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DIRE, FARE, COMUNICARE

Come insegnare l'italiano L2

Quale tipo di comunicazione facilita l’apprendimento dell’italiano L2?


Nell’insegnamento di una L2 la comunicazione deve essere il più possibile vicina a quella naturale, cioè, a
quella che si verifica normalmente per la strada, fra compagni di classe, fra alunno e insegnante e così via.
Sono da evitare, invece, esercitazioni artificiose, espressioni, costruzioni poco usate o che comunque fanno
parte più della lingua scritta che del parlato. Per esempio, è inutile far rispondere alla domanda “Di chi è la
penna” con “La penna è mia” quando è sufficiente rispondere con “è mia” o “mia”. Impostare la lezione sulla
comunicazione naturale significa anche accettare le forme “scorrette" dei nostri alunni, significa evitare di
correggere il ragazzo quando è impegnato a comunicare con noi, significa, in sostanza, centrare l’attenzione
sul contenuto e non sulla forma del messaggio. L’insegnante potrà fare domande per chiarire che cosa voleva
dire il ragazzo, mentre le correzioni saranno riservate a dei precisi momenti nei quali si potranno svolgere
esercitazioni formali.

Devo rispettare il silenzio iniziale del mio alunno o devo stimolarlo ad esprimersi?
Il silenzio iniziale ha una propria funzione nello sviluppo di una seconda lingua. Ma che cosa può fare
l’insegnante per rispettare questa fase? Nella propria programmazione è bene prevedere attività che non
richiedono subito la produzione orale da parte dell’alunno. Il primo mese, in pratica, dovrebbe essere
dedicato all’ascolto e alla comprensione della nuova lingua. Le attività saranno differenziate e dipendono
chiaramente dall’età dell’allievo. Ma come verificare il livello di comprensione del ragazzo? Si possono
accettare risposte scritte, sia in L1 che in L2 (o in una L3 comune all’alunno e all’insegnante), risposte orali in
L1 oppure “risposte fisiche” (l’alunno, cioè, esegue le azioni indicate dall’insegnante)
I docenti, in genere, preferiscono optare per l’ultima soluzione, perché scavalca alcune delle difficoltà
presentate dalle altre: non conoscenza della L1 del ragazzo, non conoscenza del sistema di scrittura
alfabetico....

Quale clima instaurare per facilitare l’apprendimento?


Un clima sereno e rilassato favorisce l’apprendimento : per questo è importante lavorare in un ambiente
piacevole programmando attività nelle quali il ragazzo non si senta valutato dall’insegnante e dai compagni.
Ma come creare le condizioni ?
Si possono individuare alcune regole generali che vanno declinate secondo l’età dell’allievo e il gruppo:
• curare l’aula nella quale avvengono le lezioni;
• prima di iniziare la lezione placare le eventuali tensioni;
• affiancare alle esercitazioni, attività divertenti, giochi, role-playng, uscite, disegno...;
• evitare la tradizionale lezione frontale (spiegazione- interrogazione- valutazione).

La conoscenza della grammatica italiana favorisce l’acquisizione della nuova lingua?


Numerose ricerche (ma anche la pratica didattica) hanno dimostrato che la conoscenza delle regole
grammaticali di una L2 non ne garantisce la corretta applicazione , soprattutto nelle produzioni spontanee.
D’altra parte si osserva che nella vita quotidiana numerose persone acquisiscono una nuova lingua senza
possedere nessuna conoscenza della grammatica (neppure della L1). Gli adulti, comunque, gradiscono
possedere tali conoscenze, perché rassicurano e consentono di monitorare la produzione orale e scritta. Per la
struttura stessa del pensiero, l’acquisizione della grammatica è da riservare ai ragazzi di età superiore agli
11-12 anni (quando si raggiunge lo stadio piagettiano del pensiero formale astratto), mentre per i bambini un
lavoro formale su una L2 è fortemente sconsigliato.

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Serve davvero correggere gli errori dei ragazzi?
Ai fini dell'apprendimento, la correzione degli errori non serve. Sono state condotte alcune ricerche mettendo
a confronto i risultati di due gruppi: uno con il quale veniva effettuata la correzione sistematica degli errori e
un altro con il quale non era stata fatta alcuna correzione: fra i due gruppi non fu osservata alcuna differenza
significativa, confermando ciò che gli insegnanti verificano continuamente in maniera empirica. Allora
perché correggere? Un insegnante percepisce la correzione dei compiti come uno dei suoi doveri primari,
ma , frequentemente, è anche l'allievo che chiede la correzione perché pensa che essa migliorerà i suoi
risultati futuri. La correzione, inoltre, ha la funzione di controllo del processo di apprendimento e questo
serve sia all'allievo sia all'insegnante. Con molta probabilità, la correzione, comunque, svolge questa sua
funzione solo a partire dagli 11-12 anni, prima di questa età il bambino è poco capace di comprendere su quali
aspetti deve lavorare, al di là della valutazione generale che può premiare (o sanzionare) il suo impegno e le
sue capacità. Alcune volte una correzione troppo severa degli errori può demotivare gli allievi anche perché
spesso è accompagnata dal voto che etichetta le loro capacità. Può dunque succedere che i ragazzi finiscano
per esprimersi poco perché temono di perdere la faccia.

Come posso iniziare con un alunno nuovo arrivato?


Con un alunno nuovo arrivato ha senso iniziare dalle "parole della scuola": gli oggetti presenti nell'aula, le
persone, le azioni più richieste dall'insegnante (prendi la penna, apri il quaderno,…). Non è necessario fare
noiosi esercizi di denominazione; l'insegnante può invece organizzare attività, giochi nei quali le parole da
apprendere sono utilizzate nel loro contesto naturale. E' importante fornire un primo vocabolario che
consenta al ragazzo di orientarsi nell'ambiente scolastico: questo evita il protrarsi dell'iniziale forte disagio
provato dal nuovo alunno.
E' necessario affrontare subito la lingua scritta? Per quanto la tentazione di noi insegnanti sia molto forte,
soprattutto se il bambino non è scolarizzato o non conosce il nostro sistema alfabetico, è bene rinviare
l'introduzione della lingua scritta in modo da non sovraccaricare ulteriormente la memoria. Per i ragazzi un
po' più grandi, che sanno già scrivere e leggere in L1, si può invece portare avanti parallelamente l'orale e lo
scritto, anche perché sono i ragazzi stessi che spesso si aspettano e chiedono di scrivere (altrimenti pensano
di aver perso tempo). Una delle attività che piace ai ragazzi e ai bambini è quella di costruire un vocabolario
personale corredato di immagini o semplicemente con la traduzione accanto in L1: il vocabolario viene
continuamente aggiornato e consultato durante le esercitazioni. Se ne possono creare anche alcuni da parete,
consultabili da tutta la classe.
Le prime parole apprese dai ragazzi (nomi, aggettivi, verbi,..) serviranno poi per agganciarvi nuovi attributi
ed espansioni, costituendo un tessuto via via sempre più complesso. E' bene sempre, all'inizio, aggiungere un
elemento ignoto ad uno noto, per facilitare la comprensione: es. se il ragazzo conosce già il comando "prendi
la penna" si può aggiungere "prendi la penna rossa" e poi "prendi la penna rossa sul banco" e così via.
Sconsiglio di cominciare con le classiche domande "come ti chiami?", "quanti anni hai ?" "da dove vieni?"
perché sono prive di referenti concreti (a meno che non si abbia a disposizione un altro alunno che possa fare
da interprete). Spesso anche la nostra gestualità usata per cercare di rendere comprensibili queste parole può
risultare oscura: es. per dire "io" noi indichiamo il cuore mentre i cinesi indicano il naso.
E' bene invece proporre sempre situazioni, oggetti persone che siano presenti fisicamente, utilizzando un
linguaggio detto del "qui e ora".
Quando gli alunni hanno appreso il primo vocabolario "dell'accoglienza" (parole della scuola, azioni
ricorrenti, semplici aggettivi- es. piccolo grande-, numeri e colori)
l'insegnante potrà presentare nuovi "campi semantici" basandosi sui bisogni e sugli interessi dei ragazzi.
Consiglio di programmare sempre uscite e attività nelle quali i ragazzi possano mettere alla prova le loro
nuove abilità usando la lingua in contesto.

Quali sono i principali metodi per insegnare l'italiano L2?


Principalmente esistono due tipi di approccio alla pratica linguistica: uno grammatico- traduttivo, l'altro

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comunicativo- relazionale o naturale; fra questi due estremi esistono tutta una serie di varietà e combinazioni
che non è possibile esaminare in questa sede. Nell'approccio tradizionale l'insegnante parte dalla spiegazione
delle regole grammaticali ed esemplifica la loro applicazione; l'allievo svolge esercizi meccanici per
memorizzare la regola e traduce dalla L1 alla L2 e viceversa. Nell'approccio naturale, al contrario, si parte
dalla comunicazione sviluppando principalmente la capacità di capire e farsi capire, mentre la conoscenza
della regola è rimandata a fasi più avanzate come riflessione sulla nuova lingua. Gli esercizi sono
generalmente basati su compiti o progetti che gli alunni devono svolgere es. chiedere informazioni su come
raggiungere la stazione, insegnare una ricetta, costruire un gioco ecc. .
Oggi si preferisce integrare il primo approccio con il secondo in modo da avere gli aspetti positivi dell'uno e
dell'altro. Non sempre, infatti, gli esercizi meccanici sono da scartare: in primo luogo molti allievi sono
abituati nel paese di origine a svolgere lavori di copiatura e ripetizione, in secondo luogo questi esercizi
possono essere una risorsa per impegnare gli alunni quando il resto della classe svolge compiti troppo
difficili. E' chiaro che il valore di questi esercizi è molto limitato: non è pensabile infatti che un allievo
apprenda una determinata struttura dopo averla ripetuta per un certo numero di volte completando una
frase con dei sintagmi nominali elencati in una lista.
es. : io mangio la mela
…………la pera
..……….la banana
..……….l'arancia
Un esercizio del genere può aiutare la memorizzazione, ma è solo con la pratica comunicativa che il ragazzo
potrà apprendere la struttura.

Quante ore devo dedicare all'insegnamento dell'italiano L2?


Prima di tutto ricordiamoci che stiamo insegnando in una situazione di "full immersion" e, dunque, i
bambini imparano l'italiano anche durante il gioco, la mensa o la ricreazione. Per questo non è necessario un
numero elevato di ore di lezione che potrebbero anzi essere controproducenti perché stancano e annoiano i
ragazzi. Nel primo mese, comunque, si possono programmare anche due ore al giorno di lezione in piccolo
gruppo; i più piccoli, chiaramente, avranno modo di spezzare le due ore con attività piacevoli o giocose.
Passato il primo periodo il numero delle ore si riduce progressivamente fino ad arrivare ad un incontro
settimanale.

Come posso creare situazioni comunicative significative?


Prima di tutto è necessario tener conto dell'età , delle motivazioni e dei bisogni linguistici dei nostri allievi. In
secondo luogo è importante che gli scambi comunicativi avvengano non solo fra gli alunni stranieri e
l'insegnante, ma anche e soprattutto con i compagni di classe o i coetanei. Se da una parte il piccolo gruppo
di alfabetizzazione svolge un ruolo importante per l'apprendimento della prima lingua, dall'altra non è
sufficiente perché non offre al ragazzo motivazioni forti alla comunicazione. Quale è infatti la spinta più forte
ad imparare l'italiano se non quella di parlare con i coetanei? Per questo è sempre necessario promuovere
attività con l'intera classe. Ma che cosa fare?
Per i più piccoli sono particolarmente indicate le attività di pittura, musica , cucina, costruzione giochi
oppure uscite sul territorio, attività ludiche, drammatizzazioni e così via. Per i più grandi possono essere
organizzati esperimenti scientifici, ricerche sul territorio, attività di teatro, visite guidate oltre naturalmente
alle attività indicate per i più piccoli.

Qual è il metodo migliore per insegnare a leggere e scrivere?


Non esiste "il Metodo" migliore: alcuni insegnanti dichiarano di preferire il fonematico o il sillabico, altri il
globale. Per gli adulti ed i ragazzi, probabilmente, il sillabico rappresenta la via più breve per arrivare alla
lettura e alla scrittura. I ragazzi che hanno alle loro spalle alcuni anni di scuola conoscono frequentemente il

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nostro sistema di scrittura: per loro è spesso sufficiente "risistemare" la relazione fra segno grafico e suono.
Sono necessarie comunque alcune attenzioni e un po' di prudenza: le sillabe devono sempre essere ricondotte
e visualizzate all'interno di una parola, altrimenti i ragazzi possono pensare che sono unità dotate di senso
(questo succede in particolare con gli alunni cinesi); gli alfabetieri sono fatti per alunni italiani di sei anni,
quindi poco adatti a ragazzi che provengono da altri paesi: provate a spiegare che cos'è la befana ad un
bambino che non parla una parola di italiano! o a mostrare un alfabetiere ad un bambino cinese dove alla ci
(come cinese, appunto!) troviamo un ragazzino giallo come un limone con i suoi incisivi sporgenti, il
cappellino da contadino e il codino! Per i più piccoli è invece indicato il globale anche se con alcune
avvertenze: per l'alunno che è arrivato da poco tempo, la presentazione di un'intera frase può comportare
alcune difficoltà per la comprensione e la memorizzazione. L'insegnante, in sostanza, dovrebbe essere sicuro
che ogni singola parola è conosciuta dall'allievo e che l'allievo comprende perfettamente il significato della
frase. Se così non fosse la memorizzazione della frase risulterebbe difficoltosa. In alcuni casi è forse meglio
proporre inizialmente solo un nome con il relativo articolo, anche se poi, oralmente, il nome prescelto sarà
inserito nelle frasi.

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