, nelle
quali paesaggio, sperimentazione architettonica, innovazione tecnologica e organizzazione urbanistica. Erano
predilette geometrie lineari, un uso semplificato degli ordini classici che ne esalti l’originaria funzione strutturale. Alle
forme essenziali è attribuito un valore simbolico. Molti però rimasero solo sulla carta, proprio per le soluzioni
architettoniche troppo rivoluzionarie e soluzioni abitative troppo diverse da quelle del tempo.

Il Neoclassicismo diventò uno stile internazionale che coinvolse tutti i settori della produzione artistica. Diede impulso
anche ad un mercato artistico e al collezionismo dell’antiquariato. Non è solo il mondo greco e romano ad attrarre gli
artisti, si recuperano motivi egizi ed etruschi o altre civiltà remote (es: Giovan Battista Piranesi adotta temi egizi). Lo
storicismo e l’approccio scientifico condussero anche ad un apprezzamento dell’arte medievale e del primo
Rinascimento: si studiarono i ‘primitivi’ (artisti del 300 e 400 italiano), coinvolgendo artisti e collezionisti che
acquistavano le opere antiche che erano documenti rilevanti per l’evoluzione dell’arte. Si riscoprono anche Omero,
Esiodo e Eschilo, Dante e Shakespeare e Ossian.

In posizioni marginali troviamo anche il disarmonico, l’oscuro e lo smisurato, fonti di sentimenti superiori da quelli
suscitati dalla chiarezza, proporzione e misura. Saranno Goya e Fussil ad alimentare poi il passaggio al romanticismo.

L’Italia ebbe un ruolo dominante soprattutto per lo sviluppo del Grand Tour che coinvolgeva le principali città della
penisola. Fu soprattutto il Mito di Roma a rivestire una centralità nell’ambito cosmopolita internazionale, offriva la
ricerca artistica più avanzata. In questa città venne istituito il ‘prix de Rome’, un concorso che offriva agli artisti più
meritevoli la possibilità di risiedere per 3 o 5 anni nell’Accademia di Francia a Roma. Qui mosse i primi passi Antonio
Canova. L’assetto relativamente stabile dell’Italia le permise di partecipare direttamente al dibattito culturale
internazionale, promuovendo anche alcune riforme che riguardavano il settore dell’istruzione, fondando nuove
accademie e scuole di arti e mestieri. Molta attenzione posta sulle attività di scavo + divulgazione dell’arte classica. Si
svilupparono opere architettoniche funzionali alla società e permanenti (ospedali, scuole …). La Lombardia fu
l’esempio più eclatante, diventando laboratorio politico e culturale alla cui vitalità contribuì Pietro Verri. Abbiamo una
modernizzazione architettonica, con nuovi assetti urbani come sintesi di bellezza e funzionalità. Anche la Toscana e la
Sicilia portarono avanti un’evoluzione simile. Con l’avvento napoleonico le opere si concentrarono da una parte sulla
realizzazione di monumenti che esaltassero il nuovo potere e dall’altra interventi di pubblica utilità. L’arte svolse un
lavoro di sostegno e diffusione di ideali politici e sociali. La propaganda fu fatta attraverso spettacoli e feste in cui si
esaltavano i valori repubblicani. Venne anche esaltata la figura di Napoleone con opere celebrative.

Parole chiave: riscoperta dell’antico, viaggio, propaganda e celebrazione, utopie architettoniche.

GIOVAN BATTISTA PIRENESI (1720-1778)

Veneziano, giunge a Roma nel 1740 e vi si stabilisce definitivamente 4 anni dopo. Fu un architetto (spinto dal padre)
anche se l’unica opera architettonica fu la Chiesa di Santa Maria del Priorato (1764). La sua attività più intensa si
sviluppo nell’ambito dell’incisione che culminò in opere come le Vedute di Roma e le Antichità romane. Possedeva una
grande cultura illuminista e conosceva i pensieri e le teorie inglesi e francesi, i quali influenzarono la sua produzione,
sempre più polemica contro i fautori del Classicismo e con il pensiero di Winckelmann e Mengs. Nella disputa sulla
superiorità di greci o romani, egli sostenne una rivalutazione in chiave romana dell’arte classica. Non contesta il
mondo greco ma introduce una visione meno idealizzata e più realistica dell’antico, che vede nella storia una
successione di fasi non sempre idilliache e beate. Un passato che può essere studiato tramite l’indagine filologica dei
monumenti e dei motivi decorativi, riproponendolo come un modello per un linguaggio architettonico moderno. Egli
avverte però che tale analisi rivela l’impossibilità di trarre dal passato regole fisse e immutabili (dice che non vi è
traccia nell’antico di edifici con le stesse misure o proporzioni). L’unica norma appare l’eccezione e la contaminazione,
per questo lui rivendica anche i diritti della fantasia, della personalità creativa e del genio.

Le vedute piranesiane non sono conformi alla realtà dal punto di vista architettonico: si caricano di atmosfere
visionarie che esaltano la sublime magnificenza dell’architettura antica, alterandone talvolta le dimensioni, scegliendo
inquadrature/luci per esaltarne la vastità. Al confronto, le figure umane appaiono piccolissime.

Chiesa di Santa Maria del Priorato → Sul colle Aventino, Roma. Ribadisce i caratteri peculiari dell’artista, non vincolato
ad una ripresa fedele dell’antico: sulla facciata i rilievi sembrano porsi come un collage di frammenti dell’età classica,
liberamente ricomposti.

La stessa fantasia inventiva si trova anche nelle ultime raccolte di incisioni, dove sono adottati motivi decorativi greco-
romani e etruschi-egizi. Questi motivi diventeranno poi tipici di molti artisti neoclassici e romantici. Tali incisioni,
molto diffuse, forniranno infatti spunti a molti architetti e decoratori europei di fine 700. Nelle sue incisioni, Piranesi
anticipa un gusto che troverà espressione nella pittura orientalista della prima metà dell’800.

Villa Albani (1756-1763)

Edificata a Roma per volere di Alessandro Albani per raccogliervi la propria collezione di antichità, testimonianza
significativa della passione antiquaria diffusa nel XVIII secolo. Realizzata dall’architetto Carlo Marchionni, tenendo
soprattutto conto della funzione espositiva e fu costruita intorno ai reperti che avrebbe dovuto ospitare. Il cardinale
Albani vi risiedeva saltuariamente ed era usata come palazzo di rappresentanza e luogo di feste e incontri tra
intellettuali. Il complesso è formato da due fabbricati tra i quali si estende un giardino all’italiana. Il blocco principale è
costituito da un casino a due piani, il cui loggiato accoglie i ritratti di imperatori antichi. Ai lati si allungano due ali a un
solo piano con portici che ospitano statue di poeti e filosofi. Di fronte, opposta al giardino, c’è un’esedra (padiglione
semicircolare) ornata con sculture di divinità classiche. Ai lati del giardino si estende il parco dove ci sono pittoresche
rovine, tempietti in stile ionico e protocorinzio e antiche statue. Internamente, le opere non sono disposte in modo
schematico per stile, epoche o scuole; i singoli reperti sono messi in risalto e armonizzati con l’ambiente, gli
accostamenti sono governati da intenti estetici.

Tutto ciò fa della villa un prodotto unico, frutta della sensibilità e cultura del committente. Esercitò un’intensa
attrattiva su artisti, critici e collezionisti del tempo e diventò un importante cenacolo intellettuale (tra cui
Winckelmann e Mengs).

ANTON RAPHAEL MENGS (1728-1779)

Studia disegno da giovane spinto dal padre, per poi completare la sua formazione a Roma. Nel 1752 era considerato
uno dei maggiori artisti del momento. Si rivelò fondamentale l’amicizia con Winckelmann che lo aiutò nella
formulazione di ‘Pensieri sulla bellezza’. La conoscenza giovò anche all’intellettuale nella comprensione e valutazione
dei capolavori del tempo. Lo introdusse alla lettura formale, conoscenza delle tecniche e dei sistemi impiegati dagli
antichi maestri.

Parnaso → affresco a Villa Albani. Qui è abbandonata la prospettiva illusionistica barocca che attrae lo spettatore
nella vertigine di un cielo infinito e torna alla prospettiva centrale e al procedimento raffaellesco del quadro riportato.
La composizione è concepita come un bassorilievo con Apollo al centro (allusione alla qualità di mecenate e
promotore delle arti del committente), con a fianco la dea della memoria e le nove muse (figlie della dea). L’opera
mira alla definizione delle forme attraverso la purezza delle linee. La figura di Apollo richiama la statua del Belvedere,
mentre le muse sono l’idealizzazione di prototipi ercolanensi. Il modello di ispirazione è Il Parnaso di Raffaello.

Il pensiero di Mengs, che indicava il modello da seguire negli artisti del passato per la loro ricerca della perfezione, non
esercitò un’influenza come l’opera di Winckelmann. Mengs trovava un filo rosso dall’Atene di Pericle, ai movimenti
italiani di 500 e 600 fino al Neoclassicismo.

IL BELLO, IL SUBLIME, IL PITTORESCO

XVIII secolo: esaltazione del moderno e ammirazione per l’antico e dal punto di vista artistico è un insieme di pulsioni
eterogenee che si impiegano in un dialogo fecondo trovando armonia nelle dissonanze e unità nelle varietà, qualità
che caratterizza la bellezza. Classicismo e Romanticismo sono termini che segnalano il passaggio da una concezione
razionale, accademica del fatto estetico ad una che ne privilegia alcuni aspetti più liberi e spontanei. A questi aspetti,
se ne affianca un terzo, concentrato su una descrizione più realistica degli ambienti naturali e sulla restituzione fedele
delle atmosfere e degli stati d’animo che evocano. Sono atteggiamenti diversi, a cui corrispondono le 3 principali
categorie estetiche: Bello, Sublime, Pittoresco.

Bello: uno dei principali intenti dell’estetica neoclassica è di definire la natura del bello e individuarne gli elementi
costitutivi, credendo che il mistero della bellezza possa spiegarsi razionalmente con un consapevole impegno
intellettuale e morale e non possa ridursi ad un’aspirazione divina/magica. Il razionalismo (sul piano artistico) è critico
verso il gusto del 600 in cui l’arte era legata al piacere degli occhi e alla meraviglia frivola, per nulla interessata a
stimolare la ragione ed educare. La concezione neoclassica del bello invece porta ad un ripensamento delle finalità
dell’arte: essa deve svolgere una funzione pedagogica, coinvolgendo il pubblico sul piano dei grandi valori individuali e
civili (equilibrio delle passioni, amore per la patria, tolleranza). Nonostante ciò, il Neoclassicismo presenta numerose
varianti. Da un lato può essere un’arte elitaria (nel periodo dello Stile Impero); dall’altro può dar vita a modi espressivi
alternativi, dove la perfezione del bello lascia spazio ad un’estetica meno razionale e più sentimentale, attratta da
elementi perturbanti → l’estetica del Sublime.

Sublime: implica le pratiche e teorie del 700 (sarà centrale nel Romanticismo). Si individuano nel terrore, nella
componente tenebrosa, passionale e oscura del piacere estetico ‘la causa più efficiente del sublime’, ossia la causa
della più forte emozione che l’animo sia capace di sentire. Viene richiamata l’attenzione sulla valenza estetica di
fenomeni che oltrepassano i limiti e il controllo della ragione.

Pittoresco: definisce ciò che è proprio della pittura e dei pittori, indica non solo una pittura impegnata nella resa di
paesaggi, ma anche una qualità estetica. Il pittoresco è una sorta di termine intermedio tra Bello e Sublime; è un esito
del gusto neoclassico per l’antico (con i monumenti antichi consunti nel tempo come elemento preferito) ma sono
anche considerati pittoreschi l’atmosfera selvaggia di un angolo remoto o l’artificiosità dei giardini inglesi. Il pittoresco
esprime un sentimento non sereno come quello del bello o conturbante come quello del sublime, esso evoca dolci
malinconie e assorte introspezioni, che troveranno compiuta realizzazione nella pittura di paesaggio inglese della fine
del 700.

JACQUES-LOUIS DAVID (1748-1825)

Pittore francese a cui si deve una riforma dell’arte, con esigenze estetiche e morali. Rigoroso ritorno all’antico perché
modello di virtù civile, giustizia e bellezza, egli rappresentò l’interpretazione più categorica del Neoclassicismo
europeo. Prima formazione sotto François Boucher. Frequento anche corsi all’accademia reale e poi vinse nel 1744 il
Prix de Rome, giungendo quindi in Italia. I 5 anni qui furono tormentati e non troppo produttivi ma fondamentali
perché studiò direttamente l’arte classica, facendosi influenzare dagli autori rinascimentale e Caravaggio. Nel 1779
durante un viaggio a Napoli, ebbe un’illuminazione riguardo i proprio obiettivi artistici che lo indusse a fare tabula rasa
delle esperienze precedenti e a guardare all’antico con occhi nuovi, come paradigma di nobiltà classica.

Belisario che chiede l’elemosina (1781)

Leggenda: dopo aver gloriosamente guerreggiato contro goti e vandali al servizio di Giustiniano, il generale bizantino
Belisario trascorse una vecchiaia misera e infelice perché ingiustamente accusato di aver complottato contro
l’imperatore, viene accecato e costretto a vivere di elemosina. Qui è raffigurato mentre riceve qualche moneta da una
donna; un soldato che osserva la scena lo riconosce ed esprime la propria sorpresa con un gesto eloquente. L’opera è
una meditazione sulla caducità della gloria e una condanna agli abusi di potere. La costruzione è geometrica,
impostata su linee verticali e orizzontali, sulla diagonale ascensionale che va dall’angolo in basso a dx fino all’obelisco
in altro a sx, attraverso la crescente altezza delle figure. Anche gli elementi accessori (come la scritta sulla colonna a
dx) si caricano di eloquenza.

Il giuramento degli Orazi (1784-1785)

Con questo opera, si rivela padrone di un linguaggio innovativo, autonomo e raggiunge una sintesi di forma e
contenuto di un’immagine di grande immediatezza ed intensità. Si traferì a Roma per farla, ma la tela è esposta oggi a
Parigi. Il soggetto descritto è narrato da Tito Livio, in cui narra che per porre fine ai combattimenti tra Roma e
Albalonga (VII sec a.C.) i tre fratelli della famiglia Orazi sfidarono a duello i tre fratelli Curiazi, vincendo. La scena è
immaginaria e non storica: rappresenta il momento solenne e drammatico in cui i fratelli romani giurano al cospetto
del padre di offrire la vita per la patria. Lo sguardo dell’osservatore va sul gesto dei fratelli: le braccia alzate,
l’abbraccio che li unisce che esprime la volontà di affrontare il destino insieme, come se fossero un solo corpo. Di
fronte c’è il padre che porge le spade ai figli, le mani con le spade lucenti (in contrasto con lo sfondo) sono il punto
focale dell’opera. A dx ci sono le donne piangenti (madre in secondo piano con i nipoti e le sorelle Sabina e Camilla)
che si contrappongono al gruppo principale fermo e virile con la loro commozione. La loro presenza prelude al tragico
finale: l’unico superstite dei fratelli ucciderà Camilla per essere fidanzata con uno dei Curiazi. Coraggio e sentimento
come i due volti del sacrificio che viene richiesto. La tensione della scena è enfatizzata dai corpi rigidi maschili,
l’abbandono di quelli femminili, la luce fredda, i colori nitidi e i contorni netti.
È lanciato un monito di fedeltà alla propria patria, infatti quest’opera incarna gli ideali che da lì a poco sarebbero stati
protagonisti della Rivoluzione Francese.

Ritratto di Juliette Récamier (1800) NON SUL LIBRO


Morte di Marat (1793)

Reso onore a uno dei capi della rivoluzione (fa parte di una trilogia pittorica dedicata ai martiri della rivoluzione),
ucciso a tradimento il 13/07/1793 da Charlotte Corday. Il pittore non si rivolge ad esempi del passato, ma blocca un
fatto attuale. È ritratto con il capo abbandonato, privo di forze, nella tinozza in cui era solito immergersi avvolto da un
lenzuolo cercando sollievo da una malattia cutanea. La mano dx regge una penna mentre affianco vi è una cassa che
funge da scrittorio con un calamaio e un assegno ripiegato su un biglietto che ribadisce la sua nobiltà morale e il suo
altruismo rivoluzionario. Nella mano sx tiene la lettera scritta dall’assassina; l’arma del delitto (pugnale) giace a terra a
sx. Sul foglio si legge la richiesta di Corday di essere ricevuta. La luce livida e l’ambiente disorno contribuiscono ad
enfatizzare la potenza drammatica della scena. Sono riconoscibili i modelli iconografici: il corpo evoca quello del Cristo
nella Pietà di Michelangelo e nella Deposizione di Caravaggio (a cui rimandano anche i colori e la luce, che rivelano la
nuda realtà del cadavere). David attualizza il tema della morte dell’eroe.

Le sabine (1799)

Dopo essere stato condannato nel 1794 al carcere, David incominciò a dipingere una serie di ritratti in cui mostra un
distacco dalle severità austera delle sue precedenti composizioni storiche, con l’approdo ad una visione più
rasserenata e sentimentale (es: il ritratto di Madame Racamier). Su di lui però influì anche il clima politico della
restaurazione come si vede in quest’opera, testimone dell’aspirazione dell’artista al recupero della stabilità sociale. Il
soggetto non è il celebre episodio del rapimento fatto dalle truppe di Romolo, ma la sua conclusione a distanza di 3
anni. Le donne frappongono se stesse e i figli tra i guerrieri sabini e romani per mettere fine ad una lotta fratricida. In
primo piano vi è Ersilia che allarga le braccia per dividere il marito Romolo (a sx) da Tazio (re dei Sabini). La scena è un
andamento morbido e aggraziato nonostante la concitazione. All’indomani dalla rivoluzione, la scena è un invito alla
riconciliazione tra connazionali.

Pittura napoleonica

David fu il primo a diffondere in tutta Europa l’immagine eroicizzante di Napoleone, diventando poi suo pittore
ufficiale. La sua produzione artistica influenzò l’arte negli anni napoleonici e delle Restaurazione. Il suo atelier fu molto
frequentato con vari allievi che apprendevano soggetti e stili, allontanandosi progressivamente dal rigore neoclassico
iniziando ad accogliere la nuova sensibilità romantica. Tra i discepoli François Gerard, interprete del gusto raffinato e
sensuale della corte, con immagini levigate e ambigue, in sintonia con l’edonismo della società postrivoluzionaria.
Altro allievo fu Antoine-Jean Gros che celebra gesta militari napoleoniche, nel 1804 si vide commissionare da
Napoleone stesso Bonaparte che visita gli appestati di Jaffa. Rappresentato con intento apologetico tra le truppe
decimate dalla peste senza difendersi con un fazzoletto come i suoi accompagnatori, tocca anche le piaghe di un
soldato. Altro allievo fu Jean-Auguste-Dominique Ingres con l’opera Napoleone I sul trono imperiale, raffigurato come
figura senza tempo e incarnazione dell’autorità.

• Bonaparte che valica il San Bernardo (1800): giovane condottiero rappresentato mentre guida a cavallo le
truppe francesi al di là delle Alpi. Il braccio è teso verso l’orizzonte in un andamento sinuoso, ascendente che
coinvolge anche capelli, mantello e cavallo. La composizione è lontana della sobrietà geometrica degli anni
della rivoluzione. In basso a sx vi sono i nomi di Annibale e Carlo Magno incisi sulla roccia in primo piano che
accostano gli l’eroico generale e futuro imperatore ai grandi della storia che valicarono le Alpi prima di lui. La
scena è enfatizzata anche dal cielo turbinoso e la furia del cavallo impennato tenuto saldamente a freno.
• Consacrazione dell’imperatore Napoleone e dell’imperatrice Giuseppina (1805-1807): opera più
rappresentativa dell’aulica celebrazione dei fasti imperiali. Vasta tela in cui sono riprese le fasi del
cerimoniale di corte con più di 80 personaggi, con fisionomie e abbigliamento individuabile pur nella ricca
coralità della scena.

Anche in Italia, la pittura napoleonica prese forma. Uno dei maggiori esponenti fu Andrea Appiani autore di napoleone
primo console e una serie di 35 monocromi ispirati a battaglie e fasti di Napoleone. Nominato pittore ufficiale
dall’imperatore.

ANTONIO CANOVA (1757-1822)

Scultore veneto, tra i protagonisti del Neoclassicismo. Non sceglie la via dell’impegno politico ma il suo unico ideale
era difendere l’arte delle ingerenze delle istituzioni politiche e dalle ideologie del regime. Nasce a Possagno e a
Venezia ha accesso alla collezione di calchi di gesso di Filippo Farsetti: primo approccio all’arte antica. Le sue prime
creazioni mostrano ancora qualche influenza berniniana e sono modellate su attenti studi del vero. Nel 1799 si
trasferisce a Roma dove gode di accoglienza e protezione da parte dei nobili veneziani. Grazie al contatto con il Museo
Capitolino e l’Accademia di Francia riesce ad approfondire e affinare la sua conoscenza dell’antico, perfezionata anche
da un soggiorno a Napoli, Pompei e Paestum.
Canova introdusse anche cambiamenti significativi nella tecnica di realizzazione scultorea, con numerose tappe prima
di giungere all’opera finale. Vari disegni preparativi in cui sono già impostati in modo chiaro i problemi da cui
dipenderà la logica complessiva dell’opera; la scelta finale è quindi preceduta da un lungo e meditativo lavoro
condotto attraverso l’uso di mezzi tecnici e bozzetti. Dopo i bozzetti viene realizzato il modello in gesso delle stesse
dimensioni dell’opera. L’immagine viene decantata e traslata dal piano dell’esperienza sensoriale a quella del
pensiero. Vengono anche eseguiti dei bozzetti di creta tridimensionali e al vero, che permettono di perfezionare la
qualità plastica delle sculture e verificarne l’effetto.
Gli ultimi anni furono dedicati alla progettazione della propria tomba, il Tempio di Possagno, ideato con la
collaborazione dell’architetto Selva; il tempio è consacrato alla Trinità ma contemporaneamente si presenta come
grandioso sepolcro-pantheon dell’artista.

Teseo sul Minotauro (1781-1783)

L’eroe non è rappresentato al momento della lotta, ma nel riposo dopo l’azione, seduto spossato sulle spoglie del
nemico sconfitto. Teseo incarna la vittoria dell’intelligenza e del coraggio sulle forze oscure e irrazionali che degradano
l’uomo e lo rendono simile alla bestia. Entrambe le figure sono belle nel loro nudo, anche il Minotauro riesce a tenere
una dignità e purezza estetica. Canova non enfatizza i suoi caratteri spaventosi, rifiutando di mostrare il corpo del
mostro irsuto.

Monumento funerario di Clemente XIV (1783-1787)

Basilica romana dei Santi Apostoli. Pur riprendendo alcuni schemi compositivi berniniani, vi sono elementi di
innovazione: animazione continua delle sculture seicentesche con una scansione più sobria e rarefatta di alcuni
elementi, banditi la ricca ornamentazione, i marmi policromi, i panneggi tumultuosi. Ai lati vi sono due figure
femminili (Umiltà e Temperanza) che piangono in silenzio, in raccoglimento per il dolore della morte del Papa
(avvenuta nel 1774). Il Papa è al vertice del monumento con la mano dx in alto per benedire. Il mausoleo è di marmo
bianco eccetto lo zoccolo e il plinto e tutto è improntato alla ‘nobile semplicità e quieta grandezza’.

Monumento funerario di Clemente XIII (1783-1792)

Basilica di San Pietro, Papa morto nel 1769. Impostato su una struttura regolare ed equilibrata, opera che presenta
una serena meditazione sul tema della morte. Le cupe allegorie barocche cedono il posto alla nobile figura di matrona
che rappresenta la religione cristiana e al genio funerario, reclinato sul fianco destro e appoggiato ad una fiaccola
rovesciata, alludendo alla fugacità della vita terrena.

Amore e Psiche (1787-1793)

Intima attenzione all’antico con opere che hanno un soggetto mitologico. Questa scultura è ispirata ad una favola
dello scrittore Apuleio: Psiche, caduta in un sonno profondo come punizione per aver infranto un divieto di Venere,
viene sollevata da Amore, svegliandola dal suo torpore. I due sono in procinto di baciarsi e i loro corpi si accostano
l’uno all’altro con grazia e passione allo stesso tempo. Vi è una grande intensità nella rappresentazione e bellezza nella
composizione, la lavorazione in marmo è rifinita ed accurata conferendo ai corpi morbidezza e naturalezza, e grande
luminosità. Il desiderio dell’artista è quello di poter infondere alla materia inanimata il calore della carne viva.

Procedendo con le opere, vi è sempre di più un’assimilazione dell’antico e l’artista si concentra sulla rappresentazione
di sentimenti ed emozioni e recupera dai modelli della pittura greca e italiana ‘primitiva’ (300/400) un’antica dignità di
gesti e movenze. Anche quando descrive azioni concitate, drammatiche, manifestazioni di forza e violenza, il suo
linguaggio è mediato dall’intelletto.

Ercole e Lica (1795-1815) NON SPIEGATA

Ispirato ad un mito narrato da vari autori greci e latini. Si narra che Lica consegno ad Ercole una veste impregnata dal
sangue velenoso del centauro Nesso e che una volta indossata la tunica, Ercole iniziò a patire un dolore insopportabile
e si vendicò con una furiosa brutalità sul giovane innocente. La scena drammatica mostra il dispiegarsi (preromantico)
di forze ingovernabili e turbamenti violenti: il sentimento prevale sulla ragione e il sublime passionale sul bello
intellettuale. Ercole ha afferrato Lica per i capelli e per una gamba ed è in procinto di gettarlo nel mare Eubeo. I corpi
disegnano due archi contrapposti e la figura di Lica, nell’opporsi ad Ercole, sviluppa una tensione uguale a quella di
Ercole: con la mano dx si aggrappa alla criniera nel leone sottostante e con l’altra si aggrappa al bordo dell’altare. Il
piede dx si oppone all’impeto, avvolgendosi attorno al braccio di Ercole. I volti esprimono ira e terrore, allontanandosi
dalla solenne impassibilità dei modelli classici.

Monumento funerario di Maria Cristina d’Austria (1798-1805)

Principessa della casa imperiale asburgica, chiesa di Vienna. È un’opera di altissima meditazione sul mistero della
morte e sull’ineluttabile procedere dell’umanità verso la soglia eterna. Canova riprende un progetto mai realizzato per
un monumento a Tiziano. La struttura piramidale allude ai sepolcri regali degli antichi egizi. Al vertice vi è l’effige della
defunta entro un medaglione sostenuto dalla figura femminile della Fama. Verso la buia porta al centro si dirige
lentamente un corteo di figure che salgono ad intervalli irregolari ma ritmici: a) Virtù: sul gradino più alto affiancata da
due fanciulle che regge l’urna con le ceneri della defunta; b) Carità: che tiene per mano un vecchio. Un tappeto lieve
come un velo d’acqua unisce tutte le figure, unendo interno ed esterno della tomba. A dx ci sono il genio funerario
(simbolo dello spirito umano) e il leone (simbolo del vigore fisico) che si assopiscono lentamente, indicando lo
spegnersi della vita. Sono coniugati il motivo antico, pagano della processione funebre con le ceneri e l’idea cristiana
della memoria consolatrice, che lega il defunto ai vivi con una catena di affetti. Vi è l’esigenza di sottrarre i più altri
valori umani alla dispersione e al nulla, affidandoli alla memoria della posterità.

Paolina borghese (1804-1808)

Sorella di Bonaparte e moglie del principe Carlo Borghese. È un ritratto idealizzato, ossia ritratti di personaggi reali che
incarnano figure del mito o della storia antica). Paolina appare nelle vesti di Venere, seminuda e sdraiata su un sofà in
stile impero, detto ‘agrippina’. Gli occhi non guardano verso lo spettatore; si coglie in lei la consapevolezza
dell’ammirazione cui è oggetto. Molti influssi riconoscibili, in cui il rimando maggiore è alle Veneri in marmo d’età
classica, mentre la sua posa riprende l’antico motivo del ritratto funebre sulla copertura delle tombe etrusche. Si
vuole sia esaltare la bellezza della donna, ma anche sottolineare che il mito della dea si legava alla casata di Paolina in
quanto i Borghese rivendicavano una diretta discendenza dal figlio di Venere, Enea. L’episodio mitologico ripreso è
quello del pomo d’oro, in cui Venere venne giudicata la più bella da Paride. Paolina, infatti, stringe nella mano la mela
che attesta la vittoria. Il corpo segue sinuosamente l’andamento del divano e nel complesso abbiamo una grande
naturalezza. Sulle parti nude era stato steso un velo di cera colorata, conferendo al corpo una sfumatura rosata.
All’interno del sofà era anche collocato un meccanismo che faceva ruotare la scultura, così da permetterne una
visione complessiva. La base in legno stuccata e dipinta mima il marmo e le stoffe. In vero marmo sono i cuscini e il
materasso.
La statua si impose subito per la maestria dell’esecuzione e la novità del tema. La rappresentazione di una nobildonna
nuda era insolita al tempo, infatti suscitò un grande scandalo e un vasto pubblico.

Ebe (1816-1817) NON SPIEGATA

Dea della giovinezza, la quale secondo il mito mesceva il nettare degli Dei ai conviti dell’Olimpo. La statua ritrae la
giovane mentre tiene nella dx un’anfora e nella sx una coppa, il volto è leggiadro e l’incedere aggraziato, accentuato
dal palpitare della leggera veste. Le parti nude sono colorate con una cera, così da far risaltare il contrasto con la
tunica, mentre sono di bronzo dorato l’anfora, la coppa, la collana e il nastro nei capelli. Sono unite grazia, purezza e
dignità.

BERTEL THORVALDEN (1770-1844)

Giasone con il velo d’oro (1828)

L’eroe vincitore tiene il velo appeso al braccio ma non mostra gioia per la conquista, sembra privo di sentimenti e,
sebbene sia nell’atto di camminare, manca dinamicità. L’artista inclina verso un’interpretazione astratta e dolcemente
malinconica di quell’estetica, lontana da ogni passione. Lo spiritualismo esangue incarna le esigenze dei puristi e
rigorosi teorici neoclassici, promotori di una bellezza che sia per lo più ‘salubre’.
CONFRONTO CON CANOVA → grande scarto tra i due artisti, diversi per aspirazione e stile, evidente
nell’accostamento delle Grazie. Quelle di Thorvaldsen è algido e ortodosso, anche nell’impostazione, una delle Grazie
è raffigurata di schiena secondo l’iconografia tradizionale. Canova invece scolpisce le sorelle in posizione più o meno
frontale e la sua opera appare animata da un caldo fluire di morbidezza e grazia.

LA SCUOLA INGLESE

700: Inghilterra con un grande progresso politico, sociale ed economico, con un deciso avanzamento artistico e
culturale. Si iniziano a porre le basi per lo sviluppo di una scuola pittorica con stile nazionale autonomo rispetto ai
modelli classici, italiani o fiamminghi. Thomas Gainsborough (1727-1788) eseguì ritratti dell’elegante società inglese,
ambientandoli all’aperto mostrando grande sensibilità ai temi paesaggistici, resi parte essenziale della
rappresentazione. Contraltare italiano del vivo sentimento per la natura sono Thomas Girtin, Alexander e John Cozens
(che dipinsero la campagna romana e napoletana). Richard Wilson si concentrò poi su vedute tipicamente
anglosassoni (Croome Court, Worcestershire) descrivendo angoli di campagna oltre manica con stile meditativo,
posato con atmosfere rarefatte.

- JOSHUA REYNOLDS (1723-1792)

Pioniere di uno stile inglese, ritrattista dell’aristocrazia britannica, perfetto interprete dello stile classico. La sua
invenzione fu di ritrarre i personaggi del tempo come se fossero incarnazioni di figure mitologiche e leggendarie. Egli
evita i particolari iconografici troppo caratteristici della moda del tempo (capelli, abbigliamento) adottando solo forme
classiche, così facendo le sue opere acquisiscono una dimensione sovratemporale (La duchessa di Marlbourgh e la
figlia Lady Caroline Spencer).

- BENJAMIN WEST (1738-1820)

Operò un capovolgimento di intenti rispetto alla pittura tradizionale: fu il primo nella cultura anglosassone a
rappresentare eventi contemporanei nelle forme classicheggianti del dipinto storico. Ne è un esempio Morte del
generale Wolfe (1770) in cui viene rappresentato il momento conclusivo della guerra dei Sette anni nordamericana, in
cui le truppe britanniche vinsero quelle francesi. La composizione richiama le classiche deposizioni 500-600esche e il
generale morto è raffigurato sul campo in una posa simile a quella del Cristo morente della Pietà michelangiolesca. Il
rigore compositivo stempera l’enfasi retorica degli elementi burrascosi come il cielo, i fumi della guerra, i gesti degli
astanti.

JOSEPH WRIGHT (WRIGHT OF DERBY) (1734-1797)

L’interesse scientifico che permeava le indagini dei filosofi illuministi si trovò riflesso anche nell’arte, sia per un
diffondersi di un gusto ‘popolare’ per le scienze sia per il desiderio di sperimentare temi figurativi diversi da quelli
classici. Il diffondersi di questo genere si deve proprio a Wright, pittore di paesaggio. Due quadri lo imposero come
artista assoluto e innovativo: Un filosofo tiene una lezione sul planetario e

Esperimento con una pompa ad aria (1768)

Notevole tensione drammatica, mentre uno scienziato mostra ad un pubblico un esperimento sulle proprietà dell’aria:
l’impossibilità di volare/vivere di un uccello in una campana di vetro alla quale viene sottratta l’aria attraverso una
pompa pneumatica. Assistono un vecchio a dx, due fanciulle (una piange per la sofferenza dell’animale e l’altra guarda
con l’innocenza infantile); dietro un uomo cerca di richiamare la loro attenzione. A sx due giovani innamorati poco
interessati all’esperimento, un ragazzino assorto che segue con attenzione, con un uomo affianco che con un orologio
controlla il tempo. Nella penombra un ragazzo tiene una corda legata alla gabbia del volatile. Il dipinto suscitò
l’ammirazione dei contemporanei per i temi nuovi e lo stile perfetto. Colpiscono la luce e l’acume psicologico nella
descrizione dei personaggi. Vi sono elementi simbolici, come il vaso di vetro sul tavolo con dentro un liquido e un
teschio, conferendo all’opera il valore di un ammonimento riguardo alla brevità della vita e all’inevitabilità della morte

JOHANN HEINRICH FUSSLI (1741-1825) – fermento preromantico

Tra i principali teorici dello ‘Sturm und Drang’ (tempesta e impeto), corrente sorta in Germania alla fine del 700 in
contrapposizione al razionalismo illuministico. L’autore si era accostato alla moderna letteratura gotica e sentimentale
dell’Inghilterra e proprio questa sua formazione lo portò ad un’interpretazione originale dell’arte classica (es: disegno
L’artista commosso davanti alla grandezza delle rovine antiche) con emozioni derivanti sulla meditazione
dell’inarrivabilità dell’antico. Forte era anche l’interesse per i monumenti più imponenti dell’antichità (come le opere
di Michelangelo); tali forme titaniche e dinamiche sono studiate attentamente durante il soggiorno a Roma.

Giuramento dei tre confederati sul Rütli (1780)

Commissionato per celebrare l’antico patto stretto nel 1291 tra i cantori svizzeri contro gli Asburgo. Vi è un confronto
con il ‘Giuramento degli Orazi’ di David, si notano gli intenti differenti dei due autori. In Füssli la composizione è
centrata sul gigantismo e sullo slancio dei corpi verso l’alto, con richiami manieristi, le figure sono tracciate da
pennellate rapide ed espressive; in David la composizione si basa sull’equilibrio spaziale e geometrico della scena e i
protagonisti sono come statue e si ispirano a modelli ideali di bellezza eroica.

L’incubo (1781)

Dopo il ritorno a Londra si accentuò il carattere visionario della sua pittura e le immagini fantastiche acquisirono
sembianze sempre più ambigue e inquietanti. Si coglie l’espressione più significativa della pittura del Sublime (in
antitesi al bello ideale) a cui si ispirarono gli artisti preromantici. Quest’opera rappresenta la parte oscura e irrazionale
dell’anima che spesso si esprime nell’attività onirica. Incubo in inglese è ‘nightmare’ ossia ‘cavallo notturno’, motivo
per cui dal buio emerge la testa di un cavallo dall’aria atterrita con gli occhi fosforescenti (unici elementi luminosi della
scena insieme alla veste e al corpo della donna dormiente). Un essere mostruoso grava sul ventre di lei (allegoria
dell’affanno e dell’oppressione che incombono nei sogni agitati). Tale visione onirica è forse la più radicale
manifestazione di quel processo di liberazione dell’io che caratterizza i ‘pittori dell’immaginario’. Queste opere sono il
riflesso di una nuova sensibilità che attingendo al mito e al sogno, produce una realtà espressiva spesso carica di
simboli. Egli è all’origine di episodi fondamentali dell’arte romantica europea.

FRANCISCO GOYA (1746-1828)

Opposto ma contemporaneo a David; nei suoi modi pittorici emerge la forza visionaria dell’inconscio, il rifiuto dei
modelli di bellezza assoluta dell’antichità, una passione per colori e ombre, carica distruttiva verso norme e ideali
astratti. Formatosi in ambiente illuministico (ma in contrasto con esso), si concentrò sui ‘mali dell’intelletto’ che
ostacolano l’affermarsi della ragione nella storia con un linguaggio sempre più polemico, volto a denunciare gli errori
del potere, la superstizione, la stupidità fino ad approdare alle ‘pitture nere’, disperate composizioni sulle pareti di
casa sua.

Il parasole (1777)

Le sue prime esperienze artistiche consistono in alcuni cartoni per arazzi, destinati alle manifatture reali di Santa
Barbara, illustrando scene campestri, feste e costumi popolari spagnoli; fortemente legate all’eterea leggerezza di
Tiepolo. In questa tela il punto di riferimento stilistico è appunto la libera e ariosa pittura tiepolesca, di cui si accentua
la spontaneità nella stesura, quasi bozzettistica. In questa prima fase si osserva la variegata società spagnola. Porterà
avanti anche molti studi sul colore.

Il sonno della ragione genera mostri (1799)

Nel 1792 viene colpito da una malattia che lo privò totalmente dell’udito, accentuando così il suo isolamento e
favorendo una disillusa visione della realtà che trovò sfogo nella serie di acqueforti dei Capricci del 1799. Qui il furore
espressivo esplode nella rappresentazione degli orrori generati dalla superstizione e dall’ignoranza; vuole dimostrare
come quando la ragione tace, la paura e le false opinioni prosperano (qui sottoforma di figure inquietanti e
mostruose) e gli impulsi irrazionali prevalgono.

Famiglia di Carlo IV (1800-1801)

Anche l’attività ritrattistica si evolse. I suoi lavori, sempre luminosi e colorati, si trasformarono in analisi impietose dei
personaggi rappresentati. Qui le fisionomie di Ferdinando e Maria Luisa di Borbone sono rese in tutta la loro mediocre
prosaicità, con lucido senso grottesco.

TESTIMONIANZA DELLE VICENDE STORICO POLITICHE DEL SUO TEMPO

1808-1812: Spagna sotto il governo di Giuseppe Bonaparte. Scoppia una violenta resistenza nazionale antifrancese.
Mentre dipingeva scene di vita quotidiana o nature morte, Goya denunciava anche le atrocità della violenza umana
nei Disastri della guerra (acqueforti del 1808-1812, pubblicate postume nel 1863) in cui il mito della ragione liberatrice
sembra definitivamente sconfitto. Nel 1814 raffigurò due episodi di resistenza spagnola:

- 2 maggio 1808: lotta contro i Mamelucchi: battaglia dei madrileni contro i militari turchi dell’esercito
francese;
- 3 maggio 1808: fucilazione alla Montaña del Principe Pio: esecuzione capitale di alcuni compatrioti sospettati
di aver partecipato alla rivolta del giorno precedente. Sullo sfondo scuro, le figure appaiono
drammaticamente illuminate dalla luce della grande lanterna in primo piano, che da al dipinto l’effetto di
un’istantanea fotografica. L’apice della scena (anche compositivo) è il gesto e l’urlo del contadino con la
camicia bianca, prima dello sparo, attorno vi sono le prossime vittime e a dx ci sono i corpi morti, vi è anche
un frate che si inchina come per pregare. I francesi sono disposti regolarmente e simmetricamente, schierati
diagonalmente con i loro fucili allineati, evidenziando la fredda e lucida organizzazione delle truppe a cui si
contrappongono la disperazione e il terrore delle vittime. Pennellate larghe che non definiscono le figure in
modo preciso. Non vuole rappresentare una scena nitida ed eroica, ma denuncia il dramma e l’orrore.

Saturno che divora uno dei suoi figli (1821-1823) – ‘pitture nere’

Goya non patì i disastrosi effetti della restaurazione borbonica come i suoi contemporanei; dovette perdere qualsiasi
speranza illuminista nel sovrano (abolì la costituzione e ristabilì l’inquisizione): definitiva vittoria di quei mostri che
aveva sempre combattuto. Tra il 1819 e 1823 dipinse le pareti della sua abitazione (Quinta del Sordo) con scene crude
e allucinate che segnano il punto di arrivo della sua cupa visionarietà. Toni tenebrosi, in cui l’ombra vince
definitivamente la luce. In quest’opera viene espresso nei termini dell’incubo la cieca bestialità del potere che teme
l’usurpazione, rappresentando il mito di Saturno: divorava i suoi figli appena nati per scongiurare un’antica profezia
secondo cui uno di loro l’avrebbe detronizzato.

1824: ultimi anni trascorsi in Francia, a Fianco dei romantici Gericault e Delacroix.

ARCHITETTURA NEOCLASSICA

Ricerca di nuovi principi, fondata con il confronto diretto con gli esempi dell’antichità classica, riportata alla luce
dall’archeologia, e nell’approccio più soggettivo ed emotivo; vi è una molteplicità di soluzioni adottate nell’affrontare
medesimi temi, con anche il formarsi di orientamenti nazionalistici e stili personali sempre più differenti tra loro.

Francia → molti mutamenti ideologici e politici in poco tempo, anche se i ceti intellettuali continuarono ad ispirarsi ai
principi illuministici, tanto che il lavoro di alcuni architetti (Boullèe e Ledoux) ne fu influenzato decisamente. Per loro
non era adesione agli ideali politici rivoluzionari, bensì l’assunzione di nuovi ideali filosofici in termini di una razionalità
capace di comunicare per simboli e suscitare emozioni, volumi elementari e solenni in grado di ‘parlare’ e di esprimere
con rigore e magnificenza la loro funzione.

ÈTIENNE-LOUIS BOULLEE (1728-1799)

Insegnante in Francia, vedrà realizzate poche sue opere, la sua eredità consiste infatti in scritti teorici e progetti in cui
grandiosità e carica simbolica si uniscono nella semplicità delle forme.

Cenotafio per Newton (1784)

Omaggio al lavoro dello scienziato, progettato ma mai realizzato. Costituito da una grande sfera (ad evocare la Terra e
la cupola celeste), il sepolcro avrebbe dovuto poggiare su una base cilindrica a gradoni con file di alberi. L’interno cavo
avrebbe dovuto ospitare solo il sarcofago e una gigante lampada di forma di astrolabio sospesa al centro che di notte
avrebbe irradiato una grande luce. Nella muratura erano disposte piccole finestre che rappresentano le costellazioni,
che di giorno avrebbero fatto passare la luce creando effetti luminosi suggestivi.

CLAUDE-NICOLAS LEDOUX (1736-1806)

1784: Caselli daziari lungo la cinta di Parigi. Queste porte nelle intenzioni dell’architetto avrebbero abbellito le
periferie della città, marcavano il perimetro della città e costituivano gli uffici per la riscossione delle tasse sulle merci
che affluivano nella capitale. Ognuna di esse ha una particolare fisionomia, ma tutte mostrano la tendenza ad
utilizzare volumi elementari, sottoponendo le forme del Classicismo ad un processo di depurazione da ogni
ornamento.
Le saline reali di Arc-et-Senans (1775-1779)

Besançon, dove si produceva il prezioso ‘oro bianco’ avrebbe dovuto essere il centro della città ideale, esempio di
utopia parzialmente realizzata; quo voleva sperimentare l’unione e la moltiplicazione delle potenzialità dei suoi
abitanti in vista di un progresso che avrebbe conciliato prosperità economica e fraternità. Vide la luce solo una parte
del modello, ancora oggi segno di potere del territorio. Il sito si estendeva in un’area libera tra i villaggi di Arc e
Senans, in cui giungeva l’acqua ricca di sale della località Salins, mentre la foresta vicina avrebbe dovuto fornire
abbondante legname per alimentare i forni. Con un gruppo di ingegneri, l’architetto definì in più tappe il complesso
(tecnologicamente e socialmente avanzato). Accostati materiali diversi e diversamente trattati.
La salina era concepita come un grande anfiteatro, delimitato da un muro di cinta. Lungo l’emiciclo vi erano situati 5
edifici: l’ingresso in posizione centrale, con due fabbricati per lato per le abitazioni degli operai e le funzioni collettive.
All’estremità est e ovest sono posizionati due padiglioni per il personale amministrativo per il controllo della
produzione. Al centro sorgono la Casa del direttore e gli edifici per la lavorazione del sale.
Ledoux era in grado di sperimentare le soluzioni più innovative e razionali per i problemi posti dal complesso,
esaltandone le sue qualità estetiche. La dignità del lavoro è esaltata dall’uso di elementi di derivazione classica
inconsueti per un edificio industriale (prima limitato all’arredo di parchi). Nel solenne ingresso è introdotto il
riferimento al tema architettonico e decorativo della grotta, riportato anche sulla cinta e nei muri all’interno, e sulla
porta che immette nella miniera per sottolineare una continuità fra spirito e materia, mondo antropizzato e ambiente
naturale; assume il valore di soglia iniziatica. La disposizione a semicerchio è ispirata all’andamento del sole e alla
forma delle città ideali rinascimentali (i diversi padiglioni sono però separati per favorire la fuga in caso di incendio). La
simmetria è data anche dal voler facilitare le operazioni di controllo delle autorità, trasmettendo anche l’immagine di
un’ordinata comunità. Il portico d’ingresso è ispirato ai Propilei di Atene, ha il ruolo di proteggere dalle intemperie;
l’interruzione del plinto era invece pensata per il transito dei cavalli.

La casa del direttore è al termine di un lungo asse rettilineo che collega il ponte sul fiume Loue e l’ingresso. Posizione
dominante rispetto al complesso, richiamata anche attraverso la maggiore altezza. L’apertura sul frontone triangolare
è figura dell’occhio di chi è chiamato a governare, a cui nulla sfugge e tutti gli sguardi vi convergono. All’interno vi era
poi una cappella per le cerimonie religiose. Gli insediamenti operai e le abitazioni sono anch’esse all’interno: 12 stanze
con 4 letti per abitazione, con una sala centrale dove vi erano il refettorio e le installazioni per la vita domestica.
Dietro i padiglioni vi erano degli orti, pensati per il tempo libero degli operai, così da allontanarli da svaghi illeciti.
Vediamo quindi unite le strutture sociali dell’Ancient Regime con ideali rigeneratori illuministici.

JACQUES-GERMAIN SOUFFLOT (1713-1780) → Chiesa di Sainte-Geneviève (1764): trasformato in Pantheon dopo la


Rivoluzione francese; a croce greca in pietra, sormontato da una cupola e con grandi aperture. Aspirava ad unire la
leggerezza strutturale del Gotico all’autorevolezza del linguaggio classico.

ALEXANDRE PIERRE VIGNON (1763-1828) → classicismo più filologico. Chiesa della Madeleine (1806) chiamata in
precedenza ‘Tempio della gloria alle armate francesi’.

JEAN-FRANÇOIS CHALGRIN → Arc de l’Etoile (1806-1836) oggi Arc de Triomphe: motivo dell’arco trionfale ripreso dalla
classicità romana, anche se modernizzato.

KARL GOTTHARD LANGHANS (1732-1808) → scuola classicista tedesca. Porta di Brandeburgo (1789) a Berlino:
rielaborato il tema della Propilei di Atene e usato in un contesto urbano (era concepita per l’ingresso di uno spazio
sacro).

ROBERT ADAM (1728-1792) → ricerca di una complessiva armonia e di uno stretto legame fra struttura edilizia,
decorazione e arredo. Biblioteca di Kenwood (1756). Nelle case costruite tra il 1760-1780 mise a frutto il repertorio
edilizio appreso durante i suoi viaggi, utilizzando liberamente elementi strutturali, rilievi architettonici e motivi
ornamentali. Realizzò anche alcune residenze di campagna. Syon House (1762-1769): edificio di epoca rinascimentale
in cui l’esterno venne lasciato praticamente intatto (blocco quadrato chiuso da torrioni) e progettò ex novo gli
appartamenti interni. Per ciascuno dei 7 ambienti scelse un motivo dominante, architettonico e geometrico.

JOHN SOANE (1752-1837) → Banca d’Inghilterra (1788-1833): vasta cupola di derivazione romana usata per coprire la
rotonda del salone centrale, la decorazione è ridotta a fasce scanalate e modanature semplificate. L’opera più
significativa è la sua casa, oggi museo: abitazione destinata ad ospitare oggetti di arte antica, dipinti, sculture. Ricco di
citazioni stilistiche volutamente contraddittorie (greco-romane e moderne, medievali).
Città di San Pietroburgo: costruita nel 1703 con il contributo di molti architetti europei; quando nel 1762 Caterina II
salì al trono venne dato un nuovo impulso edilizio, verso i modelli neoclassici più rigorosi. Grande influenza di
GIACOMO QUARENGHI (1744-1817) che introdusse il palladianesimo, senza rinunciare all’uso delle facciate decorate
con elementi architettonici di stucco bianco barocchi. Istituto Smol’nyi (1806-1807) collegio per fanciulle
dall’esemplare chiarezza volumetrica, caratterizzato in facciata da un frontone monumentale sostenuto da 8 colonne
ioniche. La città assunse la sua definitiva configurazione per merito di CARLO ROSSI (1775-1849) che costruì l’Arco
dello stato Maggiore (1819-1825).

Washington: nasce nel 1791 con un piano disegnato da PIERRE-CHARLES L’ENFANT, venne coinvolto anche Thomas
Jefferson che aveva introdotto nel paese una particolare rielaborazione di Palladio. Il piano verteva su due punti focali:
ad est il Campidoglio (fatto da Latrobe e Bulfinch) e a nord la Casa Bianca (Hoban e Latrobe). Da questi edifici si
diramano strade laterali una delle quali li pone in relazione. In asse con il Campidoglio, si estende un lungo spazio
vuoto (Mall) che arriva fino al fiume, da qui un altro asse perpendicolare conduce alla casa del presidente. I due assi si
intersecano nell’obelisco dedicato a Washington. Questi edifici sono un’interpretazione del Classicismo francese
contaminata dall’inserimento di elementi ispirati alla vegetazione diffusa nel paese.

Da pag. 1131-1140: solo opere spiegate →

GIUSEPPE PIERMARINI (1734-1808)

Architetto, contesto architettonico lombardo. Arriva a Milano nel 1769 per riprendere i lavori per la restaurazione
dell’antico palazzo ducale. Dal 1773 lavora alla trasformazione del Palazzo di Brera in Accademia delle Belle Arti
(1776). Nel 1779 diviene Imperial regio architetto e ottiene il compito di organizzare l’assetto urbano/architettonico
della città (edifici nuovi o riplasmati per assolvere nuove funzioni). Eliminando ogni traccia di barocco, egli intaccò il
vecchio tessuto urbano con luoghi di carattere simbolico, funzionale e fruitivo, in funzione della necessità delle
autorità e della nobiltà cittadina. Introduce quindi un linguaggio sobrio e razionale, improntato ad una lineare
chiarezza (Palazzo di Belgioioso, 1772-1781).

Teatro alla Scala (1776-1778)

Modello per molti teatri neoclassici successivi. Architettura misurata nelle proporzioni e negli ordini, nella
distribuzione di pieni e vuoti, con sottili decorazioni a festoni sotto la trabeazione del piano nobile e un innovativo
portico per le carrozze. La parete continua con palchi su più livelli si affaccia a ferro di cavallo sulla sala degli
spettacoli, articolata in platea, orchestra e palcoscenico. L’ottima acustica si deve ad unìinvenzione del maestro che
agganciò alle capriate del tetto una copertura a volta realizzata con bacchette di legno, intonacata e affrescata. Negli
spazi accessori vi sono le stanze per le funzioni legate al complesso teatrale.

Villa Ducale di Monza (1776-1780)

Su incarico dell’arciduca Ferdinando d’Austria come emblema visibile della nuova corte e del nuovo governo. Per il
disegno ci si ispira ai modelli barocchi francesi e inglesi, adottando una pianta aperta e articolata, che fornisce un
armonioso rapporto con la natura circostante. Il corpo centrale si protende in una serie di ali disposte a U, che
definiscono la corte principale e l’anticorte. Sul retro di estende il parco, realizzato successivamente da Eugenio di
Beauharnais come primo esempio di sistemazione paesistica all’inglese.

RIORGANIZZAZIONE DELLA CITTA’: durante il periodo dell’amministrazione francese Milano assunse sempre di più il
ruolo di capitale di un territorio in netto sviluppo. Gli architetti dopo Piermarini ebbero come obiettivo una
trasformazione organica del tessuto urbano, anche se poche idee trovarono realizzazione concreta; il loro contributo
fu fondamentale per la creazione dell’assetto della città che nella maggior parte abbiamo ancora oggi. Il più
importante esponente fu Giovanni Antonio Antolini che intendeva l’architettura come impegno civile, espressione dei
nuovi ideali democratici e repubblicani, ispirata ad un razionalismo dai fini sociali e ad un mondo passato di cui si
vuole far rivivere l’antica virtù. Nel 1800 presenta il progetto del Foro Bonaparte (mai realizzato). Pag 1134

GIUSEPPE QUARENGHI - Teatro dell’Ermitage (1783-1787) NON SUL LIBRO


IL ROMANTICISMO: TRA IMMAGINAZIONE E REALTÀ

Contesto storico: dopo la Rivoluzione francese e il declino di Napoleone vi furono radicali cambiamenti etici e politici.
1815: congresso di Vienna che cambiò l’assetto europeo per ristabilire un equilibrio generale; moti rivoluzionari in
Spagna e Grecia e nel 1830 a Parigi. Solo durante i moti del 48 la Francia diventerò una repubblica, dando avvio ad una
serie di azioni rivoluzionarie che infiammarono tutta Europa. L’Italia visse il Risorgimento che la libererà dalla
dominazione austriaca, abbattere il Regno delle due Sicilie e ad unificarsi nel 1861.

Si afferma in tutto il continente il movimento romantico, un complesso fenomeno culturale che investe ambiti
filosofici, letterari, artistici e politici. Si sviluppò in modo diverso in base al luogo, ma vi erano due ideali di base: presa
di distanza dal classicismo e una rivendicazione delle peculiari identità individuali e nazionali. Il termine deriva
dell’inglese ‘romantic’ che nel 600 connotava negativamente la materia fantastica dei romanzi cavallereschi. Dalla
seconda metà del 700 assunse valenze più ampie dal punto di vista estetico e venne usato in tutta Europa per indicare
quelle correnti che prediligevano passioni, emotività, inquietudine, irrazionalità, soggettività del sentimento
(contrapposto all’ideale illuminista razionale). Per alcuni studiosi è considerato, insieme al Classicismo, uno dei due
poli fra cui oscilla l’animo umano. Non è possibile trovare una data di nascita della corrente, ma dal punto di vista
prettamente artistico si sviluppò nel secondo decennio dell’800. La patria fu la Germania, in cui i tratti della poetica
romantica si affermarono per primi nella letteratura e perché si definì la prima estetica della cultura romantica.

L’artista si volge all’esplorazione dell’interiorità, della libera fantasia e della pura immaginazione; cessa di fare dell’arte
antica il modello e si concentra sull’osservazione diretta della natura convinto di poterne trarre una più autentica
aspirazione e una moderna sensibilità poetica. Al contrario dell’arte classica che era spesso sovratemporale, il
romanticismo si interessa alla storia contemporanea e assume connotati più ideologici e politici, viene riscoperta
un’identità nazionale. In generale vi fu una posizione in favore del progresso e della libertà, facendo diventare
‘romanticismo = liberalismo’. L’artista è anche animato da un’orgogliosa consapevolezza della propria specifica
condizione. L’opera d’arte è l’esito del suo ‘genio’ e l’artista creatore è assimilato a Dio, come se mettesse in
comunicazione finito e infinito. Deve seguire la sua ispirazione ed è refrattario ad ogni limite o convenzione. La figura
dell’eroe romantico, spesso ribelle e tormentato, è l’alter ego dell’autore che lo crea. In questa costante irrequietezza
si cerca la fuga nello spazio e nel tempo: nasce il desiderio verso terre lontane e l’amore per l’esotico, immuni dagli
effetti della società, quindi pure. A ciò è collegato il soggettivismo, chiave del romanticismo, che rende di difficile
comprensione il linguaggio figurativo (ogni artista fa richiami diversi al passato).

Riscoperta romantica della natura → parte di un più generale sentimento di rinascita di aspirazioni e sentimenti
mitico-religiosi. Gli ideali illuministici perdono attrattiva, sostituiti da un abbandono quasi totale al trascendente che
vide l’affermarsi della fede tradizionale e forme di spiritualismo misticheggiante. Arte ha molta importanza in questo
processo perché consentiva di attingere a verità più profonde, inaccessibili dalla ragione. Alcune correnti romantiche
come i Nazareni si formarono con l’obiettivo dichiarato di subordinare l’arte alla diffusione di contenuti religiosi.
Revival del Medioevo → molti artisti parteciparono con vigore alle vicende del loro tempo, spesso in forme allusive,
ossia rappresentando fatti e personaggi del passato che potessero essere paradigmatici per gli eventi del presente. Il
Medioevo venne preso come riferimento in quanto per la prima volta si erano espresse le esigenze identitarie delle
popolazioni. Coincideva anche con un periodo di intensa vitalità dello spirito religioso e appariva scevra di artificio.
Legame con la storia = vera e propria adesione agli eventi dell’attualità.

L’Italia diede un contributo con:

- Vedutismo: riflessione sul rapporto della visione della natura e il sentimento che ne scaturisce; il paesaggio
romantico esprime emozioni e stati d’animo più che essere rappresentazione fedele del reale. Concezione
della natura come proiezione dei sentimenti che ispirala ricerca dei paesaggi più disparati per descrivere le
diverse emozioni dell’uomo;
- Pittura di storia: predilezione per le scene corali con partecipazione popolare con uno svolgimento narrativo
solenne e significativo in grado di suscitare emozioni e riflessioni in chi osserva.

1848: svolta nella politica europea e data in cui tramonta l’illusione romantica di conseguire rinnovamenti profondi
senza aspre rotture. Si sviluppa una riflessione su una realtà che parve più problematica del previsto da cui si
originano fughe verso l’evocazione fantastica oppure studi puntuali degli aspetti naturali e sociali meno aulici (in
Francia si concretizzò con la scuola di Barbizon).
Architettura: il 1815 è un anno di svolta in cui avviene una nuova interpretazione del progetto, della sua funzione e del
rapporto con la tradizione, fenomeno detto ‘Eclettismo’. Nell’800 indicava dispregiativamente il proliferare di stili
presi dal passato e usati in sovrapposizione o compresenza nello stesso edificio. Nel 900 invece indica una specifica
modalità di manipolare i repertori stilistici con consapevolezza per creare qualcosa di nuovo. Confronto con il passato
come condizione fondamentale per ritrovare nel presente un modo di esprimersi contemporaneo. Aumentò anche la
circolazione di modelli grazie alla maggiore accessibilità delle fonti (stampa, biblioteche, accademie). L’abbandono del
linguaggio classico fu un percorso progressivo, partito già del 700 quando l’uomo venne messo al centro con la sua
percezione di arte e architettura. Sullo sfondo di tutto ciò si colloca la rivoluzione industriale che rese disponibili
materiali come ghisa e ferro.

Parole chiave:

- Paesaggio: natura che assume forme spirituali e simboliche da un lato (specchio delle tensioni esistenziali
dell’artista, come malinconia, fragilità e solitudine) ma è anche fortemente descrittiva dall’altro
(manifestazione dell’assoluto e del divino e quindi ogni suo aspetto diventa degno di rappresentazione e
assume valore di rivelazione);
- Sentimento: fuga nei sentimenti determinata (dal crollo degli ideali illuministi) al centro dell’estetica dell’800.
Il soggetto è la libera espressione del suo stato d’animo che mira però all’emozione dello spettatore. L’artista
romantico si rivolge al cuore e non alla mente quando vuole comunicare qualcosa; affermazione del genio
come forza creativa irrazionale e libera;
- Visione: espressione di contenuti che attingono dall’interiorità dell’artista (sogni, incubo, fantasia o follia).
Grande spinta dalla pittura visionaria furono Fussli e Goya per la poetica del sublime. I pittori
dell’immaginario attingono alla parte oscura della psiche, conferendo dignità artistica alle sue ombre;
- Esotismo: affermazione contribuita anche dalle vicende politiche che portarono in primo piano luoghi remoti;
curiosità per l’Oriente come orizzonte in cui dare spazio allo spirito di avventura. Sul piano figurativo abbiamo
neri, odalische, beduini, bagni turchi…

PHILIPP OTTO RUNGE NON SPIEGATO (tedesco)

WILLIAM BLAKE NON SPIEGATO (inglese)

JOHN CONSTABLE (1776-1837)

Si sviluppa in Inghilterra una tendenza più strettamente naturalistica. Egli nasce a Suffolk e si formò stilisticamente con
le opere di Lorrain, i fiamminghi e gli acquerellisti inglesi; guardò soprattutto alla natura come soggetto esclusivo dei
suoi dipinti. In vita non ottenne il successo meritato, verrà poi ricordato dagli impressionisti (quasi un secolo dopo).

Mulino di Flatford (1817)

Mostrato con dettagli realistici il ricordo ‘bucolico’ della sua infanzia. La scena descrive una manovra di barconi
eseguita da alcuni ragazzi, lungo le rive del fiume Stour. È una giornata calda d’estate, a dx si estendono campi di
campagna con una signora che passeggia. La composizione ha un andamento serpentino e crea vari punti di interesse:
fiume in primo piano, paesaggio campestre sullo sfondo, la cittadina all’orizzonte e il cielo. A rendere ancora più
realistica la visione è l’uso della tecnica ‘colore locale’, ossia ritrarre i colori degli oggetti così come appaiono alla luce
naturale, con le alterazioni del caso.

Constable compì diversi studi sul cielo, annotando per ogni schizzo la direzione del vento, il giorno, l’ora e la stagione.
Di fatto, esso con la sua dinamicità è forse l’elemento più vivo dei suoi quadri (es: il carro del fieno, 1821).
Straordinaria è la sua capacità di descrivere la natura e le sue luci, le atmosfere. L’ambiente è spesso quello rurale
della campagna di Stour. Le sue opere segnano l’affermarsi di una nuova sensibilità artistica: anche una semplice
impresa contadina acquisisce pari dignità artistica del ‘sublime’.

JOSEPH MALLORD WILLIAM TURNER (1775-1851)

Conquistò immediatamente i contemporanei. Interesse verso l’uomo e la natura, il suo trovarsi in balia degli eventi
naturali. Fece molti viaggi che lo influenzarono (Svizzera, Parigi).

Didone costruisce Cartagine (1815) NON SPIEGATA


Bufera di neve: Annibale e il suo esercito attraversano le Alpi (1812)

Interesse nel creare un forte impatto emotivo attraverso il colore il contrasto chiaro-scuro. Anche se rientra nel
genere storico, il vero soggetto è lo scatenarsi incontrollato della potenza e della violenza della natura, fra accecanti
bagliori di neve e vapori. Il turbine nero della bufera monta come un’onda terribile e minacciosa al centro del dipinto,
oscura il sole e si abbatte sulle minuscole figure dei soldati che comunicano un senso di panico e smarrimento.

1819: primo di vari viaggi in Italia (Venezia: la luna sorge, Incendio della Camera dei Lords e dei Comuni il 16 ottobre
1834; Venezia con la Salute).

Dopo la lettura della ‘Teoria dei colori’ di Goethe, le forme si dissolvono ulteriormente e il colore ne accentua il
significato emotivo, si muove in direzione di una pittura ormai informale e anticipatrice di esperienze pittoriche
successive, come l’impressionismo (opere realizzate con grandi e indistinte macchie di colore). Nei suoi ultimi anni
arrivò a dipingere anche con canovacci o le dita.

CASPAR DAVID FRIEDRICH (1774-1840)

Artista che meglio incarna i principi romantici 800eschi: concezione di un’anima universale che comprende uomo e
natura e tensione sempre insoddisfatta verso l’infinito. Nato in Pomerania, frequenta l’accademia a Copenaghen, poi
si trasferisce a Dresda. Si limita a rappresentare soggetti prevalentemente nordici, dove la natura è fonte di ispirazione
e viene rappresentata con valenze quasi sempre simboliche.

Croce in montagna (1808)

Eseguito come semplice paesaggio, ma poi usato come pala d’altare di una cappella privata, suscitando polemiche
(non è raffigurata una scena tipicamente sacra). Tuttavia, il dipinto mostra un’aurea sacrale, evocata da una serie di
simboli:
- Croce: elemento di raccordo fra terra e cielo, tra uomo e Dio (presente con la luce dietro la croce stessa) e
segna il passaggio dalle tenebre alla luce di Cristo;
- Roccia: simbolo della saldezza della fede;
- Sempreverdi: allegorie delle speranze degli uomini.
La cornice (progettata ma non fatta da Friedrich) sviluppa lo stesso tema del dipinto, con motivi più tradizionali della
religione:
- Triangolo con occhio: simbolo della Trinità;
- Spighe di grano e ramo di vite: pane e vino dell’eucarestia;
- Stella della sera (vertice): simbolo di un tempo di morte e resurrezione.
I simboli cristiani emergono spesso nelle sue opere (es: Abbazia nel querceto, 1809).

Monaco in riva al mare (1808-1809)

Tensione e inquietudine che circolano nelle sue opere, in cui i paesaggi sono riflesso del suo stato d’animo. Atmosfera
assorta e di profonda introspezione nonostante i pochi elementi raffigurati. La figura del monaco, appena visibile, è
emblema della finitezza umana contrapposta all’infinità dell’universo e comunica un sentimento di smarrimento e
solitudine esistenziale. Volge le spalle al mondo, perso nella contemplazione del sublime mistero della natura,
consapevole che forse rimarrà sempre ignoto.

La grande riserva (1832) NON SPIEGATA

THÉODORE GÉRICAULT (1791-1824)

Sceglie il rapporto diretto con la storia e la cronaca contemporanea; la sua opera segna l’abbandono definitivo del
Classicismo. Irrequieto e angosciato, allievo di Vernet e Guérin, studiò gli antichi al Louvre eseguendo numerose copie.
Prima occasione importante: esposizione nel 1812 al ‘Salon’ de l’Ufficiale dei cavalleggeri della guardia imperiale alla
carica. Criticato ma anche apprezzato, vi conferiscono vigore la rapidità e l’immediatezza dell’esecuzione che
esprimono un’energia incontrollata.
Alienata con monomania dell’invidia (1821-1823) – dieci ritratti di alienati

Creò questi 10 ritratti su invito del medico parigino Georget, primario dell’ospedale psichiatrico. 5 sono andati perduti.
Il pittore si è accostato a queste figure con umanità e partecipazione, senza indulgere al grottesco. Vittime di
ossessioni divoranti, appaiono chiusi nel loro mondo, concentrati unicamente sulla loro mania, tanto da non volgere
mai gli occhi allo spettatore. L’artista intuisce una convincente relazione tra tratti fisici e caratteri spirituali in questi
ritratti, come se l’obliquità dello sguardo traducesse la deviazione del pensiero.

La zattera della medusa (1818-1819)

Dopo aver soggiornato a Parigi e in Italia e aver studiato Michelangelo (se ne vedrà l’influenza nelle anatomie dei
corpi). Si ispira ad un fatto di cronaca del giugno 1816, in cui la Nave francese Medusa fece un naufragio al largo
dell’Africa occidentale. 150 passeggeri si misero in salvo su una zattera e andarono alla deriva per giorni, in un
crescendo di orrori (ammutinamenti, cannibalismo, morte per stenti). Solo 15 superstiti saranno salvati dalla nave
Argus. Le notizie su questo avvenimento e sull’inadeguatezza dei soccorsi vennero messe a tacere. L’artista fu a lungo
indeciso su quale aspetto rappresentare: inizialmente pensò all’ammutinamento e al cannibalismo. Fece circa 50
bozze e disegni, finché scelse di rappresentare il momento in cui i naufraghi vedono una nave all’orizzonte e cercano
disperatamente di attirarne l’attenzione. Per realizzare l’opera, Géricault lesse resoconti, interrogò i sopravvissuti e
viaggio molto per poter descrivere realisticamente l’ambientazione. L’aspirazione al realismo però non portò alla
ricostruzione perfetta della realtà: vari dettagli divergono dal vero (zattera più piccola) per accrescere il senso a la
valenza universale della scena, realizzando una sintesi tra fedeltà al vero e contenuti ideali.
Sotto un cielo teso e nero, la zattera è inclinata sull’acqua e quasi respinta indietro dalle onde; la composizione si basa
su due diagonali incrociate e salienti (i naufraghi verso dx e il mare e il verso verso sx). I naufraghi sono molto
espressivi (vanno dalla rassegnazione alla speranza): un vecchio a sx con un mantello rosso guarda davanti a sé senza il
coraggio di guardare il ragazzo esanime su di lui. Vi sono morti per tutta la zattera. Vi è una piramide umana fatta dai
corpi al cui vertice c’è un ragazzo nero che agita la camicia.
Suscitò reazioni contrastanti: ammirazione per la potenza della rappresentazione, resa del dramma, perplessità sulla
prevalenza di tonalità cupe e la mancanza di ordine compositivo. Frequente la chiave di lettura politica, nel quale
emerge un’accusa al governo francese. Il quadro non lascia indifferenti. Per l’artista è un’allegoria alla Francia del
tempo, sulla zattera lui infatti imbarcò tutta la società francese.

EUGÈNE DELACROIX (1798-1863)

Caposcuola del Romanticismo francese. Amico di Géricault, allievo di Guérin. Esordì al ‘Salon’ nel 1822 con Dante e
Virgilio all’inferno, omaggio alla Zattera della Medusa per i colori e il trattamento dei nudi.

Massacro di Scio (aprile 1822) (1823-1824)

Opposizione agli ambienti accademici. Ispirato ad un tragico episodio della rivolta greca contro la Turchia. Nel 1822 i
turchi avevano represso una rivolta nell’isola di Chio, uccidendo 20000 uomini e schiavizzando donne e bambini. tutta
Europa aveva seguito con orrore la vicenda e l’opera venne fatta in solidarietà al popolo greco. Sullo sfondo vi è il
villaggio in fiamme, mentre in primo piano vi sono prigionieri che attendono la deportazione e un turco a cavallo che
estrae la scimitarra per uccidere la madre della donna appena rapita. I corpi, rassegnati e contratti per la disperazione,
individuano citazioni a Michelangelo, Géricault e Delacroix stesso (la ragazza a dx appare anche in Orfana al cimitero).
Impressionante per la libertà espressiva: abbandono di simmetria, figure tagliate agli estremi della tela, spazio vuoto
al centro, assenza di un protagonista, stesura sommaria e grossolana dei colori. Anche il tema portava sconcerto:
viene rappresentata la Grecia contemporanea anziché antica.

Morte di Sardanapalo (1827-1828) NON SPIEGATA

La libertà che guida il popolo (1830)

Dipinto per celebrare la rivoluzione parigina del 27/29 luglio 1830, inno agli ideali libertari. Struttura triangolare che ha
per base i morti della rivoluzione al cui vertice vi è la Libertà armata. Modellata sulla figura della ‘Venere di Milo’,
guida un popolo di rivoltosi sulle barricate. Ha il petto scoperto, simbolo di coraggio e impeto e sul capo ha un
berretto che la identifica come la Patria degli uomini liberi. Nella mano sx ha un fucile e nella dx la bandiera francese.
Sullo sfondo a dx ci sono i profili della cattedrale di Notre-Dame. Il diverso abbigliamento dei personaggi denota le
diverse classi sociali ed enfatizza la coralità della sommossa. Il dipinto è carico di tensione drammatica, anche se
l’artista non ha mai preso parte all’insurrezione in modo pratico, il suo fu solo un coinvolgimento sentimentale. Con
questo quadro nasce l’iconografia politica: l’opera diventa un’icona dei diritti violati e viene più volte ripresa dagli
studenti francesi (anche nel ‘68).

JEAN-AUGUSTE-DOMINIQUE INGRES (1780-1867) NON SPIEGATO

Scultura → dal 1830 abbiamo una definitiva rottura con il passato, con le forme accademiche con la ricerca di nuovi
modelli espressivi. Tra gli autori abbiamo François Rude e Auguste Préault. NON SPIEGATO, pag 1170.

Orientalismo → l’affermarsi del gusto orientale si deve al proliferare di notizie sulle contemporanee guerre di
conquista e i moti d’indipendenza in Medio Oriente, ma anche ai romanzi e ai resoconti su viaggi ambientati in luoghi
esotici. Carattere precipuo è la ricostruzione di ambienti e paesaggi che incarnano un’idea fantastica di Oriente
(distese desertiche, beduini, mercati, colori vivaci), visioni in cui talvolta è presente una componente erotica e
sensuale. Ingres e Delacroix svilupparono questo orientalismo in modo diverso e con fonti diverse. Il primo attraverso i
racconti di Lady Mary Wortley Montagu e per la documentazione iconografica di Jaques Le Hay; il secondo per i suoi
viaggi in Marocco e Algeria.

ARCHITETTURA → pag 1172 NON SPIEGATA

FRIEDRICH OVERBECK (1789-1869)

Nazzareni → movimento artistico che esplicita un’opposizione al Neoclassicismo, si forma a Roma sotto la guida di
Overbeck ed è permeato di misticismo cattolico. Il nome viene assegnato da Goethe per l’accentuata sensibilità
religiosa e la moda dei capelli lunghi; si ispiravano stilisticamente ai pittori del 400 italiano fino a Raffaello. È una
pittura colta e intellettualistica, disinteressata alla produzione fedele della realtà. Le scene di storia sacra sono i
soggetti privilegiati, affiancati da episodi storici (tratti dal Medioevo, letteratura o allegorie).

Italia e Germania (1811-1828)

Espresso l’ideale di fusione tra la cultura mediterranea e nordica. Le due figure femminili si tengono la mano
amichevolmente. A dx abbiamo Italia, modellata sulle Madonne del Perugino con una corona di alloro sul capo. A sx
c’è Germania, modellata sulle Donne di Dürer con un serto di margherite e foglie sulla testa. I paesi sullo sfondo
rimandano ai paesi allegorizzati delle due figure. Germania stringe la mano di Italia e si protende verso di lei, che
invece ha un atteggiamento più reticente.

LORENZO BARTOLINI (1777-1850)

Massimo scultore italiano della prima metà del secolo. Nasce a Prato e nel 1799 va a Parigi al seguito delle truppe
napoleoniche ed entro nell’atelier di David. Ammirazione per il 400, soprattutto toscano. Dopo la Restaurazione si
trasferì a Firenze dove rimase isolato per le sue simpatiche filobonapartiste e allontanamento dalla tradizione
neoclassica. Ottenne appoggio e commissioni da committenti stranieri.

La carità educatrice (1817-1824) NON SPIEGATA → morbidezza del modello, naturalezza delle forme e ricco contenuto
morale.

Monumento funerario della contessa Zamojska (1837-1844) NON SPIEGATO

La fiducia in Dio (1835)

Egli persegue un continuo equilibrio tra l’imitazione della natura e la ricerca di uno stile elevato attraverso la
riflessione sull’arte del Rinascimento. Accurata finitura del marmo che esalta la naturalezza del nudo dedicato alla
ragazza, raffigurato in un confidente momento di abbandono religioso. Lei è incarnazione dell’anima candida e
innocente che si affida a Dio; il senso di purezza è accentuato dal nitore delle forme, la linearità del modello,
levigatezza del marmo.

FRANCESCO HAYEZ (1791-1882)

Pittura romantica italiana → risente dei movimenti risorgimentali della penisola fino ad oltre metà dell’800: si
concentrò su episodi storici speranzosi che il loro esempio potesse rafforzare l’impegno e l’amor di patria negli uomini
della ‘nuova Italia’. I soggetti sono ripresi spesso dal Medioevo. Condivido con il resto d’Europa una componente
sentimentale e una concezione dell’opera finalizzata alla comunicazione di contenuti civili e morali. Hayez fu uno dei
massimi esponenti, svolse un’intensa attività artistica, scandita da opere dal soggetto storico e impegnate sul piano
politico (es: I Vespri siciliani, 1821-1822 in cui invita i connazionali a reagire con fermezza agli oppressori austriaci).

Pietro Rossi chiuso dagli Scaligeri nel Castello di Pontremoli (1818-1820)

Esposizione di Brera. Suscita clamore per il ‘moderno’ soggetto medievale e lo stile. Era più interessato a coinvolgere
emotivamente lo spettatore sfruttando luci, ombre e cromie che ad una chiara comprensione dell’opera. Il tema è
desunto dalla ‘Storia delle repubbliche italiane’: Pietro Rossi, chiamato ad assumere il comando dell’esercito
veneziano per fermare l’espansione di Mastino II della Scala, viene implorato dalla moglie e dalle figlie di rinunciare
all’impresa che lo porterà alla morte, mentre affianco i soldati lo chiamano alle armi (richiamo a David). L’accuratezza
della ricostruzione storica e l’effusione sentimentale rispondono perfettamente ai principi del romanticismo.

I profughi di Parga (1826-1831)

Ispirato alla storia contemporanea: evento della guerra greco-turca. Illustra lo struggimento dei profughi greci
costretti ad abbandonare la loro città, venduta nel 1819 agli inglesi ai turchi. L’opera viene accostata al melodramma
teatrale, al quale rimandano l’enfasi patetica dei volti e delle pose, le vesti dei protagonisti e la ‘quinta’ rappresentata
dallo sperone di roccia su cui è arroccata la città. Sotto vi sono due azioni: a sx il gruppo in primo piano esibisce
emozioni di disperazione e rabbia; a dx la folla in secondo piano si aduna sulla spiaggia in attesa di imbarcarsi. Hayez
partecipa attivamente al dramma, tanto da porre un suo autoritratto nell’opera (anziano con barba e tunica nera).

Meditazioni e Malinconie (1840-42/1850-51) NON SPIEGATE → allegorie che alludono alla crisi degli ideali
risorgimentali e alle disillusioni politiche dell’artista.

Il bacio (1859)

Realizzata all’indomani della vittoria contro gli austriaci nella battaglia di Solferino del 1859. Ambiente medievale
dominato dalla figura trepida del giovane che bacia la sua donna prima di una partenza che sembra una fuga/esilio,
ultimo gesto d’amore prima di una forzata separazione. Con una mano le accarezza il viso e con l’altra le regge la testa
senza che lei possa sottrarsi al suo ardore. Accesa sensualità ottenuta con una composizione calibrata: l’asse verticale
femminile si contrappone alla linea curva disegnata dal suo braccio e dalla gamba di lui. Meticoloso accostamento dei
colori: azzurro metallico che si contrappone ai colori caldi dell’abito dell’uomo. Nei colori dei vestiti c’è un riferimento
alla bandiera francese e italiana: allusione all’accordo tra Vittorio Emanuele II e Napoleone III che avrebbe
determinato la nascita del Regno di Sardegna.

Dopo Hayez anche altri autori proposero opere ispirate alla storia, poesie o romanzi come Giuseppe Bezzuoli (Ingresso
di Carlo V a Firenze), Francesco Podesti (Il giuramento degli anconetani nell’assedio del 1174) e Domenico Morelli (Le
tentazioni di Sant’Antonio). Il Romanticismo storico diventa il filone prevalente dell’arte e si proponeva come lezione
per il presente e come incitamento per un consapevole esercizio di responsabilità.

VEDUTISMO ROMANTICO IN ITALIA p. 1184 NON SPIEGATO Massimo d’Azeglio, Giovanni Carnovali, Anton Smick van
Pitloo, scuola di Posillipo, fratelli Palizzi

NEOMEDIEVALISMO IN ARCHITETTURA p. 1188 NON SPIEGATO

Eclettismo → seconda metà 700: maggiore disinvoltura nell’utilizzo delle forme architettoniche, determinata in primo
luogo dalle forme architettoniche dei lumi. La negazione del Classicismo venne ‘aiutata’ dall’applicazione del metodo
scientifico e dell’analisi razionale allo studio dell’antico, che rese evidenti le incongruenze tra ciò che si trovava nelle
rovine e le regole della cultura classicista. Inoltre si era già arrivati alla consapevolezza che non esiste un bello assoluto
grazie alla soggettività individuale; questa stessa consapevolezza nell’800 portò a studiare le architetture come se si
trattasse di organismi chiamati a rispondere a specifiche esigenze a seconda dell’epoca. La storia dell’architettura si
allargava quindi oltre quella greco-romana e instaurava un confronto tra passato e presente, cerando gli elementi
‘senza tempo’, ovvero quelli che validi ancora oggi, possono essere presi a modello al di là dell’epoca. Ciò permettere
al progettista di trarre i propri riferimenti stilistici da un campo molto ampio di forme lontane nello spazio (esotismo) e
nel tempo (storicismo). Gli elementi selezionati erano poi stati adattati alle esigenze e alla moda del tempo. Dalla
critica 900esca verrà definito ‘eclettismo’ l’atteggiamento per cui viene scelto uno stile in base all’esigenza
dell’edificio.
PITTURA EN PLEIN AIR: 1824: Salon di Parigi che permette un diretto confronto tra tendenza romantica e classicista,
importante anche per i paesaggi inglesi di Constable che da allora esercitarono una forma influenza sulla pittura
francese. Constable eseguiva bozzetti o studi all’aria aperta (en plein air), redatti con indicazione del luogo e dell’ora,
che servivano poi per la realizzazione dell’opera in atelier. Risultavano quindi opere che conservavano la freschezza
del lavoro avvenuto a contatto con la natura. Ciò stimolò in Francia il diffondersi della pittura all’aria aperta. Fu la
SCUOLA DI BARBIZON (villaggio ai margini della foresta di Fontainebleau) a sviluppare questa tecnica, accorciando la
distanza tra un bozzetto fatto all’aria aperta e un quadro completato in atelier (quelli grandi venivano ancora finiti in
studio però).

- THÉODORE ROUSSEAU (1812-1867)

Figura centrale nella scuola che si stabilì nel villaggio nel 1835, dopo che si suoi dipinti erano stati rifiutati dal Salon. Si
concentra sulla creazione di paesaggi nella foresta con le macchie improvvisamente illuminate dal sole e i terreni
paludosi (Lo stagno, 1835).

- CHARLES-FRANÇOIS DAUBIGNY (1817-1878)

Fonda la sua pittura su effetti cromatici-luminosi istantanei e fuggitivi, legati al cambiamento del tempo e delle
stagioni. Pennellata libera e sensibile, costruisce un quadro adottando i modi tipici del bozzetto rapido e temporaneo,
eseguito sul posto. A lui guardano gli impressionisti, per l’immediatezza della sua pittura.

- JEAN-FRANÇOIS MILLET (1814-1875)

Si stabilisce a Barbizon nel 1849. Dal 1860 si dedicò esclusivamente ai paesaggi (villaggi e paesini della sua regione
natale in Normandia), prima la sua pittura si distinse per il dominante interesse per la figura umana, restituita con
severa monumentalità, e per la centralità attribuita ai temi della vita contadina e della sua religiosità.

Le spigolatrici (1857)

Contadine in primo piano che si stagliano nel campo di grano con grande nettezza ed evidenza plastica, come se
fossero bassorilievi. Le figure sono trattate attraverso un disegno vigoroso in cui si combinano toni cromatici sordi,
abbassati, d’improvviso vivificati dai rosa e dai blu.

L’angelus (1858-1859) NON SUL LIBRO

- JEAN-BAPTISTE-CAMILLE-COROT (1796-1875)

Nel 1830 va a Barbizon. Nel 1827 aveva però partecipato al Salon con una veduta di Ponte di Narni impostata secondo
gli schemi tradizionali del paesaggio classicista, con disegno puntuale e cura dei dettagli. Vi è però un processo
pittorico originale, basato sulla sintetica composizione degli elementi di paesaggio come macchie di colore accostate
senza disegno, solo con un equilibrio di accordi tonali. Stessi modi pittorici si trovano anche nella Cattedrale di
Chartres, 1830.

IL REALISMO

1848: ondata rivoluzionaria che sovverte l’assetto europeo, fra nazionalismi e disordini interni. In Francia la lotta per
un governo costituzionale e un regime repubblicano si protrasse fino al 1870; in Italia l’unità arrivò nel 1861 e in
Germania nel 1871. La Gran Bretagna non venne toccata da guerre o sommovimenti, fa stabile internamente, con una
supremazia economica e militare durante il regno della regina Vittoria. Si fecero più decise le rivendicazioni della
borghesia (consapevole del proprio rilievo sociale e politico) e del proletariato (determinato in un maggior
riconoscimento dei propri diritti). Accelerazione della produzione industriale che da luogo alla crescita economica e
allo sviluppo di nuove scoperte, invenzioni e materiali.

In tutta Europa ci fu uno scontro tra i principi liberali e gli ideali socialisti; questa divergenza fu accompagnata sul
piano artistico da un contrasto tra un classicismo sempre più conservatore e correnti antiaccademiche e
naturalistiche: il Realismo (e dopo l’Impressionismo). Declinazioni originali per la rappresentazione di una realtà
quotidiana, popolare e non idealizzata; si concentra su temi di attualità legati all’esperienza comune o a temi di
attualità. Difficile è una sua periodizzazione, ha radici nell’età romantica ma si sviluppò pienamente attorno al 1850,
con soggetti eterogenei in uno stile non aulico. Tra gli interpreti più significativi ci sono Honoré Daumier, Jean-François
Millet, Gustave Courbet. La maggior parte degli artisti della seconda metà dell’800 era in aperta opposizione con i
gusti accademici e le istituzioni culturali (come il Salon). Nel 1855 Courbet istituì il Padiglione del Realismo nel quale
espose le sue opere più importanti dal ’48, con un primo tentativo di presentare al pubblico in maniera autonoma
opere originali, spesso rifiutate dalle istituzioni ortodosse. In seguito a questo distacco si venne anche a creare un
sistema di produzione e circolazione delle opere parallelo a quello delle grandi mostre, grazie anche alla nascita della
figura del mercante d’arte.

Anche in architettura abbiamo dei cambiamenti, dati da un primo vero contatto con la rivoluzione industriale
(impegno sociale degli artisti che si sviluppa nella denuncia delle disumane condizioni di lavoro operaio) e la nuova
pianificazione delle città. Dovettero ripensare al proprio assetto in funzione alle nuove esigenze della società. Si pose
un’architettura più lineare e rigorosa, con attenzione verso la struttura, tecnologia e funzionalità (piuttosto che ad
elementi decorativi). Si va a definire una vera e propria architettura industriale con una restaurazione della città del
suo complesso con zone specifiche dedicate alla produzione industriale o alle residenze. Si passa quindi da un sistema
di produzione edilizia che integra progressivamente materiali ed elementi frutto di lavorazione meccanica. Ferro e
vetro si affermarono nel settore delle costruzioni. Vanno a cambiare quindi, più in generale, i presupposti estetici e
teorici dell’architettura e dell’urbanistica. Riflessioni sul tema della meccanizzazione delle arti applicate (movimento
Arts and Crafts che nell’architettura residenziale sottolineò l’inadeguatezza delle teorie architettoniche 700esche con
un definitivo allontanamento dei canoni della classicità).

GUSTAVE COURBET (1819-1877)

Nato ad Ornans da un’agiata famiglia di agricoltori, formazione non regolare (scuole libere e studi di pittori
accademici). La sua prima produzione (ritrattistica) è caratterizzata da uno stile piuttosto convenzionale. Nel 48 però
ebbe una presa di coscienza civile, orientando la sua pittura ad una descrizione della società che potesse contribuire al
suo cambiamento. Nel 1855 le sue opere vennero rifiutate dall’Esposizione universale di Parigi; allestisce allora la sua
mostra nel Padiglione del Realismo in cui preciso di aver attinto dalla lezione dei maestri il sentimento ragionato ed
indipendente della propria individualità per poter fare dell’arte viva, che scenda nelle strade per un rapporto diretto
con un pubblico popolare.

Gli spaccapietre (1849)

Non troppo attento al rigore compositivo (figure sproporzionate) con il peso spostato verso dx. Il dipinto denuncia
l’inumana fatica dei due lavoratori; alcuni vi scorsero un atto di accusa contro gli effetti più esecrabili del capitalismo.

Seppellimento a Ornans (1849)

Ciò che scandalizzava era, inoltre, il fatto che le scene popolari non fossero dipinte in un piccolo formato (usato per
tali soggetti) ma sulle grandi tele riservate di solito alla pittura di storia; il suo linguaggio attuava anche una
spregiudicata fusione tra modelli figurativi aulici e volgari. Qui abbiamo una resa della luce che risente di Rembrant
coniugata con temi e modi figurativi popolari. Descrive la prima inumazione nel nuovo cimitero di Ornans. Il morto è
un contadino, parente dell’artista, e alla cerimonia solo presenti molti concittadini, ritratti in grandezza naturale e dal
vero. Ci sono 3 gruppi: i religiosi a sx, autorità civili e sindaco al centro, donne piangenti a dx. Courbet lavora su i
contrati tonali, inserendo macchie luminose in un dipinto in cui prevalgono tonalità brune. Le figure sullo sfondo
roccioso fanno pensare alla lineare uniformità di un basso rilievo, ma la dinamicità viene data dall’abile posizione su
più piani e altezze delle varie figure. Nello spazio aperto tra i due altipiani sullo sfondo si eleva un crocefisso,
conferendo un tono solenne alla scena. La tavola destò stupore per alcune infrazioni stilistiche (figure tagliate a lato,
assenza di protagonista). È un esempio di ‘arte democratica’ dove tutte le figure hanno pari dignità.

L’atelier del pittore (1854-1855) - L’onda (1870) NON SPIEGATE

HONORÉ DAUMIER (1808-1879)

Stile robustamente espressivo, monumentale e uno spiccato gusto per i contrasti netti e per i colori e i toni caldi. Dagli
anni 40 produsse opere che denunciano la miserabile vita delle masse urbane e suburbane. Ebbe anche un periodo
dedicato all’opera satirica. L’affermarsi della vignetta caricaturale in Francia si deve al clima relativamente più aperto
della monarchia di Luigi d’Orleans, tali tavole riscossero molto successo. Sono specchi deformati della realtà, ma non
infedeli, che riflettono vizi politici e sociali. Le tavole di Daumier furono estremamente polemiche verso il governo
Orleans (Rue Transnonain, 15 aprile 1834).
Il vagone di terza classe (1862-1864) NON SUL LIBRO

I MACCHIAIOLI (REALISMO IN ITALIA)

Dopo il 1855, Firenze divenne per la cultura figurativa italiana il centro più vitale per la maturazione del nuovo stile.
Importante fu il Caffè Michelangelo, luogo di incontri per molti artisti non solo toscani o italiani (grazie anche alla
politica meno opprimente del ducato). Anche qui, lo sviluppo del genere realista era stato anticipato da esperienze di
pittura di paesaggio legate allo studio e alla produzione dal vero (restituzione otticamente corretta della natura). È nei
paesaggi, scene di vita quotidiana che si scorgono i primi dipinti di macchia, nelle quali le forme non appaiono
delimitate da un disegno, ma per chiazze di colore contrapposte; pittura innovativa. Il gruppo si costituirà intorno al
1860. Questa tendenza si sviluppò nel 1861 nell’Esposizione Nazionale di Firenze con piccoli dipinti quali Il chiostro
(1860) di Giuseppe Abbati e Tetti al sole (1861) di Raffaello Sernesi. Qui domina la restituzione di puri effetti visivi, con
la semplificazione delle forme e l’attenzione ai rapporti cromatici e tonali. Entrambi prescindono dal disegno o dal
chiaro scuro (elementi che in natura non esistono).

- SILVESTRO LEGA (1826-1895): Opere realiste dai toni intimi.

Il canto dello stornello (1867)

Piccolo concerto domestico nella villa dei Batelli (Piagentina) dove Lega fu spesso ospite. Al pianoforte c’è Virginia che
accompagna il canto delle sorelle Maria e Isolina. Dietro l’apparente semplicità della scena vi sono però riferimenti alla
pittura toscana del primo 400: pose monumentali delle donne, scena chiusa tra il tendaggio e la finestra, prospettiva
verticale, scorcio paesaggistico sullo sfondo. Quest’opera non suscitò molto interesse, prese valore solo con il tempo.
Interessanti sono gli accostamenti cromatici degli abiti e l’uso della luce che cade sui volti. L’atmosfera è intima dando
alla scena una solennità senza tempo.

Il pergolato (1868)

Decisiva adozione dello stile di macchia. Momento domestico nella campagna toscana (caffè dopo pranzo in un giorno
d’estate). Da dx arriva la domestica con la caffettiera (le tazzine sono già sul tavolo). Sotto il pergolato trova ombra la
famiglia Batelli, in cui vi sono 3 donne e una bambina. La fresca atmosfera del pergolato contrasta con l’afa e la calura
che incombono sulla campagna circostante, sfumando i contorni di case e alberi. Accurata ricerca di luce e vibrazioni
atmosferiche (intenti non dissimili dagli impressionisti).

- GIOVANNI FATTORI (1825-1908): Aderisce alla pittura di macchia senza però rigettare completamente
elementi tradizionali come contorno e chiaro scuro.

Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta (1862)

‘Primo quadro storico moderno italiano’. Nel 1859 Fattori aveva partecipato indetto dal governo toscano per soggetti
celebrativi delle recenti battaglie per l’unità d’Italia; l’artista presentò due bozzetti (momento glorioso della seconda
guerra d’indipendenza e descrizione della battaglia vista dalle retrovie) in cui venne scelto il secondo per novità
d’impianto e realismo compositivo. Qui la battaglia è appena terminata e sullo sfondo ancora si levano i fumi e le
polveri. Il cielo è frastagliato da nuvole e sotto si agita una folla di uomini e animali. I soldati italiani insieme a quelli
francesi osservano il recupero dei feriti da parte del carro delle suore di Carità (centro focale). Tale battaglia fu una
grande disfatta per gli italiani ma Fattori non indugia a patetici patriottismi: si limita a descrivere la scena con
equilibrio e realismo.

La rotonda dei bagni di Palmieri (1866)

Si dedica alla macchia vera e propria con rapide pennellate e decise contrapposizioni di colori che fermano le
impressioni luminose dei paesaggi. Qui un gruppo di donne siede sotto la tenda del bagno Palmieri di Livorno. La tela è
piccola e pare semplice: in realtà vi è un attento studio sui colori e composizione. L’equilibrio compositivo è dato dalla
scansione ritmica delle figure, dal contrapporsi dei toni cromatici e dal rigore geometrico dell’organizzazione spaziale.

- FEDERICO FARUFFI (1833-1869): La macchia di affermò anche fuori dall’ambiente fiorentino. Opera La lettrice
(1864) NON SPIEGATA
- TELEMACO SIGNORINI (1835-1901): Pittura attenta soprattutto negli spazi sociali. Sul piano formale adotta la
tecnica ‘ton gris’ (tono grigio) che consiste in un’attenuazione del colore tramite miscele di grigio, supportata
anche dall’uso di uno specchio abbrunito nel quale osservare gli oggetti da rappresentare.

La sala delle agitate al Bonifacio di Firenze (1865) NON SPIEGATA

Tutto giocato su un efficace chiaro scuro e luci radenti che sono attenuate dall’uso della tecnica di tono grigio. È
l’interno di un manicomio, con pazienti che dormono, siedono assenti o passeggiano perse nel loro mondo alienato
(unica eccezione è la donna che alza il pugno a sx). La pazzia è mostrata in tutte le sue forme con agghiacciante
realismo; il pathos drammatico si contrappone al severo e disciplinato impianto prospettico creato dalle pareti e dal
pavimento.

Novembre (1870) NON SPIEGATA

IL MOVIMENTO DELLE ARTS AND CRAFTS

Inghilterra, 800: la società medievale era immune dai conflitti tipici del mondo industrializzato: non vi era una netta
separazione fra ideatori e artefici e le rispettive competenze si sovrapponevano. William Morris (1834-1896) tentò di
riproporre questo schema in tale periodo. Per lui, l’artista medievale personifica il principio dell’autonomia sociale e
politica, poiché possiede tutti i mezzi con cui lavora e cura le varie fasi d’esecuzione, al contrario di ciò che avviene
nella società industrializzata. Si mosse nell’ambito del socialismo anarchico: la sua riaffermazione della qualità del
lavoro e dell’oggetto d’uso aveva infatti anche una connotazione etico-politica e si collocava nella prospettiva di un
superamento del principio capitalistico del profitto. Investì energie nel recupero dell’artigianato.
1858-1859: con Webb progettò la propria abitazione ‘Casa Rossa’ in cui tutto era costruito per tradurre in forme
costituite il concetto di comfort. La lavorazione degli arredi era un progetto che legava interno ed esterno (le facciate
non sono più un tema a se stante).
1861: fonda una società che aveva come scopo il recupero di un rapporto organico fra architettura, arte e arti
applicate (decorazioni murali, vetrate, sculture, stoffe artigianali).
1871: insedia una comunità di artisti e artigiani a Kelmscott Manor, complesso medievale sperduto nella campagna
inglese; da qui si poteva combattere la disgregazione della cultura artistica e i valori negati dalla civiltà industriale. Si
reclamava un ritorno alle lavorazioni tradizionali. ‘Arts and Crafts’ (arti e mestieri) fu attribuita a quell’universo di
tessuti stampati e carta da parati, di legni intagliati e ferri battuti, di gioielli incisi e vetri smaltati. Il fenomeno assunse
poi un carattere internazionale, ma per tutti l’obiettivo era di ricostruire, attraverso l’artigianato artistico, un ideale
microcosmo produttivo e sociale. Ci si ispirava al rispetto dei materiali, alla semplicità e alla corrispondenza tra forma
e funzione; doveva essere accessibile a tutti (arte del popolo per il popolo). Il movimento incappò nel problema dei
costi, infatti contrariamente agli scopi originari dovettero rivolgersi al mercato del lusso per sopravvivere.
1881: Arts and Crafts Exhibition Society.

Architettura: ciò innesto profonde trasformazioni nei contesti nazionali in cui si diffusero maggiormente, dove il tema
dell’abitazione assunse una straordinaria importanza (soprattutto in Inghilterra). Modo di costruire che incontrava il
gusto della classe media emergente, adottato dalla maggior parte degli architetti. Anche a Dresda venne fondato un
atelier per l’artigianato artistico che provava a trasferire i criteri di Morris ai processi industriali. Negli USA tale
movimento influì sugli esordi della scuola di Chigago. In questo periodo,C quindi iniziano a cadere le distinzioni tra arte
pura e arti applicate, consegnando un nuovo e ricco patrimonio di idee al 900.

I PRERAFFAELLITI

Scelte antiaccademiche, presero la scia dalla confraternita dei nazzareni. Il nome allude alla programmatica intenzione
di prescindere dalla lezione della grande pittura rinascimentale, per produrre un’arte nella quale echeggia una purezza
e ingenuità degli artisti del 300 e 400. Tale confraternita viene fondata nel 1848 da Hunt, Rosetti, Millais.

Si batteva per una fedeltà al dato naturale contro l’affezione delle accademie e per una maniera conforme al
primitivismo dei pittori dei 200 e 300. Avevano una visione mitizzata del medioevo, come epoca in cui purezza di
ideali, carica simbolica e innocenza artistica vengono prese come riferimenti imprescindibili con la modernità
industriale. Soggetti sacri ricchi di elementi simbolici in spazi goticheggianti.
GABRIELE ROSSETTI (1828-1882)

Ecce Ancilla Domini (1849-1850)

Tema dell’Annunciazione in maniera insolita e moderna. Librato nell’aria da lingue di fuoco e senza ali, l’arcangelo
Gabriele porge un giglio alla Vergine annunciandole che partorirà il figlio di Dio. Sorpresa e confusa (è appena sveglia,
di solito nelle annunciazioni sta pregando), Maria si schiaccia intimorita contro la parete. Ogni elemento ha un valore
simbolico di purezza e innocenza. Spicca la stola color rosso sangue a dx nella quale è allusa l’eccezionalità dell’evento.
L’opera riunisce molti caratteri dell’arte preraffaellita: nuda essenzialità della stanza, nitido colorismo affiancato da
notazioni sensuali (nudità dell’angelo, femminilità della Vergine dai capelli rossi). Vi è la tipica poetica ingenua dei
preraffaelliti, creando però una forte tensione psicologica.

JOHN EVERETT MILLAIS (1829-1896)

Ofelia (1851-1852)

Penetrante liricismo che accompagna l’abilità formale. La composizione inquadra il corpo della protagonista entro una
scenografia cornice di una vegetazione, descritta nei particolari. La scena è molto luminosa, tratta dall’Amleto di
Shakespeare e descrive la morte di Ofelia: dopo l’assassinio del padre da parte di Amleto, al quale era legata da un
amore non corrisposto, aveva perso la ragione e se era gettata nelle acque con una corona di fiori; si era lasciata
trasportare dalla corrente fino a che il peso delle sue vesti non la trascinò a fondo uccidendola. Grande intensità
poetica, mai eccedente nel languore o virtuosismo formale. È soprattutto l’espressività tenera e indifesa della giovane
a colpire, quasi inconsapevole della sua morte, galleggia cantando con le braccia aperte in segno di resa. È tratta nella
sua immatura fragilità, abbandonata al suo destino.

MORRIS e La regina Ginevra (1858) NON SPIEGATA

EDWARD COLEY BURNE-JONES (1833-1898)

La scala d’oro (1880)

Una delle opere formalmente più complesse della confraternita, indicativa di eclettismo (esperienza preraffaellita
matura). Qui vi sono riferimenti Botticelliani nel tratteggio delle figure femminili e suggestioni manieriste
nell’imposizione spiraliforme della composizione. È privo di un vero e proprio soggetto narrativo e appare teso a
cercare un’atmosfera di sogno, con accordi cromatici modulati e al ritmo ipnotico della cadenza dei personaggi. Le
fanciulle angeliche stanno lasciando una sala nella quale, probabilmente, avevano appena suonato; sembrano
evocazioni allegoriche, che restano però misteriosi e sono affidati all’osservatore. L’artista stesso aveva confessato di
non saper spiegare perché avesse creato quella scena o la posizione degli elementi: voleva che ognuno vi vedesse cosa
vi voleva vedere.

Le città si trasformano (Parigi, Vienna, Barcellona) p. 1226 NON SPIEGATO

Architetture di ferro e acciaio → fino 700-inizio 800: rivoluzione del sistema costruttivo grazie all’affermazione della
siderurgia. Prima il ferro era usato solo per elementi accessori, ora la produzione in grandi quantità e a basso costo ne
permise l’uso anche per un impiego in funzione portante. All’inizio venne usato per costruire ciò che
precedentemente era costruito in laterizio, pietra o legno, ma nell’800 le continue ricerca su questo materiale e le sue
caratteristiche trasformarono il modo di concepire le strutture metalliche, che progressivamente assumevano forme
geometriche autonome. 1856: nuovo metodo di produzione dell’acciaio ideato da Henry Bessemer; brevettò il
convertitore ferro-acciaio che permise di abbassare i costi di produzione di acciaio raffinato. Gli impieghi più
straordinari si ebbero negli edifici industriali inizialmente, perché per alcuni anni le estetiche del metallo non furono
ritenute consone alla realizzazione di edifici pubblici e privati. La ricerca di potenzialità del ferro venne portata avanti
da ingegneri ed ebbe grandi risultati soprattutto nella costruzione dei ponti. Tra i più importanti vi sono l’Iron Bridge
(1775-1779) a Coalbrookdale e il Ponte di Brooklyn (1806-1869) a NY.

Uno dei problemi fu quello della dicotomia tra tradizione delle forme architettoniche e novità degli aspetti tecnici e si
presentò con maggiore evidenza nelle stazioni (insieme simbolo di modernità ma anche porta d’ingresso delle città).
Se da un lato erano necessarie alte strutture metalliche, dall’altra vi era l’esigenza di conformarle ad un’immagine
urbana decorosa con linguaggi architettonici. Ne sono un esempio la Gare du Nord (1863) a Parigi e Porta Nuova
(1824-1894) a Torino, in cui uno schermo monumentale copriva le colonne metalliche.
Nel campo delle costruzioni civili, le opere dove venne usato di più il metallo furono le più rappresentative del
progresso industriale. Il Crystal Palace (1803-1865) di Londra era infatti la massima icona dell’edificio in ferro e vetro
dell’800. L’edificio fu concepito per essere montato e smontato velocemente per essere trasferito da un luogo
all’altro. Per coprire poi le superfici libere tra un supporto e l’altro, in generale, veniva impiegato il vetro, ottenendo la
massima illuminazione possibile, grazie alle nuove tecnologie che permettevano di realizzare grandi lastre. Venne
quindi messo in crisi uno dei fondamenti dell’architettura classica, ovvero l’equazione tra massa e stabilità che
secondO la triade vitruviana è necessaria al conseguimento della bellezza in un edificio.

GUSTAVE EIFFEL - Tour Eiffel (1887-1889)

Altra 324m, concepita per l’esposizione universale di Parigi nel ’89. Avrebbe dovuto essere l’ingresso temporaneo
dell’esposizione, ma non venne mai più tolta. La forma è simile ai piloni dei ponti e deriva dallo studio della resistenza
alle sollecitazioni verticali e orizzontali impresse alla struttura dal vento e dal suo peso stesso.

ALESSANDRO ANTONELLI – Mole antonelliana (1862-1889)

Alta 160m, ideata come sinagoga e poi acquistata dall’amministrazione comunale, è una sperimentazione parallela
alle strutture metalliche, condotta su un materiale della tradizione spinto fino al limite delle sue potenzialità. Antonelli
creò una struttura considerata poco stabile: grande aula a base quadrata, circondata da una fila di colonne è
completamente libera da sostegni verticali al centro. Alta cupola a 4 spioventi a doppio guscio, si imposta
direttamente sulle pareti perimetrali ed è sormontata da un tempietto esastilo a doppio ordine di colonne, alla base
della lanterna.

IL SALON DES REFUSÉS

1863: decisivo punto di svolta e di nuove aggregazioni, i giudici del Salon escludono varie opere perché giudicate
inaccettabili. Fra gli esclusi Manet reduce da un insuccesso critico con il quadro Musica alle Tuileries (1862) in cui
affrontava il tema dell’intrattenimento parigino; pennellate veloci e suggestive con informalità disinvolta delle pose.
Aveva tentato di restituire l’atmosfera animata e la velocità di quelle occasioni. Il suo metodo di lavoro era stato
giudicato ‘caricaturale’ e ‘insano’, con un modo di usare il colore indefinito e figure che parevano abbozzate. Si
infiammarono varie proteste per queste esclusioni, tanto che Napoleone III dovette fare esporre le opere rifiutate in
un altro salone, detto poi ‘Salon des Refusés’.

- MANET espone Colazione sull’erba (1863):

Sgradito al gusto del tempo, per soggetto e linguaggio pittorico: riprende nobili modelli della tradizione rinascimentale
italiana ma con un’ambientazione contemporanea, avvertita come oltraggiosa. Vi sono due uomini eleganti con due
ragazze nude in un boschetto. Ritenuto volgare per il nudo realistico e privo di valenze allegoriche e per la
semplificazione ‘stenografica’ e per la mancanza di disegno. Esplicita presa di posizione antiaccademica ed estrema
libertà stilistica che sfidano le correnti convenzionali. Pietra miliare per la pittura moderna.

- Olympia (1863):

presentata al Salon classico nel 1865 (avevano ridotto notevolmente le bocciature). Nudo femminile di impianto
classico che rinnova lo scandalo dell’opera precedente. Audace sintesi formale tra opera tradizionale nell’ispirazione
ma realistica nell’esecuzione, giudicata volgare e maldestra. Con riferimento alla Venere di Tiziano, qui il posto è
occupato da una prostituta che esibisce con sicurezza la sua nudità. Alle spalle una serva con un mazzo di fiori come
segno di ammirazione (colto dalla donna con indifferenza). Il nastro al collo, l’orchidea tra i capelli e la presenza del
gatto nero (simbolo di inquietante erotismo) accrescono la tensione sessuale dell’opera. Repentini chiaro scuro che
quasi eliminano i volumi. Forte inclinazione dell’artista ad accostamenti cromatici ed accordi di colore.

Anche MONET partecipò al Salon del 65 con opere eseguite en plein air; notevolmente influenzato da altri pittori che
lo portarono ad avere una visione più ingenua della natura, non condizionata da convezioni stilistiche, basata
sull’osservazione attenta dei cambiamenti di forme e colori al mutare delle condizioni atmosferiche.

Terrazza sul mare a Sainte-Adresse (1866) NON SPIEGATA

Anche CEZANNE in questi anni delinea la sua pittura, con caratteri che saranno poi fondamentali negli anni successivi.
Ragazza al pianoforte (L’ouverture del Tannhäuser) (1869) NON SPIEGATA → anticipa la semplificazione formale e
compositiva che connota la sua arte, insieme alla solidità d’impianto.

L’IMPRESSIONISMO

Pone al centro i problemi legati alla riproduzione quanto più fedele delle percezioni (impressioni) visive. Nasce
ufficialmente nel 1874, anno in cui viene realizzata la prima mostra autogestita (saranno 8 in totale), nello studio del
fotografo Nadar. Ci furono da subito due anime: radicali e moderati. Tra i radicali Claude Monet (1840-1926), essi si
impegnarono nello studio delle caratteristiche luminose e cromatiche della realtà fisica, eseguendo le opere en plein
air, dove le cose mostravano la loro vera luce. Furono Constable e la Scuola di Barbizon a stimolare gli artisti sulla resa
oggettiva del dato visivo. In riferimento alla sua opera (impressione: levar del sole) viene coniato il termine
‘impressionisti’. Tra i moderati troviamo Edouard Manet (1832-1883) che mantenne un’attenzione costante su
disegno e composizione; Edgar Degas (1834-1917) di formazione classicista, lavori in atelier; Pierre-Auguste Renoir
(1841-1919) impegnato inizialmente in una ricerca coloristica, con scene di vita quotidiana parigina per riaccostarsi poi
dopo ai modelli rinascimentali, dove la vena impressionista è mediata da composizioni e stili classici.

Vengono scelti come soggetti la città con la sua velocità, la folla, i treni in quanto essi adottarono un ampio ventaglio
di temi dove le ragioni della pittura prevalevano su quelle dei soggetti una volta rappresentati. Rapporto con la
modernità che si esplicava in un allargamento tematico che escludeva tendenze realistiche e naturalistiche e in un
linguaggio in grado di restituire la realtà in termini percettivi nuovi, determinati dall’esperienza en plein air.
L’impressionismo si fonda su un modo originale di restituire sulla tela gli effetti di luci e ombre, senza concordanza sul
modo di conseguirlo. Manet, per esempio, tendeva a contrapporre zone di luce e zone di ombre, passando
bruscamente da un colore all’altro. I suoi colleghi invece avevano imparato che le zone di ombra non sono solo più
scure delle parti illuminate ma i colori sono gli stessi delle zone di luce, più attenuati con tendenza blu. Anche nella
questione en plein air essi ebbero approcci diversi: Renoir, Sisley e Pissarro dipingevano solo ciò che vedevano (fedeltà
assoluta al dato visivo); Manet e Degas mediavano attraverso l’uso della mente e il gusto dell’artista.

Dato l’accesso non facile per loro ai Salons, decisero di creare una mostra collettiva e autonoma: Société anonyme des
artistes peintres, sculpteurs, graveurs… La manifestazione avvenne nl ’74 e vi parteciparono molti artisti, presentando
un ampio spetto di scelte stilistiche.

Impressione: levar del sole (1872) – Monet

Tecnica di piccoli punti e tocchi di colore posati liberamente sulla tela, senza direzione univoca, con l’intento di
ricreare l’atmosfera dell’alba nel porto di Le Havre (città nella Manica). Il quadro non è descrittivo e i soggetti si
perdono nella foschia. Le due imbarcazioni sono delineate per segni sintetici che avanzano spettrali verso il centro
della tela. Al centro vi è il riflesso arancio che screzia l’acqua, che attira l’attenzione insieme a sole rosso fuoco.
Intende evocare la confusa visione al risveglio, in cui l’occhio non distingue ancora bene le forme. Approccio
rivoluzionario. Riproduce la transitorietà e fluidità insieme all’impressione fugace lasciata in chi la osserva.

Boulevard des Capucines (1873) NON SPIEGATO

La casa dell’impiccato a Auvers-sur-Oise (1873) – Cézanne NON SPIEGATA

1976: seconda mostra

L’assenzio (1876) - Degas

Café de la Nouvelle Athénes. Struttura a zig-zag che conduce l’occhio in diagonale dal tavolo in primo piano agli altri
due al centro della tela. Le due figure sono un uomo e una donna che impersonano una coppia di avventori silenziosi e
trasognati per effetto dell’assenzio. La dislocazione nell’angolo a dx in altro tradisce l’influenza in continua espansione
delle stampe giapponesi. Il punto di vista da cui sono osservati coincide con il tavolo in primo piano, sembra che lo
spettatore sia seduto di fianco al pittore. Pare una sorta di istantanea. Lo specchio alle spalle riflette le vetrine del
locale e dona all’opera luce, ne accentua la profondità e interrompe la struttura diagonale dell’opera.

1877: terza mostra → il termine ‘impressionista’ viene adottato per la prima volta degli artisti stessi. Più
rappresentativa con il maggior numero di visitatori.
Il ballo al Moulin de la Galette (1876) – Renoir

En plein air ma rifinito in studio. Festoso raduno di artisti bohemien in una sala da ballo sulla collina di Montmartre. Il
soggetto è una ricerca cromatica, scena priva di direttrici principali (protagonista). Vengono riprodotti i riflessi
cangianti, gli effetti luminosi del sole che filtra tra gli alberi e cade a chiazze su persone e cose (studiato sul posto).
Vivacità caleidoscopica della scena.

Inondazione a Pont-Marly (1876) – Sisley

Ricerca en plein air: attenta descrizione dei dati atmosferici tipici della tradizione paesaggistica inglese. Le forme sono
sacrificate per lo studio approfondito dell’acqua e dell’aria, come anche la partecipazione emotiva data
dall’inondazione; tutto è volto ad una pura indagine formale.

1879: quarta mostra (polemica interna al gruppo: Monet manda un’opera al Salon e il suo gesto è visto come un
opportunistico compromesso con quell’arte che si voleva contestare); 1880: quinta mostra (avvio della dissoluzione
del movimento, con due tendenze che si delineavano: propriamente impressionista e temi naturalistici); 1881: sesta
mostra; 1882: settima mostra; 1886: ottava mostra (inaugura una vicenda pittorica totalmente diversa).

Gli impressionisti trattarono nuovi temi figurativi: la città con l’immagine introspettiva della vita metropolitana; il
lavoro (età industriale) descrivendo la pratica disumanizzante del lavoro di fabbrica, dichiarata dalla rappresentazione
della meccanicità delle azioni degli operai; il tempo libero (scene di pic nic di campagna o nei parchi, spiagge, caffè,
teatri, musei, eventi sportivi).

ÈDOUARD MANET

Non partecipò mai alle esposizioni impressioniste, si avvicina alla pittura en plein air negli anni 60. Inizia a ritrarre dal
vero in quadri piccoli i bagnanti sulla spiaggia o i viaggiatori che si imbarcavano per l’Inghilterra, con pennellate veloci
riporta sulla tela ciò che vedeva con gli occhi, con soluzioni compositive più libere. Elementi propriamente
impressionisti emersero nel 1874 (es: In barca ad Argenteuil, 1874 o Nanà, 1877).

Il bar delle Folies-Bergère (1882)

Amalgama di equilibrio e invenzioni. È descritta l’atmosfera effervescente di uno dei bar parigini più frequentati.
Composizione a triangolo isoscele, c’è una giovane barista (che effettivamente lavorava lì) ritratta dietro al bancone.
Lo sfondo è occupato da uno specchio che riflette l’ambiente davanti alla ragazza (ritrae anche lei di spalle mentre un
cliente fa un’ordinazione). Ciò da profondità all’opera e da allo spettatore più punti di vista. All’impressionista
descrizione si unisce la sicura e precisa rappresentazione della ragazza e le nature morte in primo piano.

EDGAR DEGAS

Diffidente verso la pittura en plein air: per lui era meglio rappresentare ciò che era rimasto impresso nella memoria,
riproducendo solo quello che lo aveva colpito tralasciando il superfluo.

Le corse di provincia (1869) - Le stiratrici (1884) - Classe di danza (1873-1876) NON SPIEGATE

PIERRE-AUGUSTE RENOIR

All’inizio pensava che il museo fosse il luogo dove si impara meglio a dipingere, ma la successiva amicizia con Monet
contribuì a definire in un altro senso il suo stile, facendogli sviluppare una tecnica con rapidi tocchi di pennello, per
catturare la luce e l’effetto complessivo dei frammenti della realtà. Il pubblico gradiva di più le sue tele rispetto agli
altri artisti e alcune sue opere vennero ammesse nel Salon. Le grandi bagnanti (1884-1887) → Nel viaggio in Italia nel
1881 vide le opere di Raffaello, segnando l’inizio di una crisi che lo porta a riconsiderare l’importanza del disegno e
della composizione. Da quindi maggior rilievo ai contorni e recupera i modelli 700eschi.

Colazione dei canottieri a Bougival (1880-1881)

La sua interpretazione più originale rimane quella delle scene all’aperto, in cui viene trascurato ogni elemento
pittorico alla ricerca esclusiva di effetti luministici.
CLAUDE MONET

Rimane fedele alla sua impostazione pittorica originaria, concentrandosi sul colore per tutte la sua attività.

Donne in giardino (1866-1867) NON SPIEGATA

1890: inizia a lavorare in serie. Es: Ciclo dei Covoni (1893-1894) e

Cattedrale di Rouen (1892-1894)

Torna di continuo sullo stesso soggetto in diverse ore del giorno o stagioni dell’anno, con condizioni atmosferiche e di
luce mutate. Nell’Effetto mattutino (1893) il primo solo colpisce la ruvida cattedrale di pietra, una luce pallida illumina
le zone più alte dell’edificio, mentre quelle basse sono immerse in una luce fredda. Le forme non hanno contorno,
tutto è fluido, evita l’uso del bianco e del nero e delle sfumature. Sovrappone o accosta colori puri così da ottenere
effetti di chiarità o ombra più o meno intensi. Il taglio della scena è determinato dal suo punto di vista: di fronte, dalla
finestra del suo studio al secondo piano. Non vuole fermare un’immagine oggettiva, ma una percezione soggettiva,
ritrae non la cattedrale ma come il suo occhio la vede. L’anno successivo fa Pieno Sole, con una luce dorata che unifica
l’immagine percepita all’occhio. Il modo della percezione accompagnerà tutta la sua attività.

Ninfee → i fiori non sono forme ma luci tra le luci, l’acqua è puro cromatismo astratto e la sua arte è concentrata sulle
possibilità espressive.

Scena artistica fine 800 → Parigi: sistema dell’arte che subisce trasformazioni e gli artisti iniziano a conseguire la
formazione al di fuori delle sedi istituzionali, accedendo a scuole private (luoghi di scambio di info e esperienza).
Mutano anche gli spazi espositivi: mostre private promosse da galleristi o artisti stessi (1884: Salon des Indépendants).
Grande fiducia nel progresso con l’affermarsi di orientamenti positivisti che si riflettono anche sull’arte (guarda alla
scienza come fonte di ispirazione per nuovi atteggiamenti e procedimenti creativi). Dall’altra però si svilupparono
anche idee filosofiche basate sulla componente emotiva e irrazionale dell’essere umano, esortando a non reprimere la
libera manifestazione. Entrambe queste correnti si svilupparono dalla base lasciata dall’Impressionismo.

IL POSTIMPRESSIONISMO

Pittori che ripresero e svilupparono i modi degli impressionisti. Tra questi Cézanne, Gauguin, Van Gogh, Seurat. Legati
all’impressionismo, ma la loro produzione si stacca da Monet. Alle teorie impressioniste si sostituirono una ricerca che
privilegiava il carattere meditativo e atemporale dell’espressione artistica insieme ad un’immagine più ‘scientifica’
degli effetti visivi. Spostamento di interesse dall’ottico al concettuale: guardano al di là dei fenomeni, a criteri di
costruzione dell’immagine indipendenti dalle apparenze naturali. Gli artisti presero però strade diverse. Cézanne
voleva dare forma alle qualità durevoli e non accidentali delle cose e usa il colore per evidenziare le strutture
essenziali e permanenti della realtà. Il tornare di continuo su alcuni oggetti vuol dire che al centro della sua ricerca non
ci sono propriamente quegli oggetti ma sono pretesti per la messa a fuoco di una pittura ‘pura’ che trovi in se stessa
regole specifiche (attitudine ascendente sul Cubismo). Seurat invece si muoveva verso un radicale antinaturalismo;
basa la rappresentazione sulle oggettive leggi dell’ottica: il dato sensibile diventa lo strumento per indagare le
proprietà e le possibilità del colore. Giungeranno a sviluppare poi la tecnica del puntinismo.

Figura dell’artista: sperimentatore che traccia nuovi sentieri che coincide con il dilettante avventuroso. Con questi
pittori si intensifica l’idea di rottura del canone quale norma dell’arte contemporanea. Il linguaggio si apre sempre di
più a suggestioni esterne; i viaggi diventano una prima sorgente di stimoli. Viaggi reali e viaggi della mente verso
regioni inesplorate dell’anima. Grande influenza ebbe su di loro il poeta Baudelaire con la sua poetica del Simbolismo
in cui esistono delle corrispondenze segrete tra la realtà sensibile e insensibile. Esplicito collegamento fra elementi
sensoriali ed elementi spirituali e psichici. Per il critico Aurier l’opera doveva essere:
- Simbolista-idealista: esprimere un’idea per mezzo di forme;
- Sintetista: basarsi su forme semplificate e generalmente comprensibili;
- Soggettiva: oggetto da considerarsi come segno di un’idea percepita dal soggetto;
- Decorativa.
Parole chiave: simbolismo, punto e linea (puntinismo: affiancare sulla tela piccoli punti di colore diverso che si
amalgamano nella sintesi operata dall’occhio), ornamento (rappresenta la classe sociale dei committenti o dei
proprietari dell’edificio, Art Nouveau), pubblico/mercato, igiene (uno dei maggiori stimoli per l’innovazione
dell’ambiente residenziale).
GEORGES SEURAT (1859-1891)

1880: il Salon di Parigi non ha più il patrocinio dello Stato o dell’Accademia.


1884: rifiutati molti giovani artisti che diedero vita al gruppo degli Indipendenti.
Riduceva la propria tavolozza a quattro colori fondamentali (blu, rosso, giallo, verde) e ai loro toni intermedi, che
distribuisce sulla tela in piccoli punti senza mescolarli. ‘La legge del contrasto simultaneo dei colori’: i colori fra loro
complementari si intensificavano a vicenda se posti a fianco, mentre si annullano o perdono luminosità se mescolati.
Ogni colore riflette sul vicino il suo complementare; gli effetti visivi non sono assoluti, ma influenzati di volta in volta
dai loro reciproci approcci. Egli cercò di capire le leggi dell’ottica servendosi del Cerchio cromatico: disco nel quale le
tinte complementari adottano posizioni opposte.

Studia anche gli effetti psicologici delle linee: orientamento verso l’alto e verso dx comunica uno stato di eccitazione e
vitalità, mentre la direzione opposta evoca sentimenti e stati d’animo di tristezza e immobilità; analoghi i colori (colori
caldi giallo/rosso: emozioni gioiose, colori freddi: malinconia).

Un bagno ad Asniéres (1883-1884) NON SPIEGATA

Schizzi en plein air + disegni preparatori in studio. Opera rifiutata dal Salon per la lontananza dai modi pittorici
correnti. Credeva che l’artista dovesse scoprire il carattere eterno e la pura essenza delle cose, ispirandosi a forme che
in natura sono confuse e oscure. Rigorosa organizzazione spaziale, impostazione geometrica della composizione,
colori distribuiti regolarmente. Toni terrosi uniti a colori puri. Uomini e ragazzi sulla riva della Senna nei pressi di
Clichy. Usa i colori puri per creare intensi contrasti tonali; a queste stesure uniformi alterna brevi pennellate incrociate
che creano una superficie più mossa e variegata, anticipando il puntinismo. Figure con contorni con recupero di stilemi
classici.

Una domenica alla Grande-Jatte (1886)

Esposto sia all’ultima mostra impressionista che nel salone degli indipendenti. Trenta tavole e disegni preparatori.
Punti ancora più piccoli per accrescere gli effetti di vibrazione luminosa. Manifesto della nuova tendenza
neoimpressionista. Caratteristiche: puntinismo e geometria dell’impianto compositivo. Divisa verticalmente a metà
dalla donna con l’ombrello al centro e orizzontalmente dalla linea che tocca l’orlo della giacca e l’ombra dell’albero
dietro di lei. Paesaggio e figure appaiono congelate nei movimenti, luce e volumi acquisiscono una qualità quasi
astratta, togliendo significato alla necessità di una pittura en plein air. Profondità: spettatore collocato idealmente
nell’ombra in primo piano, conducendo il suo sguardo fino alla luce sullo sfondo.

Il circo (1890-1891) NON SPIEGATA

PAUL SIGNAC (1863-1935) – Ritratto di Félix Fénéon. Opus 217

HENRI DE TOULOUSE-LAUTREC (1864-1901)

Formazione accademica, Degas suo maestro. Vero la fine della sua produzione il colore si fa più leggero, la tavolozza
più chiara, la pennellata più netta e decisa. Stava volentieri lontano dagli ambienti aristocratici.

Al Moulin Rouge (1892) - Divan Japonais (1893) NON SPIEGATA → manifesto

PAUL CÉZANNE (1839-1906)

Esplode con originalità e forza innovativa negli anni ’80. Insuccesso delle opere nel 1877, si allontana gradualmente
dagli ambienti impressionisti. Scema anche l’interesse per la componente narrativa e i riferimenti letterari: si inizia a
concentrare sullo specifico linguaggio della pittura (rapporti tra colori, forme e volumi) dedicandosi a pochi temi svolti
con procedimenti di sintesi e geometrizzazione delle forme. Voleva costruire una realtà autonoma, non imitarla. Visto
come padre della modernità.

Natura morta (Tavolo da cucina, Natura morta con mele e arance o con tenda e brocca a fiori) (1889)

Frutta e oggetti non come copie dal vero, ma elementi che definiscono un’immagine in grado di funzionare da sola,
fondandosi su un equilibrio interno. Gli elementi lasciati incompiuti, l’irregolarità prospettica ribadiscono il
disinteresse per la rappresentazione naturalistica, riducendo tutti a forme geometriche.
I giocatori di carte (1890-1895)

Tema d’ispirazione caravaggesca. Costruzione di forme, spazi e prospettive. Immagine dinamica nonostante
l’immobilità dei soggetti, grazie alle vibranti ed energetiche campiture di colore, all’intenzionale alterazione delle
proporzioni delle figure e alla successione dei piani. Simmetrica bipartizione in cui la linea divisoria è la bottiglia
illuminata, organizzata per diagonali incrociate. Il giocatore di dx ha colori giallo-bruni, mentre quello di sx blu-violetti.
Gli stessi colori sono ripresi dal paesaggio dello sfondo, conferendo coerenza cromatica. Stacco di colore della
tovaglia: unitarietà della tela, dividendo i due giocatori + piano di accordo tra i loro volumi.

Donna con caffettiera (1895)

Ritratto con attenzione pressochè esclusiva alle ragioni formali dell’arte. L’affermarsi della fotografia dispensava dalla
riproduzione fedele dei lineamenti e autorizzava ad un’interpretazione. Qui vi è indifferenza verso la rappresentazione
illusionistica dello spazio: il tavolo in primo piano è visto dall’alto mentre tazze e caffettiera sono frontali. No
profondità. La modella è una domestica della casa di Cézanne ed è trattata come natura morta. Evidenziate la
struttura, il ritmo e le rispondenze geometriche: scena come insieme equilibrato di forme. I colori sono ridotti ad
un’essenziale bicromia di bruni e azzurri.

Madame Cézanne sulla poltrona gialla (1893-1895) - Ragazzo dal panciotto rosso (1890-1895) – Ritratto di Ambroise
Vollard (1899) NON SPIEGATE

Le grandi bagnanti (1906)

Negli ultimi anni esegue tele di grandi dimensioni e numerosi studi aventi come soggetto alcune bagnati sulla riva del
fiume. Rivisita il tema del connubio tra nudo e paesaggio, trattandolo però in modo originale: descrizione rapida e
sommaria dei nudi ne evidenza la sostanza plastica e contrastata con la dettagliata resa cromatica e la densità metrica
del cielo. Le ragazze hanno posture accademiche, i volti sono appena accennati e i corpi strutturano lo spazio,
riflettono i colori del cielo e della terra, fondendosi col paesaggio.

La montagna di Sainte-Victoire vista dai Lauves (1902-1904)

Luogo costantemente presente nelle sue opere, soprattutto verso la fine, soggetto ritratto più volte da diversi punti di
vista. Nelle diverse vedute lo spazio si fa sempre meno leggibile secondo le nozioni convenzionali di davanti, dietro,
sopra e sotto; la montagna diventa una composizione autonoma, giocata su elementi quasi astratti di colore. Le forme
sono costruite tramite accordi di colore distribuiti in modo piatto e vigoroso sulla tela. Tre fasce distinte di colore:
nella più bassa prevalgono i coloro bruni, vegetazione; nella centrale c’è la distesa verde e ocra della campagna con
presenze naturali e architettoniche; sopra tema dominante dell’azzurro che fonde il profilo della montagna con
l’atmosfera. Nelle ultime versioni la forma si scompone, dando un accenno di Cubismo.

PAUL GAUGUIN (1848-1903)

Subito dopo la fine dell’impressionismo, egli va via da Parigi per stare lontano dai condizionamenti sociali e dalle mode
artistiche. 1886: primo soggiorno a Pont-Aven (Bretagna), dove già un gruppo di artisti stava fondando una colonia
attratta dalla bellezza selvaggia del luogo e dall’impronta arcaica della comunità del villaggio. Nasce la ‘Scuola di Pont-
Aven’ caratterizzata da un deciso antinaturalismo e da un uso emotivo e simbolico del colore.

La visione dopo il sermone (La lotta di Giacobbe con l’angelo) (1888)

Ampie campiture di colonne chiuse in contorni marcati, assenza di profondità ed effetti decorativi (simili alle vetrate
medievali o alle stampe giapponesi). Il paesaggio e la lotta esistono solo nella fantasia della gente ed è quindi corretto
che gli elementi siano sproporzionati e innaturali. Il tronco dell’albero che attraversa diagonalmente l’opera separa le
donne bretoni in preghiera dalla loro visione. Ideali di sintetismo fortemente perseguito; superata la fedeltà al dato
visivo dalla condensazione in un’unica immagine di elementi reali e irreali con uso emotivo del colore.

Il Cristo giallo (1889)

Come per l’episodio precedente, sotto il velo dell’episodio biblico, si vuole rappresentare la religiosità ingenua e
ardente del popolo bretone. Qui la continuità con l’opera precedente è attestata anche dalle donne a dx (ripresa
iconografica). Modellato su un crocefisso ligneo della chiesa di Trémalo.
La belle Angèle (1889) NON SPIEGATA

1891: viaggio a Tahiti per studiare usi e costumi del paese → Ia orana Maria (Ave Maria) (1891-1892): tentativo di
descrivere la purezza istintiva dei tahitiani attraverso una pittura semplice e naturale, tema iconografico
rinascimentale tradotto con una commistione tra differenti tradizioni e culture.
Donne di Tahiti (1891): di solito riproduce i soggetti nelle loro azioni quotidiane.

L’esotismo di Gauguin è una ricerca di sé attraverso l’estraneità di un’altra percezione del mondo che gli rivela una
dimensione spazio-temporale sconosciuta. Questa distanza permette all’artista di sottrarsi ai condizionamenti della
propria cultura figurativa e di immaginarne una più vitale e alternativa (primo Primitivismo contemporaneo).

Manaò Tupapaù (Lo spirito dei morti veglia) (1892) → arte egizia come ispirazione NON SPIEGATA

Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? (1897)

Anno difficile: muore la figlia, le opere non hanno successo a Tahiti e lui era malato in condizioni gravi. Dipinto
filosofico che riflette sul senso dell’esistenza (pochi mesi prima del tentativo di suicidio). Il titolo è scritto in altro a sx
nell’angolo, a dx c’è la firma. Da dx a sx sono rappresentate le varie fasi della vita: infanzia (bambino steso sul prato),
maturità (donna al centro con le mani alzate) e vecchiaia (donna con la testa fra le mani). Alle tre età l’uomo
accompagna angosce e desideri, rappresentati dalle figure secondarie (personaggi in coppia che passeggiano e si
confidano, figura che gli osserva con la mano sulla testa, idolo di Hina che pare indicare l’aldilà). Le sagome si stagliano
nitide sullo sfondo con la vegetazione e il mare, oltre cui si erge l’isola di Morea. Accordi di colore e linee con una
carica evocativa molto intensa.

Fascino del giapponese → apertura al commercio verso oriente come fattore decisivo. Cultura diffusa con le
esposizioni universali o con le riviste internazionali. Diffusione capillare in Europa e in Usa: le diverse componenti si
intrecciano con la cultura dei diversi paesi privilegiando il segno, la tecnica, la funzionalità degli oggetti, l’aspetto
esotico e decorativo, l’eleganza e la raffinatezza di forme e materiali. Indagando questa realtà gli artisti mirano a
rinnovare la concezione spaziale che risente dei limiti della tradizione accademica. Interesse per la rappresentazione
del movimento, sottraendosi all’idea della posa accademica. Capacità di creare immagini sospese tra naturalismo e
spazialità indefinita.

VINCENT VAN GOGH (1853-1890)

Nato in Olanda, dipinge inizialmente nature morte, accostandosi solo nel 1800 alla pittura. La prima fase significativa
fu resa possibile dal sostegno economico del fratello Theo. All’inizio traeva i suoi soggetti dal mondo degli umili, sulla
scia dei pittori sociali (es: Mangiatori di patate, 1885) NON SPIEGATA
1886: si trasferisce dal fratello a Parigi, rimane fino al 1888. Qui ammira i maestri impressionisti, accostandosi a
Seurat, Pissarro e Signac.
1888-1889: Arles. Matura una pittura originale, fondata su forza sintetica del segno e sul libero colore. Stagione breve
ma intensa (Terrazza del caffè in Place du Forum ad Arles la sera, 1888).
1889: dopo diversi ricoveri ad Arles, decide di farsi internare nell’ospedale psichiatrico di Saint-Rémy de Provence
dove eseguì 150 opere.
1890: si reca ad Auvers-sur-Oise per affidarsi alle cure del medico Paul Gachet. Realizza 70 tele in meno di due mesi;
ultimi lavori prima del suicidio.

Autoritratto (1887)

Radicale rinnovamento stilistico, dinamiche pennellate di colori complementari che seguono direzioni diverse
accentuando la dinamicità dello sguardo.
Stampe giapponesi → decisive per la sua trasformazione dei modi pittorici, per il linearismo, e i quadri di Gauguin per
la semplificazione delle forme.

La camera da letto di Van Gogh ad Arles (1888)

Superamento della meticolosa tecnica neoimpressionista, evitando di affidare la sintesi all’occhio dello spettatore
come facevano i puntinisti. Utilizza tre colori con i complementari (rosso+verde, giallo+viola, blu+arancione),
funzionali per conseguire l’idea del riposo assoluto. A dispetto delle intenzioni, le scelte cromatiche, l’alterazione di
forme e proporzioni, la prospettiva obliqua tradiscono la tormentata interiorità dell’autore. Stava riordinando la
camera, in parte perché voleva vedere un luogo in cui realmente volesse abitare stabilmente e in parte perché voleva
rompere la sua solitudine, ospitando l’amico Gauguin (venne per un periodo, ma se ne andò dopo una pesante lite che
porto anche all’auto amputazione dell’orecchio).

La notte stellata (1889)

Racconto di un’anima confusa e allucinata. Inciso e materico. Il gesto pittorico alterna spirali vorticose e ondulazioni
più morbide che percorrono orizzontalmente la tela, in contrasto con i cipressi che salgono verticalmente per la tela.
Ampia porzione dedicata al cielo per evocarne i movimenti arcani e la luminosità siderale, così come l’alternanza di
piccoli e grandi cerchi (stelle) esprimono i sentimenti di fragilità e inconsistenza dell’individuo a contatto con la
sublime immensità del cosmo.

Chiesa di Auvers-sur-Oise (1890)

Veduta esterna. Cattedrale del XII secolo. Netto contrasto tra la luminosità del prato in primo piano e l’intenso azzurro
sullo sfondo. Lascia alcuni riflessi luminosi sul tetto della cattedrale, la quale parte inferiore appare invece oscurata
dalla propria ombra. Una contadina percorre uno dei sentieri che si biforcano e che ripetono l’andamento ondulato e
tortuoso che caratterizza anche le linee architettoniche della costruzione gotica. Visione interiore.

Campo di grano con corvi (1890) NON SPIEGATA

DECLINAZIONI DEL SIMBOLISMO: non una vera e propria scuola, ma un orientamento condiviso da artisti di varia
formazione e nazionalità.

- GUSTAVE MOREAU (1826-1898)

Opere con impostazione classica che si combina con suggestioni romantiche fortemente emotive.

L’apparizione (1876)

Episodio evangelico di Salomè che seduce Re Erode, suo patrigno, per ottenere la decapitazione di Giovanni Battista.
La figura della fanciulla e del profeta simboleggiano il contrasto tra virtù e passione; la rappresentazione però non ha
precedenti nell’iconografia tradizionale. La testa dell’uomo è sospesa a mezz’aria, sprigionando una luce
sovrannaturale che abbaglia la donna (vestita solo di gioielli). Non ci capisce se sia una prefigurazione (ciò a cui lei
tende, indicato dal dito) o l’incarnazione di un rimorso. Salomè è la femme fatale. Contrapposizione cromatica con
grande tensione drammatica, con bagliori che squarciano le architetture buie del palazzo.

- PIERRE PUVIS DE CHAVANNES – Fanciulle in riva al mare (1879) NON SPIEGATA


- FERDINAND HODLER – La notte (1890) NON SPIEGATA
- ODILON REDON (1840-1916)

Occhio mongolfiera (1878)

Disegno a carboncino; enorme bulbo oculare con lunghe ciglia e la pupilla rivolta verso l’alto che vola nel cielo come
una mongolfiera reggendo una testa mozzata. La rappresentazione scientifica dell’occhio è inserita in un contesto
fantastico e simbolico (sguardo della conoscenza sempre rivolto verso l’infinito). Egli parte da un soggetto reale per
poi proiettarlo in una dimensione irreale (procedimento dei surrealisti).

- ARNOLD BÖCKLIN (1827-1901)

Formatosi sull’arte classica; ruolo primario della cultura figurativa tedesca dell’800. Cerca di coniugare la pittura di
paesaggio con una ‘pittura di stati d’animo’, con opere di ispirazione mitologica intensamente evocative.

L’isola dei morti (1886)

Barca guidata da un rematore (evocazione di Caronte di Dante) e da una figura spettrale dal manto bianco. Trasporta
un feretro coperto da un telo, destinato alla sepoltura. Cielo minaccioso con nudi, altissimi cipressi mossi dal vento,
mentre l’acqua è innaturalmente immobile. Atmosfera attonita in cui il silenzio si fa eloquente e lo scivolare della
barca sembra sia una discesa nel regno dell’aldilà, sia nella propria anima altrettanto oscura.

I NABIS – DIVISIONISMO ITALIANO – SECESSIONE DI MONACO E BERLINO NON SPIEGATI da p. 1283


EDVARD MUNCH (1863-1944)

La natura come luogo in cui agiscono le forze nascoste (pulsioni istintive della mente) diventa il principale oggetto di
attenzione (anni del fondamento della psicanalisi). Racconto dell’anima, messa a nudo dei suoi meccanismi e delle sue
contraddizioni. Egli ha un ruolo fondamentale in quest’ottica, svolta decisiva per quello che successivamente sarà
detto ‘espressionismo’. Per lui la natura è lo specchio della condizione psicologica dell’uomo che egli risolve
graficamente con la radicalizzazione delle semplificazioni cromatiche, divenute violente dissonanze.
1892: (anno della Secessione viennese) → mostra a Berlino che fece scandalo e venne chiusa, in cui vi erano anche
alcune opere di Munch.

Formatosi in ambito naturalista, quando torna a Parigi nel 1889 rimane colpito dalla pittura di Gauguin e Van Gogh,
allontanandosi progressivamente dal realismo, concretizzando un uso non descrittivo del colore ma funzionale
all’evocazione di stati d’animo in cui le lunghe pennellate ripetute ritmicamente indicano flussi emotivi e di memoria.
Attraverso la semplificazione espressiva (a volte attraverso la marcata deformazione di aspetti oggettivi della realtà e
dei colori naturali), Munch cerca di dare voce a quegli stati della mente dettati da situazioni in cui l’intensità dei
sentimenti arriva al limite del sopportabile.

Bambina malata (1885-1886) - Madonna (1895-1902) NON SPIEGATE

L’urlo (1893)

Descrive l’angosciante terrore dell’individuo per il quale, in un momento di disperazione, la realtà si trasforma in un
incubo. Il dipinto è costruito sul contrasto tra la diagonale rettilinea della strada che va verso la linea dell’orizzonte, e
le linee fluttuanti e ondulate del paesaggio allucinato. Tramonto di fuoco e sangue. Città di Oslo. Colori violenti e
accesi, drammatico contrasto tra il tramonto infuocato e i colori cupi e oscuri del paesaggio; ad enfatizzare questo
clima sono anche le pennellate nervose e distorte, ripetute nell’andamento incoerente, che nel loro ondeggiare
imitano il propagarsi delle onde sonore provocate ‘dall’urlo’. Il viso del protagonista è un teschio dai colori lividi e
verdastri, difficile stabilire se sia un uomo o una donna; è semplicemente il volto dell’umanità che soffre, ha paura ed
è da sola.

Un senso di estraniazione è presente anche nei suoi autoritratti, numerosi esemplari ognuno legato ad un momento
preciso della sua vita.

ART NOUVEAU

Il nome deriva da una galleria-negozio-laboratorio specializzato nella vendita di arredi, aperto nel 1895 a Parigi dal
mercante d’arte tedesco Samuel Bing. Il Belgio fu l’iniziale centro di diffusione del nuovo stile (Bruxelles con le prime
architetture, residenze private costruite come opere d’arte per i ricchi committenti). Connotazione merceologica dello
stile, tanto che fu l’ambito dell’arte applicata quello in cui riscosse il maggiore successo.

VICTOR HORTA (1861-1947)

Primo architetto e grande interprete di questa stagione. Belga.

Maison Tassel (1893)

Casa di Émile Tassel in un tipico lotto stretto e profondo del centro della città. Caratterizzata da un volume centrale
sporgente ed è distribuita intorno ad un vano aperto a tutta altezza che contiene una scala accuratamente disegnata
in ogni dettaglio, chiuso in alto da una calotta in vetri decorati. La luce, filtrata dal lucernario colorato, si diffonde e
definisce lo spazio privato come luogo separato dal mondo esterno. Lussuosa abitazione progettata in 3 piani
dettagliatamente decorati. Coerenza nell’uso della linea curva, applicata particolarmente al disegno. Questo successo
gli fece avere una serie di commissioni analoghe.

Maison du Peuple (1896-1898)

Casa del popolo, sede del partito socialista belga (l’artista voleva contribuire alla sua affermazione attraverso i suoi
lavori). La struttura in ferro è esibita sia in facciata che negli interni, esaltando la continuità con le porzioni di muratura
portante che la integrano. Enfatizzati il ferro e il vetro come materiali di per sé legati alla società industriale e al
progresso. La facciata alterna concavità e convessità per adattarsi all’andamento della strada ed è quasi interamente
vetrata. Ospitava negozi, uffici, sale riunione, caffè e un auditorium.

HENRY VAN DE VELDE (1863-1957)

Convinto che l’arte dovesse applicarsi alla vita quotidiana permeando ogni spazio e manufatto.

Maison Bloemenwerf (1894-1895)

Abitazione per lui e la moglie. Luce impiegata in chiave utilitaria più che simbolica, non è filtrata da vetri colorati e
proviene solo dalle grandi finestre della facciata. Porta all’estrema conseguenza l’equivalenza ambiente-opera d’arte.
Progetto arredi (es: scrivania), mobili e oggetti della casa, come le posate o gli abiti che la moglie doveva indossare. Ad
accumunare tutto ciò la fascinazione per la linea curva, vista come espressione di movimento e quindi energia vitale.

Villa Hohenhof (1908)

Decorazioni semplificate. Atrio dell’ingresso esagonale è giocato sul contrasto tra le parti inferiori e superiori delle
pareti (marmo e tinta chiara); negli ambienti di rappresentanza le linee curve sono presenti esclusivamente negli
arredi.

HECTOR GUIMARD (1867-1942)

Architetto suggestionato dal razionalismo neogotico e dall’attenzione agli aspetti naturali.

Castel Béranger (1895-1898)

Edificio in stile neogotico, cambiato il progetto dopo aver incontrato Horta. La linea curva domina la pianta e il
prospetto e la varietà dei materiali e l’enfasi sulla struttura in ferro, richiamano Maison Tassel.

Metropolitana parigina (1900)

Opere più conosciute: accessi a 141 stazioni metropolitane parigine, segnalati da pensiline, balaustre, lampioni in
ghisa stampata con forme desunte dal mondo vegetale. Era tutto prefabbricato così che fosse possibile usarli in
combinazioni diverse nelle diverse stazioni. L’applicazione del nuovo linguaggio artistico in un ambiente popolare
come questo contribuì alla diffusione dello stile in Francia, ribattezzato ‘style Métro’.

ÉMILE GALLÉ (1846-1904): si impegnò nello studio di nuove tecniche chimiche per mettere a punto colorazioni inedite
da applicare sulla ceramica. Alla produzione di oggetti in vetro applicò invece la tecnica cammeo. Oggetti ornamentali
con motivi vegetali e floreali (es: vaso).

RENÉ LALIQUE (1860-1945): celebre disegnatore di gioielli; sperimentò forme fluide, figurazioni e brillanti effetti
coloristici accostando materiali preziosi a materiali semi-preziosi come pietre dure e vetri colorati.

AUGUSTE PERRET – Casa ad appartamenti di Rue de Franklin (1903) NON SPIEGATA

CHARLES RENNIE MACKINTOSH – Glasgow School of Art (1896-97/1907-08) NON SPIEGATA

ITALIA → si afferma lo stile Liberty, relativamente tardi rispetto al resto d’Europa. Il movimento si tradusse in una
rinnovata centralità delle arti minori e dell’artigianato, preceduto dall’esperienza di un gruppo di artisti bolognesi.
Principali centri di diffusione: Milano, Palermo, Torino (nel 1902 è stata sede dell’esposizione universale di arte
decorativa e moderna).

ANTONI GAUDÍ Y CORNET (1852-1926)

Attivo essenzialmente nell’area di Barcellona, ideatore di un’architettura fantastica e espressiva, le cui forme (spesso
derivanti dalla rielaborazione di elementi della tradizione costruttiva locale) sono caricate di un’inimitabile esuberanza
plastica.
Palau Güell (1885-1888)

Abitazione in centro città che divenne il punto di ritrovo per gli intellettuali locali. 3 piani, realizzato su un lotto
rettangolare, organizzato intorno ad un ampio spazio centrale a tutta altezza, destinato a sala d’intrattenimento.
Facciate e interni (disegnati di Gaudì) ricordano l’architettura medievale ma reinterpretata.

Casa Batllò (1905-1907)

Linguaggio formale personale, tentativo di affermare la struttura nascosta delle forme naturali. Rientra nel restauro
dell’abitazione dell’industriale Casanovas a Barcellona. Nella facciata vennero alleggeriti i piani inferiori progettando
aggetti e vaste aperture vetrate e curvilinee incorniciate da esili colonne. I piani superiori sono rivestiti da incrostazioni
di mosaici e maioliche colorate fino al coronamento, realizzato con tegole di ceramica vetrificata colorata.

Casa Milà (1905-1910)

Facciate esterne molto movimentate che richiamano un rilievo roccioso. Ogni dettaglio è subordinato all’ottenimento
di un effetto plastico: dal ruvido bagnato alla parete di pilastri di pietra e balaustre di ferro. Superficie irregolare dal
punto di vista distributivo. Asimmetria e irregolarità anche negli appartamenti, tutti diversi tra di loro. Alla sommità vi
è un tetto adibito a terrazza con comignoli scultorei.

Basilica della Sagrada Família (dal 1882)

Incompiuta. Commistione di influenze neogotiche e moderne. La parte completata da Gaudì comprende la cripta e la
facciata della Natività, segnata da 4 torri campanarie di eccezionale altezza.

SECESSIONE VIENNESE

Luogo di circolazione sovranazionale di modelli d’avanguardia, iniziando a definire uno stile internazionale. A fine 800,
Vienna (già all’avanguardia per le trasformazioni urbanistiche) divenne uno dei centri principali d’innovazione per la
cultura artistica e architettonica. 1897: un gruppo di giovani artisti fonda una nuova associazione a cui diede il nome di
‘Secessione’, indicando la volontà di dissociarsi dalle istituzioni sociali. Nello stesso anno cambia anche la direzione del
Museo di arti applicate, che aprì le porte all’Art Nouveau. La scuola di arti applicate ebbe un ruolo fondamentale, in
quanto qui vi sono le radici dell’ideale secessionista: integrazione fra le arti. Rispetto ad altri gruppi contemporanei,
questo non si pose in aperto contrasto con le organizzazioni precedenti; inoltre il comune concesse un’area sulla quale
edificare un nuovo palazzo per le mostre. Attraverso un’attività espositiva, arrivarono ai Vienna molti artisti dalle
tendenze nazionali più disparate. Grande ruolo di divulgazione svolto anche dalla rivista ‘Versacrum’ in cui si
proponeva una totale parità tra arti minori e maggiori.

Palazzo della Secessione (1897-1898) – JOSEPH MARIA OLBRICH

Tradizionale nella composizione spaziale: sequenza di ampie scale coperte da lucernari vetrati, preceduta da un
avancorpo sormontato da una cupola e destinato all’accesso principale. Innovativi i disegni dei volumi in alzato e le
decorazioni. Le murature esterne piatte sono chiuse nel segno di una cornice aggettante. Ogni decorazione classica è
bandita. La parete è tratta come un foglio di carta su cui sono incise le silhouettes degli alberi e fogliame. La cupola
sferica che sormonta l’ingresso è una trama di foglie di alloro in metallo dorato, che creano un effetto 3D.

GUSTAV KLIMT (1862-1918)

Uno dei massimi protagonisti della Secessione. Formatosi alla scuola di arti applicate di Vienna, si dedicò all’inizio alla
decorazione di ampi spazi pubblici, già con un’impronta simbolista tipica dell’Art Nouveau che ne connoterà lo stile. Il
suo linguaggio va verso un linearismo raffinato ed un estremo decorativismo, sostenuto da preziosi cromatismi.

Nuda Veritas (1899) - Giuditta I (1901) NON SPIEGATE

Fregio di Beethoven (1902)

Eseguita in occasione della mostra per Beethoven, per una delle sale. Lungo 24m sul margine superiore di tre pareti,
illustra una sequenza di temi tratti dalla Nona sinfonia e imperniati sulla possibilità dell’anima di sconfiggere le forze
del male e accedere alla felicità custodita nel regno dell’arte. 1) All’inizio ci sono figure di supplici (umanità debole e
sottomessa) che inducono con le loro preghiere un guerriero armato a farsi redentore dell’umanità. Dietro il guerriero
ci sono Compassione e Orgoglio, sotto cui l’eroe affronterà l’impresa. 2) Nella sezione successiva le forze oscure
(gorilla, gigante Tifeo) ostacolano il cammino di Felicità, a dx del mostro ci sono le 3 Gorgoni (figlie) Malattia, Follia e
Morte; a sx Incontinenza, Voluttà, Lussuria; più lontano Angoscia. 3) Nella terza parte inizia il cammino verso la felicità,
si incontrano Poesia (suona la lira), un coro angelico. Il fregio termina con l’abbraccio di Arte e Amore, sintesi e vertice
della gioia accessibile agli umani.
Bidimensionalità delle forme eleganti, sembrano ritagliate e incollate sullo sfondo dorato (scene greche ed egizie).
Convito che l’installazione sarebbe stata rimossa, l’ha realizzata con materiali poveri, tradizionalmente riservati alle
arti minori.

OTTO WAGNER – JOSEF HOFFMANN – ADOLF LOOS – JUDENDSTIL NON SPIEGATO

ESPOSIZIONI UNIVERSALI

Primo maggio 1851: The Great exhibition of the works of industry of all nations (Londra). Immensa esposizione dei
prodotti dell’industria di tutte le nazioni, organizzata dal principe Alberto, a dimostrazione che tutto con le macchine
può essere fabbricato e moltiplicato. Prima di una lunga serie che vedrà coinvolte molte città, molte volte le date
coincideva con eventi importanti per la storia. Servono come vetrina per affermare il progresso industriale ed
economico e rafforzare le identità nazionali. Strumento potente per chi le organizza e chi vi partecipa: raggiungevano
un pubblico molto ampio in un periodo in cui la circolazione di persone era bassa e l’analfabetismo era diffuso. Vi
venivano sia visitatori che operari inviati per scoprire le nuove tecnologie della concorrenza. Diventano un laboratorio
per l’architettura: il progetto dei padiglioni infatti acquista progressivamente rilevanza. A queste costruzioni
temporanee è dato il compito di allestire e organizzare spazi in tempi brevi ma anche di incarnare i valori dello stato,
mettono in scena lo stile e la ricchezza del proprio linguaggio architettonico. Con la varietà degli stili emergono anche
le contraddizioni già da tempo insite nella stagione eclettica (esposizioni accompagnate da un dibattito). 1878: Parigi;
1911: Torino.

Chigago: 1883. Complesso di padiglioni che nascondevano l’anima di ferro sotto bianche facciate di gesso disegnate in
stile pomposamente neoclassico. Viene definita come un’esposizione dannosa per il futuro corso dell’architettura.
Metterà in evidenza l’interazione del progetto dei siti espositivi con la pianificazione urbana.

SCUOLA DI CHIGAGO

Grande trasformazione nel corso degli ultimi due decenni del XIX secolo. 1871: devastata da un incendio che distrusse
larga parte della zona centrale, risorse poi a nuova vita anni dopo quando molti vi giunsero per sfruttare le
opportunità offerte dalla fervida attività edilizia. Terreno di sperimentazione per progetti di edifici alti con
destinazione commerciale e per la definizione del moderno grattacielo. Da questa convergenza nasce la Scuola di
Chigago.

HENRY HOBSON RICHARDSON (1838-1886)

Si afferma nella sua città con il progetto Trinity Church, caratterizzata da masse murarie in pietra sbozzate, dagli ampi
archi a tutto tondo e dalla rivisitazione degli ornamenti romantici, contribuì all’affermazione dello stile neoromantico
negli Usa. Realizza nel 1885 il grande magazzino Marshall Field usando il neoromantico per esaltare la fisicità della
muratura in mattoni, conferendo misura e proporzione all’intero volume mediante un susseguirsi di aperture ad arco.

LOUIS HENRY SULLIVAN (1856-1924)

Futuro maestro di Wright. Vide in Richardson un individuo coraggioso, pieno di carattere e vigore, schietto ed
essenziale nel linguaggio: caratteristiche che l’architettura americana avrebbe dovuto incarnare. Ricerca della
corrispondenza tra forma e funzione dell’edificio. Nel 1880 realizza Auditorium Building, volume controllato nelle
masse in pietra rustica inframezzate da archi. Le decorazioni policrome degli interni sono lontane degli stili
ornamentali di derivazione europea e anticipano l’Art Nouveau nella contaminazione tra geometria e forme vegetali.

Gli edifici della città crebbero in altezza grazie all’applicazione di due invenzioni: ascensore e scheletro portante
(telaio) di metallo, leggero e a prova di fuoco. Primo: NY, Equitable Life Assurance (1868-1870). Ma è Chigago che vede
il primo edificio con struttura portante interamente di metallo: Home Insurance Building (1883-1885) di William Le
Baron Jenney, poggiava su una base in pietra e sfruttava le potenzialità della struttura metallica (rivestita di materiale
ignifugo) per la realizzazione di pareti internamente finestrate.
Con lo scopo di conferire dignità architettonica alla tipologia di edificio commerciale alto, Sullivan teorizzò una
corrispondenza tra forma e funzione: definì il grattacielo come una costruzione tripartita con una base (ingressi, spazi
commerciali e vetrine), un corpo principale (i vari piani) e un coronamento (che copre l’intero edificio). Trattamento
formale diverso per ciascuna parte: ampie aperture al piano terra, una successione di livelli scanditi da finestre e un
coronamento con decorazione. Ogni edificio è però pensato individualmente con la propria fisionomia.

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