Giuseppe Parini viene considerato il padre dell’illuminismo
italiano. Nasce nel 1729 a Bosisio (Brianza-Lombardia) da una famiglia umile. È infatti il primo autore della letteratura italiana che non proviene da una famiglia ricca. Ebbe la fortuna di ricevere l’eredità da una prozia e questo gli permise di studiare e diventare sacerdote. Frequentò una scuola a Milano ma l’anno di svolta per la sua carriera è il 1752: Parini pubblica la prima raccolta di poesie “Alcune poesie di Ripano Eupilino” in cui è ancora evidente l’influenza dello stile di Petrarca. L’opera gli permette di entrare nell’Accademia dei Trasformati, il nucleo delle idee illuministe, dove conosce Giuseppe Imbonati, i fratelli Verri e Cesare Beccaria. Per l’accademia lui scrive, oltre alle prime odi, “Dialogo sopra la nobiltà” e il “Discorso sulla poesia”. Nel 1754 termina gli studi, prende gli ordini e diventa precettore presso i duchi Serbelloni dai quali sarà però cacciato nel 1762 dopo che, davanti all’ennesimo abuso di potere della duchessa Vittoria che prese a schiaffi senza motivo la figlia dell’insegnante di musica, Parini decise di reagire. Sarà da questo avvenimento che trarrà spunto per la sua opera maggiore “Il giorno”. Tuttavia divenne subito il precettore del figlio di Giuseppe Imbonati, Carlo Imbonati (il futuro amante della madre di Alessandro Manzoni). Parini ebbe diversi incarichi pubblici dagli Asburgo: •Direttore della gazzetta di Milano •Professore del regio ginnasio di Brera •Sovrintendente alle scuole pubbliche dal 1791 Dopo la Rivoluzione francese con la successiva entrata dei francesi in Lombardia nel 1796 in un primo momento Parini collabora con la Repubblica Cisalpina, spinto dalla speranza di un miglioramento della società in senso rivoluzionario. Tuttavia egli sarà anche spaventato dalla cattiveria che caratterizza questa rivoluzione, e per questo deciderà di lottare per la liberazione di Milano e sarà allontanati da ogni incarico pubblico. Muore nel 1799 e la sua salma andò perduta. Nei “Sepolcri” Foscolo denuncerà proprio questo scandalo celebrando la grandezza in un intellettuale come Parini. PENSIERO E POETICA Parini era un’illuminista moderato e riformista, in linea con le disposizioni illuminate di Maria Teresa D’Austria. Per quanto riguarda la poetica, egli innanzitutto prende le distanze dal Barocco per aderire gradualmente al neoclassicismo, ma la cosa più importante è la sua concezione della poesia, che esprime nel famoso Discorso sopra la Poesia del 1761, in cui si rifà anche alle teorie del poeta latino Orazio. Per Parini la poesia deve avere un fine didattico pedagogico, deve puntare ad una nuova educazione e ad un recupero morale soprattutto della classe aristocratica. Come si raggiunge questo fine pedagogico? Per Parini la poesia deve dilettare e suscitar passioni, ma allo stesso tempo deve essere anche utile. Se non reca diletto non può docere (insegnare), anzi, l’utile stesso coincide con il piacere per Parini, perché:” utile è ciò che contribuisce a rendere l’uomo felice”. LE OPERE - ODI La sua prima opera significativa è “Dialogo sopra la nobiltà” (1757) Nella quale avverte l'ingiustizia della condizione della nobiltà, una classe sociale improduttiva al contrario della borghesia. Tra il 1758 e il 1766 compone una prima fase delle Odi, che affrontano argomenti di attualità e rappresentano la stagione di impegno sociale e civile del poeta. Tra i più importanti vi sono: “La vita rustica”, “la salubrità dell’aria”. Dal 1767 al 1795 c’è la seconda fase delle Odi, chiamata fase neoclassica. Di questa seconda stagione si distingue soprattutto l’ode più famosa di Parini: “la caduta” scritta nel 1785. Questa seconda stagione è caratterizzata da un cambiamento nello stile e nella poetica: durante la prima fase abbiamo l’uso di un lessico più realistico e un accennato classicismo. Invece nella seconda fase vi è una matura impronta classicista: classicismi, figure retoriche, riferimenti mitologici. Nella terza fase, infine, il tema principale è quello della celebrazione della bellezza femminile come valore estetico ed etico. POEMA: IL GIORNO Dopo aver scritto i due poemetti “del mattino” e de “il mezzogiorno” egli avrebbe dovuto scriverne anche un terzo: “la sera” che rimase incompiuto. Così anni dopo Parini decide di racchiudere tutte e tre le opere in un unico poema, intitolato:” il giorno”; suddiviso in 4 parti: mattino, pomeriggio, vespro e notte. L’opera “il giorno” fu pubblicata dopo la sua morte nel 1801 da Francesco Reina. Con questo progetto Parini avrebbe voluto denunciare i vizi di quella parte parassita della società che era la nobiltà. Nell’opera il poeta si presenta in qualità di precettore di questo Giovin Signore, quindi ne descrive il frivolo e lussuoso tenore di vita. L’opera si sviluppa tra i vari momenti della giornata. - In particolare nel “Risveglio del giovin signore” Parini fa due parallelismi: •Col contadino e il fabbro: si svegliano per andare a lavorare all'alba dopo aver passato la notte con la moglie fedele e i figli in una umile casa. Il nobile invece ha passato la notte giocando, tradendo la moglie con diverse dame e va a dormire proprio quando i due lavoratori si alzano. I due inoltre lavorano per lui producendo il cibo e le serrature e le casseforti per custodire i suoi beni e gioielli. •Con i servi: quando il signore si sveglia, a tarda mattinata, i servi subito corrono per aiutarlo. Egli non fa nulla se non “un dolce sbadiglio”. - Durante “il mezzogiorno” il Giovin Signore va a casa della dama. Viene descritto un corteggiamento e un banchetto. Arrivati a questo momento, il punto di vista del poeta si espande: cerca di descrivere anche gli altri invitati, analizzando gli argomenti superficiali trattati durante il banchetto. Qui si ha una digressione: Parini parla del celebre episodio della “vergine cuccia”: durante il pranzo, il poeta, analizzando, si blocca descrivendo un episodio in particolare: un cameriere, scendendo le scale con un vassoio in mano, vede venirgli incontro la cagnolina della dama, che comincia ad abbaiare. Per non far cadere il vassoio il servo le tira un calcio. La cagnolina rotola giù dalle scale e va a rintanarsi tra le gambe della padrona. La dama indignata lo licenzia. - Del “vespro” rimangono solo 349 versi, durante il quale il Giovin Signore e la dama sono impegnati a partecipare ad eventi di vita mondana. - Della “notte”, rimangono 673 versi in tutto. Qui prevale l’osservazione da parte del poeta dello spettacolo offerto dai nobili. Il narratore accompagna i due protagonisti ad una festa e racconta lo spettacolo di una vera e propria decadenza morale. “Il giorno”, quindi, diviso in queste 4 parti, è un poema didascalico: ha come obiettivo quello di insegnare una morale. Attraverso lo strumento dell’ironia e dell’antifrasi (figura retorica attraverso il quale si afferma il contrario di ciò che si vuole far capire al lettore, criticando appunto ciò che si sta affermando). Attraverso questi due strumenti il poeta applica la satira, di cui egli ne è maestro. Il tipo di satira utilizzato è antinobiliare, attraverso una parodia eroi-comica. La voce narrante di tutto il poemetto è il Precettor Di Amabil Rito, che si nasconde probabilmente dietro al poeta. Questo precettore è una figura ambigua: al contrario della sua morale, non critica il nobile discepolo per il suo stile di vita, ma interviene in prima persona dandogli addirittura consigli su cose frivole. Questa satira è molto corrosiva, la tecnica che Parini adopera in tutto il poemetto si può definire di “straniamento”: sono celebrati tutti gli atteggiamenti in realtà disprezzati da parte dell’autore, che noi lettori individuiamo come azioni contorte. Solo in alcuni momenti il precettore dice davvero ciò che pensa. Lo scopo di quest’opera non è quello di distruggere, attraverso la satira, il ceto della nobiltà; bensì quello di provare a rigenerarne la dignità etico-civile, perché Parini credeva fermamente nel valore morale di questa classe sociale.