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L’EPICA MEDIEVALE

L’epica medievale costituisce la prima espressione artistica (insieme alla poesia


provenzale) delle lingue romanze o neolatine sorte in Europa durante l’Alto Medioevo.
L’epica medioevale è l’insieme dei racconti, in prosa o versi, che hanno come
protagonisti i cavalieri, personaggi nobili per nascita e dediti alla guerra. I cavalieri
combattevano per il proprio onore, per la gloria, per difendere il re e la patria ai quali
avevano giurato fedeltà.
Si diventava cavalieri attraverso la cerimonia dell’investitura al termine della quale il
cavaliere giurava di difendere la fede cristiana, di onorare il suo re e di proteggere i deboli.
Il mondo di riferimento dei poemi cavallereschi è quello delle corti e dei castelli all’interno
dei quali i cavalieri, le dame ed i membri della corte conducevano una vita raffinata ed
elegante e avevano come svaghi la caccia, i tornei e i banchetti. Questa società fu detta
“cortese” (da corte, l’ambiente in cui viveva la nobiltà).
Gli autori dei poemi cavallereschi dei secoli XI e XII furono per lo più anonimi cantori e
giullari che si spostavano di corte in corte narrando le proprie storie. Le opere della
tradizione epico – cavalleresca dei diversi paesi dell’Europa costituirono delle raccolte
poetiche chiamati cicli:
a. CICLO CAROLINGIO con la “Chanson de Geste” in lingua d’oil (francese arcaico)
b. CICLO BRETONE O ARTURIANO con le imprese di re Artù ed i cavalieri della
Tavola Rotonda.
c. CICLO GERMANICO O NIBELUNGICO narra le antiche leggende popolari
germaniche con protagonista il cavaliere Sigfrido, le cui avventure alternavano imprese
eroiche e vicende amorose.
d. Cantar de mio Cid, il più importante poema epico spagnolo.

La Letteratura francese
La letteratura francese nei secoli XI e XII si esprime nei suoi due ambiti linguistici,
d’oil e d’oc. Le due lingue danno vita a due letterature parallele che convivono per due
secoli, ciascuna nella propria autonomia. La letteratura francese in lingua d’oil è
soprattutto epica, quella provenzale in lingua d’oc è soprattutto lirica.

Letteratura francese in lingua d’oil


A Nord, la letteratura in lingua d’oil (il volgare parlato nella zona settentrionale della
Francia) è essenzialmente epica: le produzioni più importanti sono le cosiddette
“canzoni di gesta“, come la Chanson de Roland, composta tra la fine dell’XI e l’inizio
del XII secolo. Vi si celebrano le imprese del grande imperatore Carlo Magno (742-814) e
dei suoi valorosi paladini, i nobili cavalieri della sua corte, contro i Saraceni di Spagna,
compiute tra l’VIII e il IX secolo. In queste opere:
 gli eventi storici sono idealizzati;
 i protagonisti, esempi di coraggio e di virtù, esprimono i valori della nobiltà feudale
(la fede religiosa, la devozione alla patria e al sovrano, l’onore).

Sempre nel Nord della Francia, a metà del XII secolo, nascono il romanzo cortese, i lais
(pronuncia in francese: Lè) e il celebre romanzo Tristano e Isotta.

Il romanzo cortese, di cui è maestro indiscusso Chrétien de Troyes (pronuncia:


Cretien d Truà), il primo grande scrittore francese del Medioevo e il massimo autore
del ciclo bretone, è legato ai valori e agli ideali della società cortese e rivolto al pubblico
aristocratico portatore di quei valori e di quei ideali.

I lais (Lè) sono invece piccoli racconti in versi, in prevalenza musicali, di un episodio


amoroso.

Lo stile del poema epico francese è solenne ed elevato, con un ritmo lento e cadenzato.
Alcuni elementi sono ricorrenti:

 le strofe (lasse) raccontano episodi narrativi brevi e completi;


 nella sintassi prevale la paratassi e i fatti sono narrati usando il tempo presente;
 ricorso a epiteti fissi o simili per sottolineare le qualità di personaggi o oggetti;
 uso di similitudini e metafore;
 il narratore è esterno e onnisciente; le parole e i pensieri dei personaggi sono
riportati tramite frequenti discorsi diretti.

La Chanson de Roland (la Canzone di Rolando) è la più famosa fra le Chansons de


geste (Canzoni di gesta) fiorite nella Francia medievale tra l’XI e il XII secolo.

Appartiene al ciclo carolingio, cioè a un gruppo di canzoni di gesta nelle quali si


celebrano le imprese del grande imperatore Carlo Magno e dei suoi valorosi paladini.

La Chanson de Roland, scritta in antica lingua francese, fu probabilmente composta tra la


fine dell’XI e l’inizio del XII secolo.

È un poema di circa 4000 versi decasillabi (di dieci sillabe), raggruppati in “lasse”, cioè in
strofe di diversa lunghezza. L’autore sembra essere un certo Turoldo, abate e scrittore, dal
momento che il poema termina con le parole: «Qui finisce la storia che Turoldo mette in
poesia». Questo nome però potrebbe riferirsi, anziché all’autore del poema, a un giullare o
a un amanuense che copiò il testo originario. La Chanson de Roland si ispira a un
episodio storico realmente accaduto: la Battaglia di Roncisvalle del 778 d.C.

Per ciclo bretone si intende una vasta produzione di romanzi in versi e in prosa che,
ispirandosi ad antichissime leggende d’armi e d’amore di origine celtica, narrano le
straordinarie avventure di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda, così chiamati
perché si riunivano attorno a una tavola di forma circolare, per sottolineare l’uguale
importanza e dignità di ciascuno.

Re Artù quasi sicuramente fu un valoroso capo della popolazione celtica; si distinse


nella lotta contro gli invasori anglosassoni, all’incirca tra il V e il VI secolo d.C., riuscendo a
garantire un periodo di sicurezza ai territori del Sud della Gran Bretagna.

L’iniziatore del filone del ciclo bretone è considerato il cronista inglese Goffredo di


Monmouth. Questi compone fra il 1135 e il 1137 l’Historia regum Britanniae (Storia dei
re di Bretagna). L’opera ebbe un grande successo negli ambienti colti e nelle corti.

In Francia il ciclo bretone è ripreso e ampliato con altre storie da Chrétien de Troyes, il
più grande poeta del Medioevo prima di Dante.

Il ciclo bretone, di ispirazione epico-amorosa, si differenzia profondamente da


quello carolingio. Infatti, mentre nel ciclo carolingio prevalgono il motivo religioso, il
senso dell’onore e del sacrificio anche supremo in nome della devozione a Dio, alla patria,
al sovrano, nel ciclo bretone i temi predominanti sono l’avventura, la magia, l’amore.

Il cavaliere arturiano, pur affrontando a fianco del suo re anche la guerra, è infatti spinto
dalla necessità interiore di ricercare un’impresa da compiere, di un’azione valorosa che gli
porti onore e gloria. Non è la costrizione esterna che lo spinge, ma una concezione della
vita come aspirazione alla massima perfezione del proprio essere cavaliere. E quindi, se
non ci sono nelle vicinanze imprese in cui il proprio valore possa emergere,
il cavaliere diventa errante: parte cioè alla ricerca delle occasioni per poter
acquistare onore e fama. La magia s’intreccia strettamente all’avventura. Infatti
il cavaliere nelle sue avventure incontra spesso strani esseri: mostri, giganti, maghi, fate;
ed è spesso vittima di incantesimi e protagonista di vicende fantastiche. Elemento
caratteristico della materia bretone è anche l’amore. È infatti pensando alla sua dama che
spesso il cavaliere compie straordinarie imprese; è attraverso l’amore per lei, ricambiato
o respinto, che prova gioie o tormenti. Nei romanzi del ciclo bretone, pertanto, la donna e
l’amore acquistano un ruolo di primo piano e ispirano famose storie amorose come
quelle di Lancillotto e Ginevra e di Tristano e Isotta.

Letteratura francese in lingua d’oc


A Sud, cioè in Provenza, si sviluppa invece la letteratura in lingua d’oc, composta
prevalentemente di opere in poesia. Essa si sviluppa nelle zone della Francia meridionale,
in Provenza e in Aquitania; avrà una profonda influenza sulla poesia lirica italiana.
La lirica cortese ha prevalentemente carattere amoroso, ma trae modelli di comportamento
e di linguaggio dall’ambiente feudale. Il poeta è un «vassallo» che si sottomette alla donna
amata, la serve e attende da lei il beneficio. Il poeta è servitore della dama, dalla quale
spera di ottenere un beau semblant (pronuncia: bo semblant, bella accoglienza), un
sorriso, al massimo un bacio.
Il primo dei trovatori è Guglielmo IX, duca d’Aquitania. Nella prima metà del XII secolo, i
più illustri sono Jaufré Rudel (pronuncia: Jofré Rudèl), che canta l’amore per una
principessa lontana; Marcabruno, la cui poesia è caratterizzata da forme aspre ed
ermetiche.

Verso la fine del XII secolo si affermano anche i fabliaux (pronuncia: fabliò), brevi
racconti in versi brutalmente realistici e satirici, e la poesia allegorica, che trova la
massima espressione nel Roman de la Rose (Romanzo della Rosa) di Guillaume de Lorris
(pronuncia Ghilom De Loris) e Jean de Meung pronuncia: Gion de Muien), tra il 1275 e il
1280. La poesia provenzale aveva trovato seguito al di fuori della Francia, soprattutto in
Italia e Spagna.

Fra i vari trovatori italiani che scrivono in provenzale c’è Sordello da Goito (Purgatorio,
canto VI, poeta mantovano che abbraccia il conterraneo Virgilio, invettiva di Dante
dell’Italia: Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non
donna di province, ma bordello), famoso per il suo Compianto in morte di Ser
Blacatz (1236).

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