Il periodo a cavallo fra il '700 e l'800 si presenta come un momento
di smarrimento: sia il neoclassicismo che il romanticismo ricercheranno un rifugio dal presente, che è una continua delusione.
Il secolo dello smarrimento: Neoclassicismo e Preromanticismo
Il periodo a cavallo fra il ‘700 e l’800 si presenta come un momento
di smarrimento: l’epoca razionalistica dell’Illuminismo si sta concludendo, poiché la rivoluzione ha provocato profondi mutamenti che, tuttavia, stanno portando a dei risvolti diversi da quelli proclamati precedentemente. Robespierre istituisce quello che è soprannominato il “regime del Terrore”, durante il quale si farà largo uso della ghigliottina, andando contro i principi fondanti della Rivoluzione Francese, “Liberté, Egalité, Fraternité“.
È in questo momento che compare Napoleone Bonaparte, un
giovane generale che in brevissimo tempo condurrà una serie di campagne vincitrici contro gli avversari, che otterrà la carica di primo console e che, successivamente, sarà proclamato imperatore dei francesi, definizione che includeva un discorso rivoluzionario (non imperatore di territori ma del popolo). Napoleone rappresenta in particolar modo questo periodo e Manzoni presenterà il suo iter, un percorso in velocità, con un epilogo che ha lasciato l’Europa sgomenta (nella sua ode “5 maggio” (1821) abbiamo l’inno a Napoleone). Anche Foscolo sarà inizialmente un suo grande estimatore, si arruolerà fra i Cacciatori delle Alpi insieme ad altri patrioti speranzosi, per poi essere deluso dal Trattato di Campoformio, che diventerà poi motivo propulsore delle Ultime Lettere di Jacopo Ortis (“tutto è perduto”). La grandezza di Napoleone può essere valutata in una chiave contraddittoria: questo appare come un pacificatore, l’uomo- eroe capace di portare la libertà ai popoli, divulgatore delle idee Illuministiche che poi non metterà in pratica, anzi sarà proprio la sua brama di potere a portare, oltre la sua rovina, anche quella di tutti coloro che avevano creduto prima nella Rivoluzione e poi in lui. Infatti, nel 1814 fu convocato il Congresso di Vienna, con cui si ebbe una vera e propria “Restaurazione”, dell’equilibrio e dello status quo precedente alla Rivoluzione Francese, dichiarando sconfitte le idee rivoluzionarie e illuministiche. In questo periodo troveremo, in campo letterario, Alfieri e Parini, che possono essere considerati le due facce di una stessa medaglia: Parini diventerà un esponente del neoclassicismo (nella sua terza fase, nella prima aderisce all’Arcadia, nella seconda all’Illuminismo) e si approccerà in maniera propositiva alla realtà, nutrendo fiducia nei cambiamenti determinati dalla ragione, mentre Alfieri avrà anche lui un’educazione classica che poi, però, sfocerà in un carattere tendente al romanticismo. Con il termine “Neoclassicismo” si usa indicare il periodo il cui avverrà il recupero della civiltà classica antica, caricandola di nuovi valori: si parla di un “nuovo-classicismo” per contrapporlo al “classicismo” greco-romano, ma soprattutto al “classicismo” rinascimentale. In quel periodo si ricercava un’altra verità nei classici, che erano riletti in chiave filologica e ci si soffermava soprattutto sull’idea che questi avevano dell’uomo, per poi unirla alla visione cristiana, che aveva portato ad innalzare l’uomo sullo stesso piano di Dio. Nel periodo neoclassico, invece, l’uomo si smarrisce nel pensiero, si ha un ritorno al passato solo da un punto di vista artistico (non troviamo “cercatori di testi” come Petrarca): la spinta verso tale approccio sarà data dalla scoperta di Ercolano e Pompei, che solleciteranno la curiosità e l’ammirazione verso l’armonia di quel passato che era appena stato portato alla luce. Molti studiosi si spostano in Italia per vedere i monumenti dal vivo, nel loro habitat naturale, come ad esempio il tedesco Winckelmann, che è considerato il più grande teorico neoclassico e autore, fra l’altro, di “Storia dell’arte nell’antichità”: Winckelmann si recherà in Italia per cercare di osservare da vicino gli scavi archeologici di Ercolano e Pompei, di cui purtroppo vedrà ben poco, poiché non sono aperti se non agli addetti ai lavori. Winckelmann ritiene che l’opera d’arte sia espressione del bello ideale, raggiungibile non imitando la natura, ma scegliendo da essa le parti più belle e fondendole insieme, e così anche la letteratura: deve mirare al bello ideale, cioè trasfigurare la realtà contingente in forme perfette e armoniche. Inoltre, i protagonisti della Rivoluzione Francese vedevano in Atene, Roma, Sparta, un modello di vita repubblicana che avrebbero voluto far rivivere nel presente: un presente che risultava arido, inerte, quasi imbarbarito in contrasto con quel mondo di armonia, bellezza, vitalità che era l’antico, che diventerà una sorta di rifugio dai traumi del presente (es. Le grazie di Foscolo). Vediamo quindi come il neoclassicismo sia in parte legato con il romanticismo, tanto che Foscolo sarà denominato “il più romantico fra i classici”. (Per avvalorare la tesi che il “classicismo” rinascimentale sia diverso dal “neoclassicismo” possiamo confrontare le opere dei grandi scultori rappresentativi di quelle epoche. Il marmo michelangiolesco sprigiona forza, sembra quasi che dalla figura sia pronta a fuoriuscire l’energia, la figura di un uomo visto nella sua pienezza, posto al centro dell’universo. Il marmo di Canova permette soltanto un rifugio nella bellezza, vista come categoria dello spirito, si è consapevoli di essere al di fuori dal mondo, di entrare a contatto soltanto con un soggetto idealizzato, un’illusione.) Nello stesso periodo si riscontrano nella cultura italiana tendenze che appaiono opposte a quelle neoclassiche: lo stile “preromantico” è caratterizzato da un’esasperazione passionale e soggettiva, concentrazione sull’io, amore per il primitivo e per atmosfere lugubri, malinconiche e tenebrose, dominate dall’idea ossessiva della morte, e una natura grandiosa e tempestosa, specchio dell’ansia interiore. Assume i caratteri di vero e proprio movimento uno dei momenti più forti del preromanticismo, lo "Sturm und Drang" ("Tempesta e assalto"), che polemizzò aspramente contro il razionalismo della cultura francese dominante in Germania e contro il classicismo, definiti artificiosi, falsi e antinazionali, e accusati di soffocare la libera creatività dell'artista con la loro minuziosa e arida precettistica. I giovani dello "Sturm und Drang" esaltavano l'individualità, la passionalità, la fantasia e la libertà assoluta della creazione dell'artista: tra le opere prodotte ebbero grande successo “I dolori del giovane Werther” di Goethe che, insieme alla “Nuova Eloisa” di Rousseau, entrambi romanzi epistolari, costituiscono il punto di riferimento fondamentale dell’Ortis di Foscolo. I generi letterari maggiormente utilizzati risulteranno essere, appunto, il romanzo epistolare, visto come esigenza di scavo psicologico, la biografia (per lo stesso motivo) e la poesia “cimiteriale”, in particolar modo in Inghilterra.