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Visite guidate

Il Museo dell’Opera della Primaziale pisana

Terza sala:
All’interno del Museo le opere non sono riunite in un unica sala ma scandiscono la varietà dei temi
a ronta da Giovanni (nella terza sala, si hanno le sculture a tu o tondo per il secondo registro
esteriore del Ba stero di Pisa). La terza sala accoglie i bus della Vergine e del Redentore (pos in
corrispondenza del portale d’accesso al Ba stero e so oposte so o la dire a supervisione di
Nicola), disposte sui la lunghi della sala troviamo una serie di gure a tu o tondo più tarde
(riferibili a Giovanni e alla sua bo ega). Di quest’ul me si apprezzano la monumentalità di esse,
sono soprannominate il popolo di pietra. La gura ballerina e dinamica di Giovanni è stata anche
messa su schizzo da Henry Moore (1957-59). Nei quaderni di Henry Moore le memorie di Pisa sono
tan quanto gli studi delle gure di Giovanni con i movimen dinamici e ge an .

Quarta sala:
Gradule che decoravano il perimetro del Duomo. Una sorta di nastro lapideo decorato in rilievo da
Giovanni Pisano o dalla sua bo ega con protomi umane e animalesche.

Quinta sala:
Completamente dedicata a Giovanni Pisano, è occupata dai tre gruppi mariani da lui esegui in tre
momen di eren della propria carriera. La madonna del Colloquio (nome per lo sguardo intenso
che si scambiano mamma e glio) des nata alla lune a del portale ovest del transe o meridionale
del Duomo (la cri ca la data 1280 ca). Il gruppo della Madonna col Bambino a ancato a destra da
Giovanni evangelista (con Piero di Cione, operaio della bo ega di Giovanni, inginocchiato vicino a
lui), era collocato nel portale est del Ba stero e non è datato ma le gure della Madonna e
Giovanni Evangelista presentano delle analogie con la Madonna e gli angeli cerofori scolpi nel
1305-06 per la Cappella degli Scrovegni. Entrambi i gruppi indagano il tema della statua libera in
movimento cioè composte con ritmi spezza , arretra o avanza il baricentro per aumentare il senso
di realtà d’azione delle gure. Il gruppo non è datato però sul piedistallo della Madonna col
Bambino si legge ancora la rma di Giovanni (sculpta, sculptore POLIPTOTO). Il terzo gruppo
scultoreo si colloca sopra la porta di San Ranieri e iden ca la Madonna col Bambino e una madre
che alla a due bambini (iconogra a della Caritas), è andata perduta invece la gura di Arrigo VII re
di Lussemburgo rappresentato in ginocchio come a o di devozione. Giovanni avrebbe fa o questo
gruppo dopo il pulpito di Pisa. Le sculture gli devono essere state commissionate nel 1311 e forse
sono state concluse poco prima dell’ingresso a Pisa di Arrigo VII nel marzo del 1312 (s’ipo zza che
ci sia anche Dante). Giovanni rende la gura animata capace di muoversi e di commuovere. Lo
storico dell’arte Ayrton a erma che “Giovanni, così come Dante, è un ar sta universale. Giovanni ci
parla di persone ed è capace di fare associazioni visive. Il vernacolare di Dante e di Pisano è una
lingua in cui sappiamo parlare”.

Biduino: il maestro del rilievo

Basilica di San Frediano, Lucca (1180 ca.) → All’interno della Basilica di San Frediano a
Lucca si ha la presenza di un fonte ba esimale con una pianta che ricorda un tempie o a
pianta rotonda tempestato di rilievi. È l’opera di tan maestri (di cui uno dei tan si rma
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sul bordo della vasca) e si capisce dalla molteplicità di s le. Le gure sono tridimensionali,
un panneggio che cerca di interrompere il rilievo.

SI SUPPONE CHE BIDUINO SI SIA ISPIRATO A LORO

1180 ca., Maestro delle storie di Mosè

Nella colonnina del fonte si trova un capitello ra gurante una tes na dai mo vi classicheggian
per i panneggi delle ves e i de agli naturalis ci.

-Sarcofago di Biduino (seconda metà del XII secolo) → Si ri ene che Biduino sia stato allievo (o
che comunque si sia ispirato) a ques maestri. Egli scolpisce un sarcofago strigilato an co, che è
a ualmente posto nel Campo Santo. È forte la ripresa dello s le tardo-an co. Ai la presenta delle
scene di caccia. Il punto focale della produzione di Biduino è da una parte il forte conta o con il
mondo an co, ovviamente con reinterpretazioni personali, dall’altro si ha l’alta tradizione pisano-
lucchese che era in evoluzione in questo momento.
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-Pieve dei SS. Ippolito e Cassiano a San Casciano Se mo (1180 ca.)→ È a ribuita alla bo ega di
Biduino la facciata, che presenta tre architravi, e i capitelli interni. In rilievo sull’architrave sopra il
portale viene riportata un’iscrizione che data l’opera al 1180 ca. C’è uno sforzo di rendere le gure
a livello anatomico, ammantante da delle ves con panneggi modella in modo ne. Confronto
con il Sogno dei Magi nella Chiesa di S. Salazar a Autun

Lune a

-Architravi con scene di caccia →Le due architravi presentano delle scene di caccia e hanno
funzione escatologica (in generale l’u lizzo di gure animalesche richiamano simbolicamente alle
iconogra e cris ano-religiose). Biduino si sforza di riempire uno spazio re angolare. Già gli an chi
avevano risolto questo problema con l’inserimento di geni ala e di vi orie, le cui ali terminavano
nell’angolo. Con la era alata cerca di riempire tu o l’angolino e lo spazio del re angolo. Biduino
sembra an cipare Nicola Pisano, dandoci un idea dello sfondo culturale-ar s co del tempo, in cui
era fervida la ricezione dell’an co.
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-Rilievo che assomiglia a un sarcofago →Questo è un rilievo, che richiama la stru ura di una cassa
sarcofagica, in cui viene ricalcato ancor di più il connubio tra la concezione post-guglielmesca di
intendere le gure e il tenta vo di riaccostarsi all’arte an ca (per l’horror vacui e l’estremo
naturalismo).

RIPRENDE GUGLIELMO

-Architrave del portale principale della chiesa di San Salvatore, Lucca (1190 ca.)→ È forse l’opera
di Biduino che più dialoga. La rma ha un errore formulare, fa o poiché voleva emulare quella
delle rme an che (scrive Biduino me fecit hoc opus). Questo rilievo ha un lessico diverso rispe o a
quelli preceden perché, sebbene sia ugualmente anatomico e archite onico, non si ha il
sovra ollamento delle gure, e lo sfondo pia o che si può guardare al di là dei rilievi. Biduino
sicuramente ha già interiorizzato lo s le delle micro-archite ure delle porte bronzee di Bonanno
Pisano.

RIPRENDE BONANNO PISANO

-Architrave del portale laterale con la leggenda dello scifo d’oro, Chiesa di San Salvatore (1190
ca.)→ Qui sembra ancora una volta riprendere l’horror vacui tardo-an co e quasi invisibilità
del fondo. Una pseudo-copia si ritrova anche a Barga, sul lato sinistro della Collegiata di San
Cristoforo
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Chiesa d S. Salvatore, Lucca

Collegiata di San Cristoforo, Barga

Portale, Taglia di Biduino a New York (1180 ca)→ Musealizzata, l’architrave presenta vari rilievi.
Alcuni con soluzioni formali giocose come il capitello che si ada a alla forma del corpo dell’angelo.

Facendo un confronto tra le gure di Lucca e di New York si può constatare che se da un lato
abbiamo l’imponenza stru urale dall’altro appaiono queste gure mostruose scolpite in modo
giocoso con al di so o ornamen oreali che richiamano quelli della Torre di Pisa, infa a Biduino
sono a ribui anche mol capitelli dei registri inferiori della torre.

Confronto tra Lucca e New York

Biduino, sia nella Pieve di San Casciano sia nella Chiesa di S.Salvatore si rma su degli oggetti. La
ripresa della scultura romana avviene in maniera inconsapevole e non storicizzata. Biduino riprende
la tardo-antichità nella dispositio delle gure nello spazio di rappresentazione.

Bonanno Pisano: il bronzista


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-Porte di Bernward a Hildeshein, 1015→ La lavorazione col bronzo richiede una concezione
diversa della materia rispe o alla scultura, che ha un prezzo molto elevato. È un complesso
unitario, ha un pannello unico.

Porte di Bernward nella Ca edrale di Hildeshein,1015

Il rilievo è concepito come stacco però si hanno dei de agli in cui le teste sono completamente
staccate dal fondo e prendono tridimensionalità, assomigliando quasi a dei bronze (quindi come
opere a se stan ). Il bronzo poi consente anche di essere lavorato a freddo, sopra u o per a nare
i de agli.

Dello stesso commi ente è la colonna coclide.

Colonna coclide, 1015 ca.

-Porte bronzee di Baristano da Trani nella Ca edrale di S. Nicola Pellegrino (confronto con la
miniatura del San Ma eo dell’Evangelario di Gundohino). Risulta essere molto cesellato, pieno di
ornamen da sembrare quasi una pagina di miniatura.
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Porte di Bernardo da Trani, 1180 ca.

Il codice Orlandi (è conservato nell’Archivio di Stato di Pisa), reda o da un importante intelle uale
chiamato Ra aello Roncioni, è una copia, precedente all’incendio 1595, di tu e le iscrizioni del
Duomo di Pisa. È dunque importante perché ci perme e di ricostruire tu o ciò che è andato
perduto, come le porte per il portale maggiore del Duomo di Bonanno Pisano che sono andate
perdute nell’incendio ma l’iscrizione sulla porta datava l’opera al 1180.

Le due cose che saltano allo sguardo sono la ricchezza delle iscrizioni con sopra i tula e la
presenza evidente dello sfondo che fornisce una chiara coerenza spaziale. Questa determinata
lavorazione dello sfondo, ovvero sfondo pia o con gure a accate sopra, ricorda l’architrave
bizan na con episodi sulla vita di San Giovanni Ba sta, sopra il portale del Ba stero. Queste
"vigne e" evocano un senso di astrazione per via delle gure allungate e dei panneggi ni,
ripe zioni di elemen uguali come le palme e le rose e (ci sono alcune gure che addiri ura sono
bronzi fusi dallo stesso modello in cera ma sono speculari) ma se si vanno a vedere nel de aglio le
singole gure si nota l’espressività e l’estremo naturalismo di esse (non perché intendessero essere
naturalis che, come alla Nicola Pisano, ma perché dessero un senso di ambientazione) ovvero
l’a enzione ai de agli (il trono di Erode nella Strage degli Innocen e di Maria nell’Annunciazione).
Si riguarda all’an co con il bizan no ma con un naturalismo che permane.
-Porte bronzee 1186 per la Ca edrale di Monreale in Sicilia. Pisa era piena di fonderie per le
campane quindi Bonanno fonde le porte e le spedisce via mare a Monreale. Richiama sia lo s le
cosmatesco sia le tarsie marmoree. La rma è ad altezza d’uomo. Con ene più episodi, tan sono
gli stessi e molto simili (anche se mai iden ci). A Monreale si procede dall'alto verso il basso come
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a Pisa, coincidono in tu o e per tu o con quelle pisane ma sono presen più cara eris che
naturalis che a discapito forse della minore so s catezza di alcune archite ure.

Pisa medievale, la ci à scolpita:


Rainaldo, Guglielmo, gli arrivi oltremare e l’Islam

La scultura fu a Pisa l’arte per eccellenza nel Basso Medioevo. Si ricorda il testo di Enzo Carli, il
catalogo del museo pubblicato a Pisa nel 1974 che s’in tola il Museo di Pisa (è il catalogo del
Museo Nazionale di San Ma eo ma questo che nasce come Museo Civico di Pisa e diventa
Nazionale solo nel 1949) a erma che "la scultura insieme con l’archite ura della civiltà pisana
cos tuisce il maggiore tolo di gloria". L’archite ura infa , sopra u o quella romanica, ha una
necessità di esprimere dei conce gura vi e, sopra u o in Francia, si serve della scultura. Walter
Braunsfel, che viene trado o in italiano da Monica Dona , scrive nella sua monogra a
sull’Archite ura della ci à medievale in Toscana del 1982 che: "Il duomo di Pisa oltre ad essere il
più importante edi cio religioso è anche il capolavoro della ci à". Un iscrizione della facciata
a esta che il Duomo è stato costruito dai suoi ci adini intorno all’anno mille (iniziano i lavori
intorno al 1064) in concomitanza con un periodo di forte sviluppo economico e espansione geo-
poli ca della ci à. Il Duomo è la domus episcopi ovvero la casa del vescovo e con il suo sviluppo
negli anni, la molteplicità di s li e la sua con nuità archite onica, è divenuto un centro di
riferimento per mol ar s .
-1064: inizio dei lavori, in concomitanza con un periodo di forte espansione geopoli ca (spedizione
navale contro Palermo);
-1118: conclusione della prima fase dell’edi cio, consacrazione dell’altare maggiore, alla presenza
di Papa Gelasio II;
-1135: Concilio di Pisa;
-1150: fervono i lavori di decorazione della facciata del Duomo da parte della bo ega di Guglielmo
e Riccio;
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-1151: viene fondato il primo ordine del Ba stero di Pisa (l’archite o Dio salvi lo proge a)
-1160: la bo ega di Guglielmo esegue la recinzione presbiterale e poi scolpisce il pulpito del
duomo di Pisa che era collegato alla recinzione presbiteriale (ora non la vediamo più a causa del
Concilio di Trento dove c’è un cambiamento sostanziale della liturgia e cessa di esistere la
separazione del clero celebrante e la congregazione -> perdita dei tramezzi e della recinzione pr.),
ora a Cagliari (il pulpito di Guglielmo verrà trasferito a Cagliari, smembrato in due par e privato di
funzione liturgica); (x)
-1172: Bonanno Pisano, scultore in bronzo e proge sta del campanile, fonda la Torre di Pisa
-1180-90: Bonanno esegue le porte bronzee della porta di San Ranieri
-1278: Fondazione del Camposanto
-1200 ca: Tu ques monumen vengono aggiornato, sopra u o il Ba stero con le cuspidi
scolpite da Nicola e Giovanni

La storia del pulpito del Duomo

-1160: La bo ega di Guglielmo esegue la recinzione presbiteriale (inesistente dopo il Concilio di


Trento) con l’annesso pulpito;
-1310: Il pulpito di Guglielmo viene sos tuito con quello di Giovanni Pisano e "donato" come segno
di dominazione al Duomo di Cagliari dove viene diviso in due par e privato di funzione liturgica;
-1595: Grande incendio della Ca edrale, si smonta il pulpito di Giovanni per preservarlo però
alcuni elemen di esso vengono riu lizza in una cantoriera in pulpito eseguito nel Seicento da
Luca Fancelli;
-1926: Il pulpito di Giovanni viene ricostruito secondo la visione di Peleo Bacci

La quota della facciata originale dell’edi cio concluso intorno al 1100 da Buscheto e poi si vedeva
l’aggiunta delle tre campate che completano l’edi cio con la sua facciata monumentale per come lo
conosciamo oggi. Questa necessità di ampliare un edi cio che era stato completato da poco non è
ancora chiara però l’ipotesi è che ci sia un evento storico cardine come il Concilio di Pisa del 1135,
uno dei tre concili che Papa Anacleto II chiama al ne di ridurre la resistenza di quello che era il suo
avversario che allora regnava a Roma. Questo episodio fa riconoscere i limi della stru ura, forse
troppo piccola e quindi se ne decide l’ampliamento verso ovest. Pisa con la costruzione del Duomo
voleva rimarcare il suo monumentale splendore, la propria inarrestabile potenza ma sopra u o il
suo legame con Roma. Un legame ribadito in quello che oggi appare come una rinascita dell’an co
ma che doveva essere le a all’epoca come una ininterro a con nuità rispe o all’età imperiale. Ma
furono mol i tenta vi da parte di Pisa nel corso del XII secolo di accreditarsi come "seconda
Roma". Il rapporto tra diocesi e papato sono u uan , tra controllo e libertà, concessioni e
revoche dello status di metropolitana. I pisani sognano addiri ura di diventare sede del papato. Se
Gelasio II in fuga da Roma soggiorna per alcune se mane a Pisa nel 1118 e vi consacra la
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ca edrale di Buscheto, è con Innocenzo II che il sogno sembra concre zzarsi. Il ponte ce vi
soggiorna a più riprese tra 1333 e 1337. Pisa che ha «trionfato per terra e per mare sui pira e sui
malvagi» può ben dirsi baluardo della fede. «I Pisani – scrive in catalogo Mauro Ronzani – si erano
convin che la propria ci à poteva essere ormai considerata una "nuova Roma", ben più degna
della "vecchia" di ospitare» «l’idea che le imprese militari contro i saraceni dall’inizio del secolo XI
in poi fossero paragonabili alle gesta di Roma an ca circolava già da tempo negli ambien ci adini
col , ma ora essa acquistava un nuovo signi cato, candidando Pisa a essere la sede più degna del
papato». Anche se ricordiamo che Pisa era pur sempre una ci à ghibellina e quindi non intendeva
il papato, e per estensione Roma, come potere temporale ma come garanzia di fede. È l’imperatore
il riferimento poli co di Pisa e si vede dalla lune a scolpita da Giovanni Pisano per la porta di San
Ranieri della ca edrale, des nata a salutare l’ingresso di Enrico VII di Lussemburgo, l’«alto Arrigo»
dantesco su cui molte speranze si appuntarono, tragicamente deluse dalla morte improvvisa nel
1313. Le spoglie di Enrico sono nella ca edrale pisana, nel monumento funebre realizzato da Tino
da Camaino. Il sarcofago di Buscheto poi, installato su quella che non era la facciata da lui costruita
ma su quella realizzata da Guglielmo, Rainaldo e da altri, rimanda anch’esso al mondo romano. Si
vedono in questa facciata anche due delle iscrizioni che ricordano le missioni militari dei pisani nel
Mediterraneo. Persino la sintassi archite onica del Sarcofago di Buscheto ci ricorda i modelli della
tarda an chità e riprende le forme di un sarcofago strigilato romano sormontato da un mpano
classicheggiante e una croce al centro con so o le iscrizioni che ricordano l’ar fex Buscheto e il suo
operato per l’edi cio. La pianta del Duomo di Pisa in ne è la stessa di una basilica paleocris ana
con cinque navate sul corpo longitudinale, la cui centrale è maggiore rispe o alle altre.

La Torre di Pisa
Nell’edizione Giun na del 1568 Vasari a esta che che gli archite Guglielmo e Bonanno Pisano
furono gli archite della Torre campanaria di Pisa nel 1174. Giulia Manna , una paleografa,
conferma le parole di Vasari trovando un iscrizione che recita: ''io che sicuro ho innalzato
fondandola un'opera mirabile sopra oggi altra, sono il ci adino pisano chiamato Bonanno''.

La Giun na, pubblicata 18 anni dopo la prima edizione, apporta tan ssime nuove informazioni
dato anche dal fa o che Vasari si serve di informatori e di osservatori. Le a estazioni epigra che
per lui sono molto importan : nella Giun na Vasari riporta le iscrizioni dei pisani, riporta la rma di
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di Nicola sul pulpito del ba stero a Siena e fa menzione esplicita delle iscrizioni nel pulpito di
Giovanni a Pisa. Vasari è il primo che fa un ragionamento s lis co e di fon di Nicola e di
Giovanni.

Iscrizione di Bonanno sulla Torre di Pisa

Il Ba stero di Pisa
Il Ba stero è un edi cio contenitore di molte opere di vari sostra temporali e s lis ci. Nasce nella
parte più bassa come un edi cio romanico, se si considera il primo ordine e lo si deduce dalle
arcate a tu o sesto, dalla semplicità decota va e dalla simmetria monumentale. Viene fondato nel
1152 e che però viene portato avan per oltre un secolo (la cupola e la statua sono della ne del
Trecento). Nel 1163 furono aggiunte le o o colonne portan . Nel 1246 Guido Bigarelli costruisce il
fonte ba esimale e nel 1260 Nicola Pisano ne edi ca il pulpito. L’iscrizione del 1277 nel matroneo
sembra a estare la ne dei lavori anche se si protraggono no alla ne del Trecento come gli ordini
centrali, il secondo e il terzo, che sono il prodo o della bo ega di Nicola e Giovanni Pisano.
Il portale centrale del Ba stero di Pisa che è uno dei primi elemen porta a conclusione perché
fondamentale. Ha una ne a strombatura archite onica, un ornamento a cannocchiale sulla porta
incorniciata da bellissime colonne che si dispongono in tre livelli. I ba en ospitano ciascuno 11
rilievi a ronta parallelamente tra loro su piani alterna e la parte superiore che ospita una
lune a con una madonna di Giovanni Pisano, ora conservata al museo del Duomo (ma è di
fabbricazione più tarda), che ospita due architravi che si innestano nell'insieme di colonne e di
s pi e di capitelli. So o alla lune a, subito sopra alla porta ci sono due architravi e sono uno
sopra l'altro e sono lunghi allo stesso modo ma uno è perpendicolare al piano del pavimento,
l'altro è inclinato leggermente verso il basso, verso lo spe atore. I due architravi sono peraltro
divisi da una fascia che conteneva ai margini delle tessere musive che componevano delle
iscrizioni. Ques frammen sono i toli delle scene so ostan .
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Lunetta e architrave

L'architrave inferiore ospita le storie della vita del Ba sta che si susseguono con una narrazione
che gioca con archite ura e paesaggio insieme (scene abbellite e delimitate da delle palme e e da
elemen naturali). Le scene che arrivano no al ba esimo di Cristo sono svolte all’esterno poi
invece iniziano tu e scene svolte all'interno di un palazzo.
Ercole dinnanzi a Erode, la danza di Salomè, la decapitazione del Ba sta, sono tu e scene che si
svolgono nel Palazzo di Erode che è rappresentato in modo stre o da piccole archite ure ad
arche che a volte spariscono dietro le gure.
L'architrave inferiore ado a lo s le classico in senso pico, quello superiore accoglie una
iconogra a piu osto estranea al mondo occidentale che è quella alla quale ci si riferisce, con un
termine greco perché perché questa iconogra a è di derivazione bizan na, che è quello di deiesis
con quindi il Cristo al centro e la madonna a destra, il Ba sta alla sinistra e gli evangelis con gli
angeli alterna tra loro in maniera molto armonica. Nelle aureole si trovavano delle tessere musive
dorate e quindi doveva essere un architrave policromo che ricordava ancora di più l'iconostasi
bizan na inclinata su fondo Oro.
Discos amoci da questo modo pseudo-bizan no: ques sono due par colari piu osto nascos
delle colonne più esterne rispe o al portale dove ci sono delle gure di donne con ces che
portano la fru a ; un'altra gura, una donna nuda che suona di pro lo la cetra. Il pro lo del volto è
ne o e posto a ¾
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Donne con cesti di frutta e donna con la cetra

Gli s pi con a sinistra le rappresentazione dei mesi mentre a destra scene sacre della vita del
Ba sta. Alta è la di usione in età romanica dei cicli di mesi nei ba steri, e più picamente nelle
facciate delle ca edrali in Italia e in Europa, ha un’impaginazione ver cale. Le scene rappresentate
ra gurano i lavori più comuni, più pici durante i vari mesi dell'anno e siccome si tra a di 11
pannelli in uno di essi sono ra gura due mesi riuni .

Nello s pite a destra ci sono 11 pannelli che ospitano personaggi come re Davide, coppie di
Apostoli che dialogano tra loro e guardano verso il Cristo in mandorla. So o c'è una madonna
frontale orante con un'iscrizione di matrice greca (questo ci fa capire questa profonda vicinanza al
mondo Bizan no che ques rilievi hanno: la madre di Dio scri o in greco).

Cristo in mandorla

Nel mese di O obre e Novembre si vede un uomo che ene un maiale per le zampe e può
ricordare una scena della fontana Maggiore di Perugia, è molto simile.
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Il portale laterale si dis ngue da quello centrale per la sua scarsa ornamentazione: le colonne sono
lisce, gli archivol sono meno orna e accoglie, so o all'arco principale, un altro arco con una
lune a vuota. I due architravi però ripetono lo schema di perpendicolarità alla linea pavimentale e
poi di leggera inclinazione e forse accoglieva un tempo delle tessere musive e sopra ci sono delle
rose e con chiari e scuri molto for recuperando un po' di simmetria anche con la scelta di
rappresentazione botanica e al di so o ci sono delle gure singole che in parte compongono delle
scene. Ci sono due arcangeli alle estremità ma al centro c'è l'annuncio a Zaccaria della nascita del
Ba sta. Probabilmente all'opera sono gli stessi scultori della porta centrale ma non è de o perché
mostrano una più consapevole plas cità.
Lo studioso Sidel ha scri o ''Italian art of the middle ages and the reinaissance'' e ''Padre e glio
Nicola e Giovanni Pisano'' nel 1975 e sono studi sulla ricezione dell'an co da parte di Nicola
Pisano. Sidel è stato il primo me ere concretamente insieme, a lavorare su tu i confron possibili
con i sarcofagi (sparsi per Pisa o nel Campo Santo e non solo) sui quali Nicola si era potuto
esercitare. Sidel è stato anche il primo a suggerire, occupandosi di Nicola e dell'an co, tramite
questo riavvicinamento proto-rinascimentale alla produzione an ca. Sidel aveva già capito con un
confronto di gure, di una coppia di apostoli e un par colare del portale Nord, che guarda verso il
campo santo.

Sarcofago romano e Camposanto

Lunetta del Battistero di Pisa


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Questo è un sarcofago e il confronto di Saidel è intelligente perché si rende conto che gli scultori
del portale Nord del Ba stero di Pisa non avevano compiuto la stessa operazione di Nicola. Gli
scultori non avevano guardato talmente in profondità da recuperare non solo l'impaginazione ma
anche de agli sionomici, Nicola è arrivato con più consapevolezza a confrontarsi con ques oggi.
L'impaginazione però, il portale nord, sembra quasi con nuare questo sarcofago: ci sono altre
componen bizan neggian ma anche vicine alla scultura lucchese e un primo passo in quella
direzione viene fa o da Sidel. Nicola Pisano si è sicuramente formato e esercitato e confrontato
con ques rilievi an chi e ad esempio quelli dei mesi della fontana Maggiore di Perugia non si
discostano molto da tan punto di vista non chiaramente nella speci ca iconogra a o nel modo
preciso in cui il panneggio cade sulla gura però l'impostazione complessiva ricorda quella di un
sesterzio an co e non è per nulla dissimile.
Possiamo pensare alla storia del rilievo, la storia della rinascita del rilievo su scala monumentale e
gli sviluppi tra il '200 e il '300. È signi ca vo questo episodio di Nicola, il quale non nisce mai di
rileggere i modelli pisani così aulici, ma per trovare qualcosa di radicalmente diverso bisogna
aspe are Giovanni.
Solo con Giovanni si ha una rivoluzione dell'u lizzo dello spazio nel rilievo e cambia a Pistoia ma
sopra u o a Pisa. Nicola è sostanzialmente in linea con l'idea di rilievo, cambia radicalmente con
Giovanni a Pistoia e ancora più radicalmente a Pisa. Giovanni non ha più modelli scultorei. Il
modello di Giovanni (che è un puramente diale co) è la pi ura di Gio o: l'idea che Gio o con i
suoi rilievi, sopra u o quelli della Cappella degli Scrovegni, ado un lessico formale, abbia
un'ambizione che è quella della scultura an ca. Gio o a Padova rifà la scultura an ca non sono
nella fascia dove nge la scultura, ma la rifà a colori anche nelle storie della vergine e di Cristo. Se
Gio o fa la scultura an ca in pi ura Giovanni fa la scultura sul rilievo ado ando uno s le
spezzato, espressionista e carico di tensione emo vo-psicologica.
Questo è un passo della Vita Giun na di Vasari del 1568 dedicata a Nicola e Giovanni Pisano e alla
sua bo ega. Vasari parla della maniera vecchia greca go a (Biduino e Bonanno Pisano) che
sarebbe quella degli scultori medioevali che precedono Nicola (Bizan na) di fare le cose in maniera
sta ca e non naturalis ca. Per Vasari Nicola supera tu o ciò che c'era prima.
Vasari sos ene che Nicola si trovasse alle dipendenze di alcuni scultori greci' che lavoravo le gure
e gli ornamen di intaglio del Duomo di Pisa ma che ''l'intelligenza di Nicola è stata quella di
formarsi con ques scultori e di andare avan guardando all'arte an ca’'. Ma è impossibile che
Nicola si allievo di ques scultori bizan ni perché Nicola è a estato solo a par re dalla ne degli
anni '50 e nel 1260 quindi c'è un lasso temporale troppo ampio.
Perché Vasari dice che sono opere greche, perché semplicemente non dice che sono an che, o
medioevali? Tu a la storiogra a è d'accordo sul fa o di trovare elemen bizan neggian in questo
insieme scultoreo. Si possono fare tan confron tra le opere prodo e nella seconda metà del
12esimo secolo in tu e quelle nelle zone dell'Italia e dell'Europa che entravano in conta o con
Bisanzio. Questo confronto ci perme e di capire che, anche a grande distanza geogra ca e
cronologica (questo confronto con un mosaico di Cefalù ci sono tecniche diverse, due località
geogra che lontane e 50 anni di di erenza, il Mosaico di Abramo, si trova sulla parete sud della
campata orientale edi cata nel 1148 circa della ca edrale di Cefalù), c'è un comune modo di
intendere alcuni elemen .
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Sono sta prodo con tecniche diverse ma rimane uguale il modo di concepire e ra gurare gli
a ribu iconogra ci delle gure. Sono elemen che, per essere così lontani, per un'epoca del
genere, sono estremamente parlan . Questo è un altro confronto tra altri due episodi iconogra ci
diversi che però ci fanno intuire che forse dei modelli simili che giravano in Europa dovevano
esserci.

Torniamo a Pisa e vediamo la facciata della Chiesa di San Michele degli Scalzi che è all'inizio delle
Piagge, vicino all'Arno. Si tra a di una facciata incompiuta

Ci sono tre portali: quelli laterali sono minori con una doppia arcatura che si vede anche nel
portale se entrionale del ba stero di Pisa. Anche gli archivol sono molto meno ricchi rispe o a
quelli del ba stero ma hanno una simile razio con le strombature e ques fogliami parecchio
an chizzan . In S. Michele le decorazioni sono più scarne e meno elegan ma la razio è la stessa: i
bus sono taglia allo stesso modo e i panneggi sono concepi nello stesso modo.
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Gli studiosi già a par re dall'inizio dell'o ocento si erano resi conto che le lune e del Ba stero e
della chiesa di San Michele degli Scalzi fossero state realizzate nello stesso giro di mesi. Si suppone
che queste due opere siano state realizzate nello stesso arco di tempo e questo Cristo ci porta una
bella e lunga iscrizione che era ben visibile allo spe atore che entrava in San Michele. L'iscrizione è
ai la della gura e ci parla del 1204, anno in cui un contadino doveva aver lasciato una grande
parte della sua eredità per erigere la facciata della Chiesa ed è quindi stato ricordato dagli scultori.
Inoltre il 1204 è la datazione del ba stero di Pisa.
Queste gure inclinate, questa inclinazione a 45 gradi quasi ha un e e o leggermente, molto più
elaborato nel ba stero fa pensare al libro di Christofer Lakey del 2018 che si chiama ''Sculptural
Seeing – Relief, Optics, and the Rise of Perspective in Medieval Italy''. In questo libro lui sostiene
che bisogna stare attenti a come gli scultori utilizzano lo spazio (nel caso dell’architrave di San
Michele, l’inclinazione della lastra), tenendo in considerazione il punto di vista ribassato dello
spettatore. In cima le teste non sono lavorate perché nessuno le vede dal basso. Lo scultore
scolpisce già immaginando l'aspe o luminis co dell'ombra che si proie a che è qualcosa che si
può paragonare alle porte di Hildesheim in bronzo.
Qui ci sono due par colari di un manoscri o pisano, forse il più importante di produzione pisana
che ci sia mai stato: La Bibbia di Calci, chiamata così perché è stata conservata a lungo lì, datato
1168. Questa Bibbia è sempre stata de a bizan neggiante ed è sempre stato additato al primo
momento in cui Pisa si sarebbe accostata al mondo bizan no dire amente o indire amente.
Un importante e an ca mostra ha avuto luogo nelle sale del Metropolitan nel 1970 e si chiama
'l'anno 1200’, è una mostra che riuniva opere realizzate con tecniche diverse: voleva me ere
insieme un ambito cronologico che abbracciasse un'area geogra ca ampia e che riuscisse a tenere
insieme tu e le tecniche. Si va dagli avori ai libri minia e agli a reschi, ci sono anche dei saggi
alcuni più importan di altri. Questa mostra, che non riguardava Pisa, s amo parlando di storia
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dell'arte europea e di Europa a conta o con Bisanzio, ma in questa mostra tu e le opere datate
intorno al 1200 ricevono l'e che a di proto-go che o di cose molto tarde romaniche. Noi vogliamo
estrapolare una nuova categoria che si chiamerà ''l'anno 1200'' e che tenga insieme tu e quelle
opere che in quel momento culturale, con ar s , commi en ecc, che avevano favorito un
conta o con il mondo bizan no erano riuscite in un modo nuovo ad accostarsi alla produzione
an ca e quella bizan na che innestata su stra culturali locali come porte di Hildesheim bronzo,
un caso molto lontano da un punto di vista geogra co rispe o ai casi pisani che stavamo vedendo
ma possono essere comunque comparate.
La parte inferiore Duomo di Lucca è più tarda: un portale è stato realizzato a metà del ‘200. Nella
parte alta della facciata c'è un richiamo al duomo di Pisa: a livello archite onico, negli ornamen ,
ma anche per la policromia delle tarsie che superano quelle pisane: ci sono ricchissime variazioni
nelle colonne nei materiali e degli ornamen
Questo è un autoritra o che reca il nome di un archite o: Guide o; riporta una datazione, 1204,
lo stesso anno del portale di San Michele degli Scalzi. Alcuni studiosi hanno cercato di me ere in
luce le vicinanze tra la scultura lucchese e quella pisana degli inizi del '200.

Maestri lombardi tra Lucca, Pistoia e Pisa

-Nel 1204 con il suo autoritra o e con la sua rma, Guide o da Arogno si ritrae nella colonna e
data l’opera. La pubblicazione più recente di queste maestranze è l’ar colo del 2019 sui maestri
d’Arogno di Valerio Ascani.

Arogno è la località che si trova a nord-ovest dei laghi lombardi vicino a Milano, era un centro
dell’an ca diocesi di Como. Il primo can ere nel quale incontriamo queste maestranze a Pisa è
quello della decorazione interna del primo ordine del ba stero di Pisa per cui è all’opera un
Guide o da Arogno (si chiamavano tu Guido per perpetuare il nome della bo ega e del mes ere
di famiglia dello scalpello). Nell’archite ura non è sempre possibile ricondurre ad un solo arte ce
l’opera scultorea perché spesso mol partecipano alla sua creazione.

1151→ fondazione del Ba stero da Dio salvi


1163→ vengono ere e le o o colonne del Ba stero
1189-90→ la bo ega di Guide o da Arogno inizia la decorazione dei capitelli e delle mensole
gurate del primo ordine interno
1246→ Guido Bigarelli rma e data il fonte ba esimale del Ba stero di Pisa

-Il libro di Mario Salmi che s’in tola Scultura romanica in Toscana, pubblicato nel 1928 a Firenze,
ha una prosa descri va e gura va dei rilievi dei capitelli di una colonna del Ba stero e dei rilievi
di un pilastro fa , secondo lui, dallo stesso autore.
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-I bes ari (testo che descrive animali o bes e) sono frequentemente u lizza perché prendono le
gure animali e gli danno dei signi ca allegorici cris ani. Nella basilica di San Mar no a Lucca c’è
un lo comune con rappresentazioni animalesche e a tra mostruose (in par colare le gure di
mostri simboleggiano i limi conosci vi dell’uomo, bas ricordare le car ne geogra che di Ebsen).

«In un capitello, la testa riccia e tondeggiante e impietrita di una medusa


trova posto tra animali affrontati in mezzo a scarsi e grassi fogliami, di una forma che ancora non
conosciamo, e ad uomini in lotta con ere mentre un grifo arrampa
un agnello (motivo già apparso nelle urne etrusche) e una volpe suona
la viola».

«Nel capitello di un pilastro la stessa mano scolpì un grande


rilievo con una caccia, che rappresenta con foga nuova cavalieri
sui loro destrieri impennati–uno col cappuccio è in costume medievale–cani che addentano ere,
fanti che suonano il corno, altri che tra ggono con lance e con spade orsi e leoni; fra i quali episodi
s’insinua la patetica scena di un’orsa che allatta
e lecca i suoi nati».

Sempre Salmi racconta i rilievi di una mensola che presenta una sirena, simbolo per eccellenza
della tentazione, posta all’interno di un edi cio che serve a introdurre il cris ano alla sua vita
religiosa.

«Nelle mensole, polposi fogliami, riuniti a cesto o sovrapposti, fanno spazio a una immobile sirena;
altrove si affaccia in mezzo ad essi una testa femminile imitata dall’antico;
o striscia sul nastro ondulato del mare una tritonessa
con una piccola nereide sul dorso; in ne sono rappresentati una centauressa (si noti il signi cato
demoniaco di certe gurazioni) ed un’aquila che colpisce un povero passero; leoni e gri , e teste
umane dalle quali escono tralci intrecciati a grappoli».
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Il rilievo di un sarcofago del Campo Santo rappresenta dei mostri marini.

Secondo Salmi agli autori non importa dello s le ma la tecnica an ca o re ad essi una ri essione di
po naturalis co, natura come cosa viva come la scena pate ca dell’aquila e del passero.

«La vita sica è interpretata con evidenza da vigorosi maestri che rievocano, come gli scultori dei
portali, ma con altri mezzi, antiche forme. La tecnica di costoro, spoglia di contrasti coloristici e di
ricordi calligra ci bizantini, viene, con la esuberante fantasia romanica, dal Settentrione, ed in
Emilia troviamo i precedenti più immediati, ad esempio a Modena, dove alle solenni opere di
Wiligelmo, informate ad una tormentosa espressione di umanità che soffre,
altre ne succedono».

Guide o d’Arogno

-L’a vità di Guide o da Arogno si ha sulla facciata della ca edrale di San Mar no a Lucca (1191)
che ha un lessico simile al romanico sopra u o per la sua bicromia. Il primo registro con i suoi tre
portali assomiglia a un arco di trionfo. Al primo ordine delle logge, nell’angolo sud c’è la colonna di
Guide o, ogni colonna ha un mo vo ar s co diverso (sembra la ca edrale romanica inglese di
Durham ➡ non c’è una connessione ma i manoscri viaggiano e potrebbero aver avuto un in usso
sugli scultori; ci fa anche ri e ere sull’educazione dell’ar sta medievale che sapeva sia leggere che
scrivere) con bicromia e ad intarsio.
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Cattedrale di San Martino, Lucca (1191)

Il confronto con la ca edrale di Pisa ci fa vedere le analogie e le di erenze, una è l’eccessiva


decorazione in quella di Lucca. In un’altra colonna c’è la ra gurazione di una sirena, stesso tema
ricorrente nel Ba stero pisano. Il modello delle logge era quello della facciata rainaldiana di Pisa,
che però modi ca sostanzialmente. La stru ura e la decorazione ad intarsio è più evidente.Ogni
colonna ha una fantasia/bicromia diversa (simili all’arte romanica dell’Inghilterra, ciò grazie alla
circolazione dei manoscri ). Anche se lo s le non è naturalis co si vede l’abilità dell’uso
persuasivo della scultura: conosceva bene come lavorare il marmo.I mo vi iconogra ci sono
decorazioni vegetali, tomorfe, zoomorfe, animali in fantas ci e reali ma selvaggi e pericolosi che
comba ono. Non si tra a di una narrazione ma di elemen singoli che però fanno un messaggio
moraleggiante.

Pisa e Lucca

-La bo ega fu però ampia e versa le e ad alcuni ar s di cui ci sono i nomi non è stato possibile
a ribuire alcuna opera, tra ques scultori c’è l’autore del rilievo presente nelle logge ra gurante
l’elemosina di San Mar no (1204 ca.) che ha un linguaggio gura vo diverso, più bizan no-
classicheggiante e anatomico (de aglio molto naturalis co delle gambe ➡ nel saggio sulle tecniche
di Cennino compaiono degli interi capitoli su come fare dei calchi per maschere funerarie; esempio
di un iper-realismo).
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1204 ca., Elemosina di San Martino

-In una delle colonne del primo registro della facciata vi è l’autoritra o e la rma di Guide o,
l’iscrizione recita: “Nel 1204 ha dato inizio a queste cose [ovvero: le logge] così belle l’abile mano di
Guide o”

-Guide o lavora poi a Prato, alla Pieve di Santo Stefano (1211 ca), a cui è a ribuita la stru ura
archite onica che poi fu decorata. Il modello è quello di San Miniato a Firenze, prima ca edrale
romanica in Italia. I capitelli all’interno della pieve sembrano avere un intento classicheggiante
(simili a un capitello ionico). Nel documento del 1211 si parla di Guide o "marmolaio di San
Mar no di Lucca” → le opere più importan niscono nei documen per iden care l’ar sta. I
materiali (calcare locale, serpen nite di prato, calcare bianco forse di Lucca) sono cava quasi tu
localmente. Si nota la ricchezza dei materiali sopra u o all’interno, dove c’erano possen colonne
composte da piccoli conci.
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Confronto tra la Pieve di Santo Stefano (1211) e San Miniato a Firenze

Lanfranco Bigarelli

-In anni preceden un’altra opera fondamentale è quello del fonte ad immersione di Lanfranco
Bigarelli (colui che doveva essere ba ezzato si immergeva completamente nella vasca) nel
Ba stero a Pistoia. Nel fonte c’è la rma "La costruì la mano capace di Lanfranco da Como". Il
de aglio della decorazione della vasca del Ba stero di Pistoia presenta una protome con dei
riccioli (sembra s le a co) e la copertura a mo vi lacunari che assomiglia fortemente ad un’arco di
trionfo come quello di Traiano (114 d.C). La tripar zione gura va del fonte di Pistoia è similare a
quello dei frammen della recinzione presbiteriale del Duomo di Pisa (1160).

Arco di Traiano

Recinzione del duomo di Pisa

Dalla somiglianza della testa tra il capitello del registro inferiore e del fonte ba esimale del
ba stero di Pisa, è probabile che Lanfranco Bigarelli e Guide o d’Arogno abbiano lavorato
insieme. È stato avvicinato per la somiglianza della testa (simile a quella del fonte) e per
l’accentuazione della bocca e degli occhi con ombre profonde.
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Guido Bigarelli

1239→ La prima fase del Pulpito di San Bartolomeo a Pistoia che venne ampliata poi nel 1250 (ha
due fasi). Le storie dell’infanzia di Cristo oggi murate a parete, sono databili grazie a un’iscrizione
erra ca
1246→ Guido rma e data il fonte del Ba stero di Pisa
1250→ La seconda fase del pulpito di San Bartolomeo a Pistoia con le Storie della Passione, oggi in
opera nel pulpito riassemblato in epoca moderna. Il portale centrale del Duomo di San Mar no a
Lucca è l’ul ma opera di rilievo di Guido Bigarelli che muore prima del 18 agosto 1257

-Il pulpito ricos tuito parzialmente in epoca moderna era stato nito nel 1250. È un linguaggio
molto chiaro e presenta un tetramorfo, ovvero i qua ro evangelis , che poggiano su una protome
mostruosa.

-Il Telamone è ves to con lo stesso abito da lavoro di Guide o quindi si pensa che sia l’ar sta
(mol ar s si gurano come il telamone) ha la fronte corrucciata e sente il peso del lavoro. Anche
Giovanni fa una gura segnata dalle rughe e dalle fa che nel pulpito della ca edrale di Siena.

-L’opera più celebre dell’ar sta è il fonte del Ba stero di Pisa. Un’iscrizione dice "Al tempo del
re ore Jacopo, Guido fece ciò". La qualità polimaterica delle lastre del Ba stero è evidenziata dai
de agli realis ci.

Guido ➡ Guidobono ➡ Nicola Pisano

Il portale centrale del duomo di San Mar no, composto negli anni 50 del Duecento da Nicola
Pisano, si ha la rappresentazione della teofania del Cristo in trono e due angeli che sostengono la
mandorla. Esso è sostanzialmente analogo al San Michele Arcangelo e alla sua Decapitazione. San
Regolo è un mar re che viene decapitato perché si ri uta di so ostare agli ordini dell’imperatore.
Lo scultore opera negli stessi anni e a pochi passi da Nicola Pisano. I due si conoscono
Guidobono Bigarelli muore e lascia il testamento a tre chiese diverse, ricorda anche i nomi di chi gli
è debitore, tra cui Nicola da Pisa che ancora negli anni 50 del Duecento non si era ancora a ermato
così tanto per sostenere tu i cos di trasporto del marmo
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Le porte in bronzo

I greci chiamavano toreu ca l’arte di lavorare il metallo in incavo e a rilievo.In epoca romanica
iniziarono a essere u lizza rives men bronzei per coprire le ante di legno dei portali. La tecnica
della fusione in bronzo, che si di use nell'Occidente cris ano fra XI e XII secolo, ha radici
bizan ne.Tra gli ar s più capaci si ricorda il pisano Bonanno, scultore e archite o, che aveva
probabilmente una bo ega nei pressi del duomo. Per la sua ci à natale realizzò la Porta di San
Ranieri, in origine nel transe o della ca edrale, con storie evangeliche in ven riquadri, mentre
per il Duomo di Monreale forgiò una porta con quaranta scene del Vecchio e del Nuovo
Testamento, realizzata sempre a Pisa ma spedita via mare, smontata, in Sicilia.
Bonanno aveva un'al ssima perizia nella fusione e u lizzava con abilità tecniche an che come
quella della cera persa, già usata dagli an chi Greci; spesso poi rilavorava i rilievi a sbalzo
(percuotendo il retro della lastra) per aggiungere gli ul mi de agli. Le porte poggiano su
un'intelaiatura lignea e le formelle, fuse una per una, sono bloccate sul retro da una cornice di
metallo fermata al legno da chiodi con capocchia decorata a rose e.

La porta del Paradiso

La porta del Paradiso è la porta est del Ba stero di Firenze, quella principale situata davan al
Duomo di Santa Maria del Fiore. Realizzata dall’ore ce e scultore Lorenzo Ghiber hanno
impiegato circa vent’anni per essere lavorate a freddo con lime, ceselli e scalpelli. Lo sbalzo è la
tecnica che perme e di fare emergere forme a rilievo da una lastra metallica. Il lavoro non
comporta alcuna abrasione o incisione ma soltanto uno spostamento del metallo.
Le forme si sbalzano (si rano fuori) lavorando dal retro dell’ogge o, e il disegno sarà poi
modi cato e ri nito cesellando il lavoro dal davan .
Il metodo di lavoro consente di o enere gure in rilievo, per mezzo di ferri opportunamente
sagoma (i ceselli) e con l’aiuto di un martello ada o a questo scopo, che può avere peso diverso,
secondo i volumi e le super ci da lavorare.
I risulta che si possono o enere sono molteplici: dalla semplice decorazione di una super cie, alla
modellazione di disegni e gure che si staccano dalla super cie della lastra, alla realizzazione di
ogge a tu o tondo.
Il tu o consisteva dunque nel lavoro di sbalzo e cesello a freddo: in la no si chiamava celatura
(celum, cesello → non buca, sposta poiché ha la punta arrotondata).

Andrea Pisano

Fu discepolo e collaboratore di Gio o e fu de nito “maestro delle porte”


1330-1336 → Compie le porte bronzee per il Ba stero di Firenze. Esso ha 28 formelle, 20
della vita di San Giovanni Evangelista e 8 con gure emblema che.

Nel concilio di Trento del 1563 non si parla solo di immagini ma anche di reliquie e del culto dei
san :

La reliquia di Sant'Agata
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Busto di sant’Agata, Giovanni di Bartolo 1376

Il busto di Sant’Agata, conservato a Catania, è stato composto nel 1376 ad Avignone, nella ci à dei
papi, dall’orafo senese Giovanni di Bartolo. È un ritra o della Santa che funge anche da scrigno
contenente la reliquia di Sant’Agata (il suo cranio). Nell’este ca classica era pressoché impossibile
trovare un ogge o che fungesse anche da immagine. È un vaso so o forma di immagine. Per la
nostra cultura immagina va è una cosa non fuori dal comune ma per l’epoca, dominata dalla
loso a scolas ca di Aristotele, il busto rappresentava un essere vivente. Proprio il losofo di
Stagira a ermava che l’uomo, e la materia in generale, era composta da anima (potenza) e corpo
(a o). Per Platone, inoltre, il corpo è un contenitore e l’anima sta dentro di esso come “il vino sta
nel vaso”; Platone però sosteneva il dogma dell’immortalità dell’anima sulla decomposizione del
corpo, Aristotele invece pensava che il singolo esisteva ma le due par separate no (se moriva il
corpo, moriva anche l’anima). Le due idee loso che sono state un problema durante il periodo
cris ano: resurrezione dalla carne non della sopravvivenza dell’anima. Sant’Agos no, che vive in un
periodo dove la meta sica di Aristotele non era stata scoperta, a erma la resurrezione della carne
e dell’anima. Nel quinto concilio di Trento, 1513, la chiesa impone come dogma l’immortalità
dell’anima; vanno contro questo dogma i loso aristotelici di Padova come Pietro Pomponazzi, nel
De umanitate animi, e Cremonini che sulla sua tomba ha fa o scrivere “Totus Cremoninus hic aicet
(qui giace tu o il Cremonini)”. Ha gli occhi aper , tanto è vero che gli occhi sono lo specchio
dell’anima, ed è a tu o tondo (è una pra ca di cilissima sbalzare e o enere una fa ura a tu o
tondo). Ci sono due geni mortuari che sostengono la braccia della santa, dunque di un ogge o vivo
(tradizione che proveniva dalla scena biblica). Un immagine è viva solo se viene rappresentato
tu o nella sua interezza (tradizione dell’arte greca che prima di tu o rappresentava i genitali,
simbolo di fer lità e della vita). Dalla tradizione dei bus romani si considera la testa e il busto le
par sinte che della gura umana.
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Nicola Pisano anche de o Nicola di Pietro "de Apulia"

È possibile stabilire gli estremi biogra ci di Nicola per via dedu va:

-Nel contra o per la realizzazione del pulpito di Siena (1266) a Nicola viene concesso di far lavorare
il glio Giovanni con una paga giornaliera di qua ro soldi, che ammonta ai 2/3 di quella degli altri
lavoran Arnolfo e Lapo e alla metà della sua stessa paga. Se ne deduce che Giovanni era allora
molto giovane e che dunque poteva essere nato nel 1250. Di conseguenza si è s mato che Nicola
potesse essere nato intorno al 1225.

-Nel 1278 (al completamento della Fontana di Perugia) Nicola risulta ancora in a vità: è ricordato
vivente dall’iscrizione la na in versi della Fontana, composta da Bovicello Vitelli.

-13 marzo 1284: In un documento testamentario Giovanni viene de o glio del "quondam
Nichole"

-Circa nel 1284-87 Nella deliberazione con cui si concede la ci adinanza senese a Giovanni Pisano,
e gli si garan sce l’immunità, Giovanni è de o "quandam Nicholi"

- Se ne deduce che Nicola muore tra il 1278 e il 1284.

Nicola era Pisano o Pugliese?

Nell’iscrizione del pulpito per il Ba stero di Pisa (1257-60) Nicola si dichiara "pisano": è allora già
pienamente integrato nella comunità ci adina. Ancora prima, nel testamento di Guidobono
Begarelli (in Lucca il 5 aprile 1258) lo scultore è chiamato "Nicola da Pisa", che gli deve 18 soldi. In
due documen degli anni Sessanta del Duecento, rela vi al pulpito di Siena, Nicola è de o però
"Nichola Pietri de Apulia" e "Nichola de Apulia". Queste documentazioni sono state conservate da
Fra Melano. Quindi a raverso ciò si capisce che lui provenga dalla Puglia, Nicola si forma quindi in
una bo ega federiciana improntata da un forte classicismo.

Le principali opere documentate sono:

1. Il pulpito del Ba stero di Pisa (documentato dall’iscrizione con il nome di Nicola), completato
nel 1260;
2. Il pulpito di Siena: la s pula del contra o avviene a Pisa nel 1265. Il pulpito è certamente
concluso il 6 novembre 1268;
3. Un perduto altare per la ca edrale di Pistoia (1273);
4. La Fontana di piazza di Perugia (i nomi di Nicola e Giovanni sono celebra dall’iscrizione metrica
la na composta da Bovicello Vitelli, il notaio del comune di Perugia).

Potrebbe Alberto Magno, alla ne del Tredicesimo secolo quindi è coevo di Nicola, è un
appassionato di cose naturali e nei suoi scri da indicazioni su come fare dei cammei. Nicola
sapeva anche come fare i cammei (erano forgia nella corte di Federico II) e con che strumen
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Il pulpito del Ba stero di Pisa


(1257-60)

Il pulpito si compone di una cassa di forma esagonale sostenuta da se e colonne corinzie, sei
corrisponden agli spigoli dell'esagono ed una centrale, collegate da archi a tu o sesto triloba . I
fus delle colonne sono in granito rosso, mentre i capitelli, nemente lavora , e le basi sono in
marmo bianco, ma le colonne si dis nguono tra loro perchè sono alterna vamente poggian o una
base esagonale o un leone s loforo, mentre la colonna centrale poggia su una base ornata di gure
accovacciate.
Gli elemen go ci (come gli arche triloba , i capitelli dalla ricca ornamentazione naturalis ca, le
cornici) e gli elemen romanici (come i leoni s lofori) sono fusi insieme armonicamente, con un
senso della misura picamente classico.
Sopra i capitelli gurano ad altorilievo le Virtù e il Ba sta, mentre nei pennacchi sono realizza a
rilievo più basso i Profe e i Qua ro Evangelis . La cassa esagonale, aperta su un lato, per
consen re l'ingresso al pulpito, presenta cinque lastre gurate, separate con tre elegan colonnine
di granito rosso su ogni spigolo.
Nelle lastre Nicola ha realizzato l'Annunciazione e Na vità, l'Adorazione dei Magi, la Presentazione
al tempio, la Croci ssione e il Giudizio. I rilievi riprendono temi tradizionali, ma sono interpreta
con uno s le nuovissimo. La lavorazione a rilievo si sviluppa su un'equilibrata alternanza di
super ci levigate e distese e volumi scabri. Le gure sono possen , eroiche, ma si muovono con
torsioni e a eggiamen sciol . La composizione segue un chiaro ordine geometrico, l'esecuzione
raggiunge livelli qualita vi al ssimi, per l'abilità e la nezza dei par colari realizza con una tecnica
impeccabile, in cui nella minuzia dei de agli si riscontra anche un largo uso del trapano.

Lo s le è in uenzato dall'ambiente in cui opera, dal dialogo coi propri commi en , dal costo e dai
materiali reperibili, il gusto dell’epoca. Lo s le è qualcosa che si crea e che cambia. Si nota una
certa di erenza tra lo s le del pulpito di Pisa e quello di Siena. Nei rilievi del pulpito, che sono
all’interno di un riquadro re angolare, ci sono i de agli della Na vità (anche se nello stesso
riquadro c’è anche l’Annunciazione, la Lavanda di Gesù bambino e l’Annuncio ai pastori). Le scene
all’interno del Ba stero raccontano la storia di Cristo e della Cris anità e Nicola con il suo s le ci fa
entrare all’interno della storia (che porta alla salvazione).Per contemplare le opere di Nicola
Pisano, facendo riferimento allo s le come linguaggio gura vo, a raverso lo slow (a entamente e
con lentezza) and close (da vicino) looking. Nel de aglio che rappresenta l’Annunciazione c’è
l’Arcangelo e la reazione della Vergine, che appare turbata. La scena centrale rappresenta la
Na vità e il bambino è posto alle spalle di Maria, in posizione solenne da matrona, dentro un
sarcofago strigilato an co (simboleggia che è des nato a morire). Le balie, subito so o la vergine,
riempiono la brocca e Giuseppe rimane a onito (perché lui era un uomo vecchio e non pensa più
di poter avere progenie). Nicola ha un’impostazione intrinseca classico-an ca ma da un peso
psicologico e corale alle gure. Per un confronto con la gura di Giuseppe possiamo u lizzare uno
dei Telamoni alla base del pulpito che guarda in alto. Ha uno s le vivo, acceso che si vede nella
luminosità dei vol , avendo lo stesso una ricezione della classicità senza volerla riprendere (ha
sicuramente una coscienza storica sen ta alla corte di Federico II).
Nel rilievo dell’Adorazione dei Magi, l’azione che sembra essere stata messa in moto
dall’Annunciazione si svolge con i cavalli lancia al galoppo e i magi che subito accorrono alla
Vergine e al Gesù Bambino. Lo s le è estremamente solenne ma ha una memoria gura va (simili
alle protomi della scorsa lezione). In questo rilievo Giuseppe in un lato ha un’espressione ancor di
più allarmata mentre c'è il viso giocoso del bambino.
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Se si prosegue nella storia si arriva alla Presentazione al Tempio dove Gesù viene riconosciuto dal
profeta Simeone come il Salvatore. Simeone ene il bambino in braccio (sia Zara che Venezia
sos ene di avere le spoglie di Simeone e creano degli altari, Marco Romano ra gura Simeone che
ha già compiuto l’a o e può nalmente morire in pace), Giuseppe ene due colombe in mano
come dono ma con la faccia di chi stenta a credere di essere lì, Anna l’anziana profetessa con lo
sguardo che evoca un mondo ultraterreno. Nicola sa lavorare i fondi delle lastre rendendole so li
che, quando la lastra viene colpita dalla luce del sole, si crea un e e o di translucenza. Nicola in
generale ene conto della luce che colpisce l’immagine sia posteriormente che di fronte che di
lato.
Nel pannello della Croci ssione c’è Gesù croci sso al centro (intorno a lui c’è lo sfondo vuoto per
me erlo in risalto) e tu o intorno a lui lo spazio si altera e si deforma perché le gure sono tu e
su uno spazio inclinato e c’è un sen mento corale (le gure sono tu e uguali con impronta
classica). Da una parte c’è sgomento ma dall’altro Nicola rappresenta la scena come buco nella
storia. La vergine Maria è svenuta e ha lo sguardo perso, Giovanni è stravolto dal dolore.
La scena del Giudizio universale termina la storia come focus della storia della salvezza. Nicola
pone un’estrema a enzione ai corpi perché c’è la salvazione della carne. Noi risorgiamo non solo
con l’anima ma anche con il corpo, e questo è un dogma di cris anità.
Nella bo ega di Nicola Pisano II: il pulpito di Siena e la nascita di un nuovo linguaggio

Lo s le di Nicola Pisano cambia col tempo e sembra quasi irriconoscibile e questo si nota nella
di erenza s lis ca del pulpito di Pisa e in quello a Siena. La dinamica che in uenza di più questo
cambiamento è la collaborazione coi suoi allievi Arnolfo e Giovanni che si fa più stre o negli anni
1265-1268. Il Pulpito del Ba stero di Pisa è databile al 1260 grazie all’iscrizione con la rma di
Nicola Pisano; quello di Siena nel 1268. Il documento del testamento di Guidobono di 1258 ricorda
lo scultore "Nicola da Pisa" che gli doveva dei soldi (molto probabilmente perché non era ancora
diventato famoso e non poteva coprire tu e le spese). Secondo questo ragionamento, Nicola è
passato dal non essere famoso, e perciò a dover chiedere dei soldi, ad essere rinomato grazie al
pulpito di Pisa. Il pulpito di Siena è una delle opere meno rimaneggiata in seguito se non per la
scala moderna installata da Baldassarre Peluzzi all’inizio del Cinquecento. L’ar sta moderno, come
Peluzzi, è chiamato a misurarsi con l’arte del passato, in questo caso con quella medievale, per
l’installazione di nuovi aspe in uno spazio ar s co. Questo succede spesso, sopra u o con la
scultura.

-Ad esempio la basilica di San Domenico a Bologna all’entrata appare come totalmente
o ocentesca ma, percorrendo la navata destra appare un palinsesto, che è considerato il più
importante della scultura italiana. Il cappello dell’arca viene fa o da Nicola dell’Arca di San
Domenico nella seconda metà del Qua rocento facendo un aggiunta all’arca di Nicola Pisano
(Nicola dell’Arca dipinge anche il Compianto del Cristo Morto di Bologna). A rimaneggiare l’Arca
arriva nel 1494, quando scappa da Firenze no a Bologna, Michelangelo (Ascanio Condini).

-Nel giro di pochi anni cambia s le e rimaneggia con più fervore lo s le go co.

La bo ega di Nicola nei documen rela vi al pulpito di Siena (1265-1268).

Nei documen medievali molto spesso si trovano di erenze sostanziali da quelli di altri tempi un
po’ per la pun gliosità notarile pica medioevale e un po’ perché è un periodo in cui si inizia a
creare una stru ura legale di cui noi siamo eredi. Si vede dai contra di garanzia che tutelano un
bene che garan scono la loro auten cità rispe o alla persona che lo realizza. I primi strumen di
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garanzia vengono elabora per la fusione delle campane perché erano costosissime e quindi c’era
la necessità di garan re sia chi la produce che chi la compra. Siamo perciò ad una congiunzione in
cui gli aspe giuridico economico con uiscono; questo ci dovrebbe far sen re più vicini al
Medioevo. I documen ci parlano sia dei materiali (scelta, approvvigionamento e lavorazione) che
sulla composizione della bo ega di Nicola (i discepoli di Nicola, il ruolo di Giovanni, gli aspe
sociali ed economici del lavoro dello scultore). Il pulpito è certamente concluso nel 1268. Nel
contra o si parla in maniera esplicita dei materiali.

Il Pulpito del Duomo di Siena risale al 1265-68 ed è stato realizzato da Nicola Pisano con la
collaborazione dei suoi allievi, tra cui il glio Giovanni Pisano e Arnolfo di Cambio.
Nell'insieme ricorda il Pulpito del Ba stero di Pisa, ma rispe o ad esso mostra un'importante
evoluzione s lis ca.

La pianta è o agonale e sugli spigoli della cassa presenta gure scolpite ad altorilievo anziché
colonnine.
Nelle se e lastre della cassa, i rilievi ripropongono gli stessi temi dell'altro pulpito ma con
composizioni più ricche e animate.

La mutazione s lis ca di Nicola comporta:


- gure di minori proporzioni, più e e numerose, non più idealizzate, ma cara erizzate, con una
più libera espressione delle emozioni e movimen più decisi;
-I volumi e le masse si sciolgono nel ritmo incalzante dei ges concatena in un maggiore
dinamismo.
- una più decisa insistenza sugli accen pate ci o dramma ci;
- un approfondimento e una chiara padronanza delle componen culturali: quella classica-
ellenis ca che lo porta a composizioni più a ollate e con e e coloris ci, e quella go ca
a raverso l'accentuazione espressionis ca, l'asprezza dramma ca, un più forte dinamismo e una
più profonda indagine delle esperienze e sen men umani.
- L'insieme della composizione è più unitaria e anche nella disposizione dei temi comprende più
episodi idealmente collega : Visitazione, Annunciazione, Na vità , Presentazione al Tempio, Fuga
in Egi o, Croci ssione, Giudizio Universale.

- La linea si fa più energica, dinamica e con nuamente mossa e spezzata so olinea lo sca o dei
movimen , aumenta la forza espressiva dei visi.
Il Giudizio ha un'importanza maggiore rispe o alle altre scene: occupa due la con la gura di
Cristo Giudice al centro, che separa gli ele dai danna .
Non c'è più separazione archite onica tra le storie, le colonnine separatrici sono sos tuite da
gure di Evangelis , Do ori della Chiesa, la Madonna col Bambino, Cristo Giudice. In questo
pannello è probabile un intervento di Giovanni per via delle gure molto studiate nell'espresione
individuale.
La scena della Croci ssione rivela un maggiore e e o dramma co rispe o a quella pisana,
specialmente nel gruppo delle Tre Marie, a ribuite ad Arnolfo.

Giovanni Pisano (1248-1318):


il pulpito di Pistoia (1298-1301)
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Per entrare nella visione ar s ca di Giovanni Pisano possiamo u lizzare la Biogra a di Giovanni
Pisano di Mellini e un testo di un saggio scri o da Henry Moore. Nel testo di Mellini, le foto del
pulpito sono fa e dal fotografo d’opere d'arte Giorgio Amendola. Per Mellini bisogna studiare i
de agli del pulpito per capirne l’insieme. Queste foto sono fa e con luce e atmosfera naturale.
L’esegeta principale del Novecento di Giovanni Pisano è stato Henry Moore, un grande scultore
dell’Inghilterra degli anni '20 del Novecento, che quando arriva in Italia, nel 1925, vede il pulpito di
Pisa e gli è impossibile apprezzare interamente le opere perché non era ancora stato fondato il
Museo di Pisa. Ma nel secondo dopoguerra, quanto ritornò, rimase colpito dalle gure allungate e
con i colli stor e sovradimensiona . Giovanni lo faceva anche per una correzione o ca ma
secondo Moore lo slancio di queste gure rappresenta l’urgenza dello scultore di comunicare un
senso di umanità. Lui usa la tridimensionalità per colpire l’immaginazione e i sen men
dell’osservatore: ha un’interesse per l’umanità. Il linguaggio gura vo pieno di urgenza espressiva
si trova nel modo irrealis co di ar colare le gure. Si può accostare l’urgenza di espressione di
Giovanni con quella di Dante nella Divina Commedia (sappiamo tra l’altro che i due s’incontrano
almeno una volta nella vita a Padova, sono entrambi contemporanei). Mol studiosi dicono che
Dante quando descrive nel Canto X del Purgatorio i rilievi con gli episodi di umiltà abbia in mente
gli episodi del pulpito di Pistoia di Giovanni Pisano, questo non si sa però l’immagine sineste ca del
rilievo che si esperisce muovendosi è pico di Giovanni, potrebbe essere che Dante l’abbia presa a
modello per la sua descrizione. Giovanni Pisano costruisce un altare per il Duomo di Pistoia e forse
è anche per questo che gli commissionano il pulpito. A lui interessa il rilievo scolpito e si allontana
sempre di più dagli archi onorari romani e dal rilievo an co anche perché lui inizia a vedere le
opere di Gio o nella Capella degli Scrovegni il quale nge nelle zoccolature che i vizi e le virtù siano
di marmo, riproducendo in pi ura la scultura. Nell’ul mo libro di Henrik Lange, nel 2023, parlando
della Cappella degli Scrovegni, sos ene che l’interno della cappella evochi e s’ispiri in fa o di
costruzione pi orico-spaziale a quello dell’interno di un arco onorario (arco onorario policromo in
pi ura). Giovanni e Gio o, dire amente o indire amente ragionano allo stesso modo quando
Gio o ricrea in pi ura un rilievo policromo romano e quando Giovanni si interessa al rilievo an co
nella maniera più an -classica possibile ma, tra i due, lui compie una ri essione più profonda sul
problema an co di raccontare le storie nei rilievi quindi non riproduce in maniera mime ca ma
rielabora gli episodi dando una soluzione al problema.

Pulpito della Chiesa di Sant’Andrea a Pistoia, 1298-1301


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-Nel de aglio della Na vità del pulpito, Giovanni evoca un estremo dinamismo nella
rappresentazione delle gure che sono molto espressive.

Pistoia riceve nel Medioevo una reliquia di San Giacomo (di Compostela) e lo celebra. A Pistoia
Andrea di Jacopo rifà in metallo l’angelo di Giovanni Pisano nell’altare di San Jacopo apostolo.

Angelo di Giovanni Pisano e quello di Andrea di Jacopo

Nel livello terreno viene rappresentato l’An co Testamento e poi nei rilievi delle storie di Cristo il
Nuovo Testamento.

-La Profetessa di Giovanni Pisano, che assomiglia alla Vergine, si scosta dopo aver sen to una
profezia. Analogamente Michelangelo con la sua Sibilla del ca rimanda a quella di Giovanni ma
marcando la tridimensionalità monumentale della Sibilla e facendola policroma.

Profetessa del pulpito di Pistoia e la Sibilla profetica di Michelangelo

-Lo stesso a eggiamento chias co della Sibilla si trova in basso, a reggere il peso dell’opera, il
Telamone che si con gura in Giovanni stesso che sorregge con fa ca il pulpito (celebra il duro
lavoro dello scultore).
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Telamone che si con gura in Giovanni stesso che regge con fatica la volta

Gli sfondi dei vari rilievi erano ricoper di vetri colora sempre in modo diverso. A Pisa crea delle
zone d'ombra e di luce ad immersione, a Pistoia inserisce invece dei vetri colora ➡ gli interessa
l’alto rilievo invece del basso rilievo.
Sant’Andrea è una chiesa piccola e buia e quindi bisogna valorizzare la luminosità in modo diverso;
il pulpito di Siena era di un marmo bianchissimo e de agli in oro perché in quella chiesa per luce
poteva risaltare. L’intelligenza immersiva degli ar s si modi ca in base al luogo. Le gure di
Giovanni non sono pate che come nel pulpito del 1266 però nei de agli le emozioni traspaiono
chiaramente.
Nel saggio A late Dugendo Male nude della Moskovick dice che il primo nudo dell’arte europea è
questo bambino che secondo lei è rappresentato come un bebè appena nato. Il bambino è molto
realis co e naturalis co anche se non rappresentato mime camente.

Madonna col bambino e Strage degli Innocen

Anche nel de aglio di un Angelo che guida i pastori possiamo notare come la luce e l’ombra
taglino. La scena della Strage degli innocen no amo degli sfondi vuo e pia e dobbiamo
immaginare che su di essi vi fossero pos delle lastre di vetro. Giovanni ha la cara eris ca di non
rappresentare il volto della gura ma solo l’animus. In nostro sguardo vaga dappertu o nei
molteplici de agli. Giovanni come Dante ci racconta delle emozioni umane a raverso le storie.
Giovanni scolpisce come Dante parla. C’è tanta profondità e tanto sfondo liscio e pia o, che in
precedenza era ricoperto di vetro rosso che richiamava il sangue

Il pulpito del Duomo di Pisa


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Nel pulpito del Duomo, Giovanni proponeva un conce o radicalmente diverso da quello originario
di Pistoia e in primo luogo sos tuiva l’impianto poligonale con una grande base circolare. I rilievi
poi non erano sta crea per essere osserva solo frontalmente ma in diversi pun di vista. La
narrazione con nua cineste ca dei rilievi ci dona tan de agli: come il bacio di Giuda, in cui un
personaggio vicino a Cristo ha in mano una lanterna dotata di una cavità e secondo mol storici
sarebbe servita per contenere un vero lumino; come i leoni che sostengono alcune colonne del
pulpito, che hanno lasciato le loro impronte sul marmo. Degli accesi confron che Giovanni ebbe
con Burgundio di Tado riguardo al lavoro in can ere del Duomo, abbiamo la principale fonte
nell’iscrizione inferiore del pulpito (ripete sei volte sculpture, s’iden cò infa come il più grande
degli scultori viven ). -Si ha un u lizzo delle immagini e di un registro emo vo molto forte, una
comprensione forte del materiale e la volontà d’emergere dell’ar sta

Tecnica + nascita della gura dell’ar sta + emo vità delle gure

-Nella Strage degli Innocen vengono rappresenta un soldato che percuote un bambino. Il
bambino non è stato lucidato e non è de agliato come colui che lo tortura.

-Nella Flagellazione di Cristo di Giovanni Pisano la benda sugli occhi di Cristo è molto vicina a
quello di Beato Angelico. La sua perizia tecnica è messa al servizio di un’intenzione espressiva
perché nella ricostruzione del 1926 che è stata fa a del pulpito, questa scena del Cristo deriso si
trova sopra alla parte dell’iscrizione in cui Giovanni parla delle sue fa che ("non me la sono
cavata"). L’iscrizione alla base è stata rifa a negli anni ven del Novecento ma abbiamo un
frammento in cui sappiamo dove ogni frase fosse posta e la spaziatura.

-Giovanni doveva avere molta consapevolezza degli strumen da lavoro da u lizzare, noi abbiamo i
documen . Un documento pisano del 1304 menziona le lime da u lizzare nel lavoro del pulpito di
Giovanni che sono se e. Un documento pisano del 1308 menziona i trapani u lizza nella
realizzazione del pulpito di Giovanni. Ricorda la pelle di cervo (usata perché è elas ca e fa a rito)
che sarà u lizzata per fare le stringhe per u lizzare il trapano con nuo, procurata da Ciolo da
Siena. In uno dei Salmi, il 21, si fa un paragone tra l’arditezza del cervo e l’abilità dell’arciere (Dio mi
da la forza di usare l’arco come di usare il trapano). Quando l’arte ce pensa all’umiltà e alla forza
pensa ai Salmi. Un documento del 1302 sappiamo che Giovanni si reca a Carrara a scegliere i
marmi e ad operare una prima ispezione. L’importanza della scelta del marmo si vede negli schizzi
di come vorrebbe la forma grezza dei blocchi di marmo per la tomba di Giulio II di Michelangelo nel
1517; bisognava dunque pensare a livello logis co la forma del marmo e poi il traporto via mare da
Carrara. Non abbiamo i disegni dei blocchi di marmo di Giovanni perché i disegni avevano una
funzione diversa, non erano sta pensa per essere conserva (erano fa e su super ci transitorie)
se non i proge generali e poi c’è l’avvento della carta che avviene molto dopo. Dante nella Vita
Nova, dopo la morte di Beatrice, disegna degli angiole (minuto 42). È con Gio o e con l’avvento
della carta che l’uso del disegno si in sce. Lo s le che loro hanno, Nicola e Giovanni, è dato dalla
diversa comprensione dei materiali.

-Nel con l’incendio il pulpito viene smembrato e ricomposto nel 1926. Alcuni pezzi erra ci furono
messe in magazzino e conservate. Solo nel 1926 abbiamo la versione del pulpito per come noi lo
vediamo oggi. A quel tempo, la prima reazione della cri ca, fu quella di non apprezzamento di
fronte al pulpito. Una delle ques oni di dubbio e con i o tra i vari partecipan al proge o di
ricostruzione del pulpito furono le colonne e i loro suppor . Ci sono anche delle integrazioni in
restauro, come le mensoline. La ricostruzione del pulpito ha messo so o l’occhio agli storici e alla
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cri ca un’opera a cui i loro occhi non sono abitua perché la reputano una caduta di qualità
ar s ca.
-Nell’Annunciazione, Visitazione e Nascita di Gesù c’è tanta policromia ma il problema dei cri ci è
lo s le che è sembrato più sommario, meno de nito rispe o agli altri. I cri ci all’inizio del
Novecento si trovano a studiare un rilievo che è stondato, an classico, più umile (non si riesce a
fotografare a causa delle ombre) ed è una fase che è di cile da acce are perché u lizzava lo s le
come uno strumento . Giovanni, e Nicola e Gio o prima di lui e poi di Caravaggio dopo, sono quei
momen in cui si veri ca una crisi di s le e infa lui lo cambia con nuamente.

Giovanni e lo status della scultura.

Giovanni e Nicola sono due ar s consapevoli che teorizzano ciò che fanno. La fontana della piazza
di Perugia è importante perché i due collaborano insieme ed è il momento in cui Giovanni si
emancipa. Nell’iscrizione sopra il di co delle aquile (due rilievi scolpi da Giovanni, non tornano
con il proge o iconogra co per l’elogio a Perugia) c’è scri o "bea Iohannis et sculptoris huius
operis", ci dice che l’aquila è il simbolo di Giovanni e dello scultore dell'opera. Queste aquile
scolpite nel marmo sono il simbolo sia di San Giovanni sia del Giovanni che ha fa o l’opera. Questa
iscrizione è insolita nella storia dell’arte medievale e tes monia l’insoddisfazione di Giovanni
perché si rma in maniera crip ca. Questo può essere il ri esso dell’insoddisfazione del comune di
Perugia verso il lavoro di Giovanni e che in prima ba uta non avesse voluto includerlo come
autore. Già l’iscrizione della fontana cita una gerarchia poiché dice: "Nicola a tu grato e nell’arte
onorato è il ore degli scultori e il gliolo carissimo e inferiore (himus)" e il notaio del comune di
Perugia poi aggiunge una clausola perché Giovanni si era lamentato, sempre secondo l’ipotesi, di
non essere stato inserito nell’iscrizione e infa dice "se non vorrai danneggiarlo dirai che il suo
nome è Giovanni".

-Dopo il termine dei lavori, nel 1310, vengono apposte le iscrizioni metriche in la no alla base e
intorno al pulpito del Duomo di Pisa. Testo e immagine sono stre amente connessi infa la
straordinarietà del pulpito era proprio di essere circolare e la prima parola dell’iscrizione era
"Circuit". "Gra s discenda parando" si pone nella stessa discendenza di Teo lo poiché Dio da il
dono all’arte ce di costruire. "Nunc clamat" è la prima volta nella tradizione ar s ca occidentale in
cui lo scultore parla, in questo caso con un lessico notarile e giuridico che si u lizzava nella stesura
dei contra come "damna probavi". In più l’ar sta per la prima volta si lamenta, accadrà molto
nei posteri come nel caso del Francesco del Cossa, pi ore ferrarese del Qua rocento, che lavora a
Ferrara e scrivendo una le era al Cardinale d’Este chiede un aumento di s pendio perché era
consapevole del suo valore e del suo operato d’ar sta. Giovanni si difende dalle accuse mosse da
Burgundio di Tadio che so raeva al computo le ore di lavoro a Giovanni, pagandolo di meno, e i
rappor si rompono così tanto che iniziano una causa; alla ne Giovanni sarà risarcito. L’iscrizione
in ne parla e chiede all’osservatore di risarcire di tu e le accuse e di piangere con lui di esse. In ne
c’è uno scioglilingua che dice "chi accusa ingiustamente chi è degno di lode dimostra di essere
indegno; così facendo, chi disapprova si dimostra deplorevole". Testo e immagine sono ancora una
colta stre amente connessi perché le parole dell’iscrizione in cui lui si lamenta delle false accuse
era esa amente so o al rilievo del Cristo deriso del pulpito. Il discorso sull’ar sta con nua
nell’iscrizione superiore, che è un po’ più lunga, è posta circa nel 1311. Lui dice che Giovanni è
l’arte ce di quest’opera, nato dal fu Nicola, e che è dotato nell’arte della scultura, "tra tu e le ar
perfe a". Il diba to sull’arte più importante e perfe a fra scultura, archite ura e pi ura ci sarà
anche nel Rinascimento. Scolpisce in pietra, in legno e in oro cose splendide "ché di turpi e oscure
non saprebbe farne neanche se volesse". So o i rilievi del Giudizio si leggono in ne i versi la ni
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che a rontano il tema del giudizio ar s co. L’iscrizione si sviluppa intorno alla cassa e Giovanni fa
appello a chi guarda perché saprà giudicare posi vamente le gure da lui fa e. "Quisquis mirari
tunc rectu iure (in maniera giusta) probari ius (le erale: diri o)" ovvero "chiunque guarderà con
animo integro potrà giudicarlo in maniera giusta". Le iscrizioni dunque collaborano nell’ar colare
un discorso visivo complesso perché in primo luogo il pulpito è uno strumento liturgico che serve
alla predicazione e che nelle immagini ar cola la storia della Salvazione no al Giudizio però
l’ar sta trova il modo di tessere il discorso sull’arte. In ne dice "Cristo abbi pietà dell’uomo che
ebbe tali doni", ovviamente il dono di Dio è l'arte. Di solito le iscrizioni, come nella porta di San
Ranieri, erano dei tula e davano delle informazioni sui rilievi qui invece si parla di un uomo e di
un’ar sta consapevole del proprio lavoro che teorizza quello che fa.

"Clarasque tetras guras" gure chiare, celebri e tetre.

Giovanni è sicuramente famoso per i due pulpi di Pistoia (1297-1301) e di Pisa (1302-10) ma negli
ul mi anni, muore nel 1318, si cimenta a sperimentare e cambia in maniera frene ca il suo s le.
Giovanni non si interessa mai dei rilievi invece lui è uno scultore fa delle vere e proprie statue ed è
famoso perché ha fa o claras et tetras guras quindi tetre e celebri (può signi care anche
splenden ). Spesso la statua delle tre donne della fontana di Perugia non viene a ribuita a
Giovanni perché nell’iscrizione della tazza bronzea c’è scri o che è stata fa a nel 1277 da un certo
Rubeus ("il Rosso") che è il fonditore del bacino bronzeo e molto probabilmente anche della
statua. Però è evidente che lo s le sia quello di Giovanni perciò potrebbe essere stato lui a creare il
calco in cera e che Rubeus fosse solo il fonditore. Le tre gure di Ecate, quindi un modello classico,
è un trivio (ognuna guardava a una strada diversa che sfociava nella piazza). L’ecate chiaramon in
marmo, nei musei capitolini a Roma, ha la stessa dimensione e Giovanni potrebbe averla presa
d’ispirazione. Giovanni Pisano fu sepolto a Siena, nel Duomo. La facciata della ca edrale di Santa
Maria Assunta è stata proge ata da Giovanni e parzialmente portata a termine so o la sua
supervisione tra il 1287 e il 1297 (è nato a Pisa ma si con gura di più come ci adino senese). I tre
portali, che stanno so o agli archi a tu o sesto, con delle cuspidi che riempiono la prima metà
della facciata e sono racchiuse da due poten contra or ; sono sta fa da Giovanni. Ques
presentano delle decorazioni tomorfe (fogliacee) e bicrome (rossa e nera, pica dello sbalzo
senese). Il modello è quello dell’arco di trionfo (ritorna la memoria dell'an co), già preso in
considerazione dalla corrente romanico-go ca. Le gure in facciata sono quelle di profe e
profetesse intesi in senso ampio e il racconto della profezia include anche la sapienza an ca quindi
ci sono anche saggi, come Simeone, e loso , come Platone, della cultura an ca. Il Duecento è il
momento in cui la loso a an ca, sopra u o quella scolas co-aristotelica, diviene un punto di
riferimento per gli intelle uali medievali (viene scoperta la Fisica di Aristotele) e mol sono
ca olici. Giovanni si appassiona a queste gure e dai documen senesi del maggio 1296 (dopo
quest’anno lo cacciano perché si sono persi troppi soldi) si evince che lui da terra scolpisce le gure
ma non sa dove vadano messe in facciata. Il riferimento alle opere danneggiate potrebbe essere
che lui abbia provato a montarle ma siano cadute, alcune di queste sono state anche messe in
facciata in modo sbagliato. Giovanni no al 1296 fa sculture poi passa ai rilievi e cambia
completamente s le. Gli viene commissionato nel 1297 il Pulpito di Pistoia e una Madonna con il
bambino in avorio per l’altare maggiore della Ca edrale di Pisa. Rimane solo la Madonna perché
quest'altare è stato danneggiato nel 1595 dall’incendio del Duomo. Questa statua viene restaurata
da Giovanba sta Riminaldi che ha aggiunto delle par alla base e ha rifa o una parte del velo, il
braccio destro della Vergine e il volto del bambino. Si dice tradizionalmente che una fonte per le
opere di Nicola siano state quelle classiche ma che in Giovanni sia stata d’ispirazione sopra u o
l’arte go ca francese e chi ha addiri ura ipo zzato che si fosse recato al nord delle Alpi e avesse
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visto le sculture go che come quelle della Saint Chapel e del go co classico della metà del
Duecento. Le sculture in piccolo formato però, sia lignee che in avorio, erano piche francesi ed
essendo piccole viaggiavano di più sopra u o c’è una grande circolazione di queste maestranze e
ogge alla corte angioina di Roma (la corte dei Papi era internazionale piena di cardinali e
personaggi religiosi eminen ). C’è una circolazione di idee, di maestranze e di opere notevole ma
gli scultori francesi cercavano di dissimulare la forma curvilinea della zanna scolpendola
all’incontrario; Giovanni invece decide di enfa zzare la sua gura per ra gurare una scultura
dinamica e in movimento.

Sempre all’interno del Museo dell’Opera del Duomo ci sono i tre gruppi mariani. Il gruppo a sinistra
è stato fa o per il Ba stero nel 1306 e c’è l’iscrizione di Giovanni che dice "questa scultura è fa a
dallo scultore Giovanni". Il tondo del 1270 ora nel museo della Collegiata ad Empoli ha una
memoria dell’an co molto forte (tondo come quello dell’Arco di Costan no) anche per i calzari
porta dal bambino. La gura esce dal tondo.

Nella Madonna col bambino della Cappella dell'Arena c’è una rma-formula "opera di Giovanni
(opus+gen…opus Johannis magistri Nicholi de Pisis è la rma apocrifa all’an ca, come quella delle
sculture dei Dioscuri di fronte al Quirinale). Lui dunque dice "opera di Giovanni, glio di maestro
Nicola da Pisa". Il fa o è che questo modo di rmarsi sia una tes monianza che prima non c’è, sia
Giovanni che Gio o vanno a Roma (nel 1300 c’è il Giubileo) e che sia intenzionale la scelta della
rma. Lui fa le gure come Prassitele e Fidia. Anche Gio o dipinge un pannello con San Francesco
che riceve le s gmate e il poli co di Rocca Galiera per Bologna e si rma come opus Gio s. Anche
in relazione ai modelli an chi, ci troviamo di fronte alla consapevolezza dell’ar sta. Enrico
Scrovegni non chiama a Padova solo Gio o, il più grande pi ore del tempo, ma anche i più
importan scultori come Marco Romano, che fa il ritra o di Enrico Scrovegni interamente
policromo, e Giovanni Pisano fa le tre sculture forse per l’altare maggiore o forse per un primo
proge o della tomba di Enrico Scrovegni.

Andrea Pisano

Le porte bronzee per il Ba stero di San Giovanni a Firenze di Andrea sono eseguite in un lasso più
grande di tempo ma datate 1330 da Andrea Pisano. La data si riferisce alla conclusione della
realizzazione dei modelli di cera. I principali pun fermi dell'a vità di Andrea Pisano sono ques :
-Nel 1330 lo scultore rma le porte del ba stero di Firenze ( rma i modelli che poi saranno fusi
successivamente).
-Al 1336 risalgono invece dei documen che sono no a raverso delle trascrizioni parziali che
perme ono di seguire la realizzazione delle porte no alla loro conclusione nel 1336.
-Andrea completa le porte nel 1330 e ci vogliono circa 6 anni per realizzare la fusione e la
sigillatura dei ba en in bronzo. Abbiamo già de o che la fusione a cera persa si realizza con dei
modelli di cera malleabili che vanno fusi e una vola usci dal crogiolo vanno righe a , vanno
elimina i canali di fusione è un processo molto complicato che serve a ricordarci che la fusione di
un'opera bronzea è un lavoro delicato dal punto di vista tecnico e complesso che talvolta richiede
anni di ri nitura a freddo.
Sappiamo che qualche anno dopo Andrea è impegnato nei lavori del campanile di Gio o.
Che è quello che andiamo ad analizzare oggi; quindi non par amo dalla prima opera
documentabile, che è la porta in bronzo, ma par amo dalla seconda opera oren na di Andrea
Pisano che lo lega, per via di tramandi, ad un periodo precedente della storia dell'arte che è quello
a cui siamo arriva con le lezioni su Nicola e Giovanni. Quel crinale tra il '200 e il '300 in cui nella
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pi ura è primo Gio o e Andrea è stato visto in qualche modo come il con nuatore di un certo
modo gio esco nella scultura o meglio nel rilievo.
Nei documen oren ni per la fusione della porta bronzea, Andrea Pisano è talvolta de o 'ore ce'
la prima opera a ribuitegli è appunto un'opera di ore ceria. Per Andrea e suo glio Nino, che pure
lavoreranno la pietra, la scultura signi ca, in primo luogo ''per via di porre'': la scultura che si fa
modellando nella cera, aggiungendo del materiale e non levandone come con il marmo.
Questa è la prima opera rmata di Andrea Pisano; è un'opera di scultura che si trova nel duomo di
Massa Mari ma. Un de aglio ravvicinato che serve a far apprezzare la forma forte e scultorea di
questo Cristo. Si tra a del croci sso argenteo di Massa Mari ma.
Questa è invece una delle prime opere a ribuitegli ed è un croci sso in legno che si trova a Pescia
che gli è stato a ribuito per similitudine s lis ca con quello della croce rmata da un Meo un
Gardio e un Andrea di Pisa ed è stato ipo zzato si tra asse di Andrea Pisano. L'unica opera
documentata tranne la croce, sono le porte bronzee ma l'altra opera documentata dalle fon , dalla
tradizione indire a, sono i rilievi scultorei del campanile della ca edrale di Firenze, noto come il
campanile di Gio o.
Lo storico dell'archite ura, Marvin Trachtenberg ha scri o un libro sul campanile di Gio o a
Firenze.
Nel libro c'è un disegno che ritrae il campanile di Gio o a Firenze con dei de agli dissonan ,
diversi rispe o al proge o nale, sopra u o la terminazione della torre è molto diversa. Questo è
un esempio di un disegno proge uale che descrive il campanile di Santa Maria Del Fiore. È un
disegno su pergamena, lungo quasi due metri che in grande novizia di par colari descrive il
campanile con delle soluzioni, sopra u o nella parte alta, molto go che. Ci sono stru ure con
arco acuto con terminazioni cuspidate che non si ritrovano nel modello. Di fronte ad una
tes monianza come questa non sappiamo se si tra di un proge o che poi è stato modi cato
oppure di un disegno fa o a Siena per copiare in gran de aglio questo documento importante di
Firenze. Questa pergamena si conserva nel museo dell'opera del duomo di Siena. Questa
pergamena è un caso di disegno colorato, alto 2 metri, molto de agliato; si vedono tu i singoli
de agli della torre e della sua decorazione.
E' un ogge o di archite ura che è legato al nome di Gio o perché la tradizione oren na ci dice
che Gio o è ad un certo punto, dopo Arnolfo, il capo dell'opera della ca edrale di Firenze, il capo
magister e a lui viene dato l'incarico di proge are questo campanile. Questo disegno non
sappiamo da chi sia stato realizzato ma in qualche modo ci fa pensare ad un modo proge uale
simile a quello di Gio o.
Si vede nella parte bassa del disegno una fascia importante. Si vede una fascia con delle formelle,
qui lasciate vuote, che fu decorata in scultura da Andrea Pisano.
Nella fascia basale del campanile oggi ci sono poche modi che riprodo a da questo disegno a
Siena. Vediamo in questa immagine solo il primo registro ma a noi interessa anche quello appena
superiore dove ci sono altre formelle realizzate intorno agli anni '40 dalla bo ega di Andrea Pisano
che anche a livello di signi ca complementano il primo ordine.
Questo primo ordine fa in maniera analoga a come abbiamo visto nella tra azione testuale di
Cennino e Teo lo, una storia della nascita delle ar e la ritesse all'interno della storia della
civilizzazione umana e della storia del messaggio cris ano. In questo de aglio del primo registro
del campanile si vedono le formelle della creazione di Eva e del lavoro dei progenitori. Eva viene
creata e nella formella successiva vediamo già Adamo ed Eva espulsi dal paradiso che inventano le
varie ar . C'era la necessità di inventarsi i lavori, le ar .
Le prime ar che è necessario invenire per necessità (come diceva Cennino): sono l'agricoltura e il
lare, la fabbricazione dei tessu . Questa serie culmina nelle tre ar maggiori: la scultura, la pi ura
e l'archite ura.
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Queste formelle che Andrea scolpisce all'inizio degli anni '40 quando è subentrato a Gio o nella
cura della ca edrale (dopo la morte di Gio o che avviene circa nel '38) fanno la storia delle ar e si
parte dalla creazione, si parte dalla cacciata e si arriva alle formelle con le art maggiori: scultura,
pi ura, archite ura.
Le formelle sono cara erizzate:
lo scultore è rappresentato all'an ca, ha dietro una casse a dove si individuano vari ogge ; si
vede appesa al muro una squadra e un trapano corrente medioevale.
In queste altre due formelle a sinistra Andrea rappresenta la pi ura e a destra invece l'archite ura.
Il pi ore è ves to all'an ca che dipinge una tavola; in basso a sinistra ci sono i contenitori del
colore, tu in ordine, come ci insegna Cennino. Sulla destra c'è un tri co appeso a delle mensole
in quella che immaginiamo sia la bo ega del pi ore.
L'archite o invece sta facendo un disegno con un compasso.
Andrea ci dice che anche le ar maggiori vanno le e all'interno della storia, della Genesi della
civiltà umana e delle ar bibliche. Questo è uno schema che rappresenta il lato ovest dove inizia la
storia con la creazione di Adamo e nisce con la vi coltura. Si vede da questo schema il secondo
ordine, che dalla foto non si vede, in cui ad ogni formella è accoppiato un pianeta. Alla creazione di
Adamo corrisponde Saturno, alla creazione di Eva viene associata Giove ecc. la luna è considerata
un pianeta e non un satellite.
E' straordinario vedere che il livello di implicazione a questa altezza cronologica tra la scultura
pubblica, come quella di Andrea per le formelle del duomo di Firenze e i pi di conoscenza teorici:
qui c'è la storia biblica e la scienza delle stelle.
Aristorio da Arezzo che non era solo un pi ore ma anche uno scienziato della toscana tardo
duecentesca che scrive appunto un tra ato enciclopedico che si chiama ''Composizione del
mondo'', in cui parla della scienza delle stelle; non è poco comune che gli ar s avessero una
conoscenza scien ca o interessi in quell'ambito e in questo ciclo gura vo Andrea me e delle
radici for nel pensiero scien co, e in quello storico, ma in toscana nel tardo medioevo non era
così poco comune.
Qui abbiamo di fronte la formella della creazione di Adamo, la prima formella. Andrea rappresenta
Adamo nudo, reclinato sul pro lo della scarpata, che si 'sveglia' quasi e davan a lui c'è Dio che lo
ha creato.
Queste formelle sono oggi sos tuite da delle copie sul campanile e le originali si trovano nel museo
dell'opera di Santa Maria Del Fiore a Firenze.
Le formelle erano molto sciupate ma si vede bene l'abilità dell'ar sta nel riprodurrà in uno
spessore minimo sia la foto del Dio creatore che quella dell'Adamo. Adamo ha questa bellissima
posa, ed è interessante che nella fantasia dello scultore, questo corpo fa o di limo, di terra,
sembra so ra o alla materia di quella scarpata.
Il rapporto che c'è tra queste formelle ed il ciclo dei piane è stato studiato ed è di cile da
contestualizzare, ci manca un quadro di le ura univoco, non sappiamo veramente per quali mo vi
le di eren scene sono accoppiate con i di eren piane . La spiegazione generale è che anche la
creazione e quindi anche la vita dell'uomo, cacciato dal paradiso, che si guadagna la vita terrena
con fa ca, inventandosi dei lavori, dei mes eri, è sogge a agli in ussi divini ma è anche un'a vità
in cui orisce il libero arbitrio; ma è di cile capire il mo vo di questo accoppiamento. Ad esempio
a saturno corrisponde la formella con la creazione di Adamo con il Dio creatore. Questo è saturno:
c'è un problema a proposito di chi ha immaginato queste immagini, queste gurazioni.
Al prof viene da pensare dal momento che il temperamento saturnino è tradizionalmente e n
dall'an chità, il pianeta più collegato al temperamento dell'ar sta. C'è un libro: ''Born under
Saturn'' di Margot and Rufolf Wi kower che prova appunto a fare la storia del temperamento
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saturnino creatura e creatore degli ar s . Non è forse un caso che il Dio creatore, che crea Adamo
è collegato a Saturno che è il pianeta spesso collegato all'a vità dell'ar sta.
Non sappiamo bene circostanziare questo rapporto tra le ar e le stelle ma c'è un passaggio di
Dante nel XVI del Purgatorio nel quale lui stesso ne parla.
Dante dice che l'in uenza del cielo e delle stelle è forte nelle nostre azioni, ma anche posto che ci
in uenzino in maniera forte, quasi totalizzante, a noi è data la possibilità di scegliere il bene o il
mare e il libero arbitrio.
Anche all'interno di un percorso condizionato dall'in uenza dei piane all'uomo è dato sempre il
libero volere. È interessante vedere le ar riquadrate in questo quadro teorico.
Ci dice Cennino e Teo lo prima di lui che l'arte è un dono di Dio ma siamo noi che con le scelte, il
nostro impegno e con la nostra arte l'arte possiamo scegliere.
Nella scena che segue vediamo la creazione di Eva: Adamo dorme sempre sul ciglio della scarpata
e il dio creatore che estrae dal anco di Adamo Eva.
A livello di tecnica dei rilievi, ques rilievi sono molto diversi a quelli di Giovanni. C'è uno sfondo
che è molto visibile, di erentemente da Giovanni. Giovanni inoltre scolpisce delle gure molto più
profonde, mentre qui le gure sono in super ci, è molto più bidimensionale l'opera di Andrea. Lo
sfondo è vuoto, pia o.
Ques rilievi sembrano la trasposizione in scultura di disegni. Era un modo pi orico di intendere il
disegno scolpito completamente diverso da quello di Giovanni. I rilievi, le formelle con il ciclo della
nascita delle ar e dei mes eri a raverso la storia della civilizzazione umana; è la storia della
nascita delle ar all'interno della storia della civiltà. Se è vero che ques sono quasi dei disegni, che
è una storia dell'immagine, sono disegni scolpi , ma sembrano delle scene bidimensionali è
interessante capire quali strategie l'ar sta me e in campo per farci capire che questa
e e vamente è una storia e lui in maniera intelligente disegna a livello delle soluzioni gura ve, di
come costruisce le immagini, una storia che è anche cronologica nel senso appunto di uno
sviluppo storico cronologico, come veniva immaginato allora, della storia umana.
Qui vediamo Adamo e Eva già caccia dall'Eden: Adamo lavora la terra ed Eva che la con un fuso.
Questa è un'immagine molto intelligente perché in primo luogo i corpi di Adamo ed Eva sono
ves , e sono ves in maniera semplice, sono coper da semplicissimo panno.
Il primo uomo e la prima donna sono ves di un tessuto. È bello il modo in cui vediamo la schiena
muscolosa di Adamo, ed ha un solo pezzo di panno annodato sulle spalle che scorre sul davan ,
con due nodi. L'a enzione è sui due nodi: il nodo è la forma di tecnologia più semplice. Sarebbe
stato facile immaginare e rappresentare una bbia elaborata o dei bo oni ma a questo punto della
storia non era possibile: siamo all'inizio dell'invenzione della scienza e delle ar , c'è solo il lare. Gli
abi si annodano intorno al corpo alla meno peggio.
C'è un piccolo de aglio importante sulla destra di un animale selva co, un orso che vuole
prendere il fru o dell'albero so o il quale sta. L'orso ha la bocca aperta e la testa all'insù come se
volesse prendere il fru o: l'animale non ha bisogno delle ar . Questa immagine è molto ra nata:
il primo uomo e la prima donna per vivere, per procurarsi il cibo e coprirsi devono lavorare, a
destra c'è un animale selva co che non è appunto addomes cato perché ancora a questa altezza
della storia, l'uomo non ha ancora addomes cato gli animali.
L'orso non ha bisogno di lavorare per mangiare e non ha neanche bisogno di coprirsi, si vede bene
la pelliccia dell'orso riprodo a da Andrea Pisano.
E' quello che dice Cennino all'inizio del libro: Cennino quando scrive quel prologo pensa a queste
formelle o ad un ciclo simile, o ad un pensiero che sta dietro a queste formelle. Cennino scrive alla
ne del '300 qui siamo nel 1340 e l'idea è quella della storia biblica, della storia dell'uomo vista
a raverso i tes biblici e testamentari e della storia della tecnica come veniva raccontata dalla
Bibbia che è quella ancora di Teo lo e Cennino: da una parte c'è l'uomo che lavora mentre
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dall'altra c'è l'animale che non ne ha bisogno. L'intelligenza di questa immagine è importante
perché qui vediamo il contrasto: l'uomo deve lavorare.
Le condizioni di natura dell'uomo e dell'animale sono completamente di eren .
Il nodo serve a so olineare il livello di tecnologia di quel momento e anche Eva ha un nodo.
Seguendo il racconto biblico incontriamo tre personaggi, che incontriamo nel racconto della
Genesi.
Nel passo biblico noi incontriamo Iabal (il padre di quan abitano so o le tende presso il
bes ame), Iubal (il padre di tu i suonatori di cedra e del auto) e Tubalkain (il fabbro, il padre di
coloro che lavorano rame e ferro).
E noi, in questo racconto che segue il racconto del vecchio testamento incontriamo queste gure,
in primo luogo incontriamo Iabal rappresentato all'interno di una tenda con al di so o un gregge e
un cane pastore. In questa immagine vediamo il de aglio di Iabal che con una mano ha spostato
l'apertura della tenda. Vediamo lui so o la tenda con appunto al di so o dei greggi. C'è una
descrizione perfe a del passo biblico. In par colare ci so ermiamo sull'uomo il quale adesso ha
addomes cato gli animali e vediamo insieme alle greggi il cane che è un cane pastore. L'uomo ha
addomes cato gli animali presen nella formella.
Noi sappiamo chi è questo personaggio senza che ci sia nessuna iscrizione perché conosciamo la
fonte biblica. Qui Iabal è ves to in modo semplice, anche qui l'uomo è ves to all'an ca.
Qui incontriamo il fratello Iubal con la musica. Vediamo queste gure so o ad una tenda o
all'aperto perché non è ancora stata creata l'archite ura, non è stata inventata e allora le gure
devono trovare un altro spazio. Iubal so a in uno strumento a ato, il quale è ra gurato
all'interno di una stru ura mobile perché Andrea vuole essere fedele, o chi immagina le formelle,
l'idea è che siano state ideate da Gio o, vuole essere fedele alla storia; c'è un tenta vo di
verosimiglianza storica basandosi su dei raccon biblici. Non essendo stata inventata l'archite ura
e quindi la gura non può essere rappresentata all'interno di un edi cio in muratura. Persino il
fabbro ha tu gli strumen (Tubalkain) ha un ferro incandescente sull'incudine, un camino sullo
sfondo, c'è un pavimento e ha al di so o c'è un terreno. Questa scena si svolge in uno spazio
viminale non siamo all'interno di una bo ega o di una casa. Andrea evita di rappresentare la gura
in una casa perché la metallurgia viene inventata prima dell'arte degli edi ci monumentali. Si vede
un piano di calpes o semplice con so o la terra.
In quest'altra formella viene descri a la scena dell'ebrezza di Noè, la fonte più importante è
appunto la genesi . Noè che era agricoltore cominciò a piantare la vigna e bevve del vino, si inebriò
e si denudò in mezzo alla sua tenda. Qui vediamo Noè che è so o un pergolato, so o una stru ura
lignea su cui cresce la vite.
Si vede una bo e chiusa con delle cinghie e a sinistra invece si vede Noè che con una scodella ha
bevuto il vino e si è ubriacato. È nudo Noè. Si vede l'uva, il vino e si vede lui ubriaco.
Ques rilievi del campanile ci parlano di una storia, ci parlano di come Andrea e gli uomini del suo
tempo intendessero la storia di tu e le ar . Nella parte meridionale del campanile incontriamo i
rilievi con le ar apportatrici di civilizzazione. Ques rilievi sono collega in alto con dei rilievi che
sono le virtù cris ane. Noi vediamo qui le ar apportatrici di civilizzazione, dall'astronomia
all'archite ura, dalla medicina alla gius zia e in alto le virtù cardinali: prudenza, gius zia,
temperanza e fortezza e le virtù teologali: fede, speranza e carità. In questa formella vediamo un
astronomo che con uno strumento di misurazione appoggiato all'occhio sembra misurare l'altezza
dei piane o delle stelle rispe o all'orizzonte. Questo astronomo punta il suo strumento verso il
cielo e vediamo sullo sfondo uno spazio. L'astronomo è rappresentato seduto con la mano destra
che prende gli appun ma questo studio trova spazio all'interno della sfera celeste. A di erenza
delle altre formelle qui l'ar sta immagina di avere una sfera che poi recede verso lo sfondo e
vediamo una striscia, un nastro con i segni zodiacali. Andrea ci dice che questa osservazione
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avviene di no e, so o il cielo stellato. Avviene so o il cielo stellato perchè ancora non è stata
inventata la res edi catoria e quindi l'azione può avvenire solo in uno spazio aperto o in
un'archite ura provvisoria. C'è un'a enzione grande a non contraddire la scansione
dell'apparizione delle ar come viene data dalla bibbia che è qualcosa che poi farà, in maniera più
ra nata, appoggiandosi ad altre fon quali Vitruvio, Ghiber nella porta del paradiso. Uno storico
cerca di rappresentare i rilievi secondo quello che secondo lui è lo sviluppo storico. Le archite ure
dei rilievi della porta di Ghiber e sono archite ure che si evolvono come secondo Vitruvio si era
evoluta l'archite ura.
Qui non siamo allo stesso livello di ra natezza, qui l'astronomo opera all'esterno.

Finalmente arriviamo alla formella dell'arte di edi care, rappresentata dalla gura di un archite o
che dice appunto come vada edi cata questa torre e gli operai, gli arte ci, costruiscono
un'archite ura monumentale, un'archite ura fa a per rimanere, una res edi catoria. L'archite o
è più grande degli altri, non solo come importanza ma anche come riproduzione nella formella.
L'archite ura sembra inglobare l'archite o. L'immagine deve essere e cace in questo caso e noi
capiamo subito che si tra a dell'archite ura.
Quest'altra formella mostra una gura par colare: si tra a di un medico che ha in mano un
contenitore, una ampolla del do ore. E' una gura che ha una certa importanza e rilevanza sociale:
ha una mano poggiata nel grembo e stringe i guan . È un uomo che ha un manto ed è ves to alla
moderna, non all'an ca. Andrea qui vole rappresentare la medicina e in par colare il medico
esamina l'urina del paziente in controluce. Alcuni hanno interpretato questa scena come l'arte
ceramica perché si vedono mol vasi e un uomo che ene un vaso in alto. Ovviamente non è un
vasaio ma si tra a di un medico ma è un errore interessante nell'interpretazione perché ci dice che
noi oggi siamo in mondo lontano da quello di ques uomini. Lo storico dell'arte ha a ribuito a
questa scena erroneamente l'arte ceramica perché non vedeva nello stesso modo di un uomo del
'300. Ogni società del passato e del presente ha un sistema di riferimento di conoscenze che in
alcuni casi è più ra nato piu osto che in altri.
Il medico è all'interno di uno studio, e si vede perché c'è un pezzo di te o; è già stata inventata
l'archite ura.
Questa è la scena della caccia dove c'è un uomo a cavallo che impugna una lancia per cacciare un
animale.
Qui si vede la tessitura, che non è la latura di Eva, è proprio la tessitura e si vede un telaio, questo
strumento è descri o in grande de aglio. Questo telaio è descri o con grande importanza perché
l'arte della tessitura era un'arte molto importante a Firenze.
È importante so olineare la ra natezza di questa storia e delle singole formelle, di come l'una
parla con l'altra a livello di composizione delle immagini.
Dopo la scena dell'arte del tessuto c'è il diri o. In questa formella che riguarda il diri o vediamo
un giudice che da le leggi in quello che sembra un libro aperto, potrebbero essere delle tavole. È
un giudice in trono, in una posizione di importanza, che da le leggi.
La cosa interessante sono i due personaggi sulla sinistra; sono due gure che assistono alla scena
come da un loggiato. Siccome Andrea immagina questo rilievo su due piani: lo sfondo e il piano
rilevato (tu o sulla medesima super cie il piano rilevato). Anche queste due gure, che assistono
alla scena tramite un piano rialzato all'interno di questa loggia, sono rappresenta frontalmente
ma appoggia ad una balaustra e su quella balaustra c'è un tappeto. Nella pi ura veneziana
sopra u o, tra il '400 e il '500, si vedono mol di ques tappe orientali che venivano stesi ai
balconi delle case nei giorni di festa.
Le due gure che assistono alla scena, che vedono le leggi che vengono donate, assistono
all'interno di questa loggia a accia ad una balaustra sulla quale viene messo un tappeto: si
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capisce che si tra a di un a casa ricca, una casa importante. Il tappeto c'è e sopra u o ci può
essere perché nella scena prima è rappresentata la tessitura che viene inventata. Ogni rilievo porta
all'altro. Uno dei due personaggi che guarda la scena accarezza la super cie del tessuto; il tessuto
era il simbolo di ricchezza ma anche della coesistenza di diverse istanze all'interno della società. La
legge e il diri o perme ono di tessere i diversi problemi, le diverse necessità della popolazione
all'interno di un tessuto unico che è quello della società, e in questo caso è quello della società
comunale, quindi la persona che osserva il diri o accarezza, tocca il tessuto.
La stru ura della formella è complessa, ci sono due gure che assistono frontali. Molto più
immediato è il riferimento, anche questo tra o dalla mitologia, della gura di Dedalo a cui l'ar sta
ricorre per la rappresentazione dell'arte della meccanica. Qui si vede Dedalo che vola con delle ali
fabbricate: c'è una grande a enzione nel far vedere l'ingegno della creazione; le cinghie con cui le
ali sono legate al corpo di dedalo sono ben in mostra, e inoltre si vede qualcosa in basso, forse i
res di qualcosa, sembrerebbero i res del tenta vo fallito di Icaro. In questo caso, come quello
precedente, viene usata un'immagine icas ca che era nella memoria visiva e anche nella tradizione
orale degli uomini del tempo per rappresentare la tecnica, la meccanica.
Il corpo di Dedalo è coperto di piume.
È interessante il de aglio del tenta vo senza successo di Icaro: la tecnica e la meccanica sono
sempre prone al fallimento. Andrea Pisano, il quale lavora il bronzo che è un materiale molto
complicato da lavorare e prono al fallimento, probabilmente percepiva la gura di Icaro come
molto vicina a lui. La gura di Icaro in par colare era una gura che Andrea doveva aver ben
presente: come la meccanica è qualcosa che s da i limi intrinseci all'arte.
Quelle che si vedono invece sul lato est sono le ar della piena civilizzazione. Da questo schema si
capisce che l'ordine fu parzialmente modi cato quando si aprì la porta di accesso al campanile nel
'400. Originariamente la scultura e la pi ura si trovavano nella zona occupata oggi dalla lune a del
portale, sono state poi spostate sul lato nord. Tra le ar della civilizzazione c'è la navigazione. È
interessante che la navigazione venga dopo Dedalo e dopo la conquista ardita del cielo. Dopo la
conquista del cielo, si ha la conquista dei mari: la navigazione era considerata nel medioevo un'arte
di cile e pericolosa. Anche successivamente, nel '500, Vasari scrive delle le ere quando deve
andare a Venezia ed è spaventato a morte da quel viaggio. La navigazione è quindi un'arte evoluta.
C'è poi questa formella che prende dalla Bibbia e dalla mitologia le fon . In questa formella ci sono
Ercole e Caco. Ercole ha appena vibrato un colpo e vediamo il corpo senza vita di Caco a terra.
L'interpretazione di questa formella è di cile, alcuni l'hanno interpretata come simbolo di gius zia
sociale perché spesso ercole è simbolo di gius zia ma è di cile interpretarla nel contesto dello
svolgimento di queste formelle. Spesso non è possibile stringere sull'interpretazione biblica.
Alcune di queste cara eris che tornano nelle gure che Andrea scolpisce in pietra.
Questa è invece l'agricoltura, che non è però la forma di sussistenza pra cata da Adamo quando
viene cacciato con Eva dal paradiso ma è l'arte della tecnica. L'uomo che ara la terra ha uno
strumento complesso che è legato a dei buoi e viene rappresentata la fa ca degli animali che
trainano l'aratro. L'aratro vero e proprio, lo strumento che aveva il compito di rendere il terreno
agibile per la col vazione; c'è tu a una tecnica e una tecnologia che riguarda anche quello. Qui si
vede con il de aglio degli strumen rappresenta .
In quest'altra formella c'è un'altra scena di di cile interpretazione: c'è un uomo che guida un carro
e forse ha una maschera: questo ha fa o pensare alla rappresentazione delle ar sceniche del
teatro, ma è rappresentato alla guida di questo carro. Anche qui è di cile dare un'interpretazione
certa di questa scena.
Siamo a Firenze negli anni '40 del '300, Gio o è da poco morto, siamo negli anni appena prima
della crisi della peste del '48, siamo in un momento di apice della vita culturale e anche delle ar a
Firenze. È un ciclo che fa la storia dell'uomo, parla della civilizzazione umana rappresentato sul
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campanile della ca edrale di Firenze: un luogo centrale per la ci à, nel cuore della ci à, dove tu
lo vedevano. Il ciclo si conclude, questa storia dell'uomo niva con le ar , con la scultura, con
l'ar sta ves to all'an ca che scolpisce un pu o, il pi ore che dipinge i poli ci e un tri co che il
falegname ha già a rontato che a ende di essere dipinto, anche qui l'ar sta è rappresentato
all'an ca. In par colare un de aglio della formella sulla pi ura, l'ar sta si spinge in avan , è in
bilico sulle gambe davan dello sgabello. A sinistra ci sono i contenitori del colore. In ne c'è
l'archite o, colui che proge a che è rappresentato seduto e ha un compasso.
Il proge o è stato da alcuni a ribui a Gio o ma non si sa.
Andrea in queste formelle ci mostra l'uomo all'interno della società e in par colare, lui stesso
all'interno della società.
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