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INDICE

Prefazione 4
Riferimen al percorso di educazione civica 6
Presentazione dei personaggi 7
Racconto 14
Commen personali 35

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Liceo Don Milani, Romano di Lombardia

Elaborato di Educazione civica di Elisa Ar na,


Aurora Merisi, Giorgia More ,
Silvia Plaku e Altea Zyberi.

Classe V ESA

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PREFAZIONE

Il racconto che segue questa prefazione cos tuisce l’elaborato


conclusivo del proge o di Educazione Civica. La tra azione
proposta ha lo scopo di sinte zzare alcune delle tema che
analizzate nelle diverse discipline coinvolte nel proge o. A
par re dall’anno scolas co 2020/2021, infa , l’insegnamento di
Educazione Civica è obbligatorio in tu i gradi dell’istruzione, a
par re dalle scuole dell’infanzia. L’obie vo è quello di fornire
agli studen gli strumen per conoscere i propri diri e doveri,
al ne di formare ci adini responsabili e a vi che partecipino
pienamente e con consapevolezza alla vita civica, culturale e
sociale della loro comunità. La scelta di u lizzare il racconto
come forma espressiva dei conce appresi non è casuale. Esso,
infa , consente di riassumere in un unico testo molteplici
opinioni. Inoltre, la presenza di dialoghi frequen consente di
sviluppare i temi in maniera democra ca e dinamica, secondo
una costruzione graduale e colle va del pensiero comune. La
libertà, la democrazia e il diri o possono essere compresi
pienamente solo tramite un processo indu vo, che parte
dall’esperienza personale di ogni individuo per poi giungere ad
una conclusione unanime. Una mera esposizione dei contenu ,
secondo il gruppo, sarebbe stata ridu va e poco a nente alla
realtà, poiché scollegata da essa e priva di una tra azione
cri ca.
Per quanto riguarda la par zione del lavoro, ogni componente
del gruppo ha sviluppato un personaggio, il quale ha assunto i
tra della personalità dell’individuo stesso. La suddivisione del
materiale da approfondire è stata eseguita secondo i gus
personali di ogni componente, di modo da rendere la
tra azione più gradevole. Questa scelta è stata
de ata principalmente dalla volontà di dare un’impronta
sogge vis ca all’elaborato.
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Nella presentazione delle protagoniste vengono narrate le storie
di ognuna di loro, le quali sono associate agli even più
signi ca vi che hanno portato alla formazione del loro pensiero
cri co. La le ura di questa sezione dell’elaborato non è
fondamentale ai ni della comprensione del racconto, tu avia è
stata inserita poiché, grazie ad essa, è stato possibile dare
maggiore profondità e veridicità alla storia. Invece, la
conoscenza del contesto storico in cui è ambientata la
narrazione risulta fondamentale al ne di comprendere il
dialogo che si svolge tra le giovani donne. In un Paese in cui
la forma di governo non era ancora stata de nita e
la Cos tuzione non era stata reda a, tu potevano esprimere
la loro opinione in merito a ques temi. Si tra ava di una
situazione nuova, che non risen va dell’in uenza di una carta
cos tuzionale moderna già esistente. Inoltre, l’esperienza della
Seconda guerra mondiale, aveva messo in luce quanto la tutela
dei diri umani fosse importante all’interno d società.
In ne, l’elaborato di Educazione Civica si conclude con i
commen personali di ogni componente ineren al percorso
svolto durante le ore scolas che.

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RIFERIMENTI AL PERCORSO DI
EDUCAZIONE CIVICA

All’interno del racconto sono presen i seguen riferimen :


1) Seconda lezione di Cosmopolites (intervento di Marta Cartabia).
2) Il proge o kan ano di una pace perpetua.
3) La matema ca è poli ca, Chiara Valerio.
4) Dichiarazione d’Indipendenza Americana e Carta dei diri .
5) La giornata d'uno scrutatore, Italo Calvino.

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PRESENTAZIONE DEI
PERSONAGGI

Maria Anderson

Maria Anderson è una giovane siciliana di 22 anni. Nata e


cresciuta nella campagna palermitana, è glia di braccian e
ul ma di cinque fratelli. La dilagante povertà del Sud
Italia ha segnato irrimediabilmente la sua infanzia. Fin da
bambina si è sempre prodigata a nché il suo mantenimento
non gravasse sulle nanze della famiglia. Quest’ul ma, infa ,
versava in di cili condizioni economiche. Ogni ma na si alzava
al canto del gallo e si a acciava alla nestra per vedere i suoi
fratelli già inten ad arare la terra e seminare il grano. Prima di
andare a scuola, dava un bacio alla madre e salutava il padre
con un gesto della mano. Maria amava la sua famiglia, ma
la monotonia della vita di campagna era assai opprimente per
lei. Dopo le lezioni, si recava dalla sarta del paese per
guadagnare qualche spicciolo. Seguiva con a enzione ogni
movimento della donna e, mentre cuciva e ricamava, sognava di
poter indossare quei favolosi ves . Si immaginava per le strade
di una grande ci à, illuminata dalla luce dei lampioni, con
indosso uno di quegli abi
scin llan . Desiderava fuggire, viaggiare e conoscere il
mondo. Il suo sogno sembrò avverarsi quando il maggiore dei
fratelli, Giovanni, annunciò con erezza che si sarebbero
trasferi negli Sta Uni in cerca di maggiore fortuna. Era una
fredda no e di novembre quando Maria, appena
quindicenne, si imbarcò insieme alla sua famiglia sul volo delle
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sei, alla volta del nuovo mondo. Raggiunta la ver ginosa New
York, la ragazza si ambientò rapidamente, mostrando n da
subito un'inclinazione all’apprendimento delle lingue straniere.
All’età di vent’anni conobbe il tenente Henry Anderson e i due si
sposarono l’anno dopo. Con lo scoppio della Seconda Guerra
Mondiale, però, lui dove e par re in missione per la Sicilia e lei
rimase sola in una grande casa vuota. Per ingannare il tempo
decise di intraprendere gli studi di lingue presso l’università di
New York, ma nemmeno la lezione più interessante riusciva a
distrarla dalla mancanza di Henry. Stanca dell’assenza del
marito, pochi mesi dopo la sua partenza decise di raggiungerlo
in Italia. Abbandonò così la prospe va di una vita serena a New
York e si trasferì a Roma. Si potevano vedere solo
sporadicamente dal momento che lui era in servizio, tu avia
saperlo vicino a lei le riempiva il cuore di gioia. Tu avia, se da
un lato il suo cuore era sempre colmo di felicità per la vicinanza
con l’uomo amato, della sua pancia non si poteva dire lo
stesso. Per un lungo periodo non aveva trovato occupazioni
poiché, in tempi di guerra, le domande di lavoro scarseggiavano.
L’economia italiana dava segni di cedimento e per lei sembrava
prospe arsi un’avvenire di cile. Il miracolo avvenne quando,
oramai rassegnata alla sua condizione di povertà, venne
conta a da una facoltosa commerciante romana
che necessitava di una segretaria al suo anco. La sua
conoscenza impeccabile della lingua inglese l’aveva resa famosa
nel quar ere e Rosa Fabrizzi in persona si era presentata
alla porta della sua misera abitazione per o rirle un posto
di lavoro. Da allora la sua vita era migliorata molto e le due
erano diventante colleghe, oltre che amiche e con den .

Rosa Fabrizzi

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Rosa Fabrizzi è una ragazza che appar ene alla bassa borghesia
romana. Il padre era uno dei commercian più importan della
capitale e possedeva diversi esercizi lungo Trastevere. Prima di
tre sorelle, Rosa ha trascorso la sua infanzia tra le scatole e gli
imballaggi del negozio di famiglia. Ogni sera, prima di tornare a
casa, osservava con interesse il padre che contava gli
incassi della giornata. Scriveva ogni cifra sul registro di
contabilità e, senza u lizzare la
calcolatrice, annotava rapidamente somme e di erenze. Il suo
interesse per la matema ca crebbe sempre più e ben presto
fare i calcoli divenne il suo gioco preferito. Passava le sue
giornate a contare e ricontare i sanpietrini di via Os ense,
mentre la madre sbrigava delle faccende nella bo ega. Quando
il padre venne a mancare per un incidente, lei aveva poco più di
dieci anni. Da allora non fu più la bambina allegra e spensierata
di un tempo. Grazie alle sue abilità nell’aritme ca, a soli quindici
anni divenne la proprietaria degli esercizi paterni e si imba é in
una realtà tu ’altro che onesta. Questo la portò a sviluppare
una personalità tenace e obie va. Ben presto comprese che
ogni sua debolezza poteva essere usata contro di lei, perciò
decise di mostrare il suo lato più comba vo. Non si fece
persuadere dalle alle an proposte dei malavitosi e si votò alla
gius zia, talvolta anche a costo della sua stessa incolumità. La
sua fede nella scienza dei numeri era incrollabile e la
accompagnava in ogni sua decisione. Non credeva nelle illusioni
della poli ca e della religione, dal momento che né lo stato né
Dio avevano saputo aiutarla nei momen più di cili. Sognava
un’Italia democra ca e libera dalla guerra, fondata
sull’uguaglianza e sulla dignità dell’uomo. Era fermamente
convinta che, se il procedimento matema co fosse stato
applicato alla realtà poli ca italiana, si
sarebbe potuta costruire una forma di governo ragionevole e
dinamica, nel rispe o di ogni singolo ci adino.

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Teresa Lombardi

Teresa Lombardi è una giovane donna di umili origini. Nata nelle


campagne dell’entroterra ligure, la ragazza è cresciuta in una
modesta famiglia di contadini. Da bambina poneva mille
domande ai suoi fratelli, ma nessuno di loro sapeva darle le
risposte che cercava. I suoi genitori passavano giornate intere
so o il sole cocente. Aravano, seminavano e zappavano senza
sosta, per poter sfamare la loro numerosa prole. Dal momento
che nessuno poteva badare a lei, la piccola Teresa si rifugiava
nello scan nato di casa e sfogliava i vecchi libri del padre. Non
sapeva ancora leggere, eppure, le bastava osservare tu e quelle
parole per rimanere incantata. Quando iniziò a frequentare la
scuola elementare, le si aprirono le porte per il magico mondo
della le eratura. Alba, la maestra, l’aveva presa a cuore e
spesso la aiutava dove le scarse nanze della famiglia non
potevano. Ogni lunedì, alla ne delle lezioni, la donna le
prestava un libro da leggere che la piccola riconsegnava il
venerdì della se mana stessa. Grazie all’importante contributo
della donna, Teresa ebbe la possibilità di frequentare il liceo
classico. La ragazza manifestava un profondo interesse verso
ogni forma d’arte e di sapere, in par colare verso la
loso a. Capitava che, nelle domeniche libere, si svegliasse
presto la ma na per raggiungere la stazione di
Castelvecchio. Con i pochi spiccioli che aveva conservato,
comprava un biglie o e prendeva un treno per Savoia. Lì
trascorreva l’intera giornata nella biblioteca Barrili, circondata
da libri di ogni genere. I lunghi viaggi in treno la rilassavano e le
perme evano di evadere dalla monotonia della vita di paese.
Guardava fuori dal nestrino e, con aria assorta, memorizzava
ogni fotogramma. Aveva sempre avuto una memoria
straordinaria. La sua mente fermava le immagini come una

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macchina fotogra ca e ne ricorda i de agli anche dopo anni. Ciò


che spiccava a primo impa o, però, era la sua midezza, che
talvolta la rendeva impacciata e molto maldestra. Per
questo mo vo, le fu molto di cile ambientarsi nel nuovo
ambiente universitario. Infa , una volta diplomata,
Teresa aveva inves to i guadagni di una vita nella sua
istruzione e si era a Roma per studiare loso a.

Greta Sala

Greta Sala è una giovane studentessa di giurisprudenza della


Sapienza di Roma. È nata nel Vigen no, uno dei quar eri della
periferia meridionale di Milano. Lì ha trascorso un’infanzia
serena e spensierata, circondata dal calore della sua piccola
famiglia. Essendo glia unica, il suo compagno di giochi
preferito era il padre. Lui era sempre presente per lei ed il loro
legame era molto forte. Spesso, prima andare a le o, le leggeva
alcune pagine del suo libro preferito e la piccola si
addormentava accompagnata dal suono di quei raccon
fantas ci. Crescendo, però, il loro rapporto era cambiato. La
colpa non era di Greta, la quale, a di erenza dei suoi coetanei,
non si preoccupava di nascondere l’a e o per i genitori. Era il
padre ad essersi gradualmente distaccato dalla famiglia. In
par colare, aveva assunto dei comportamen vaghi e misteriosi
che preoccupavano sia la moglie che la glia. La verità venne
presto rivelata quando una sera, alla porta di casa Sala,
bussarono prepotentemente due uomini. Greta aveva solo
sedici anni all’epoca. Quando, scendendo le scale, si trovò di
fronte a quell’orribile scena, iniziò a trema spasmodicamente. I
due avevano aggredito il padre e lo avevano minacciato con una11
pistola. Tra un’imprecazione e l’altra, citavano cer a ari ai quali
la madre reagiva con espressioni di stupore e spavento.
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L’uomo, da tempo, era coinvolto in a ari malavitosi dai quali


non riusciva a dissociarsi. L'episodio di quella sera diede inizio
ad un periodo buio per la famiglia, la quale subiva
ingiustamente le conseguenze delle azioni del padre. La
situazione raggiunse il culmine della sua dramma cità quando
l’uomo venne a mancare, vi ma di una sparatoria. La
disperazione delle due donne era indescrivibile, tanto che la
madre volle allontanarsi il più possibile da Vigen no, da Milano
e dalla Lombardia stessa. Si trasferirono a Roma, da una cara zia
paterna che aveva insis to a nché si trasferissero da lei. Dopo
qualche anno, la madre si risposò con un noto avvocato
romano. Greta ricordava il padre con a e o e rammarico.
L'ingius zia subita aveva segnato profondamente la ragazza e
questo la spinse a intraprendere gli studi di legge, anche grazie
all’aiuto del patrigno. Per onorare il padre, decise di dare del
suo meglio, e divenne poi una delle prime donne ad entrare in
magistratura.

Agnese Bonelli

Agnese Bonelli è una donna romana di nobili origini. Ha vissuto


un’infanzia agiata, in una grande villa dai giardini in ni . Ogni
giorno ba beccava con la sorella Anna, ma bastava una fe a di
torta o qualche proposta stramba per riportare subito la
pace. Pur essendo Anna la maggiore, Agnese non aveva mai
avuto more di seguire le sue idee, anche se questo spesso
comportava contraddire la sorella. Le due, n da
piccole, erano state a date a Pia, la vecchia balia.
L’anziana vedeva in quelle bambine le glie mai aveva potuto
avere. Finite le lezioni, le giornate trascorrevano tranquille e
Agnese si dedicava alle sue passioni. Tra queste, quella
che sicuramente la entusiasmava di più era la
moda. Disegnava ves dai mille colori e si diver va ad usare
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Anna come manichino. Per volere della madre, intraprese gli
studi di psicologia. La donna, infa , desiderava che la glia
seguisse le sue orme, nel tenta vo di garan rle il successo che
lei stessa aveva avuto nel mes ere. Questo per Agnese
signi cava rinunciare all’idea di fare della moda il suo lavoro.
A causa del suo cognome nobiliare, la
ragazza era spesso ogge o di pregiudizi da parte dei
conci adini. Per questo mo vo ha sempre cercato di dare
il meglio di sé, nella speranza che le persone notassero prima le
sue capacità che i possedimen famigliari. Nonostante lo
studio e i diversi impegni, cercava sempre di ritagliarsi del
tempo per fare proge . Appena aveva un momento
libero, abbozza l’ennesimo abito sul grazioso quadernino
regalatole dalla sorella. O enuta la laurea, Agnese ha
iniziato anche ad interessarsi di poli ca, intervenendo
a vamente all’interno della sua ci à. Infa , la guerra l’aveva
segnata a tal punto da voler impiegare tu e le sue forze per la
costruzione di un futuro migliore. Inoltre, la giovane donna era
anche una scrutatrice. Questo impiego, unito alla
specializzazione in psicologia, le ha permesso di vivere
esperienze signi ca ve.

Nota: i personaggi appena descri sono sta idea da Elisa


Ar na (Teresa Lombardi), Aurora Merisi (Greta Sala), Giorgia
More (Agnese Bonelli), Silvia Plaku (Rosa Fabrizzi) e Altea
Zyberi (Maria Anderson).

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RACCONTO

Roma, 2 giugno 1946

Era una calda giornata d’estate quella del 2 Giugno 1946. In altri
tempi, la ci à sarebbe stata completamente deserta. I romani,
infa , amavano trascorrere le loro vacanze tra gli ombrelloni
colora del Lido di Os a o so o gli alberi della Pineta di Fregene,
al riparo dalla calura es va. Le grandi folle che animavano la
metropoli in primavera, lasciavano spazio al vagabondare solitario
di qualche cane randagio. Le orde di turis , che gremivano i
celebri edi ci storici, erano sos tuite da girovaghi
e senzate o che erravano al cci in cerca di un pezzo di pane o di
una asca di vino. Quell’anno, però, tu o era diverso. Le vacanze
romane non sembravano più così alle an in confronto all’evento
epocale che si prospe ava. La capitale era in fermento e nell’aria
aleggiava un sentore di rivoluzione. Mol ancora non lo sapevano,
ma quella domenica sarebbe divenuta uno dei giorni
più celebri nella memoria dei posteri. L’agitazione era palpabile,
come si poteva percepire dagli sguardi tesi dei
passan . Un giovine o in Piazza del Popolo urlava: " Giornali
freschi di stampa! A re atevi! Non perdetevi le ul me no zie!”,
mentre i funzionari comunali sì a accendavano a compilare
scarto e all’interno delle sedi ele orali. Un fa o era chiaro a
tu : il 2 giugno sarebbe stata una giornata decisiva per le sor
del Paese. Esaurito il ventennio di di atura fascista, infa , l’Italia
si era trovata di nuovo senza una forma di governo
de ni va. Inoltre, l’orrore della Seconda guerra mondiale aveva
mosso nei cuori degli uomini poli ci la volontà di redigere una
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nuova carta cos tuzionale, in sos tuzione allo Statuto
Alber no allora vigente. A tal proposito, in tu i comuni della
penisola, gli italiani furono chiama alle urne per stabilire quale
sarebbe stata la nuova forma is tuzionale dello stato. Il
referendum prevedeva due opzioni ben dis nte, le quali erano
rappresenta ve dei maggiori schieramen presen in Italia circa la
ques one poli ca. Da una parte vi erano i sostenitori della
Repubblica, i quali rivendicavano l’esigenza
di un superamento dras co del modello poli co-culturale che
a dava alla con nuità dinas ca della monarchia sabauda la tutela
ed il mantenimento dei valori nazionali. Dall’altra, invece, vi erano
i sostenitori della monarchia, i quali vedevano nel dominio dei
Savoia l’unica forma di governo che avrebbe portato prosperità
nel Paese. Esisteva quindi una spaccatura profonda, fortemente
disegnata su basi geogra che, tra il Nord, a maggioranza
repubblicana, ed il Sud, a maggioranza monarchica. Tu avia, se sul
fronte is tuzionale vi erano opinioni contrastan , su
quello cos tuzionale non vi erano dubbi. L’elezione dei deputa
della nuova Assemblea cos tuente aveva raccolto un consenso
unanime sia da parte dei poli ci che da parte dei ci adini. Questo
organo legisla vo avrebbe avuto poi il compito di
redigere una nuova Cos tuzione, nel rispe o dei diri umani
fondamentali che tanto erano sta degrada durante
il secondo con i o mondiale. Ciò che però rendeva ancora più
sensazionale questo evento erano le modalità con il quale
sarebbero avvenute le votazioni. Per la prima volta nella storia
italiana, infa , la società avrebbe sperimentato le libere elezioni a
su ragio universale maschile e femminile. Il diri o di voto, prima
concesso solo ad una ristre a percentuale della
popolazione, sarebbe stato garan to a ogni uomo o
donna a par re dai ventun anni d’età, indipendentemente dalla
loro condizione sociale o economica. Quello che stava avvenendo
nel Paese era un vero e proprio cambiamento radicale,
una rivoluzione poli ca e legisla va votata al progresso e alla
modernità. Nelle piazze di Roma, come in quelle di tu e le ci à
italiane, s lavano cortei di persone appartenen
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a di eren ce sociali. Il povero contadino, con la camicia buona
della domenica, si recava alla sede ele orale accanto al
notaio ben pe nato. La nobildonna, ves ta di tu o punto,
votava accanto all’umile massaia ricoperta di farina. Un
sen mento corale di uguaglianza legava tu e quelle anime,
nell’espressione di un popolo unito in nome dell’Italia.
L’entusiasmo contagioso dei giovani
ele ori romani riecheggiava in tu a la capitale. Finalmente, dopo
anni di dolore e precarietà, sì prospe ava un futuro migliore per le
nuove generazioni. Dal momento che l’a uenza alle votazioni
era al ssima, mol avevano preferito recarsi ai seggi di prima
ma na o rimandare il dovere al giorno seguente. Tra coloro che
avevano deciso di an cipare gli assembramen vi era anche
Greta. La ragazza si era svegliata all’alba ed era uscita di fre a dal
suo appartamento. Lungo la strada verso la sede ele orale, si era
compiaciuta segretamente di una scri a che oramai da
se mane sve ava su un muro del quar ere di Villa Certosa. Essa
recitava “abbasso i Savoia, votate per la Repubblica”. Si
tra ava chiaramente di un a o di vandalismo,
tu avia Greta, dentro di sé, sperava che gli italiani seguissero il
consiglio di quei delinquen . Arrivata ai seggi, aveva consegnato la
sua tessera ele orale ad una giovane donna, la quale aveva
preferito tra enere momentaneamente il documento al ne di
accertarsi della sua vera iden tà. D’altronde, si era appena
trasferita da Milano e il suo sguardo un po’ austero di certo non
inspirava ducia. La scheda ele orale che le venne consegnata
riportava la dicitura “apporre un segno a anco del contrassegno
prescelto” e lei, senza esitazioni, marcò quello della
repubblica. Dopo aver votato, in lò nell’urna il foglio
ripiegato e sigillato. Quando uscì dalla sede, si trovò di
fronte ad uno spe acolo senza preceden . La piazza era stracolma
di gente. Vi era un ammassamento tale da far invidia ai
centurioni dell’an ca Roma. Tirò un sospiro di sollievo al pensiero
di aver an cipato tu e quelle persone. Decise di recarsi in Campo
de’ ori, nella speranza di eludere la folla. Ben presto comprese
che il suo tenta vo era stato vano. Le bancarelle del mercato
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erano assediate da uomini e donne inten a studiare la merce.
Mentre camminava lentamente nella ressa, qualcosa ca urò la
sua a enzione. Ai suoi piedi era rotolato un piccolo ogge o che,
ri e endo la luce solare, brillava intensamente. Lo raccolse e,
prima ancora che potesse vederlo chiaramente, capì che si
tra ava di un rosse o. Volse lo sguardo alla sua destra e vide una
ragazza che, con fare smarrito, scrutava il lastricato in cerca
dell’ogge o perduto. Aveva già alzato il capo al cielo, in segno di
resa, quando Greta le toccò la spalla. Lei trasalì dallo spavento, ma
quando riconobbe la compagna d’università un sorriso si fece
strada sul suo volto. Si portò una mano al pe o
ed esclamò: “Greta mi hai spaventata! Oh, sono così felice di
veder ! Sono sempre la solita sbadata, ho perso il mio...”. Prima
che potesse concludere la frase, l’amica le porse il
rosse o e le disse ridendo:
” Cercavi forse questo? Sei sempre la solita maldestra, Teresa. Il
giorno in cui non cadranno più gli ogge dalle mani
probabilmente inizierà a piovere oro dal cielo.”
“Oh, andiamo, parli come mia madre. Non farmi anche tu la
ramanzina ora, che questa ma na non sares la prima” disse con
aria sconsolata.
“Che è successo stama na? E perché stavi me endo il rosse o
in mezzo a tu e queste persone?”
“Oggi non ne ho combinata una giusta, credimi. Mentre mi
trovavo in la per votare, una delle scrutatrici mi ha indicato con
un cenno ai suoi colleghi. Io non riuscivo a capire cosa avessi di
tanto strano rispe o agli altri. Mi sono controllata il cappo o, il
cappello e per no le scarpe. Nulla mi é sembrato fuori posto,
alche ho deciso di ignorare le loro occhiate eloquen . Pochi minu
dopo, il presidente di seggio mi ha fa o cenno di raggiungerlo
e, quando sono arrivata da lui, ha iniziato uno sproloquio sulla mia
sconsideratezza nell’indossare il rosse o alle votazioni. Infa , se
nell’ume are la scheda l’avessi macchiata con il cosme co, il mio
voto sarebbe stato invalidato. Inu le dir che ho passato ben ven
minu a scusarmi con tu i funzionari presen per la mia
imprudenza. Tu eri a conoscenza di questa indicazione?”
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“No, sinceramente no. Fortuna vuole che stama na fossi in
ritardo, quindi non ho avuto tempo di pensare al
trucco. Comunque, non avrei mai voluto essere al posto tuo.”
“Già, nemmeno io avrei voluto subire questa umiliazione. Tu e le
signore mi guardavano come se fossi una poco di buono. Sarei
scoppiata in lacrime se non fosse che ero troppo entusiasmata
all’idea di votare. Non posso ancora crederci Greta! Abbiamo
votato, noi, noi donne! Questa concessione è un vero e
proprio a o rivoluzionario, non credi?”
“Più che una concessione, oserei dire che si tra a di una ba aglia
vinta. La conquista dell’uguaglianza giuridica è fru o di un
cammino lento e irto di ostacoli, avvenuto in un periodo di
grandi even storici che hanno coinvolto le donne come mai si era
visto prima. Erano anni, infa , che le su rage e italiane si
ba evano al ne di perorare la loro causa. Non sempre purtroppo
i diri vengono concessi dallo Stato ed è proprio
in queste occasioni che risulta vitale comba ere.”
“Credo che tu abbia ragione, mi sono espressa in maniera
scorre a. Il termine “concessione”, oltre ad essere improprio, è
anche profondamente irrispe oso nei confron di tu e coloro
che hanno lo ato per la conquista dei nostri diri . Una delle
gure più a ve nel rivendicare il voto alle donne è stata la
pedagogista Maria Montessori. Ricordo di essermi imba uta
in un suo ar colo mentre leggevo un vecchio giornale di mio
padre, quando ancora abitavo in campagna con la mia famiglia.”
“So che muori dalla voglia di raccontarmi ciò che ricordi di
questo ar colo, conosco n troppo bene quell’espressione. La tua
incredibile memoria fotogra ca non sme erà mai di stupirmi.”
Teresa gongolò compiaciuta: "In realtà ricordo solo il nome del
quo diano, “La Vita”, e la frase: "Donne tu e sorgete! Il vostro
primo dovere in questo momento sociale è di chiedere il voto
poli co”. Ero rimasta molto colpita da queste parole e solo
ora e e vamente ne comprendo il reale valore.”
“Un giorno mi svelerai il segreto per memorizzare ogni frase che
leggi?”.
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“Solo se tu mi insegnerai ad essere meno
maldestra. Comunque, mi auguro che la conquista
dell’uguaglianza giuridica sia solo l’inizio di un percorso volto alla
parità di genere. Lo sapevi che le donne non
possono ancora accedere all’esercito o ad alcuni corpi di polizia?”
“Purtroppo, ne sono a conoscenza, che ingius zia! Siamo forse più
deboli dei solda che hanno comba uto al fronte? Forse non
sanno che, pur rimanendo a casa, abbiamo lo ato quanto loro.
Ciò che più mi preoccupa di più, però, è l’impossibilità per noi di
accedere alla magistratura. Sai bene quanto vorrei diventare un
magistrato, ma ad oggi questa prospe va mi
sembra impossibile. Studio giorno e no e per realizzare il mio
sogno, dedico tu a me stessa alla giurisprudenza. Eppure, questo
pare non bastare. E perché? Perché sono nata donna?”
“I tuoi studi non saranno vani, credimi. Sei la migliore del tuo
corso, lo sanno tu in università. Non abba er in questo
modo, sai che veder così triste incupisce anche me. Sappi che
starò sempre vicina e lo erò con te a nché questa
situazione possa cambiare. E come diceva il buon vecchio Eraclito”
Bisogna volere l’impossibile, perché l’impossibile accada”.
“Tu e le tue citazioni loso che mi farete impazzire prima o
poi. Ciò che dici, però, mi conforta molto. Sono così grata di avere
un’amica come te al mio anco.” disse Greta con gli occhi lucidi.
Teresa le mise una mano sulla spalla e, sorridendo, disse: "Suvvia,
non abbandoniamoci ai sen mentalismi. È un grande giorno
questo, sia per noi che per il paese. Dovremmo
festeggiare brindando alla nuova Italia!”
“Come dar torto, Teresa. Non trovi che questa situazione abbia
dell’incredibile? Siamo circondate da un mare di persone, in una
delle piazze più belle di Roma. La guerra è nita e le donne, per la
prima volta nella storia dell’Italia, hanno votato. Noi, ragazze con
più sogni che soldi in tasca, s amo intra enendo una
conversazione sul diri o in pubblico, senza il more
di esprimere le nostre opinioni”.
Lo sguardo di Teresa all’improvviso si fece cupo e con
voce malinconica disse: "Incredibile come ora abbiamo
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tu e queste libertà, quando no a poco più di un anno fa non ne
veniva garan ta nemmeno una. È proprio vero che il diri o nasce
dall’esperienza dell’ingius zia. Sono chi si vede privato dei propri
diri , infa , può comprendere quanto essi siano essenziali per la
vita di ogni individuo.”
Le due ragazze rimasero in silenzio per qualche secondo. Il
dramma della guerra era ancora vivo nei loro cuori e nelle loro
men . Forse, con il tempo, quel ricordo sarebbe svanito e avrebbe
lasciato posto alle gioie della vita. Quel giorno, però, non era
ancora arrivato. Certe no , quando il sonno tardava ad arrivare,
ripensavano a ciò che avevano passato. Ricordavano la fame, il
freddo e la costante paura di non poter vedere di nuovo il sole
nascere all’orizzonte. La memoria che più di tu e le angosciava
era quella dell’allarme bomba. Una sirena stridula e
assordante annunciava il bombardamento, come a presagire un
evento nefasto. Allora, dovevano correre. Gli edi ci intorno a loro
crollavano e il cielo terso lasciava spazio ad una densa nube di
polvere. Dovevano essere più veloci dei nemici. Dovevano
essere più veloci della morte.
Greta ruppe il silenzio con un sospiro. Rivolgendo uno sguardo
sconsolato all’amica, disse: “Perché l’uomo deve ricorrere alla
guerra per risolvere i suoi con i ? E perché si creano tali
contras ? Non sarebbe più semplice e meno deleterio
col vare l’unione e la fratellanza? Tu qui sappiamo quanto la
guerra possa essere distru va, perciò, a quale ne perseguirla?”.
Teresa, allora, le rispose: "A tal proposito, vorrei espor il pensiero
di uno dei loso che più ammiro. Lo so, niamo sempre per
parlare di Kant quando ci incontriamo. Oh, andiamo, non fare
quella faccia! Ti prome o che questa volta non annoierai. La
risposta alla tua domanda è no, l’uomo non può evitare i
con i . Esso, infa , tende all’uguaglianza e alla fraternizzazione
tanto quanto tende allo scontro. L’aggregazione in comunità non è
de ata da una ducia cieca o da un is nto sociale, ma
piu osto da duplice sen mento di interesse e circospezione. Per
le s de più complesse della vita,
infa , l’essere umano tende a congiungersi ai suoi
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simili, sviluppando così una propensione ad associarsi. La
vita comunitaria, però, può essere un freno per la libertà
dell’individuo, dal momento che esso vorrebbe a ermare la
propria persona sulle altre. Quindi, oltre alla volontà di
aggregazione, si sviluppa anche una volontà di separazione. Kant
de nisce questa contrapposizione come “insocievole
socievolezza”: l’uomo la ha necessità di vivere insieme ad altri
individui ma al tempo stesso vorrebbe comandare su di
essi. Questo porta inevitabilmente alla creazione di con i , i quali
però sono assolutamente necessari ai ni del progresso umano.”
“Come può una guerra portare ad un miglioramento della
società?”
“La guerra è solo una delle tante modalità con le quali possono
essere risol i con i . Kant la descrive come un mezzo immorale
e irrazionale per chiarire le contese. Essa può diventare strumento
di pace solo nel momento in cui coloro che l’hanno comba uta ne
ricavano una spinta all’unione e alla solidarietà. Il losofo auspica
la creazione di una pace perpetua tra sta , la quale sarebbe
regolata da un diri o internazionale. La creazione di una
conciliazione duratura, però, impedirebbe esclusivamente lo
scoppio di con i arma , non quello di diverbi. Lo scontro, infa ,
inteso nella sua accezione generale e posi va, è essenziale
a nché l’uomo possa sviluppare compe vità e pensiero
cri co.”
“Oh, ora ho compreso. Mi trovo totalmente d’accordo con il suo
pensiero. La Seconda guerra mondiale, per quanto terribile, è
servita da monito alle nuove generazioni dell’Italia e del mondo. Il
sen mento di unione e pace che lega tu noi in questa piazza non
può che essere il fru o della consapevolezza acquisita dopo il
con i o. Le popolazioni coinvolte, infa , hanno preso
coscienza dei danni che alcune ideologie hanno portato. Il
fascismo e il nazismo sono sta due movimen che hanno privato
il popolo dei diri umani e hanno seminato il terrore tra la gente.
Nessuno era al sicuro, tu correvano il rischio di essere
perseguita . Le leggi razziali limitavano le libertà degli ebrei e di
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chiunque familiarizzasse con loro.
Erano ordinamen profondamente ingius , i quali a mol
sembravano leci solo perché venivano alimenta da propaganda
e populismi.”
“Le leggi possono essere ingiuste? Non dovrebbero essere votate
alla gius zia per de nizione?”
“Purtroppo, sì, le leggi possono essere ingiuste. Ciò che è successo
ne è la riprova e, disgraziatamente, non vi è alcuna garanzia che
questa situazione non si ripresen di nuovo in futuro. Per questo
mo vo, è bene non abbassare la guardia.”
“Secondo te, chi dovrebbe giudicare le leggi di un
paese? Qualcuno dovrà pur assumersi la responsabilità
di ispezionarle! Francamente, è inammissibile che non si possano
contestare le leggi quando queste violano le libertà fondamentali
dell’individuo. Oserei dire che è un dovere morale di ogni ci adino
non so oscrivere una legge che non si può de nire
universalmente giusta.”
“Secondo il mio parere, occorrerebbe is tuire un organo
governa vo che possa regolare le leggi e giudicarle in quanto
tali. Anche in vista della redazione di una nuova cos tuzione, è
bene che sia presente un'is tuzione deputata alla sua tutela. I
bene ci per il Paese sarebbero mol , credimi. Sogno un’Italia più
democra ca e libera, nella quale le persone possano sen rsi parte
di una comunità viva e rispe osa. Sogno un’Italia svincolata da
di ature e da regnan incapaci di preservare i diri fondamentali
dei ci adini.”
"Come dar torto Greta! Il periodo fascista, con le sue leggi
paradossali, è stato profondamente deleterio per noi e per il
nostro Paese. Sicuramente, in futuro, verrà fondata un’is tuzione
volta al controllo delle leggi e alla tutela
della nostra nuova Cos tuzione. Non è ammissibile
che la soppressione delle libertà fondamentali e la
mancata partecipazione popolare alle decisioni pubbliche si
ripresen no in futuro. A questo proposito, spero vivamente che le
votazioni di oggi diano come esito l’ordinamento repubblicano.”
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“Lo spero anche io. Ripongo molta ducia nel popolo italiano,
sopra u o nei giovani come noi. D'altronde, chi preferirebbe uno
stato accentratore rispe o alla Repubblica?”
“Chi non ha a cuore i propri diri e nemmeno il bene del Paese.
La repubblica è sicuramente il miglior ordinamento poli co
esistente, come a ermava anche Kant d’altronde. Ricordi la pace
perpetua di cui ho parlato prima? Ecco, l’ordinamento
repubblicano è uno dei tre requisi fondamentali al ne di
realizzarla. Ora, pensa a tu i con i che si sono sussegui
nel corso della storia. Ri eni che siano scoppia per volere dei
poten o per volere della umile gente?”
“Chiaramente le guerre non hanno avuto inizio per volere dei
poveri ci adini. A meno che non si tra di rivoluzioni popolari, le
contese hanno sempre avuto inizio a causa dell’insaziabile
desiderio di potere dei sovrani. Quest’ul mi, infa , non si curano
mai delle conseguenze dei loro giochi di potere, dal momento che
non ne subiscono i danni in prima persona.”
“Esa o! È proprio questo il punto! La scelta circa l’e e uazione
della guerra dovrebbe essere presa da coloro che ne pagano
dire amente le conseguenze. Se ciò accadesse, vi sarebbe una
dras ca diminuzione delle os lità. I ci adini, infa , consci della
distruzione che provoca un con i o, tenderebbero a voler evitare
gli scontri arma . Il Paese dovrebbe assumere un ordinamento
repubblicano a nché la popolazione abbia la possibilità
di decidere liberamente se aderire o meno alla guerra.
Fondamentale risulta la presenza di un parlamento ele vo, il
quale ha il compito di rappresentare ogni singolo individuo della
comunità, in un’o ca di libertà e uguaglianza. Solo il libero
esercizio pubblico della ragione e dello spirito cri co, infa , può
generare le condizioni a nché uno Stato ripudi i con i . La
libertà, l’esercizio pubblico della ragione e lo spirito cri co
sono essenziali al ne di creare un asse o poli co democra co,
nel quale regni la pace e l’equità. Il repubblicanesimo, inoltre, si
cara erizza per la divisione dei poteri e non va confuso con la
democrazia dire a che, priva di stru urazione al suo interno, si
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presenta come una non-forma di governo, inevitabilmente
dispo ca. Il losofo teorizza la repubblica in senso proprio, con
divisione dei poteri e sistema rappresenta vo nel potere
legisla vo: egli per repubblica intende la democrazia
rappresenta va.”
“Non posso che essere concorde con il suo pensiero. Ma, se
questo è il secondo principio fondamentale per la creazione di una
pace perpetua, quale è il terzo?”
“Aspe avo con ansia che tu mi ponessi questa domanda. La terza
condizione fondamentale, secondo il pensiero del losofo, è
l’is tuzione di una federazione internazionale tra Sta
liberi. L’instaurazione di un ordinamento repubblicano, infa , non
è su ciente a garan re la pace, dal momento che la popolazione
potrebbe essere indo a al con i o dalle tensioni
internazionali. Questo, però, non implica l’annullamento delle
di erenze tra i popoli, dal momento che l’uniformazione degli sta
sarebbe una visione essenzialmente utopica. A questo proposito,
ricordi quando l’anno scorso ci è giunta no zia della nascita
dell’ONU? L’Organizzazione delle Nazioni Unite è...”
Teresa si interruppe bruscamente. Greta non comprendeva cosa le
fosse accaduto perciò si sincerò che stesse bene. L’amica le rispose
che due ragazze le osservavano curiose a qualche metro di
distanza. Le chiese se lei le conoscesse, ma i loro vol non erano
famigliari a nessuna delle due.
“Perché ci osservano?” chiese Teresa bisbigliando.
“Non lo so, probabilmente i tuoi capelli arru a hanno a rato la
loro a enzione” le rispose con tono ironico.
“Oh, santo cielo, che è successo i miei capelli ora? Qualcuno mi ha
ge ato il malocchio ne sono certa, la sfortuna mi perseguita!”
Greta scoppiò a ridere: "Avres dovuto vedere la tua faccia! Hai
creduto davvero alle mie parole? I tuoi capelli sono perfe come
sempre, non preoccupar .”
“Molto divertente Greta, davvero molto divertente! Almeno io
non...” non fece in tempo a concludere la frase che le due
ragazze le raggiunsero. Greta rivolse loro un sorriso cordiale
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mentre Teresa arrossì dall’imbarazzo. Una delle due porse la mano
con fare disinvolto.
“Piacere Maria!” si presentò la ragazza. Una nota di entusiasmo
trapelava dalla sua voce. Maria non aspe ò una risposta e,
volgendo lo sguardo all’amica, con nuò:" E lei Rosa! Perdonatela,
è un po’ mida!”
Proseguì: “Non vorremo sembrare scortesi, ma abbiamo sen to il
vostro discorso e non abbiamo potuto fare a meno di fermarci.
Sappiamo che non è buona educazione origliare, ma il dialogo era
così interessante che ne siamo rimaste a ascinate. Il vostro
coraggio è veramente ammirevole. Di ques tempi sono poche le
donne che a rontano tali tema che con così tanta passione
e franchezza. Per questo mo vo ci terremmo a fare la
vostra conoscenza, sempre se non vi abbiamo terrorizzato
piombando qui dal nulla”.
Greta e Teresa non erano mai state molto
socievoli ma sapevano, per esperienza personale, che dagli
incontri fortui come quello potevano nascere le migliori
amicizie. Le due nuove interlocutrici si dimostrarono n da subito
molto disponibili, non lasciando mai spazio a silenzi imbarazzan o
domande indiscrete. Le qua ro si presentarono, raccontando
ognuna i de agli più rilevan delle loro storie. Pur essendo
profondamente diverse, poterono constatare che erano
accomunate dalla volontà di me ersi in gioco, in quella società
che oramai progrediva in maniera inarrestabile. Il dialogo, dopo un
primo momento di conoscenza, iniziò a scorrere veloce. Le
ragazze, tu e coetanee, formarono un piccolo capannello al lato
della strada, per non ostruire il transito ai passan . Rosa volle
riprendere il discorso di Teresa, dal momento che era rimasta
molto complita dalle sue parole:
“Riguardo a quanto de o da Teresa, ho trovato par colarmente
interessante il tuo discorso in merito alla repubblica, intesa nella
sua accezione di democrazia rappresenta va. Il mio punto di vista
non può essere di cara ere loso co, dal momento che non
possiedo le tue stesse conoscenze in materia.
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Fin da piccola, però, ho studiato e applicato la matema ca in ogni
ambito della mia vita. Forte di questo, credo di dovervi delle
spiegazioni riguardo la mia ducia cieca nella scienza dei numeri.
Essa, infa , può essere paragonata alla democrazia, la quale è
indiscussamente la miglior forma di governo.”
“Come possono essere paragonate la matema ca e la
democrazia?” chiese Teresa con aria perplessa.
“Sono consapevole che i conce di matema ca e poli ca possano
apparirvi distan ma, in realtà, esiste un forte legame logico tra la
scienza che tanto amo e la democrazia. Al contrario
dell’insegnamento scolas co, questa disciplina non è isolata e
senza u lità pra ca. Essa ha lo scopo di ampliare le capacità di
deduzione, proporzione e astrazione, le quali risultano
fondamentali per comprendere la realtà. La matema ca o re i
mezzi a ciascuno di noi per sviluppare un metodo scien co
dedu vo, che ci da la possibilità di dare una risposta a qualsiasi
quesito. Ed è proprio questo che rende la scienza dei numeri una
materia democra ca. Come la democrazia, infa , essa valuta la
soluzione migliore basandosi su determinate regole. Nel momento
in cui quest’ul me perdono la loro validità, però, vengono
eliminate e sos tuite da nuove leggi. La dinamicità che
contraddis ngue la matema ca è propria anche della democrazia,
la quale è so oposta con nuamente ad un processo di
evoluzione. Entrambe, inoltre, non subiscono il principio di
autorità, ovvero escludono ogni forma di disuguaglianza.”
“Quindi coloro applicano i principi matema ci alla realtà a uano
un esercizio del loro spirito cri co?” chiese Greta.
“Esa amente! Applicare la matema ca signi ca a uare una scelta
consapevole. Le nostre decisioni, siano esse giuste o sbagliate,
portano sempre all’o enimento di alcuni risulta . La capacità di
selezionare l’opzione migliore, a fronte di molte, è pura
applicazione del proprio pensiero cri co. Quest’ul mo è lo stesso
che ogni individuo deve possedere a nché possa realizzarsi il
sogno democra co.”
Rosa proseguì: “Per di più lo spirito cri co, sia esso applicato alla
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matema ca o a qualunque altro ambito della vita, consente di


essere liberi. D’altronde, l’essenza della matema ca risiede nella
sua libertà e la libertà stessa può essere generata dire amente
dalla scienza dei numeri. Si può quindi a ermare che la
matema ca si fonda sul principio di libertà e, al tempo stesso,
fornisce gli strumen necessari per essere indipenden . Nessuno
più di noi oggi, dopo tu o quello che abbiamo passato, può
comprendere quanto la capacità di scelta sia importante al ne di
perseguire una vita senza vincoli.”
A quelle parole, lo sguardo di Maria si fece cupo. Dopo qualche
istante di silenzio, scosse leggermente il capo, come per scacciare
un ricordo. Con espressione malinconica disse:
“Durante la guerra ho compreso veramente cosa signi chi essere
priva delle proprie libertà. La censura fascista
era davvero estenuante in quel periodo. Tu o
veniva rigorosamente controllato: dalle
comunicazioni, ai giornali, no alle messe in scena teatrali. Mio
marito era solito scrivermi quando poteva, ma tu e le le ere che
ricevevo erano già state aperte e risigillate con un bollo che
riportava la scri a “veri cato per censura”. Questo periodo di
regressione ha privato i ci adini dei loro diri naturali. In
America, dal momento della dichiarazione d’indipendenza delle
colonie, i padri fondatori si sono ripromessi che i diri naturali
degli individui sarebbero sta sempre garan a tu , uomini e
donne indis ntamente. Nel documento che sancisce l’autonomia
delle colonie, infa , è compresa anche la Carta dei diri . La
dichiarazione si apre a ermando che tu gli uomini sono sta
crea eguali. Di conseguenza, Dio ha dotato tu loro di diri
inalienabili. Quest’ul mi sono il diri o alla Vita, alla Libertà e alla
ricerca della Felicità. Nel caso in cui il governo emani leggi che
non ne garan scono la tutela, il popolo è legi mato a contestare
tali prescrizioni e, se necessario, eleggere un nuovo organo
governa vo. Inoltre, il primo emendamento stabilisce che, in
aggiunta ai tre diri fondamentali, devono essere tutelate anche
le libertà di espressione, stampa, religione e sciopero. Lo sapevate
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che gli Sta Uni sono sta il primo paese a dichiarare tali diri
inviolabili? Questo avvenne nel dicio esimo secolo e coloro che
ne subirono maggiormente l’in uenza furono sicuramente i
francesi. Il popolo francese, infa , mosso dalla volontà di
eguagliare i coloni nella loro impresa di conquista della libertà,
pochi anni più tardi rovesciò il cosidde o “Anciène Régime”. A
par re dalla Francia poi, in tu a Europa si di use uno sen mento
patrio co e an monarchico. I ci adini di molte nazioni
avanzarono la richiesta di una cos tuzione che tutelasse i loro
diri . La dichiarazione d’indipendenza americana, quindi, fu
decisiva anche per il vecchio con nente, il quale era ancora legato
alle tradizioni del diciasse esimo secolo.”
“Incredibile! Quanto vorrei trasferirmi oltre oceano per studiare la
storia americana! Sembra così interessante.” rispose Greta con
occhi sognan .
Maria cambiò bruscamente tono. Le sue parole, da dolci e
didascaliche, si fecero cariche di rabbia e disappunto.
”Inizialmente anche io ero molto a ascinata dalla storia
americana. Essa, infa , è profondamente diversa da quella
europea a causa della mancanza di una tradizione an ca. Questo
la rende priva di quei dogmi e di quelle credenze che invece
regnano sovrane nel nostro con nente. Tu avia, dopo pochi mesi
di permanenza lì, ho realizzato che gli U.S.A. non sono realmente il
sogno di cui tanto parlavano i miei fratelli. Dietro ai gra acieli
ver ginosi e ai bei locali, l’America nasconde una triste verità che
contraddice radicalmente la sua stessa cos tuzione. Pur
a ermando un incondizionato principio di uguaglianza, non tu
gli uomini sono tra a nello stesso modo. Infa , è presente una
forte discriminazione nei confron delle persone afroamericane. Il
pregiudizio e il disprezzo sono disumanamente di usi, alimenta
da una generale paura del diverso. Purtroppo, la situazione non
sembra des nata a migliorare.”
“Oh, mi dispiace per quello che ho de o. Non avevo idea…” si
gius cò Greta, mor cata.
“Non scusar , non è colpa tua. Qui Italia sono poche le persone
realmente a conoscenza di ciò che succede oltreoceano. Siamo 28
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così abitua a vedere l’America come la terra promessa, che
spesso tendiamo notare solo ciò che di bello quel paese può
o rirci.”
I discorsi di Rosa e Maria presentavano un punto di vista nuovo
per le due studentesse. Le ragazze, infa , avevano sviluppato un
pensiero fortemente legato all’insegnamento scolas co e non
avevano mai avuto l’opportunità di ampliare le loro vedute. Le
peculiari di erenze che cara erizzavano ognuna di loro
contribuivano a rendere s molate il dialogo. Le donne
conversavano così piacevolmente che avevano perso la cognizione
del tempo. La folla in campo dei ori si era man
mano diradata, seppur molto lentamente. Molte persone, infa ,
si erano tra enute per condividere con entusiasmo i loro pensieri
circa il referendum.
Era oramai pomeriggio inoltrato quando gli occhi Rosa
riconobbero una gura femminile in lontananza. Le altre fanciulle
non sapevano chi fosse quella signora e non avevano idea del
perché tenesse tu e quelle scarto e tra le mani. La ragazza agitò
un braccio in aria, cercando di a rare l’a enzione della
donna. Questa strizzò gli occhi e, una volta riconosciuta la vecchia
amica, raggiunse il capannello con passo svelto. Rosa la salutò con
un abbraccio nostalgico e disse: “Da quanto tempo Agnese! Come
stai? Oggi hai avuto molto da fare immagino!”
“Era decisamente troppo tempo che non ci incontravamo! Io sto
molto bene grazie, anche se questa ma nata è stata veramente
intensa. L’a uenza al voto è stata al ssima e, ad un certo punto,
non sapevo più a chi res tuire i documen . Tu avia, sono rimasta
piacevolmente sorpresa dell’elevato interesse circa la ques one
is tuzionale e ritengo fondamentale che il maggior numero
possibile di individui possa usufruire del proprio diri o di voto.”
Rosa stava per rispondere all’amica, quando vide gli sguardi
perplessi delle altre. Allora, fece loro le dovute presentazioni. La
donna era Agnese Bonelli, una psicologa romana che spesso
svolgeva anche la mansione di scrutatore durante votazioni della
ci à. Questo par colare accese n da subito l’interesse di Teresa.
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Dopo un primo momento di conoscenza la midezza della giovane
sembrò scomparire e senza pensarci troppo chiese alla donna:
“Scusami per l’indiscrezione, ma non riesco proprio a tra enere la
mia curiosità. Poco fa stavamo discutendo sulla democrazia e, in
par colare, sull’importanza di garan re a tu gli uomini, in
quanto eguali, i diri inalienabili. Il tuo lavoro perme ere di
assistere dire amente all’espressione di uno dei tali diri , quello
di voto. Oggi avrai sicuramente potuto notare la varietà dei
votan , di entrambi i generi e di tu i ce sociali. Ti andrebbe di
raccontarci le tue esperienze e le tue considerazioni riguardo
questa tema ca?”
Non essendo originaria di Roma, Teresa non era a conoscenza
della provenienza nobiliare di Agnese e ciò le permise di
apprezzarla soltanto per il suo operato. Questo piccolo
de aglio, percepibile solo dalla donna, la compiacque a tal punto
da acce are con piacere di rispondere alla domanda:
“Personalmente, ho sempre creduto nell’uguaglianza tra gli
uomini. Ritengo, quindi, che la tutela dei diri fondamentali sia
imprescindibile all’interno di uno stato. Il raggiungimento del
su ragio universale è per l’Italia un traguardo molto importante in
quanto a ogni ci adino è stato dato il diri o di esprimere il
proprio pensiero poli co. Questo è giorno molto importante per il
nostro Paese, non ci sono dubbi. Potrei raccontarvi dei mille vol
che ho incontrato questa ma na ai seggi. Potrei parlarvi del
sen mento di solidarietà che univa i votan nelle lunghe le
d’a esa. Eppure, sento di dovervi riportare un altro episodio della
mia vita, poiché ritengo che sia più signi ca vo ascoltare una
storia non convenzionale. In par colare, intendo parlarvi
dell’unica volta in cui, in tu a la mia esistenza, ho avuto dei dubbi
circa l’universalità del diri o di voto. Ero ancora molto giovane e
inesperta all’epoca, perciò vi pregherei di non giudicare le
emozioni che provai inizialmente. Dal momento che avevo appena
conseguito la laurea in psicologia, ero stata mandata come
scrutatore in un is tuto religioso volto ad ospitare minora sici e
mentali. Quell’incarico, purtroppo, mi fece inizialmente ricredere
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sulla parità di diri degli individui. Alla vista dei pazien incapaci
di intendere e volere, mi risultò inconcepibile come queste
persone, facilmente persuasibili, potessero votare. Passai la
giornata a osservare i ricovera , i visitatori e sopra u o chi si
prendeva cura di loro. Vidi una suora, ormai segnata dall’età, che
assisteva i pazien della stru ura. La donna era ancora dedita
all’aiuto del prossimo poiché questo la faceva sen re libera. Vidi
un uomo, anch’egli anziano, accanto al le o dov’era ricoverato il
giovane glio malato. Il ragazzo non riconosceva nemmeno il volto
del padre. Queste scene mi fecero capire quanto l’amore fosse
fondamentale in un posto tanto freddo e malinconico quanto lo
era l’is tuto. Terminato il mio lavoro, mi diressi verso casa. Era
sera, perciò fa cai a trovare un tassista disponibile. Durante il
tragi o non facevo altro che pensare alla curiosa realtà della casa
di cura. Gli uomini sono tu eguali tra loro, eppure, perché è così
di cile acce are chi è diverso dal comune? Come accade per chi
ha la pelle di un colore diverso, anche chi ha una mente che
funziona in modo di erente viene discriminato. Dopo averci
ragionato a lungo, mi resi conto che le mie considerazioni iniziale
erano state troppo a re ate. Il diri o di voto va concesso
sicuramente a tu , minora e non, poiché si tra a pur sempre di
essere umani. Il vero problema delle votazioni nell’is tuto non è la
condizione clinica dei pazien . Ciò che ritengo profondamente
sbagliato è la corruzione dei degen da parte degli appro atori.
Come può un uomo chiamarsi tale se sfru a le debolezze altrui
per i propri ni? L’essere umano è arte ce del proprio male in
quanto corrompe i suoi stessi simili per scopi egois ci. Oggi, dopo
numerose rivoluzioni e fa che spese da chi ci ha preceduto,
godiamo di diri inalienabili tutela dal governo. Davan allo
stato e alla legge siamo tu uguali per diri , doveri e pene. La
legge, di per sé, è diventata sempre più pura e giusta nel corso
della storia; è l’uomo a renderla meschina, corrompendola a suo
favore. Per quanto sia libero l’uomo, la sua libertà termina quando
vengono intacca i diri altrui. Seppur sia stata un'esperienza non
ordinaria in un luogo isolato dal mondo, ho potuto osservare ciò
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che ancora manca alla grande società del ‘900: un equo
compromesso tra uomini e stato.”
Il discorso di Agnese riaccese la vivace discussione. La nuova
conoscente si sen subito par colarmente coinvolta, tanto quanto
Rosa e le altre ragazze. La conversazione si protrasse no a
quando Greta, stanca di stare in piedi, propose di entrare nel
locale di fronte a loro, per accompagnare il discorso con un buon
ca è. Le donne acce arono volen eri e, dopo quelle parole, si
diressero tu e insieme verso il bar.

Roma, 5-10 giugno 1946

Erano giorni che il popolo italiano a endeva con ansia i risulta


del referendum del 2 giugno. Il conteggio dei vo era monitorato
costantemente dalle maggiori testate giornalis che d’Italia, le
quali non facevamo altro che alimentare sempre di più la tensione
dei ci adini. Ogni ma na, le donne si a acciavano alla nestra e
aspe avamo trepidan il giovine o dei giornali. Le sue urla
risuonavano in tu e le strade di Roma e a ravano l’a enzione di
ogni passante. Quel povero discolo andava in visibilio alla vista dei
due qua rini che intascava vendendo tu quei quo diani. Nei
locali, nelle piazze, nei merca e in ogni dove non si parlava di
altro. Avrebbe vinto la monarchia sabauda o avrebbe trionfato la
moderna repubblica? Grezzi sondaggi parlavano di un risultato
incerto. Voci, no zie e ar coli di giornali davano ora la monarchia
ora la repubblica come vincitrice. Il tanto a eso verde o arrivò
alle ore sei del pomeriggio del 5 giugno, quando il
ministro dell’interno Giuseppe Romita annunciò alla radio: “la
repubblica ha due milioni di vo di vantaggio”. Il giorno
seguente, il giovine o corse in Piazza del Popolo alle prime luci
dell’alba. "È nata la Repubblica italiana!” gridava il ragazzo “È nata
la Repubblica italiana!”.
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Il parlamento si riunì per la prima volta
nella Sala della Lupa, a Palazzo del Montecitorio, il 10
giugno 1946. La cerimonia, breve e austera, dichiarava
u cialmente i risulta del referendum.
Era l’inizio di una nuova era, per l’Italia e per i suoi ci adini. Era
nata, celebrata da comizi in tu e le piazze del Paese, la Repubblica
Italiana.

«La Cos tuzione della Repubblica italiana – che mi auguro sia


approvata dall'Assemblea, col più largo su ragio, entro il termine
ordinario preveduto dalla legge – sarà certamente degna delle
nostre gloriose tradizioni giuridiche, assicurerà alle generazioni
future un regime di sana e forte democrazia, nel quale i diri dei
ci adini e i poteri dello Stato siano egualmente garan , trarrà
dal passato salutari insegnamen , consacrerà per i rappor
economico-sociali i principi fondamentali, che la legislazione
ordinaria – a ribuendo al lavoro il posto che gli spe a nella
produzione e nella distribuzione della ricchezza nazionale – dovrà
in seguito svolgere e disciplinare.»
(messaggio del capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola,
seduta del 15 luglio 1946)

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COMMENTI PERSONALI

In questa sezione dell’elaborato sono contenu i commen


personali di ogni componete del gruppo ineren al percorso di
Educazione Civica che è stato svolto durante le lezioni.

Elisa Ar na

Personalmente ritengo che l’introduzione di educazione civica


come materia trasversale all’interno del programma scolas co sia
molto importante. Essa, infa , o re l’opportunità di comprendere
meglio le dinamiche che cara erizzano il mondo che ci circonda.
Sopra u o per gli studen che frequentano l’ul mo anno di
scuola superiore, i quali si accingono ad entrare nel mondo degli
adul , risulta essenziale apprendere i fondamen dell’asse o
poli co, giuridico e cos tuzionale che sono proprio della
Repubblica Italiana. Per quanto riguarda l’organizzazione del
proge o e le a vità proposte, ho riscontrato alcuni aspe posi vi
e altri nega vi. In primo luogo, ritengo che gli argomen tra a
siano sta interessan e s molan . È innegabile che le tema che
a rontate siano indispensabili al ne di formare un pensiero
cri co riguardo la situazione poli ca italiana, sia passata che
odierna. Tu avia, avrei preferito una maggiore organicità tra le
varie discipline, di modo da poter sviluppare un elaborato più
coeso e stru urato. L’intervento che ho maggiormente apprezzato
è stato la lezione di Cosmopolites tenuta da
Marta Cartabia poiché, secondo me, ha saputo presentare la Corte
Cos tuzionale senza essere risultare prolissa. Inoltre, ha toccato

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argomen facilmente collegabili al programma scolas co corrente.


Un’altra tra azione che ho ritenuto fru uosa è quella presentata
durante le ore di matema ca e sica. Ciò che ha reso queste ore di
educazione civica maggiormente dinamiche, rispe o a quelle
svolte nelle altre discipline, è stato il dialogo instaurato tra gli
studen e l’insegnante. Il clima di discussione libera che si
è creato durante queste lezioni ha reso possibile l’espressione
delle proprie opinioni, senza il more del giudizio da parte del
docente. Personalmente ritengo che la comunicazione verbale sia
fondamentale per comprendere al meglio conce quali la libertà
o la democrazia. Quest’ul mi, infa , nascono dalla costruzione
colle va di un pensiero generale (unanimemente condiviso).
Purtroppo, il dialogo è stato carente in alcune discipline,
probabilmente anche a causa delle modalità con le quali si sono
tenute le lezioni durante questo periodo di emergenza sanitaria.

Aurora Merisi

Ritengo che l’esperienza di educazione civica avrebbe portato a


migliori risulta se tra docen e studen ci fosse stata più
comunicazione e dialogo, che sono sta sfavori dalla dida ca a
distanza. Con ciò non sminuisco la nuova disciplina perché credo
abbia un grosso potenziale, potrebbe essere in grado di rendere
più consapevoli gli studen di cosa signi chi essere ci adino di
uno stato. L’a vità che mi ha s molato più interesse è il proge o
di Cosmopolites del quale ho apprezzato par colarmente gli
interven di Luigi Crema e di Marta Cartabia, nella quale ho visto
una gura autorevole e responsabile da cui prendere esempio.

Giorgia More
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Ritengo che l’idea di dedicare delle ore scolas che ad un proge o


di educazione civica sia interessante e coinvolgente. In un mondo
dove la società sta perdendo di vista le nalità primarie di una
organizzazione sociale, ritengo giusto sensibilizzare le nuove
generazioni rendendole più a ente ai valori sociali e partecipi alle
dinamiche poli che.
Se lo scopo di questo proge o è di favorire il cambiamento “in
meglio” della nostra società, credo, che l’obie vo sia stato
centrato. Discutere di temi, che fanno ri e ere gli studen anche
su argomen che si discostano dal programma delle varie materie
di indirizzo, perme e loro di prepararsi con maggiore
responsabilità ed impegno sociale all’esperienza della vita, intesa
come contesto di valori.
Il proge o, di nuova introduzione, ha, mio avviso, spazi di
miglioramento. Par rei suggerendo l’adozione di un metodo più
de nito con maggiore collaborazione e comunicazione fra gli
studen e gli insegnan . Non manco di evidenziare che tale
di coltà è senza dubbio condizionata anche dalla dida ca a
distanza; a uare un proge o in presenza è sicuramente più
facilitante.
Le a vità sono state generalmente interessan , ma ho trovato
par colarmente mo vante quella di Cosmopolites; discussioni
dove si è parlato di uguaglianza, libertà e si è portata l’esperienza
e la tes monianza di personaggi autorevoli, quali Marta Cartabia e
Francesco Palermo.
Approfondendo con par colare interesse l’elaborato “La giornata
di uno scrutatore” di Italo Calvino, ho trovato ri essioni sulla storia
poli ca italiana degli anni Cinquanta a raverso il racconto di
alcune vicende svolte in un is tuto di cura torinese, il Co olengo,
ges to da religiosi, dove gli ospi erano des na a perdere
progressivamente la propria individualità e nel testo si percepisce
la so le denuncia alla DC, rilevante par to poli co di quel
tempo.
L’esperienza ha portato a momen di interessante coinvolgimento
nello speci co nella prima giornata di discussione fa a nell’ora
di sica.
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Silvia Plaku

Educazione civica è stata una bella esperienza per a rontare


diversi argomen . È stata introdo a come una materia
interessante che però, secondo il mio pensiero, è stata un po'
confusionaria. Poteva essere organizzata meglio per renderla più
coinvolgente e interessante, invece per com’è stato sviluppato il
proge o è risultato un po' pesante. Questo non signi ca che
questa esperienza non abbia avuto un’u lità, anzi è stato un modo
per a rontare discipline diverse rispe o alle solite materie
scolas che.

Altea Zyberi

Ho trovato l’introduzione di educazione civica come nuova


materia valutata un’aggiunta interessante, seppur questo richieda
più impegno. Tu avia, non ho ritenuto s molante tu gli
interven delle varie discipline, spesso si sono tra a argomen
già studia in classe in precedenza o di nessuna u lità pra ca. Ciò
non toglie che certe tema che a rontate a lezione siano state
veramente innova ve e interessan da approfondire. Ho
apprezzato par colarmente il proge o di Cosmopolites che,
secondo me, ha colto in pieno l’obie vo di ci adinanza e
cos tuzione, tra ando argomen che stanno alla base del
diri o. Avrei comunque preferito che questa a vità venisse svolta
in presenza, dove l’organizzazione sarebbe stata migliore, e che
non avesse contribuito ad appesan re il carico di lavoro degli
studen di quinta. Svolgere l’elaborato è stato un impegno per il
gruppo ma sono personalmente soddisfa a del risultato, per
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quanto sia diverso dall’elaborato degli altri compagni. Non ritengo
che un’elaborazione ampia e arricchita con approfondimen sia
necessaria in quanto in classe si è parlato di educazione civica in
ogni materia e di conseguenza il bagaglio per questo elaborato era
già ricco abbastanza.

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