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SOFOCLE

Sofocle nacque a Colono, in prossimità di Atene, all’inizio del V secolo e visse


probabilmente novant’anni. Quindi visse tutti gli eventi che hanno
caratterizzato l’età classica, dalle guerre persiane alla guerra del Peloponneso.
Fu anche legato alla vita politica di Atene, e questo si può affermare perché fu
incaricato di cantare un peana (generalmente è un inno ad Apollo), per ringraziare
Apollo per la vittoria nella battaglia di Salamina. Fu anche uno stratego
dell’esercito ateniese ed ebbe un ruolo importante nell’attività sacerdotale,
infatti fu lui a diffondere il culto del Dio Asclepio ad Atene.
Ci rimangono solamente alcune delle tragedie di Sofocle, ovvero l’Aiace,
l’Antigone, le Trachinie, l’Edipo Re, l’Elettra, il Filottete e l’Edipo a
Colono.
Sofocle può essere considerato il simbolo dell’Atene classica, per la
perfezione e l’armonia delle forme, che però nascondono significati
profondi. Sofocle è considerato, infatti, molto ambiguo. Sofocle era un uomo
molto religioso, ma nelle sue tragedie non vi è mai una visione religiosa e
provvidenziale della realtà. Sofocle presenta i suoi personaggi soli sulla
scena, e la loro sofferenza spesso ingiusta, come la sofferenza di Edipo o
Antigone. In Eschilo, però, la sofferenza non produce la coscienza del limite
(come in Erodoto), ma porta solo a una consapevolezza del male. Infatti
Sofocle non affida al dolore una funzione di insegnamento, tant’è vero che
condanna il patei mathos, ma rappresenta il dolore solo come una forza
che distrugge. Sofocle si scaglia anche contro l’esaltazione della ragione
da parte dei sofisti, perché la ragione, secondo lui, porta solamente a una
tragica coscienza dei limiti umani.
Non possiamo dire che in Sofocle non vi sia più l’elemento mitico, ma
sicuramente viene allontanato il soprannaturale, infatti gli dei non sono
fortemente presenti come in Eschilo, in cui è molto più semplice notare come sia
persistente la presenza delle divinità. In Sofocle gli uomini comprendono la
loro solitudine, e non vi è il bisogno di pensare che vi sia una forza ordinatrice al
di sopra di ogni cosa, come Zeus per Eschilo. Gli uomini sono, quindi, consapevoli
che gli dei governano solo esternamente, e soprattutto sono indecifrabili.
Quindi Sofocle crede comunque all’esistenza delle divinità e al loro dominio sul
mondo, ma questo avviene in modo incomprensibile. Inoltre, nelle opere di
Sofocle vi sono molti richiami alla realtà cittadina, come ad esempio il tema
delle leggi e il rapporto tra stato e individuo.

L’EROE
L’eroe di Sofocle è, inoltre, isolato insieme al suo dolore. I personaggi di
Eschilo hanno la consapevolezza della loro situazione, ed è proprio questo che li
rende eroi tragici. La loro tragicità è proprio nella consapevolezza della
loro condizione. La psicologia degli eroi di Sofocle è molto complessa e quasi
moderna.
L’eroe di Sofocle è un personaggio moderno, sofferente e riesce a mantenere la
sua grandezza morale grazie alla consapevolezza della sua sofferenza. È
un personaggio che comprende la sua condizione, ma capisce che c’è dietro il
disegno divino, pur non comprendendone la volontà e le intenzioni.
INNOVAZIONI
Dal punto di vista tecnico, Sofocle introduce molte innovazioni nella tragedia, come
ad esempio la divisione del verso in due parti, che in greco era chiamato
antilabè. Un’altra novità è l’introduzione del terzo attore e l’aumento del
numero dei coreuti. L’Introduzione del terzo attore garantisce maggiore
naturalezza nei dialoghi e la possibilità di approfondire ancora di più la
psiche umana.
Un’altra innovazione è l’abbandono della trilogia legata. 
Inoltre Sofocle utlizza anche due nuove strutture: la rhesis e il canto amebeo.
Per quanto riguarda la rhesis, questa è il resoconto di un messaggero, che alla
fine diventa un monologo del protagonista per esprimere la propria solitudine.
Il canto amebeo, invece, prevede la contrapposizione tra i metri lirici usati
dal protagonista e i trimetri giambici del coro. Questa contrapposizione
serve ad esprimere la solitudine del protagonista, che non può essere
compresa dagli altri.
Dal punto di vista stilistico, lo stile di Sofocle è più aulico e complesso
rispetto a quello di Eschilo, anche se all’apparenza appare molto scorrevole.

IL CORO
Sofocle non attribuisce al coro un ruolo centrale e una funzione tipica.
Infatti l’atteggiamento del coro cambia in base al protagonista. Vediamo come
nell’Aiace il coro abbia una funzione esortatoria, mentre invece nell’Antigone ha
la funzione di mediare tra Creonte e Antigone. Uno degli interventi tipici del
coro è quello che viene definito ipocherma, che è un canto di gioia che viene
intonato quando la sorte dell’eroe tende a migliorare. Il canto
ipochermatico, però, in realtà, segna l’inizio del tragico destino del
protagonista (ironico).

TRAGEDIE
L’AIACE
È una tragedia che ha come protagonista, appunto, Aiace, che era uno degli eroi
protettori di Atene. L’Aiace presenta una struttura a dittico, ovvero il
dramma è diviso in due parti (struttura vista negativamente dagli antichi,
perché non vedevano l’utilità nel narrare le vicende dell’eroe anche dopo la sua
morte), la prima è dedicata alle vicende del protagonista, la seconda parte
presenta le conseguenze delle sue azioni, nel caso dell’Aiace la conseguenza
che scatenò il suo suicidio. Aiace aveva subìto un torto, ovvero le armi di
Achille erano state assegnate ad Odisseo anziché a lui, e quindi voleva
vendicarsi di tutti i comandanti dell’esercito, che erano anche i suoi
compagni. Così voleva uccidere, una notte, i suoi compagni. Ma la dea Atena lo
spinge ad uccidere dei buoi piuttosto che degli uomini. Successivamente la dea
Atena racconta ad Odisseo ciò che era accaduto. Quindi presenta ad Odisseo
una visione dell’eroe che quasi delira. In questo modo Aiace appare quasi
ridicolo agli occhi di Odisseo. Questo perché Sofocle voleva, nel pubblico,
creare terrore e pietà per l’evento quasi tragicomico. A causa del suo onore, Aiace
si suiciderà, nonostante la moglie Tecmessa cercherà di dissuaderlo. Nella
seconda parte verrà presentata la conseguenza del suicidio, che avviene davanti
al cadavere dell’eroe. Vi sono, infatti, alcuni compagni che volevano per Aiace
una degna sepoltura, tra cui Odisseo, mentre gli Atridi volevano
abbandonare il suo cadavere in pasto ai cani. La tragedia si conclude con la
sepoltura di Aiace.
In questa tragedia uno dei temi è sicurante l’importanza della sepoltura per i
greci, che rappresenta il kleos. Di conseguenza negare la sepoltura è sinonimo di
disonore. La tragedia introduce anche un altro tema tipico della mitologia, ovvero
l’aidòs, cioè la vergogna. Infatti Aiace si suicida proprio per porre fine alla
vergogna di essersi messo in ridicolo.

ANTIGONE
La tragedia è dominata da Antigone, figlia di Edipo e sorella di Eteocle e
Polinice. Anche in Antigone il tema è quello della sepoltura, perché lei vuole
fare seppellire entrambi i fratelli, quando invece Creonte aveva ordinato che il
corpo di Polinice venisse lasciato in pasto ai cani e fuori dalle mura di Tebe.
Antigone vuole affermare la fusis, cioè la legge del cuore, e non la legge dello
stato. Quindi un altro tema della tragedia è il conflitto tra Stato e
Famiglia. La Filìa riveste un ruolo centrale. Per Creonte la filìa indica un vincolo
legale che lega individui che fanno parte della stessa famiglia o di una stessa società.
Per Antigone la filìa è l’amore che lega due persone. È proprio in nome della
filìa che Antigone si ribella e sfida le leggi dello stato, ribellandosi al
patriarcato e soprattutto si ribella alle leggi dello stato e alla famiglia (sorella
Ismene). Antigone seppellirà comunque entrambi i fratelli.  La tragedia si
conclude con la morte di Antigone, che affronta dignitosamente la sua morte e
il suo destino.

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