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Hugh Honour (1927-2016) è stato uno dei più importanti ra. Nel suo testo Neoclassicismo, Honour traccia un profilo
storici dell’arte britannici del Novecento. Esperto di arte completo dell’arte neoclassica, concentrandosi sui suoi
ottocentesca, ha pubblicato saggi fondamentali sul Neo- protagonisti e cercando di superare certe forzature inter-
classicismo e sul Romanticismo ed è autore, con altri due pretative che ancora alla data della prima pubblicazione
storici dell’arte, Nikolaus Pevsner (1902-1983) e John Fle- in Inghilterra (1968) impedivano di guardare con lucidità a
ming (1919-2001), di un celebrato Dizionario di architettu- questo importante fenomeno sette-ottocentesco.
Il neoclassicismo è lo stile del tardo Settecento, della fase culminante, rivoluzionaria, di quella grande esplosio-
ne di ricerca umana nota col nome di illuminismo. L’impegno morale, la profonda serietà, l’alto, a volte visiona-
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rio, idealismo di liberi pensatori, philosophes e Aufklärer , tutto si rifletté in esso. Infatti il neoclassicismo, nelle 1 Filosofi e illuministi.
sue espressioni più vitali, condivise appieno il loro spirito di riforma che si sforzava di realizzare, sia attraverso 2 Purificatorio, liberatorio.
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un paziente progresso scientifico sia attraverso un ritorno catartico , alla Rousseau , alla semplicità e purezza 3 Jean-Jacques Rousseau (1712-
primitive, un mondo nuovo e migliore governato dalle immutabili leggi della ragione e dell’equità, un mondo 1778), filosofo che influenzò,
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in cui l’infâme sarebbe stato écrasé per sempre. Tuttavia l’arte di un’epoca che ha visto rivoluzioni politiche con le sue idee politiche, la
Rivoluzione francese.
e sociali più grandi di ogni altra dalla caduta dell’impero romano in poi, rivoluzioni che hanno travolto istitu-
zioni da lunghissimo tempo affermate e dalle quali sarebbero uscite l’Europa moderna e l’America, un’arte del 4 Dal francese, infame.
genere non poteva essere «classica» in una qualsiasi accezione semplicistica del termine. Essa fu profondamente 5 Schiacciato.
segnata dalle interne e nascoste contraddizioni: e la sua sempre più intransigente impostazione fu la conseguen-
za del premere di queste intime tensioni. Ma per quanto importanti siano state queste componenti sotterranee
contraddittorie, soprattutto nella prospettiva di ciò che sarebbe venuto dopo, [...] tratteremo essenzialmente degli
aspetti più positivi e consci di questo complesso stile. È in essi infatti che più facilmente si può cogliere la sua
vera natura, come più chiaramente si possono individuare i suoi legami con le aspirazioni generali dell’epoca.
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La rivoluzione francese si propose, secondo le parole di Isaiah Berlin , «la creazione o la restaurazione di una 6 Isaiah Berlin (1909-1997),
società stabile e armoniosa, fondata su principî immutabili: un sogno di perfezione classica, o almeno quanto di filosofo e politologo britannico,
uno dei maggiori pensatori
più vicino a esso si potesse realizzare sulla terra. Essa predicava un universalismo pacifico e un umanitarismo liberali del XX secolo.
razionale». Se alla parola «società» sostituiamo quella di «arte», queste affermazioni possono servire altrettanto
bene a definire l’essenza della rivoluzione neoclassica. È difficile per noi vedere ora il neoclassicismo come un
movimento giovane, impetuoso, ribelle. Lo stesso nome vi si oppone. Si tratta di un nome inventato sulla metà
dell’Ottocento come un termine peggiorativo per indicare quello che allora si considerava uno stile inerte, freddo
e impersonale, fondato sulla ripresa dell’antico, che si esprimeva in artificiose imitazioni della scultura greco-ro-
mana: connotazioni che in fondo tuttora rimangono. (Tuttora capita sentir parlare dei marmi di Canova come di
cose levigate e gelide, di un «frigidaire erotico».) Inoltre il termine neoclassicismo ci invita a concepire questo
stile in contrapposizione al romanticismo: una concezione del tutto estranea al Settecento e del tutto fuorviante
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se ci induce a proiettare nel neoclassicismo quella querelle tra classici e romantici che è stata un fenomeno 7 Disputa, polemica,
esclusivamente ottocentesco. Né il termine neoclassicismo né il termine classicismo erano usati nel Settecento controversia.
per indicare lo stile di cui ci occuperemo [...]. I critici, i teorici, gli artisti stessi lo chiamavano semplicemente il 8 Jean-Baptiste Le Rond
d’Alembert (1717-1783), uno
«vero stile» e ne parlavano come di un «risorgimento» delle arti, considerandolo come un nuovo Rinascimen- dei principali protagonisti
to, una riaffermazione di verità senza tempo: assolutamente non lo intendevano come una semplice maniera o dell’Illuminismo francese, è stato
moda. enciclopedista, matematico,
fisico, filosofo e astronomo.
La compiaciuta mania di novità lungo il corso delle mode era uno degli aspetti del rococò più aborriti dai prota-
9 Esposizioni periodiche di
gonisti del «vero stile». [...] «Un notevolissimo mutamento nelle nostre idee sta avvenendo, – scriveva d’Alem-
8 pittura e scultura organizzate a
bert nel 1759, – un mutamento di tale rapidità che sembra promettere un mutamento ancora maggiore in segui- Parigi a partire dal 1667.
to. Sarà il futuro a decidere il fine, la natura e i limiti di questa rivoluzione, il costo e le perdite, che la posterità 10 Spettacolo di tipo teatrale
sarà in grado di giudicare meglio di quanto non possiamo fare noi». Egli si riferiva, ovviamente, alla filosofia, ma basato non su testi scritti ma su
le sue parole potrebbero agevolmente applicarsi alle arti. Infatti in questo momento un vento di trasformazione canovacci.
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cominciava a soffiare nei salons parigini , rinfrescandone l’atmosfera chiusa e profumata, eliminando curve e 11 Denis Diderot (1713-
codini rococò, soffiando via gli ornamenti delicatamente fragili: boccioli di rosa e conchiglie e cupidi incipriati 1784), scrittore, filosofo ed
10 enciclopedista francese, fu
con i sederini delicatamente imbellettati come le guance, tutte le figure della commedia dell’arte in posa e le promotore, autore ed editore della
altre squisite frivolezze e perversità che avevano fatto la delizia di una società di gusti difficili, ultrasofisticata. Il Encyclopédie.
mutamento cui d’Alembert si riferiva era il trionfo dei philosophes, le cui idee rigorosamente razionali su tutto, 12 François-Marie Arouet
11 (1694-1778), filosofo, scrittore
dall’astronomia alla zoologia, sono racchiuse nella grande Encyclopédie di cui egli e Diderot erano i direttori.
e drammaturgo, meglio
Ma questo momento fu caratterizzato anche da un mutamento di rotta dell’illuminismo stesso. Ora esso aveva conosciuto come Voltaire, fu
cominciato ad assumere un tono più serio, moralmente impegnato, concentrandosi meno nella lotta alla super- uno dei principali esponenti
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stizione e al dogma e più invece nella costruzione di un mondo nuovo. Voltaire , l’autore spiritoso, irridente, dell’Illuminismo francese.
considerazione dell’artista e della sua funzione nella società. Egli doveva sollevarsi al di sopra della condizione 1825), conosciuto in Inghilterra
come Henry Fuseli, è stato uno
dell’artigiano compiacente, che pazientemente asseconda i capricci del suo committente, ne solletica lo svogliato dei principali artisti del primo
appetito, perpetuamente cercando di divertirlo con novità. Egli doveva indossare il manto del sommo sacerdote Romanticismo [► 4.3 p. 290].
delle verità eterne, del pubblico educatore. Ed era al largo pubblico, non al privato committente che doveva
rivolgere il suo messaggio. Come osservava il teorico dell’arte tedesco Sulzer nel 1771, l’impiego delle arti «per
la pompa e il lusso» rivela un mancato intendimento della «loro divina potenza... e del loro alto valore». Perché
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se l’arte segue i «dettami della moda o i capricci del committente – scriveva Fuseli – allora la sua dissoluzione
è vicina».
Giulio Carlo Argan (1909-1992) è stato un grande stori- sezione scritta da Achille Bonito Oliva, intitolata L’arte ol-
co e critico dell’arte, oltre che politico di prestigio della tre il Duemila) affronta l’arte italiana e internazionale dal
Repubblica italiana degli anni Settanta del Novecento. Neoclassicismo al secondo dopoguerra. Questa celebre
Nel 1970, per la casa editrice Sansoni, pubblicò il suo opera è da quasi cinquant’anni un punto di riferimento
libro L’arte moderna 1770/1970. Il testo, benché con- essenziale per studiosi, studenti e appassionati d’arte
cepito e presentato come saggio autonomo, di fatto co- e presenta i fenomeni artistici nella loro complessità,
stituisce la conclusione della sua Storia dell’arte italiana contestualizzandoli e analizzandoli alla luce della storia
(1968), un manuale edito in tre volumi per la stessa politica, economica e scientifica. Il brano che presentia-
casa editrice, della quale non a caso è presentato come mo affronta il tema del sublime e del suo rapporto con il
quarto tomo. Il testo (che di seguito fu integrato da una pittoresco, nell’estetica del primo Ottocento.
Dire che una cosa è bella è un giudizio; una cosa non è bella in sé ma nel giudizio che l’afferma tale, dunque nella
coscienza umana. Il pensiero dell’Illuminismo, che è all’origine della cultura moderna, non pone la natura come
[da G.C. Argan, L’arte moderna 1770/1970, Sansoni, Firenze 1970, pp. 9-14]
Alfredo De Paz (1941-2013) è stato uno storico dell’ar- progetto, un’arte finalizzata al raggiungimento utopico di
te italiano. Professore di Metodologia della critica d’arte un “totalmente altro”. Opponendosi alla chiara coscien-
e di Sociologia dell’arte presso l’Università di Bologna, za razionalistica del secolo precedente, la rivoluzione
ha insegnato Storia dell’arte contemporanea. Esperto romantica si caratterizza per la sua esigenza radicale
fra i più autorevoli in Italia di arte e cultura del Romanti- di contraddizione, la sua vocazione al mutamento, alla
cismo, ha scritto anche numerosi saggi sull’arte dell’Ot- trasformazione del mondo e della vita, la sua volontà di
tocento e del Novecento e condotto ricerche teoriche e oltrepassare i confini della conoscenza e della sensi-
storiche sull’arte contemporanea. Il brano che proponia- bilità sino ad allora conosciuti. In questo, secondo De
mo di seguito presenta il Romanticismo come arte del- Paz, il Romanticismo si pone veramente alle origini della
la libertà, della trasfigurazione, della trascendenza, del modernità.
Il romanticismo rispecchiò un nuovo senso del mondo e della vita facendo emergere una nuova interpretazione
della libertà artistica non più privilegio del genio isolato, ma diritto innato di ogni artista e di ogni individuo
dotato d’ingegno. Se i preromantici riconoscevano soltanto al genio il diritto di trasgredire le norme, i romantici
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invece negavano, in generale, valore alle norme stesse. Nell’arte la grande conquista della Rivoluzione fu la 1 Qui si fa riferimento alla
consapevolezza dell’unicità e della insostituibilità di ogni espressione creativa individuale che conterrebbe in sé cosiddetta “Rivoluzione
romantica”.
le proprie leggi e la propria misura. Il romanticismo si caratterizzò così, fondamentalmente, come lotta per la li-
bertà portata avanti non soltanto contro le accademie, le chiese, le corti, i mecenati, gli amatori, i critici, i maestri,
ma anche contro qualsiasi tradizione, qualsiasi autorità, qualsiasi norma. Ed è proprio in questo movimento di
liberazione che si possono scorgere le origini dell’arte moderna e della sua complessa fenomenologia di caratte-
ristiche lacerate, contraddittorie, individualistiche, perturbanti. Tutta l’arte moderna può essere così interpretata
come una derivazione di questo movimento romantico di liberazione. L’emancipazione dell’individuo, il rifiuto
di qualsiasi autorità estranea, l’insofferenza alle barriere e ai divieti rimangono e sono i principi più vivi dell’arte
moderna: per quanto aderisca con più o meno entusiasmo a scuole, gruppi, movimenti, appena innesca il proprio
processo creativo, l’artista è e si sente solo, consapevole soltanto della propria solitudine. L’arte moderna diviene
così l’espressione dell’individuo solitario che si sente tragicamente e misticamente differente dagli altri. In tal
senso ben hanno interpretato il romanticismo coloro che hanno visto in esso la fine di un’epoca in cui l’artista
aveva come interlocutore ideale e reale una «società», un «gruppo», un «pubblico» a cui riconosceva una auto-
rità più o meno assoluta. Il romanticismo segnò lo schiudersi di un’epoca in cui l’arte non ha più quel carattere
sociale, nel senso di adeguamento rigoroso a criteri obiettivi e convenzionali, ma diviene espressione che fa
versalità di interessi e di soggetti, il progredire insaziabile e il perpetuo trascendersi, l’aspirazione all’infinito, Schlegel (1772-1829), filosofo,
critico e traduttore tedesco, è
l’esaltazione del divenire al di sopra del compimento, l’interesse supremo per l’autorappresentazione dell’indi- considerato uno dei fondatori del
viduo geniale, l’inclusione nel campo dell’arte, come elementi dell’universalità, dell’abnorme e del mostruoso, Romanticismo.
l’esigenza dell’unione di tutti i singoli generi artistici, l’identificazione della filosofia con la poesia (arte), l’insi-
stenza sulla libertà incondizionata dell’artista che quando crea non tollera di essere oggetto di nessuna legge. In
opposizione all’ideale classico – essenza della sua precedente dottrina estetica – per cui [...] tutta l’arte è limitata,
Schlegel aveva romanticamente concepito un’arte che non tollerava ritenute invariabili: un’arte amante più della
vita che della bellezza, la quale pretendeva che tutto fosse di sua pertinenza, decisa a possedere e ad esprimere
tutta l’esperienza umana, interessata alla variante individuale più che al tipo generico. [...] Il romanticismo ri-
gettò le regole artistiche e le dottrine estetiche convenzionali e, al contrario, tentò di liberare l’immaginazione
e di mobilitare i sentimenti perché vi fossero la visione e l’energia necessarie per compiere l’opera artistica. I
romantici vissero in un mondo crepuscolare di transizione, tra un presente insoddisfacente ed un passato che
non poteva più operare, tra una tradizione feudale in decadenza e l’emerge re della riforma borghese. Vivendo
in un mondo in cui le mappe sociali convenzionali avevano perso la loro efficacia, ma in cui non se ne erano
ancora stabilite delle altre, essi si rivolsero all’individuo come creatore di significato piuttosto che alle regole
tradizionali. Vivendo in un mondo in cui le categorie culturali e le identità sociali convenzionali non rendevano
più significante la realtà sociale, essi giunsero a scorgere la realtà come pregna di un’intrinseca vaghezza. Essi
scorsero gli oggetti come fusi e mescolati reciprocamente piuttosto che ben definiti e chiaramente demarcati.
Pertanto, essi avvertirono che coloro che cercavano di conquistare la verità attraverso una attenta dissezione
operata con l’ausilio della ragione analitica si impegnavano in una «vivisezione» che poteva solo distruggere la
realtà vivente.
[da A. De Paz, La rivoluzione romantica. Poetiche, estetiche, ideologie, Liguori, Napoli 1984, pp. 185-195]