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Il canto Cristiano liturgico nel Medioevo

Nel corso del medioevo (476d.C. - 1492d.C.)la produzione musicale era divisa in
Musica sacra e Musica profana, ma per il primo millennio dopo la venuta di Cristo ci
si soffermerà principalmente sulla musica sacra.
Il canto Cristiano liturgico o Canto Gregoriano nasce da una lunga evoluzione. Difatti
inizialmente non il canto liturgico di basava su un’unica linea melodica ed era detta
Monodia, successivamente diventa Diafonia e infine Polifonia.
Probabilmente, siccome Cristo era ebreo, anche la tradizione musicale cristiana trova
le sue radici nella tradizione ebraica.
La liturgia ebraica è caratterizzata per intero dalla Cantillazione, ovvero le note
venivano intonate su formule melodiche tradizionali, costituite in gnere da intervalli
musicali molto piccoli e la voce si spostava da una nota all’altra con un movimento
quasi scivolato, senza salti netti. Essa non era altro che un’amplificazione della parola
liturgica proclamata con solennità. La cantillazione non veniva utilizzata solo nella
Salmodia ovvero i canti dei Salmi. Essi sono 150 e attribuiti a Re Davide e vi
potevano essere diverse tipologie d’esecuzione:
• Salmodia Diretta: eseguita da un solo interprete
• Salmodia responsoriale: in cui vi è un botta e risposta tra il solista e l’assemblea
• Salmodia cantifonica: eseguita da tutti
Il proliferare nella società della religione Cristiana e di conseguenza della sua musica
avvenne successivamente all’Editto di Milano da parte dell’Imperatore Costantino nel
313 d.C. che permetteva la libertà di culto. Permise quindi anche l’imporsi della
religione Cristiana a Roma anche poiché riprese nel rito alcune delle abitudini del rito
pagano.
A partire dal V secolo il latino diventa la lingua ufficiale de rito, ma fu un processo
molto lento che lo porterà a sostituire il greco dal IV sec. Ci sono anche testimonianze
di questa stratificazione di lingue, come l’utilizzo delle parole ebraiche Amen e
Alleluia la preghiera Kyrie eleison (Signore pietà) di origine greca.
Prima della Romanizzazione dell’VIII-IX sec., ovvero dell’unificazione del rito
liturgico per tutte le aree geografiche, si formarono vari riti, alcuni diffusi ancora oggi.
Essa è dovuta al fatto che l’Impero Franco in questo momento doveva divenire il
degno successore dell’Impero Romano. Avveniva quindi uno scambio non solo di
documenti ma anche di Cantori che provenivano da Roma. Questo era difatti l’unico
modo per far arrivare in tutto l’impero Franco le informazioni per unificare il rito,
poiché le tradizione non era scritta ma trasmessa mnemonicamente.
Tra questi documenti c’è l’antifonario ovvero la raccolta di tutti i testi dei canti
liturgici.
Nel rito il canto oltre a avere funzione di amplificazione rituale ha anche il ruolo di
amplificazione fonica, difatti in una sala piena di fedeli, il canto era molto più sonora
della parola. Una terza e fondamentale unzione è quella dell’amplificazione melodica
cioè rendeva esplicita la musicalità della lingua latina che come quella greca basata su
accenti che consistevano nell’elevazione melodica della voce. Difatti accentus deriva
da ad cantus che significa letteralmente “accanto al canto”.
Molti infatti paragonavano la lingua latina al camno, come Cicerone che descrile il
parlato come cantus obscurior, cioè canto nascosto o Maurizio Capella che la
paragona come il terreno dove è stato sotterrato il seme della musica (seminarium
musices).
Questo canto ovviamente aveva più modalità di esecuzione e dipendeva dallo stile
richiesto, poteva essere:
• Stile sillabico utilizzato nell’Antifonale in cui la melodia era più semplice, in cui
ogni sillaba aveva un altezza differente
• Stile melismatico o fiorito in cui il cantore su ogni sillaba poteva elaborare lo
schema di partenza.
Ma non in tutto il rito venivano utilizzati questi stili, ovvero i Salmi che seguivano
ancora la Cantillazione ebraica. Infatti l’elemento fondamentale del canto Salmodico è
il Tenor o corda di recita, ovvero una nota tenuta che rendeva impossibile seguire il
profilo melodico di ogni parola, tranne che per alcune parti in cui variava
l’intonazione. Generalmente è preceduto da un Initium ovvero un intonazione di
poche note utilizzate solo pel primo versetto, e si conclude invece con un'altra
inflessione cadenzale detta Terminatio alla fine di ogni versetto. Ogni versetto è poi
diviso a metà da una leggera cadenza detta Mediatio o variato da un’inflessione detta
Flexa quando è troppo lungo.
Altro genere che era indipendente dall’andamento del testo erano gli Inni.
L’andamento melodico indicava anche l’importanza tra parola e parola.
Nonostante la Romanizzazione, si stava avviando comunque la separazione tra Chiesa
di Roma e Chiesa d’oriente che si concretizzerà nel 1054 con lo Scisma.
La diffusione della monodia liturgica, si ha anche grazie all’affermazione degli ordini
monastici e alla formazione di importanti abazie, in cui la vita era principalmente
governata dalla preghiera. Tutto questo favoriva l’organizzazione della liturgia,
soprattutto dell’ufficio. In questi luoghi di preghiera difatti i testi prendono più
significato tramite la musica.

Il VI sec. si concluse sotto il papato di S. Gregorio Magno, colui da cui prende il


nome il canto gregoriano. Studi recenti hanno esso in luce che non fosse lui dettato
dallo spirito santo a rivoluzionare il repertorio ecclesiastico, ma l’intenzione del papa
era quella di rispettare e stimolare le autonomie locali e non di modificarle in favore di
un’unificazione imposta dall’autorità centrale. Le motivazioni di questa volontà di
unificazione sono quini da ricercare nella politica.
Ovviamente lo vediamo come figura di rilievo, grazie a lui furono scritti due testi
importanti, che non prevedono alcuna notazione musicale:
• Sacramentario: contenente le preghiere recitate dal celebrante durante la messa.
• Antifonale: prima raccolta dei soli testi dei canti.
Il momento liturgico si divide in due
• Ufficio ovvero la liturgia delle ore.
• la Messa.
La liturgia delle ore è costituita da letture di testi sacri, preghiere e canti (i 150 Salmi,
i Cantici, gli Inni, le Letture, le Litanie, le Orazioni) distribuiti per ogni giorno
dell’anno liturgico ed eseguiti dalla schola e/o dai cantori solisti, raggruppati in otto
ore canoniche del giorno e della notte secondo il seguente ordine:
o Mattutino (alle 2 di notte e composto da un Notturno o da tre Notturni nelle
domeniche e feste principali) [i Notturni sono determinati canti presi dai Salmi]
o Lodi (alle 5)
o Ora Prima (alle 6 o alle 7)
o Terza (alle 9, dopo di essa avviene la Messa)
o Sesta (alle 11 o alle 12)
o Nona (alle 15)
o Vespri (alle 17)
o Compieta (alle 20, prima del riposo)
Ogni ora ò introdotta da uno o più Salmi con la propria antifona e poi seguito o da un
canto di risposta o da altre preghiere.
I testi e i canti dell’Ufficio sono raccolti in due libri, il Breviarum in cui vi sono tutti i
testi per tutti i periodi dell’anno e non prevedono alcuna notazione, e l’Antifonario che
contiene le antifone (versetto introduttivo ai Salmi), responsori, versetti e altri canti
della schola e dei solisti.
I canti più semplici dal punto di vista poetico-musicali sono gli Inni che hanno la
stessa melodia in stile sillabico per ogni strofa, mentre i più complessi sono i
Responsori che sono piuttosto elaborati, eseguiti nei Mattutini delle feste maggiori,
caratterizzate da un botta e risposta tra il solista e coro. I Cantici furono utilizzati
nelle Lodi, nei Vespri e nella Compieta, come il Magnificat per i Vespri che conoscerà
sviluppi musicali futuri di grande importanza.
La Messa ovvero la liturgia dell’eucarestia si divide anche in due, ovvero la liturgia
della parola, ovvero i testi di supplica e preghiera che preparano i fedeli alla
Comunione, e la liturgia eucaristica, dove si preparano l’eucarestia e i doni da dare ai
fedeli.
I repertori che costituiscono la struttura della messa, viene standardizzata tra il IX e XI
sec. e rimarrà invariata fino al 1962-65 col Concilio Vaticano II.
I canti della messa si suddividono in Ordinarium (parti che rimangono invariate per
tutto l’anno liturgico)e Proprium (parti della messa che si differenzia a secondo del
periodo liturgico).
L’Ordinarium è composto da 5 parti, ovvero Kyrie, Gloria, Credo, Sancti e Agnus Dei.
I Canti possono essere classificati in due categorie:
• Antifonari ovvero l’Introito, l’offertorio e il Communio
• Responsoriali cioè affidati alternativamente ad un solista e ad un coro, ovvero il
Graduale, l’Alleluia e il Tractus. IL Graduale si articola in: Responsorio
(solista), Responsorio (coro), Versetto (solista). L’Alleluia invece ò in stile
melismatico, che vengono chiamati Jubilus (grido di )
Tra i principali libri liturgici troviamo: il Graduale dove vi sono custoditi solo i canti
del Proprium, il Kyriale dove vi sono i canti dell’Ordinarium e il Messale che include
tutti i testi della Messa e i canti eseguiti dal celebrante. Il Liber Usualis contiene tutti i
canti della Messa e dell’Ufficio per tutte le domeniche e le principali feste dell’anno
liturgico.
Il Graduale costituisce quindi la seconda parte del Proprium della Messa e veniva
intonato in modalità responsoriale, ma successivamente a causa della molteplicità di
melismi, questa pratica venne abbandonata e divenne un canto affidato ad un solista
ad un gruppo ristretto di cantori.
I Modi Ecclesiastici
L’organizzazione armonica fu un problema affrontato durante la Romanizzazione per
facilitare l’apprendimento e la memorizzazione dei canti.
Il sistema è composto da 8 scale diatoniche ascendenti di 8 suoni, rifacendosi alla
tradizione greca. Ciascuna di essa è caratterizzata da una diversa disposizione dei toni
e dei semitoni, e gravita su un suono fondamentale detto Finalis che ha funzione
simile all’odierna Tonica, e un altro centro tonale detto Repercussio, con funzione
analoga alla nostra Dominante, posizionato una quinta o una sesta sopra la Finalis nei
modi autentici, mentre ad una terza o quarta sopra nei modi plagali (questo suono non
poteva essere il Si).

Foto modi ecclesiastici

Tropi e Sequenze
I Cantori dell’impero Franco non si limitarono ad accogliere e ad assimilare la
tradizione liturgico-musicale romana, ma svilupparono nuove forme rituali e poetico-
musicali. Tali sono i Tropo, le Sequenze e i primi canti polifonici, che sono difatti
delle amplificazioni in senso orizzontale e in senso verticale.
I Tropi erano più frequenti nei canti della Messa, e consistevano in una sorta di
farcitura (appunto tropo vuol dire farcitura) del canto tramite i melismi che già
esistevano e attuando un lavoro di sillabazione di un nuovo testo su questi melismi
“vuoti” (ovvero vi era una sola sillaba per tutto il melisma). Musica e testo erano
quindi creati spesso simultaneamente e in maniera autonoma, ma i testi erano
comunque inerenti al canto in cui erano inseriti, essi erano un’amplificazione del testo
del canto.
Le Sequenze erano invece originariamente delle prose adattate all’andamento dei
melismi. Fu inizialmente utilizzato nell’ultima sillaba dell’Alleluia, detto Jubilus. Fu
poi utilizzato in altre parti della messa e divennero anche composizioni a se stanti
come lo Stabat Mater.
Questi durante la Contro riforma furono eliminati, tranne 5 sequenze.
Notazione musicale
Per l’intento della Romanizzazione, ovvero di creare un repertorio unico, è stato
necessario cercare di segnare l’altezza di ogni nota tramite convenzioni. Inizialmente
veniva indicata un’altezza orientativa con la notazione Adiastematica o “a neumi in
campo aperto”, in cui i neumi venivano indicati sopra il testo senza ancora alcun rigo
musicale, successivamente si cercherà di definire un altezza definita con la notazione
Diastematica.
Alla metà dl IX sec. risalgono le prime testimonianze di notazione Neumatica, che
differivano a seconda del luogo geografico.
Da metà del X sec. si comincia ad utilizzare una sorta di rigo musicale formato da due
righi di colore differenti , uno rosso per il Fa e uno giallo per il Do, fino a raggiungere
nell’XI sec. i 4 righi col tetragramma. Questa si può definire notazione Diastematica.
Nel Tetragramma venivano utilizzava all’inizio del rigo le chiavi di Do e di Fa, per
indicare la giusta posizione delle note.
Parallelamente a quella neumatica si sviluppò la notazione alfabetica che utilizzava le
lettere dell’alfabeto andavano dalla lettera A alla H e venivano segnate con le note del
tetracordo Re mi fa sol rovesciati e poste all’inizio del rigo.
Con il tempo si raggiunge sempre più accuratezza nell’indicazione dei suoni, fino ad
arrivare alla notazione quadrata, sulla notazione utilizzata nel monastero di Soleism,
Francia, fondato sull’equivalenza ritmica dei suoni eseguiti.

Deus, Deus meus. (Tractus)


Il Tractus è uno dei canti che si sostituisce all’Alleluia durante la quaresima e la
cerimonia dei defunti. È un canto interlazionario ovvero è posto tra due letture,
rappresenta uno degli strati più antichi della messa. Il testo è costituito da versi
salmodici. È un canto melismatico che ha procedimenti tipicamente della
centonizzazione, ovvero l’unione di incisi di diversa provenienza.
Il canto in questione è un canto per la domenica delle palme.
In assenza di una notazione scritta, il cantore avrebbe dovuto ricordare a memoria a
melodia, quindi i tractus condividevano delle caratteristiche simili:
• si intonava il testo prevalentemente sulla corda recita (Repercussio) Fa e di
avere come nota di riposo il Re (Finalis). Il modo in cui era eseguito dipendeva
dalla funzione del testo dei Si basava quindi su un modello detto “tipo
melodico”.
• aveva una formula melodica fissa per ogni verso (o comunque simili) nella zona
iniziale e finale simile
• il cantore sa quindi che dovrà usare la melodia in funzione di una giusta
declamazione del testo, deve quindi attenersi alla divisione in versetti del
salmo, inserendo una pausa tra un versetto ed un altro. Ogni versetto si
presentava quindi come una successione di quattro brevi segmenti melodici. La
melodia di ciascun versetto ha dunque 4 tappe fondamentali che possiamo
chiamare note cardine (re, do, fa, re) che evidenzia all’ascolto la suddivisione
in 4 parti. Tutte le parti tenevano quindi un profilo melodico simile detto
scheletro melodico fondamentale.
Queste caratteristiche consentono al cantore di imparare a memoria tutti i tractus.
Questo Tractus fa parte del Graduale triplex che è il libro che contiene i testi della
messa nonché una riproduzione del Gaduale romanum del 1098(?)MAMMAMIA
Davanti il tetragramma vengono indicati dei codici L90, che indica la notazione
Metenze di Leon con inchiostro nero e scritta sopra, e C90, che indica la notazione
Sangallese con inchiostro rosso scritta sotto.
All’inizio del tetragramma è indicata la chiave di Fa e a seguire la notazione quadrata.
Viene indicato la citazione biblica sopra il tetragramma con la dicitura P.S.
DO Rico
È composto nel secondo modo plagale ovvero l’ipofrigiommm poiché composto per la
settimana santa, mentre gli altri sono composti sull’ottavo modo. (ipomisolidio)
Questo Tractus in questione prelude alla passione di Cristo.
Graduale è un canto interlazionale e melismatico e fa parte anch’esso del proprium

Polifonia Sacra
Le prime fonti di polifonia scritta le possiamo trovare dal IX e XIII secolo. Non si sa
dove abbia avuto origine il canto simultaneo denominato successivamente
Contrappunto (Punctum contra punctum – nota contro nota), probabilmente questa
pratica era già utilizzata nel lontano Oriente.
Nelle prime fasi, la Polifonia è vista come una forma di tropatura musicale a livello
verticale e la prima pratica utilizzata fu quella della Diafonia ovvero di riprodurre la
melodia del canto ad un intervallo di quarta o quinta. Questo tipo di pratica venne ben
presto denominata Organum Parallelo.
La prima parte aggiunta detta Vox Organalis raddoppiava alla costante distanza di
un’ottava, di una quinta o di una quarta la Vox Principlis, ovvero il canto desunto dal
repertorio liturgico. Le prime testimonianze di questa pratica sono nel trattato
anonimo Musica Enchiriadis (Manuale di Musica) del IX sec.
In questo trattato viene espresso un tipo di polifonia in cui era possibile anche
raddoppiare più volte la vox organalis.
Per evitare l’intervallo di quarta eccedente, ovvero il Tritono che per i teorici
medievali era definito il “Diabulus in Musica”, era ammesso l’utilizzo degli intervalli
imperfetti, ovvero seconda e terza, e del moto obliquo e contrario.
Il procedimento della voci per moto contrario e il moltiplicarsi dei rapporti e delle
combinazioni possibili tra la voci vengono poi codificati nel 18° e 19° capitolo in un
altro trattato ovvero il Micrologus di Guido D’Arezzo, dove è permesso l’incrocio
delle parti e l’uso degli intervalli di terza e sesta.
Altre tecniche utilizzate erano quella del discanto ovvero le voci andavano in
omoritmia, nota contro nota, punctum contra punctum (da qui la parola contrappunto)
e quella dell’eterofonia, ovvero la vox organalis compiva dei veri e propri melismi,
mentre la vox principalis compiva semplicemente funzione di sostegno.
Da quest’ultima pratica, nel XII nell’abazia di San Marziale di Limonges e nella
cattedrale di Santiago de Campostela, si sviluppa un nuovo tipo di polifonia detta
Organum melismatico. Qui le voci non avevano più un andamento in contrappunto (o
discanto), ma ad ogni nota della parte inferiore (detto tenor poiché “teneva” la
melodia Liturgica) corrispondevano più note nella parte superiore (vox organalis), che
così assumeva un carattere di spicco rispetto al tenor. Questa pratica era
maggiormente utilizzata delle parti cadenzali e nella penultima sillaba del testo.
Spesso sul Tenor che fungeva quindi da Bordone (molto utilizzato anche della
tradizione popolare) si sovrapponevano dei tropi, ovvero delle parti intonate dal
duplum (vox organalis) che arricchivano il canto liturgico dando vita ai Tropi
simultanei.
Il Tenor aveva quindi due funzioni, quella di bordone nelle pati in cui manteneva la
nota tenuta, ma anche melodica nel momento in cui la composizione liturgica
preesistente presentava un melisma, a questo punto le voci precedevano alla stessa
velocità in stile di discanto. Queste parti vennero chiamate Clausole e diedero l’incipit
alla nascita del mottetto.
Dal XI sec. si trovano i primi manoscritti di musica polifonica non più solo destinati ai
monasteri ma anche alle scholae cantorum delle cattedrali, un esempio è il Tropario di
Winchester che comprende più di 150 organa a due voci, di cui 19 tractus, 53 Alleluia
e 59 Responsori.
La polifonia più complessa era affidata ad un gruppo ristretto di cantori, formati nelle
scholae cantorum che possedevano particolari doti vocali solistiche. Ad essi si
alternava il coro che continuava ad essere monodico.
Ars Antiqua: Scuola parigina di Notre Dame
La Francia in questo periodo era un luogo molto fiorente culturalmente grazie alla
reggenza dei re Luigi VI e Luigi VII con cui la Francia raggiunse la stabilità politica e
la successiva reggenza di re Luigi Augusto, che si occupò in primis della cultura e
della costruzione delle nuove cattedrali Gotiche, tra cui Notre Dame.
Fu in questo periodo, Anonimo IV (teorico inglese) a descrivere in maniera analitica
le composizioni polifoniche utilizzate citando due figure della scuola parigina,
Leonino, abile compositore di Organa, che compose il “Grande Libro Dell’Organum”
ove raccolse molteplici organum melismatici, e Perotino, grande compositore nello
stile di discanto, che fece dei rifacimenti di questo libro utilizzando fino quattro voci
che si posero in sostituzione alle clausole originali. Di questo non ci sono
testimonianze originali ma solo trascrizioni successive, e arrivano a noi divisi in tre
parti, una di queste è alla biblioteca Medicea laurenziana di Firenze.
A Perotino va quindi attribuito il merito di aver introdotto gli organa a 3 o 4 voci, di
aver arricchito il discorso polifonico delle clausole con schemi ritmici assai variegati e
con ampi intervalli melodici e di aver conferito al Tenor valore costruttivo.
Egli fu anche autore di Conductus a una, due e tre voci, composti talvolta su testi
profani. I Conductus Polifonici venivano costruiti su un Tenor non liturgico oppure
appositamente composto, mentre le altre voci cantavano le stesse parole
simultaneamente. I Conductus polifonici del XIII sec. Erano caratterizzati da una
scrittura prevalentemente sillabica, ossia nota contro nota, con frequenti incroci fra le
voci, secondo il criterio della moltiplicatio e dell’amplificatio. Sono considerati il
primo genere medievale in cui il compositore poteva creare liberamente tutte le voci
senza basarsi su una musica esistente. Difatti lontano dalle solite pratiche del periodo,
questo genere fu abbandonato nel XIV sec.
Il Contributo maggiore che viene data dalla scuola di Notre Dame è quella
dell’ideazione di una sistema ritmico che si basa su due figure, longa e brevis,
suddiviso in 6 modi differenti detto Notazione Modale. Questi servivano come punto
di partenza per le variazioni che si attuavano durate il canto. I più utilizzati erano il
primo, il quinto e il sesto:
0 0 0

Mummia
foto modi ritmici

Tali modi venivano identificati dai cantore non da segni specifici, ma dalla
disposizione dei vari neumi gregoriani (detti all’epoca ligaturae)
Viderunt Omnes Perotino - Graduale
Le parti solistiche del Viderunt Omnes sono in Polifonia ovvero le parole Viderunt ed
Omnes. Qui nella parola Viderunt viene applicato l’organum melismatico mentre nella
-

parola Omnes viene utilizzato l’organum in discanto. Mentre le parti corali sono in
-

monodia. " "


Si trova in uno dei manoscritti più antichi. Grande Libro degl' organo riferito da Padrino
Vengono utilizzati più schemi ritmici come il primo, il quinto e il sesto
nelle parti polifoniche
Leonino
principali )
il viderunt (Vox organdis
compone omnes a 2 voci e Vox s in ettoforte
Mentre Paolino
aggiunge a voci utilizzato
Organum melisnatici e in
discanto
stessa nella seconda sezione (
parte monodica)
cosa
dopo la utilizza la scrittura
dell' discanto tranne
Organum in
alcune parole Dominion che utilizza l' nelisnatico ( Thor
per come
Organ ha un milione
tutte le voci sera in

discanto .

Didattica dall’ars antiqua alla solmisazione


Vi è la necessità di avere metodo di insegnamento e didattico non solo per i monasteri
ma anche per l’insegnamento nelle schole cantorum delle cattedrali.
Si crea quindi una teoria musicale che va dal al IX al XII sec.
A partire dal XII sec. con l’insegnamento della musica anche dell’ordinamento
accademico universitario, la didattica della musica si arricchì di un filone di trattati di
tipo speculativo e matematico che attinsero molto dalla dottrina di Severino Boezio
che fu il tramite tra la filosofia della musica Greca e quella Cristiana. Egli racchiuse
nei suoi 5 libri dell’opera De intitutione musica i pensieri della filosofia Greca. È
anche ideatore della divisione della musica in tre categorie: mundana, humana e
instrumentalis (ovvero quella pratica).
Egli mette al livello inferiore la musica instrumentalis, ovvero la teoria della musica
pratica di impianto pitagorico prodotta dagli strumenti. Metafisicamente superiore è
quella Humana, generata dalla natura umana e che permette l’equilibrio degli umori
del corpo. Il genere più perfetto di armonia è infine la musica mundana, quella
originata dal movimento delle stelle celesti e comprende l’armonia degli elementi e il
ciclo delle stagioni.
Tra altri Trattati importanti vi è Musica Speculativa di Jehan des Murs.
Le opere teoriche di Guido d’Arezzo risultano essere concepite tutte in funzione
didattica, ad esempio il Micrologus (ca.1026) che fu appositamente scritto per la
preparazione teoretica dei cantores all’esecuzione del canto liturgico. Esso dispensa
Vidennt

Parti in maniera polifonica


infatti preziosi consigli pratici.
Aggiungendo un tono al grave e uno all’acuto al tetracordo della scala diatonica
concepita da Hucbald nel XI sec. Guido d’Arezzo individuò un modo una formula
mnemonica per ricordare l’esatta intonazione dell’esacordo naturale (costituito da
quattro toni e un semitono fisso tra il terzo e quarto suono). Per questo intento egli
ricorse alla successione dei suoni nelle sillabe iniziali dei primi sei emistichi della
prima strofa di un inno a San Giovanni Battista, santo protettore della voce dei cantori
(ut, re, mi, fa, sol, la).
La Solmisazione consisteva nel poter impiantare questo esacordo naturale, su tutti i
suoni fino a ricoprire l’intera estensione della voce umana, creando così una
concatenazione di 7 esacordi concatenati. Le sei sillabe non indicavano un suono
preciso ma piuttosto fissavano la posizione di toni e semitoni. Quando gli esacordi si
sovrapponevano capitava che lo stesso nome indicasse più suoni, per questo ogni
suono venivano indicati con sillabe diverse, precedute dalla lettera alfabetica della
nota di base (G sol re ut).
In più gli esacordi venivano distinti a secondo del loro utilizzo all’interno del Si b
(detti esacordi molle) o del Si nat. (detti durum) o nessuno di essi (detti naturali).
Nel caso di melodie che superavano il limite di un esacordo nel XIII si ricorse alla
mutazione, che permetteva di passare da un esacordo ad un altro sostituendo la sillaba
di un esacordo con quella corrispondente allo stesso suono in un altro esacordo, in
modo che i semitoni venissero sempre denominati con le sillabe mi-fa.
Per facilitare l’apprendimento da parte dei cantori del sistema della solmisazione si
congegnò un sussidio didattico detta “mano Guidoniana” mai citata dei suoi scritti. In
questo sistema si distribuiva nelle falangi e nell’estremità della mano la successione
delle sillabe delle scale esacordali, non si sa però in quale maniera era esattamente
utilizzata, poiché nessun teorico ne fa menzione.
Il Mottetto
È la forma polifonica più importante del medioevo soprattutto a Notre Dame.
All’origine del Mottetto vi erano le clausole, ovvero delle sezioni in stile discanto,
cioè trattate in ritmo modale sia nel duplum (voce superiore) che nel tenor, e
corrispondono al punto in cui il tenor si incontra con un melisma che era quindi
fondato su una parola o una sola sillaba del testo liturgico preesistente.
La caratteristica fondamentale del Mottetto era quella di essere Politestuali. Difatti
essi sono realizzati aggiungendo una o due voci sopra il tenor liturgico preesistente
ovvero il Motetus (duplum) e il Triplum con un testo sempre liturgico, differente da
quello del Tenor, che enfatizzava quest’ultimo. Col tempo i testi aggiunti furono
invece di argomento profano amoroso in contrasto con il testo liturgico del Tenor, e
spesso in lingue diverse (latino o francese). A questo punto venne ormai visto come
composizione autonoma, e a volte il Tenor veniva eseguito da strumenti, perdendo
quindi la sua funzione liturgica.
Nelle Partiture dei mottetti le due voci superiori venivano scritte una accanto all’altro
in colonna con in basso il tenor, e non su tre righi come si scriverebbero oggi, per
economizzare sullo spazio della pergamena.
L’utilizzo dei valori musicali sempre più brevi nelle voci superiori indusse alla
trasformazione dello schema ritmico modale in quello mensurale descritto nel Ars
cantus mensurabilis, dove vi era una proporzione tra i valori.
I Testi dei mottetti potevano preesistere alla musica oppure essere adattati a melodie
preesistenti. La forma dei versi era di varia lunghezza e i due tesi pur essendo diversi
avevano comunque una tematica di riferimento (susseguirsi delle stagioni, amore…).
Prevalgono inizialmente i testi in Latino composti in lode alla Vergine, ma col tempo
il mottetto si allontana sempre di più dal contesto liturgico cosi che il latino venne
sostituito col francese e i testi erano per lo più di natura profana e si rivolgono ad una
piccola cerchia di musicisti e conoscitori, fino a diventare dominio degli ambienti
cortesi e borghesi.
Le voci visto che erano concepite in maniera orizzontale erano molto frequenti
dissonanze che erano risultato dell’indipendenza ritmica e melodica delle voci. Si
utilizzava ripetere due volte il frammento liturgico del Tenor, questo è un
procedimento che anticipa l’utilizzo dell’isoritmia nel mottetto del secolo successivo.
Col tempo il mottetto subì sostanziali modifiche, soprattutto in quelli di Pierre de la
Croix la voce del triplum divenne più incisiva ritmicamente arricchita da nuove figure
ritmiche e si affida ad un test con più sillabe rispetto alle altre voci.
Venne utilizzato anche un nuovo effetto detto Hoquetus che consiste nel far
corrispondere in rapida alternanza una pausa in una voce e una pausa nell’altra così da
creare un effetto singhiozzato.
Notazione Mensurale
Fu la scuola di Notre Dame ad introdurre in sede teorica un nuovo sistema mensurale.
Esso si basava su due modi uno ternario detto modi Perfecti e uno binario detto modi
imperfecti questi sono descritti nel trattato di Francone da Colonia “Ars cantus
mensurabilis” in cui standardizza e ordina il sistema modale chiarendo in maniera
definitiva il significato di Ligature.
I valori sono fissati con simboli ben distinti e furono introdotti i valori più piccoli di
semibrevis di forma romboidale che valeva la metà della brevis.
Nei Tripla (mottetti a tre voci) ci fu bisogno di fare uso di valori molto più piccoli,
tanto da fare corrispondere ad ogni breve da 2 fino a 9 semibrevis separate in gruppi
dal punctum divisionis (piccolo punto posto dopo la nota).
Fino al XIV sec. avevano dato preferenza quasi assoluta ai rapporti tra le note di tipo
ternario, ma adesso anche le suddivisioni binarie vengono ammesse a parità di diritto.
Le basi di questa nuova teoria furino poste da Jehan des Murs, il quale aggiunge anche
due nuove figure, la maxima e la minima.
Questa teoria fu accolta e proposta da Philippe de Vitry nel trattato Ars Nova, i cui
introduce dei nuovi segni per indicare le nuove misuro (prolazioni).
Il sistema consiste nelle diverse combinazioni di Tempus (rapporto tra breve e
semibreve) e Prolatio (rapporto tra semibreve e minima).
Ciascun rapporto può essere perfetto o imperfetto. I segni vengono creati per indicare
all’inizio del brano tali rapporti.
Il Tempus viene indicato dal cerchio intero se è di tipo perfetto ovvero con divisione
ternaria, e dal semicerchio se è di tipo imperfetto ovvero con divisione binaria, mentre
la presenza del punto indica la prolazio ternaria (maggiore, ovvero suddivisione
ternaria) mentre l’assenza la prolazio binaria(minore, ovvero suddivisione binaria). Il
taglio sul cerchio o sul semicerchio indica che tutti i valori vengono dimezzati (dal
XV sec.)
Le note colorate in rosso stanno a indicare un temporaneo cambiamento di misura. (da
ternaria a binaria e viceversa).

ammazzata

Viene ripetuto due volte ( la seconda volta senza pause) anticipando l' isoiitnia

Omnes de saba - Pierre de la Croix - Mottetto


Era un mottetto eseguito per il giorno dell’Epifania
Il Tenor è ovviamente di rifacimento liturgico (Annuntates) che è solo una parola
dell’intero testo.
Il Triplum ha un testo più lungo di quello del duplum e sono entrembi in lingua
stara
Alla fine del XIII secolo il mottetto fu ulteriormante sviluppato da petrus de Cruce, teorico e
compositore francese attivo in Francia ftail 1270 e il 1300-(l ruo nome
era pierre de la Croix,
latinizzato, come era consuetudine all'epoca, in Petrus de Cruce). Egli doto
il triplum dei mottetti di
note di minore durata in modo da dare maggiore rilievo ritmico a q-uesta voce,
accentuando quindi
ancor di piu l'indipenderuaitmicafra le parti.
Proprio di Petrus de Cruce è il mottetto che prendiamo in considerazione;
il brano presenta come di
consueto un tenor.preesistente e la parola "onnuntianfes" posta all'inizio
di questa voce ci indica
appunto la provenienza del frammento melismatico (per l'esattezzail
frammenio si sviluppa solo su
yna parte della parola). Duplum e triplum p.es"nturo testi diversi molto differenziati come
hughezza- che sono entrambi in francese antico e trattano tema amoroso. I due -
testi sviluppano lo
stesso argomento, collegandosi a loro volta con il significato
della parola del tenor: I'innamorato si
dichiara (" colui che si annunzia") ed è spinto u.ornforrc una canzone per
una donna bella e ,uggiu
alla quale offre amore e dedizione (lo spirito è quello dell'amor cortese
tipico dell,epoca).
Come possiamo notare le 3 voci hanno andamento ritmico marcatamente
diverso.
Il tenor procede a note lunghe secondo un modulo ritmico costantemente ripetuto, che nella
trascrizione moderna corrisponde a 4 misure complessive, di cui 3 presentano
una minima puntata
mentre la quarta è misura di pausa di corrispondente valore. euesto modulo ritmico è
Tu
chiaramente ancora collegato con la nàtazione modalé, in particolare
.oriit v modo (spondaico) la
cui cellula ritmica come sappiamo eruL + L (ogni tongà è perfecta). Da mis. 37
notiamo che la
melodia del tenor ricomincia da capo e si ripete per intéro, .irr*"rrdo soggetta
sempre allo stesso
modulo ritmico a cui pero, in questa seconda r..sion", sono state eliminate
le pause presenti nella
prima enunciazione della melodia. Preannuncia l' isoritmia
Questo principio di oryanrzzazione del tenor - ripetizione di uno stesso segmento melodico (a sua
volta sottoposto alla ripetizione di uno stesso modulo ritmico) - è molto
imiortante perchè permette
di cominciare gradualmente ad ampliare le dimensioni del mottetto màntenendo comunque
la
consuetudine di utilizzare come base della composizione un breve
frammento melodico.
Nel mottetto di De Cruce che stiamo prendendo in esame, questa costruzione
è ancora di eiementare
semplicità; l'andamento ritmico del tenor di questo mottetto infatti -
come abbiamo già detto - è
ancora chiaramente legato alla rigida ripetitività dello schema del
v modo ritmico. Nel corso del
Trecento' in seno all'Ars Nova francese, i compositori si ingegneranno
a creare moduli ritmici più
complessi e piu ampi^a cui sottoporre una o più ripetizioni del frammento
melodico affidato alla
voce del tenor: si af;flermerà così il mottetto isorilmico e isomelico
In alcuni casi addirittura
l'applicazione di questo procedimento verrà estesa anche alle altre
voci del brano. I teorici
medievali usavano i termini di talea e color per indicare rispettivamente
il modulo ritmico e quello
melodico (i termini isomelico e isoritmico apprrt"ngono inta-tti al lessico
musicale moderno).
Consideriamo adesso le voci superiori del mottetto ai p. de Cruce; il
duplum procede a valori più
mossi rispetto al tenor, mentre il triplum si caratteri zza per la prlsenza
particolarmente rapido ed è infatti la voce che deve intonare
di un andamento
il iesto pij funÀ6,
Duplum e triplum sono trascritti in un moderno 9/8, mentre il tenor èirascritlo
in %.
CoT: abbiamo già accennato il triplum di questo mottetto di P. De Cruce presenta
un ritrno molto
t-Tido; ciò è reso possibile da una novita ché era sta introdotta proprio
da de Cruce: Ia suddivisione
della breve da2 fino-a 9 semibrevi (ricordiamo che invece nella notazione di Francone
la breve
poteva suddividersi soltanto n2 o in 3 semibrevi)"
In pratica quindi con Petrus de Cruce vengono già introdotti valori più piccoli
della semibreve
(minima e semiminima),_ senza che però vi iia urrcora un simbolo grufr"o
àir"r.o dalla semibreve
per indicare questi valori più piccoli. Ed è infatti proprio -per evitare equivoci
all,atto
dell'esecuzione (non essendovi né indicazione di miswa, nè stangheite)
che petrus introduce anche
un dettaglio importante nella notazione_ dell'epoca: il punctus divisionis, un
semplice
^fru ma prezioso
puntino che separava fra loro i gruppi di semitrevi in modo da
indicare il limite a,r. pàrfezronr
(ogni perfezione ha sempre valore ternario). Nel triplum di questo
mottetto sono infatti presenti
raggruppamenti che contengono fino a 7 "semibreui"; lu notazione
originale è visionabile nel
facsimile del manoscritto che riporta l'inizio di questo mottetto; qui è possibile vedere come tutti i
ragguppamenti sono espressi sempre col medesimo segno della semibreve, ma la delimitazione tra
maperfezione eL'alfia ottenuta tramite il punctus divisionis consente di calcolare l'esatto valore dei
suoni appartenenti ad ogni raggruppamento (in base a questo principio alcuni di questi
raggruppamenti nella moderna trascrizione si inseriscono come gruppi irregolari
settimina - rispetto all'indicazione di misura).
- quintina e

Poiché costantemente su ciascuna delle note della melodia det triplum viene intonata una sillaba, ne
consegue che nei punti in cui si hanno raggruppamenti di molte note (vedi le quintine o addiriuura
la settimina) si verifica un caratteristico effetto di "rapido parlando" che contrasta con i punti di
andarnento più lento (e quindi più melodico); ciò conferisce a tutto I'insieme un generale
andamento discorsivo.
Armonicamente quinte e ottiave sono le consonanze prevalentemente preferite sui tempi forti,
nonché sui punti di riposo. Terze e seste, pur comparendo con frequenza, secondo una tendenza che
si farà più marcata nel corso del XIV secolo, sono considerate instabili. Alla fine del brano troviamo
la caratteristica formula cadenzale della musica medievale che presenta già il moderno ruolo della
sensibile nella voce superiore (per una descrizione più dettagliata di questa formula cadenzale vedi
scheda sulla ballata di Landino).

BALLATA « Questa fanciulla Amor, di F. Landinf


Originariamente il termine ballata indicava una composizione monodica destinata ad
a§compagnarc il ballo in tondo, caratteizzata da un ritornello eseguito dal coro dei danzatori a cui
si alternavano le strofe cantate da un solista. Nel corso del XIII secolo la ballata si emancipò
gradualmente dal suo legame con la dw:u:a e si cristallizzò in forma lirica grazie anche alf influsso
della poesia del "dolce stil novo". Di queste ballate monodiche non rimane purtroppo quasi
nessuna musica, probabilmente perché le melodie non venivano messe per iscritto, ma
affidate alla tradizione orale. ".ano
Oltre ad avere ampia diffi.rsione nel genere profano, la ballata monodica del Duecento esercitò
profondo influsso anche sulla musica devozionale: la laud4 infatti, prese a modello proprio [a forma
della ballata con la sua caratteristica alternatuafra ritornello corale e strofe solistiche.
Fu soltanto a partire dal 1360 circa che la ballata acquistò definitivamente la veste polifonica e si
impose come la forma piu raffinata e matura dell'Ars Nova italiana, soppiantando sia il madrigale
che la caccia.
La storia della ballata polifonica italiana del Trecento è strettiamente legata alla figura di Francesco
Landino, musicista cieco vissuto a Firenze fra il 1325 e il 1397, ammiratissimo dai contemporanei
che infatti lo definivano 'ocieco degli occhi ma dall'animo illuminato". La fama di Landino era
legata sia alla sua attività compositiva sia alla sua eccezionale abilita come organista (tra i
contemporanei era noto anche come 'oFrancesco degli organi"). La fama di Landino è testimoniata
anche dallo scrittore Giovanni da Prato che 1o inserisce fra i personaggi del Paradiso degli Atberti
(opera letteraria scritta verso la fine del Trecento e strutturata come il Decamerone). Nei vari
episodi di quest'opera Landino è sempre citato mentre canta accompagnandosi con "l;organefio"
(l'organo portativo) e della sua musica viene sottolineata in particolare l'armoniosa dolceiza, tale
da provocare in chi lo ascoltava la sensazione che "il cuore per sovrabbondante letizia dal petto
uscir glivolesse".
La produzione di Landino mostra sia qualitativamente che quantitavamente come la ballata fosse
divenuta il genere musicale più importante dell'epoca; su un totale di circa 150 composizioni
infatti, ben 140 sono ballate, di cui un terzo è a 3 voci e il rimanente a2 voci; oltre alle Lallate ci
restano anche I caccia, una dozzina di madrigali e I vireali.
Schema

Ufficio la liturgia delle


ore
) C- 7 Messa
t e in
Antifona Ordinari
Pioprivn

testi dei corsi

Breviari un → testi di
Ù
ogni
dell' anno
periodo tu
.

Non cambia
Cambia seconda del
a

periodo dell' anno .

t
Tracks
Graduale Annie
-

Notazione →
Romanizzazione ( necessità di SCRITTO )
creare un
repertorio unico
↳ D Not Adiastenetica No
righi (A )
H

/

Alfabetica
Notazione
.
-

2) Not Diademate → Da righi un


giallo Fa e uno rosso D.
2) telegramma 4
righi con chiavi di fa e Do .

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