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Il Graal e i cavalieri della

Tavola Rotonda (Lagomarsini)


Filologia romanza
Università degli Studi di Milano
8 pag.

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Il Graal e i cavalieri della Tavola Rotonda (Claudio Lagomarsini)
1 – Uno sfondo mitico. Artù tra storia e leggenda.
L’insieme della narrativa in versi e in prosa che si è soliti indicare come “materia di Bretagna” o
“materia arturiana” mette in scena un mondo narrativo che i lettori dei secoli XII e XIII dovevano
avvertire, allo stesso tempo, come familiare (per quello che riguarda castelli, abiti, cibi, idee, usi) e
straniante (perché i fatti narrati non solo si costellano di prodigi e misteri, ma coprono anche un arco
di tempo che va dall’epoca di Cristo alla metà del VI secolo e sono ambientati in territori, spesso
inventati, che vanno dal vicino Oriente all’Europa centro-settentrionale).
La prima menzione di Artù si trova nella Storia dei Bretoni (Historia Britonnum), cronaca latina
composta in Galles negli anni 829-830 e attribuita a un certo Nennius. L’opera si presenta come un
elenco privo di basi storiografiche e arricchito da elementi leggendari e folkloristici. L’autore della
Storia dei Bretoni sembra aver attinto alla tradizione gallese su un guerriero di nome Artù per dare
forma, sulla scorta delle notizie riportate da Gildas (autore del pamphlet De excidio et conquestu
Britanniae tra la fine del V e l’inizio del VI secolo) e da Beda il Venerabile (autore dell’Historia
ecclesiastica gentis Anglorum), a un personaggio storico funzionale alla riabilitazione della memoria
bretone-gallese.
Nei secoli successivi, Artù viene menzionato in opere annalistiche (Annali del Galles), in raccolte
genealogiche gallesi e in testi agiografici. Accanto alle tradizioni folkloriche, doveva aver preso
piede, intanto, una credenza diffusa secondo la quale Artù, gravemente ferito nella sua ultima
battaglia ma probabilmente sopravvissuto sull’isola di Avalon, sarebbe ritornato, un giorno, per
riscattare il popolo bretone (cioè i gallesi). Il mito di Artù giunge a una piena codificazione in una
storia “nazionale” dell’antica Gran Bretagna, l’Historia regum Britanniae di Geoffrey di
Monmouth, elaborata tra il 1136 e il 1138. L’opera si sviluppa su dodici libri e inizia all’epoca di
Bruto (pronipote di Enea) per arrivare fino al VII secolo, con la conquista della Gran Bretagna da
parte dei Sassoni. La parte arturiana dell’Historia (libri IX-XI) si apre con la morte di Uterpendragon
e l’incoronazione di suo figlio Artù. Offrendo una cronaca tanto dettagliata quanto storicamente
infondata, Geoffrey illustra l’espansione del regno arturiano fino alla Gallia, al Baltico e addirittura
a Roma. Tra le opere influenzata dall’Historia, spicca il Roman de Brut (1155) di Wace, un lungo
poema ottosillabico in antico francese che arricchisce la cronaca di Geoffrey di Monmouth con
dettagli originali attinti, probabilmente, dal folklore. La più importante innovazione introdotta da
Wace è quella della Tavola Rotonda.
2 – Lancillotto e il Graal prima dei romanzi in prosa.
Nei testi giunti fino a noi, Lancillotto e il Graal compaiono per la prima volta nei romanzi in versi
di Chrétien de Troyes (poeta francese attivo nelle corti di Champagne e di Fiandra nella seconda
metà del XII secolo), le cui fonti (probabilmente provenienti dal folklore celtico) sono di difficile
identificazione. La traiettoria di Lancillotto non incrocia quella del Graal prima del Duecento, quando
viene composto il monumentale ciclo in prosa del Lancillotto-Graal.
Il più antico romanzo sulle avventure di Lancillotto è il Chevalier de la charrette di Chrétien: nel
prologo dell’opera, l’autore afferma che la materia narrata gli è stata consegnata da Maria di
Champagne ma non sappiamo identificare le fonti con precisione. Ad oggi, gli studiosi non hanno
trovato una risposta soddisfacente circa le origini letterarie del personaggio di Lancillotto. Tra il 1194
e il 1204 (cioè non molto dopo il Chevalier), il chierico Ulrich di Zatzikhoven compose il Lanzelet,
una traduzione rimata in tedesco antico di un “libro gallese”, nel quale la critica propende a
identificare un poema in anglo-normanno. Questo poema era forse la fonte comune sia del Chevalier

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(che narra soltanto poche avventure di Lancillotto, inerenti al rapimento di Ginevra) che del Lanzelet
(che segue l’intera vita di Lancillotto). Nella fonte perduta di Chrétien doveva aver preso forma un
racconto che sviluppava le avventure di un eroe chiamato Lancillotto sullo sfondo di un rapimento.
L’aithed, cioè “rapimento” o “fuga d’amore”, è un motivo tradizionale della narrativa celtica. Inoltre,
la fonte perduta doveva già descrivere nel dettaglio l’amore adultero di Lancillotto e Ginevra (visto
che nel Chevalier Chrétien dà la loro storia quasi per scontato). A Chrétien si deve probabilmente la
rielaborazione in chiave cortese del personaggio di Lancillotto.
Il Graal compare per la prima volta nell’ultimo romanzo di Chrétien, il Conte du Graal, rimasto
incompiuto. L’oggetto si configura qui come un vassoio da portata, tempestato d’oro e di pietre
preziose, che sfila in un corteo, preceduto da una lancia che stilla sangue, durante il banchetto al
castello del Re Pescatore. L’eroe Perceval non pone le domande decisive, ossia a chi viene servito il
Graal (che contiene un’ostia) e perché la lancia sanguina: questa reticenza avrà gravi ripercussioni.
Nel Conte du Graal, il Graal è quindi un vassoio contenente un’ostia sufficiente a nutrire il Re
Menomato: questo rimanda a miti celtici nei quali un personaggio ferito o invalido è custode di oggetti
magici, assimilabili a calderoni dell’abbondanza (la lancia che sanguina rimanda a sua volta a un altro
mito celtico).
In Chrétien si ha già un tentativo di rifunzionalizzazione religiosa del mito celtico, visto che il Graal
è sì una sorta di calderone dell’abbondanza ma contiene un’ostia ed è definito una “cosa santa”. La
metamorfosi del Graal in reliquia cristiana si compie in un altro romanzo francese in versi, databile
ai primissimi anni del Duecento, il Joseph d’Arimathie di Robert de Boron. Dei romanzi in versi di
Robert sopravvive un’unica copia manoscritta, che oltre al Joseph contiene i primi 504 versi del
Merlin. Di questi stessi romanzi esiste anche una redazione in prosa: poiché la redazione in prosa
contempla un Perceval, si può ipotizzare che sia esistito un Perceval in versi, andato poi perduto. La
trilogia di Robert de Boron è tradizionalmente indicata dagli studiosi come “Piccolo ciclo”.
Nei romanzi di Robert, il Graal diventa un veissel (“calice” o “scodella”), utilizzato da Gesù
nell’Ultima Cena e impiegato più tardi da Giuseppe d’Arimatea per raccogliere il sangue dalla croce.
Il romanzo di Robert si incarica di narrare la traslazione della santa reliquia dalla Palestina alle valli
di Avalon. Giuseppe d’Arimatea è un personaggio menzionato solo brevemente dai Vangeli, mentre
è una figura più rilevante nei Vangeli apocrifi (anche se nemmeno in questi è connesso al calice). Una
parziale connessione tra Giuseppe e il sangue di Cristo è attestata da una leggenda di origini
georgiane, mentre un altro testo sovrappone il calice dell’Ultima Cena e il vaso in cui fu raccolto il
sangue di Cristo, senza però coinvolgere Giuseppe. L’invenzione del Graal come lo conosciamo è
quindi, probabilmente, da attribuire a Robert stesso.
La leggenda di Lancillotto da una parte e quella del Graal dall’altra costituiscono le principali fonti
del Lancillotto-Graal, ma le influenze e gli apporti sono molteplici (folklore celtico, cronache,
narrativa francese, Bibbia, testi latini e mediolatini di vario genere). Il personaggio di Merlino sembra
provenire da un analogo personaggio del folklore celtico, Myrddin. Geoffrey di Monmouth aveva
raccolta nella sua opera i materiali eterogenei prodotti dalla tradizione precedente e relativi a due
diverse caratterizzazioni del personaggio: da una parte quella di mago e profeta, dall’altra quella di
selvaggio. Geoffrey aveva reso Merlino la guida politica occulta del regno arturiano: Chrétien ignora
questo spunto e menziona il personaggio solo una volta nelle sue opere, mentre Robert de Boron lo
rende un personaggio centrale della civiltà arturiana (è anche sostenitore e consigliere di Artù, mentre
in Geoffrey era associato principalmente al regno del padre Uter). Robert rielabora anche le origini
di Merlino, che è il frutto del rapporto tra Satana e una fanciulla e sarebbe divenuto l’Anticristo se
non fosse stato battezzato da un uomo di nome Blaise. In Robert, Merlino diventa il principale

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responsabile della trasmissione scritta della leggenda arturiana (raggiunge Blaise periodicamente per
dettargli le profezie e le avventure della Gran Bretagna). Il Lancillotto-Graal, presentandosi come
summa delle precedenti tradizioni, assimilerà la leggenda di Merlino ai racconti su Lancillotto e sul
Graal nel quadro di una nuova mitologia cristiana.
3 – Il Lancillotto-Graal. Struttura e composizione del ciclo.
Estoire del Saint Graal Rielaborazione della redazione in prosa del Joseph di Robert. Vi sono
narrate le vicende di Giuseppe d’Arimatea, che raccoglie il sangue di
Cristo nel Graal, incarcerato da Giudei e poi liberato da Vespasiano.
Viene narrata poi la missione evangelizzatrice guidata da Giuseppe e da
suo figlio Josephé. I cristiani convertono i re miscredenti in Oriente, poi
sbarcano in Gran Bretagna portando con sé il Graal, che sarà custodito
dai discendenti di Josephé (i Re Pescatori) a Corbenic.
Merlin e Suite Merlin Il Merlin è ripreso da Robert (pressoché identico), mentre il lungo
Seguito (Suite) raccorda la narrazione con il blocco successivo. Narra la
nascita di Merlino, fanciullo semidemoniaco, selvaggio e dotato di virtù
profetiche, che diventa consigliere dei re di Logres. La sconfitta
dell’usurpatore Vertiger determina l’incoronazione di Uterpendragon;
quando quest’ultimo muore, gli succede un suo figlio tenuto nascosto,
Artù. Il Seguito contiene la cronaca delle aspre guerre di successione nei
primi anni del regno di Artù (che combatte sia i ribelli bretoni che gli
invasori sassoni). A quest’altezza della narrazione, si perdono le tracce
del Graal mentre Merlino viene intrappolato da un incantesimo della sua
allieva e amante, la Dama del Lago.
Lancelot Si basa probabilmente sulla perduta fonte anglo-normanna del Lanzelet
e sul Chevalier de la charrette di Chrétien, oltre che l’Historia di
Geoffrey. È il più lungo dei cinque romanzi e narra la giovinezza di
Lancillotto, la sua iniziazione alla cavalleria, le avventure dell’età
adulta, l’amicizia con Galeotto e l’amore con Ginevra, moglie di Artù.
Dopo un’infinità di peripezie, dalla casuale unione di Lancillotto con la
figlia di re Pellés (discendente dei Re Pescatori) nasce Galaad.
Queste del Saint Graal Galaad viene cresciuto in un monastero e all’età di quindici anni si
presenta alla corte di Artù nel giorno di Pentecoste del 487 d.C. Dopo
aver preso posto al Seggio Periglioso (da sempre vacante) della Tavola
Rotonda, viene riconosciuto come il predestinato che porterà a termine
le avventure del Graal. I cavalieri della Tavola Rotonda si mettono sulle
tracce della santa reliquia. La ricerca non può essere compiuta da
Lancillotto (valoroso ma peccatore) e quindi viene compiuta da tre
cavalieri: Galaad, Perceval e Bohort. Solo Galaad ha la possibilità di
contemplare l’interno del santo vaso, con i suoi segreti mistici, per poi
morire nell’estasi.
Mort le roi Artu Narra le avventure dei cavalieri sopravvissuti alla ricerca del Graal. Il
regno si sgretola progressivamente, come anche le relazioni tra Artù e
Lancillotto, che finiscono per combattersi. Durante la guerra, il figlio
illegittimo di Artù, Mordred, si impossessa del regno di Logres. Nella
feroce battaglia di Salisbury, Artù riesce a uccidere Mordred ma resta
ferito a morte a sua volta. Lancillotto si ritira a vita monastica fino alla
morte.
Nessuno dei romanzi porta una datazione esplicita, né è stato possibile identificarne l’autore o gli
autori. I riferimenti interni nei romanzi non sono di grande aiuto: si dichiara a varie riprese che quanto

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leggiamo deriva dai resoconti degli stessi cavalieri della Tavola Rotonda, trascritti dai chierici di re
Artù. Stando alle ultime righe della Queste, tali resoconti sarebbero stati conservati nell’abbazia di
Salisbury e poi tradotti dal latino in francese per opera di Walter Map. Quest’ultimo è presentato
come autore e narratore della Mort le roi Artu. L’Estoire invece avrebbe come fonte un libriccino
redatto da Cristo in persona e poi consegnato a un monaco vissuto nell’VIII secolo. Infine, nei
romanzi in cui compare, Merlino raggiunge di tanto in tanto Blaise e gli fa mettere per iscritto gli
avvenimenti più recenti o le profezie degli accadimenti futuri. Si tratta ovviamente di invenzioni
letterarie, che rientrano in una strategia di accreditamento del testo (un Walter Map è realmente
esistito ma era probabilmente già morto ai tempi della composizione del ciclo).
Nel 1918 Ferdinand Lot pubblicò un saggio fondativo per l’inizio degli studi scientifici sul
Lancillotto-Graal: l’ipotesi centrale del suo lavoro era che i romanzi del ciclo siano tutti l’opera di
un unico autore. Secondo Lot, è impensabile che autori distinti abbiano potuto gestire in modo
armonico una struttura tanto complicata. Nella prima parte del Lancillotto, in un brano, si dice che
Perceval è “colui che vide chiaramente le grandi meraviglie del Graal”: questo è contraddetto dal
seguito del racconto (in cui è Galaad a vedere le meraviglie del Graal) e da altre profezie disseminate
del ciclo dove il predestinato risulta sempre Galaad. Per Lot, quest’incongruenza si spiega così:
l’autore ha iniziato il ciclo componendo il primo terzo del Lancillotto, prevedendo di assegnare a
Perceval il ruolo che solo in seguito avrebbe deciso di affidare a Galaad.
A partire dal lavoro di Lot, le ipotesi sulla cronologia del ciclo e sull’unità dell’autore si sono
moltiplicate. Tra gli studiosi vige il consenso circa il fatto che la prima sezione del Lancillotto è più
antica rispetto alle altre parti del ciclo. Su come queste siano stratificate e su quali rapporti abbiano
l’una con l’altra, esistono opinioni discordanti:
• Secondo Jean Frappier, il ciclo fu composto da più autori distinti e coordinati da un unico
“architetto”, responsabile di un piano complessivo. Frappier ritiene che la trilogia Lancelot-
Queste-Mort sia stata composta per prima.
• Carol Chase ha approfondito questa teoria dell’architetto ipotizzando una composizione
collaborativa e simultanea di alcune parti del ciclo. In una prima fase, sarebbe stata composta
la prima parte del Lancillotto; poi, mentre il Lancillotto veniva sviluppato in forma ciclica,
sarebbero stati scritti in contemporanea altri blocchi del ciclo, sviluppati da autori distinti ma
sulla base di un piano comune. Questo spiegherebbe sia l’unità strutturale dell’insieme sia
l’esistenza di alcune contraddizioni.
Quanto alla datazione del ciclo, la collocazione più ragionevole sembra quella del ventennio 1215-
1235. I manoscritti ci attestano redazioni diverse del Lancillotto. In alcuni manoscritti, il romanzo
termina con la prima parte (cioè con le sezioni note come Enfances e Galehaut); in altri manoscritti,
la sezione di Galehaut è molto più ricca, dettagliata e seguita da un racconto di estensione
considerevole (che contiene le sezioni note come Charrette, Suites de la Charrette e Agravain, che
lega il Lancillotto alla Queste). La divergenza tra i manoscritti inizia in corrispondenza del secondo
viaggio di Lancillotto e Galeotto nel Sorelois (cioè l’inizio dell’episodio della Falsa Ginevra). Questa
divergenza ha richiamato l’attenzione degli studiosi:
• Secondo Elspeth Kennedy, tutto ebbe inizio da un Lancillotto non ciclico, che terminava con
la morte di Galeotto, senza sviluppare il tema del Graal. Il Lancillotto ciclico sarebbe invece
un’elaborazione più tarda, concepita per accogliere il tema del Graal.
• Secondo Alexandre Micha, il Lancillotto era stato pensato fin dall’inizio per essere ciclico,
mentre l’anonimo responsabile della redazione non ciclica sarebbe intervenuto per rendere il
Lancillotto un romanzo autonomo e indipendente.

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Entrambe le posizioni hanno punti di forza e di debolezza. L’altro grande problema filologico ruota
attorno al rapporto tra l’Estoire e la Queste. Nella seconda vengono a compimento numerosi eventi
profetizzati nella prima: qual è stata scritta prima? Le profezie dell’Estoire furono costruite ex post a
partire dalla Queste, o no?
• Per Frappier, l’Estoire fu aggiunta in una seconda fase, quando il Lancelot, la Queste e la
Mort erano già stati scritti.
• Per altri studiosi, come Ferdinand Lot e Jean-Paul Ponceau, l’Estoire è anteriore alla Queste.
L’ipotesi di Ponceau è parzialmente compatibile con quella di Chase, per cui, dopo la
composizione della prima parte del Lancillotto, le sezioni successive e gli altri testi del ciclo
sarebbero stati redatti più o meno in parallelo.
4 – Manoscritti, trasmissione dei testi e edizioni.
Sono giunti fino a noi centosessanta manoscritti recanti almeno uno dei romanzi del ciclo. Di questi
testimoni, otto conservano il ciclo nella sua interezza e solo quattro di questi risalgono al Duecento.
Nei testimoni che non contengono il ciclo intero ma solo alcuni romanzi sono attestate varie
combinazioni (es. Lancillotto + Queste + Mort o Estoire + Merlin o Estoire + Merlin + primi due
terzi del Lancillotto o l’ultimo terzo del Lancillotto + Queste + Mort). A volte i manoscritti riportano
l’Estoire insieme alla sua fonte principale, il Joseph d’Arimathie di Robert de Boron.
La trasmissione dei testi nei manoscritti è, al momento, difficilmente ricostruibile: diversamente dalla
composizione in versi – regolata se non altro da uno schema metrico e ritmico – la prosa offre ai
copisti la possibilità di introdurre modifiche che, in molti casi, non alterano il testo in modo evidente
e sono pertanto difficili da identificare e circoscrivere. Diversi studiosi che hanno tentato un approccio
stemmatico alla tradizione del Lancillotto-Graal non hanno applicato in modo rigoroso il metodo
filologico. Infatti, molto studiosi si sono basati su sondaggi molto ristretti, mentre altri hanno basato
le proprie ipotesi non su errori ma su semplici varianti. Dove il metodo filologico è stato applicato in
modo più rigoroso si vede bene che i raggruppamenti di manoscritti possono cambiare in sezioni
diverse del medesimo testo (dovuto al fatto che il ciclo era spesso distribuito in tomi diversi, perciò
diversi potevano essere anche i modelli dei copisti).
Lo studio della tradizione del Merlin compiuto da Micha identifica due redazioni: una in cui il
romanzo era concepito per far parte del Piccolo Ciclo, una in cui il testo è stato ritoccato per essere
integrato nel ciclo Lancillotto-Graal. Quanto al Lancelot, si distinguono una redazione non ciclica
con una redazione ciclica; quest’ultima si articola al suo interno in una redazione ciclica lunga
(versione di Parigi) e una ciclica breve (versione di Londra). Secondo Micha, la redazione ciclica
lunga è quella più antica, secondo Kennedy la più antica è la redazione non ciclica.
Con l’eccezione della Mort le roi Artu, tutti i romanzi del ciclo sono stati pubblicati seguendo la
cosiddetta pratica del “buon manoscritto”, cioè trascrivendo un codice ritenuto generalmente
affidabile e correggendone i cosiddetti “errori evidenti”.
5 – Tecniche, stilemi e motivi narrativi.
Il ciclo del Lancillotto-Graal riunisce in un insieme globalmente coerente e coeso un numero
sbalorditivo di avventure e peripezie. La prima, fondamentale tecnica messa a punto in questi romanzi
è quella che Ferdinand Lot ha chiamato entrelacement, il procedimento consistente nell’intrecciare
più fili narrativi, lasciandone in sospeso uno per passare a un altro (e un altro e un altro ancora), per
poi sospendere anche i nuovi fili e riprendere i precedenti; il tutto in modo da formare un insieme in
cui nessun episodio può fare a meno degli altri. Il procedimento non era nuovo, ma prima del

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Lancillotto-Graal nessuno aveva mai sperimentato un simile virtuosismo nell’arte
dell’entrelacement. Nella maggior parte dei casi la sutura narrativa o soglia (il momento in cui si
passa da un filo all’altro) cade in corrispondenza di uno spostamento nello spazio. Il narratore fa
talvolta ricorso a quello che Micha ha chiamato “falso entrelacement” (quando ci si sposta da un filo
narrativo a un altro ma solo per un brevissimo tempo). È possibile che due linee narrative confluiscano
in una sola, o al contrario che una sola linea narrativa si biforchi. Il racconto può procedere sia per
sovrapposizione di segmenti della stessa durata, sia per prolungamento diretto, oppure facendo
accavallare la temporalità dell’una e dell’altra linea narrativa.
La temporalità del racconto può essere ulteriormente complicata dall’inserzione di prolessi (che
aprono scorci sul futuro, ad esempio tramite una profezia o un annuncio) e di analessi (o racconti
retrospettivi, di cui si possono incaricare sia il narratore che un personaggio). Un dispositivo molto
frequente è il richiamo metatestuale a eventi già narrati (es. “come il racconto ha illustrato più sopra”).
La narrazione è gestita da un narratore esterno onnisciente, che usa indistintamente – alternandoli
anche a breve distanza – il passato remoto e il presente indicativo. In alcune occasioni la parola è
ceduta a un narratore interno (soprattutto nel caso di racconti retrospettivi).
L’importanza degli ancoraggi temporali è particolarmente forte nel Lancillotto. L’illusione di leggere
una cronaca è fortissima: la scelta della prosa e l’impiego di una cronologia realistica sono funzionali
ad accreditare il racconto come veridico o verosimile. Anche sul piano dell’espressione è evidente la
mimesi di moduli sintattici e discorsivi presi in prestito dalla storiografia: la narrazione è
caratterizzata da moduli ripetitivi, che possono inanellarsi uno sull’altro. Nei romanzi sono frequenti
i dialoghi, molto più dei monologhi e dei discorsi interiori. I dialoghi adottano sempre il medesimo
stile e le stesse formule, cioè senza affidare al discorso diretto una funzione mimetica (il re non parla
in modo diverso dallo stalliere). Nelle rappresentazioni di battaglie sono frequenti moduli sintattici e
formulari di tipo epico.
Per quanto riguarda il contenuto, si riscontrano alcuni motivi narrativi ereditati dalla tradizione
arturiana:
• Il motivo della ricerca (queste), per cui uno o più cavalieri si mettono alla ricerca di qualcuno
o qualcosa. Il racconto di una queste si sfrangia tipicamente in più linee narrative intrecciate,
ognuna dedicata al percorso di un singolo cavaliere. Ogni ricerca è complicata da ostacoli e
prove, tra cui ricorre la cosiddetta costumanza (costume), cioè un’usanza associata a un
particolare luogo.
• Il motivo del dono che obbliga (don contraignant): un personaggio chiede un dono in bianco
facendo appello alla generosità di un altro personaggio, che si trova costretto dalle circostanze
a concedere il dono senza sapere in che cosa consisterà.
• Il motivo dell’incognito o anonimato, che ogni cavaliere errante deve salvaguardare sia per
dar fede a un codice di comportamento umile e a un contegno improntato alla sprezzatura, sia
per proteggersi da eventuali nemici.
6 – Lineamenti di interpretazione.
I romanzi del Lancillotto-Graal ci chiedono di essere interpretati innanzitutto come una narrazione
storica: la cronaca della traslazione del Graal in Gran Bretagna e delle imprese compiute dai cavalieri
che hanno tentato di apprenderne i segreti. L’Estoire del Saint Graal, piena di paralleli con la storia
biblica, è insieme una prosecuzione britannica degli Atti degli Apostoli e una rielaborazione arturiana
dell’Antico Testamento. La dimensione biografica resta imprescindibile: il ciclo del Lancillotto-
Graal è anche una grande narrazione familiare, che percorre cinque secoli di storia raccontando il

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passaggio di testimone dalla generazione dei padri a quella dei figli. Un grande tema del ciclo è
appunto quello del lignaggio: Galaad, il predestinato del Graal, è figlio di Lancillotto, a sua volta
erede di Nascien (uno dei primi convertiti dal figlio di Giuseppe d’Arimatea, Josephé), e di Amite, a
sua volta discendente dei Re Pescatori (guardiani del Graal), oltre che della stirpe di Davide e
Salomone. L’Estoire del Saint Graal ricostruisce un numero notevole di lignaggi, tracciando l’origine
delle più importanti famiglie di cavalieri destinate a regnare per secoli nella Gran Bretagna:
geopolitica e storia familiare vengono così a sovrapporsi.
Un altro tema centrale è quello dell’identità, tanto è che sia Lancillotto che Galaad che Artù restano
a lungo all’oscuro delle proprie origini. Un episodio emblematico circa questo tema è quello della
Falsa Ginevra, episodio che sembra voler evidenziare l’impossibilità di accertare con mezzi empirici
l’identità. Nella ricerca di un’identità problematica da parte dei cavalieri arturiani si è voluta vedere
una metafora della crisi attraversata dalla società cavalleresca all’inizio del Duecento, una classe
guerriera sempre più schiacciata tra la grande nobiltà e una borghesia in costante ascesa. Nella Queste
del Saint Graal, alla ricerca individuale di senso si aggiunge la ricerca degli strumenti per poter
comprendere il grande disegno divino: infatti, alle avventure portate a termine dai cavalieri è
sistematicamente allegata una spiegazione allegorica, spessa rivelata da un sant’uomo (eremita,
monaco o prete) o da un’apparizione celeste. Nelle vicende del ciclo gioca un’altra forza
imprevedibile e potente, cioè il capriccio della fortuna.
La vicenda complessiva del ciclo consiste nella ricerca di una sintesi tra due sistemi di valori
apparentemente opposti: su un’estremità si collocano i cavalieri coraggiosi e prodi ma interessati
principalmente ai fatti d’armi, ai tornei, alla gloria terrena, all’amore di fanciulle nobili e belle (es.
Galvano), sull’altra stanno coloro che hanno rinunciato totalmente al mondo e alle sue lusinghe per
abbracciare una vita di fede (monaci, eremiti, magari ex-cavalieri) e quei cavalieri che mettono forza,
coraggio e armi al servizio di una missione trascendente (i rari esempi della cavalleria celeste, in
opposizione alla cavalleria terrena; un esempio è Galaad). Tra queste polarità opposte si trovano
situazioni intermedie come quella di Lancillotto, cavaliere di insigne prodezza che non potrà mai
assurgere al ruolo di cavaliere celeste a causa del suo amore per Ginevra. La sua identità in potenza
viene così ceduta al figlio. La vicenda di Lancillotto si configura come una continua giostra di
purificazioni e ricadute. In un certo senso, il Lancillotto-Graal può essere anche letto come un
poderoso manuale di comportamento, una raccolta di buoni esempi (e di esempi negativi) finalizzati
a istruire i lettori (signori terrieri, aspiranti sovrani, rampolli della classe cavalleresca) intorno alla
condotta del perfetto cavaliere e del buon cristiano.
Nel complesso, nell’interpretazione del ciclo del Lancillotto-Graal non si può prescindere da:
• Una dimensione cronachistica e, per così dire, storiografica.
• Una dimensione biografica.
• Una dimensione trascendente rispetto alle due appena evocate: una storia mistica
dell’umanità che si manifesta nella filigrana di simboli carichi di significato. Il misticismo di
cui è imbevuto il ciclo è soprattutto di stampo cistercense (in particolare, lascia trasparire
elementi della dottrina di San Bernardo).
7 – Episodi della fortuna medievale e moderna.
Nei quindici anni successivi alla composizione del ciclo vedono la luce altre due prose arturiane di
formidabile estensione: il Tristan en prose, che proietta la vicenda di Tristano nel mondo narrativo
del Lancillotto-Graal, e il Guiron le Curtois, che sperimenta una narrazione retrospettiva,
concentrandosi sulla generazione dei padri e sugli antefatti che hanno portato alcuni personaggi a

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essere come li abbiamo conosciuti nel Lancillotto e nel Tristano. Inoltre, secondo Fanni Bogdanow
(sulla base di alcuni frammenti), intorno agli anni 1235-1240 sarebbe stato elaborato anche un lungo
Romanzo del Graal (chiamato anche “ciclo post-vulgato”) diviso in tre parti. Tra gli studiosi,
l’esistenza di questo insieme narrativo è oggetto di controversie.
La fortuna tre e quattrocentesca del ciclo è testimoniata dal Perceforest, romanzo-fiume che continua
a ritroso nell’esplorazione del passato bretone (ripercorre le varie tappe della cristianizzazione
dell’isola), e dalle numerose traduzioni in altre lingue (di quasi tutte le parti del Lancillotto-Graal ci
sono giunte traduzioni databili al Trecento). Nelle biblioteche signorili del Tre e del Quattrocento i
romanzi del ciclo incontrarono un’enorme fortuna, non solo nelle traduzioni italiane ma soprattutto
per il tramite di copie francesi. In Gran Bretagna, sir Thomas Malory scrisse la Morte Darthur tra
il 1469 e il 1470 (l’opera fu stampata nel 1485): si tratta di un libero adattamento in prosa del ciclo,
ma con interpolazioni da altri testi e con farciture originali. La Morte Darthur salta in blocca tutta
l’Estoire del Saint Graal cominciando dalla nascita di Artù e passando della spada nella roccia e ai
primi anni di regno (probabilmente utilizzando come fonte la redazione post-vulgata del Suite
Merlin). Molti adattamenti letterari, teatrali e cinematografici del Lancillotto-Graal passano ancora
oggi per il filtro della Morte Darthur (pensiamo a La spada nella roccia ed Excalibur). Esistono però
adattamenti teatrali e cinematografici che dipendono in modo più fedele al ciclo antico francese (come
il Lancelot du Lac di Robert Bresson).

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