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Prefazione 4
Riferimen al percorso di educazione civica 6
Presentazione dei personaggi 7
Racconto 14
Commen personali 35
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Classe V ESA
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PREFAZIONE
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Nella presentazione delle protagoniste vengono narrate le storie
di ognuna di loro, le quali sono associate agli even più
signi ca vi che hanno portato alla formazione del loro pensiero
cri co. La le ura di questa sezione dell’elaborato non è
fondamentale ai ni della comprensione del racconto, tu avia è
stata inserita poiché, grazie ad essa, è stato possibile dare
maggiore profondità e veridicità alla storia. Invece, la
conoscenza del contesto storico in cui è ambientata la
narrazione risulta fondamentale al ne di comprendere il
dialogo che si svolge tra le giovani donne. In un Paese in cui
la forma di governo non era ancora stata de nita e
la Cos tuzione non era stata reda a, tu potevano esprimere
la loro opinione in merito a ques temi. Si tra ava di una
situazione nuova, che non risen va dell’in uenza di una carta
cos tuzionale moderna già esistente. Inoltre, l’esperienza della
Seconda guerra mondiale, aveva messo in luce quanto la tutela
dei diri umani fosse importante all’interno d società.
In ne, l’elaborato di Educazione Civica si conclude con i
commen personali di ogni componente ineren al percorso
svolto durante le ore scolas che.
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RIFERIMENTI AL PERCORSO DI
EDUCAZIONE CIVICA
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PRESENTAZIONE DEI
PERSONAGGI
Maria Anderson
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sei, alla volta del nuovo mondo. Raggiunta la ver ginosa New
York, la ragazza si ambientò rapidamente, mostrando n da
subito un'inclinazione all’apprendimento delle lingue straniere.
All’età di vent’anni conobbe il tenente Henry Anderson e i due si
sposarono l’anno dopo. Con lo scoppio della Seconda Guerra
Mondiale, però, lui dove e par re in missione per la Sicilia e lei
rimase sola in una grande casa vuota. Per ingannare il tempo
decise di intraprendere gli studi di lingue presso l’università di
New York, ma nemmeno la lezione più interessante riusciva a
distrarla dalla mancanza di Henry. Stanca dell’assenza del
marito, pochi mesi dopo la sua partenza decise di raggiungerlo
in Italia. Abbandonò così la prospe va di una vita serena a New
York e si trasferì a Roma. Si potevano vedere solo
sporadicamente dal momento che lui era in servizio, tu avia
saperlo vicino a lei le riempiva il cuore di gioia. Tu avia, se da
un lato il suo cuore era sempre colmo di felicità per la vicinanza
con l’uomo amato, della sua pancia non si poteva dire lo
stesso. Per un lungo periodo non aveva trovato occupazioni
poiché, in tempi di guerra, le domande di lavoro scarseggiavano.
L’economia italiana dava segni di cedimento e per lei sembrava
prospe arsi un’avvenire di cile. Il miracolo avvenne quando,
oramai rassegnata alla sua condizione di povertà, venne
conta a da una facoltosa commerciante romana
che necessitava di una segretaria al suo anco. La sua
conoscenza impeccabile della lingua inglese l’aveva resa famosa
nel quar ere e Rosa Fabrizzi in persona si era presentata
alla porta della sua misera abitazione per o rirle un posto
di lavoro. Da allora la sua vita era migliorata molto e le due
erano diventante colleghe, oltre che amiche e con den .
Rosa Fabrizzi
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Rosa Fabrizzi è una ragazza che appar ene alla bassa borghesia
romana. Il padre era uno dei commercian più importan della
capitale e possedeva diversi esercizi lungo Trastevere. Prima di
tre sorelle, Rosa ha trascorso la sua infanzia tra le scatole e gli
imballaggi del negozio di famiglia. Ogni sera, prima di tornare a
casa, osservava con interesse il padre che contava gli
incassi della giornata. Scriveva ogni cifra sul registro di
contabilità e, senza u lizzare la
calcolatrice, annotava rapidamente somme e di erenze. Il suo
interesse per la matema ca crebbe sempre più e ben presto
fare i calcoli divenne il suo gioco preferito. Passava le sue
giornate a contare e ricontare i sanpietrini di via Os ense,
mentre la madre sbrigava delle faccende nella bo ega. Quando
il padre venne a mancare per un incidente, lei aveva poco più di
dieci anni. Da allora non fu più la bambina allegra e spensierata
di un tempo. Grazie alle sue abilità nell’aritme ca, a soli quindici
anni divenne la proprietaria degli esercizi paterni e si imba é in
una realtà tu ’altro che onesta. Questo la portò a sviluppare
una personalità tenace e obie va. Ben presto comprese che
ogni sua debolezza poteva essere usata contro di lei, perciò
decise di mostrare il suo lato più comba vo. Non si fece
persuadere dalle alle an proposte dei malavitosi e si votò alla
gius zia, talvolta anche a costo della sua stessa incolumità. La
sua fede nella scienza dei numeri era incrollabile e la
accompagnava in ogni sua decisione. Non credeva nelle illusioni
della poli ca e della religione, dal momento che né lo stato né
Dio avevano saputo aiutarla nei momen più di cili. Sognava
un’Italia democra ca e libera dalla guerra, fondata
sull’uguaglianza e sulla dignità dell’uomo. Era fermamente
convinta che, se il procedimento matema co fosse stato
applicato alla realtà poli ca italiana, si
sarebbe potuta costruire una forma di governo ragionevole e
dinamica, nel rispe o di ogni singolo ci adino.
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Teresa Lombardi
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Greta Sala
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Agnese Bonelli
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Anna come manichino. Per volere della madre, intraprese gli
studi di psicologia. La donna, infa , desiderava che la glia
seguisse le sue orme, nel tenta vo di garan rle il successo che
lei stessa aveva avuto nel mes ere. Questo per Agnese
signi cava rinunciare all’idea di fare della moda il suo lavoro.
A causa del suo cognome nobiliare, la
ragazza era spesso ogge o di pregiudizi da parte dei
conci adini. Per questo mo vo ha sempre cercato di dare
il meglio di sé, nella speranza che le persone notassero prima le
sue capacità che i possedimen famigliari. Nonostante lo
studio e i diversi impegni, cercava sempre di ritagliarsi del
tempo per fare proge . Appena aveva un momento
libero, abbozza l’ennesimo abito sul grazioso quadernino
regalatole dalla sorella. O enuta la laurea, Agnese ha
iniziato anche ad interessarsi di poli ca, intervenendo
a vamente all’interno della sua ci à. Infa , la guerra l’aveva
segnata a tal punto da voler impiegare tu e le sue forze per la
costruzione di un futuro migliore. Inoltre, la giovane donna era
anche una scrutatrice. Questo impiego, unito alla
specializzazione in psicologia, le ha permesso di vivere
esperienze signi ca ve.
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RACCONTO
Era una calda giornata d’estate quella del 2 Giugno 1946. In altri
tempi, la ci à sarebbe stata completamente deserta. I romani,
infa , amavano trascorrere le loro vacanze tra gli ombrelloni
colora del Lido di Os a o so o gli alberi della Pineta di Fregene,
al riparo dalla calura es va. Le grandi folle che animavano la
metropoli in primavera, lasciavano spazio al vagabondare solitario
di qualche cane randagio. Le orde di turis , che gremivano i
celebri edi ci storici, erano sos tuite da girovaghi
e senzate o che erravano al cci in cerca di un pezzo di pane o di
una asca di vino. Quell’anno, però, tu o era diverso. Le vacanze
romane non sembravano più così alle an in confronto all’evento
epocale che si prospe ava. La capitale era in fermento e nell’aria
aleggiava un sentore di rivoluzione. Mol ancora non lo sapevano,
ma quella domenica sarebbe divenuta uno dei giorni
più celebri nella memoria dei posteri. L’agitazione era palpabile,
come si poteva percepire dagli sguardi tesi dei
passan . Un giovine o in Piazza del Popolo urlava: " Giornali
freschi di stampa! A re atevi! Non perdetevi le ul me no zie!”,
mentre i funzionari comunali sì a accendavano a compilare
scarto e all’interno delle sedi ele orali. Un fa o era chiaro a
tu : il 2 giugno sarebbe stata una giornata decisiva per le sor
del Paese. Esaurito il ventennio di di atura fascista, infa , l’Italia
si era trovata di nuovo senza una forma di governo
de ni va. Inoltre, l’orrore della Seconda guerra mondiale aveva
mosso nei cuori degli uomini poli ci la volontà di redigere una
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nuova carta cos tuzionale, in sos tuzione allo Statuto
Alber no allora vigente. A tal proposito, in tu i comuni della
penisola, gli italiani furono chiama alle urne per stabilire quale
sarebbe stata la nuova forma is tuzionale dello stato. Il
referendum prevedeva due opzioni ben dis nte, le quali erano
rappresenta ve dei maggiori schieramen presen in Italia circa la
ques one poli ca. Da una parte vi erano i sostenitori della
Repubblica, i quali rivendicavano l’esigenza
di un superamento dras co del modello poli co-culturale che
a dava alla con nuità dinas ca della monarchia sabauda la tutela
ed il mantenimento dei valori nazionali. Dall’altra, invece, vi erano
i sostenitori della monarchia, i quali vedevano nel dominio dei
Savoia l’unica forma di governo che avrebbe portato prosperità
nel Paese. Esisteva quindi una spaccatura profonda, fortemente
disegnata su basi geogra che, tra il Nord, a maggioranza
repubblicana, ed il Sud, a maggioranza monarchica. Tu avia, se sul
fronte is tuzionale vi erano opinioni contrastan , su
quello cos tuzionale non vi erano dubbi. L’elezione dei deputa
della nuova Assemblea cos tuente aveva raccolto un consenso
unanime sia da parte dei poli ci che da parte dei ci adini. Questo
organo legisla vo avrebbe avuto poi il compito di
redigere una nuova Cos tuzione, nel rispe o dei diri umani
fondamentali che tanto erano sta degrada durante
il secondo con i o mondiale. Ciò che però rendeva ancora più
sensazionale questo evento erano le modalità con il quale
sarebbero avvenute le votazioni. Per la prima volta nella storia
italiana, infa , la società avrebbe sperimentato le libere elezioni a
su ragio universale maschile e femminile. Il diri o di voto, prima
concesso solo ad una ristre a percentuale della
popolazione, sarebbe stato garan to a ogni uomo o
donna a par re dai ventun anni d’età, indipendentemente dalla
loro condizione sociale o economica. Quello che stava avvenendo
nel Paese era un vero e proprio cambiamento radicale,
una rivoluzione poli ca e legisla va votata al progresso e alla
modernità. Nelle piazze di Roma, come in quelle di tu e le ci à
italiane, s lavano cortei di persone appartenen
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a di eren ce sociali. Il povero contadino, con la camicia buona
della domenica, si recava alla sede ele orale accanto al
notaio ben pe nato. La nobildonna, ves ta di tu o punto,
votava accanto all’umile massaia ricoperta di farina. Un
sen mento corale di uguaglianza legava tu e quelle anime,
nell’espressione di un popolo unito in nome dell’Italia.
L’entusiasmo contagioso dei giovani
ele ori romani riecheggiava in tu a la capitale. Finalmente, dopo
anni di dolore e precarietà, sì prospe ava un futuro migliore per le
nuove generazioni. Dal momento che l’a uenza alle votazioni
era al ssima, mol avevano preferito recarsi ai seggi di prima
ma na o rimandare il dovere al giorno seguente. Tra coloro che
avevano deciso di an cipare gli assembramen vi era anche
Greta. La ragazza si era svegliata all’alba ed era uscita di fre a dal
suo appartamento. Lungo la strada verso la sede ele orale, si era
compiaciuta segretamente di una scri a che oramai da
se mane sve ava su un muro del quar ere di Villa Certosa. Essa
recitava “abbasso i Savoia, votate per la Repubblica”. Si
tra ava chiaramente di un a o di vandalismo,
tu avia Greta, dentro di sé, sperava che gli italiani seguissero il
consiglio di quei delinquen . Arrivata ai seggi, aveva consegnato la
sua tessera ele orale ad una giovane donna, la quale aveva
preferito tra enere momentaneamente il documento al ne di
accertarsi della sua vera iden tà. D’altronde, si era appena
trasferita da Milano e il suo sguardo un po’ austero di certo non
inspirava ducia. La scheda ele orale che le venne consegnata
riportava la dicitura “apporre un segno a anco del contrassegno
prescelto” e lei, senza esitazioni, marcò quello della
repubblica. Dopo aver votato, in lò nell’urna il foglio
ripiegato e sigillato. Quando uscì dalla sede, si trovò di
fronte ad uno spe acolo senza preceden . La piazza era stracolma
di gente. Vi era un ammassamento tale da far invidia ai
centurioni dell’an ca Roma. Tirò un sospiro di sollievo al pensiero
di aver an cipato tu e quelle persone. Decise di recarsi in Campo
de’ ori, nella speranza di eludere la folla. Ben presto comprese
che il suo tenta vo era stato vano. Le bancarelle del mercato
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erano assediate da uomini e donne inten a studiare la merce.
Mentre camminava lentamente nella ressa, qualcosa ca urò la
sua a enzione. Ai suoi piedi era rotolato un piccolo ogge o che,
ri e endo la luce solare, brillava intensamente. Lo raccolse e,
prima ancora che potesse vederlo chiaramente, capì che si
tra ava di un rosse o. Volse lo sguardo alla sua destra e vide una
ragazza che, con fare smarrito, scrutava il lastricato in cerca
dell’ogge o perduto. Aveva già alzato il capo al cielo, in segno di
resa, quando Greta le toccò la spalla. Lei trasalì dallo spavento, ma
quando riconobbe la compagna d’università un sorriso si fece
strada sul suo volto. Si portò una mano al pe o
ed esclamò: “Greta mi hai spaventata! Oh, sono così felice di
veder ! Sono sempre la solita sbadata, ho perso il mio...”. Prima
che potesse concludere la frase, l’amica le porse il
rosse o e le disse ridendo:
” Cercavi forse questo? Sei sempre la solita maldestra, Teresa. Il
giorno in cui non cadranno più gli ogge dalle mani
probabilmente inizierà a piovere oro dal cielo.”
“Oh, andiamo, parli come mia madre. Non farmi anche tu la
ramanzina ora, che questa ma na non sares la prima” disse con
aria sconsolata.
“Che è successo stama na? E perché stavi me endo il rosse o
in mezzo a tu e queste persone?”
“Oggi non ne ho combinata una giusta, credimi. Mentre mi
trovavo in la per votare, una delle scrutatrici mi ha indicato con
un cenno ai suoi colleghi. Io non riuscivo a capire cosa avessi di
tanto strano rispe o agli altri. Mi sono controllata il cappo o, il
cappello e per no le scarpe. Nulla mi é sembrato fuori posto,
alche ho deciso di ignorare le loro occhiate eloquen . Pochi minu
dopo, il presidente di seggio mi ha fa o cenno di raggiungerlo
e, quando sono arrivata da lui, ha iniziato uno sproloquio sulla mia
sconsideratezza nell’indossare il rosse o alle votazioni. Infa , se
nell’ume are la scheda l’avessi macchiata con il cosme co, il mio
voto sarebbe stato invalidato. Inu le dir che ho passato ben ven
minu a scusarmi con tu i funzionari presen per la mia
imprudenza. Tu eri a conoscenza di questa indicazione?”
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“No, sinceramente no. Fortuna vuole che stama na fossi in
ritardo, quindi non ho avuto tempo di pensare al
trucco. Comunque, non avrei mai voluto essere al posto tuo.”
“Già, nemmeno io avrei voluto subire questa umiliazione. Tu e le
signore mi guardavano come se fossi una poco di buono. Sarei
scoppiata in lacrime se non fosse che ero troppo entusiasmata
all’idea di votare. Non posso ancora crederci Greta! Abbiamo
votato, noi, noi donne! Questa concessione è un vero e
proprio a o rivoluzionario, non credi?”
“Più che una concessione, oserei dire che si tra a di una ba aglia
vinta. La conquista dell’uguaglianza giuridica è fru o di un
cammino lento e irto di ostacoli, avvenuto in un periodo di
grandi even storici che hanno coinvolto le donne come mai si era
visto prima. Erano anni, infa , che le su rage e italiane si
ba evano al ne di perorare la loro causa. Non sempre purtroppo
i diri vengono concessi dallo Stato ed è proprio
in queste occasioni che risulta vitale comba ere.”
“Credo che tu abbia ragione, mi sono espressa in maniera
scorre a. Il termine “concessione”, oltre ad essere improprio, è
anche profondamente irrispe oso nei confron di tu e coloro
che hanno lo ato per la conquista dei nostri diri . Una delle
gure più a ve nel rivendicare il voto alle donne è stata la
pedagogista Maria Montessori. Ricordo di essermi imba uta
in un suo ar colo mentre leggevo un vecchio giornale di mio
padre, quando ancora abitavo in campagna con la mia famiglia.”
“So che muori dalla voglia di raccontarmi ciò che ricordi di
questo ar colo, conosco n troppo bene quell’espressione. La tua
incredibile memoria fotogra ca non sme erà mai di stupirmi.”
Teresa gongolò compiaciuta: "In realtà ricordo solo il nome del
quo diano, “La Vita”, e la frase: "Donne tu e sorgete! Il vostro
primo dovere in questo momento sociale è di chiedere il voto
poli co”. Ero rimasta molto colpita da queste parole e solo
ora e e vamente ne comprendo il reale valore.”
“Un giorno mi svelerai il segreto per memorizzare ogni frase che
leggi?”.
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“Solo se tu mi insegnerai ad essere meno
maldestra. Comunque, mi auguro che la conquista
dell’uguaglianza giuridica sia solo l’inizio di un percorso volto alla
parità di genere. Lo sapevi che le donne non
possono ancora accedere all’esercito o ad alcuni corpi di polizia?”
“Purtroppo, ne sono a conoscenza, che ingius zia! Siamo forse più
deboli dei solda che hanno comba uto al fronte? Forse non
sanno che, pur rimanendo a casa, abbiamo lo ato quanto loro.
Ciò che più mi preoccupa di più, però, è l’impossibilità per noi di
accedere alla magistratura. Sai bene quanto vorrei diventare un
magistrato, ma ad oggi questa prospe va mi
sembra impossibile. Studio giorno e no e per realizzare il mio
sogno, dedico tu a me stessa alla giurisprudenza. Eppure, questo
pare non bastare. E perché? Perché sono nata donna?”
“I tuoi studi non saranno vani, credimi. Sei la migliore del tuo
corso, lo sanno tu in università. Non abba er in questo
modo, sai che veder così triste incupisce anche me. Sappi che
starò sempre vicina e lo erò con te a nché questa
situazione possa cambiare. E come diceva il buon vecchio Eraclito”
Bisogna volere l’impossibile, perché l’impossibile accada”.
“Tu e le tue citazioni loso che mi farete impazzire prima o
poi. Ciò che dici, però, mi conforta molto. Sono così grata di avere
un’amica come te al mio anco.” disse Greta con gli occhi lucidi.
Teresa le mise una mano sulla spalla e, sorridendo, disse: "Suvvia,
non abbandoniamoci ai sen mentalismi. È un grande giorno
questo, sia per noi che per il paese. Dovremmo
festeggiare brindando alla nuova Italia!”
“Come dar torto, Teresa. Non trovi che questa situazione abbia
dell’incredibile? Siamo circondate da un mare di persone, in una
delle piazze più belle di Roma. La guerra è nita e le donne, per la
prima volta nella storia dell’Italia, hanno votato. Noi, ragazze con
più sogni che soldi in tasca, s amo intra enendo una
conversazione sul diri o in pubblico, senza il more
di esprimere le nostre opinioni”.
Lo sguardo di Teresa all’improvviso si fece cupo e con
voce malinconica disse: "Incredibile come ora abbiamo
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tu e queste libertà, quando no a poco più di un anno fa non ne
veniva garan ta nemmeno una. È proprio vero che il diri o nasce
dall’esperienza dell’ingius zia. Sono chi si vede privato dei propri
diri , infa , può comprendere quanto essi siano essenziali per la
vita di ogni individuo.”
Le due ragazze rimasero in silenzio per qualche secondo. Il
dramma della guerra era ancora vivo nei loro cuori e nelle loro
men . Forse, con il tempo, quel ricordo sarebbe svanito e avrebbe
lasciato posto alle gioie della vita. Quel giorno, però, non era
ancora arrivato. Certe no , quando il sonno tardava ad arrivare,
ripensavano a ciò che avevano passato. Ricordavano la fame, il
freddo e la costante paura di non poter vedere di nuovo il sole
nascere all’orizzonte. La memoria che più di tu e le angosciava
era quella dell’allarme bomba. Una sirena stridula e
assordante annunciava il bombardamento, come a presagire un
evento nefasto. Allora, dovevano correre. Gli edi ci intorno a loro
crollavano e il cielo terso lasciava spazio ad una densa nube di
polvere. Dovevano essere più veloci dei nemici. Dovevano
essere più veloci della morte.
Greta ruppe il silenzio con un sospiro. Rivolgendo uno sguardo
sconsolato all’amica, disse: “Perché l’uomo deve ricorrere alla
guerra per risolvere i suoi con i ? E perché si creano tali
contras ? Non sarebbe più semplice e meno deleterio
col vare l’unione e la fratellanza? Tu qui sappiamo quanto la
guerra possa essere distru va, perciò, a quale ne perseguirla?”.
Teresa, allora, le rispose: "A tal proposito, vorrei espor il pensiero
di uno dei loso che più ammiro. Lo so, niamo sempre per
parlare di Kant quando ci incontriamo. Oh, andiamo, non fare
quella faccia! Ti prome o che questa volta non annoierai. La
risposta alla tua domanda è no, l’uomo non può evitare i
con i . Esso, infa , tende all’uguaglianza e alla fraternizzazione
tanto quanto tende allo scontro. L’aggregazione in comunità non è
de ata da una ducia cieca o da un is nto sociale, ma
piu osto da duplice sen mento di interesse e circospezione. Per
le s de più complesse della vita,
infa , l’essere umano tende a congiungersi ai suoi
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simili, sviluppando così una propensione ad associarsi. La
vita comunitaria, però, può essere un freno per la libertà
dell’individuo, dal momento che esso vorrebbe a ermare la
propria persona sulle altre. Quindi, oltre alla volontà di
aggregazione, si sviluppa anche una volontà di separazione. Kant
de nisce questa contrapposizione come “insocievole
socievolezza”: l’uomo la ha necessità di vivere insieme ad altri
individui ma al tempo stesso vorrebbe comandare su di
essi. Questo porta inevitabilmente alla creazione di con i , i quali
però sono assolutamente necessari ai ni del progresso umano.”
“Come può una guerra portare ad un miglioramento della
società?”
“La guerra è solo una delle tante modalità con le quali possono
essere risol i con i . Kant la descrive come un mezzo immorale
e irrazionale per chiarire le contese. Essa può diventare strumento
di pace solo nel momento in cui coloro che l’hanno comba uta ne
ricavano una spinta all’unione e alla solidarietà. Il losofo auspica
la creazione di una pace perpetua tra sta , la quale sarebbe
regolata da un diri o internazionale. La creazione di una
conciliazione duratura, però, impedirebbe esclusivamente lo
scoppio di con i arma , non quello di diverbi. Lo scontro, infa ,
inteso nella sua accezione generale e posi va, è essenziale
a nché l’uomo possa sviluppare compe vità e pensiero
cri co.”
“Oh, ora ho compreso. Mi trovo totalmente d’accordo con il suo
pensiero. La Seconda guerra mondiale, per quanto terribile, è
servita da monito alle nuove generazioni dell’Italia e del mondo. Il
sen mento di unione e pace che lega tu noi in questa piazza non
può che essere il fru o della consapevolezza acquisita dopo il
con i o. Le popolazioni coinvolte, infa , hanno preso
coscienza dei danni che alcune ideologie hanno portato. Il
fascismo e il nazismo sono sta due movimen che hanno privato
il popolo dei diri umani e hanno seminato il terrore tra la gente.
Nessuno era al sicuro, tu correvano il rischio di essere
perseguita . Le leggi razziali limitavano le libertà degli ebrei e di
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chiunque familiarizzasse con loro.
Erano ordinamen profondamente ingius , i quali a mol
sembravano leci solo perché venivano alimenta da propaganda
e populismi.”
“Le leggi possono essere ingiuste? Non dovrebbero essere votate
alla gius zia per de nizione?”
“Purtroppo, sì, le leggi possono essere ingiuste. Ciò che è successo
ne è la riprova e, disgraziatamente, non vi è alcuna garanzia che
questa situazione non si ripresen di nuovo in futuro. Per questo
mo vo, è bene non abbassare la guardia.”
“Secondo te, chi dovrebbe giudicare le leggi di un
paese? Qualcuno dovrà pur assumersi la responsabilità
di ispezionarle! Francamente, è inammissibile che non si possano
contestare le leggi quando queste violano le libertà fondamentali
dell’individuo. Oserei dire che è un dovere morale di ogni ci adino
non so oscrivere una legge che non si può de nire
universalmente giusta.”
“Secondo il mio parere, occorrerebbe is tuire un organo
governa vo che possa regolare le leggi e giudicarle in quanto
tali. Anche in vista della redazione di una nuova cos tuzione, è
bene che sia presente un'is tuzione deputata alla sua tutela. I
bene ci per il Paese sarebbero mol , credimi. Sogno un’Italia più
democra ca e libera, nella quale le persone possano sen rsi parte
di una comunità viva e rispe osa. Sogno un’Italia svincolata da
di ature e da regnan incapaci di preservare i diri fondamentali
dei ci adini.”
"Come dar torto Greta! Il periodo fascista, con le sue leggi
paradossali, è stato profondamente deleterio per noi e per il
nostro Paese. Sicuramente, in futuro, verrà fondata un’is tuzione
volta al controllo delle leggi e alla tutela
della nostra nuova Cos tuzione. Non è ammissibile
che la soppressione delle libertà fondamentali e la
mancata partecipazione popolare alle decisioni pubbliche si
ripresen no in futuro. A questo proposito, spero vivamente che le
votazioni di oggi diano come esito l’ordinamento repubblicano.”
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“Lo spero anche io. Ripongo molta ducia nel popolo italiano,
sopra u o nei giovani come noi. D'altronde, chi preferirebbe uno
stato accentratore rispe o alla Repubblica?”
“Chi non ha a cuore i propri diri e nemmeno il bene del Paese.
La repubblica è sicuramente il miglior ordinamento poli co
esistente, come a ermava anche Kant d’altronde. Ricordi la pace
perpetua di cui ho parlato prima? Ecco, l’ordinamento
repubblicano è uno dei tre requisi fondamentali al ne di
realizzarla. Ora, pensa a tu i con i che si sono sussegui
nel corso della storia. Ri eni che siano scoppia per volere dei
poten o per volere della umile gente?”
“Chiaramente le guerre non hanno avuto inizio per volere dei
poveri ci adini. A meno che non si tra di rivoluzioni popolari, le
contese hanno sempre avuto inizio a causa dell’insaziabile
desiderio di potere dei sovrani. Quest’ul mi, infa , non si curano
mai delle conseguenze dei loro giochi di potere, dal momento che
non ne subiscono i danni in prima persona.”
“Esa o! È proprio questo il punto! La scelta circa l’e e uazione
della guerra dovrebbe essere presa da coloro che ne pagano
dire amente le conseguenze. Se ciò accadesse, vi sarebbe una
dras ca diminuzione delle os lità. I ci adini, infa , consci della
distruzione che provoca un con i o, tenderebbero a voler evitare
gli scontri arma . Il Paese dovrebbe assumere un ordinamento
repubblicano a nché la popolazione abbia la possibilità
di decidere liberamente se aderire o meno alla guerra.
Fondamentale risulta la presenza di un parlamento ele vo, il
quale ha il compito di rappresentare ogni singolo individuo della
comunità, in un’o ca di libertà e uguaglianza. Solo il libero
esercizio pubblico della ragione e dello spirito cri co, infa , può
generare le condizioni a nché uno Stato ripudi i con i . La
libertà, l’esercizio pubblico della ragione e lo spirito cri co
sono essenziali al ne di creare un asse o poli co democra co,
nel quale regni la pace e l’equità. Il repubblicanesimo, inoltre, si
cara erizza per la divisione dei poteri e non va confuso con la
democrazia dire a che, priva di stru urazione al suo interno, si
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presenta come una non-forma di governo, inevitabilmente
dispo ca. Il losofo teorizza la repubblica in senso proprio, con
divisione dei poteri e sistema rappresenta vo nel potere
legisla vo: egli per repubblica intende la democrazia
rappresenta va.”
“Non posso che essere concorde con il suo pensiero. Ma, se
questo è il secondo principio fondamentale per la creazione di una
pace perpetua, quale è il terzo?”
“Aspe avo con ansia che tu mi ponessi questa domanda. La terza
condizione fondamentale, secondo il pensiero del losofo, è
l’is tuzione di una federazione internazionale tra Sta
liberi. L’instaurazione di un ordinamento repubblicano, infa , non
è su ciente a garan re la pace, dal momento che la popolazione
potrebbe essere indo a al con i o dalle tensioni
internazionali. Questo, però, non implica l’annullamento delle
di erenze tra i popoli, dal momento che l’uniformazione degli sta
sarebbe una visione essenzialmente utopica. A questo proposito,
ricordi quando l’anno scorso ci è giunta no zia della nascita
dell’ONU? L’Organizzazione delle Nazioni Unite è...”
Teresa si interruppe bruscamente. Greta non comprendeva cosa le
fosse accaduto perciò si sincerò che stesse bene. L’amica le rispose
che due ragazze le osservavano curiose a qualche metro di
distanza. Le chiese se lei le conoscesse, ma i loro vol non erano
famigliari a nessuna delle due.
“Perché ci osservano?” chiese Teresa bisbigliando.
“Non lo so, probabilmente i tuoi capelli arru a hanno a rato la
loro a enzione” le rispose con tono ironico.
“Oh, santo cielo, che è successo i miei capelli ora? Qualcuno mi ha
ge ato il malocchio ne sono certa, la sfortuna mi perseguita!”
Greta scoppiò a ridere: "Avres dovuto vedere la tua faccia! Hai
creduto davvero alle mie parole? I tuoi capelli sono perfe come
sempre, non preoccupar .”
“Molto divertente Greta, davvero molto divertente! Almeno io
non...” non fece in tempo a concludere la frase che le due
ragazze le raggiunsero. Greta rivolse loro un sorriso cordiale
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mentre Teresa arrossì dall’imbarazzo. Una delle due porse la mano
con fare disinvolto.
“Piacere Maria!” si presentò la ragazza. Una nota di entusiasmo
trapelava dalla sua voce. Maria non aspe ò una risposta e,
volgendo lo sguardo all’amica, con nuò:" E lei Rosa! Perdonatela,
è un po’ mida!”
Proseguì: “Non vorremo sembrare scortesi, ma abbiamo sen to il
vostro discorso e non abbiamo potuto fare a meno di fermarci.
Sappiamo che non è buona educazione origliare, ma il dialogo era
così interessante che ne siamo rimaste a ascinate. Il vostro
coraggio è veramente ammirevole. Di ques tempi sono poche le
donne che a rontano tali tema che con così tanta passione
e franchezza. Per questo mo vo ci terremmo a fare la
vostra conoscenza, sempre se non vi abbiamo terrorizzato
piombando qui dal nulla”.
Greta e Teresa non erano mai state molto
socievoli ma sapevano, per esperienza personale, che dagli
incontri fortui come quello potevano nascere le migliori
amicizie. Le due nuove interlocutrici si dimostrarono n da subito
molto disponibili, non lasciando mai spazio a silenzi imbarazzan o
domande indiscrete. Le qua ro si presentarono, raccontando
ognuna i de agli più rilevan delle loro storie. Pur essendo
profondamente diverse, poterono constatare che erano
accomunate dalla volontà di me ersi in gioco, in quella società
che oramai progrediva in maniera inarrestabile. Il dialogo, dopo un
primo momento di conoscenza, iniziò a scorrere veloce. Le
ragazze, tu e coetanee, formarono un piccolo capannello al lato
della strada, per non ostruire il transito ai passan . Rosa volle
riprendere il discorso di Teresa, dal momento che era rimasta
molto complita dalle sue parole:
“Riguardo a quanto de o da Teresa, ho trovato par colarmente
interessante il tuo discorso in merito alla repubblica, intesa nella
sua accezione di democrazia rappresenta va. Il mio punto di vista
non può essere di cara ere loso co, dal momento che non
possiedo le tue stesse conoscenze in materia.
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Fin da piccola, però, ho studiato e applicato la matema ca in ogni
ambito della mia vita. Forte di questo, credo di dovervi delle
spiegazioni riguardo la mia ducia cieca nella scienza dei numeri.
Essa, infa , può essere paragonata alla democrazia, la quale è
indiscussamente la miglior forma di governo.”
“Come possono essere paragonate la matema ca e la
democrazia?” chiese Teresa con aria perplessa.
“Sono consapevole che i conce di matema ca e poli ca possano
apparirvi distan ma, in realtà, esiste un forte legame logico tra la
scienza che tanto amo e la democrazia. Al contrario
dell’insegnamento scolas co, questa disciplina non è isolata e
senza u lità pra ca. Essa ha lo scopo di ampliare le capacità di
deduzione, proporzione e astrazione, le quali risultano
fondamentali per comprendere la realtà. La matema ca o re i
mezzi a ciascuno di noi per sviluppare un metodo scien co
dedu vo, che ci da la possibilità di dare una risposta a qualsiasi
quesito. Ed è proprio questo che rende la scienza dei numeri una
materia democra ca. Come la democrazia, infa , essa valuta la
soluzione migliore basandosi su determinate regole. Nel momento
in cui quest’ul me perdono la loro validità, però, vengono
eliminate e sos tuite da nuove leggi. La dinamicità che
contraddis ngue la matema ca è propria anche della democrazia,
la quale è so oposta con nuamente ad un processo di
evoluzione. Entrambe, inoltre, non subiscono il principio di
autorità, ovvero escludono ogni forma di disuguaglianza.”
“Quindi coloro applicano i principi matema ci alla realtà a uano
un esercizio del loro spirito cri co?” chiese Greta.
“Esa amente! Applicare la matema ca signi ca a uare una scelta
consapevole. Le nostre decisioni, siano esse giuste o sbagliate,
portano sempre all’o enimento di alcuni risulta . La capacità di
selezionare l’opzione migliore, a fronte di molte, è pura
applicazione del proprio pensiero cri co. Quest’ul mo è lo stesso
che ogni individuo deve possedere a nché possa realizzarsi il
sogno democra co.”
Rosa proseguì: “Per di più lo spirito cri co, sia esso applicato alla
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che gli Sta Uni sono sta il primo paese a dichiarare tali diri
inviolabili? Questo avvenne nel dicio esimo secolo e coloro che
ne subirono maggiormente l’in uenza furono sicuramente i
francesi. Il popolo francese, infa , mosso dalla volontà di
eguagliare i coloni nella loro impresa di conquista della libertà,
pochi anni più tardi rovesciò il cosidde o “Anciène Régime”. A
par re dalla Francia poi, in tu a Europa si di use uno sen mento
patrio co e an monarchico. I ci adini di molte nazioni
avanzarono la richiesta di una cos tuzione che tutelasse i loro
diri . La dichiarazione d’indipendenza americana, quindi, fu
decisiva anche per il vecchio con nente, il quale era ancora legato
alle tradizioni del diciasse esimo secolo.”
“Incredibile! Quanto vorrei trasferirmi oltre oceano per studiare la
storia americana! Sembra così interessante.” rispose Greta con
occhi sognan .
Maria cambiò bruscamente tono. Le sue parole, da dolci e
didascaliche, si fecero cariche di rabbia e disappunto.
”Inizialmente anche io ero molto a ascinata dalla storia
americana. Essa, infa , è profondamente diversa da quella
europea a causa della mancanza di una tradizione an ca. Questo
la rende priva di quei dogmi e di quelle credenze che invece
regnano sovrane nel nostro con nente. Tu avia, dopo pochi mesi
di permanenza lì, ho realizzato che gli U.S.A. non sono realmente il
sogno di cui tanto parlavano i miei fratelli. Dietro ai gra acieli
ver ginosi e ai bei locali, l’America nasconde una triste verità che
contraddice radicalmente la sua stessa cos tuzione. Pur
a ermando un incondizionato principio di uguaglianza, non tu
gli uomini sono tra a nello stesso modo. Infa , è presente una
forte discriminazione nei confron delle persone afroamericane. Il
pregiudizio e il disprezzo sono disumanamente di usi, alimenta
da una generale paura del diverso. Purtroppo, la situazione non
sembra des nata a migliorare.”
“Oh, mi dispiace per quello che ho de o. Non avevo idea…” si
gius cò Greta, mor cata.
“Non scusar , non è colpa tua. Qui Italia sono poche le persone
realmente a conoscenza di ciò che succede oltreoceano. Siamo 28
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così abitua a vedere l’America come la terra promessa, che
spesso tendiamo notare solo ciò che di bello quel paese può
o rirci.”
I discorsi di Rosa e Maria presentavano un punto di vista nuovo
per le due studentesse. Le ragazze, infa , avevano sviluppato un
pensiero fortemente legato all’insegnamento scolas co e non
avevano mai avuto l’opportunità di ampliare le loro vedute. Le
peculiari di erenze che cara erizzavano ognuna di loro
contribuivano a rendere s molate il dialogo. Le donne
conversavano così piacevolmente che avevano perso la cognizione
del tempo. La folla in campo dei ori si era man
mano diradata, seppur molto lentamente. Molte persone, infa ,
si erano tra enute per condividere con entusiasmo i loro pensieri
circa il referendum.
Era oramai pomeriggio inoltrato quando gli occhi Rosa
riconobbero una gura femminile in lontananza. Le altre fanciulle
non sapevano chi fosse quella signora e non avevano idea del
perché tenesse tu e quelle scarto e tra le mani. La ragazza agitò
un braccio in aria, cercando di a rare l’a enzione della
donna. Questa strizzò gli occhi e, una volta riconosciuta la vecchia
amica, raggiunse il capannello con passo svelto. Rosa la salutò con
un abbraccio nostalgico e disse: “Da quanto tempo Agnese! Come
stai? Oggi hai avuto molto da fare immagino!”
“Era decisamente troppo tempo che non ci incontravamo! Io sto
molto bene grazie, anche se questa ma nata è stata veramente
intensa. L’a uenza al voto è stata al ssima e, ad un certo punto,
non sapevo più a chi res tuire i documen . Tu avia, sono rimasta
piacevolmente sorpresa dell’elevato interesse circa la ques one
is tuzionale e ritengo fondamentale che il maggior numero
possibile di individui possa usufruire del proprio diri o di voto.”
Rosa stava per rispondere all’amica, quando vide gli sguardi
perplessi delle altre. Allora, fece loro le dovute presentazioni. La
donna era Agnese Bonelli, una psicologa romana che spesso
svolgeva anche la mansione di scrutatore durante votazioni della
ci à. Questo par colare accese n da subito l’interesse di Teresa.
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Dopo un primo momento di conoscenza la midezza della giovane
sembrò scomparire e senza pensarci troppo chiese alla donna:
“Scusami per l’indiscrezione, ma non riesco proprio a tra enere la
mia curiosità. Poco fa stavamo discutendo sulla democrazia e, in
par colare, sull’importanza di garan re a tu gli uomini, in
quanto eguali, i diri inalienabili. Il tuo lavoro perme ere di
assistere dire amente all’espressione di uno dei tali diri , quello
di voto. Oggi avrai sicuramente potuto notare la varietà dei
votan , di entrambi i generi e di tu i ce sociali. Ti andrebbe di
raccontarci le tue esperienze e le tue considerazioni riguardo
questa tema ca?”
Non essendo originaria di Roma, Teresa non era a conoscenza
della provenienza nobiliare di Agnese e ciò le permise di
apprezzarla soltanto per il suo operato. Questo piccolo
de aglio, percepibile solo dalla donna, la compiacque a tal punto
da acce are con piacere di rispondere alla domanda:
“Personalmente, ho sempre creduto nell’uguaglianza tra gli
uomini. Ritengo, quindi, che la tutela dei diri fondamentali sia
imprescindibile all’interno di uno stato. Il raggiungimento del
su ragio universale è per l’Italia un traguardo molto importante in
quanto a ogni ci adino è stato dato il diri o di esprimere il
proprio pensiero poli co. Questo è giorno molto importante per il
nostro Paese, non ci sono dubbi. Potrei raccontarvi dei mille vol
che ho incontrato questa ma na ai seggi. Potrei parlarvi del
sen mento di solidarietà che univa i votan nelle lunghe le
d’a esa. Eppure, sento di dovervi riportare un altro episodio della
mia vita, poiché ritengo che sia più signi ca vo ascoltare una
storia non convenzionale. In par colare, intendo parlarvi
dell’unica volta in cui, in tu a la mia esistenza, ho avuto dei dubbi
circa l’universalità del diri o di voto. Ero ancora molto giovane e
inesperta all’epoca, perciò vi pregherei di non giudicare le
emozioni che provai inizialmente. Dal momento che avevo appena
conseguito la laurea in psicologia, ero stata mandata come
scrutatore in un is tuto religioso volto ad ospitare minora sici e
mentali. Quell’incarico, purtroppo, mi fece inizialmente ricredere
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sulla parità di diri degli individui. Alla vista dei pazien incapaci
di intendere e volere, mi risultò inconcepibile come queste
persone, facilmente persuasibili, potessero votare. Passai la
giornata a osservare i ricovera , i visitatori e sopra u o chi si
prendeva cura di loro. Vidi una suora, ormai segnata dall’età, che
assisteva i pazien della stru ura. La donna era ancora dedita
all’aiuto del prossimo poiché questo la faceva sen re libera. Vidi
un uomo, anch’egli anziano, accanto al le o dov’era ricoverato il
giovane glio malato. Il ragazzo non riconosceva nemmeno il volto
del padre. Queste scene mi fecero capire quanto l’amore fosse
fondamentale in un posto tanto freddo e malinconico quanto lo
era l’is tuto. Terminato il mio lavoro, mi diressi verso casa. Era
sera, perciò fa cai a trovare un tassista disponibile. Durante il
tragi o non facevo altro che pensare alla curiosa realtà della casa
di cura. Gli uomini sono tu eguali tra loro, eppure, perché è così
di cile acce are chi è diverso dal comune? Come accade per chi
ha la pelle di un colore diverso, anche chi ha una mente che
funziona in modo di erente viene discriminato. Dopo averci
ragionato a lungo, mi resi conto che le mie considerazioni iniziale
erano state troppo a re ate. Il diri o di voto va concesso
sicuramente a tu , minora e non, poiché si tra a pur sempre di
essere umani. Il vero problema delle votazioni nell’is tuto non è la
condizione clinica dei pazien . Ciò che ritengo profondamente
sbagliato è la corruzione dei degen da parte degli appro atori.
Come può un uomo chiamarsi tale se sfru a le debolezze altrui
per i propri ni? L’essere umano è arte ce del proprio male in
quanto corrompe i suoi stessi simili per scopi egois ci. Oggi, dopo
numerose rivoluzioni e fa che spese da chi ci ha preceduto,
godiamo di diri inalienabili tutela dal governo. Davan allo
stato e alla legge siamo tu uguali per diri , doveri e pene. La
legge, di per sé, è diventata sempre più pura e giusta nel corso
della storia; è l’uomo a renderla meschina, corrompendola a suo
favore. Per quanto sia libero l’uomo, la sua libertà termina quando
vengono intacca i diri altrui. Seppur sia stata un'esperienza non
ordinaria in un luogo isolato dal mondo, ho potuto osservare ciò
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che ancora manca alla grande società del ‘900: un equo
compromesso tra uomini e stato.”
Il discorso di Agnese riaccese la vivace discussione. La nuova
conoscente si sen subito par colarmente coinvolta, tanto quanto
Rosa e le altre ragazze. La conversazione si protrasse no a
quando Greta, stanca di stare in piedi, propose di entrare nel
locale di fronte a loro, per accompagnare il discorso con un buon
ca è. Le donne acce arono volen eri e, dopo quelle parole, si
diressero tu e insieme verso il bar.
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Il parlamento si riunì per la prima volta
nella Sala della Lupa, a Palazzo del Montecitorio, il 10
giugno 1946. La cerimonia, breve e austera, dichiarava
u cialmente i risulta del referendum.
Era l’inizio di una nuova era, per l’Italia e per i suoi ci adini. Era
nata, celebrata da comizi in tu e le piazze del Paese, la Repubblica
Italiana.
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COMMENTI PERSONALI
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Aurora Merisi
Giorgia More
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quanto sia diverso dall’elaborato degli altri compagni. Non ritengo
che un’elaborazione ampia e arricchita con approfondimen sia
necessaria in quanto in classe si è parlato di educazione civica in
ogni materia e di conseguenza il bagaglio per questo elaborato era
già ricco abbastanza.
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