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L’illuminismo “ …Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza…”

La seconda metà del Settecento e il primo ventennio dell'Ottocento sono periodi


di grandi cambiamenti.
Le scoperte di Galileo Galilei (1564-1642) e di Isaac Newton (1642-1727), la
diffusione del pensiero scientifico anche fra i "non addetti ai lavori" avevano
prodotto in molti la convinzione che la scienza avrebbe potuto recare la felicità
agli uomini.
Questa idea era anche rafforzata dalla realizzazione di macchine che, sfruttando le
nuove scoperte, aumentavano a ritmo vertiginoso la produzione ed erano in grado
di alleviare il lavoro degli operai.
Le macchine contribuirono notevolmente alla creazione delle grandi industrie e
modificarono radicalmente i ritmi e i modi di lavoro. Questo fenomeno, che prese il
nome di Rivoluzione industriale, portò alla scomparsa di numerose botteghe
artigiane, all'abbandono delle campagne e al relativo affollamento delle città
[urbanesimo], specie di quelle industriali.
Chi riuscì a creare grandi industrie possedevano non solo i mezzi di produzione
(cioè i macchinari), ma anche il capitale (cioè il denaro per procurarseli e
mantenerli).
Chi, invece, prestava il proprio lavoro (gli operai) era ricco solo della prole (cioè dei
figli da mandare a loro volta a lavorare) e veniva pertanto definito proletario.
L’illuminismo “ …Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza…”

Chi, invece, prestava il proprio lavoro (gli operai) era ricco solo della prole (cioè dei
figli da mandare a loro volta a lavorare) e veniva pertanto definito proletario.
Le condizioni di vita dei proletari, specie in Inghilterra, dove la Rivoluzione
industriale anticipò di circa un cinquantennio quella dell'Europa continentale, erano
molto disagevoli e le abitazioni in cui essi vivevano - spesso di proprietà degli stessi
datori di lavoro - erano malsane.
Tale situazione fu alla base della nascita, tra il 1815 e il 1848, sia del socialismo
utopistico sia di quello detto scientifico.

Contrariamente a quello che era capitato nei secoli precedenti, non fu la nobiltà ad
approfittare della nuova situazione economica, ma la borghesia.
Contemporaneamente allo svilupparsi del processo di industrializzazione si fecero
spazio nuove idee ottimistiche, maturate assieme alla convinzione di una sicura
felicità per l'uomo che, non più soggetto alla durezza del lavoro fisico, era aiutato
anche dai progressi della scienza.
L’illuminismo “ …Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza…”

Socialismo utopistico
Fu così chiamato per
l'irrealizzabilità delle sue
proposte in quanto tese non
tanto all'emancipazione di una
particolare classe sociale (quella
del proletariato), ma di tutta
l'umanità.

Socialismo scientifico
Così definito perché i principi su
cui si basava venivano fatti
derivare dall'analisi scientifica
dei rapporti economici. Da
questa prendeva le mosse la
programmazione
rivoluzionaria che avrebbe
dovuto portare il proletariato a
rovesciare la borghesia
instaurando un sistema sociale
senza più privilegi né classi.
L’illuminismo “ …Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza…”

L'ottimismo veniva dalla fede nelle capacità intellettive degli uomini i quali, con
la sola ragione, sarebbero stati in grado di liberarsi dalle vecchie idee, dai
pregiudizi, dall‘ignoranza e dalla superstizione.

Le tenebre in cui l'uomo si dibatteva, quindi, sarebbero state rischiarate dalla luce
della ragione. Da ciò il termine Illuminismo, che indica l'atmosfera culturale
caratterizzante il XVIII secolo, detto pure “secolo dei lumi”.
Le parole del filosofo tedesco Immanuel Kant (Kònigsberg, 1724-1804) raccontano il
carattere della nuova cultura. Così egli scriveva nel 1784:

“L'Illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che


egli deve imputare a se stesso.
Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la
guida di un altro [...].
Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza. É questo
il motto dell'Illuminismo”.
L’illuminismo “ …Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza…”
Le idee dell'Illuminismo:
fiducia nel progresso,
tensione verso una società giusta, Visione anteriore del corpo umano spellato,
uguaglianza di tutti gli uomini, dalla voce «Anatomia» dell'Encyclopédie, 1751-1772, Tav. IV.
tolleranza politica e religiosa,
Mani,
internazionalismo della cultura, dalla voce «Disegno» dell'Encyclopédie,
vennero diffuse soprattutto dalla 1751-1772, Tav. XII.
Encyclopédie ou Dictionnaire
raisonné des sciences, des arts
et des métiers (Enciclopedia o
dizionario ragionato delle scienze,
delle arti e dei mestieri).

Diretta dal filosofo Denis Diderot e


dal matematico Jean-Baptiste Le
Rond D'Alembert , il primo dei
ventotto volumi che la composero
apparve a Parigi nel 1751, mentre
l'ultimo vide la luce nel 1772.
L’illuminismo Ètienne-Louis Boullé (1728-1799)

L’architetto che, specie tra gli anni Settanta e Novanta del Settecento, propose
con i suoi progetti una rottura radicale e definitiva con il passato barocco e
rococò fu il francese Étienne-Louis Boullée.

Boullée nacque a Parigi nel 1728.


Docente all'École des Ponts et Chaussées, membro prima (dal 1762) dell'Accademia
Reale d'Architettura e poi (nel 1795) dell'Institut de France (che aveva sostituito
l'Accademia). Si spense nel 1799.

Così scrisse di se stesso in Architecture. Essai sur l'Art (Architettura. Saggio


sull'Arte), suo trattato, pubblicato per la prima volta a Londra nel 1953 e il cui
manoscritto si conserva alla Biblioteca Nazionale di Parigi:

“La vera felicità consiste nell'amore dei propri doveri [...].


Quest'opera è stata iniziata e portata a termine senza altro fine che quello di
soddisfare al bisogno di lavoro che ho contratto per tutta la vita [...]. Dominato da
un amore eccessivo per la mia arte, mi ci sono dedicato totalmente”.
L’illuminismo Ètienne-Louis Boullé (1728-1799)

Etienne Boullée affida il suo fare architettura essenzialmente alle forme


geometriche semplici, esaltando in ogni occasione la perfezione della sfera.

Se egli si riferisce a soggetti classici o della storia architettonica dell'Egitto e del


Vicino Oriente o anche di un Medioevo fantastico, quali, ad esempio, una porta di
città, un arco di trionfo, il frontone di un tempio, una colonna coclide, non è mai
per copiare o imitare, ma solo per prendere in prestito una forma nota al
fine di poterla snaturare, ricreare, interpretare, rivitalizzare e piegare ad altri usi.

Progetto della sala


per l'ampliamento
della Biblioteca Nazionale.
Visione prospettica, ca 1785.
Inchiostro e acquerello, 62x97,7 cm.
Parigi, Biblioteca Nazionale,
Gabinetto delle Stampe
L’illuminismo Ètienne-Louis Boullé (1728-1799)
Boullée ritiene che l'architettura sia una geniale articolazione delle masse, cioè una
distribuzione di puri volumi nello spazio, legati da un insieme di precisi rapporti.
Evita ogni decorazione, unico motivo decorativo debbano essere le forti e profonde
ombre generate dai contrasti delle forme architettoniche: egli afferma infatti di
essere l'inventore dell'architettura “delle ombre e delle tenebre”.
Poiché, inoltre, egli aveva studiato l'effetto prodotto negli osservatori dalle qualità
specifiche dei solidi geometrici, è convinto che ogni edificio debba mostrare il
proprio carattere, essere cioè espressivo, un'architettura «parlante».

Interno del Museo, da una


gradinata verso il colonnato
sottostante la cupola.
Visione prospettica, ca 1783.
Inchiostro e acquerello, 46,3x84 cm.
Parigi, Biblioteca Nazionale,
Gabinetto delle Stampe (Ha 56, N. 31).
L’illuminismo Ètienne-Louis Boullé (1728-1799)
Le forme geometriche semplici sono solenni.
Tale effetto è esaltato da Boullée per mezzo della grandiosità delle dimensioni
delle sue architetture, talmente fuori scala rispetto agli edifici che allora si
costruivano e che in ogni tempo erano stati pensati e realizzati - eccezion fatta solo
per le piramidi egizie - e rispetto a ogni possibile inserimento in una qualsivoglia
città da essere utopiche, cioè puri sogni irrealizzabili.

Cenotafio di Newton.
Sezione con effetto notturno, 1784.
Inchiostro e acquerello, 39,8x64,7 cm.
Parigi, Biblioteca Nazionale,
Gabinetto delle Stampe
L’illuminismo Ètienne-Louis Boullé (1728-1799)

École des Ponts et Chaussées


Letteralmente «Scuola di Ponti e Strade»,
corrisponde all'attuale facoltà di Ingegneria civile.

Utopìa
Dal greco ou, non e tòpos, luogo, cioè «luogo che non esiste».
Termine coniato dal filosofo e santo inglese Thomas More nel 1516 con la pubblicazione del
suo libro Utopia, dove si parla di un paese ideale.
«Utopia» si adopera per indicare un ideale, un sogno, un'aspirazione, un qualcosa che non può
avere una pratica attuazione.
L’illuminismo Ètienne-Louis Boullé (1728-1799)
Cenotafio.
Dal greco kenòs, vuoto, e tàfos, tomba.
Si tratta di una «tomba vuota», di un monumento sepolcrale in onore di un defunto
illustre.

Cenotafio di Newton.
Sezione con effetto
notturno, 1784.
Inchiostro e acquerello,
39,8x64,7 cm.
Parigi, Biblioteca Nazionale,
Gabinetto delle Stampe
L’illuminismo Ètienne-Louis Boullé (1728-1799)
Sfera armillare
Antico strumento astronomico composto di anelli (armille, dal latino armìlla, bracciale o
cerchio di ferro), ognuno dei quali rappresenta una delle sfere celesti secondo l'antica
concezione tolemaica che vedeva la Terra al centro dell'universo e i pianeti, il Sole e le stelle
inglobati in sfere trasparenti e ruotanti attorno alla Terra.

Cenotafio di Newton.
Sezione con effetto diurno,
1784.
Inchiostro e acquerello,
39,8x64,7 cm.
Parigi, Biblioteca Nazionale,
Gabinetto delle Stampe
Neoclassicismo “ … una nobile semplicità e una quieta grandezza …”

La cultura artistica e letteraria della seconda metà del Settecento e dei primi anni
dell'Ottocento è attraversata da numerose istanze di rinnovamento, la
componente innovativa più pervasiva fu quella classicistica.
La passione per l'antico, mai spentasi dopo il
rinascimento, diventa, nel secolo dei lumi, grazie
anche all'enorme diffusione delle stampe e dei
libri, nonché ai viaggi e all'internazionalismo della
cultura, la cifra forse più significativa e riconoscibile
non solo della società artistica europea, ma anche
di quella di aree geografiche distanti dal vecchio
continente.

Il desiderio di possedere pezzi antichi originali o


calchi o riproduzioni di sculture classiche o
ellenistiche fu una vera e propria febbre, ben
sintetizzata dalla tela di Johann Zoffany (1733-
1810) raffigurante “La biblioteca di Charles
Townley al n. 7 di Park Street a Westminster”
dipinta nel 1781-1783.
Neoclassicismo “ … una nobile semplicità e una quieta grandezza …”

Il padrone di casa siede a destra, mentre tre


amici e collaboratori sono intenti a una
discussione. Lo Zoffany ha ideato il dipinto
riunendo in un solo ambiente quelle sculture
celebri che erano disseminate nelle varie sale
dell'abitazione londinese di Townley; fra queste
il Discobolo scoperto nel 1791 a Villa Adriana
e aggiunto solo dopo tale anno nella tela che
era stata conclusa nel 1783.
Il piacere per lo studio, l'espressione della
cultura antiquaria, la formazione del
conoscitore e dell'amatore, l'ambientazione
“all'antica” che il dipinto rende
magistralmente sono ingredienti della
modernità neoclassica.
Il Neoclassicismo è la logica conseguenza
sulle arti del pensiero illuminista.
Neoclassicismo “ … una nobile semplicità e una quieta grandezza …”
Jakob-Philipp Hackert, Le rovine di Pompei, 1799.
Olio su tela, 117,5x166 cm. The Berwick Collection.

Assieme al rifiuto degli eccessi del


Barocco e del Rococò, il Neoclassicismo
guardava all'arte dell'antichità classica,
specie a quella della Grecia che si era
potuta sviluppare grazie alle libertà di
cui godevano gli uomini delle poleis.
Il termine fu coniato alla fine dell‘800
con intento dispregiativo per indicare
un'arte non originale, fredda e
accademica.
Il Neoclassicismo comunica il desiderio di ritorno all'antico e la volontà di dar vita a un
nuovo classicismo, molto sentito dai teorici e da numerosi artisti attivi tra la seconda
metà del Settecento e l'età napoleonica. Un periodo, questo, in cui si fecero
maggiormente sentire anche gli effetti degli scavi di Ercolano (ripresi nel 1738, dopo
una stasi di circa vent'anni da quando i primi reperti erano venuti alla luce) e di
Pompei (iniziati nel 1748). Scavi che proponevano, agli sguardi attoniti dei
contemporanei, architetture, affreschi, statue, arredi, gioielli e oggetti d'uso quotidiano
di due cittadine di provincia sepolte dall'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. le quali,
lentamente, tornavano in vita restituendo la loro immagine vecchia di 1700 anni.
Neoclassicismo “ … una nobile semplicità e una quieta grandezza …”
Giovanni Paolo Pannini, Vedute di Roma antica con l'artista che termina una copia delle «Nozze
Aldobrandini» («Roma antica»), circa 1755. Olio su tela, 169,5x227 cm, Stoccarda, Staatsgalerie.
Neoclassicismo “ … una nobile semplicità e una quieta grandezza …”
Il movimento neoclassico ebbe come sede privilegiata Roma, fonte inesauribile di
ispirazione classica; suo massimo teorico fu il tedesco Johann Joachim Winckelmann
(nato a Stendal, 1717 – morto a Trieste, 1768).

Questi nella sua terra d'origine aveva studiato teologia, medicina e matematica; aveva
poi lavorato come bibliotecario, appassionandosi alla lettura dei testi classici greci e nel
1755 aveva pubblicato a Dresda i “Pensieri sull'imitazione dell'arte greca nella pittura e
nella scultura”. In tale opera sono già presenti tutti i temi del pensiero neoclassico.

Arriva a Roma nel 1755 e continua il suo lavoro di bibliotecario presso il cardinale
Domenico Passionèi, dal 1758 è al servizio del cardinale Alessandro Albani, uno dei
maggiori collezionisti del tempo. Qui, lavorando e studiando, conduce a termine
un'opera grandiosa e innovativa iniziata nel 1756, la Storia dell'arte nell'antichità,
pubblicata nel dicembre 1763 con la data 1764.

Per la prima volta la storia dell'arte antica (l'archeologia) veniva studiata


sia dal punto di vista cronologico (smettendo così di considerarla un tutto omogeneo)
sia dal punto di vista estetico (cioè inerente al valore formale, alla qualità).
Neoclassicismo “ … una nobile semplicità e una quieta grandezza …”
Winckelmann, per tutta la vita non vide mai un originale greco, ma solo copie
del tardo ellenismo romano e, tuttavia, su esse fondò i propri principi interpretativi
dell'arte ellenica.

Nei “Pensieri sull'imitazione dell'arte greca” (1755) che costituisce la prima e già
compiuta teorizzazione del Neoclassicismo, Winckelmann parte dal presupposto che il
buon gusto aveva avuto origine in Grecia e che tutte le volte che si era allontanato
da quella terra, aveva perduto qualcosa.

La grandezza artistica era, perciò, propria dei Greci. Pertanto “l'unica via per divenire
grandi e, se possibile, inimitabili, è l'imitazione degli antichi”.

È ovvio che l'imitazione è cosa diversa dalla copia.


Imitare vuoi dire ispirarsi a un modello che si cerca di uguaglia re, copiare è invece
azione fortemente limitativa in quanto prevede la realizzazione di un'opera identica in
ogni parte al modello, all'originale.
Neoclassicismo “ … una nobile semplicità e una quieta grandezza …”
Per la scultura Winckelmann consiglia di imitare l’Antìnoo del Belvedere e l'Apollo
del Belvedere .
Infatti nella prima (nota copia marmorea da originale bronzeo di scuola prassitelica ) è
“riunito tutto ciò che è sparso nell'intera natura”,
dalla statua del dio solare (nota copia romana da un originale del IV secolo a.C.
attribuita a Leochares) sarà invece possibile “formarsi un'idea che superi le proporzioni
più che umane di una bella divinità”.

Antonio Canova, il cosiddetto


Antinoo del Belvedere del
Vaticano, ca 1780.
Disegno a matita e sfumino,
53,9x43,2 cm.
Bassano, Museo Civico
Giovanni Paolo Pannini.

Antonio Canova,
Apollo del Belvedere.
Da J.J. Winckelmann,
Storia delle arti del disegno
presso gli antichi,
Roma 1783, II.Tav. IX.
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822) “la bellezza ideale”

Antonio Canova nacque a Possagno (Treviso), a circa 80 km


da Venezia, il primo novembre 1757.

A soli quattro anni rimase orfano del padre, Pietro;


la madre, Angela Zardo, si risposò poco dopo con Francesco
Sartori e si trasferì nel vicino paese di Crespano,
ma Antonio rimase a Possagno, con il nonno Pasino Canova,
tagliapietre e scultore locale di discreta fama. Questi eventi
segnarono la sensibilità di Antonio Canova per tutta la vita.

Fin da giovanissimo, egli dimostrò una naturale inclinazione alla


scultura: eseguiva piccole opere con l'argilla di Possagno;
si racconta che, all'età di sei o sette anni, durante una cena di
nobili veneziani, in una villa di Asolo, abbia eseguito un leone
di burro con tale bravura che tutti gli invitati ne rimasero
meravigliati: il padrone di casa, il Senatore Giovanni Falier,
intuì la capacità artistica di Antonio Canova e lo volle avviare
allo studio e alla formazione professionale.
Antonio Canova,
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822) Orfeo, 1770,
San Pietroburgo, Ermitage

Nel 1768, Canova cominciò a lavorare nello studio della scultura


dei Torretti, a Pagnano d'Asolo, poco distante da Possagno:
quell'ambiente fu per il piccolo Antonio (che tutti chiamavo
"Tonin") una vera e propria scuola d'arte.

Furono i Torretti ad introdurlo nel mondo veneziano, ricco di


tanti fermenti culturali e artistici. A Venezia, Canova frequentò la
scuola di nudo all'Accademia e studiò disegno traendo spunto
dai calchi in gesso della Galleria di Filippo Farsetti.

Dopo aver lasciato lo studio dei Torretti, avviò una bottega in


proprio: eseguì le prime opere che lo resero famoso a Venezia e
nel Veneto: Orfeo e Euridice (1770), Dedalo e Icaro (1779).

Antonio Canova,
Orfeo , 1777
Venezia, Museo Correr
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822)
Nel 1779, compì il suo primo viaggio a Roma, ospite
dell'ambasciatore Veneto, a Palazzo Venezia,
Gerolamo Zulian che fu grande mecenate degli
artisti Veneti, da Pier Antonio Novelli a Gianantonio
Selva, da Giacomo Quarenghi a Francesco Piranesi, da
Raffaello Morghen a Giovanni Volpato.
Lo stesso Zulian procurò a Canova le prime
commissioni a Roma e direttamente gli ordinò Teseo
sul Minotauro (1781) e Psiche (1793).

Si allontanò da Roma solo per alcuni soggiorni nei


luoghi natii, a motivo della proclamazione della
Repubblica romana e dell'esilio di papa Pio VI Antonio Canova,
Braschi (1775-1799) e successivamente per viaggi Teseo sul Minotauro,
1781-1783. Marmo, altezza 145 cm.
all'estero. Londra, Victoria and Albert Museum.
In particolare per un incarico in Austria (1798 e
1805), per due primi viaggi a Parigi, nel 1802 e nel
1810, chiamato dello stesso Napoleone e per un
terzo viaggio nella capitale francese dopo il
Congresso di Vienna del 1815.
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822)
Partecipò al Congresso di Vienna in veste di ambasciatore, grazie alla sua abile
azione diplomatica riuscì a riportare in Italia numerose e preziose opere artistiche
trafugate da Napoleone allo Stato pontificio.
Pio VII, per questa sua grande opere in difesa dell'arte italiana, gli conferì il
titolo di Marchese d'Ischia, con un vitalizio di tremila scudi che egli volle elargire a
sostegno delle accademie d'arte.

Da Parigi si recò anche a Londra per vedere i marmi fidiaci del Partenone lì
condotti da Lord Elgin.

Amato e ammirato dagli amici e dai potenti, ebbe incarichi di lavoro dalla nobiltà
veneta e romana, da Napoleone e dai membri della sua famiglia, da nobili russi e
dotti amici inglesi, dagli Asburgo d'Austria, dai Borboni di Napoli, dalla corte
pontificia.

Dal 1802 fu Ispettore Generale delle Belle Arti dello Stato Pontificio al quale
fece dono della collezione di antichità della nobile famiglia Giustiniani, messa in
vendita e acquistata a sue spese, mentre cedeva il suo intero stipendio di Ispettore
all'Accademia di San Luca.
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822)
Nel luglio del 1819, Canova era a
Possagno per porre la prima pietra del
Tempio che volle progettare e donare
alla sua comunità come
chiesa parrocchiale:
il maestoso edificio sarà completato solo
dieci anni dopo la sua morte,
avvenuta il 13 ottobre 1822, a Venezia,
in casa dell'amico Francesconi.

Il suo corpo, per volere del fratellastro,


fu traslato prima nella vecchia
parrocchiale e, dal 1832, nel Tempio.
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822)
Canova incarna i principi neoclassici di Winckelmann, sia nel disegno sia nella
scultura, più di quanto non abbiano fatto i contemporanei dello storico d'arte
tedesco (che era di una generazione più vecchio del Canova).

Nei disegni, che mostrano un'attenzione costante per il nudo maschile e femminile,
molti sono gli studi dall'antico risalenti al primissimo periodo romano e ancor più le
cosiddette accadèmie.

La ragione di tali numerosi disegni di nudo, in specie dal vero, sta:


in primo luogo nella necessità di "farsi la mano", di prendere cioè la massima
confidenza con i soggetti ritratti;
in secondo luogo, vi è l'utilità di costruire una casistica quanto più ampia di
atteggiamenti, posizioni ed espressioni da impiegare nello studio e nella
definizione delle opere scultoree di cui l'artista veniva via via incaricato.
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822)

Repubblica romana
Dopo le conquiste napoleoniche (Campagna d‘Italia) il Direttorio (organo
composto da cinque membri aventi il potere esecutivo, creato a seguito della
nuova costituzione datasi dai Francesi dopo la morte di Robespierre) fece in modo
che si creassero in Italia delle repubbliche sul modello francese.
Nel 1798 nacque quella romana, sotto il controllo indiretto della Francia.

Nudo maschile
II numero più elevato di disegni di nudi maschili rispetto a quelli di nudi femminili
dipende dalla maggior facilità a trovare, in quei tempi, dei modelli di sesso
maschile.

Accademie
Esercitazioni eseguite per apprendere i princìpi dell'arte del disegno nel modo
corretto in cui venivano insegnati nelle Accademie d'arte.
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822) “la bellezza ideale”

Antonio Canova,
Accademia di nudo virile in posizione eretta,
ca 1807. Disegno a penna e inchiostro seppia su traccia a matita,
47,2x33,6 cm. Bassano, Museo Civico

Antonio Canova,
Accademia di nudo virile supino su di un masso,
ca 1780. Disegno a matita, 48,5x58 cm. Bassano, Museo Civico
Antonio Canova,
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822) Due nudi femminili,
primi anni Novanta del XVIII secolo.
Disegno a matita e carboncino su carta avorio,
42,2x32,7 cm. Bassano, Museo Civico

Primo corpo visto di tre quarti da tergo,


l'altro di tre quarti di fronte.
Si tratta della stessa modella ripresa in
pose e atteggiamenti diversi.
La figuretta di destra è in atto di ridere
con fare civettuolo.
La matita ha tracciato una linea di
contorno leggera che quasi sparisce,
mentre assieme al carboncino ha
ombreggiato i due corpi che sembrano
addirittura senza peso. Questo effetto è
esaltato anche dalla qualità della carta,
compatta e ruvida, che ha trasformato il
chiaroscuro in sfumato simile a quello
riscontrabile sulla grana fine del marmo
levigato.
Lo sfumato, a sua volta, contribuisce a
dare la sensazione del corpo femminile
morbido, tornito, privo di asperità e
carezzevole.
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822)

Scopo di Canova è il raggiungimento della bellezza ideale, che i Greci avevano realizzato e di cui
avevano scritto anche gli artisti del Rinascimento, cioè quella derivante da un'idea di "bello" che
l'artista si forma nella mente dopo aver constatato l'impossibilità di trovare un corpo perfetto
in natura. A tale bellezza si può pervenire tramite la massima padronanza della tecnica scultorea
e sempre imitando la scultura classica.

L'opera è in marmo, unico materiale che Canova riteneva adatto alla scultura, in quanto poteva
rendere al meglio la morbidezza e la flessibilità della carne. Anzi, affinché tali caratteristiche
fossero esaltate quanto più possibile, molte sculture di Canova vennero totalmente o parzialmente
trattate con cera rosata o ambrata dall'artista stesso cosicché il colore del marmo finito fosse
simile a quello dell'incarnato.

Nel realizzare le sue prime sculture Canova lavorava da solo e modificava i particolari durante
l'esecuzione. Successivamente, egli organizzò la propria bottega in modo da riservare a sé
l'ideazione e la lavorazione della superficie finale, cioè l'attività creativa, mentre lasciava che gli
aiuti svolgessero le funzioni meno importanti. L'artista, infatti, partendo dal disegno definitivo
realizzava il modello in creta; gli assistenti traevano da questo il calco in gesso, in base al quale
poi sbozzavano il marmo.
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822)
Il lavoro dei suoi aiutanti si arrestava quando solo pochi strati di materia separavano l'abbozzo
dallo stato definitivo. A questo punto interveniva di nuovo il Canova che conduceva l'opera a
compimento secondo la propria sensibilità.

Tutte le sculture canoviane sono condotte fino al sommo grado di finitura, levigate sino a che il
marmo opaco non diventa totalmente liscio, traslucido, cioè quasi trasparente.

È in questa estrema finitura del marmo che risiede la poetica di Canova, attento ai particolari
oltre che alla resa complessiva e agli effetti di grande luminosità e tenue ombreggiatura.
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822)
… attento ai particolari oltre che alla
resa complessiva e agli effetti di grande
luminosità e tenue ombreggiatura.
Antonio Canova,
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822) Amore e Psiche che si abbracciano,
1787-1793. Marmo, altezza 155 cm.
Parigi, Museo del Louvre.

Nel gruppo di Amore e Psiche che si


abbracciano Canova ha ripreso la favola
narrata nel romanzo L‘Asino d'oro di
Lucio Apuleio.
L'artista ha rappresentato un episodio della
favola, quello in cui Amore rianima Psiche
svenuta in quanto, contro gli ordini di
Venere, aveva aperto un vaso ricevuto
nell'Ade da Proserpina.

Canova ha fermato nel marmo un attimo


che rimane sospeso: la tensione dei due
giovani corpi che non si stringono, ma si
sfiorano appena, mentre il dio contempla,
ricambiato con la stessa dolce intensità, il
volto della fanciulla amata,
ognuno rapito dalla bellezza dell'altro.

È l'attimo che precede il bacio, un contatto che sta per avvenire, che l'atteggiamento dei corpi e
gli sguardi preannunciano.
Antonio Canova,
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822) Schema geometrico sul piano del gruppo
di Amore e Psiche che si abbracciano,
1787-1793. Marmo, altezza 155 cm.
Parigi, Museo del Louvre.

Solo la visione frontale permette di


ritenere un'immagine significativa del
gruppo statuario, perché consente di
coglierne la geometria compositiva
lineare formata da due archi che si
intersecano (e che mettono in gioco il corpo
leggermente sollevato di Psiche, la gamba
destra e le ali tese di Amore) e due cerchi
intrecciati (le braccia dei giovani amanti) che
sottolineano il punto d'intersezione degli
archi.

Tuttavia la visione frontale non esaurisce


tutte le possibilità di godimento
dell'opera. Infatti i rapporti reciproci fra
i due corpi, pensati nello spazio, mutano
continua-mente girando attorno al gruppo
scultoreo.
Ci si accorge solo così della complessità
della creazione del Canova.
Antonio Canova,
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822) Amore e Psiche che si abbracciano,
1787-1793. Marmo, altezza 155 cm.
Parigi, Museo del Louvre.

Solo la visione frontale permette di


ritenere un'immagine significativa del
gruppo statuario, perché consente di
coglierne la geometria compositiva
lineare formata da due archi che si
intersecano (e che mettono in gioco il corpo
leggermente sollevato di Psiche, la gamba
destra e le ali tese di Amore) e due cerchi
intrecciati (le braccia dei giovani amanti) che
sottolineano il punto d'intersezione degli
archi.

Tuttavia la visione frontale non esaurisce


tutte le possibilità di godimento
dell'opera. Infatti i rapporti reciproci fra
i due corpi, pensati nello spazio, mutano
continua-mente girando attorno al gruppo
scultoreo.
Ci si accorge solo così della complessità
della creazione del Canova.
Antonio Canova,
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822) Amore e Psiche che si abbracciano,
1787-1793. Marmo, altezza 155 cm.
Parigi, Museo del Louvre.

Solo la visione frontale permette di


ritenere un'immagine significativa del
gruppo statuario, perché consente di
coglierne la geometria compositiva
lineare formata da due archi che si
intersecano (e che mettono in gioco il corpo
leggermente sollevato di Psiche, la gamba
destra e le ali tese di Amore) e due cerchi
intrecciati (le braccia dei giovani amanti) che
sottolineano il punto d'intersezione degli
archi.

Tuttavia la visione frontale non esaurisce


tutte le possibilità di godimento
dell'opera. Infatti i rapporti reciproci fra
i due corpi, pensati nello spazio, mutano
continua-mente girando attorno al gruppo
scultoreo.
Ci si accorge solo così della complessità
della creazione del Canova.
Antonio Canova,
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822) Amore e Psiche che si abbracciano,
1787-1793. Marmo, altezza 155 cm.
Parigi, Museo del Louvre.

Solo la visione frontale permette di


ritenere un'immagine significativa del
gruppo statuario, perché consente di
coglierne la geometria compositiva
lineare formata da due archi che si
intersecano (e che mettono in gioco il corpo
leggermente sollevato di Psiche, la gamba
destra e le ali tese di Amore) e due cerchi
intrecciati (le braccia dei giovani amanti) che
sottolineano il punto d'intersezione degli
archi.

Tuttavia la visione frontale non esaurisce


tutte le possibilità di godimento
dell'opera. Infatti i rapporti reciproci fra
i due corpi, pensati nello spazio, mutano
continua-mente girando attorno al gruppo
scultoreo.
Ci si accorge solo così della complessità
della creazione del Canova.
Antonio Canova,
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822) Amore e Psiche che si abbracciano,
1796. San Pietroburgo, Ermitage,

Solo la visione frontale permette di


ritenere un'immagine significativa del
gruppo statuario, perché consente di
coglierne la geometria compositiva
lineare formata da due archi che si
intersecano (e che mettono in gioco il corpo
leggermente sollevato di Psiche, la gamba
destra e le ali tese di Amore) e due cerchi
intrecciati (le braccia dei giovani amanti) che
sottolineano il punto d'intersezione degli
archi.

Tuttavia la visione frontale non esaurisce


tutte le possibilità di godimento
dell'opera. Infatti i rapporti reciproci fra
i due corpi, pensati nello spazio, mutano
continua-mente girando attorno al gruppo
scultoreo.
Ci si accorge solo così della complessità
della creazione del Canova.
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822) Di Ebe l'artista eseguì quattro
esemplari (a cominciare dal 1795-1796)
un po' diversi fra loro.
Quello da noi preso in considerazione è
il secondo in ordine di tempo, oggi
conservato all’Ermitage di San
Pietroburgo.
La divinità femminile è sostenuta da una
nuvola; il suo busto è nudo, mentre la
parte inferiore del corpo è avvolta da una
veste leggera dalle mille pieghe che l'aria
porta ad aderire alle giovani membra
mostrandone ogni curva.

Come già nel bozzetto, il chiaroscuro


più pronunciato si riscontra lateralmente,
nel mosso groviglio della veste che, dal
fianco destro, accompagna la gamba
Antonio Canova,
destra arretrata.
Ebe,
1800-1805,
San Pietroburgo,
Ermitage.
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822) Tutto in Ebe tende alla grazia:
il suo corpo giovane, il volto perfetto,
la delicatezza con cui tiene la coppa
e l'anfora, l'atteggiamento del corpo
appena spinto in avanti, ma con il
busto lievemente incurvato all'indietro.

Dopo l'esecuzione del primo


esemplare, Canova fu criticato da
alcuni che rilevavano la mancanza di
espressione nel volto di Ebe.
Lo scultore rispose a costoro dicendo
che volutamente la dea mancava di
una forte espressione perché
altrimenti sarebbe sembrata una
baccante e non una divinità.

Con ciò l'artista voleva ribadire


Antonio Canova,
la sua aderenza agli esempi della
Ebe, statuaria classica sia con il suo
1800-1805, desiderio di voler esprimere
San Pietroburgo, solamente il bello ideale sia con
Ermitage. l'eliminazione delle forti passioni
(come voleva anche il Winckelmann).
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822)
Antonio Canova, Antonio Canova,
Ebe, 1796, particolare, Nationalgalerie, Berlino. Ebe, 1800-1805, San Pietroburgo, Ermitage.
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822) Dei rapporti del Canova con
Napoleone sono testimonianza
diverse sculture eseguite per lui o per i
suoi familiari. L'esempio più celebre
è il ritratto di Paolina Borghese,
sorella di Napoleone e moglie del
principe romano Camillo Borghese.

Paolina è raffigurata come Venere


vincitrice. Infatti con gesto grazioso
tiene in mano il pomo della vittoria
offerto da Paride alla dea giudicata da
lui la più bella.

La giovane donna è rappresentata


adagiata su un divano. Il volto
idealizzato e le sembianze divine
collocano Paolina al di fuori della realtà
terrena. Tuttavia la cera rosata
spalmata dal Canova sulle parti nude
della statua, a imitazione
Antonio Canova,
dell'incarnato, la restituisce al
Paolina Borghese come Venere vincitrice, mondo umano.
1804-1808. Marmo, lunghezza cm 200. Roma, Galleria Borghese.
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822)
Antonio Canova,
Paolina Borghese come Venere vincitrice,
1804-1808. Marmo, lunghezza cm 200. Roma, Galleria Borghese.
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822) Con il Monumento funebre a Maria
Cristina d'Austria, commissionato
nell'agosto 1798 dal duca Alberto
di Sassonia-Teschen per ricordare
la consorte, l'arciduchessa Maria
Cristina morta in quell'anno, Canova
realizza la più significativa opera di
questo genere.
Rappresentativo anche del clima tardo-
settecentesco della poesia
sepolcrale, il monumento canoviano
si lega facilmente al tema della morte
com'è espresso nel carme Dei
Sepolcri del Foscolo (iniziato nel
1806 e pubblicato nel 1807).

La sepoltura - collocata nella


Augustinerkirche, trecentesca
chiesa degli Agostiniani incorporata
nell'Hofburg, il grandioso complesso
del palazzo imperiale di Vienna - si
presenta come una piramide,
all'interno della quale una mesta
Antonio Canova, Monumento funebre a Maria Cristina d'Austria, processione reca le ceneri dell'estinta.
1798-1805. Marmo, altezza 574 cm. Vienna, Augustinerkirche.
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822) Con il Monumento funebre a Maria
Cristina d'Austria, commissionato
nell'agosto 1798 dal duca Alberto
di Sassonia-Teschen per ricordare
la consorte, l'arciduchessa Maria
Cristina morta in quell'anno, Canova
realizza la più significativa opera di
questo genere.
Rappresentativo anche del clima tardo-
settecentesco della poesia
sepolcrale, il monumento canoviano
si lega facilmente al tema della morte
com'è espresso nel carme Dei
Sepolcri del Foscolo (iniziato nel
1806 e pubblicato nel 1807).

La sepoltura - collocata nella


Augustinerkirche, trecentesca
chiesa degli Agostiniani incorporata
nell'Hofburg, il grandioso complesso
del palazzo imperiale di Vienna - si
presenta come una piramide,
all'interno della quale una mesta
Antonio Canova, Monumento funebre a Maria Cristina d'Austria, processione reca le ceneri dell'estinta.
1798-1805. Marmo, altezza 574 cm. Vienna, Augustinerkirche.
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822) La forma del sepolcro deriva,
probabilmente, dalla Piramide di Caio
Cèstio a Roma, un edificio della fine del
I secolo a.C., o dalle tombe dei Chigi
nell'omonima Cappella di Raffaello
in Santa Maria del Popolo, anche se si
tratta del monumento sepolcrale di più
antica invenzione.
Ma Canova ne sottolinea l'ingresso
oscuro per mezzo di uno spesso
architrave e di due stipiti leggermente
inclinati.

La defunta,
la cui immagine in un medaglione è
portata in volo dalla Felicità Celeste
in forma di fanciulla,
è onorata dalla personificazione delle
proprie virtù:
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822)
la Fortezza, resa dal Icone
accovacciato e malinconico;

la Pietà o Beneficenza, resa dalla


giovane donna che guida un vecchio
cieco beneficiato tenendolo per un
braccio

e da quella della tenerezza del suo


sposo (il genio alato teneramente
abbandonato sulla Fortezza della
sposa).
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822)
la Fortezza, resa dal Icone
accovacciato e malinconico;

la Pietà o Beneficenza, resa dalla


giovane donna che guida un vecchio
cieco beneficiato tenendolo per un
braccio

e da quella della tenerezza del suo


sposo (il genio alato teneramente
abbandonato sulla Fortezza della
sposa).
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822)
la Fortezza, resa dal Icone
accovacciato e malinconico;

la Pietà o Beneficenza, resa dalla


giovane donna che guida un vecchio
cieco beneficiato tenendolo per un
braccio

e da quella della tenerezza del suo


sposo (il genio alato teneramente
abbandonato sulla Fortezza della
sposa).
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822)
Più che esaltare la defunta, Canova vuole sollecitare la meditazione sulla fatalità della morte,
sul rimpianto e sulla «corrispondenza d'amorosi sensi»
«Celeste è questa / corrispondenza d'amorosi sensi, / celeste dote è negli umani»
avrebbe scritto il Foscolo (Dei Sepolcri, vv. 29-31) che sola riesce a mantenere in vita, con il
ricordo e gli affetti pietosi suscitati dalle tombe, le persone care scomparse.

Il mondo classico rivive nella scena


composta quasi teatralmente da
Canova.
Le ceneri della defunta vengono
portate verso il buio della morte da
un mesto corteo a cui prendono
parte giovani donne, fanciulle e un
vecchio.
Tutti sono legati fra loro da una
ghirlanda di fiori e tutti sono
invitati a entrare passando sul
tappeto che unisce ancora,
fisicamente, l'interno (la morte)
con l'esterno (la vita).

Antonio Canova, Monumento funebre a Maria Cristina d'Austria,


1798-1805. Marmo, altezza 574 cm. Vienna, Augustinerkirche.
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822)
Rapporto privilegiato con l’imperatrice

In quest’ambito aristocratico fiorì il privilegiato rapporto


tra lo scultore e l’imperatrice Joséphine
Beauharnais, moglie di Napoleone.

Per la famiglia Bonaparte, Canova realizzò alcuni tra i


suoi capolavori, la “Paolina Borghese come Venere
vincitrice” della Galleria Borghese di Roma, ad
esempio, dove l’artista raffigura l’eccentrica sorella
dell’imperatore Paolina, moglie di Camillo Borghese, in
uno spregiudicato e licenzioso ritratto che, prendendo
le mosse da soggetti classici, illustra tuttavia come
non mai l’abissale distanza del punto di vista classico
da quello neoclassico,
teso il primo a una sincera imitazione del bello
naturale, preoccupato il secondo di astrarre e
depurare la realtà da qualsiasi ruga o
imperfezione e, come tale, ultimamente etereo e
distante. Gelido mai.
Antonio Canova,
Le Tre Grazie, 1812-1816.
San Pietroburgo, Ermitage
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822)
Rapporto privilegiato con l’imperatrice

È questa la sensazione che si ha ammirando


il bellissimo gruppo dell’Amore e Psiche
stanti dell’Ermitage, che Joséphine acquistò nel 1802.

Le opere di Canova possono, infatti, apparire racchiuse


in un inavvicinabile iperuranio, ma in esse vibra
potente il sospiro di una autentica bellezza, che le
rende in qualche modo simpatetiche allo spettatore,
generalmente preso dal desiderio di osservarle da
tutti i possibili punti di vista.

Uno dei gruppi canoviani conserva intatta in particolare


questa attrattiva ed è il celeberrimo marmo
raffigurante le Grazie.

Antonio Canova,
Le Tre Grazie, 1812-1816.
San Pietroburgo, Ermitage
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822)
Rapporto privilegiato con l’imperatrice

Molto interessante è il carteggio, recentemente


emerso, tra Canova e l’imperatrice Joséphine che dà
conto della genesi di quest’opera.

Il tema raffigurato è, infatti, quello dell’amicizia, cui la


tradizione classica allude in relazione al mito delle
Grazie, e che viene connesso dalla mitologia al concetto
di gratitudine che forma l’humus di questo legame
affettivo.

Lo scultore, nello straordinario gioco delle mani delle


tre fanciulle, rende la delicatezza dei gesti di amicizia
che Joséphine aveva voluto per rappresentare il legame
che la stringeva a due delle dame di corte che le
furono più vicine, un retroscena insospettato per la
bella statua e per la personalità della potente
imperatrice.

Antonio Canova,
Le Tre Grazie,
modello in gesso, Possagno
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822) “la bellezza ideale”

“… Non crediate che io resti qui,


che non mi vi tratterrei per tutto l'oro del mondo [...]
véggo troppo chiaro che vale più la mia libertà,
la mia quiete, il mio studio, i miei amici,
che tutti questi onori [...] ”.

Così scriveva Antonio Canova all'amico, segretario e biografo Antonio D'Este


il 7 novembre 1802, quando Napoleone Bonaparte, presso il quale si era recato per
fargli il ritratto, voleva che in tutti i modi restasse a Parigi.

E il 22 settembre 1810, Canova, in viaggio una seconda volta per Parigi per ritrarre
l'imperatrice Maria Luisa, da Firenze scriveva queste parole all'amico
Antoine-Chrysostome Quatremère de Quincy :
Neoclassicismo Antonio Canova (1757-1822) “la bellezza ideale”

“… Sappiate che l'imperatore ha avuto la clemenza [...]


d'incitarmi a trasferirmi in Parigi appresso la Maestà Sua anche per sempre,
se io vi acconsento. Io parto adunque al momento, per ringraziare la
munificenza sovrana di tanta benignità onde si degna onorarmi, e per
implorare in grazia di rimanere al mio studio e in Roma, alle mie solite
abitudini, al mio clima fuori del quale morirei, a me stesso, e all'arte mia.
Vengo perciò a fare il ritratto dell'Imperatrice, e non per altro, sperando che
la Maestà Sua voglia esser generosa di lasciarmi nel mio tranquillo
soggiorno, dove ho tante opere, e colossi, e statue, e studi,
che assolutamente vogliono la mia persona,
e senza de' quali io non potrei vivere un solo giorno …”

Queste parole tratteggiano bene il carattere riservato, la dedizione al lavoro e al


dovere, l'attaccamento a Roma, fonte continua d'ispirazione, meta d'ogni artista e
luogo d'irraggiamento della cultura neoclassica, e la concezione dell'arte intesa
come fonte di vita .

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