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Storia del teatro contemporaneo

Lezione 1 (4 novembre 2020)


Il teatro nasce come disposi vo e strumento, s mola delle sensazioni, delle emozioni, simula
un’empa a, un “sen re con”, essere allinea con una gamma di sen men , passioni prima ancora
dell’interpretazione razionale.
Le neuroscienze e le scienze cogni ve spiegano come i meccanismi della ricezione dell’uomo lo
predispongono alla fruizione e quindi alla relazione con lo spe acolo in scena.
Si me ono in moto una serie di meccanismi che sono sici, corporei, emo vi al punto di provare
sensazioni che talvolta non sono nemmeno reali. Così come le emozioni che si provano a teatro
vengono de nite emozioni este che: per la morte di un personaggio in scena lo spe atore, per
una forma di empa a, può provare delle emozioni (posi ve o nega ve a seconda dell’idea che si
ha del personaggio) talvolta anche molto for e travolgen che però non sono propriamente reali.
La parola “teatro” viene dal verbo greco, che è un verbo legato alla visione, “thèaomai”: in italiano
non esiste un vero corrispe vo ma in inglese si e sarebbe “to gaze” cioè “guardare con una precisa
intenzionalità”.
La parola “teatro” viene anche da “theatron” (theatrum in la no) che prende il signi cato di “un
luogo in cui guardare”.
Da un lato è un’azione, dall’altro iden ca un luogo più o meno preciso in termini archite onici ma
è il luogo. Un luogo speci co che in qualche modo si astrae dal usso spazio temporale della vita
quo diana e ci propone qualcosa che è extra quo diano, è teatro.
Thea = pre sso che indica azione del guardare con intenzione
Thr = su sso strumentale
Il theatron è un mezzo, un disposi vo per assistere ad una rappresentazione/evento
“Theatron” signi ca anche “comunità di persone” (per esempio la chiesa): il termine teatro non
intende solamente l’edi cio in cui avviene la performance, ma indica anche il conce o di comunità
di persone che ne fanno parte.
Il teatro nasce quindi come idea di una visione individuale e colle va di partecipazione ad un
evento che si astrae, si so rae dal uire dello spazio tempo quo diano, ci porta in un mondo altro
che non è solamente quello della nzione ma non è neanche quello della realtà, e quindi iden ca
da un lato il luogo in cui ciò avviene e la percezione della realtà che una comunità condivide in quel
momento.
Perciò la parola teatro iden ca, dunque n dall’inizio, un luogo e al tempo stesso una forma/
percezione della realtà tramite la rappresentazione/ nzione.
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Alessandro Sciarroni con lo spe acolo”Aurora”


Innanzitu o si tra a di uno spe acolo contemporaneo di un ar sta che ha ricevuto il premio
Leone d’Oro alla Biennale di Danza l’anno scorso suscitando molte polemiche.
Alessandro Sciarroni pone gli spe atori di fronte a performances provocatorie che richiedono una
presa di posizione perché tra a ques oni che me ono in dubbio la tradizione da cui lo spe atore
proviene. Inoltre queste performances me ono anche in dubbio le is tuzioni che ospitano queste
creazioni.
Questo spe acolo funziona e delude allo stesso tempo perché non corrisponde pienamente al
criterio di suddivisione dei generi.
Inserire uno spe acolo del genere in un contesto di danza o di teatro pone dei problemi di
ricezione perché lo spe atore che assiste allo spe acolo pensando che si tra di danza può
rimanere estremamente deluso nel non vedere ciò che riconosce come tale.
Aurora è uno spe acolo recente che va in scena sopra u o nei fes val che nei teatri stabili dove la
selezione dei prodo che vengono o er sono calibra su ciascun teatro secondo le logiche della
sua costruzione al pubblico, del suo desiderio di essere iden cato come un certo po di teatro, è
legato alla fa bilità della messa in scena all’interno della stru ura dell’edi cio teatro.
Nei “teatri all’italiana” la visione non è neutra ma è pensato per una visione unica e privilegiata
che è il posto del Re, cioè il posto centrale al palcoscenico dove si ha la visione privilegiata, quella
per cui archite onicamente quello spazio è disegnato e quella per cui, quando è stata introdo a la
scenogra a prospe ca, il disegno prospe co funziona perfe amente. In ques teatri “all’italiana”
la visione non è neutra ma è determinata dalla gerarchia sociale, dal potere economico, ecc..
La visione e l’udito sono fa ori centrali nel fa o teatrale: nel teatro come disposi vo inventato in
Grecia, quindi l’origine del teatro, l’acus ca è fondamentale. La parola e il suono erano centrali
all’interno dello spe acolo.
Nel teatro, ciò che comincia a cambiare è il fa o che la parola è agita e quindi viene incorporata e
trasmessa con il corpo.
I teatri in Grecia venivano costrui all’aperto ed erano inseri nella natura ma anche nel paesaggio
archite onico circostante ed era parte della vita e della dimensione sociale, non aveva una
fron era delimitata che invece cara erizzerà tu o il teatro romano e i successivi: il teatro viene
circondato dalle mura e si comincia a separare in maniera ne a e dis nta il teatro come mondo
dentro, dal teatro fuori.
Gli elemen archite onici e le funzioni del teatro nella società sono sempre collega .

In questo spe acolo, Sciarroni gioca sulla ques one del vedere e del sen re ed è uno spe acolo
sulla percezione che è una parola chiave della ricezione teatrale.
Fa parte di una trilogia “Will you s ll love me tomorrow” che è legata ai conce di resistenza,
sforzo e concentrazione realizzandolo in parte con a ori professionis e in parte con altri
professionis come i giocolieri.
I performers hanno lavorato con degli atle di goalball che è una pra ca spor va paraolimpica ed
uno sport unico nel suo genere, che non ha a accamen ad altri sport: è nato per essere uno sport
paraolimpico. Sono tu giocatori o ciechi o ipoveden e questo li me e in una condizione di
di coltà nel percepire la palla che però ha un elemento sonoro e inoltre tu i giocatori vengono
democra camente benda di una maschera che garan sce che giochino tu con le stesse
potenzialità e capacità.

Alessandro Sciarroni ha fa o un percorso pra co e teorico molto intenso.


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Alessandro Sciarroni non ha una formazione come danzatore, non si sente di venire dal mondo
della danza ma il mondo della danza è quello che lo ha accolto perché il livello di sperimentazione
e astrazione perme e a lui e ai suoi spe acoli di esistere all’interno di ques forma di fes val e
programmazione di even .
Ogni disciplina costruisce una sua genealogia sulla base di logiche che sono interne a quella
disciplina e a quella narrazione storica che si basa su molte ques oni diverse.
Intervista a Sciarroni “Qual è una parola che vorres risigni care o eliminare dal lessico comune?”
“Nei fes val e negli ambi in cui il teatro contemporaneo trova più spazio di azione di esistenza,
usare la parola teatro sembra quasi demodè legata ad una vecchia concezione di teatro, si usa
infa ar performa ve. Sarebbe bello riquali care la parola teatro e ridarle la sua accezione
originale che è quella di dedicare un luogo all’interno del quale avviene un incontro.”
“Il 900 non è il secolo dei regis come viene erroneamente veicolato nelle storie della danza e del
teatro, ma è il secolo del pubblico”: gli storici del teatro hanno iniziato ad occuparsi del pubblico
fanno una vera e propria indagine. Perché? Dove? Come? L’indagine sul pubblico è iniziata dagli
anni 80.

Conce e terminologia
*Video de nizione di teatro (in inglese)*
Una de nizione di teatro (modello dizionario generico)
Edi cio appositamente proge ato e costruito o comunque adibito alla rappresentazione di opere
dramma che o musicali, a spe acoli di varietà, ballo e così via.
Esempio: Teatro dell’Opera di Roma, Teatro alla Scala di Milano.
Con riferimento all’a uenza degli spe acoli: un teatro a ollato, gremito, deserto; per metonimia,
anche il pubblico degli spe atori.
Esempio: “tu o il teatro sca ò in piedi, applaudendo”
Con riferimento agli spe acoli teatrali in genere (a me piace molto il teatro); o a un determinato
genere (vado pazzo per il genere di prosa/musical); talvolta con riferimento ad un singolo
spe acolo (stasera vado a teatro).

Il termine teatro deriva dal greco an co théatron “luogo di spe acolo” e dal verbo théomai
“vedere”.
Thea: radice verbale che indica l’azione di guardare con con nuità e intenzione (in inglese: to
gaze).
Thr: su sso strumentale che indica che theatron è un mezzo, un disposi vo per assistere a un
evento spe acolare.
Théatron: luogo ada o per assistere ad uno spe acolo fa riferimento anche alla comunità di
persone (per esempio “chiesa” che è sia edi cio che comunità) che guardano quello spe acolo
dimesione visiva + dimensione partecipa va
A teatro storicamente vige una ne a separazione tra un sogge o che eseguiva azioni (a ore) e un
sogge o colle vo che guardava (il pubblico). All’interno di una stru ura che favorisce la
separazione tra ques due mondi marca la di erenza tra il tempo e lo spazio dell’azione ( nzione)
e il tempo e lo spazio dell’osservazione (realtà): si tra a di un’interruzione del usso spazio
temporale della quo dianità che lo spe atore decide di operare entrando in questo spazio
dedicato e me endo una spazialità e temporalità altre rispe o alla normalità. Nell’area che abita lo
spe atore, quindi, c’è comunque una dimensione vicina a quella della realtà mentre nell’area
abitata e agita dai performers ci troviamo in un’area tempo extra quo diano.
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Il conce o di théatron segnò una rivoluzione esperienziale in cui l’ogge o era l’esibizione di azioni
corporee (imitazione di azione) e la vista e l’udito avevano un ruolo centrale (acus ca dei teatri
greci oltre che la possibilità di vedere, allo stesso modo, l’azione presentata).
Il teatro occidentale viene fa o risalire ad un’invenzione greca la cui origine è legata ad Atene tra il
VI e il V secolo a.C ma si hanno tes monianze dell’esistenza embrionale del teatro già mille anni
prima della nascita della tragedia greca: si tra a di forme di teatro pra cate nell’an co Egi o in
relazione al culto dei “Misteri di Osiride”. Anche la civiltà minoica conosceva l’uso di strumen
musicali (centra e auto) e un’arte della danza intesa come imitazione di azioni di caccia e guerra.
Il teatro si è trasformato dalle sue origini ad oggi ma la frammentarietà della documentazione
rela va alle pra che teatrali in epoche preceden e in altri contes culturali rispe o all’an ca
Grecia (Egi o, Etruria ed altri) limita la nostra conoscenza.
Nell’an ca Grecia sicuramente si veri ca uno strappo decisivo a par re dai rituali dionisiaci e dalla
dimensione religiosa del rito si è passa a trame di c on o storie realmente accadute. Si tra ò di
una conversione progressiva dalla materia dionisiaca verso altro. Il teatro in Grecia è nato come un
a o di ro ura rispe o alla dimensione dionisiaca.
L’invenzione della tragedia è un a o loso co perché espone la sogge vità della parola e
introduce un senso, non si tra a della mera riproduzione di un’idea ogge va della “realtà”
accaduta una volta e quella volta per sempre (come la storia). La tragedia non riproduce, non
rappresenta ma presenta e riformula un’immagine della verità del possibile.
La tragedia è un disposi vo che consente di cogliere UN senso possibile della realtà che nella sua
complessità non è sopportabile, esperibile, rappresentabile. Il logos interrompe il canto, la parola
diventa protagonista, fa si che l’azione avvenga e ha funzione preroga va.
La tragedia (e poi la commedia) prende spunto dall’improvvisazione proto-drammaturgica
all’interno dei rituali dionisiaci (di rambo e processioni falliche).
La tragedia a ronta i “mi ”, racconta storie ed even . Nello stesso periodo storico la loso a v
verso la “diale ca” cioè all’introduzione dell’interlocutore in loso a che equivale all’introduzione
dell’a ore nella composizione dramma ca.
La tragedia si emancipa e acquisisce serietà rispe o alla eruzione emo va e spontanea nel canto
corale dei sa ri.
Il teatro comprende un insieme di ar tramite cui viene rappresentata, so o forma di testo recitato
o dramma zzazione scenica, una storia. Una rappresentazione teatrale si svolge in pubblico
facendo riferimento ad una combinazione variabile di parola, gestualità, musica, danza, vocalità e
suono.
Gli elemen fondan che dis nguono un evento teatrale sono:
• La scelta di una forma di azione/rappresentazione
• La de nizione di uno spazio per questa azione/rappresentazione (il palcoscenico in un
edi cio teatrale o l’area scenica ovvero il perimetro della rappresentazione degli a ori/
performer in altri spazi)
• Il tempo stabilito dell’azione (la durata di un testo o di una forma di par tura gestuale e
musicale)
Il teatro è luogo e tempo della realtà aumentata, una realtà extra quo diana. Il teatro ha un
e e o performa vo ed e cace sulla percezione della realtà: la fa diventare “vera” non nzione.
Il teatro Occidentale nasce quando si produce la fra ura consapevole (e poi codi cata) tra chi
agisce e chi guarda. Dal coro delle pra che dionisiache si stacca la gura dell’a ore.
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Teatro dramma co pone al centro la parola, il messaggio commentato e ampliato dalla visione
delle scene.
Dramma deriva dal vero greco drao, che signi ca “agisco una rappresentazione teatrale”. Per
essere tale si svolge davan a pubblico.
La parola scri a o improvvisata è l’elemento centrale del teatro in prosa (l’opera lirica, il teatro-
danza, il kabuki, la danza katakali, l’opera cinese, il teatro dei bura ni..)
Per fare teatro, dunque, NON è sempre necessaria la presenta di un testo ma è necessario il
movimento del corpo (l’azione) in uno spazio dedicato e de nito, eseguito di fronte ad uno
spe atore.

Nell’an ca Grecia azione e parola non erano due cose dis nte: la parola era azione, “parola-
evento” che non era dis nta/autonoma rispe o all’azione scenica.
Nel teatro moderno di ne ‘800 (roman co e naturalista): “parola-sen mento”, la centralità è
conferita alla dimensione psicologica che determina l’azione.
Il teatro contemporaneo di ne ‘800 e di inizio ‘900 si ribella al dominio della parola e il rapporto
con il testo si fa complesso: il testo (la parola scri a) viene progressivamente manipolato,
intaccato o addiri ura eliminato per essere posto a totale servizio dell’evento scenico.
Dal XX secolo in poi l’importanza del testo è stata ampiamente e radicalmente messa in
discussione nel teatro post-dramma co.

Ogni spe acolo e ogni evento scenico è un accadimento dinamico di natura performa va.
Il nucleo fondante del teatro è la compresenza in uno stesso spazio e tempo di (almeno) un
performer che agisce con il proprio corpo + e (almeno) uno spe atore che assiste.
Il teatro è agire una situazione (narrazione o coreogra a), in uno spazio stabilito e per una durata
stabilita PER degli spe atori.
Il teatro è sempre il fru o di un processo composi vo che fa riferimento, e spesso intreccia, vari
regis “immateriali” dell’espressione teatrale come: voce e movimento, musica e luci, coreogra e
e scenogra e..
Ogni età e ogni contesto culturale fanno riferimento a codici speci ci per a vare il meccanismo
della rappresentazione teatrale. Si va da un a ore che imita pose pi oriche e mira ad a ascinare il
pubblico, all’a ore che riproduce ossessivamente la vita “così com’è”.
• Codici speci ci: la nzione, la scena come luogo dell’azione, l’idea che esista una parete
che racchiude l’azione e la presenta al pubblico. La quarta parete aiuta a conce ualizzare la
parte dello spe atore che quello che avviene in scena ignora la sua presenza, e viceversa gli
a ori a con nuare ad agire senza rivolgersi dire amente al pubblico ma ngendo, nella
nzione, che quanto accade sia uno spaccato di realtà.
• Codici teatrali (sempre al plurale) in teatro non c’è un codice stabile e ssato una volta
perché singoli contes culturali nelle diverse epoche storiche si sono prodo codici
speci ci e sempre in relazione con altri codici (pi orici, le erari, culturali in generali).
• Codici non speci ci sono quelli che lo spe atore andando a teatro e fruendo di uno
spe acolo, porta inevitabilmente con sé in un bagaglio di conoscenze insieme ai rela vi
codici interpreta vi che ha acquisito altrove come codici linguis ci, psicologici, emo vi,
culturali in senso lato.
Dall’An ca Grecia al XIX secolo è esis to un codice unitario del teatro per ciascuna società e
ciascun contesto culturale. Questo codice unitario ri e eva i valori di quella data società e cultura
di cui il teatro era espressione, si parla infa di teatro greco, rinascimentale, barocco,
Elisabe ano, roman co, e così via.
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Tra il XIX e il XX secolo, con la crisi del modello teatrale occidentale, non è più esis to un modello
unitario bensì un teatro contemporaneo composto da idee anche molto diverse tra loro di teatro
(e di performer, azione scenica, spazio scenico, testo…) che coesistevano e ancora coesistono.
Tu avia, la presenza di scenogra e che riproducono interni borghesi e realis ci e il buio totale
della sala, l’a ore che recita per far credere al pubblico che ciò che stava vivendo in scena sia
“vero” facendo riferimento a uno s le recita vo, basato sull’iden cazione con il personaggio e
sull’instaurazione di un rapporto empa co con il pubblico sono tu e tracce di un’este ca teatrale
di impronta naturalista, ovvero risalente al XIX secolo e che s mola e presuppone insieme, un
a eggiamento passivo dello spe atore.
Ancora oggi, dunque, spesso le aspe a ve degli spe atori sono predeterminate da questa este ca
teatrale il cui conce o di base è che il teatro è, o dovrebbe essere, il luogo privilegiato della
rappresentazione realis ca della vita, mentre in realtà sappiamo che il teatro è un fenomeno
ar ciale che costruisce sempre una realtà diversa. Un modo altro diverso da quello reale.

Le aspe a ve del pubblico che vogliono vedere in scena uno spaccato della realtà implicitamente
conferiscono un valore nega vo a tu o quanto a teatro è percepito come zio e ar ciale.
Queste aspe a ve persistono nonostante la svolta impressa al teatro dalle sperimentazioni
condo e nel XX secolo che in larga parte possono essere de nite an -naturaliste, avendo
esplorato proprio la nzione e l’ar cio sulla scia di un’este ca teatrale barocca.
Il teatro è un luogo sico (non sempre un edi cio) e un luogo simbolico in cui ogni cultura
rappresenta i propri valori e modelli sociali (o contro-modelli).

Spazio e tempo a teatro sono sempre codi ca proprio perché non sono quelli della realtà(sipario,
luci, colpi di bastone, applausi e così via a seconda delle epoche e dei contes culturali).
Lo spazio rappresentato è il luogo mentale che viene evocato grazie all’immaginazione dello
spe atore e alla presenza/azione/immaginazione dell’a ore/performer.
Lo spazio della rappresentazione nel teatro occidentale, a par re dal Rinascimento, è stato
incorniciato nell’arco scenico del teatro all’italiana e che divideva ne amente il luogo dell’azione
scenica da quello della fruizione.
A par re dal 900 questa separazione è stata messa in discussione privilegiando anche la
partecipazione a va dello spe atore all’interno della relazione teatrale.

Il tempo in una rappresentazione teatrale è ciò che ne determina più di ogni altra cosa le
cara eris che di alterità rispe o all’esperienza quo diana.
I tempi teatrali prendono il sopravvento sul tempo individuale coinvolgendo alla ne all’interno di
coordinate extra-quo diane anche il pubblico, che tornerà al proprio tempo abituale alla ne della
rappresentazione (segnalata dal calare del sipario o dall’accensione della luce in sala o altro). La
durata della rappresentazione come evento è stata de nita in ogni epoca con modalità di eren .
Nel teatro greco an co il tempo della rappresentazione coincideva con la durata di un’intera
giornata e spesso coincideva anche con il tempo rappresentato nel testo.
Nel teatro medioevale, talvolta nei misteri, si dilatava per mol giorni consecu vi.
Nel teatro colto rinascimentale si è introdo o l’uso della suddivisione in a e intervalli.
Nel teatro contemporaneo del 900, molte sperimentazioni hanno esplorato la sintesi estrema dei
tempi della rappresentazione o l’estrema dilatazione (come nel caso di spe acoli i neran spesso
con stru ura ciclica). In molte forme di teatro post-dramma co si sperimentato ashback e
ashforward, proiezioni video che nel complesso mol plicano le possibilità di raccontare tempi
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diversi anche contemporaneamente e con innes di azioni in tempo reale che accadono all’esterno
rispe o all’area scenica.

A ore
Le de nizioni di a ore non sono stabili ma mutano a seconda dei contes storici e culturali.
A ori dal la no agere (agire) ma la cultura moderna vuole che l’a ore impersoni chi e rappresen
con gli strumen della nzione.
In greco il termine usato è mimoumenoi pra ontas (cioè colore che agiscono-imitano)
In inglese performer (dal fr.an co “performer” e dal lat. Tardo performare “dare forma de ni va”
con pre sso ra orza vo “per”). Performer è la de nizione generica di chi agisce di fronte ad un
pubblico.
Il termine a ore entra in uso molto più tardi e viene prevalentemente usato in ambito forense
(“colui che agisce in giudizio”).
Fino al 700 inoltrato a teatro si usano piu osto i termini comico, comediante, comédien.

Recitazione
In molte lingue il conce o di recitare coincide con il verbo “recitare” e coincide con il vero
“giocare”:
• Inglese: to play
• Francese: jouer
• Tedesco: spielen
• Spagnolo: actuar
Il termine “recitare” pone invece l’accento sulla nzione, sulla ripe zione del gesto o della parola
(re-citare) e veicola il conce o di operatore della nzione. Recitazione/rappresentazione/
interpretazione
La recitazione è l’arte del rappresentare una storia tramite un testo o azioni sceniche. Il campo
dell’azione dell’a ore deve avere con ni precisi, è uno spazio extra-quo diano, uno spazio “altro”.

Lezione 2
Stuart McArthur “Down Under” Mappa Corre va Universale del Mondo (1979)
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Le proiezioni geometriche delle mappe sono u lizzate come degli strumen per rappresentare il
mondo da diversi pun di vista che sono quelli corrisponden ai diversi paesi ma anche alle diverse
culture del mondo e alla loro storia. Visualizzare il mondo a raverso le mappe comporta anche la
trasmissione non solo della gra ca ma anche dei principi e dei conce e sopra u o dei messaggi
che quella stessa rappresentazione geometrica con ene.
Ancora di più, le mappe sono realizzate e anche di use da chi ha il potere di farlo e quindi
rappresentano gli interessi delle persone al potere: siamo cresciu con la mappa del mondo in cui
l’Europa è rappresentata al centro, al cuore di una rappresentazione che è sia geogra ca ma anche
poli ca del mondo.
In termini visivi si tra a della resa della centralità che però non è così ovvia in termini geometrici,
ma allora ci si domanda perché l’Europa è sempre al centro? L’Europa ricordiamo ha “scoperto” il
resto dei conten , che ovviamente già esistevano, ma li ha sostanzialmente so opos al proprio
dominio, colonizzandoli, in vari momen della storia e in vari modi.
Per contrastare questa rappresentazione e cri care l’Eurocentrismo ovvero la tendenza a vedere
tu o il mondo e anche la storia delle altre culture, dalla prospe va Europea come se tu o fosse in
relazione a questa sua presunta centralità, l’australiano Stuart McArthur, che all’epoca era un
adolescente, era tormentato dall’essere sempre de nito un ci adino “dal fondo del mondo”,
perché era così che veniva de nita l’Australia, ha realizzato nel 1979 la prima mappa corre va
universale del mondo. È una mappa molto speciale: McArthur non ha spostato i con nen ma li ha
semplicemente dispiega su un foglio a par re da un altro centro, cioè ha posto l’Australia al
centro. Questa sua azione ci obbliga a riposizionarci mentalmente, visivamente e anche
culturalmente perché dobbiamo individuale noi stessi, non è semplice ritrovare l’Europa in questa
nuova logica visiva della distribuzione dei con nen .
La cri ca postcoloniale si a erma negli anni ’70 e riguarda ampi se ori delle scienze sociali.
Si è a ermata per esercitare un a eggiamento di cri ca radicale dell’eurocentrismo e questa
rappresentazione del mondo so o forma di cartogra a è fru o della sensibilità e della
consapevolezza che ques studi hanno prodo o.
Cioè la cultura in generale non può essere compresa senza una profonda considerazione e
conoscenza delle dinamiche coloniali che hanno segnato la storia globale: il post colonialismo ha
aiutato a di ondere un approccio alla storia non in quanto storia singola dell’Europa e
dell’Occidente ma quanto storia globale, una storia che non è solo la storia delle classi dominan , e
delle popolazioni che risultato decentrate da questa visione in cui invece è sempre l’occidente al
centro.
Si tra a di cominciare a spostare lo sguardo e non fermare solo gli occhi sui protagonis europei
occidentali della storia, ma guardare anche ai domina assumendo un punto di vista che è quello
della molteplicità e inevitabilmente della complessità.
Questa sensibilità è fru o degli studi culturali, delle teorie di genere, degli studi sulle ques oni
razziali e così via, che hanno contribuito a spostare l’a enzione nello studio della danza: noi oggi
cerchiamo di capire non solo cosa signi chi fare teatro, ma anche come il teatro produca signi ca
e in che misura sia parte di un più ampio e complesso contesto culturale.
Il teatro, infa , è un fenomeno culturale che genera, veicola, ma anche interroga e spesso me e in
crisi il sistema di valori e le abitudini di una data società.

La ricezione a tetro: IL PUBBLICO


*Immagini slides*
Gerzy Grotowsky è uno dei regis teorici del teatro del 900 tra i più no e scrive in uno dei suoi
tes molto celebre, Verso un teatro povero (1968): “Il teatro può esistere senza pubblico? Per farne
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uno spe acolo è necessario almeno uno spe atore. Quindi ci rimangono l’a ore e lo spe atore.
Possiamo quindi de nire il teatro come “ciò che avviene tra spe atore e a ore”. Tu e le altre cose
sono complementari.”
Il paradosso di questa a ermazione è che la presenza dello spe atore negli studi teatrali è stata a
lungo ignorata.
Solo a par re dalla metà del 900 si sono mol plica gli studi dalla psicologia, dalle neuroscienze,
dall’este ca, dalla sociologia, dalla semio ca, per comprendere come lo spe atore reagisce di
fronte a uno spe acolo teatrale.
Lo spe atore viene considerato come singolo individuo e il pubblico invece come tu gli spe atori
di quello spe acolo, il pubblico è la comunità che si crea.
Il pubblico teatrale in generale è considerato anche dal punto di vista quan ta vo.
Il conce o di spectatoriship iden ca la dimensione colle va, lo stato di presenza e di
osservazione di uno spe acolo che implica la condivisione di una dimensione sociale e culturale
ma anche del proprio stato psicologico, del proprio inconscio, della propria memoria.
Vi è quindi una intercambiabilità dei termini:
- spe atore => che deriva da spectare, che signi ca “vedere”
- audience/pubblico => che deriva da parole che signi cano “sen re”

Esistono dei casi limite che si instaurano nella relazione teatrale a ore-spe atore:
• Eliminare lo spe atore: si va verso un teatro senza spe acolo (il pubblico, se esiste, viene
rido o a tes mone di un’esperienza alla quale, di fa o, resta estraneo)
• Trasformare il pubblico in partecipante: lo spe atore si trova inserito sicamente nello
spazio dello spe acolo e viene spinto ad agire, a fare
• In una versione più radicale, si eliminano gli a ori e gli spe atori che diventano tu
“partecipan ” all’evento (è questo il caso per esempio del teatro di animazione degli anni
’70)
Le pra che spe atoriali sono cambiante all’interno di diversi regimi scopici e contes culturali e
sociali. Ognuno di ques contes ha costruito un proprio modello di relazione con lo spe atore e
la sua relazione teatrale.
Avere una competenza spe atoriale a teatro signi ca riuscire a cogliere non solo cosa avviene o
cosa si racconta ma anche come avviene e come si racconta.
Capire come ogni spe acolo costruisce il proprio modo di comunicare, raccontare, signi care.

L’esperienza dello spe atore a teatro è un insieme complesso di processi emo vi, sici, psicologici,
mnemonici, interpreta vi, valuta vi che interagiscono tra loro e nel complesso sono una forma di
interpretazione este ca di quanto succede in scena.
È molto probabile che nuove forme di spe acolo e nuovi sistemi sociali e nuove tecnologie
comporteranno l’emergere di un diverso po di spe atore e di nuovi pi di relazione teatrale.

Possiamo studiare il ruolo dello spe atore rispe o ad uno spe acolo teatrale in relazione:
• Alla sua funzione
• Alla percezione
• Alle sue capacità di decodi cazione
• Alla sua memoria (individuale o colle va)
• Alla sua mo vazione
• Alla sua partecipazione a va o passiva
• E così via

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Questo è possibile perché l’a eggiamento e la reazione dello spe atore di fronte a un evento/
spe acolo teatrale è determinato da mol fa ori che possono essere psicologici, poli ci, este ci,
culturali…
Ci si può dunque chiedere: in che modo il disposi vo scenico organizza e presenta la realtà? Come
si produce l’illusione e l’immaginazione (o non si produce)? Come funziona quello speci co
spe acolo rispe o all’orizzonte di a esa degli spe atori in uno speci co contesto storico e
culturale?
Ogni epoca e ogni este ca teatrale comportano una par colare relazione con il pubblico
(“relazione teatrale”) che può essere improntata all’illusione, alla partecipazione, all’interruzione
della rappresentazione, alle distrazioni, ecc..
Ogni pologia di teatro, ogni approccio al teatro riproduce le stru ure della società di cui è
espressione (gerarchica, democra ca..)
Immedesimazione
La scena all’italiana esige dallo spe atore che si immedesimi e si proie nella nzione
Distanza cri ca
Scena brech ana crea un abisso tra sala e scena e provoca la distanza cri ca e il rapporto sala-
scena diventa il barometro che indica come il teatro agisce sul pubblico.
Alternanza
Rapporto variabile tra scena e sala in cui c’è in parte l’immedesimazione e in parte la distanza (si
vedevano gli happening e le altre forme di azione/rappresentazione che erodono illusione,
smascherano i meccanismi dell’illusione).

Lo spe atore dal la no “spectare” è un verbo che esprime un’azione ripetuta, abituale o intensa.
Ha la stessa radice di expecta o (aspe a va): lo spe atore è colui che guarda con aspe a ve e
queste dipendono dalle convenzioni della cultura che l’ha prodo o (questo stesso modello di
teatro).
Lo spe atore ha un orizzonte di a esa che è la stru ura con cui una persona comprende, codi ca,
e valuta qualsiasi testo culturale basato su codici e convenzioni culturali par colari del suo tempo
nella storia: lo spe atore quando va a teatro ci va predisposto, secondo i codici che entrano in
vigore a seconda dei diversi contes , da una serie di convenzioni.

Per o enere una comprensione più completa del processo di ricezione è necessario considerare il
ruolo del teatro in un dato sistema culturale, il rapporto con il pubblico e le speci che produzioni
teatrali. Ogni pubblico è composto da individui che portano i propri pun di riferimento culturali, le
proprie convinzioni poli che, le proprie preferenze sessuali, le proprie storie personali e le proprie
priorità nell’interpretazione di una produzione teatrale.
Pertanto, anche se è possibile parlare di un pubblico, è importante ricordare che ci possono essere
diversi pubblici dis n e coesisten tra le persone che si riuniscono per assistere a uno spe acolo
e che ogni individuo, all’interno di questo stesso gruppo, può scegliere di ado are uno o più pun
di vista.

“Pubblico” è un sostan vo colle vo astra o. Spesso la coerenza e la consistenza di questo


pubblico è impreciso e ingannevole perché produce un’impressione di iden tà condivisa, ideologie
reciproche che in realtà potrebbero non esistere.
In diverse con gurazioni di spazio teatrale e performa vo il coinvolgimento del pubblico può
variare: dalla passività totale incoraggiata dal modello della sala tradizionale (proscenio-
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archite ura, teatro all’italiana), alla partecipazione a va richiesta dalle performance site speci co,
dal teatro immersivo, performance one-to-one.
In generale esiste una tensione tra la tendenza ad a ribuire un valore posi vo a uno spe atore o
alla capacità di un a ore di riuscire ad illudere il pubblico che ciò che sta succedendo sia reale
(retaggio di naturalismo e realismo a teatro).

3^ Lezione 11/11/20
Il conce o di ricezione durante i tempi della pandemia è radicalmente cambiato: partecipazione,
atmosfera, percezione, tu o è cambiato. Non è mai successo un evento globale tale da cambiare la
nostra percezione della sicità e del tempo —> è un presente dilatato, perché nché non si ha
un’idea chiara del futuro, non si ha un con ne del presente.
Nel teatro, lo spe atore non assiste solamente, ma è anche uno spazio di relazione, dove si
discute, per esempio durante le pause.
Ogni spe atore non ha uno sguardo “neutro”, ognuno ha la propria percezione, ognuno da più o
meno a enzione verso qualcosa. È uno sguardo ORIENTATO, è rivolto in maniera MIRATA. Gli
sguardi ora, possono essere anche media , a raverso cellulari o tablet —> la performance viene
fruita a raverso uno schermo. A teatro questa cosa è ancora vietata, ma è sempre stato lecito un
disposi vo visivo (binocolo per esempio) che altera anch’esso la visione. Il teatro è una scatola di
specchi: lo spe atore va a vedere ma anche per essere visto: la borghesia vede ri essa a teatro se
stessa —> c’è il rispecchiamento di sé in scena. A teatro non por solo te stesso.
CATEGORIE SPAZIALI
1) SPAZIO TEATRALE: Si riferisce alle condizioni archite oniche del teatro (si solito un edi cio) e
comprende lo spazio per lo spe acolo e per gli spe atori. Può essere inteso come un luogo di
incontro che genera esperienze e signi ca che sono parte integrante della performance stessa.
2) SPAZIO SCENICO: Designa lo spazio in cui gli a ori si esibiscono e comprende la scenogra a. Si
riferisce all’area in cui l’esecutore agisce e trasforma l’ambiente circostante. È lo spazio visivo
dello spe taore e che di solito comprende lo spazio cine co dell’esecutore (lo spazio
sicamente u lizzato dagli ar s ).
3) SPAZIO DRAMMATICO: Si riferisce alle coordinate spaziali ssate e evocate dal testo teatrale
(dramma, libre o, coreogra a, ecc). La reazione del pubblico all’evento teatrale è determinata
da tu e qua ro i fa ori.
4) PALCOSCENICO AGGETTANTE: è una forma an ca e moderna (greco ed elisabe ano per
esempio). Questa “estensione” del proscenio che perme e di prolungare lo spazio per lo
spe acolo verso la platea mantenendo al tempo stesso le possibilità scenogra che. In Europa è
gradualmente scomparso con la fase barocca ma è tornato nel XX secolo con la riforma
an naturalista.
5) SCENA PROSPETTIVA: Innovazione introdo a nel Rinascimento italiano. È lo spazio visivo
sempre separato dalla platea. Con la graduale scomparsa dei paesaggi prospe ci nel XX secolo,
limitava lo spazio di azione dell’a ore (che altrimen l’illusione del disegno prospe co). Dagli
anni ‘60/‘70 del ‘900, c’è la tendenza di superare le restrizioni dello spazio sico del
palcoscenico, si assiste ad un processo di estensione spaziale.
6) SCENA/PLATEA - SEPARAZIONE/CONFRONTO: Il proscenio marca una chiara divisione tra scena
e pubblico ed è considera il simbolo del teatro borghese. Molte proposte del teatro an
naturalis co e an realis co erano convinte dell’abolizione del proscenio, a favore di una
maggiore con nuità con la platea. Tra il ‘600 e il ‘700 nasce il modello ideale dell’architete ura
teatro a livello internazionale —> teatro all’italiana
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7) TEATRO ALL’ITALIANA: Sale a ferro di cavallo, palchi, platea, retropalco, arco scenico, orchestra.
Rappresenta la stru ura sociale dell’Italia dell’epoca. Il popola stava in platea e nei palche gli
aristocra ci. Il palche o era l’estensione del salo o di casa.
8) TEATRO ARENA: Perme e il maggior grado di interazione tra palcoscenico e auditori un tra
ar s e spe atori. Anche se il divario tra queste due dimensioni rimane lo spazio e per lo
spe acolo ed è interamente circondato dal pubblico. È più frequente nelle forme di teatro
temporaneo e improvvisato.
9) TEATRO AMBIENTALE: Rapporto essibile tra esecutore e spe atore. Gli spe atori possono
circondare il palcoscenico o viceversa. Gli spe atori possono muoversi liberamente e scegliere il
proprio punto di vista.
10) SPAZI TEATRALI CONTEMPORANEI: Molto essibili. Tengono conto della natura sfacce ata della
relazione teatrale (a ore - spe atore).
11)ILLUMINOTECNICA: Perme eva di regolare gradualmente l’intensità luminosa per o enere una
semi-oscurità durante lo spe acolo (dalla candele, alle lampade ad olio, lampada
incandescente ecc.). Si u lizza per marcare il mondo della realtà e il mondo della nzione. Con
l’introduzione della luce ele rica si hanno molte più possibilità espressive. Nell’800, il teatro
diventa un luogo di incontro e con il roman cismo cambiano gli ideale e il sen mento nazionale
—> nuovo modo di concepire l’esperienza este ca: ruolo centrale dell’esperienza interiore.
Avviene una rivalutazione di Shakespeare e della tragedia greca —> l’eroe tragico incarna la
libertà.
Denis Diderot —> “Il paradosso dell’a ore”, 1830:
A teatro non si mostrano le cose come sono nella realtà perché il teatro è il regno della poesia. Il
vero in scena è il risultato della conformità delle azioni, dei discorsi, dell’aspe o della voce, del
movimento, del gesto. C’è una ricezione problema ca però della teoria di Diderot a causa del
roman cismo, contestato per la sua idea an -amozionalista. Ci si interroga dunque su come ges re
l’ispirazione e la resa scenica delle emozioni.
L’a ore se ecentesco insegue un’idea di “naturalezza”
L’a ore o ocentesco (roman co) tende a codi care tu o: gesto e voce costrui e controlla ,
presenza studiata nei minimi de agli per poter emozionare —> è un a ore non un interprete.
L’a ore si pone davan al personaggio —> la voce è uno strumento per favorire la dimostrazione.
Nella seconda metà dell’800, il teatro di prosa ruota a orno a 4 pilastri:
- proprietà dei teatri
- Impresari
- Agenzie
- La compagnia
A di erenza di altri contes , in Italia non ci sono compagnie stabili (ad eccezione della Reale Sarda
di Torino). C’è la tradizione del grande a ore.

4^ Lezione 13/11/20
Teatro dell’800
La seconda metà dell’800 è un momento di snodo par colarmente signi ca vo perché vede la
messa in discussione di una tradizione secolare (il teatro dell’a ore) a favore di un nuovo modo di
organizzare la scena (teatro di regia)
- Le compagnie teatrali italiane sono i neran
- Agenzie teatrali: sempre più potere nell’800. Intermediazione tra impresa e ar sta (teatro
d’opera) e tra compagnia e a ori (teatro di prosa). Nel teatro di prosa però l’elemento cos tu vo
è dato dalla compagnia e non dall’impresario.
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- agente: provvede ai contra con gli a ori.


- Capocomico: sceglie il repertorio, tra a con gli autori, distribuisce le par , dirige le prove e la
scenogra a.
- Compagnie primarie: si esibiscono nelle capitali e nelle più pres giose ci à di province.
- Compagnie secondarie: si esibiscono nelle ci à meno importan e nei paesi di media grandezza.
Il teatro delle parte e dei ruoli:
Ruolo —> somma delle par . Stabilisce e codi che le cara eris che di base di mole interpretazioni
u li e ada abili alla messa in scena di qualsiasi testo- “Physique du role”: a ogni ruolo corrisponde
una serie di cara eris che s lis che e siche.
Parte —> le ba ute che ha un preciso personaggio all’interno di un copione.
Ruoli maggiori —> primi a rice, il brillante, il cara erista
Ruoli secondari: seconda donna, generico primario, il promiscuo ecc.
La situazione generali delle compagnie era cara erizzato da uno scarso coordinamento tra i vari
a ori in scena. I costumi erano di proprietà degli a ori e non erano coordina tra loro. Non c’era
nessuna a enzione all’unità dello spe acolo.
Il sistema delle par /ruoli, limita la drammaturgia perché per avere successo un dramma deve già
prevedere quei pi di personaggi che corrispondo agli a ori di solito presen in una compagnia.
Il repertorio necessario di una compagnia doveva essere ampio perché:
1) se era in residenza doveva o rire diver mento variato allo stesso pubblico
2) Se era i nerante dove o rire mol sepa ocli in pochi giorni.
Il ruolo divenne l’unica vera risorsa di un a ore —> PROTAGONISMO: un caso emblema co. Le luci
della ribalta spingono l’a ore a recitare in proscenio, l’unica ad essere illuminata.
Il fenomeno del “grande a ore” predomina nel teatro di prosa italiano intorno al 1850.
I “grandi a ori”: Adelaide Ristori, Ernesto Rossi, Tommaso Salvini
La generazione di mezzo: Giovanni Emanuel e Giacinta Pezzaa
I “ma atori”: Eleonora Duse, Ermete Zacconi e Ermete Novelli
Verso la ne del’800, i cri ci e gli intelle uali auspicano la ne della compagnia teatrale italiana
all’an ca. Si avver va la necessità di una gura come il regista, ma anche di un maggior rispe o ai
tes .
Tecniche di recitazione del grande a ore:
- immedesimazione (non per ritrovare se stesso dentro al personaggio ma per entrare nella pelle
del personaggio —> interpretazione = incarnazione
- S mola il pubblico alla partecipazione, alla iden cazione con il personaggio
- Capacità di alimentare la dimensione visiva
Seconda generazione (ma atore) —> 3 poli introno ai quali ruota la ques one del rinnovamento
dell’arte recita va:
1) rapporto con i ruoli
2) Compa bilità tra naturalismo e s le tragico
3) Credibilità di un nuovo mondo, realis co. Il ma atore modi ca il proprio repertorio in direzione
della contemporaneità
Eleonora Duse (1858-1924)
Repertorio: Dumas, Sardou, Verga, Ibsen
Temi: denaro, sesso, famigli, matrimonio, ruolo della donna, un mondo nel quale è impossibile
provare delle emozioni sincere.
È la prima a rice novecentesca proie ata nell’era dell’avvento della regia.
È de nita “a rice del dolore” (dolorismo) —> s le recita vo an fras co: il signi cato di una parola
o di una frase risulta opposto a quello che assume normalmente.
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- tecnica prevalente de a “dello scarto”.


- Calava una vecchia gramma ca all’interno di un’inedita e sublime sintassi
- “Montaggio in dissonanza”
Lei era molto magra, gracile, aveva un fascino so le che si insinuava poco a poco quando entrava
in scena. La sua voce era esile, abolisce gli stereo pi vocali: passaggi di tono modula o improvvisi
—> sensazione di maggiore verità. La sua dizione non era cara erizzata da scansione ma interro a
da pausa, da interiezioni e ripe zioni: Un’impressione di immediatezza e di verità.
La mimica e la gestualità sono fondamentali. Per quanto riguarda la mimica e la gestualità, lei non
aveva un comportamento razionale: non manteneva le distanze teatrali, andava a ridosso
dell’interlocutore (spesso conta o sico) —> mondo completamente diverso da quello 800esco.
Film “Cenere” 1916, dire o e interpretato da Febo Mari con Eleonora Duse, tra o dal romanzo di
G. Deledda (1904).
Un altro grandissimo protagonista è Ermete Zacconi e uno dei documen più preziosi sulla
recitazione tardo 800esca è “processo e morte di Socrate”, 1939, di Corrado D’Errico.
- non lo percepiamo come una recitazione convincente, è troppo espressivo.
I sistemi di organizzazione del teatro sono ovviamente diversi in base al contesto (Inghilterra,
Francia ecc.). Sicuramente un personaggio molto importante è Richard Wagner e la sua idea di
Gesamtkunstwerk (opera d’arte totale) —> sintesi delle ar poe che, visuali, musicali e
dramma che. Wagner scrive “Das Kunstwerk del Zukun ” - “L’opera d’arte del futuro”.
Wagner aveva proge ato una forma di an teatro che era l’an tesi del modello spaziale nato con il
Rinascimento:
- Festspielhaus di Bayreuth (1876): teatro cara erizzato dall’ assenza di palchi, semplicità degli
arredi, disposizione semicircolare della sala. “Golfo mis co”, una sorta di buca per l’orchestra
so o il proscenio. Perme eva che il pubblico si concentrasse sul dramma e non venisse distra o
dai movimen del dire ore. Aveva un doppio proscenio che dà al pubblico l’impressione che il
palcoscenico sia più lontano di quanto non sia realmente e tu godono di una buona visibilità.
Il ruolo essenziale era a dato all’a ore e c’era il buio in sala (contrariamente a quanto avveniva
negli altri teatri.
Video del Festspielhasy di Bayreuth
Emile Zole —> “Il naturalismo a teatro”, 1881. In questo periodo si sta a ermando il Naturalismo —
> si portano in scena spacca di realtà, il pubblico si riconosceva in ciò che vedeva in scena. A
teatro il naturalismo pone un cambiamento, perché con esso l’azione è la conseguenza logica e
naturale degli sta d’animo dei personaggi e del con i o delle loro psicologie. Il teatro doveva
evolversi perché il pubblico stava cambiando. La psicologia diventa una parola chiave.
Temi della tendenza naturalista: relazioni familiari, lavoro, di coltà economiche, condizione
femminile —> non abbiamo più l’eroe ma l’uomo comune.
Abbiamo dunque un cambiamento da teatro come specchio (che presenta un’immagine idealizzata
dalla borghesia) al teatro come fotogra a (apparenza di ogge vità).
Il Naturalismo a teatro
È un vero e proprio strumento ideologico della borghesia. Lo spe atore cerca conferma di suoi
modelli comportamentale —> necessità di vedersi rispecchiato in scena. Ciò è alla base della
ri essione sulla gura del regista (si sente sempre più il bisogno di questa gura).
Compagnia dei Meininger (1870-1890)
Compagnia tedesca molto importante anche grazie al suo dire ore: Ludwig Choroneck. Ciò che
contraddis ngue questa compagnia era l’estrema cura nel me ere in scena il repertorio:
l’alles mento scenico era curato con la più scrupolosa a enzione —> veniva trasformata la scena
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in un quadro storico vivente. Gli a ori occupavano tu o lo spazio, anche il fondo della scena: non
si cerca più l’abilità scenica di un singolo a ore ma nella totalità.
La recitazione cambia: è una compagni di a ori dile an non professionis .
Nel 1890 la compagnia si scioglie ma esercita una profonda in uenza su sviluppi futuri del teatro:
Stanislavskij (realismo) e Antoine (naturalista).
Drammi di Henry Becque (tra i primi esempi di teatro naturalista)
Es. “I corvi”.
Altro autore naturalista che cambia la modalità di scri ura drammaturgica: Ibsen Cechov —>
fornisce delle didascalie de agliate su scene e ambien e momen dell’azione.
Altro personaggio importante: Antonio Morocchesi e il suo uso dello specchio in recitazione
(Stanislavskij lo vieta).
Con il naturalismo dunque, si asso glia il diaframma tra realtà e rappresentazione. Lo spe atore
va a vedere lo “spaccato di vita”.
L’ inizio al teatro moderno si ha verso il 1885 con alcuni ar s che ribellano a situazione e creano.
Una cosa che segna questa momento storico è la nascita di teatri indipenden —> ispirandosi a
Meininger e al suo approccio scien co al teatro. Un altro elemento importante sono i teatri
d’arte, i quali lo ano contro la dimensione commerciale del teatro e stabiliscono nuovi canoni
este ci ispirandosi a Wagner.
Il primo teatro indipendente è il “Thèàtre-Libre” (1887), fondato da Andrè Antoine. Questo teatro
me e in pra ca le idee di Zola.
Andrè Antoine è a ore, regista e cri co dramma co e apprezza della compagnia dei Meininger
apprezza l’uso delle comparse, la recitazione su proscenio e il dare le spalle al pubblico (ro ura più
evidente) ma cri ca la magni cenza spesso inu le delle scene e dei costumi.

5^ Lezione 18/11/20
Viene a cambiare dunque la ricezione del pubblico, la ricezione del fenomeno teatrale. Il teatro
libero fondato da Antoine è il primo teatro indipendente ed è come se realizzasse il manifesto
naturalista di Zola. Antoine è un a ore, regista e cri co.
Il processo di ada amento del repertorio drammaturgico è graduale e Zola diventa il punto di
riferimento. Antoine è aperto però anche alla drammaturgia di Verga, Ibsen ecc.
Antoine a acca le convenzioni teatrali francesi e alla base c’è l’idea naturalis ca della messa in
scena, della verosimiglianza, dell’obie vità. C’è dunque una nuova concezione del lavoro degli
a ori: riforma la recitazione, movimen più vicini alla quo dianità —> solo a ori dile an contro
il lavoro del grande a ore.
Un’altra cara eris ca è la visione organica dell’ensamble —> interconnessione di tu gli elemen .
In questo contesto però, l’idea di regia è ancora legata al lavoro a servizio dell’autore.
Antoine introduce il conce o di “quarta parete” —> gli a ori ignorano la presenza del pubblico,
agiscono come se fossero nella vita quo diana. Abbandona la nzione delle scene dipinte, sceglie
la tridimensionalità e scene pra cabili. Inoltre Antoine, introduce il buio in sala.
- gesto naturale —> elemento fondante.
Germania
In Germania come esponente del naturalismo tedesco abbiamo O o Brahm: cri co e regista
teatrale, tra i fondatori del Freie Buhne.
Gran Bretagna
C’è la Indipendente Theatre Society —> per favorire gli alles men non commerciali.
SIMBOLISMO
Movimento culturale sviluppatosi in Francia (le eratura, ar gura ve, musica).
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Si fa coincidere convenzionalmente con la pubblicazione “corrispondenze” di Baudelaire. L’altra


gura centrale è Stephane Mallarmé.
È una reazione al naturalismo. Il simbolismo è un approccio intui vo alle cose, è un ri uto dei
valori materiali della società da un punto di vista cri co.
- Manifesto del Simbolismo (1886) di Jean Moréas: sogge vità, spiritualità, forze misteriose che
esprimono una verità profonda
- Maurice Maeterlinck: il più celebre poeta, drammaturgo e saggista perla simbolista
Il presupposto per il teatro simbolista è che il teatro NON è il luogo della rappresentazione della
realtà, ma è il luogo quasi mis co, in cui sperimentare il sogno, l’illusione, l’ideale, la poesia.
Il simbolismo è dunque un approccio teorico al teatro più radicale del Naturalismo. Il teatro deve
ritrovare la propria “necessità este ca”:
- teatro come quadro
- Atmosfere rarefa e —> smaterializzazione
- S lizzazione di ges e movimen
- Ges non quo diani e simbolici
Il teatro simbolista è di di cile ricezione, è un teatro di nicchia e intelle uale.
Naturalismo e simbolismo convivono e si può dire che “vinca” il simbolismo —> vince dunque
l’idea della ritreatalizzazione del teatro: ridare un senso ai codici a raverso questa ricerca
simbolica. Il naturalismo a lungo andare “perde di senso”.
Esempio di teatro simbolismo
Theatre d’Art (1891) fondato da Paul Fort
Dura solo un anno
Innovazioni s lis che e di repertorio
Spe acolo “La fanciulla dalle mani mozze” di P. Quell’arena
- velario tra pubblico e scena
- L’a ore è uno strumento per evocare
- Smaterializzazione della scena
- Recitazione can lenante
- Rievoca signi ca
In questo contesto, inizia un’ampia discussione su cosa sia l’a ore e in cosa consista il suo
mes ere. Si comincia a parlare di a ore-marione a —> uno dei modi per scardinare il sistema
della recitazione: avere delle marione e garan sce al regista di poter lavorare con maggior
controllo. Avviane così una forte tensione tra regista e a ore. (I futuris italiano lavoro molto sul
conce o di marione a/manichino).
Spe acolo “Ubu Roi” di Alfred Jarry, 1896
- an cipazione del SURRELIASMO —> provocazione, assurdo, farsa, parodia, umorismo .
- Rielaborazione parodica di “Macbeth” di Shakespeare
- Jarry a acca i valori materialis della borghesia
Visione di questo spe acolo
La carica provocatoria di Jarry ha fa o scalpore ma non ha fa o “scuola”. In qualche modo “apre” il
‘900 con questa carica provocatoria. Sicuramente indica la necessità e urgenza di reinventare i
codici teatrali.

Nel 20esimo secolo ci sono sostanzialmente 3 direzioni di ricerca di lavoro a oriale:


1) immedesimazione
2) Presa di distanza/straniamento
3) Rinuncia del sé
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La prima teorizzazione del lavoro dell’a ore novecentesco, porta a compimento i presuppos
teorici che erano sta introdo alla ne dell’800. Durante l’epoca imperiale in Russia, no agli anni
‘80 del ‘800, i teatri imperiali, esercitano un vero e proprio monopolio di tu e le produzioni. Arriva
però anche molto presto il naturalismo e Stanislaskij raccoglie tu ques s moli.
Kontan n Sergeevic Alekseev Stanislavskij (1863-1938)
Inizia a occuparsi di teatro da dile ante, considera il fa o teatrale come qualcosa che va composto
con il dialogo, con l’interazione.
Ciò che lo guida è il desiderio di o rire il teatro ad una società inclusiva in cui non ci fossero
gerarchie di valori. Tu o questo percorso è insieme a Dancenko (compagno con il quale fonda il
Teatro d’arte d Mosca. Obie vo: educare alla cultura). C’è un bisogno di risca are il lavoro
dell’a ore —> moralizzazione della gura dell’a ore.
Pone al centro la gura del regista, ma non come gura dominatrice perché riconosce che
l’architrave di tu o è l’a ore —> comincia a stabilirsi un rapporto più disteso tra regista e a ore.
Teatro d’Arte di Mosca (1898)
- no schiavo del gusto del pubblico
- No ruoli o gerarchi tra a ori
- Mira all’educazione e alla bellezza
- Ricerca di un pubblico più ampio possibile
- Ri uto di convenzioni per riprodurre a teatro la verità
- Forte in uenza dei Meinenger
- Studio ossessivo dei par colari
- Spazio in cui l’a ore deve muoversi con la naturalezza dell’esistenza reale
Spe acolo “Il Gabbiano”, 1898, di Anton Checov
Checov è colui che più corrisponde alla ricerca di Stanislaskij. Abbiamo un passaggio da realismo
esteriore ad una variate molto più in ma.
Questo spe acolo ebbe un successo clamoroso ed è una recitazione basata su ges quo diani,
spontanei.
Stanislaskij è un REGISTA-PEDAGOGO —> aiuta maieu camente l’a ore nel lavoro su se stesso e
sul personaggio. Egli proge a un’opera in 7 volumi: l’a ore non è passivo esecutore ma diventa
egli stesso creatore. Stanislaskij invente una serie di procedimen e di esercizi per indurre lo stato
d’animo.
IL SISTEMA DI STANISLASKIJ
Questo sistema è u lizzato per raggiungere il so ofondo misterioso dell’anima (anni in cui si
a erma la psicanalisi). Immedia nel personaggio NON è un a o spontaneo, sono necessari
esercizi. Stanislaskij crea una psicotecnica: un insieme di pra che a raverso cui intervenire sui
meccanismi emo vi e psicologici che stanno alla base dell’immedesimazione. L’a ore deve
lavorare prima di tu o su se stesso (rilassamento, concentrazione ecc.), deve fare riferimento a un
insieme di situazioni psicologiche che coincido con l’esperienza privata dell’a ore (memoria
emo va —> l’a ore deve rivivere più possibile questa memori per poter a ngere da essa per
poter recitare). Di base, c’è l’idea che la memoria sia un archivio —> ricordare i sen men già
vissu e me erli in rapporto con. La situazione vissuta dal personaggio.
Sullo spar to psicologico si a va la par tura psico sica: training è la parola chiave —> andare in
scena indica studio e pra ca sica.
L’a ore cessa di recitare ma diventa e vive il personaggio. Il testo da una serie di fa e di
situazione che riguardano il passato e il futuro del personaggio.
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- Il “Magico se” sono una serie di ipotesi azioni-reazioni a cui ricorrente l’interprete se si trovasse
nella situazione vissuta dal personaggio.
- L’immedesimazione diventa “reviviscenza”
- “Cerchio crea vo” o “Cerchio di a enzioni” —> a orno all’a ore per circoscrivere lo spazio che
domina con la concentrazione.
- L’emozione dell’a ore sarà sempre VERA e non VEROSIMILE
- Memoria emo va + reviviscenza è il conce o fondamentale del sistema
Visione dell’unico lmato di Stanislavskij che insegna

6^ Lezione 25/11/20
Ques sono gli anni in cui si a erma il conce o di subconscio e nel lavoro di Stanislaskij diventa
fondamentale. Il metodo di Stanislaskij è uno dei conce che ha avuto più successo nel corso del
‘900 e il contesto della psicanalisi incide molto.
Con William James sos ene la “teoria periferica delle adozioni” —> capovolge l’idea comune
secondo ci alla percezione di uno s molo segue un’emozione.
Puskin invece sos ene che la verità delle passioni corrisponde all’esperienza in ma dell’a ore.
Tu ques s moli si intrecciano e negli anni ‘30 vengono porta alla ribalta anche gli aspe
corporei: la memoria emo va viene ridimensionata dal metodo della azioni siche. Le azioni come
a vità psico sica —> il gesto, il movimento e il ritmo inducono l’emozione.
Quindi: dall’azione nasce la reviviscenza e sca a il meccanismo dell’iden cazione. L’interiorità
comunque resta il fulcro del personaggio ma sulla par tura psicologica si a va la par tura psico-
sica —> da “se fossi in quella situazione cosa proveres ?” A “se fossi in quella situazione cosa
fares ?”.
Spe acolo “Five Truths”, 2011:
5 video - opere che sono state convenzionate dal “victoria & Albert Museum” di Londra nel 2011
—> Ka e Mithcell (regista) sceglie Michelle Terry come interprete e fanno 5 video opere con 5
diverse tecniche a oriali: Stanislaskij, Brecht, Brook, Artaud, Grotowski. La scena che decidono di
prendere è tra a dall’Ophelia di Shakespeare, che in realtà è una scena che in Shakespeare non
esiste (la morte di Ophelia). Dal punto di vista iconogra co, questa scena si rifà al quadro di John
Evere Millais.
- Visione della prima video - opera (Stanislaskij)
Rapporto di immedesimazione con l’a ore
Altro grado di veridicità
Rapporto ossessivo con gli ogge —> ciascuno di ques ogge porta a galla ricordi ed emozioni
- Visione del lm “Kramer contro Kramer” di R. Benton, 1979
U lizzo del metodo Stanislaskij (Meryl Streep)
Vsevolod Majerchol’d —> RIFLESSOLOGIA: si ispira agli esperimen di Pavlov (ri essi condiziona )
e rivoluziona il conce o di psicologia intesa come “disciplina che ha per ogge o l’anima”. Ora la
psicologia è lo studio del comportamento osservabile: emozione, abitudine, apprendimento,
personalità, nelle loro manifestazioni osservabili. L’a ore deve sollecitare al massimo i propri
ri essi e ridurre al minimo il progresso cosciente, cercando di arrivare ad un punto in cui agisce in
un usso quasi incosciente —> TAYLORISMO: massimo rendimento con minimo sforzo.
La BIOMECCANICA —> sistema di Maierchol’d tramandato da maestro a discepolo e diventa il
punto di riferimento delle ricerche ar s che di mol protagonis del teatro del XX secolo:
Grotowski, Barba, Carmelo Bene. NON è un sistema di recitazione, è un sistema di allenamento
globale dell’a ore in funzione della recitazione. Ci si pone l’obie vo di fornire un principio unitario
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e matema co alla messinscena. C’è questa centralità del movimento corporeo —> scienza del
corpo: “L’a ore è il meccanico e il corpo la macchina sui deve lavorare”.
Importante: la recitazione NO fru o di ispirazioni momentanee. Il teatro non ha più bisogno del
testo di partenza, il performer deve innanzitu o conoscere il linguaggio del proprio corpo:
allenamento quo diano dell’a ore.
LAVORO DELL’ATTORE IN 3 FASI (Majerchol’d)
1) intenzione = la percezione intelle uale del compito ricevuto
2) Esecuzione sica = la realizzazione plas ca dell’idea dell’a ore
3) Reazione psichica = l’emersione della vita emozionale dell’a ore
L’a ore quindi ha del materiale su cui deve lavorare e deve:
- preservare una certa economia di movimen evitando una gestualità super ua (taylorismo)
- Controllare le proprio emozioni e ogni movimento del corpo
- Creare una par colare camminata che grazie alla ripe zione costante diventa danza
- Mantenere ques movimento usufruendo della memoria corporea lo spazio sogge vo delle
azioni
- Mantenere la concentrazione lungo l’arco di tu a l’azione
L’a ore padroneggia la par tura sica in ogni suo elemento, può liberare la sua immaginazione e
crea l’”obraz” = atmosfera poe ca, il livello psico-spirituale che lo fa entrare nel processo crea vo
della composizione. Il livello più avanzato di tale allenamento è l’ètude o macro par tura sica
codi cata a par re da un tema (nucleo fondamentale del training dell’a ore biomeccanico.
Quello che però noi vediamo in scena non è più l’e e o realis co, al contrario, percepiamo
l’ar cio —> RECITAZIONE ARTIFICIALE E CONVENZIONALE. Il teatro nn doveva riprodurre la realtà
ma crearne un’altra.
Viene usata inoltre anche la musica —> usata anche durante l’allenamento degli a ori. Stru ura gli
spe acoli come uno spar to musicale.
Per quanto riguarda la parola invece avviene solo dopo aver assimilato la par tura —> NO
sincronia tra par tura sica è par tura vocale.
Il pubblico ha una funzione a va —> il teatro come ESPERIENZA RITUALE COMUNITARIA.
- Visione di un video di esercizi di biomeccanica
Azioni semplici che devono produrre una reazione.
Ritmo è una parola chiave di tu a la ricerca del primo ‘900 —> corpi ritmici. Lavoro anche di
s lizzazione dei movimen : puli dai movimen inu li e visione organica del corpo.
Spe acolo “le cocu Magini que” (il magni co cornuto), 1922 di Crommelynck, regia di
Mejerchol’d, Teatro degli a ori di Mosca:
- studio sulla gelosia che lui de nisce farsa. Protagonista un giovane incapace di placare i suoi
sospe ai sulla infedeltà della moglie.
- Idea di base —> come la biomeccanica evidenzi lo scheletro del corpo umano, così l’impianto
scenico esibisce la propria stru ura
- Scenogra a —> serie di pia aforme poste ad altezze diverse, comunican tramite scale, rampe,
scivoli, tu pra cabili
- Costumi semplici e non appariscen , sembrano delle tute da lavoro (da operaio)
L’emozione viene resa cine camnete —> il mondo stabile e inanimato si carica di passione e
l’uomo si meccanizza. I ges , movimen , pose seguono la stru ura ritmica.
- video della ricostruzione di questo spe acolo nel 1892, a cura di Alma Law e Mel Gordon
La macchina scenogra ca azione ed è azionata dai movimen corporei. Perenne stato di allerta
(a ori in pericolo sulle istallazioni) che man ene il grado di a enzione sempre a vo —> shock
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ripetu . La parola chiave di questa organizzazione è: MONTAGGIO —> è esso che crea l’emozione
(Ezjenstein).

Il ‘900 rompe con il naturalismo (prevedibile), la ricerca procede lungo una direzione di
COINVOLGIMENTO (sorprese, shock, imprevedibilità).
ADOLPHE APPIA (1862-1928)
È deluso dalle scenogra a wagneriane (prigioniere di un’este ca teatrale) e comincia a disegnare
una seria di bozze —> gli “spazi ritmici”: ovvero delle possibili scenogra e dominate da scale che
proie ano insieme alla luce (illuminotecnica) una determinata atmosfera. Altera le dimensioni
reali. Si trasferisce a Hellerau e fa un serie di ricerche sul ritmo e sul corpo insieme al compositore
Dalcroze.

7^ Lezione 27/11/20
Il “festspielhaus Hellerau” (Dresda) dall’archite a Heinrich Tessenow, 1911-1914. È un’espressione
dello spazio scenico di Adlolphe Appia. Il medaglione in centro ra gura lo yin e lo Yang —>
rinnovato interesse verso le culture “altre”, lontane. L’oriente era pensato come l’alter ego
dell’Occidente, era un’alterità spirituale e antropologico con con ni inde ni e mutevoli. Ciò che
comincia a penetrare in maniera forte sono espressioni di alcune culture. Si volevano innestare
degli approcci (come lo yin e lo Yang) lontani di cui si cercano un rinnovamento dei valori profondi.
Ciò che serviva appunto in questo momento al teatro era il RINNOVAMENTO. All’interno d questo
edi cio, vediamo la relazione tra spazi ritmici (da dall’archite o). Appia rinnova lo spazio scenico
ma anche i costumi, andando verso l’essenzialità: corpi pensa come linee nello spazio e nel
tempo. Gli esercizi svol erano l’espressione di una dire a comunicazione con il ritmo.
Siamo in un momento in cui esplode la danza moderna (stre amente legata a queste ricerche
teatrali). Si voleva proge are un uomo NUOVO.
Dalcroze aveva messo in scena una serie di esercizi negli spazi disegna da Appia. Gli spazi
venivano cambia a seconda della scena da rappresentare (erano spazi che s molavano l’azione
del corpo), c’era una vera ricerca sul gesto. Recitazione, scenogra a, danza: 3 ambi che in questo
periodo si intrecciano ed esplodono insieme.
Sta avvenendo un vera e propria rivoluzione teatrale —> il teatro abbandona l’intra enimento e
diventa la voce della ricerca di un nuovo senso del vivere. Il teatro si pone nalità molto più
complesse. Un altro nome che viene associato ad Appia è:
Edward Craig —> molto in uenzato dall’idea del teatro come arte autonoma e ra nata.
- importanza della gura del regista
- Ri uta la Gesamkunsterk (considera gli a ori inada —> stereo pa , non sono uno strumento
dell’arte del teatro)
- Propone la super - marione a —> uno strumento nelle mani del regista. È un ar sta perfe o che
crea un nuovo linguaggio: non imita, non interpreta. C’era anche l’uso della maschera per
consen re all’a ore di concentrarsi sul corpo. Il corpo diventa il centro della ricerca.
- Luce, archite ura, movimento, interprete scenico, musica
- Contrario all’uso di scenogra e dipinte e a decorazioni super ue
- L’azione è nella stessa stru ura archite onica
- Uso simbolico di colori e costui
Craig lavora con Stanislaskij —> invitato da Stanislaskij, Craig realizza la messa inscena di “Amleto”
presso il Teatro d’Arte di Mosca:
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- non mira a rivelare il cara ere o la psicologia dei personaggi, l’unico intento è quello di rivelare la
bellezza del testo di Shakespeare. Era una perfe a occasione per u lizzare i suoi screens, scale,
cubi, parallelepipedi
- Le luci dall’alto avrebbero illuminato la scena secondo un sistema di illuminazione a “raggi e
macchie” che perme evano di produrre zone di colore e zone scure.
- La recitazione era priva di tensione per rendere il pubblico consapevole di trovarsi a teatro.
Libero di giudicare e gustare ciò che vedeva
- non era presente un abbandono passivo allo spe acolo
Craig si inventa ques “screens”/pannelli —> sono stru ure mobili, scene tridimensionali che
assorbono le emozioni ai personaggi.
Craig quando torna da Mosca prende una distanza da quest’este ca e da Stanislaskij.
Questo spe acolo portò all’ibrido di queste due poe che in cui Craig non si riconobbe anche se
ebbe successo tra il pubblico per l’innovazione.
Un’altra parola chiave di queste ricerche è ORGANICO. Per Craig (ciò che lo di erenzia da
Stanislaskij) la recitazione degli a ori doveva essere modulata, quasi ritmica, non tralasciando però
il grado psicologico, si cerca di portarlo in scena a raverso l’ar cio.
Quindi per Stanislaskij: il mondo interiore del personaggio emerge a raverso la sua resta realis ca
da parte dell’a ore che vive la parte.
Per Craig: il paesaggio psicologico va visualizzato dalla scri ura scenica, dalla modulazione
archite onica dallo spazio alle luci, dalla gestualità degli a ori, dal croma smo dei costumi, dagli
elemen vocalico-musicali.
ANTOIN ARTAUD (1896-1948)
Poeta, scri ore, a ore, cresciuto durante il surrealismo che lo ha in uenzato profondamente.
Viene a rato anche lui da un “altrove” (in questo caso il Messico e non l’Oriente). Scrive “il teatro
e il suo doppio” —> una delle tappe del teatro e pun di riferimento del ‘900.
Anche lui inizia la sua ricerca dal corpo e il suo è un teatro lontano dal presente storico in cui lo
colloca. Come de o, è fortemente in uenzato dal surrealismo —> Freud e il sogno sono elemen
importan : la razionalità impedisce l’esplosione della crea vità, l’inconscio invece perme e una
profondità dell’essere e quindi fornisce delle risposte al teatro.
Firma due manifes —> “teatro della crudeltà”: i SENSI diventa l’ossessione della ricerca teatrale
—> no rappresentazione, ma CONTAGIO con lo spe atore: una relazione viscerale.
Con Roger Vitrac e Robert Aron fonda il “théàtre Alfred Jarry”.
Artaud vide uno spe acolo di danza balinese e lo folgora:
- visione di questo spe acolo.
Ciò che lo a ascina di questo spe acolo è la sicità ritualizzata e codi cata. Un teatro che
scandisce la vita colle va delle persone. Il teatro con Artaud, è una pra ca culturale, legato ai
corpi, ai costumi: è cultura in azione. La sua immaterialità va preservata.
Ha un interesse per l’antropologo una e per le forme di teatro primi ve extra occidentali.
Il teatro della crudeltà si pone obie vo quello di causare delle sensazioni di disagio interiore —> il
teatro doveva essere un mezzo per entrare in un ordine tangente alla realtà non quello dello
realtà, ma un qualcosa che va oltre: spirituale, surreale, rituale ecc.
La codi cazione che viene da pra che e tradizioni teatrali lontane per RINNOVARSI.
La catarsi è un termine chiavi del teatro della crudeltà —> si ricorre a qualsiasi cosa che possa
disturbare la sensibilità dello spe atore, provocare nello spe atore un disagio interiore.
- spe acolo “Five Truths”, 2011
Visione della video opera dedicata ad Artaud:
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È un’allucinazione cara erizzata da distorsioni visive. Il mezzo cinematogra co riesce a sfru are al
meglio le proprie opportunità. Viene u lizzato il corpo per portare lo spe atore in una situazione
diversa.
JERZY GROTOWSKI
Polacco, glio di un an nazista (cosa che condiziona la sua visione del teatro). Grazie alla madre si
avvicina alla cultura orientale.
Ciò che capisce n da subito è che lo studio sul corpo è centrale. È un teatro che per forza deve
fare i con con la società —> un teatro che deve rinnovarsi e trovare un ruolo nella società.
Molto presto organizza un corso sulle azioni siche e negli anni ‘60 prende la direzione del
“teatrino delle 13 le” in Polonia a Opole. È un teatro laboratorio.
Testo fondante del teatro è il suo libro “Per un teatro povero”.
- video di Grotowski dove parla di censura e del lavoro con l’a ore al Teatro Laboratorio di Opole.
Sos ene che le prove siano la cosa più importante.
Il suo non è un vero e proprio metodo ma più una sperimentazione. Si tra a di un sperimentazione
che lui chiama “la via nega va” —> va a togliere, ad eliminare.
Il senso del teatro secondo lui sta nel rituale e l’essenza del teatro per lui è l’a ore.
- video di Grotowski dove parla di verità e di vita
È necessario il rigore, il lavoro. Il lavoro dell’a ore si costruisce a raverso stru ure, a raverso
processi e rigore. La sua ricerca è ricca di spiritualità.
Egli riprende il lavoro di Stanislaskij da dove l’aveva lasciato. Il personaggio in Stanislaskij nasce
dall’unione tra a ore e testo; per Grotowski invece il personaggio non deve iden carsi con
l’a ore. L’a ore il regista agiscono in una funzione comune e dis nta: l’intento è comune (produrre
qualcosa nel pubblico) ma il lavoro è diverso.
Gli esercizi sici per l’a ore diventano una pra ca imprescindibile:
- video dove Grotowski parla degli esercizi sici
Gli esercizi sono un’azione necessaria e non crea va.
La pra ca di Grotowski si può dividere in due fasi:
1) la ricerca a raverso la ripresa di Stanislaskij
2) La ricerca a raverso la liberazione spirituali —> liberare le forze psichiche individuale
superando la sogge vità del singolo a ore. Comincia a lavorare sull’immedesimazione e sulla
possessione.
Spe acolo “Il principe costante” di Grotowski, 1965
Allenamento del corpo come TRANSLUMINAZIONE —> l’a ore che è ben allenato è colui che
compie l’a o psichico con il corpo. Quello mal allenato è colui che illustra l’a o psichico con il
corpo.
Questo spe acolo segna un passaggio radicale, è l’opera manifesto del “teatro povero”, dove il
teatro è rido o all’essenza, tu o il resto era super uo. È ispirato dal testo di Pedro Calderon de la
Barca ma è ada ato e trado o dal drammaturgo polacco J. Slowacki e riprende da Calderon de la
Barca il tema del SACRIFICIO.
Per questo spe acolo ci vollero 2 anni di prove.
- Video di Grotowski dove parla del lavoro con l’a ore per “Il principe costante”.
La ricerca a oriale e regis ca diventano parallele e funzionali l’uno all’altra.

VIDEOLEZIONE SU GROTOWSKI
“Il principe costante”, segna un passaggio radicale della sua ricerca. Porta con sé profonde
innovazioni che an cipano le sperimentazioni nali del regista e che la faranno diventare per
questo un modello teatrale internazionale. È il primo spe acolo eseguito nella nuova sede del
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Teatro Laboratorio (che da Opole era stato spostato a Wroclaw). Dal lavoro con l’a ore
protagonista di questo spe acolo, Ryszard Cieslak, prende vita una nuova idea di teatro.
Il performer, me e in moto un processo spirituale di ascesa il cui obie vo è approdare ad un
verità assoluta del Sè. Per Grotowski, l’a ore doveva essere un “maestro della azioni siche” e
catalizzare come uno sciamanico presenza “altre”. Quello di Cieslak in scena è un dolore auten co
e credibile costruito a raverso un esercizio a par re dalle sue esperienze psico- siche e
autobiogra che. Il “principe costante” è l’ul ma regia di Grotowski in cui è possibile rintracciare il
Sistema a cui lavora nei primi anni della sua ricerca teatrale. In seguito Grotowski esplorerà la
dimensione “fuori dal teatro”. Cieslak reagì malissimo alla sua decisione di non fare più spe acoli.
Dal punto di vista storiogra co, la ricostruzione de “Il principe costante” è stata resa possibile da 2
documen :
1) il lavoro di ricostruzione dello spe acolo di Serge Ouaknine, regista e teorico che ha lavorato
per due anni al Teatro Laboratorio di Grotowski e autore del primo studio completo su questo
spe acolo.
2) La videoregistrazione realizzata da Ferruccio Mario , storico del teatro al Centro Teatro Ateneo
dell’Università La Sapienza di Roma. Il fru o del montaggio sincronizzato di una ripresa video
priva di sonoro custodita presso gli archivi del Teatro Laboratorio a Wroklaw e della
registrazione audio che lo stesso Mario fece in occasione della replica dello spe acolo al
Fes val di Spoleto nel 1967.
“Il principe costante” di Calderon de la Barca, trae ispirazione dalla vicenda storica della sventurata
spedizione africana di Don Fernando, glio del re del Portogallo, che mandato a liberare la ci à di
Ceuta, viene ca urato e fa o prigioniero. Calderon racconta dunque della volontà dello stesso
Fernando di sacri carsi opponendo una “resilienza spirituale” autonominandosi Principe Costante.
La vicenda narrata parallelamente è rela va all’amore contrastato tra Fenice ( glia di un re moro) e
Muley.
Juliusz Slowacku traduce il testo di Calderon de la barca operando uno sli amento di senso:
sviluppa il tema del sacri cio. La sua traduzione è fedele a quella originale ma so olinea l’ardore di
Fernando nel me ere al primo posto la patria rispe o al proprio des no.
Grotowski quindi con questo spe acolo:
- denuncia l’infelice condizione della nazione polacca che è stata sede dei lager nazis
- Analizza ed elabora in scena il problema delle colpe e delle sventurata patria e delle vie che
portano alla redenzione
SCENOGRAFIA
La stru ura scenogra ca è costruita a orno alla necessità di separazione tra pubblico e a ori: una
stanza circondata da una balaustra oltre la quale gli spe atori dall’alto osservano lo spe acolo. In
questo spazio vuoto c’è soltanto un tavolo. Gli a ori agiscono come se fossero da soli, un uno
spazio che ricorda il quadro di Rembrant (Lezione di anatomia del do or Tulp). La scena diventa
metafora del laboratorio dove si celebra la vivisezione dell’anima umana.
Lo spe acolo me e in scena un processo di espiazione, mor cazione, sublimazione, in cui
l’essere umano si so opone nel suo viaggio a raverso il mondo. Il protagonista compie un
percorso di autopenetrazione che non mira alla somiglianza col personaggio della vicenda ma ad
un percorso personale a par re dal un ricordo personale ovvero l’amore adolescenziale e puro che
ha vissuto in passato. Ripercorrere queste memorie, sicamente e mentalmente, è la base
dell’azione teatrale.
Il corpo del protagonista è denudato, ves to solo di un drappo bianco —> si presenta come il
Cristo penitente.
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Per Grotowski: “Il teatro è l’unica tra le ar ad avere il privilegio della ritualità” in senso puramente
laico è sempre un a o colle vo. Mira al coinvolgimento dello spe atore e alla creazione di una
comunità usando il teatro dramma co come trampolino per penetrare l’inconscio colle vo e gli
arche pi che sono il fondamento dell’umanità.
Il principe costante è l’emblema del teatro povero —> privo di orpelli este ci e drammaturgo.
Il principe di Grotowski, è il Cristo condannato per essere rimasto fedele. Cristo rappresenta la
condizione del singolo umiliato e martoriato. Il suo è anche mar rio di una comunità, di un’intera
nazione.
- visione dello spe acolo
- Visione di “Five truths” la parte di Grotowski

8^ Lezione 2/12/20
Nel ‘900 abbiamo intrecci di sperimentazioni e ricerche teatrali che anche a distanza di tempo
diventano pun di riferimento. Ci sono nuove modalità di pensare —> ar s che u lizzano il
proprio corpo per trasme ere sensazioni ed emozioni (performance art). Con Grotowski non
abbiamo più l’immedesimazione dell’a ore ma una TRANSLUMINAZIONE.
BERTOLD BRECHT (1898-1956)
È un intelle uale tedesco oltre che ar sta, negli anni ‘20 abbraccia le teorie marxista e parte da lì
la sua ricerca di teatro. Innizialmente fa il dramaturg —> una gura che cerca di rendere
“commes bili” i tes perla fruizione a teatro. Quella di Brecht era quasi una rivoluzione —>
distrugge l’eredità e costruisce il suo teatro in an tesi: al centro della costruzione dramma ca: la
parola, il pensiero poli co e il gesto s lizzato (Gestus).
Con l’avvento del nazismo in Germania è costre o all’esilio per 15 anni —> in Nord Europa e
America si dedica alla scri ura e alla ne della seconda guerra mondiale tona in Germania e dal
1949 dirige il Berliner Ensemble (Germana dell’Est). Brecht contribuisce alla ricostruzione culturale
del dopoguerra.
Lo scopo della recitazione per Brecht non era l’immedesimazione o la catarsi, si pone contro la
tradizione unitaria del teatro che lo ha preceduto perché porta ad una ricezione acri ca da parte
del pubblico. Infa l’obie vo di Brecht era portare il teatro ad avere una funzione cri ca, sociale e
conosci va: il teatro ha il compito di rendere consapevole la società.
La drammaturgia e l’alles mento vengono concepi da
Brecht come un laboratorio nella dimensione spazio
temporale della narrazione teatrale gli spe atore
scrutano al microscopio le “le forme della convivenza
umana”. La regia con lui diventa una vera e propria
opera indipendente.
Il dramma borghese, coinvolge lo spe atore, suscita in
lui la cosidde a “illusione scenica”, vuole provocare
nello spe atore sen men ed emozioni, mentre il
dramma epico proposto da Brecht non produce
illusioni, fa capire alla spe atore che è di fronte ad
una nzione, provoca nello spe atore ri essioni, idee,
pensieri, spinge lo spe atore a giudicare i personaggi
e a non immedesimarsi. A raverso lo straniamento e
la distanziazione si appella alla ragione dello
spe atore: non ‘cosa’ succede ma ‘come’ succede.
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Brecht / Artaud
Stesso periodo storico ma non si conobbero.
Hanno però dei pun in comune:
- entrambi si interrogano sull’e cacia del teatro nella società moderna
- Al centro il coinvolgimento dell’a ore
- Interpretazione dell’opera d’arte (teatro)

STRANIAMENTO: consente allo spe atore di valutare la vicenda in modo emo vamente distaccato.
L’obie vo è quello di sviluppare un “occhio cri co” capace di giudicare e prendere posizione.
L’ATTORE: diventa un narratore —> non rappresenta qualcuno o qualcosa. Narra ed esibisce la
propria condizione di interprete del personaggio. Ges scel , so olinea , evidenzia , parla in terza
persona recita le didascalie.
- visione “FIve Truths” versione di Brecht
Rilevanza data ai ges
Parla in terza persona
- spe acolo “Madre coraggio e i suoi gli”, regia di Brecht, 1939
L’alles mento è costruito con molta a enzione che ci riporta all’ambientazione storica (‘600) —>
non c’è un distacco proprio totale. Racconta la vicenda di una signora vi ma della storia in 12
scene e ogni scena è an cipata da un tolo —> quasi un uso di so o toli chiari catori che
res tuiscono il signi cato di ciò che sta accadendo.
Tema: ossessione che a igge la signora per i beni materiali e i soldi (capitalismo). È un dramma
an capitalista e an militarista.
- visione dello spe acolo “Madre Coraggio” di Brecht, regia di Antonio Taran no
Brecht elabora dei quaderni di regia che non vogliono essere modelli ma che fanno parte della sua
visione, sono tes non norma vi ma che diventano una sorta di pun di riferimento.
Il termine PERFORMANCE - e mologia
Dal verbo inglese -to perform- e prima ancora dal francese -parformance-
2 signi ca :
Verbo tardo la no: PERFORMARE = dare forma de ni va
Uso contemporaneo: fornire una buona prestazione
- Le ar performa ve: forme ar s che basate sul compimento di alcune azione (danza, muscia,
teatro ecc.)
- Agge vo performa vo —> a linguis ci che realizzano ciò che dicono per il solo fa o di essere
pronuncia : es. ‘ prome o di andarci.
La performance art ha le sue radici non solo nel mondo europeo ma anche asia co, nel momento
in cui gli ar s agiscono davan al pubblico senza produrre un’opera materiale.
Dovendo trovare un punto di origine della performance art, si colloca convenzionalmente con le
“serate futuriste” a teatro, veri e propri even che miravano a suscitare delle forte reazioni nel
pubblico.
- esempio: visione della ricostruzione della serata del 12 Dicembre 1913 al teatro Verdi di Firenze.
In ques anni nasce l’dea di ‘agire il testo’.
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L’ar sta performa vo non recita, u lizza il proprio corpo come strumento e anche come ne
ul mo. Non crea un personaggio, un’opera d’arte, esiste in quel momento lì e basta.
- visione del documentario su J. Pollok del ‘51 —> res tuisce l’importanza dell’ar sta
performa vo: l’ar sta è se stesso con il proprio corpo che agisce sulla tela —> pone la tela a
terra, non più ver calmente, non si limita a dipingere la tela ma agisce sulla tela.
AZIONE - fondamentale

VIDEOLEZIONE - PINA BAUSH


Pina Baush (1940-2009) è una danzatrice e coreografa tedesca. Ha studiato alla Folkwand Shule di
Essen dove studiava danza, musica e teatro ma anche danza moderna e danza accadamica.
Si perfeziona alla Juilliard School di New York dove studia con il coreografo Antony Tudor e ha
conosciuto da vicino le sperimentazioni condo e nell’ambito della danza post-moderna americana.
Torna in Germania nel 1973 e assume la direzione di un teatro dell’opera a Wuppertal e fonda la
compagnia di danza Tanzheater Wuppertal poi rinominato Tanztheater Wuppertal Pina Baush.
Il suo percorso è coinciso con le sperimentazioni condo e nei primi anni ‘70 e ‘80 a teatro e le sue
coreogra e si sono subite aperte alla danza, all’uso della voce, della parola e di una gestualità
teatrale.
In par colare, Pina Baush ha collaborato con Rolf Borzik, suo principale scenografo e
drammaturgo, oltre che compagno di vita.
Nonostante le reazioni os li del pubblico alla sue prime produzioni no alla ne degli anni ‘70,
dalla metà degli anni ‘80 in poi ha iniziato ad a rarre a enzione a livello internazionale.
I primi lavori di Pina Baush sono sta i più convenzionalmente coreogra ci.
Col tempo però, i suoi pezzi si sono fa più marcatamente debitori del linguaggio teatrale e hanno
fa o riferimento sopra u o alla tecnica del montaggio cinematogra co per legare scene
apparentemente slegate tra loro e fru o di un serrato lavoro sull’improvviso zio e erano poi “cucite
insieme” sulla base di libere associazioni.
Le sue creazione comprendevano l’uso di par ture sonore date di montaggi di canzoni e brani
musicali di eren , ma anche lm, costumi, scenogra e e ogge di scena.
I suoi ul mi pezzi sono basa su lunghe residenze in ci à di tu o il mondo che hanno prodo o
materiale da lei montato e organizzato per raccontare storie e atmosfere i ques luoghi e delle
relazioni che avevano prodo o.
Mol dei suoi pezzi non sembrano “opere di danza”, si danzava poco e la Baush a ermò che non le
interessava come si muovono le persone ma cosa le muove.
È stata in grado di ca urare la complessità degli essere umani ed è riuscita a reinventare la danza.
Gli interpre dei suoi spe acoli spesso indossavano costumi simili a quelli per feste e il più delle
volte di moda anni ‘50, abi da cocktail, elegan che so olineassero in modo marcato i tuoi
maschili e femminili.
- spe acolo “kontakthof” (il cor le dei conta ), 1978
Regia e coreogra a: Pina Bausch
Abbiamo 3 versioni di questo spe acolo, la prima del ‘78, la seconda del 2000 e l’ul ma del 2008 e
si basano su:
- la stessa stru ura coreogra ca, la stessa musica, le stesse scene e gli stessi costumi
- Le uniche variazione sono l’età e l’esperienza dei danzatori che inevitabilmente cambiano la
qualità del movimento e la sua espressività.
Il tolo è stato scelto a metà dello sviluppo coreogra co.
I danzatori qui me ono in scena la ricerca di un conta o umano oltre che della loro condizione
esistenziale.
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Nei lavori di Pina Bausch ricorrono alcuni temi:


- la fragilità umana
- La violenza
- Il potere
- Le relazioni personali
Ha descri o in più spe acoli il di cile rapporto tra uomini e donne, a ngendo a quella che
dipingeva spesso in termini di una violenta ba aglia tra sessi. Ha condo o in forma teatrale
un’indagine sulla costruzione, rappresentazione e ricezione dei rappor tra uomo e donna e più in
generale delle iden tà.
Le sue opere non sono fa e per essere guardate ma per essere vissute, lei rappresenta più sta
d’animo che vere e proprie storie. Ha dato così corpo ad emozioni e non a personaggio, riesce a
portare in primo piano l’interiorità, i pensieri nascos , in cui il pubblico poteva riconoscersi.
Nel 1980 ha iniziate a chiamare le sue creazioni STUCK (pezzo). A di erenza del teatro epico di
Brecht, Pina Bausch con i suoi pezzi non mirava a insegnare bensì a ri e ere.
Il processo crea vo era incentrato sulle domande che Pina Bausch rivolgeva ai danzatori per
esplorare con loro i sen men e le situazioni da cui elaborare una drammaturgia complessiva e
che riguardavano l’iden tà, il ricordo, il desiderio e in larga parte il rapporto uomo - donna.
Il “metodo delle domande” era più una modalità di ricerca e di lavoro che un vero e proprio
sistema. A queste domande i danzatori potevano rispondere in vario modo: a parole, con la danza,
con il canto ecc.
Lo s le coreogra co di P. Bausch è cara erizzato da azioni simultanee, processioni, s late e da
rimandi più o meno esplici a opere preceden .
L’assenza di vere e proprie storie e l’atmosfera spesso surreale dei suoi spe acoli favoriva
un’interpretazione aperta, in cui l0unica logica apparente era quella irrazionale delle pressioni e
dei sen men anche più nascos .
Lo spe acolo ‘Kontakthof’ presenta una dozzina di uomini e una dozzina di donne mentre si
preparavano per una ballo. L’azione dà vita ad un serie di momen surreali in cui si alternano
frustrazione e rimpianto. Ognuno di loro è presentato come un essere unico, cominciano sedu in
sedie pieghevoli disposte lungo il perimetro della sala ed uno a uno camminano lungo lo spazio
scenico e si rivolgono al pubblico come se fosse uno specchio me endosi a posto.
La scena sembra una sala da cinema tedesco vecchio s le, usata come sala da ballo. È un luogo dei
sogni e dei ricordi, intriso di malinconia. Ad un certo punto dello spe acolo, lo schermo della sala
cinematogra ca si solleva al di sopra del piano in cui si svolge l’azione.
Il collage musicale che la Bausch compone per questo pezzo presenta canzoni degli anni ‘30
composte da Juan Llossas e cantato da Leo monosson, pezzi presi dal cinema (tempi moderni, 8
1/2) ecc.
La stru ura dello spe acolo (simile alle sue altre produzioni consiste in una serie di scene e che si
susseguono apparentemente senza una logica narra va e non si basa su un testo pre-esistente.
Ogni personaggio è so oposto all’analisi psicologica della Bausch che riteneva che tu gli essere
umani siano la somma imperfe a dei loro desideri, stranezze, insicurezze e speranze.
I diversi aman in coppia rappresentano molte sfumature di una relazione amorosa e tu o lo
spe acolo consiste in un’esibizione di rituali di accoppiamento.
- visione di una sequenza di “kontakthof”
Il suo lavoro me e alla prova i limi dello spazio teatrale, andando oltre gli approcci di Brecht e
Artaud. Lo spe atore qui, partecipa a vamente allo spe acolo, nel Tanztheater di Pina Bausch, gli
esecutori, trasgrediscono regolarmente il con ne tra palco e pubblico con ges improvvisi o
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inaspe a . E gli interpre confondono costantemente il con ne tra loro iden tà personale e
personaggio che recitano.
- documentario sulla Rai su Pina Bausch

VIDEOLEZIONE SU “THE SHOW MUST GO ON”


È uno spe acolo di Jèrome Bel del 2000, alla Deutsche Schauspielhaus in Hamburg è successa
vilente (2001) al Théatre de la Ville Paris.
Jérome Bel ha sviluppato la sua poe ca in un periodo di oltre 20 anni, prima di intraprendere la
carriera di scenografo. Per circa due anni si è dedicato unicamente alla le ura tra gli autori che
hanno più in uenzato il suo pensiero —> sopra u o il semiologici e losofo francese Roland
Barthes. Jérome Bel pone al centro della sua ricerca sui fondamen del teatro la ques one della
rappresentazione. Egli considera il teatro un disposi vo che analizza, smonta e riassembla in modi
sempre diversi per comprenderne appieno i meccanismi di funzionamento.
- “The Show must Go on”
Questo spe acolo indaga sul ruolo del pubblico che diventa una sorta di coautore. Mostra tu gli
elemen di base di uno spe acolo di danza decostruendoli e poi riassemblandoli per far si che il
pubblico li percepisca in modo diverso e suscita così negli spe atori una ri essione su cosa sia
realmente la danza. L’obie vo di Bel è far conoscere al pubblico danza e teatro in modo diverso.
In scena abbiamo un dj che lentamente si posiziona dietro un scrivania con un le ore cd ed una
pila di c’è che cambierà nel corso della serata suonando un totale di 19 canzoni pop molto famose
che formano la stru ura drammaturgica del pezzo e da cui prendono vita e dipendono dalle azione
dei ballerini. Queste azioni non creano situazioni dramma che ma si a engono alla regola di base
dello spe acolo: non c’è sogge vità e non si sono personaggi veri e propri. Il performer fa solo lo
stre o necessario ovvero obbedire alla regola che consiste nel fare in scena quello che il testo della
canzone o il suo tolo a ermano.

Questo spe acolo segue una drammaturgia seriale e sviluppa una linea di pensiero logica e
coerente no all’ul ma scena. Mentre i brani si susseguono, il pubblico capisce che Bel sta
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raccontando una storia di creazione e di morte —> la creazione di un mondo completamente


nuovo sul palcoscenico a par re dalle tenebre no alla luce, dalla vita alla morte alla resurrezione.
“The show must Go on” ha un inizio, un centro e una ne. All’inizio. Il palcoscenico è vuoto e
immerso nell’oscurità e per circa 10 minu non succede niente. Il pubblico resta in a esa di quello
che accadrà a tu o ciò che accade sul palco è ambientato nel vuoto. L’azione e i corpi dei
performer sono in primo piano ed a un certo punto sono quasi inghio dall’oscurità.
- Inizio —> canzone “Tonight” al buio, poi viene introdo a la luce —> “let The sunshine in”
- L’illuminazione diventa sempre più forte ma il palco è ancora vuoto
- “Come Toghether” —> gli ar s salgono sul palco con i loro abi quo diani e si dispongono in
semicerchio
- “Let’s dance” —> cominciano a muoversi, ballano come se fossero in una discoteca e quando il
coro si a evolisce l’azione si ferma di nuovo
- Lo spe atore comincia a capire la regola: i performer fanno sempre esa amente quello che il
brano dice, interpretano le eralmente il testo:
- Es. “The sound of silenzi” —> gli spe atori riempiono mentalmente il vuoto
J. Bel non vuole portare in scena e rappresentare un corpo carico di emozioni ma un corpo che
esiste solo grazie al sostegno della drammaturgia e del linguaggio verbale. Jérome Bel ci comunica
che il linguaggio è un fenomeno pervasivo creato è rappresentato sul palcoscenico e che permea i
corpi dei performer da cui dipendono tu e le azioni e interazioni.
Il ruolo del dj è cruciale —> è il “creatore” del linguaggio di questo spe acolo. È una gura quasi
divina che dà le parole ai performer e perme e l’azione e rappresenta anche Bel nel ruolo di
coreografo mentre dirige i performer con le parole.
Gli interpre compiono azioni alla portata di tu , non mostrano ges virtuosi. Spe atori e
interpre sono entrambi partecipan ad un evento. La trama dunque si sviluppa senza con i
perché il con i o riguarda il contra o sociale ed economico tra teatro e il suo pubblico —> senza il
pubblico resterebbero soltanto i performer. In questo senso, è il pubblico che crea lo spe acolo
“The show must Go on”.
Lo spe acolo ci me e in condizione di ri e ere sul nostro ruolo di spe atori e di acce are o meno
di interpretarlo. Con Bel, la logica della rappresentazione viene sos tuita dalla logica di mostrare il
teatro e gli elemen che rendono possibile la sua esistenza. Secondo Bel: “più gli spe atori ci
vedono fare cose stupide, più diventano intelligen ”.

9^ Lezione 4/12/20
PERFORMANCE ART
GRUPPO GUTAI
Jiro Yoshihara (Osaka)
La pi ura come qualcosa che diventa tale solo perché c’è un corpo che agisce. L’azione di “uscire
dalla tela”, azioni con forte signi cato simbolico.
JOHN CAGE
Ar sta che cambia di segno mol linguaggi. È un musicista, teorico della musica ma anche quasi un
mediatore culturale fra oriente e occidente. Egli per spiegare cos’è la musica si rifà molto al
buddismo zen —> elemento di casualità, degerarchizzazione dei ruoli.
Lavora con il coreografo Merce Cunningham e propongono 2 elemen innova vi:
1) musica e danza: convivenza paci ca. Due ar dis nte che hanno in comune la durata (opere
coreogra che in cui si me evano d’accordo sulla durata).
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2) Il caso: si spersonalizza ciò che l’ar sta vorrebbe che l’opera diventasse, niente più elemen
autobiogra ci. Si componeva e si prendevano decisioni a raverso il caso, viene cos’è inibito la
proiezione dell’ar sta nell’opera d’arte.
Black Mountain College—> college innova vo per lo studio dell’arte e nelle sue espressioni
John Cage, Merce Cunningam e Robert Rauschenberg collaborano e nel 52’ diedero vita alla
rappresentazione “Theater piece No.1” —> evento in cui danza, musica e poesia coesistevano nella
stessa dimensione, episodi che accadevano simultaneamente. Centralità data dal tempo condiviso
e dal fa o che queste cose accadevano insieme per dar senso l’una all’altra.
Un altro gruppo molto importante è “Fluxus”, ar sta cardine: George Maciunas. A questo colle vo
partecipano personalità come Yoko Ono, Joseph Beuys, George Brecht ecc.
Le azioni che vediamo in questo periodo hanno tu e una forte valenza poli ca : vita e arte si
fondono nella performance art —> nuove sensibilità (femminismo).
HAPPENING
- “18 Happenings in 6 Parts”, 1959 di Allan Kaprow alla Reuben Gallery a New York
Considerato il primo happening —> da “to happen”: ciò che accade. Esperienza molto in uenzata
dal dadaismo. Le parole chiave dell’esperienza dell’happening sono AZIONE, EVENTO, PUBBLICO —
> il pubblico è coinvolto a vamente (anche per eseguire le azioni in prima persona). L’happening è
più legato al processo crea vo dell’improvvisazione ma è comunque un’improvvisazione
stru urata, c’è sempre un minimo di proge ualità condivisa (La performance invece è più
stru urata).
Altro esempio di performance:
- “Bed-ins for Peace”, Yoko Ono e John Lennon, Hilton Hotel ad Amestardam - Queen Elizabeth a
Montreal —> forma di protesta che diventa ogge o dell’azione performa va.
JUDSON DANCE THEATER
Un gruppo assolutamente centrale nella ricerca interdisciplinare è “Judson Dance Theater”
(1962-64): sperimentazioni e pra che di arte condivisa. (Yvonne Rainer, Steve Paxton, Trisha
Brown, David Gordon, Robert Morris, Robert Rauschenberg). Yvonne Rainer, elabora la
performance “We Should run”, 1963 con musiche di Hector Berlioz —> siamo in un museo. La
Rainer u lizza un par tura legata alla morta e 12 performer ascoltano la musica immobili e poi
cominciano a correre (cosa vietata in un museo): correre con la stessa postura, stessa, distanza
dagli altri, stessa velocità —> tenere conto del proprio corpo e di quello degli altri. L’idea che un
movimento quo diano apparentemente banale implichi comunque controllo e virtuosismo.
È la realizzazione sica della democrazia: seguono un leader, acce andolo come tale, no a
quando un’altra persona si propone come leader: secondo Yvonne Rainer è un “quieto eroismo di
persone qualunque”.
- appun di “Pelikan” 1963 di Robert Rauschenberg (colle vo “Judson Dance Theater” —>
indicazioni coreogra che per Carolyn Brown, collage di suoni, note per l’accompagnamento
musicale.
- Visione di un estra o della rappresentazione “Pelikan”
Trisha Brown (sempre componente del jdt) elabora la coreogra a “Leaning Duets”, 1970 a New
York —> sperimentazione urbana: gli interpre sono in strada. Delle coppie, tenute per mano,
camminano cercano di trovare un baricentro comune e trovando un equilibrio in base all’altro.
La coreogra a diventa sempre di più un conce o opera vo. Sempre Trisha Brown propone la
performance “Walking on the wall” nel ‘71 al Whitney Museum di New York —> gli interpre con
un’imbragatura camminano nelle pare ver cali del museo: forte controllo del proprio corpo
perché cambia la gravità, forte resistenza.
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Altro caso estremo di performance:


- “Rhythm 0”, 1974 di Marina Abramovic, una delle sue primissime performance.
Per 6 ore all’interno di una galleria, gli spe atori potevano scegliere degli ogge tra quelli espos
(70 in tu o, tra cui anche una pistola carica) ed usarli su la performer —> marina abramovic pone il
suo corpo come ogge o, senza opporre resistenza e me endosi anche in pericolo.

IL TEATRO POSTDRAMMATICO
Libro Hans-Thies Lehmann, “Il teatro post dramma co”, 1999 —> fornisce le linee guida
all’interpretazione della produzione teatrale contemporanea che segue il dramma.
In questa cornice storica inseriamo:
“Aurora” di A. Sciarroni
Il proge o “Syma An gones” del gruppo Motus
Le esperienze del Living Theater
“Kontakthof£ di Pina Bausch
Fino agli anni ‘60, lo spe acolo è stato tradizionalmente visto come la trasposizione fedele sulla
scena del lavoro del drammaturgo. Con l’avvento della regia, lo spe acolo ha preso le distanze dal
riferimento al testo per diventare una vera e propria opera d’arte autonoma. Il contributo è dato
da forme teatrali incentrate sul corpo dell’a ore o tenden verso una drammaturgia dell’immagine
e che comportano la riduzione del testo a uno dei materiali da cui parte ire per la creazione scenica
(Artaud e Grotowski).
Nel teatro post dramma co in uisce anche tu o lo studio sulle performance, anche la
mul medialità e la cultura delle immagini.
Il teatro dramma co è dominato dalla preminenza del testo
Nell’età moderna la messinscena consisteva nella declamazione e illustrazione del dramma scri o:
il testo restava centrale anche in presenza del dramma scri o.
Dopo gli anni ‘60, il modello della scena che si de nisce paratassi e non aspira a rappresentare un
mondo ma a farne esperienza per momen . Viene rovesciata la funzione del dramma. Si insiste
sulla simultaneità degli s moli della scena e così l’orientamento dello spe atore viene deviato
consapevolmente e gli viene data molta libertà perché sceglie lui cosa guardare.
C’è una cancellazione dei con ni tra generi —> tu e le ar si mescolano tra loro: concer e teatro
si fondono, c’è una forte dimensione sperimentale e il testo (se presente) è semplicemente uno
degli elemen non l’elemento centrale.
La ques one centrale non è più se il teatro corrisponde al testo ma come i tes possono fornire un
materiale adeguato alla realizzazione di un proge o teatrale. Il teatro assume un cara ere
frammentario e rinuncia al criterio dell’unità.
Il teatro post dramma co non è un nuovo po di drammaturgia, è un modo di u lizzare i segni a
teatro che mescola testo e messinscena: è più presenza che rappresentazione, più condivisione
che comunicazione, più processo che risultato, più manifestazione che signi cato.
Lo spe atore percepisce una sovrabbondanza di segni o al contrario una notevole riduzione dei
segni —> teatro del mu smo e del silenzio: spazi vuo , azioni rido al minimo, lunghe pausa,
ripe zione ecc (Bob Wilson per esempio).
Spesso la drammaturgia testuale è sos tuita da una drammaturgia visiva che sviluppa una logica
intendente —> un teatro della scenogra a.
Talvolta si tende ad eliminare la gura umana sos tuendola con macchine o facendo ricorso ad
una media zzazione del corpo (video, foto ecc).
Nel teatro post dramma co, la corporeità diventa autosu ciente.
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Gli ar s creano even —> il teatro diventa una situazione sociale: lo spe atore comprende che la
sua esperienza non dipende solo da lui ma anche dagli altri. Si riduce la distanza tra a ori e
spe atori —> CONDIVISIONE DI ENERGIA
ES. “L’Orlando Furioso” di Luca Ronconi, 1969
Proge o “Syrma An gones” —> indagine sulla giovinezza, sul rapporto fra le generazioni
- spe acolo “Ex Machina” di Robert Le page
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