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La Letteratura francese
La letteratura francese nei secoli XI e XII si esprime nei suoi due ambiti linguistici,
d’oil e d’oc. Le due lingue danno vita a due letterature parallele che convivono per due
secoli, ciascuna nella propria autonomia. La letteratura francese in lingua d’oil è
soprattutto epica, quella provenzale in lingua d’oc è soprattutto lirica.
Sempre nel Nord della Francia, a metà del XII secolo, nascono il romanzo cortese, i lais
(pronuncia in francese: Lè) e il celebre romanzo Tristano e Isotta.
Lo stile del poema epico francese è solenne ed elevato, con un ritmo lento e cadenzato.
Alcuni elementi sono ricorrenti:
È un poema di circa 4000 versi decasillabi (di dieci sillabe), raggruppati in “lasse”, cioè in
strofe di diversa lunghezza. L’autore sembra essere un certo Turoldo, abate e scrittore, dal
momento che il poema termina con le parole: «Qui finisce la storia che Turoldo mette in
poesia». Questo nome però potrebbe riferirsi, anziché all’autore del poema, a un giullare o
a un amanuense che copiò il testo originario. La Chanson de Roland si ispira a un
episodio storico realmente accaduto: la Battaglia di Roncisvalle del 778 d.C.
Per ciclo bretone si intende una vasta produzione di romanzi in versi e in prosa che,
ispirandosi ad antichissime leggende d’armi e d’amore di origine celtica, narrano le
straordinarie avventure di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda, così chiamati
perché si riunivano attorno a una tavola di forma circolare, per sottolineare l’uguale
importanza e dignità di ciascuno.
In Francia il ciclo bretone è ripreso e ampliato con altre storie da Chrétien de Troyes, il
più grande poeta del Medioevo prima di Dante.
Il cavaliere arturiano, pur affrontando a fianco del suo re anche la guerra, è infatti spinto
dalla necessità interiore di ricercare un’impresa da compiere, di un’azione valorosa che gli
porti onore e gloria. Non è la costrizione esterna che lo spinge, ma una concezione della
vita come aspirazione alla massima perfezione del proprio essere cavaliere. E quindi, se
non ci sono nelle vicinanze imprese in cui il proprio valore possa emergere,
il cavaliere diventa errante: parte cioè alla ricerca delle occasioni per poter
acquistare onore e fama. La magia s’intreccia strettamente all’avventura. Infatti
il cavaliere nelle sue avventure incontra spesso strani esseri: mostri, giganti, maghi, fate;
ed è spesso vittima di incantesimi e protagonista di vicende fantastiche. Elemento
caratteristico della materia bretone è anche l’amore. È infatti pensando alla sua dama che
spesso il cavaliere compie straordinarie imprese; è attraverso l’amore per lei, ricambiato
o respinto, che prova gioie o tormenti. Nei romanzi del ciclo bretone, pertanto, la donna e
l’amore acquistano un ruolo di primo piano e ispirano famose storie amorose come
quelle di Lancillotto e Ginevra e di Tristano e Isotta.
Verso la fine del XII secolo si affermano anche i fabliaux (pronuncia: fabliò), brevi
racconti in versi brutalmente realistici e satirici, e la poesia allegorica, che trova la
massima espressione nel Roman de la Rose (Romanzo della Rosa) di Guillaume de Lorris
(pronuncia Ghilom De Loris) e Jean de Meung pronuncia: Gion de Muien), tra il 1275 e il
1280. La poesia provenzale aveva trovato seguito al di fuori della Francia, soprattutto in
Italia e Spagna.
Fra i vari trovatori italiani che scrivono in provenzale c’è Sordello da Goito (Purgatorio,
canto VI, poeta mantovano che abbraccia il conterraneo Virgilio, invettiva di Dante
dell’Italia: Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non
donna di province, ma bordello), famoso per il suo Compianto in morte di Ser
Blacatz (1236).