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Letteratura francese

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• Gli inizi
• Nelle raffinate corti provenzali, a partire dalla fine del sec. XI e sino agli
inizi del XIII, fiorì una produzione poetica in lingua occitana, ispirata al
sentimento d'amore (poesia cortese) e realizzata con una metrica già evoluta,
oltreché con modalità espressive ricercate (letteratura provenzale). Tra i
principali autori vi furono A. Daniel, B. de Ventadorn, B. de Born, J. Rudel.
• Nel nord, dopo i primi testi letterari risalenti al X secolo (biografie esemplari
e agiografiche, tra cui la Vita di S. Alessio), si sviluppò, fra l'XI e l'XIII
secolo, la letteratura cavalleresca. Nei suoi due principali cicli, il carolingio e
il bretone (rispettivamente dedicati alle vicende dei paladini di Carlo Magno
e a quelle dei cavalieri di re Artù), si esprimono diversi ideali di vita: più
austeri quelli delle «chansons de geste», tutte incentrate sull'amor patrio, la
fedeltà al sovrano, la religione; più laici e mondani quelli del ciclo arturiano,
appartenenti al genere del romanzo cortese, per l'importanza che vi
assumono le tematiche amorose e per la celebrazione dello spirito
d'avventura e del desiderio di gloria, rispondendo alle aspirazioni delle corti
a un ideale di vita e all'evasione in un universo fiabesco.

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• Ciclo carolingio e bretone


• L'opera più importante del primo ciclo fu la Chanson de Roland,
mentre nel ciclo bretone si segnalano il «Lancelot» (il «Lancilotto»
di Chrétien de Troyes e il «Tristan» («Tristano») di Thomas
d'Angleterre. Nella seconda metà del sec. XII Maria di Francia,
lasciò, con i famosi «lais» (brevi racconti d'amore in versi),
testimonianze preziose degli ideali cortesi. Più vicini al gusto e
alla sensibilità borghese furono invece i «fabliaux», composti tra il
sec. XIII e il XV. Allo stesso ambiente culturale si ricollegano i
racconti in versi, a carattere parodistico, del «Roman de Renart»
(sec. XII-XIII), laddove il coevo «Roman de la Rose» (due libri in
versi, opera rispettivamente di Guillaume de Lorris e Jean de
Meung), assolve invece un intento didascalico e allegorico.

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• Il ciclo bretone
• Il ciclo bretone comprende una serie di poemi e romanzi dei secoli
XII e XIII, incentrati sulle figure di re Artù e dei suoi cavalieri della
Tavola Rotonda o sulla leggenda di Tristano e Isotta. La qualifica di
"bretone" allude al fatto che queste opere sono ambientate nelle due
Bretagne, l'isola e la penisola, e attingono al vasto repertorio della
mitologia celtica. Le fonti scritte della "materia di Bretagna"
risalgono allo storico benedettino inglese Guglielmo di Malmesbury e
a Goffredo di Monmouth, autore di una «Historia regum
Britanniae» («Storia dei re di Bretagna», 1136), che in dodici libri
e in prosa latina narra la leggenda dei re bretoni, e in particolare
di re Artù, impareggiabile cavaliere e generoso sovrano.

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• Historia regum Britanniae


• L'opera fu "tradotta" in volgare francese da Wace nel «Roman de
Brut» («Romanzo di Brutus», noto anche con il titolo di «Geste des
Bretons», «Gesta dei Bretoni», 1155) e da lui offerta alla regina
Eleonora d'Aquitania. La versione di Wace introduceva numerosi
particolari romanzeschi, primo fra tutti la celebre Tavola
Rotonda, simbolo dell'ideale uguaglianza dei nobili cavalieri di
Artù, e sottolineava la squisita cortesia dei modi in uso alla corte
del re. Ispirato alle leggende bretoni, il genere esprime capolavori
quali i «lais» di Maria di Francia, il poema «Tristano e Isotta» e
soprattutto le grandi opere di Chrétien de Troyes. «Summa»
allegorica della cultura cortese e al tempo stesso suo
superamento fu più tardi il Roman de la Rose.

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• L'amore e l'avventura
• L'amore è il tema dominante e il centro ispiratore del romanzo
cortese. Il coraggio, la prodezza, la cortesia acquistano un senso
solo se mossi dall'amore e finalizzati al servizio della donna
amata. L'amore consente al cavaliere di elevarsi a un mondo di
sentimenti profondi e delicati e diventa quindi strumento
privilegiato di arricchimento spirituale. Strettamente connesso è
il tema dell'avventura, che il cavaliere cortese ricerca per mettere
alla prova se stesso. Mentre i cavalieri della canzone di gesta
dimostravano il proprio coraggio in battaglie anche storicamente
determinate, come la guerra contro gli infedeli, il cavaliere
cortese parte, spesso da solo, in cerca di pericoli fantastici, il cui
superamento è finalizzato esclusivamente al proprio
perfezionamento.

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• Gli iniziatori
• Sempre nel nord fiorì anche una poesia lirica, a partire dal XIII
secolo, che, se non raggiunse i livelli estetici di quella provenzale,
ebbe però il merito di ampliare il quadro delle tematiche
rappresentate e delle soluzioni tecnico-stilistiche sperimentate.
• Da ricordare a questo proposito i caposcuola Chrétien de Troyes e
G. de Machaut; le opere, a volte realistiche e satiriche, a volte
incentrate su una problematica amorosa convenzionale, di E.
Deschamps e la produzione poetica di Charles d'Orléans,
caratterizzata da raffinata musicalità. Una citazione a parte
esige F. Villon, che pose la sua cultura e la sicura padronanza
tecnica al servizio di una potente ispirazione realistica,
eccellendo nella rappresentazione delle passioni umane e della
realtà sociale.

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• Chrétien de Troyes (ca 1130 - ca 1185)


• Considerato un precursore del genere romanzesco, si sa poco
della sua vita. Nella sua produzione letteraria tratta e rielabora
con notevole libertà e originalità i temi canonici del romanzo
cortese. In «Lancelot» il tema dell'amore e dell'avventura si
approfondisce ulteriormente: la ricerca della donna amata da
parte dell'eroe si trasforma in un itinerario ideale.
• Per primo seppe intuire le possibilità di tale forma narrativa e
comprese la necessità di organizzare in modo coerente una storia
che fosse a un tempo morale, psicologica e sociale. Lo scrittore,
prendendo le mosse dalle convenzioni del genere, amore e
avventura in un'atmosfera meravigliosa, attinta dalla leggenda
bretone del re Artù, ne arricchisce e integra lo sfondo
tradizionale. Evoca gli aspetti fantastici in modo intensamente
poetico e inoltre sa fondere il meraviglioso fiabesco con
l'attenzione alla realtà.

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• Maria di Francia
• La vita della prima donna della letteratura francese è quasi
ignota. Certamente, come si comprende dalle sue opere,
possedette una vasta cultura. Ha lasciato la raccolta di favole
«Ysopet» (circa 1170), ispirata alle favole di Esopo, un'opera
agiografica tradotta dal latino, «Le Purgatoire de saint Patrice»
(«Il Purgatorio di san Patrizio»), ma il suo capolavoro è una
raccolta di brevi poemetti narrativi, i «Lais» (tra il 1160 e il
1170), tra cui spiccano «Guigemar», «Yonec», «Lanval»,
«Chevrefoil», «Laostic».
• Tema unico e fondamentale dei suoi Lais è l'amore. In
un'ambientazione meravigliosa e simbolica, ispirata alla
tradizione romanzesca bretone, l'autrice esamina la varia e
complessa fenomenologia dell'amore, e in particolare dell'amore
femminile, tanto da essere considerata la fondatrice della
tradizione del romanzo d'analisi.

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• La nascita del teatro


• Verso la metà del sec. XII era iniziata anche una produzione
teatrale in lingua francese, di argomento strettamente religioso.
• Le rappresentazioni, distinguibili in misteri, di argomento
biblico, e miracoli, attinenti alla vita dei santi, si spostarono in
quest'epoca dall'interno delle chiese ai sagrati antistanti. Non ci
restano testimonianze significative della produzione comica e
buffonesca, sicuramente già avviata nel sec. XIV. Anche la
produzione in prosa non fu in origine particolarmente rilevante,
essendo limitata sostanzialmente ai generi della cronaca (R. de
Clary, G. Villehardouin) e più tardi della storiografia (P. de
Commynes)

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• Umanesimo e Rinascimento
• La letteratura francese moderna si sviluppò con la civiltà
umanistico-rinascimentale, nel XVI secolo. G. Budé, classicista e
filologo, fu una delle figure di maggior rilievo dell'umanesimo
francese. Sono inoltre da ricordare B. Des Périers, autore de
"Cymbalum mundi", dialoghi satirici di tono irreligioso, e
Margherita di Navarra, autrice de "Heptaméron" (1558), raccolta
di novelle di impronta realistica, che offrono una satira pungente
della chiesa, della nobiltà e dei suoi costumi.

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• Rabelais
• Ma le nuove idee filosofiche e morali trovarono la loro più compiuta e
convincente espressione nel capolavoro di F. Rabelais «Gargantua e
Pantagruel» (1532-64), ricco di spunti comico-fantastici
accompagnati da elementi di vivace realismo critico e da
appassionate considerazioni filosofiche e ideologiche.
• Così Rabelais si configura come uno dei più grandi scrittori francesi,
interprete geniale della cultura umanistica, autore di un'opera
letteraria fondamentale, in cui lo spirito dissacratorio mette a nudo i
grandi temi del rapporto tra presente e tradizione. L'uso
spregiudicato di un linguaggio dotto e popolare gli permette di
tratteggiare un complesso e ironico affresco del potere studiato dal
basso, in tutte le sue feroci conseguenze.

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• Ultimo ‘500
• Nei 1580 apparvero poi, suscitando subito uno straordinario
interesse, i «Saggi» di M. Montaigne, che inaugurarono la grande
tradizione moralistica francese. Nell'opera, che è una sintesi
organica e approfondita della cultura rinascimentale, ma evidenzia
anche inquietudini nuove, Montaigne affrontò con originalità varie
tematiche filosofiche, morali, storiche e letterarie. Significativa opera
di riflessione politica fu infine «La repubblica» di J. Bodin (1576).
• Al classicismo e alla tradizione petrarchesca si ispirò la poesia del
sec. XVI; tale tendenza trovò i suoi teorizzatori e i maggiori
interpreti nel gruppo della Pléiade (P. Ronsard, E. Jodelle, J. du
Bellay e altri), la cui influenza fu dominante fin verso il 1620,
quando venne contrastata dalle riflessioni poetiche di F. de
Malherbe, che superò il classicismo operando sul linguaggio e sulla
metrica, con una ricerca di originalità favorita dalla straordinaria
perizia tecnica

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• Il Barocco
• L'affermazione del gusto barocco, con i suoi eccessi immaginifici e le
sue stravaganze formali, fu accompagnata nella lirica dal successo di
poeti quali M. Régnier, T. de Viau e A. Saint-Amant. Nell'ambito del
genere romanzesco si segnalarono i lavori di Cyrano de Bergerac, P.
Scarron, C. Sorel e A. Furetière. Nella produzione teatrale, di un
certo rilievo furono le opere di A. de Montchrestien e A. Hardy.
• Dopo il 1630 cominciò invece una ripresa degli orientamenti
classicisti, destinati a convivere per alcuni decenni, tra le polemiche,
con le concezioni barocche. In ambito letterario la disputa riguardò
essenzialmente le regole aristoteliche e il teatro tragico, ma fu
influenzata anche dalle riflessioni razionalistiche di Cartesio e da
quelle più tormentate e tragiche, ma non meno rigorose sul piano
logico, di Blaise Pascal.

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• Tra Barocco e classicismo


• Lentamente si va affermando una nuova concezione della realtà in
cui tutto è predeterminato e conoscibile e in cui l'uomo deve solo
assecondare la necessità naturale o quella divina. Si fanno avanti
quella necessità di una riduzione all'essenziale e quel rifiuto di ogni
decorazione e abbellimento che saranno peculiari del classicismo. La
filosofia, come la letteratura e l'architettura, deve mirare alla verità,
rimanendo sobrie, semplici e severe. In questa ricerca a metà
Seicento si fronteggiano due correnti di pensiero religioso, la scuola
dei gesuiti e quella giansenista.

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• Gesuiti e giansenisti
• I primi, in accordo con la politica ottimista della corte, sono
favorevoli alla libertà e alla responsabilità umana di stampo
umanistico; i giansenisti, invece, credono nella predestinazione della
salvezza, in una visione tragica della vita in cui l'uomo peccatore può
solo sperare nella grazia divina. All'avanzata delle nuove idee del
classicismo non coincide, in poesia e nel romanzo, un altrettanto
rapido adeguamento. Il barocco è ancora presente nella scrittura
satirica e grottesca (Paul Scarron, Cyrano de Bergerac) e nel
preziosismo narrativo (Madeleine de Scudéry) e poetico (Vincent
Voiture).

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• Il teatro
• Una sintesi efficace di questi valori fu realizzata nei maggiori
drammi di P. Corneille («Le Cid», l’«Orazio»), tragedie
«regolari» e caratterizzate da una grande disciplina stilistica,
ma nel contempo cariche di elementi fantastici e deliranti.
Durante il regno di Luigi XIV (1643-1715) la concezione
classicista della letteratura impronta le commedie di Molière,
le tragedie di J. Racine, le poesie e le favole di J. de la
Fontaine, le «Satire» di J. Boileau, che teorizzò i principi del
classicismo razionalista nei quattro libri de "Arte poetica"

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• Molière e J. Racine
• Simbolo del teatro del Seicento, Molière ha incarnato in una
galleria di maschere indimenticabili i tipi umani e i ruoli
sociali del tempo, ma ha anche messo a nudo i vizi e le
debolezze di ogni tempo e condizione. È considerato tra i più
grandi autori di teatro europei.
• J. Racine è stato il perfetto rappresentante del "gran secolo";
benché esigua, la sua produzione drammaturgica riassume i
caratteri principali del classicismo. Il sentimento di profondo
malessere esistenziale che le sue tragedie trasmettono ha
lasciato una grande influenza nella tradizione poetica francese
fino a Baudelaire.

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• Il romanzo
• L'epoca classica segna la fine del romanzo avventuroso diffuso in
Francia all'inizio del Seicento e di quello pastorale o di quello
fiume. Alla profusione e agli intrighi complicati si sostituiscono la
semplicità, la sobrietà. Trionfa il romanzo storico, in cui la
trasposizione di idee e sentimenti può esprimersi più
liberamente, incontrando soprattutto il gusto di un pubblico che
torna volentieri al proprio passato, a quelle radici che i recenti
scontri politico-religiosi hanno rischiato di estirpare. Alle
straordinarie avventure di grandi eroi seguono storie più
concrete di personaggi o ambienti contemporanei. Si sviluppa
l'indagine psicologica.

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• Altri autori
• Da segnalare ancora le opere coeve dei moralisti F. de la
Rochefoucauld, J. de la Bruyère, L. de Saint-Simon e il contributo
rilevante dell'elemento femminile, con le lettere di M.me de Sévigné
e con il racconto «La principessa di Clèves», pubblicato nel 1678 da
M.me de Lafayette e considerato da molti critici il primo romanzo
moderno. Negli ultimi anni del sec. XVII si sviluppò un'accesa
controversia tra fautori della superiorità artistica degli antichi e
sostenitori delle potenzialità dei moderni («querelle des anciens et
des modernes»), la quale, dietro l'apparenza di un dibattito
letterario, nascondeva in realtà un conflitto ideologico tra apologeti
dell'autorità e delle tradizioni e sostenitori della ragione e del
progresso.

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• Dopo il classicismo
• Nel periodo successivo al 1680 si avvia la lenta decadenza del
sistema monarchico di Luigi XIV; le guerre disastrose isolano sempre
più la Francia nel contesto europeo. L'armonioso rigore delle forme
espressive del periodo classico assume quella rigidità tipica delle
formule di scuola, mentre il dibattito culturale ed etico-politico
lentamente si trasforma, come nel caso di Pierre Bayle (1647-1706) o
di Fontenelle, in quelli che saranno i caratteri generali del pensiero
illuministico. Con La Bruyère la grande retorica del classicismo si
apre all'effetto pittorico, all'incertezza, alla fantasia.

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• Nascita dell’Illuminismo
• Nel dibattito intellettuale, la vittoria dei sostenitori della
ragione rappresentò un primo passo verso l'affermazione delle
concezioni illuministe. Scrittori come B. Fontenelle e P. Bayle
all'inizio del sec. XVIII apparvero già pienamente inseriti nel
nuovo clima culturale. Nell'età dei lumi emersero generi
relativamente nuovi (il pamphlet, l'entretien, il dialogo) o
interpretazioni innovative di altri (il romanzo, il saggio) più
idonee a conseguire gli scopi pedagogici e sociali perseguiti dai
«philosophes» e dai loro seguaci.

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• La ragione
• Mentre per gli uomini del Seicento la ragione costituiva una norma
definitiva, il fondamento della regola, il principio di stabilità cui
sottomettere il disordine del mondo, per i «philosophes» (come si
definirono gli intellettuali del Settecento) la ragione era il "lume" che
li avrebbe guidati verso un'epoca nuova e migliore, uno strumento
critico, un principio dinamico.
• L'autonomia della ragione condusse gli illuministi a negare
risolutamente il principio di autorità e l'idea che la trascendenza
potesse essere fonte di verità. La ragione era dunque mezzo di
indagine e ricerca, e la conoscenza era mezzo per trasformare la
realtà. La ragione suggerì all'uomo del Settecento l'inebriante
sensazione della propria libertà, di essere padrone del proprio
destino. La libertà, secondo il critico Jean Starobinski, fu la grande
"invenzione" del secolo, libertà che si espresse in tutti gli ambiti
sociali e culturali.

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• L’illuminismo
• Nel romanzo, accanto a validi autori come A.R. Lesage, A.F. Prévost,
P.C. de Marivaux, si misurarono con successo quasi tutte le figure
dominanti del secolo: da Montesquieu («Lettere persiane»), a D.
Diderot («La religiosa»), a Voltaire («Candido»), a J.J. Rousseau («La
nuova Eloisa»), come pure C. de Laclos («I legami pericolosi») e il
marchese de Sade («Justine»). Tra i saggisti si segnalarono
Montesquieu, Voltaire, D. Diderot, J.J. Rousseau, J.B. D'Alembert,
P.H. D'Holbach, C.A. Hélvetius.
• Simbolo dell'età dei Lumi è la pubblicazione dell'Encyclopédie,
l'opera collettiva diretta da Diderot e d'Alembert. Aspirazione a una
sistemazione organica e critica delle conoscenze, l'Encyclopédie
esprime la fiducia nella ragione, nel sapere e nelle scienze,
considerati strumenti di progresso propri dell’illuminismo

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• Rousseau
• Rousseau fu l'interprete originale di alcuni temi tipicamente
illuministi. La convinzione che l'uomo potesse essere migliorato
dall'educazione e che la società potesse essere criticata e riformata
non si basava sulla fiducia nella ragione e nella scienza, bensì
sull'esaltazione del sentimento, considerato unico strumento in grado
di garantire un fondamento stabile e duraturo all'elaborazione della
verità. Nonostante l'ambiguità delle sue formulazioni intorno al
romanzo, al teatro e alla letteratura in genere, per il ruolo assegnato
all'immaginazione e al sentimento Rousseau schiuse nuove
prospettive ed esercitò una profonda influenza sui romantici.

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• Il teatro
• Nella prima metà del secolo il teatro si avvia a profondi
cambiamenti. La tragedia, genere nobile per eccellenza, è congelata
nel rispetto delle regole classiche e oggi nessuno ricorda il successo di
un autore come Prosper Jolyot Crébillon. La commedia possiede
maggiore libertà di movimento, ma è spesso appesantita da effetti
comici grossolani, o da un eccessivo moralismo edificante ispirato
alle buone intenzioni (Destouches, 1680-1754 e J.-B.-L. Gresset,
1709-1777). Nivelle de La Chaussée (1692-1754) crea il genere della
comédie larmoyante, solo le commedie di Lesage colgono acutamente
le trasformazioni della società, ma l'innovazione più significativa,
l'equilibrio nuovo e originale si devono quasi esclusivamente
all'opera teatrale di Marivaux.

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• Il Romanticismo
• Dopo la rivoluzione e il crollo dell'ottimismo riformatore dei grandi
illuministi, si affermò un'ideologia più individualistica, fondata
sull'introspezione, sull'esaltazione del sentimento e sulla fantasia. I
primi interpreti e diffusori della cultura romantica furono M.me de
Staël, B. Constant, R. Chateaubriand; ma le personalità artistiche di
maggior rilievo furono i poeti A. de Lamartine, A. de Vigny, A. de
Musset e V. Hugo; i romanzieri G. Sand, A. Dumas padre e
soprattutto lo stesso Hugo; gli storici J.N.A. Thierry, A. de
Tocqueville e J. Michelet; infine C.A. Sainte-Beuve fu il fondatore
della critica moderna. Sempre di cultura romantica, ma con una
posizione distinta, perché decisamente orientata verso il filone
realistico, fu la produzione dei tre altri grandi romanzieri del primo
'800: Stendhal («Il rosso e il nero», «La certosa di Parma»), H. de
Balzac («La commedia umana») e P. Merimée («Carmen»).

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• Genere narrativo
• La narrativa realista si affermò pienamente solo nella seconda metà
del secolo, con la teorizzazione e le opere dei fratelli E. e J. Goncourt
e di G. Flaubert («L'educazione sentimentale», «Madame Bovary»).
Sempre in questa direzione, con l'avvento della società industriale e
l'affermazione delle teorie del positivismo, il romanzo affrontò
l'esperimento naturalistico. E. Zola («Thérèse Raquin», il ciclo dei
«Rougon-Macquart») e G. de Maupassant («Bel-Ami», «La casa
Tellier») segnarono il punto più alto di questa ricerca, mentre la
produzione di J.K. Huismans, che pure mosse dagli stessi assunti, si
orientò nel periodo più maturo in direzione di un compiaciuto e
raffinato atteggiamento estetizzante. («À rebours»).

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• Il realismo
• Anche se il realismo, inteso come osservazione precisa del reale, è già
presente in autori romantici come Stendhal e Balzac, solo nei
decenni centrali dell'Ottocento nasce la moderna scuola realista. Al
centro del romanzo realista è la società borghese contemporanea,
rappresentata negli ambienti, nei modi di pensare e nella scala di
valori. I personaggi appartengono alla normalità quotidiana; i luoghi
non sono più di fantasia, ma ricavati, con precisione e minuzia, dalla
topografia urbana; le atmosfere sono spesso opache, il contesto
temporale storicamente determinato. Ne deriva un linguaggio in cui
entrano termini gergali, quotidiani, neologismi. Di questo realismo
Flaubert è l'esponente più significativo.

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• Il naturalismo
• Mentre il realismo è una costante della letteratura europea fin
dall'antichità, il naturalismo è una tendenza letteraria, ispirata
dalla filosofia positivista, che si diffonde prima in Francia e poi in
tutta Europa nella seconda metà del XIX secolo e che influenza altre
forme d'arte oltre alla letteratura (teatro, pittura, musica). Teorico
del naturalismo, e anche il maggior interprete grazie alla forza
narrativa che travalica i confini del genere, fu Zola; forse il più
coerente naturalista fu Maupassant.

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• Critica e storiografia
• Tutto il secolo, nella variegata ricchezza creativa, è stato
accompagnato da un'intensa elaborazione teorica, di carattere sia
strettamente letterario sia storico, politico e filosofico (Saint-Simon,
Victor Cousin, Auguste Comte, Ernest Renan, Alexis de Tocqueville,
Charles Fourier, Lamennais ecc.). Questa produzione ha influenzato
il lavoro letterario, spesso anticipandone le tematiche e fornendogli i
quadri di riferimento teorici.

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• Il genere poetico
• In poesia spiccò su tutte la figura di C. Baudelaire (I fiori del male);
la sua concezione dell'immaginazione come capacità di comprendere
e armonizzare gli elementi vari e disorganici della realtà naturale
sta alla base della poesia moderna, pur se la sua opera, versatile e
poliedrica, sfugge a ogni rigida classificazione.
• Baudelaire
• Con Baudelaire inizia la grande poesia moderna, attenta alla realtà
della civiltà urbana, capace di ritrarre l'angoscia e lo squallore della
vita quotidiana, lo smarrimento, la solitudine e le forme inquietanti
della sessualità. A differenza di molti altri poeti, egli esprime per
primo questi contenuti lasciando intatta la struttura formale del
verso classico, creando così una dissonanza tra forma (alta) e
contenuto (basso) di eccezionale e irripetibile suggestione.

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• Sulla strada aperta da C. Baudelaire si inserì dapprima la poesia di


gusto decadente, poi la poetica dell'artista-veggente che giunge alla
conoscenza della realtà attraverso una sistematica sregolatezza dei
sensi (A. Rimbaud), la poesia musicale e languida di P. Verlaine,
quella simbolista di S. Mallarmé.
• Il simbolismo
• Il simbolismo sorge nell'alveo del decadentismo, corrente letteraria e
artistica formatasi a Parigi tra il 1880 e il 1890, che afferma la
chiusura in un aristocratico rifiuto della società contemporanea e
l'adesione letteraria a forme estetizzanti volte a esplorare l'inconscio
e il sogno, la memoria e l'infanzia. Spesso le due tendenze letterarie
si confondono, ma il Manifesto di Moréas segna l'inizio ufficiale del
simbolismo, movimento di importanza storica nella concezione della
poesia e che ha lasciato vistosa eredità anche nel Novecento.

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• Il romanzo post-naturalista
• Nel campo del romanzo il simbolismo ottiene risultati meno originali
e spesso si confonde con gli esiti estremi del naturalismo o del
decadentismo. Scrittori come Edmond Rostand (1868-1918), autore
del Cyrano de Bergerac (1897), Marcel Schwob (1867-1905) e Joseph-
Arthur Gobineau (1816-1882) si segnalano per opere di buon livello
ma prive di forza rappresentativa.

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• Il Novecento
• La produzione lirica del primo '900 risentì ancora della lezione
simbolista, che però fu coniugata con un nuovo classicismo e diede
risultati rilevanti soprattutto nelle opere di P. Claudel e P. Valéry.
Ma anche questa esperienza venne superata dall'intenso
sperimentalismo formale delle varie avanguardie. L'iniziatore fu G.
Apollinaire, poi numerosi autori si riconobbero nelle diverse correnti
(futurista, dadaista, surrealista). Tra gli altri sono da ricordare T.
Tzara, J. Cocteau, P. Éluard, L. Aragon, A. Artaud, R. Queneau, A.
Breton. Nel secondo dopoguerra i poeti più significativi sono stati E.
Michaux, F. Ponge, A. Frenaud, J. Prévert

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• Il genere narrativo
• Nell'ambito della narrativa il XX secolo si è aperto con la
manifestazione del disagio sociale e delle inquietudini di R. Rolland,
con il decadentismo estetizzante e lo psicologismo estenuato e
raffinato di M. Proust, la cui opera segna una tappa fondamentale
nello sviluppo della letteratura moderna, con l'intellettualismo
esasperato di A. Gide. Vi è stata poi una corrente ispirata a una
visione cristiana e tragica della realtà sociale e umana (F. Mauriac,
G. Bernanos) e una di orientamento populista (E. Dabit, L. Guilloux).
• Un caso a parte è rappresentato dalla visione drammatica e
disperata della vita, che è rivelata dalle opere di L.F. Céline. Intorno
agli anni '40 si è affermata una letteratura di forte impegno sociale e
politico, che ha avuto i maggiori esponenti in A. de Saint-Exupéry, L.
Aragon, A. Malraux.

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Letteratura francese

• Malraux
• L'incupirsi del panorama politico nel corso degli anni '30, segnati dal
profilarsi minaccioso del nazismo e della guerra, ripropone agli
scrittori il dovere dell'impegno nella società. In quel clima
angoscioso, l'opera e la vita di André Malraux possiedono un
profondo significato morale di richiamo ai valori umani calpestati.
Non è tuttavia solo nel senso dell'impegno nella società che procede
l'indagine sulla condizione umana; alcuni scrittori cattolici procedono
per altre vie alla ricerca del senso della vita.

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Letteratura francese

• I romanzieri
• La filosofia esistenzialista, elaborata in particolare da J.P.
Sartre, dominata dalla tragica consapevolezza dell'assurdità
della vita, ha ispirato i grandi romanzi di A. Camus, mentre S. de
Beauvoir ha centrato il suo contributo significativo soprattutto
sulle problematiche della liberazione femminile. H. de
Montherlant ha ripreso impostazioni raffinate e classicheggianti.
Dagli anni '60 è iniziata una produzione sperimentale, di
carattere molto vario, definita complessivamente come «nouveau
roman», che ha in comune l'obiettivo della disgregazione e
dissoluzione delle strutture tradizionali del romanzo (A. Robbe-
Grillet, C. Simon, M. Duras, M. Yourcenar).

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• La poesia
• L'inizio del Novecento vede inaridirsi la grande esperienza
poetica simbolista. Non più veggente, incerto tra il vecchio e il
nuovo, il poeta si avvia lentamente verso la conquista di una più
libera espressività. Fioriscono movimenti, gruppi, riviste che
cercano nuove formule poetiche più consone all'evoluzione delle
idee.
• Alcuni poeti si tengono volutamente in disparte da ogni
movimento letterario e seguono un itinerario appartato e
originale, altri invece possono essere considerati ispiratori del
surrealismo; tutti comunque si confrontano con la ricchezza di
tematiche e la libertà di scrittura che quell'esperienza ha
favorito. Lontani dalle scuole e dai movimenti, e sempre più
lontani dal pubblico, i poeti perseguono itinerari diversi, originali
e spesso solitari.

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• Il teatro
• La produzione teatrale della Belle Époque non si presenta portatrice
di nuove tematiche fondamentali. Modesta è la qualità, evidente la
concessione se non addirittura l'asservimento al gusto del pubblico.
In questo mediocre panorama spiccano per originalità le opere di
Alfred Jarry, di Paul Claudel e di J. Cocteau, che restano però
appartate e poco rappresentate.
• Infine, al teatro surrealista ha fatto seguito una produzione ispirata
alla problematica esistenzialista. Un interessante teatro di
avanguardia si è poi affermato a partire dagli anni '50.

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Letteratura francese

• Il teatro dell’assurdo
• Dopo la guerra, la fondazione della Compagnia Renaud-Barrault, la
creazione dei «Centres dramatiques de province», delle «Maisons de
la culture», dei festival di arte drammatica contribuiscono alla
rinascita e al rinnovamento del teatro in Francia. Soprattutto, agli
inizi degli anni '50, risentendo dell'esperienza del surrealismo e
dell'esistenzialismo, sorge il teatro sperimentale, o nouveau théâtre,
o teatro dell'assurdo, che vede in Ionesco, Beckett e Genet gli autori
più originali.

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• I narratori più recenti

• Louis-René des Forêts


• Fin dalla pubblicazione dei primi testi, Les mediants (I mendicanti,
1943) e Le bavard (Il chiaccherone, 1946), Louis-René des Forêts
(1918-2000) viene riconosciuto da Blanchot, Queneau e Bataille come
un futuro classico. Dopo La chambre des enfants (La camera dei
ragazzi) nel 1960, rimarrà in silenzio per più di trent'anni, durante i
quali elabora e rielabora un'autobiografia frammentaria intitolata
Ostinato, la cui ultima versione è apparsa nel 1997. Il pudore infinito
di questa confessione sposta l'attenzione dall'aneddoto all'essenziale
- il mistero dell'infanzia e il rapporto con il linguaggio -, mentre
l'incompiutezza proclamata associa il lettore alla ricerca ostinata
dell'emozione originale.

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• Michel Houellebecq
• Michel Houellebecq (1958) reinterpreta il ruolo dello "scrittore
famoso" con dichiarazioni provocatorie - che gli valgono processi
molto mediatici - e performace poetiche per intenditori. I suoi
romanzi trattano però argomenti contemporanei con una pertinenza
quasi visionaria, dal lavoro globalizzato (Extension du domaine de la
lutte, Estensione del dominio della lotta, 1994) al sesso disincantato
(Les Particules élémentaires, Le particelle elementari, 1999), al
terrorismo (Plate-forme, Piattaforma, 2001) e alla clonazione (La
possibilité d'une île, La possibilità di un'isola, 2005).

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