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MARZIALE

VITA
Marco Valerio Marziale nacque in Spagna, tra il 38 e il 41, il giorno delle Calende di
marzo, come scrive lui stesso in un epigramma in cui celebra il suo cinquantesimo
compleanno. Ricevette un’ottima educazione, probabilmente a Tarragona, e ciò
permette di desumere che nacque da una famiglia socialmente ed economicamente
agiata. Quando giunse a Roma, Marziale non riconobbe però l’utilità della sua
educazione, e si trovò ad affrontare il problema della scarsità di denaro. Nei primi
anni l’avevano aiutato l’amicizia con alcuni conterranei, come Lucano e Seneca, ma
a causa della congiura di Pisone non poté più contare sulla loro protezione. Gli amici
gli suggerivano di mantenersi sfruttando gli studi di retorica e nel frattempo riuscì a
trovare altri protettori. In particolare godé della benevolenza della dinastia flavia.
Dopo una serie di viaggi, una volta tornato a Roma dovette riprendere la vita difficile
del cliens, cioè legato ad un potente, il patronus, che concedeva amicizia, assistenza
e denaro, in cambio di devozione e servigi che spesso minavano la libertà, anche
politica, del cliens. Nonostante Marziale tentò di limitare gli aspetti più umilianti di
quella vita, i suoi epigrammi mettono in evidenza la sua ricerca costante di
elargizioni da parte di persone di cui doveva celebrare le qualità spesso inesistenti.
Ma al contempo fa pensare che la povertà che lamenta sia in realtà una finzione
letteraria, poiché sappiamo che ebbe una casa di proprietà a Roma, e una casa di
campagna e un podere offerti probabilmente da Seneca. Acquisì notorietà grazie a
occasionali versi e recitazioni di epigrammi durante banchetti dell’alta società, e
riuscì a pubblicare una selezione di 30 epigrammi che celebravano l’innaugurazione
dell’Anfiteatro Flavio. In questa occasione Tito gli conferì lo ius liberorum, che
comportava privilegi economici, a cui si aggiunge anche il titolo onorario di tributo
militare, che comportava il passaggio nel ceto equestre. Visse anche sotto la
protezione di Domiziano, anche se lamentava la presenza di mecenati come quelli
dell’età augustea, ma non sotto quella di Nerva e Traiano, che non accettarono le
sue lodi e omaggi. Nel 98 lasciò Roma e tornò in Spagna, ricca di bellezze e
tranquillità, ma non stimolante come la capitale che aveva ispirato la sua poesia. In
patria si legò ad una ricca vedova, Marcella, dipinta come una donna splendida e
unica fonte di felicità per il poeta.
L’EPIGRAMMA
L’epigramma è un tipo di componimento poetico legato a occasioni concrete. Il
termine deriva dal greco e significa “iscrizione”, infatti originariamente si trattava di
brevi incisioni su lapidi funerarie, su oggetti offerti agli dei o su regali di amici e
amanti, dunque la varietà di destinazioni e registri era molto varia. In età ellenistica
ed imperiale diventò un vero e proprio genere letterario, caratterizzato dalla brevità,
e da toni ironici e leggeri, che si concludono spesso con un pointe, una battuta o una
frase inaspettata. Nel contesto latino, anche se Catullo si dedicò alla
sperimentazione di molti epigrammi, è Marziale ad essere considerato il maggiore
epigrammista. Egli infatti prende le distanze dalla letteratura mitologica vuota e
superficiale per rappresentare la varietà della vita umana. Dunque si possono
trovare elementi in comune con la satira per il volersi rapportare alla vita vera della
società romana, rimarcando le ipocrisie, le assurdità e le storture, con toni che
variano dall’elegante e spiritosa ironia all’attacco più scurrile.

LE OPERE
Marziale scrisse il Liber de spectaculis in occasione dei giochi organizzati da Tito per
l’inaugurazione dell’Anfiteatro Flavio, la raccolta degli Xenia, i cui epigrammi
riguardano regali alimentari distribuiti ai convitati durante i banchetti, la raccolta
degli Apophoreta, che accompagnavano i regali che ci si scambiava durante le feste
dei Saturnalia e quindi caratterizzati da una maggiore varietà di temi. Si tratta di
composizioni spiritose ed eleganti, caratterizzate da un virtuosismo leggero e
fantasioso, che permette a Marziale di spaziare tra vari soggetti e assicurare sempre
il sorriso del lettore. Egli fu conosciuto principalmente per i dodici libri di epigrammi
pubblicati tra l’86 e il 102, alcuni dei quali presentano delle prefazioni in prosa.
Con gli epigrammi Marziale mostra la sua capacità di dare brio a componimenti
brevissimi, caratterizzati quasi sempre da una struttura bipartita, che prevede la
creazione di un’attesa che poi si scioglie nell’ultimo verso o parola,
umoristicamente, secondo la tecnica chiamata fulmen in clausula. Questa tecnica si
usava principalmente in epigrammi derisori, un cui venivano messi alla berlina tipi
umani, sia donne che uomini, in toni grotteschi che creassero quasi delle caricature
accentuando a dismisura singoli tratti. Marziale utilizzava frequentemente anche
l’accumulazione, cioè l’elencazione umoristica e iperbolica di azioni e qualità in un
climax ascendente che alla fine provocava sempre una risata.
Oltre alla tematica satirica si scorgono alcuni componimenti che rientrano
nell’ambito celebrativo, in cui si elogiano sovrani come Tito e Domiziano, o potenti
benefattori, e nell’ambito funerario, come l’epigramma per la piccola Erotio,
schiavetta del poeta morta in tenera età. Si trovano anche epigrammi erotici, con
riflessioni autobiografiche e questioni letterarie.
Alla varietà tematica corrisponde quella linguistica, spostandosi dal linguaggio
elevato degli epigrammi celebrativi a quello volgare per i temi comico-realistici.
Questi componimenti, dunque, sono un’importante testimonianza di vocaboli
utilizzati dai latini.
L’unico scopo di Marziale era quello di divertire. Egli descrive i romani, e in
particolare i loro vizi, senza scopi moralistici. Non vuole educare, ma presentare
caricature oscene e divertenti, che per molto tempo sono state condannate.

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