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Compiti per casa: favorevoli o contrari? I pro e i contro (di Lucia Picardo)
Parlare di compiti per casa, riapre un’antica vulnus, una diatriba che ancora ora resta aperta. La
scuola, ormai, è stata letteralmente investita da una serie di leggi, come la 107, e dai nuovi processi
digitali. Molti si chiedono se i compiti per casa debbano seguire i vecchi metodi o se anche questi
debbano essere rivisti per risultare ‘al passo con i tempi’. L’unica cosa che sembra certa è che sia un
tema particolarmente spinoso e che riguardi milioni di italiani: docenti, alunni e genitori. Il
problema non è tanto capire se debbano essere assegnati o meno, ma il fatto che bisogna focalizzare
l’attenzione su compiti per casa che destino interesse e che stimolino l’apprendimento. A volte il
ragazzo che affronta il compito assegnato crede che lo stesso sia banale e poco significativo. Molti
sono gli aspetti dibattuti; abbiamo deciso di sintetizzarli, anche dopo una nostra indagine diretta,
realizzata tra professori.
Compiti a casa pro e contro. Ecco i pro:

 Offrono una continuità didattica che non può essere scissa. Gli studenti, tornando a casa,
dovranno imparare i concetti base e avranno poi la scelta, in base ai loro interessi, di
approfondire determinate materie.
 Gli studenti hanno bisogno di metabolizzare un argomento. Inoltre, lo studio in casa e da
soli li porta ad essere autonomi, elemento fondamentale in ambito lavorativo (il problem
solving).
 I compiti per casa vengono assegnati non solo per esercitarsi, ma anche per porsi nuovi
interrogativi, andando oltre a ciò che imparano. Quindi, stimolano la curiosità e portano alla
conoscenza di nuove cose.

Compiti a casa pro e contro. Ecco i contro:

 Gli studenti, svolgendo a casa i compiti, spesso hanno la tendenza ad imparare a memoria,
senza capire nulla. Si tratta di un’arte robotica fine a se stessa. Inoltre le nozioni apprese
verranno in breve tempo dimenticate. Studiare in latino significa anche amare il latino e lo
studio deve essere un atto d’amore in cui si percepisce sempre quella necessità di
apprendere. Non deve essere percepito come un ordine.
 Non bisogna studiare molte cose e male, ma poche e molto bene. Questo servirà anche nella
realtà lavorativa: essere molto specializzati in un settore potrebbe risultare la chiave
vincente.
 Non tutti gli studenti si trovano sullo stesso livello. Per alcuni i compiti per casa risultano
più difficili, per altri, invece, banali. Inoltre, bisogna considerare il supporto della famiglia:
non tutti possono essere seguiti. Quindi, la soluzione auspicabile sarebbe uno studio più
personalizzato possibile o comunque fornire un valido metodo di studio.
 Fare i compiti a casa, soprattutto se sono tanti ogni giorno, significa precludersi tutte quelle
attività (sport, arte e musica) che contribuiscono a formare la personalità dello studente. Non
si vogliono studenti chiusi in casa tutto il giorno senza avere la possibilità di vedere ciò che
c’è fuori.

E voi da che parte state: siete pro o contro i compiti a casa?


Compiti a casa: perché sì e perché no
Evidentemente i compiti non sono un problema solo per chi deve farli. Si interrogano sulla loro
utilità e quantità le istituzioni, i genitori, gli insegnanti, i pedagogisti. Quasi tutti sono d’accordo
sulla necessità di non caricare troppo i ragazzi di lavoro extrascolastico commisurandolo con l’età e
le ore passate in classe. Ma per alcuni non è una questione di misura: i compiti andrebbero
semplicemente aboliti perché dannosi e di nessuna utilità per l’apprendimento.
Ad auspicare una vita scolastica senza pomeriggi chini sui libri è Maurizio Parodi, pedagogo e
dirigente scolastico in servizio presso il Coordinamento genitori democratici, autore dell’eloquente
Basta compiti! Crede nel loro valore, invece, Manuela Cantoia, coordinatrice delle attività
formative dello Spaee (Servizio di psicologia dell’apprendimento e dell’educazione in età evolutiva
dell’Università Cattolica di Milano) e coautrice del libro Come si impara. Teorie, costrutti e
procedure nella psicologia dell’apprendimento(Mondadori).
Perché sì: imparare il metodo
I compiti non devono necessariamente “piacere” però gli studenti devono capire bene a che cosa
servono. Per esempio, leggere a casa tutti i giorni in prima elementare serve ad automatizzare il
processo di lettura. E così per le tabelline in seconda. Altro “compito dei compiti”: permettono di
fare collegamenti, favoriscono l’apertura mentale, stimolano curiosità e attenzione (per es. con
ricerche e approfondimenti), consolidano il metodo di studio e l’autonomia. In generale, i compiti
dovrebbero riprendere l’attività svolta in classe con una sfida in più, affinché vengano messe in atto
più capacità e stimolato l’interesse.
Alle medie e alle superiori i ragazzi sono chiamati anche a studiare da soli e memorizzare: questo è
un lavoro che ha senso se i docenti hanno insegnato un metodo di studio (l’uso delle mappe, le
sottolineature, gli schemi, le linee del tempo...), altrimenti diventa un esercizio di memoria e le
nozioni apprese si perdono facilmente. È quello che succede quando si studia solo per la
prestazione. Si chiama apprendimento difensivo e avviene quando lo studente punta a rispondere
semplicemente alle prestazioni richieste dalla scuola: studia per superare una verifica, ma non
impara niente. Le informazioni ben elaborate, invece, restano o comunque si riapprendono molto
velocemente. È anche vero, però, che i professori ci assegnano i compiti per casa per farci
approfondire, memorizzare e studiare l'argomento trattato la mattina magari con approfondimenti
che sui libri non sono presenti: aiutandoci a lavorare in modo autonomo, i compiti a casa ci
consentono di capire se abbiamo commesso degli errori o se abbiamo compreso bene la lezione
svolta in classe.
Perché no: tolgono tempo !
Nessuno ha mai dimostrato l’utilità dei compiti: si assegnano e si svolgono perché lo si è sempre
fatto; non si pensa a possibili alternative e nemmeno ci si preoccupa di giustificare un impegno così
gravoso che toglie tempo ad altre attività (sport, arte, musica, spesso ignorate dalla scuola) e può
causare rigetto per lo studio, un’attività invece eccitante quando sia frutto di ricerca e ispirata da
desideri autentici. Se i compiti servissero a consolidare gli apprendimenti e ad acquisire un metodo
di studio, allora dovrebbero essere svolti a scuola: è qui che si deve imparare a imparare.
I compiti sono uguali per tutti. Ma non tutti gli studenti sono allo stesso livello e ognuno ha il suo
modo di imparare: per qualcuno farli è semplice, altri devono impegnarsi molto di più, troppi non
riescono. Inoltre risultano avvantaggiati gli scolari che possono contare sul sostegno della famiglia.
La didattica cooperativa
La scuola ignora gli stili cognitivi dei ragazzi. Ogni persona usa strategie ed espedienti mentali per
affrontare determinati compiti. Gli insegnanti per lo più ignorano il modo con cui i loro allievi
apprendono e le loro potenzialità; pretendono riflessione, attenzione, memoria senza indicare i
“gesti mentali” da compiere. Talvolta basterebbe che i ragazzi confrontassero fra loro le rispettive
strategie per superare le difficoltà di chi non riesce. Se si chiedesse allo scolaro che meglio ha
risolto un problema, ostico per altri, di spiegare ai compagni come è arrivato alla soluzione, la volta
successiva tutti avrebbero uno strumento in più. È il principio del mutuo insegnamento, ma la
didattica cooperativa è assente nella scuola.

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