Nel corso del medioevo (476d.C. - 1492d.C.)la produzione musicale era divisa in
Musica sacra e Musica profana, ma per il primo millennio dopo la venuta di Cristo ci
si soffermerà principalmente sulla musica sacra.
Il canto Cristiano liturgico o Canto Gregoriano nasce da una lunga evoluzione. Difatti
inizialmente non il canto liturgico di basava su un’unica linea melodica ed era detta
Monodia, successivamente diventa Diafonia e infine Polifonia.
Probabilmente, siccome Cristo era ebreo, anche la tradizione musicale cristiana trova
le sue radici nella tradizione ebraica.
La liturgia ebraica è caratterizzata per intero dalla Cantillazione, ovvero le note
venivano intonate su formule melodiche tradizionali, costituite in gnere da intervalli
musicali molto piccoli e la voce si spostava da una nota all’altra con un movimento
quasi scivolato, senza salti netti. Essa non era altro che un’amplificazione della parola
liturgica proclamata con solennità. La cantillazione non veniva utilizzata solo nella
Salmodia ovvero i canti dei Salmi. Essi sono 150 e attribuiti a Re Davide e vi
potevano essere diverse tipologie d’esecuzione:
• Salmodia Diretta: eseguita da un solo interprete
• Salmodia responsoriale: in cui vi è un botta e risposta tra il solista e l’assemblea
• Salmodia cantifonica: eseguita da tutti
Il proliferare nella società della religione Cristiana e di conseguenza della sua musica
avvenne successivamente all’Editto di Milano da parte dell’Imperatore Costantino nel
313 d.C. che permetteva la libertà di culto. Permise quindi anche l’imporsi della
religione Cristiana a Roma anche poiché riprese nel rito alcune delle abitudini del rito
pagano.
A partire dal V secolo il latino diventa la lingua ufficiale de rito, ma fu un processo
molto lento che lo porterà a sostituire il greco dal IV sec. Ci sono anche testimonianze
di questa stratificazione di lingue, come l’utilizzo delle parole ebraiche Amen e
Alleluia la preghiera Kyrie eleison (Signore pietà) di origine greca.
Prima della Romanizzazione dell’VIII-IX sec., ovvero dell’unificazione del rito
liturgico per tutte le aree geografiche, si formarono vari riti, alcuni diffusi ancora oggi.
Essa è dovuta al fatto che l’Impero Franco in questo momento doveva divenire il
degno successore dell’Impero Romano. Avveniva quindi uno scambio non solo di
documenti ma anche di Cantori che provenivano da Roma. Questo era difatti l’unico
modo per far arrivare in tutto l’impero Franco le informazioni per unificare il rito,
poiché le tradizione non era scritta ma trasmessa mnemonicamente.
Tra questi documenti c’è l’antifonario ovvero la raccolta di tutti i testi dei canti
liturgici.
Nel rito il canto oltre a avere funzione di amplificazione rituale ha anche il ruolo di
amplificazione fonica, difatti in una sala piena di fedeli, il canto era molto più sonora
della parola. Una terza e fondamentale unzione è quella dell’amplificazione melodica
cioè rendeva esplicita la musicalità della lingua latina che come quella greca basata su
accenti che consistevano nell’elevazione melodica della voce. Difatti accentus deriva
da ad cantus che significa letteralmente “accanto al canto”.
Molti infatti paragonavano la lingua latina al camno, come Cicerone che descrile il
parlato come cantus obscurior, cioè canto nascosto o Maurizio Capella che la
paragona come il terreno dove è stato sotterrato il seme della musica (seminarium
musices).
Questo canto ovviamente aveva più modalità di esecuzione e dipendeva dallo stile
richiesto, poteva essere:
• Stile sillabico utilizzato nell’Antifonale in cui la melodia era più semplice, in cui
ogni sillaba aveva un altezza differente
• Stile melismatico o fiorito in cui il cantore su ogni sillaba poteva elaborare lo
schema di partenza.
Ma non in tutto il rito venivano utilizzati questi stili, ovvero i Salmi che seguivano
ancora la Cantillazione ebraica. Infatti l’elemento fondamentale del canto Salmodico è
il Tenor o corda di recita, ovvero una nota tenuta che rendeva impossibile seguire il
profilo melodico di ogni parola, tranne che per alcune parti in cui variava
l’intonazione. Generalmente è preceduto da un Initium ovvero un intonazione di
poche note utilizzate solo pel primo versetto, e si conclude invece con un'altra
inflessione cadenzale detta Terminatio alla fine di ogni versetto. Ogni versetto è poi
diviso a metà da una leggera cadenza detta Mediatio o variato da un’inflessione detta
Flexa quando è troppo lungo.
Altro genere che era indipendente dall’andamento del testo erano gli Inni.
L’andamento melodico indicava anche l’importanza tra parola e parola.
Nonostante la Romanizzazione, si stava avviando comunque la separazione tra Chiesa
di Roma e Chiesa d’oriente che si concretizzerà nel 1054 con lo Scisma.
La diffusione della monodia liturgica, si ha anche grazie all’affermazione degli ordini
monastici e alla formazione di importanti abazie, in cui la vita era principalmente
governata dalla preghiera. Tutto questo favoriva l’organizzazione della liturgia,
soprattutto dell’ufficio. In questi luoghi di preghiera difatti i testi prendono più
significato tramite la musica.
Tropi e Sequenze
I Cantori dell’impero Franco non si limitarono ad accogliere e ad assimilare la
tradizione liturgico-musicale romana, ma svilupparono nuove forme rituali e poetico-
musicali. Tali sono i Tropo, le Sequenze e i primi canti polifonici, che sono difatti
delle amplificazioni in senso orizzontale e in senso verticale.
I Tropi erano più frequenti nei canti della Messa, e consistevano in una sorta di
farcitura (appunto tropo vuol dire farcitura) del canto tramite i melismi che già
esistevano e attuando un lavoro di sillabazione di un nuovo testo su questi melismi
“vuoti” (ovvero vi era una sola sillaba per tutto il melisma). Musica e testo erano
quindi creati spesso simultaneamente e in maniera autonoma, ma i testi erano
comunque inerenti al canto in cui erano inseriti, essi erano un’amplificazione del testo
del canto.
Le Sequenze erano invece originariamente delle prose adattate all’andamento dei
melismi. Fu inizialmente utilizzato nell’ultima sillaba dell’Alleluia, detto Jubilus. Fu
poi utilizzato in altre parti della messa e divennero anche composizioni a se stanti
come lo Stabat Mater.
Questi durante la Contro riforma furono eliminati, tranne 5 sequenze.
Notazione musicale
Per l’intento della Romanizzazione, ovvero di creare un repertorio unico, è stato
necessario cercare di segnare l’altezza di ogni nota tramite convenzioni. Inizialmente
veniva indicata un’altezza orientativa con la notazione Adiastematica o “a neumi in
campo aperto”, in cui i neumi venivano indicati sopra il testo senza ancora alcun rigo
musicale, successivamente si cercherà di definire un altezza definita con la notazione
Diastematica.
Alla metà dl IX sec. risalgono le prime testimonianze di notazione Neumatica, che
differivano a seconda del luogo geografico.
Da metà del X sec. si comincia ad utilizzare una sorta di rigo musicale formato da due
righi di colore differenti , uno rosso per il Fa e uno giallo per il Do, fino a raggiungere
nell’XI sec. i 4 righi col tetragramma. Questa si può definire notazione Diastematica.
Nel Tetragramma venivano utilizzava all’inizio del rigo le chiavi di Do e di Fa, per
indicare la giusta posizione delle note.
Parallelamente a quella neumatica si sviluppò la notazione alfabetica che utilizzava le
lettere dell’alfabeto andavano dalla lettera A alla H e venivano segnate con le note del
tetracordo Re mi fa sol rovesciati e poste all’inizio del rigo.
Con il tempo si raggiunge sempre più accuratezza nell’indicazione dei suoni, fino ad
arrivare alla notazione quadrata, sulla notazione utilizzata nel monastero di Soleism,
Francia, fondato sull’equivalenza ritmica dei suoni eseguiti.
Polifonia Sacra
Le prime fonti di polifonia scritta le possiamo trovare dal IX e XIII secolo. Non si sa
dove abbia avuto origine il canto simultaneo denominato successivamente
Contrappunto (Punctum contra punctum – nota contro nota), probabilmente questa
pratica era già utilizzata nel lontano Oriente.
Nelle prime fasi, la Polifonia è vista come una forma di tropatura musicale a livello
verticale e la prima pratica utilizzata fu quella della Diafonia ovvero di riprodurre la
melodia del canto ad un intervallo di quarta o quinta. Questo tipo di pratica venne ben
presto denominata Organum Parallelo.
La prima parte aggiunta detta Vox Organalis raddoppiava alla costante distanza di
un’ottava, di una quinta o di una quarta la Vox Principlis, ovvero il canto desunto dal
repertorio liturgico. Le prime testimonianze di questa pratica sono nel trattato
anonimo Musica Enchiriadis (Manuale di Musica) del IX sec.
In questo trattato viene espresso un tipo di polifonia in cui era possibile anche
raddoppiare più volte la vox organalis.
Per evitare l’intervallo di quarta eccedente, ovvero il Tritono che per i teorici
medievali era definito il “Diabulus in Musica”, era ammesso l’utilizzo degli intervalli
imperfetti, ovvero seconda e terza, e del moto obliquo e contrario.
Il procedimento della voci per moto contrario e il moltiplicarsi dei rapporti e delle
combinazioni possibili tra la voci vengono poi codificati nel 18° e 19° capitolo in un
altro trattato ovvero il Micrologus di Guido D’Arezzo, dove è permesso l’incrocio
delle parti e l’uso degli intervalli di terza e sesta.
Altre tecniche utilizzate erano quella del discanto ovvero le voci andavano in
omoritmia, nota contro nota, punctum contra punctum (da qui la parola contrappunto)
e quella dell’eterofonia, ovvero la vox organalis compiva dei veri e propri melismi,
mentre la vox principalis compiva semplicemente funzione di sostegno.
Da quest’ultima pratica, nel XII nell’abazia di San Marziale di Limonges e nella
cattedrale di Santiago de Campostela, si sviluppa un nuovo tipo di polifonia detta
Organum melismatico. Qui le voci non avevano più un andamento in contrappunto (o
discanto), ma ad ogni nota della parte inferiore (detto tenor poiché “teneva” la
melodia Liturgica) corrispondevano più note nella parte superiore (vox organalis), che
così assumeva un carattere di spicco rispetto al tenor. Questa pratica era
maggiormente utilizzata delle parti cadenzali e nella penultima sillaba del testo.
Spesso sul Tenor che fungeva quindi da Bordone (molto utilizzato anche della
tradizione popolare) si sovrapponevano dei tropi, ovvero delle parti intonate dal
duplum (vox organalis) che arricchivano il canto liturgico dando vita ai Tropi
simultanei.
Il Tenor aveva quindi due funzioni, quella di bordone nelle pati in cui manteneva la
nota tenuta, ma anche melodica nel momento in cui la composizione liturgica
preesistente presentava un melisma, a questo punto le voci precedevano alla stessa
velocità in stile di discanto. Queste parti vennero chiamate Clausole e diedero l’incipit
alla nascita del mottetto.
Dal XI sec. si trovano i primi manoscritti di musica polifonica non più solo destinati ai
monasteri ma anche alle scholae cantorum delle cattedrali, un esempio è il Tropario di
Winchester che comprende più di 150 organa a due voci, di cui 19 tractus, 53 Alleluia
e 59 Responsori.
La polifonia più complessa era affidata ad un gruppo ristretto di cantori, formati nelle
scholae cantorum che possedevano particolari doti vocali solistiche. Ad essi si
alternava il coro che continuava ad essere monodico.
Ars Antiqua: Scuola parigina di Notre Dame
La Francia in questo periodo era un luogo molto fiorente culturalmente grazie alla
reggenza dei re Luigi VI e Luigi VII con cui la Francia raggiunse la stabilità politica e
la successiva reggenza di re Luigi Augusto, che si occupò in primis della cultura e
della costruzione delle nuove cattedrali Gotiche, tra cui Notre Dame.
Fu in questo periodo, Anonimo IV (teorico inglese) a descrivere in maniera analitica
le composizioni polifoniche utilizzate citando due figure della scuola parigina,
Leonino, abile compositore di Organa, che compose il “Grande Libro Dell’Organum”
ove raccolse molteplici organum melismatici, e Perotino, grande compositore nello
stile di discanto, che fece dei rifacimenti di questo libro utilizzando fino quattro voci
che si posero in sostituzione alle clausole originali. Di questo non ci sono
testimonianze originali ma solo trascrizioni successive, e arrivano a noi divisi in tre
parti, una di queste è alla biblioteca Medicea laurenziana di Firenze.
A Perotino va quindi attribuito il merito di aver introdotto gli organa a 3 o 4 voci, di
aver arricchito il discorso polifonico delle clausole con schemi ritmici assai variegati e
con ampi intervalli melodici e di aver conferito al Tenor valore costruttivo.
Egli fu anche autore di Conductus a una, due e tre voci, composti talvolta su testi
profani. I Conductus Polifonici venivano costruiti su un Tenor non liturgico oppure
appositamente composto, mentre le altre voci cantavano le stesse parole
simultaneamente. I Conductus polifonici del XIII sec. Erano caratterizzati da una
scrittura prevalentemente sillabica, ossia nota contro nota, con frequenti incroci fra le
voci, secondo il criterio della moltiplicatio e dell’amplificatio. Sono considerati il
primo genere medievale in cui il compositore poteva creare liberamente tutte le voci
senza basarsi su una musica esistente. Difatti lontano dalle solite pratiche del periodo,
questo genere fu abbandonato nel XIV sec.
Il Contributo maggiore che viene data dalla scuola di Notre Dame è quella
dell’ideazione di una sistema ritmico che si basa su due figure, longa e brevis,
suddiviso in 6 modi differenti detto Notazione Modale. Questi servivano come punto
di partenza per le variazioni che si attuavano durate il canto. I più utilizzati erano il
primo, il quinto e il sesto:
0 0 0
Mummia
foto modi ritmici
Tali modi venivano identificati dai cantore non da segni specifici, ma dalla
disposizione dei vari neumi gregoriani (detti all’epoca ligaturae)
Viderunt Omnes Perotino - Graduale
Le parti solistiche del Viderunt Omnes sono in Polifonia ovvero le parole Viderunt ed
Omnes. Qui nella parola Viderunt viene applicato l’organum melismatico mentre nella
-
parola Omnes viene utilizzato l’organum in discanto. Mentre le parti corali sono in
-
discanto .
ammazzata
Viene ripetuto due volte ( la seconda volta senza pause) anticipando l' isoiitnia
Poiché costantemente su ciascuna delle note della melodia det triplum viene intonata una sillaba, ne
consegue che nei punti in cui si hanno raggruppamenti di molte note (vedi le quintine o addiriuura
la settimina) si verifica un caratteristico effetto di "rapido parlando" che contrasta con i punti di
andarnento più lento (e quindi più melodico); ciò conferisce a tutto I'insieme un generale
andamento discorsivo.
Armonicamente quinte e ottiave sono le consonanze prevalentemente preferite sui tempi forti,
nonché sui punti di riposo. Terze e seste, pur comparendo con frequenza, secondo una tendenza che
si farà più marcata nel corso del XIV secolo, sono considerate instabili. Alla fine del brano troviamo
la caratteristica formula cadenzale della musica medievale che presenta già il moderno ruolo della
sensibile nella voce superiore (per una descrizione più dettagliata di questa formula cadenzale vedi
scheda sulla ballata di Landino).
Breviari un → testi di
Ù
ogni
dell' anno
periodo tu
.
Non cambia
Cambia seconda del
a
t
Tracks
Graduale Annie
-
Notazione →
Romanizzazione ( necessità di SCRITTO )
creare un
repertorio unico
↳ D Not Adiastenetica No
righi (A )
H
/
→
Alfabetica
Notazione
.
-