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- cos’è la filologia germanica?

→ La Filologia germanica è la scienza che studia e


interpreta le testimonianze scritte di quelle civiltà che hanno avuto origini comuni nel
mondo germanico antico e che tali origini riflettono nella loro successiva evoluzione.
La Filologia Germanica è soprattutto insegnamento di carattere storico e in un certo
senso “interdisciplinare” in quanto il testo, per essere correttamente interpretato deve
essere studiato non solo per se stesso, ma nell’ambito del contesto culturale coevo.
Le lingue germaniche che posseggono una documentazione antica rilevante tale da
consentirci l’individuazione di elementi culturali caratteristici sono: il gotico lingua
oggi estinta testimoniata nel IV-VI sec d.C. e unica rappresentante delle lingue
germaniche orientali; l’inglese, il tedesco, il nederlandese (olandese e fiammingo) e il
frisone che costituiscono il gruppo germanico occidentale; l’islandese, il norvegese,
lo svedese e il danese che formano il gruppo germanico settentrionale.
- storia della filologia germanica→ L’interesse per le antichità germaniche in generale
nasce nel mondo moderno con l’Umanesimo e la Riforma. In Germania ci fu la
riscoperta di Tacito (1455) che cominciò a stimolare l’attenzione per le proprie origini
e un atteggiamento veramente filologico verso gli antichi testi in lingue germaniche
che venivano alla luce nel corso di ricerche antiquarie; mentre si verificò in Europa
solo più tardi e principalmente in Olanda tra il XVI e XVII sec un fecondissimo centro
di ricerche storiche e filologiche. Justus Lipsius pubblicò tra l’altro la preziosa
versione dei Salmi in basso frantone, che costituisce la prima testimonianza della
futura lingua olandese e a Franciscus Junis linguista e filosofo che si occupò di
anglosassone, tedesco antico, frisone e gotico, si deve la pubblicazione integrale del
Codex argentus della Bibbia gotica mentre nel nord dell’Europa l’attenzione degli
studiosi comincia a rivolgersi all’antica letteratura nordica, alla poesia eddica e alle
saghe. Possiamo parlare di nascita di una filologia germanica come scienza solo agli
inizi dell’800, con la scoperta romantica delle origini e della storia e con
l’impostazione di un atteggiamento scientifico per l’osservazione dei fenomeni
letterari linguistici. Fu J.Grimm il famoso raccoglitore di tradizioni popolari che diede
con la sua Deutsche Grammatik la prima esposizione scientifica dei fenomeni
linguistici comuni a tutte le tradizioni germaniche, riordinando in una trattazione
specificamente dedicata alle lingue germaniche le geniali scoperte dei linguisti
precedenti (Bopp, Rask). Gli interessi di H. Paul andarono al di là del campo
strettamente linguistico con la fondazione del Grundriss der germanischen Philologie.
Parallelamente agli interessi linguistici si approfondì nel corso dell’800 positivista
l’analisi dei testi dal punto di vista filologico con le grandi accuratissime edizioni
critiche dei monumenti più insigni delle letterature germaniche antiche; tra le grandi
raccolte ricordiamo Altdeutsche Textbibliothek e Bibliothek der angelsaechsischen
Prosa e le edizioni inglesi della Early English Text Society tuttora in continuazione.
Si ha inoltre realizzazione di numerose opere specifiche dedicate a diversi settori
quali: la metrica, l’epica, la religione o il grande dizionario di antichità germaniche
Reallexikon der germanischen Altertumskunde di J.Hoops. Nel campo letterario si
registra ora un rinnovato interesse per i testi inglesi antichi che ha portato soprattutto
gli studiosi anglosassoni ad una rilettura dei singoli testi alla luce di una visione
storicamente e culturalmente più ampia della tradizione letteraria.
- cos’è il germanesimo? → Quando parliamo di “germanesimo” ci rifacciamo
consapevolmente o no al concetto di appartenenza di determinate lingue ad uno
stesso gruppo e “germanico” può essere definito solo ciò che si riferisce ad un
ambito culturale caratterizzato e delimitato dall’uso di tali idiomi. La letteratura
nordica comincia ad essere fissata per iscritto nel XII-XIII sec ma conserva una
tradizione orale di almeno due secoli precedente; i primi testi scritti in inglese e
tedesco sono nell’VIII sec d.C.. Le lingue attestate in questi primi documenti sono
molto più vicine tra loro rispetto alle fasi moderne sia sotto l’aspetto grammaticale,
sia per quanto concerne il patrimonio lessicale fondamentale. [come lingue romanze
provengono da latino] Questo importante risultato fu una delle mete più importanti
raggiunte dai linguisti nei primi decenni dell’800 con utilizzazione del metodo
storico-comparativo. Secondo la tradizione storica ed etnografica greca, le
popolazioni abitanti nel Nord dell’Europa di cui peraltro si conosceva molto poco, si
suddividevano in due gruppi etnici: i Celti a Ovest e gli Sciti a Est. La considerazione
dei “Germani” come unità etnica a sé stante e di una definizione del loro territorio
appaiono per la prima volta nel De bello gallico di Cesare; il quadro che egli offre
della situazione etnico-geografica del Nord-Ovest dell’Europa non sia del tutto
obiettivo ma spesso condizionato dai suoi interessi politico-militari. Scarso è inoltre
l’interesse che Cesare dimostra per i costumi dei Germani, le poche notizie sul livello
della loro civiltà si rifanno per lo più ai tòpoi dell’etnografia greca sui popoli del Nord
dell’Europa mentre non si fa alcun cenno alla loro lingua. Il Reno divenuto ormai in
gran parte grazie ai Romani effettivo confine politico tra la “Germania” e la Gallia
romanizzata. Grazie a Plinio abbiamo passi sui territori abitati dai Germani contenuti
nella Naturalis Historia ma è soprattutto in Tacito che appare con evidenza la
consapevolezza nelle popolazioni germaniche di costituire un’unità in senso etnico
ed in parte anche politico. D’altro lato nei singoli casi si attribuisce alla posizione
geografica, alle istituzioni, ai costumi e massimamente alla lingua, valore di
testimonianza definitiva sull’attribuzione di determinate popolazioni al gruppo
germanico. Perciò Tacito pur attingendo alla tradizione etnografica antica, può
sottolineare nei suoi Germani gli aspetti che si possono agevolmente contrapporre ai
Romani contemporanei, avviati verso un’epoca di decadenza: soprattutto moralità di
costumi, spirito fiero e indipendente sia per quanto riguarda le istituzioni interne che i
rapporti con i vicini, sono per Tacito e per la storiografia rinascimentale e moderna
che a lui si rifarà, le caratteristiche tipiche dei Germani. La scelta dei dati è
comunque condizionata in Tacito dal suo interesse storico-politico; mancano notizie
non generiche sulla situazione geografica ed economica, dati precisi sui monti e
fiumi, città e fortificazioni. Tale lacuna nei documenti storici può essere può essere a
volte colmata, malgrado l’incertezza della tradizione, dalle note ricavabili da opere di
compilazione quali quelle di Strabone (I sec a.C.) e Tolomeo (II sec. d.C.). A partire
dal IV sec mentre si frantuma in ogni suo aspetto la vita culturale dell’impero
scompare la visione di un mondo germanico compatto, proprio in seguito
all’affermarsi delle singole popolazioni che rappresentavano volta per volta il pericolo
più immediato per le varie parti dell’impero. Si perde dunque il concetto di
germanesimo come unità tecnica e culturale ed il termine stesso “Germani” esce
dall’uso comune pur restando in quello letterario; si preferiscono infatti denominazioni
più precise (Franchi, Alemanni, Goti, Vandali) che non indicano più dei sottogruppi
ma nuove unità politiche. L’esame delle varie fonti ci fa presupporre una vera e
propria unità culturale tra le tribù germaniche intorno agli inizi dell’era volgare. Nella
valutazione dei dati storici a noi disponibili bisogna operare una prima suddivisione,
distinguendo: 1) le notizie che provengono dall’epoca precedente le grandi invasioni
e che riguardano quindi direttamente i Germani intesi come un mondo culturale
relativamente compatto; 2) quelle più tarde che si riferiscono invece in particolare a
singole popolazioni e potranno interessare il germanesimo culturale nel suo insieme
solo se si trovano attestate in più di una tradizione. Ad esempio la leggenda del
fabbro welund a cui alludono alcune strofe dell’elegia anglosassone di deor e che
ricompare alcuni secoli più tardi nella nordica Wolundarkvida non può essere
attribuita tout court all’antico patrimonio mitico germanico considerato astrattamente,
ma si può spiegare anche come motivo letterario diffusosi nell’ambito delle relazioni
culturali tra l’Inghilterra settentrionale e il mondo nordico; è sempre possibile che
entrambe le tradizioni abbiano attinto ad una fonte comune. Le prime espressioni
letterarie dirette di ciascuna delle lingue germaniche attestate sono state per lo più
sollecitate ed in parte condizionate dall’impatto con la civiltà romano-cristiana. Per
mezzo della scrittura e della lingua latina la cultura scritta si diffonde nei primi secoli
verso il nord dell’europa esclusivamente attraverso il tramite della Chiesa, custode e
mediatrice della tradizione grafica lungo tutto l’alto medioevo.
- religione → 1) Cesare: sintetizza le sue conoscenze sui costumi religiosi dei germani,
tende ad attribuirgli un atteggiamento religioso alquanto primitivo, addirittura privo di
rituali caratteristici dedito al culto degli elementi naturali e principalmente al sole e
lontano da una rappresentazione antropomorfa delle figure divine. 2) Tacito: egli
attribuisce alla venerazione dei Germani un pantheon reciso con una triade di divinità
maschili identificate con i romeni Mercurio, Ercole e Marte, e una divinità femminile
identificata con Iside, oggetto di culto soprattutto tra gli Svevi. Dedica anche capitoli
alla descrizione delle pratiche di divinazione, alle funzioni sacerdotali, e a riti e culti
singolari caratteristici di alcune popolazioni tra cui il culto proprio dei Semnoni e un
altro capitolo in cui appare la venerazione per la divinità femminile Nerthus (terram
matrem) comune ad alcune popolazioni prospicienti il nord.
Sulla triade divina abbiamo una documentazione ampia e eterogenea. Il dio in cui
Tacito riconosce il Mercurio romano è Wodan-Odino. L’identificazione con mercurio è
confermata nelle lingue germaniche dal calco che traduce il nome del quarto giorno
della settimana “mercoledì” dal lat. Mercurii dies “giorno di mercurio: anglosassone
Wodnesdaeg, inglese Wednesday. È divinità venerata in tutto il mondo germanico a
lui fa riferimento una delle più antiche formule magiche tedesche dette di Merseburg,
che allude ad un mitico episodio in cui Wodan seppe guarire con l’opportuna formula
la slogatura di un cavallo e il suo nome compare con dovizia di esempi nella
toponomastica nordica e anglosassone. La figura di Odino ha una personalità assai
complessa e capricciosa: da un lato è il dio-mago, custode della sapienza e della
forza magica della parola; dall’altro è l’ispiratore dell’impeto bellico del “furor” audace
e irrazionale, conduce gli eroi morti in battaglia nel Walhalla dove essi seguitano a
combattere. Anche Odino assume la funzione di re e padre degli dei. Il Dio che Tacito
chiama Ercole è il germanico Donar-thor (sinonimi dei nomi germanici che indicano il
“tuono”). La prerogativa di dio della tempesta e dei fenomeni naturali è confermata
dalla tarda testimonianza di Adamo di Brema. In base a tale caratteristica il dio è
stato in epoca romana più spesso identificato con Giove, oltre che in qualche caso
con Ercole, come nella testimonianza tacitiana, che sottolinea forse l’aspetto di
esuberanza fisica, cui alludono diffusamente i poemi norreni, i quali ci presentano
costantemente nella figura di Thor l’eroe fortissimo e benefico, uccisore i mostri e
giganti. Il nome del “giovedì”, lat. Jovis dies compare nelle lingue germaniche come
“giorno di thor” il che dimostra la diffusione del culto di questo dio in epoca antica
anche nella area germanica occidentale. Più scura e complessa è la figura che tacito
identifica con Marte e che corrisponde certamente al nordico Tyr e ai nomi che si
ritrovano nei calchi germanici per il terzo giorno della settimana, secondo il lat. Martis
dies “martedì”: ingl. Thursday, antico frisone tiesday. l’etimologia del nome ascia
pensare che questa divinità occupasse un tempo una posizione molto più importante
della semplice funzione guerriera rivelata dalla sua identificazione con marte. Fu
identificato anche con un dio onorato dai Semnoni, approposito di cui tacito racconta
che nel bosco lui tacito nessuno poteva entrare se non con le membra legate in
segno di totale sottomissione.
Tacito indugia a descrivere dettagliatamente il culto attribuito alla divinità femminile
Nerthus. La dea nascosta in un carro coperto da un velo e trascinato da giovenche,
veniva portata in processione tra i popoli a lei devoti, donando grande gioia e pace
assoluta, finchè alla fine il carro e la divinità stessa venivano purificati nelle acque di
un lago dove morivano affogati gli stessi schiavi che avevano prestato servizio
durante l’abluzione. Particolarmente notevole è il fatto che il nome Nerthus ritorna
esattamente, ma al maschile, nel dio nordico Niordr capostipite della stirpe divina dei
Vani, padre di Freyia e Freyr a sua volta venerato a Uppsala come dio della
fecondità. Un’altra antica divinità femminile, anch’essa probabilmente di carattere
conio è la dea Tamfana ricollegabile al greco “signora, padrona” cioè “signora di tutti
gli esseri”. Questo contrasto tra due tipi di religiosità è espresso nella mitologia
nordica dal racconto della guerra e successiva pacificazione tra due stirpi divine,
quella dei Vani e quella degli Asi a cui appartengono Odin, Thor e Tyr.
La religione dinamica e guerriera degli Asi portata dalle genti indoeuropee, avrebbe
avuto la meglio sul culto autoctono dei Vani, caratteristico della civiltà agraria
preesistente. E’ innegabile che il dualismo Asi-Vani interpreti con molta evidenza gli
elementi contrastanti che, qualunque sia la loro origine, dovevano coesistere
all’interno della religiosità germanica fin dai tempi molto antichi, come appare da
Tacito e dagli autori classici e che riaffiorano poi con una nuova evidenza nelle
posteriori leggende nordiche.
- problemi di interpretazione → 1) Il contrasto tra Cesare e Tacito si può spiegare
almeno in parte pensando alla differenza cronologica tra le due testimonianze,
soprattutto se consideriamo l’enorme evoluzione compiuta dai Germani proprio in
quel periodo, tra il I sec a.C. e il I d.C.; in questi anni soprattutto attraverso le
relazioni, pacifiche ed ostili, con Galli e Romani, i Germani hanno sviluppato una
nuova capacità dinamica, rendendo più espliciti e quindi manifestati al mondo
esterno certi atteggiamenti spirituali e religiosi dapprima inosservati, e forse
modificando in senso più attivo ed aggressivo i loro ideali umani e religiosi. Bisogna
tenere conto anche che della vastità del territorio e del frammentarismo delle tribù
germaniche quale appare anche da Tacito malgrado riesca nella sua sintesi a
mettere in luce i caratteri comuni. Sembra che le tribù germaniche comincino proprio
in questo periodo a realizzare delle associazioni stabili di natura prima religiosa che
politica, delle anfizionie (nell’antica Grecia lega delle città circostanti un luogo
d’interesse religioso per tutela di interessi comuni anche politici) che si caratterizzano
per il comune culto a singole divinità; ma è proprio questo fatto che mette in luce
anche la netta opposizione tra grandi gruppi di tribù dediti a culti diversi, all’interno di
alcuni atteggiamenti comuni. Poco o nulla sappiamo inoltre di come si riflettono nella
mentalità religiosa le differenze di classe o addirittura di casta, che pure dovettero
esistere anche in tempi antichi, come dimostra ad es. la suppellettile delle tombe,
estremamente modesta per lo più, ma a volte abbondante e ricchissima. 2) E’
notevole la varietà degli usi funebri rivelata dalla ricerche archeologiche, sia nei vari
periodi successivi a partire dall’età del bronzo, sia nella stessa età del ferro in cui si
praticavano contemporaneamente l'incenerazione e vari tipi di inumazione, e si
allude in più modi al passaggio tra la vita e la morte e al viaggio verso l’aldilà,
ponendo ad esempio accanto al defunto da mangiare e da bere o seppellendo i
personaggi di rango più elevato nelle splendide tombe naviformi. 3) A ciò si aggiunga
il fatto che i Germani dovettero subire in vario modo l’influsso di altre religioni vicine,
per lo più a noi poco note e questi contatti non furono certamente uniformi per tutte le
tribù disseminate sul territorio germanico, ma agirono in modo diverso a seconda
della posizione geografica e di altre situazioni contingenti, più o meno conosciute.
Risente ad es. della vicinanza di analoghi culti celtici la devozione di alcune divinità
femminili dette Matronae o Matres cui è dedicato un notevole numero di iscrizioni
latine nella zona renana. Sono raffigurate più frequentemente in numero di tre e i loro
appellativi anche se presentano notevoli problemi di interpretazione, in alcuni casi
rivelano struttura ed etimo di origine chiaramente germanica. 4) La figura stessa di
Odino presenta caratteristiche contrastanti: nelle fonti nordiche infatti assume
atteggiamenti di tipo vistosamente sciamanico che sono stati attribuiti ad una
presupposta origine nord-orientale del suo culto. Le affinità con il dio celtico Lug
l’identificazione con Mercurio, riconosciuto dagli antichi come dio supremo anche dei
Galli e la frequente associazione con le Matres, testimonierebbero in epoca più
antica in favore di una profonda influenza celtica nello sviluppo della figura di Odino.
Il culto di Odino (e degli Asi) potrebbe essersi diffuso gradualmente fino alle regioni
più appartate del mondo germanico, fondendosi con la primitiva religione “vanica”. Il
risultato ultimo di questo sincretismo si rispecchierebbe nel mondo mitologico
nordico, dove da un lato gli dei Vani si personalizzano rivelando più spiccate
caratteristiche individuali, dall’altro gli stessi Asi assumono nuove funzioni di tipo
“vanico”. Nel mondo religioso germanico, preso nel suo insieme, gli attributi di
ciascuna divinità si confondono spesso e si accavallano tra loro; e ciò avviene in
modo così vario e dipendente dalle circostanze caratteristiche di ogni singolo mito,
che risulta spesso forzoso inserire le figure divine in uno schema preordinato. Una
tripartizione funzionale, basata sulla suddivisione per classi della società umana; e
riconosce precisamente una funzione di sovranità con un aspetto duplice, giuridico e
magico, una funzione militare ed una funzione di protezione della vita agricola e
pastorale e identifica la prima in Tyr e Odino, impersonanti il dualismo della funzione
sovrana, la seconda in Thor e la terza nelle divinità vaniche, cui alluderebbe già
Tacito con il suo accenno a Iside e alla dea Nerthus.
- elementi caratteristici della religione germanica → La venerazione per la triade
maschile e la predominanza di Odino sugli altri dei sono già state ricordate come
attribuibili a tutti i Germani nel loro insieme. Varie caratteristiche esterne al culto sono
comuni a tutti i Germani ad es. la pratica di sacrifici, soprattutto dei bottini e
prigionieri di guerra, il culto dei boschi e delle piante, la divinazione per mezzo di
bastoncini iscritti o attraverso l’interpretazione dei nitriti e dei fremiti dei cavalli o
ancora la venerazione verso le facoltà profetiche delle donne. Gli dei sono sempre
chiamati ad intervenire direttamente nella vita degli uomini; si cerca di interpretarne
le intenzioni e soprattutto di sollecitarne il benefico aiuto per ottenere o la vittoria in
caos di guerra o la prosperità e l’abbondanza in tempo di pace. Il re dove esiste ha
una funzione oltre che civile, e funge in qualche caso da mediatore dell’aiuto divino,
spesso si trova in rapporto di parentela con la divinità, come attestano le genealogie
tradizionali dei sovrani Ostrogoti, detti discendenti degli Asi o di famiglie regnanti
svedesi e anglosassoni, il cui capostipite è riconosciuto in Odino. Le assemblee e le
attività giuridiche sono sempre affidate alla protezione delle divinità e il loro esito
dipende dall’approvazione divina. La vita individuale dell’uomo germanico è guidata
da atteggiamento di fede cieca e di conseguente spiccato fatalismo verso le decisioni
degli dei. Tale profonda integrazione della sfera è intuibile anche nella scelta del
nome generico per “dio” operata dal sistema lessicale di tutti i dialetti germanici. E’
essenziale un “potere” chiamato a intervenire nella vita attiva dell’uomo e da lui
utilizzato secondo determinati rituali per ottenere benefici concreti.
- società germanica → Ricordiamo che solo Tacito tra le fonti antiche dedica ai costumi
dei Germani in generale una trattazione ampia e documentata. Nonostante diverse
situazioni storiche, si possono sviluppare costumi ed usanze identici, che non sono
comune conservazione di un sistema più antico o riflesso di contatti esclusivi, ma
semplicemente lo sviluppo indipendente di esigenze naturali e di premesse affini. Per
questo vedremo come certe istituzioni comuni a tutti i Germani siano proprie anche di
altre popolazioni soprattutto a nord dell’Europa. 1) famiglia = la Sippe, intesa nel
senso più ampio, come gruppo cioè che si riconosce nella discendenza da un
antenato comune. Questa coscienza di un superiore interesse collettivo, in cui la
personalità dell’individuo passa in secondo piano, è alla radice di atteggiamenti
caratteristici dell’uomo germanico, quali la vendetta di sangue e le faide famigliari
sentite come obblighi giuridici che inducono, nel caso dell’assassinio di un parente,
ad uccidere l’omicida o un suo congiunto, quasi gli individui siano considerati
intercambiabili nello spirito dell’appartenenza alla stessa collettività familiare. Forte
importanza di entrambe le linee di parentela, sia materna che paterna; 2) Il
“comitatus” = Mentre nella Sippe e nelle altre organizzazioni collettive vale per lo più
un principio di eguaglianza, il comitatus si regge su di un rapporto gerarchico, non
solo tra capo e guerrieri ma anche tra i membri stessi del seguito, in un continuo
sforzo di emulazione, per la conquista di sempre maggior stima da parte del princeps
e di preminenza all’interno del gruppo. Il comitatus può prestare la sua opera non
solo presso la popolazione in cui è nato, ma, come afferma Tacito, anche presso
altre nazioni, dove esista uno stato di guerra e quindi possibilità di bottino; Questo
tipo di associazione non si fonda su legami di sangue, ma su di una libera scelta in
base alla quale il capo ed il suo seguace stipulano quasi un patto di adozione: il
princeps si impegna a proteggere e mantenere il guerriero (comes) e ad offrirgli con
liberalità banchetti e doni prestigiosi. In cambio il comes combatte per acquistare
fama e potenza al suo capo. I valori che reggono questo rapporto sono quelli
dell’onore e di una assoluta lealtà reciproca che in una specie di gran eroismo,
inducono da un lato il capo a ricercare imprese sempre più audaci che gli assicurino
potenza e ricchezza da elargire, dall’altro i membri del comitatus ad essergli fedeli ad
ogni costo tanto da affrontare la morte con lui. Nel periodo tra la testimonianza di
Cesare e quella di Tacito si verifica un incremento vivacissimo dei rapporti
commerciali, come rivela il reperimento di oggetti di lusso, di origine gallica e romana
non solo lungo il Reno e il Danubio ma anche nelle zone interne della Germania e
della Scandinavia. Diventa simbolo di potere il possesso dei beni, rappresentati non
solo da capi di bestiame ma ora anche da oggetti preziosi e suppellettile raffinata e
per acquistare sempre maggior prestigio i membri della classe aristocratica tendono
ad accumulare privatamente ricchezze, che la struttura del comitatus li costringerà
poi a ridistribuire, ma sempre sotto forma di un compenso regolato da un rapporto di
tipo personale. Un tipo più ampio di aggregazione politica si intravede nel passo in
cui Tacito descrive la cerimonia di ingresso del giovane nella vita pubblica con
l’assunzione da parte sua delle armi e afferma che da quel momento non sarebbe
più appartenuto “alla casa, ma allo stato”. E’ una associazione superiore di una res
publica che trascende la concezione tribale della Sippe. Accanto a queste istituzioni
di carattere egualitario si sviluppano i comitatus come centri di fondazione di un
potere politico autoritario ed individuale, acquistato attraverso l’affermazione di un
prestigio personale. Il re viene eletto dall’assemblea e può essere deposto da questa
in qualsiasi momento soprattutto quando vuole imporre autoritariamente la sua
volontà: la sua funzione è essenzialmente sacra, la sua persona è importante in
quanto simbolo della comunità, e viene scelta in base alla fiducia nella sua capacità
di interpretare e assecondare i voleri degli dei e del fato.
- classi sociali → La predisposizione ad accettare il principio dell’autorità individuale
sono testimoniati con più frequenza presso i Germani dell’Ovest, mentre la
monarchia di tipo sacrale, sottoposta alla volontà del popolo, fu probabilmente
caratteristica del mondo arcaico settentrionale ed orientale. L’esistenza di un
oligarchia intertribale è documentata dalla frequenza di tombe principesche dal 50 al
150 d.C. in un ampio tratto del territorio germanico settentrionale, mentre la presenza
di vere e proprie classi sociali è testimoniata molto più tardi in alcune popolazioni
occidentali più vicine all’influsso della società celtica, rigidamente organizzata in
caste. L’esistenza di schiavi trattati peraltro con una certa mitezza è riferita invece da
Tacito come costume caratteristico di tutti i Germani. Esistevano presso i Sassoni tre
classi di liberi, tra le quali erano vietati rigidamente matrimoni. Si tratta delle classi
dei nobiles, liberi e liberti che ritroviamo anche presso gli anglosassoni e presso i
Frisoni. I liti sono da considerarsi quasi una categoria intermedia tra liberi e schiavi
vincolati generalmente alla terra e alla protezione di un potente.
- unità del germanesimo culturale → Ovviamente non tutto ciò di cui abbiamo parlato
finora si è manifestato nello stesso momento in tutti i luoghi del mondo germanico;
dovremmo figurarci piuttosto vari ‘cerchi’ o ‘zone’ non coincidenti ma intersecatisi,
non rigidamente limitate ma in espansione progressiva. L’appartenenza all’unità
culturale germanica non deve quindi essere considerata in senso assoluto, ma
relativamente alla componente che prendiamo in considerazione. Non tutti i popoli
che abbiamo chiamato germanici partecipano infatti in egual misura di ognuno degli
atteggiamenti culturali che vengono considerati caratteristici del germanesimo. Si
tratta quindi di un’unità in senso relativo; spesso risulta difficile stabilire ciò che è o
non è germanico e dare quindi una definizione univoca e completa del germanesimo
culturale.
- i tre gruppi germanici → I germani si suddividono secondo Tacito in tre gruppi,
chiamati, dai nomi dei tre figli del capostipite Mannus: Ingaevones quelli vicini al
mare, Herminones quelli situati nelle regioni interne, Istaevones ‘gli altri’ di cui non è
facile definire la posizione geografica. La classificazione di Plinio invece che è più
antica, propone una divisione in cinque gruppi ai tre quindi si aggiungono i Vandali e
Peucini o Bastarne. Si è ora generalmente d’accordo nel ritenere che siano stati
interpretati come gruppi etnici quelli che in realtà dovevano essere delle leghe di
origine culturale e religiosa tra tribù che riconoscono dei legami tra loro nella
venerazione dello stesso dio e nella comune pratica di determinati culti, come nel
caso della ‘confederazione sveva’ e dei popoli devoti alla dea Nerthus.
- IL PROTOGERMANICO → La somma degli elementi comuni a tutte le lingue germaniche,
delinea un sistema linguistico organico, definito protogermanico. In mancanza di
documentazione diretta, le caratteristiche riferibili al ‘protogermanico’ si debbono
dunque ricavare comparando tra loro gli elementi desunti dai testi più arcaici e
linguisticamente conservati. Le prime trattazioni complete del protogermanico sono
dovute alla scuola neogrammatica (in particolare Streitberg, Hirt) ai quali si deve la
raccolta e l'analisi di una grande mole di materiale tuttora utilizzato.
● Metodo strutturale: ha dato un contributo fondamentale alla descrizione dei
fenomeni grammaticali del protogermanico, poichè tramite questo tipo di analisi, ogni
singolo elemento della lingua viene spiegato attraverso l'analisi dei legami con tutti gli
elementi affini (viene preso un elemento, viene comparato con tutti gli elementi affini
e grazie a questa spiegazione del loro legame ne capiamo il significato).
● Grammatica generativa: metodo più attuale basato su una concezione
logico-innatista del linguaggio, ma non fornisce dati specifici e sicuri, poichè si basa
solamente sull'aspetto logico senza considerare altre motivazioni (psicologiche,
sociali, economiche ecc.).
- CARATTERISTICHE LINGUE INDOEUROPEE →Tra gli elementi comuni delle lingue germaniche
troviamo altri elementi che si ritrovano anche in altre lingue indoeuropee e che
permettono di definire l'appartenenza indoeuropea del gruppo germanico. Le
caratteristiche indoeuropee più evidenti sono:
● La struttura flessiva nominale e verbale, ovvero un sistema di suffissi e desinenze
che applicati alla radice indicano nel caso dei nomi i casi, il genere e il numero, nel
caso dei verbi la persona, la pluralità, i modi e i tempi. Es: gebo=dono; troviamo una
base radicale geb- ed un suffisso -o che serve ad indicare al tipo tematico germanico
femminile in -o, singolare e funzione di nominativo. Similmente in forma verbale
prendiamo in considerazione il verbo gotico tiuhand=condurre; tiuh è una radice di
indice indoeuropea, una parte suffissale and dove -a- è una vocale caratteristica del
tema presente e -nd desinenza della terza persona plurale del presente.
● Il mantenimento del sistema fonologico di tre serie consonantiche, caratterizzate
dallo stesso modo di articolazione corrispondenti alle tre serie di occlusive in tutte le
lingue indoeuropee occidentali.
● L'utilizzo dell'apofonia, cioè modifiche del vocalismo radicale per esprimere funzioni
grammaticali (es. sing, sang, sung=canto, cantai, cantato).
● Nell'ambito morfologico, il sistema pronominale. x Gran parte del lessico, in
particolare alcune categorie come i numerali, nomi di parentela, animali.
● Sistemi di formazione di parole nuove mediante derivazione con suffissi e mediante
la composizione di più lessemi.
- CARATTERISTICHE ESCLUSIVE lINGUE INDOEUROPEE → Le principali innovazioni che
differenziano le lingue germaniche da quelle indoeuropee sono essenzialmente:
1) la trasformazione dell’accento che da libero e musicale qual era diventa fisso sulla sillaba
radicale e intensivo, e di conseguenza influisce sul ritmo della frase e sulla prosodia Si
manifesta cioè in generale una perdita di autonomia delle sillabe atone, che genera da un
lato l’indebolimento delle vocali non accentate e la sincope di vocali e sillabe finali, dall’altro
processi assimilatori con mutamento di timbro e dittongazioni delle vocali radicali
2) la confluenza dei fonemi o ed a presupponibile per l’indoeuropeo in un unico fonema a e
parimenti i così detti dittonghi ei oi ai eu ou au. In una prima fase il vocalismo germanico si
riduce ad una serie di otto fonemi: a e i u e i o u ( vocali lunghe ) rispetto i dieci che si
presuppongono nell’indoeuropeo.
3) L’evoluzione delle liquide e nasali sonanti l r m n in ul ur um un.
4) Il sistema apofonico dei verbi forti che utilizza lo schema indoeuropeo della variazione
vocalica radicale per l’elaborazione di paradigmi tipicamente germanici indicanti i temi
temporali. Tali verbi i distinguono in sette classi. Mentre nelle prime sei classi gli esiti di tutte
le lingue germaniche si corrispondono in un unico schema originario, nella settima essi si
differenziano in quanto il gotico presenta un tipo di preterito con raddoppiamento
5) la cosiddetta ‘rotazione consonantica’ (prima mutazione consonantica) o ‘ legge di Grimm’
(1822)è la caratteristica più vistosa e qualificante per definire l’apparenza di una parola al
patrimonio germanico. Le tre serie di occlusive dell'indoeuropeo, precisamente le sorde (p t
k kw), sonore (b d g gw) e sonore aspirate (bh dh gh gwh) si evolvono in tutte le lingue
germaniche secondo il seguente schema: - le sorde inspiranti sorde - le sonore in occlusive
sorde - le sonore aspirate inspiranti sonore.
6) Legge di Verner (1877): Karl Verner notò che un numero di occlusive sorde indoeuropee
(P, T, K, Kw) nel passaggio al germanico non corrispondevano a fricative sorde (come ci si
aspetterebbe secondo la legge di Grimm) ma a fricative sonore (F, TH, H, Hw). Questo
passaggio avveniva quando esse si trovavano: - in ambito sonoro (cioè che l'occlusiva
sorda si trova tra vocali o sonore); - l'accento non cadeva sulla sillaba immediatamente
precedente l'occlusiva stessa, es. p = gm. /f/ semptm = sefun "sette". Egli notò, inoltre, che
anche la spirante sorda ie /s/, se ricorreva nello stesso contesto, subiva un mutamento:
invece di conservarsi inalterata nelle lingue germaniche, aveva una realizzazione sonora in
/z/. ie. s = gm. /z/ kaso = hazan "lepre".
7) semplificazione delle declinazioni con riduzione dei casi a nominativo,accusativo, genitivo
e dativo; gli ultimi due assolvono anche le funzioni di ablativo e locativo.
8) alternanza grammaticale: un riflesso morfologico della legge di Verner e che riguarda le
consonanti dei paradigmi verbali. L'alternanza grammaticale, in generale, è l'avvicendarsi di
spiranti sorde e sonore in parole derivate dalla stessa radice (quindi etimologicamente
affini). In alcuni paradigmi dei verbi forti in corrispondenza di un'occlusiva sorda ie o
dell'aspirante sonora S, ha prodotto una spirante sorda al presente e al preterito singolare,
poichè queste forme verbali avevano l'accento sulla sillaba radicale ovvero prima della
consonante in questione; ha prodotto invece, una spirante sonora al preterito plurale e
participio preterito, poichè queste forme verbali mettevano l'accento sulla desinenza, quindi
dopo questa consonante. es. verbo "essere" inglese antico woesan (presente), woes
(preterito singolare), woesòn (preterito plurale, accentato sulla desinenza e non sulla radice;
assenza del participio preterito).
9) riduzione delle categorie verbali a due tempi: presente e preterito e tre modi
indicativo,ottativo con funzioni di congiuntivo e imperativo.
10) Formazione del sistema temporale dei verbi deboli con utilizzazione di suffissi in dentale
per il preterito e participio passato e conservazione del vocalismo radicale dei verbi forti.
11) Declinazione in n dei sostantivi e nella flessione debole degli aggettivi contro la flessione
forte che è vocalica.
12) Una notevole parte del lessico di origine non indoeuropea ad esempio nomi
dell’ambiente geografico e naturale o di istituzioni giuridiche. Anche nella formazione delle
parole troviamo suffissi esclusivamente germanici.
- PERIODIZZAZIONE DEL PROTOGERMANICO → - Cronologia relativa: L'unità linguistica
germanica si è formata in un lungo lasso di tempo e attraverso un processo assai
complesso. Si è proposta una suddivisione del protogermanico in due o più fasi: la
fase più antica viene denominata protogermanico, la più recente germanico comune.
Secondo van Coetsem le leggi di Grimm e Verner e la riduzione a 8 vocali
contraddistinguono il primo periodo. Il secondo periodo, invece, si realizza attraverso
una rivoluzione vera e propria del vocalismo con l'intervento della metafonia, cioè
della modificazione della sillaba radicale condizionata dalla presenza di determinati
suoni nella sillaba seguente: per esempio avanti a nd (nasale+consonante) e avanti
ad i o j, si verifica la chiusura di e in i. La presenza di a e o ne condiziona invece
l'apertura.
~ metafonia → Nel germanico la metafonia è prodotta prevalentemente da: I/J (metafonia
palatale) che agisce sulla vocale tonica precedente determinandone un suono palatale, o
dall'azione di U/W (metafonia labiale o velare) sempre sulla vocale tonica precedente.
Labiale: fa riferimento all'effetto che elementi velari come /u/ o la semivocale /w/ hanno sulla
vocale tonica precedente, rendendola labiale (pronunciata con labbra arrotondate). Velare:
fa riferimento al carattere velare posteriore di /u/ e /w/, che determinano il mutamento della
vocale tonica palatale, provocandone una pronuncia velarizzata (con la lingua spostata
all'indietro, verso il velo palatino). - cronologia assoluta: trovare la data di inizio e la durata
dell'evoluzione risulta essere un discorso molto complesso. La rotazione consonantica viene
considerata come il mutamento più antico. Il primo documento linguistico che è stato
attribuito al germanesimo in quanto vi si presenta la rotazione consonantica e il passaggio
da o ad a, è l'iscrizione sull'Elmo B di Negau (è uno dei due elementi iscritti in alfabeto
nord-etrusco trovati a Negau attribuiti ad epoche che vanno dal V sec. a.C. al I sec. d.C.).
Nell'iscrizione harikhastiteivahil si è riconosciuta la presenza di uno o due nomi di origine
germanica: harigasti e teiva confrontabili con i temi nominali indoeuropei korio- kario- e
ghosti (latino hostis=straniero). Tuttavia l'interpretazione germanica che si è data, ad oggi
non sembra poi così sicura. Prima di tutto bisogna tenere in conto alcune considerazioni
esterne, per esempio la posizione molto periferica del ritrovamento rispetto all'area attribuita
ai germanici, e la datazione dal punto di vista archeologico viene fissata intorno al V sec.
a.C. Ancora più importante come considerazione è che l'iscrizione dal punto di vista
epigrafico può essere collocata in ambiente etrusco-settentrionale. Inoltre la presenza nel
testo di Negau di modificazioni consonantiche (es. k=h) non può essere attribuita
immediatamente alla rotazione germanica, poichè esistevano in epoca antica fenomeni
come la spiralizzazione delle sorde occlusive o l'assordimento delle sonore in ambienti
linguistici come l'etrusco o il celtico. Sono invece interessanti alcuni prestiti in germanico dal
celtico e dal latino: le parole latine non subiscono alcuna mutazione in quanto si suppone
siano entrate dopo la fine del fenomeno, cose che invece non succede con alcune parole di
origine celtica.
- Isoglosse→ piena partecipazione del lessico germanico all’area linguistica e culturale
dell’europa contro occidentale che abbraccia, oltre al germanico, le ll celtiche, italiche
e baltoslave, ed è caratterizzata da un lato dall’elaborazione comune di voci di
notevole peso culturale, dall’altro dall’utilizzazione di uno stesso sistema idronimico,
caratterizzato da temi e basi assenti nella altre ll indoeuropee. Il Porzig sottolinea
l’antichità delle relazioni con le ll baltiche e slave e l’importanza delle isoglosse con le
ll italiche e celtiche, che riflettono le une la presenza di un comune vocabolario
tecnico riguardante termini di caccia, pesca, agricoltura, le altre la diffusione, solo in
ambiente germanico e celtico, di una particolare terminologia giuridica, polita e
sociale.Il Cemodanov tenta di stabilire invece 3 fasi successive; nella prima dove
troviamo una stretta relazione tra ll germanica e ll baltiche; poi parallelamente al
formarsi di una + stretta comunità baltoslava, le ll germaniche sareb
bero entrate in contatto cn qll italiche; infine, dopo la migrazione degli italici
dall’europa centro verso le loro sedi storiche, si sarebbero verificati gli scambi
culturali-linguistici germanico celtici. Con il termine Isoglossa (iso: uguale e glossa:
lingua, parola) si intende una linea immaginaria che delimita il campo di espansione
di una parola o di un fenomeno linguistico. E' un'espressione utilizzata dai metodi
della Geografia Linguistica che studia l'estensione nello spazio e la distribuzione
geografica di un fenomeno linguistico. Le isoglosse servono a rappresentare
visivamente questa diffusione. Può essere traccia di un antico contatto che rompe i
confini territoriali e linguistici passati e crea nuove corrispondenze. I presupposti della
geografia linguistica sono da ricercare in Schuchardt e Schmidt. Il primo ritiene che la
nozione di lingua unitaria non può esistere nella realtà dove domina la mescolanza.
Egli si occupa di analizzare gli effetti del contatto linguistico tra le lingue. Schmidt,
invece, formula la Wellentheorie (Teoria delle Onde, 1972): il mutamento linguistico si
diffonde nello spazio come le onde prodotte da un sasso gettato nell'acqua, con onde
concentriche che partono da centri diversi. Le isoglosse lessicali hanno
un'importanza fondamentale per valutare i rapporti tra le lingue in fase preistorica, a
differenza di quelle fonetiche e morfologiche con le quali è difficile dimostrare che si
tratta di elaborazione comune o autonoma. Questo perchè il lessico risulta più mobile
e permette di ritrovare più facilmente antichi contatti. In base alla teoria dell'albero
genealogico di Schleicher e in base alla collocazione geografica delle popolazioni
germaniche, esse si suddividono in 3 gruppi: 1. Gruppo orientale: Goti, Vandali,
Burgundi. 2. Gruppo settentrionale: è il gruppo dei popoli scandinavi cioè Danesi,
Svedesi, Islandesi, Norvegesi. 3. Gruppo occidentale: delle popolazioni che nei primi
secoli d.C. si stanziarono tra il Reno e l'Elba, i germani tra il medio e basso Reno e il
Weser (Franchi) e i germani dell'Elba (Bavaresi e Alemanni). Si riscontrano quindi
cinque aree linguistiche delimitate da alcune isoglosse: 1. Isoglosse comuni al gotico
e all'antico nordico; 2. Isoglosse comuni al gotico e all'alto tedesco antico; 3.
Isoglosse comuni al germanico settentrionale e al germanico occidentali; 4. Isoglosse
del germanico occidentale; 5. Isoglosse del Mar del Nord (ingevoni).
- Apofonia → variazione vocalica all'interno dei tre elementi costitutivi della parola
(radice, suffisso e desinenza) e di conseguenza cambia la funzione della parola: per
esempio in inglese song, to sing, sang, sung. Nel germanico sono conservate due
tipi di alternanze apofoniche indoeuropee che riguardano la radice:
● Apofonia quantitativa: non c'è cambiamento nel suono vocalico ma solo della sua
quantità (breve - lunga).
● Apofonia qualitativa: in cui invece c'è un cambiamento del suono vocalico.
Nel caso di apofonia quantitativa in ie risultavano tre diversi gradi: 1. grado normale (vocale
breve) 2. grado allungato (vocale lunga) 3. grado zero (scomparsa della vocale) es. lat. vĥnit
"viene" - vĤnit "venne" - ventum (grado Ø). Nel caso di apofonia qualitativa, invece, si
avevano 5 alternanze diverse: 1. ĕ (grado normale) 2. ŏ (grado flesso o normale di timbro
"o") 3. Ø (grado zero) 4. ē (grado allungato) 5. ō (grado flesso o allungato di timbro "o)
NOME E AGGETTIVO Le lingue germaniche rispetto all'indoeuropeo hanno un minor
numero di casi, ma mantengono i tre generi maschile, femminile e neutro. Ogni nome è
costituito da: 1. radice 2. suffisso tematico (che può essere anche assente; in vocale =
flessione forte, in consonante = flessione debole) 3. suffisso derivazionale (le desinenze che
definiscono genere, numero e caso) Per individuare il genere spesso ricorriamo alle
corrispondenze tematiche (vocale di uscita) che ci sono tra indoeuropeo e germanico
Sostantivi maschili e neutri: ie. -o = gm. -a ie. -wo = gm. -wa ie. -yo = gm. -ja. Sostantivi
femminili: ie. -a = gm. -o ie. -wa = gm. -wo ie. -ya = gm. -yo.
Per quanto riguarda l'aggettivo, le lingue germaniche dispongono di due flessioni per
declinarlo: la flessione forte (indefinita/indeterminata) predicativa che è di origine
indoeuropea, con temi in vocale come nella declinazione forte dei sostantivi, la flessione
debole (definita) attributiva che è una innovazione delle lingue germaniche con tema in
consonante. Tale distinzione si applica alla maggior parte degli aggettivi, sebbene vi siano
degli aggettivi che presentano o solo la flessione forte o solo la flessione debole. Alcune
eccezioni dall'inglese antico di aggettivi con declinazione forte sono eall=all "tutto",
manig=many "molti", mentre quelli con la flessione debole sono ilca=same "stesso,
medesimo", i comparativi e i superlativi.
- Un esempio di declinazione forte del nome: Dags - gotico
Nom. dags - dagos Gen. dagis - dage Dat. daga - dagam Acc. dag - dagans
- Un esempio di flessione debole con il tema in -n: Tuggƃ - gotico Nom. tuggƃ - tuggƃ Gen.
tuggƃns - tuggƃnƃ Dat. tuggƃn - tuggƃm Acc. tuggƃn - tuggƃns. Per quanto concerne
l'aggettivo, la flessione forte viene utilizzata quando l'aggettivo ha funzione edicativa, cioè
che l'aggettivo usato nella frase non va a modificare un nome ma ne dà informazioni
aggiuntive ("ci sono molti laghi di acqua dolce"). La flessione debole invece, rappresenta la
forma attributiva, individualizzante dell'aggettivo, sottolineando che l'oggetto all'interno della
frase è esattamente l'oggetto che ci si aspetta in un determinato contesto o l'oggetto che è
stato già menzionato all'interno del discorso.
- Sistema verbale → Troviamo quattro tipi di verbi: 1. Verbi forti: con apofonia 2. Verbi deboli:
con preterito in dentale 3. Verbi preterito-presenti: antichi preteriti forti con significato di
presente 4. Verbi anomali: dal comportamento particolare.
- verbi forti → Esistono sei classi di verbi forti, più una settima di altra origine. La differenza
la troviamo nella diversa alternanza della vocale radicale all'interno delle quattro forme del
paradigma: infinito - preterito singolare - preterito plurale - participio preterito.
Le prime tre classi mostrano un'apofonia qualitativa (I, II, III classe) grado ĥ (o grado
normale) nella forma dell'infinito e del presente grado Ƅ (grado flesso o grado normale di
timbro "o") nella forma del preterito sing. grado Ø (o grado zero) nella forma del preterito
plur. e participio preterito L'elemento che permette di distinguere queste prime tre classi è il
suono della vocale soggetta ad apofonia: i (Y semivocale) per la I classe u (W semivocale)
per la II classe m, n, l, r + C (sonante seguita da consonante) per la III classe.
I CLASSE → struttura radicale CVYC- (Y semivocale)
II CLASSE → struttura radicale CVWC- (W semivocale). I verbi di II e III classe (spesso
anche di IV) di norma presentano l'abbassamento, ovvero la u diventa o nel participio
preterito a causa della vocale a della desinenza germanica -anaz.

III CLASSE → struttura radicale CV(m, n, l, r)CLa terza classe, pur essendo caratterizzata
da apofonia e/o/Ø/Ø comprende tre serie di alternanze apofoniche diverse in base al suono
che segue la vocale:
- Una prima serie se la vocale radicale è seguita da una nasale (n o m): CV(m, n)C-

- Una seconda serie se la vocale radicale è seguita da una vibrante (r): CVrC-
Analizziamo il verbo werpan "gettare"
- Una terza serie se la vocale radicale è seguita dalla liquida (l):

IV CLASSE → struttura radicale CV(m, n, l, r)-. Nella quarta classe si riscontra


un'alternanza mista: - qualitativa tra le forme dell'infinito e del preterito singolare (grado
normale e grado flesso); - quantitativa tra le forme del preterito plurale e il participio preterito
(grado normale allungato e grado ridotto Ø). Analizziamo il verbo beran "portare":

V CLASSE → struttura radicale CVC. Anche nella V classe si riscontra un'alternanza mista,
cioè un'alternanza di tipo qualitativo (grado normale e grado flesso) nelle forme dell'infinito e
del preterito singolare e un'alternanza di tipo quantitativo (grado normale allungato e grado
normale, quest'ultimo necessario affinchè il participio preterito abbia una forma
pronunciabile) nelle forme del preterito plurale e participio preterito.

VI CLASSE → struttura radicale CVC. La sesta classe, come la settima, sospende


l'opposizione tra preterito singolare e preterito plurale, ovvero entrambe mostrano il grado
allungato di timbro o. Il paradigma dei verbi di VI classe sarà formato con l'infinito e il
participio preterito in grado normale di timbro o e il preterito singolare e plurale in grado
allungato di timbro o.
VII CLASSE → definita da alcuni studiosi "classe dei verbi reduplicativi" in base al modo in
cui viene costruito il loro preterito. In realtà il gotico è l'unica lingua che conserva la
costruzione del preterito per raddoppiamento.

In questa classe, il gotico mostra


forme di preterito con raddoppiamento senza variazione apofonica e forme di preterito con
raddoppiamento e con variazione apofonica, attribuendo al preterito singolare e al preterito
plurale la vocale ō.
- verbi deboli → I verbi deboli formano il preterito e il participio preterito con l'aggiunta
di un suffisso in dentale germanico -th-. Esistono quattro classi di verbi deboli.

I CLASSE → suffisso -ja- (causativi, fattitivi). Appartengono a questa classe anche alcuni
verbi che non conservano questo suffisso nel preterito. La mancanza di questo suffisso ha
impedito che si verificasse una metafonia palatale nelle forme del passato, creando così
delle coppie minime (presente con metafonia, preterito senza metafonia). Grimm, infatti,
designò questi verbi come verbi deboli con metafonia all'indietro.
Analizziamo il verbo germanico naz-ja-n "far guarire": ing.a. infinito nerian (rotacismo e
metafonia), pret. ner-e-de, part. pret. ner-e-d
ata. infinito neren, pret. ner-i-ta, part. pret. gi-ner-i-t

II CLASSE → suffisso -ō- (intensivi)


Analizziamo il verbo germanico fisk-ō-n "pescare": ing.a. infinito fiscian (sc), pret. fisc-ō-de,
part. pret. fisc-ō-d
ata. infinito fisk-ē-n (fiskeon), pret. fisk-ō-ta, part. pret. gi-fisk-ō-t
In inglese antico, come possiamo vedere nell'esempio, in tutto il gruppo del presente, il
suffisso tematico ō ha subito un ampliamento tematico in -ja.

III CLASSE → : suffisso -ē- (durativi) Analizziamo il verbo germanico hab-ē-(ja)-n "avere":
ing.a. infinito habban (senza suff.tematico), pret. haef-de, part. pret. haef-d
ata. infinito habēn, pret. hab-ē-ta, part. pret. gi-hab-ē-t

IV CLASSE → suffisso -na-/-no- (intransitivi) Esempio il verbo germanico full-na-n


"riempirsi. Si tratta di una classe produttiva solo in gotico e con qualche residuo in islandese
antico.
- differenza verbi forti e verbi deboli → il modo in cui viene formato il preterito: i verbi forti
esprimono il preterito facendo ricorso all''apofonia, mentre i verbi deboli esprimono il
preterito aggiungendo un suffisso dentale alla forma dell'infinito. I verbi forti in tal
caso sono anche detti ‘verbi preterito-presenti’. Si possono distinguere quattro gruppi
di verbi preterito-presenti in base all'apofonia: Gruppo 1: apofonia della I classe dei
verbi forti ing.a. witan, ata. wizan "sapere" Gruppo 2: apofonia della III classe dei
verbi forti ing.a. cunnan, ata. kunnan "potere" Gruppo 3: apofonia della IV classe dei
verbi forti ing.a. sculan, ata. sculan "dovere" apofonia della V classe dei verbi forti
ing.a. magan, ata. magen "potere" Gruppo 4: apofonia della VI classe dei verbi forti
ing.a. motan, ata. muoz(z)an "potere, dovere, avere il permesso di" Inoltre, esistono
altri verbi definiti anomali per esempio ing.a. willan, ata. wellen/wollen "volere", come
il verbo essere e il verbo andare.
- il gotico → nel gruppo germanico orientale l'unica popolazione documentata a livello
linguistico è quella dei Goti. Oltre a varie testimonianze minori, sono giunti a noi
alcuni frammenti della traduzione della Bibbia effettuata nel IV sec. dal vescovo
visigota Wulfila. Si tratta di una lingua estremamente dotta, influenzata dal mondo
greco e che ha finalità essenzialmente liturgiche. I Goti cominciarono ad entrare in
contatto con l'impero romano agli inizi del III sec. d.C. in seguito al loro stanziamento
sul Mar Nero. Nelle sedi meridionali i Goti si estendevano dal Don sino al Danubio,
suddiviso tra le due grandi tribù degli Ostrogoti a est e i Visigoti a ovest. Nell'ultimo
quarto del IV sec. la maggior parte dei Goti, sotto la spinta dell'invasione unna,
iniziano ad affacciarsi con fortunate campagne belliche verso l'impero occidentale,
prima in Italia dove saccheggiano Roma nel 410 e nel 418 a sud della Gallia fondano
il regno di Tolosa. I due momenti più importanti per l'evoluzione culturale dei Goti,
sono da un lato i contatti con il mondo greco-bizantino e la conversione al
cristianesimo, dall'altro il regno di Teodorico in Italia, dove il contatto con la civiltà
latina porta a rivitalizzare la cultura gotica. La figura del vescovo Wulfila e il prestigio
della sua traduzione furono importantissimi per la diffusione del cristianesimo tra i
Goti. Fu elevato a vescovo da Eusebio di Nicomedia nel 341 a Costantinopoli. Tra le
varie opere di Wulfila solo qualche frammento della traduzione della Bibbia ci è
pervenuta. Nella traduzione riesce ad unire innovazione e rispetto per la tradizione
linguistica indigena. L'impianto grammaticale è germanico e non sembra mai essere
compromesso dall'influenza del greco. I biografi di Wulfila ci confermano che per la
stesura della sua opera egli inventò un alfabeto, utilizzando essenzialmente l'onciale
greco del IV sec. integrato con l'onciale latino e l'alfabeto runico (sembra accertato
che anche i Goti abbiano conosciuto l'alfabeto runico). Le iscrizioni runiche che ci
sono pervenute sono scarse, solamente su oggetti attribuiti a Germani dell'est
(Europa orientale) come la lancia di Kowel. Invece, per quanto riguarda la tradizione
manoscritta, tutti i documenti gotici che possediamo risalgono al V-IV sec. e sono di
provenienza occidentale, riferibili con tutta probabilità al regno italico degli Ostrogoti
e al regno visigota di Tolosa. Soprattutto durante il regno italico di Teodorico troviamo
alcuni testi ariani in latino molto importanti per la tradizione e l'esegesi biblica, per
esempio il Codex Argenteus (scritture evangelari del V-VI sec.) in pergamena
purpurea con scritte in argento e in oro. All'inizio doveva essere costituito di 336 fogli,
tuttavia ne restano solo 188. Gli altri manoscritti che contengono testi gotici sono il
Codex Carolinus, il Codices Ambrosiani, dei quali ci sono rimasti solo pochi
frammenti che contengono alcuni capitoli dei Vangeli, brani delle lettere di S. Paolo,
alcuni dei capitoli del Vangelo di S. Giovanni. Inoltre, gli unici testi di carattere
profano sono due atti di vendita che contengono dichiarazioni e firme in gotico.
- la lingua gotica → La tradizione linguistica gotica appare compatta e codificata. Infatti,
pur avendo conosciuto un'evoluzione cronologica e certe differenziazioni tra visigoto
ed ostrogoto, i documenti di entrambe le parti risultano abbastanza similari.
L'alfabeto gotico presenta essenzialmente un carattere fonologico (cioè ogni segno
grafico indica un fonema). Esistono 5 vocali brevi (i, ai, a, au, u) e 7 vocali lunghe (ei,
e, ai, a, au, o, u). I digrammi ai e au esprimono rispettivamente e e o; le vocali a e u
invece, si riferiscono sia alle brevi che alle lunghe mentre e ed o sono contraddistinte
come vocali lunghe e probabilmente chiuse; infine, i ed ei esprimono entrambe i (la
prima è breve, la seconda lunga). Il consonantismo, invece, corrisponde
essenzialmente a quello germanico. Il vocalismo rivela vistose trasformazioni: 1.
realizzazione come i dell'e germanico (itan "mangiare" rispetto a ags. etan); 2.
passaggio di i e u ad e e o avanti r, h, hv; 3. trasformazione in vocale di ai e au
germanici. Morfologia: la lingua gotica si distingue dalle altre lingue germaniche
mantenendo varie strutture di origine indoeuropea, per esempio la prima e la
seconda persona duale del tema presente dei verbi (noi due, voi due), il
raddoppiamento del preterito nei verbi forti di VII classe e la presenza di verbi in
suffisso -na- (IV classe debole). Le innovazioni principali riguardano la formazione
dei pronomi relativi grazie alla particella -ei (es. sa-ei, "egli, il quale"). Sintassi:
l'influsso greco ha condizionato fortemente l'ordine delle parole, tanto da impedire in
alcune situazioni di riconoscere elementi sintattici prettamente gotici. Tra le
caratteristiche più particolari troviamo l'utilizzo del prefisso -ga per esprimere
l'aspetto durativo del verbo semplice (fraihnan "domandare", gafraihnan "avere
risposta"). Lessico: il vocabolario gotico è giunto fino a noi assai limitato. Sono pochi i
documenti relativi a campi lessicali importanti come quello militare, dell'arte mentre
era abbastanza ben rappresentato quello riguardante la vita e le attività sociali. Il
greco e il latino hanno influito notevolmente sulla terminologia cristiana. I calchi
infatti, sono stati ripresi nel linguaggio gotico per esprimere con immediatezza i
concetti della dottrina cristiana.
- Il gotico nel mondo occidentale → Il patrimonio culturale e linguistico gotico si è
trasmesso per forza di cose anche ai popoli limitrofi. La politica espansionistica di
Teodorico che strinse alleanze con gli Alemanni e con i Turingi, stimolò moltissimi
scambi culturali e non faceva altro che accrescere la stima degli altri popoli verso i
Goti. Successivamente la fede ariana comportò degli ostacoli per la trasmissione
della tradizione gotica, in quanto gli altri popoli germanici ben presto diventarono
cattolici. Tuttavia, dal punto di vista linguistico, ha lasciato tracce importanti poichè la
maggior parte degli studiosi come base delle loro analisi linguistiche partivano dal
gotico.
- Il gotico di Crimea → Al tempo della dominazione unna, una parte del popolo goto si
trasferì in Crimea, sulle sponde del Mar Nero. La loro presenza in questo territorio è
documentata da una testimonianza del XVI sec. dal diplomatico fiammingo Busbecq.
Questi ottenne un glossario di 90 parole per lo più di origine germanica che
presentavano affinità con il gotico di Wulfila. Tuttavia, la mancanza di certezze
sull'affidabilità dell'emissario e sulle doti di trascrizione dello stesso Busbecq, hanno
gettato profondi dubbi sull'importanza del documento.
- l’anglosassone, la storia→ nel periodo anglosassone, cioè quello che va
dall'emigrazione degli Angli, Sassoni e Juti (V sec.) alla conquista normanna (1066),
la lingua e la cultura inglese, pur conservando caratteristiche germaniche subisce
delle influenze dal mondo celtico, latino e il mondo scandinavo. Al loro sbarco in
Britannia, i Germani si trovano di fronte ad una popolazione cristiana di cultura
romano-celtica, che occupava il sud e il centro dell'isola mentre al nord c'erano
ancora le tribù pagane dei Picti e degli Scoti. Lo storico Beda, nella sua Historia
Ecclesiastica gentis Anglorum, ci informa che i Germani sarebbero giunti sull'isola
dalla Danimarca e dalla Germania settentrionale, inizialmente come mercenari
chiamati dalle tribù del sud per combattere le tribù barbare del nord, per poi
conquistare la maggior parte dell'isola escludendo il territorio della Cornovaglia e il
Galles rimaste in mano dei Celti. Nel corso del VI secolo gli Anglosassoni rafforzano
il loro potere dividendo l'isola in 7 regni: il regno del Kent, i tre regni sassoni del
Sussex, Essex e Wessex e, a nord del Tamigi, i regni del Mercia, Anglia orientale e
Northumbria. Contemporaneamente nei popoli rimasti celtici (soprattutto Irlanda), si
consolida la tradizione cristiana si diffondono particolari e rigide pratiche ascetiche.
Nel 565 il monaco irlandese Columba fonda il monastero di Iona in Scozia, ma sarà
praticamente in tutto il VII secolo che i monasteri irlandesi dimostreranno una grande
vivacità culturale in tutto il territorio della Britannia, soprattutto però quello
settentrionale. Nel frattempo, nell'Inghilterra meridionale iniziano a crearsi i primi
contatti con il cristianesimo continentale, tanto che nel 599, il re Ethelbert del Kent si
converte e autorizza il monaco Agostino arrivato da Roma con 40 missionari, di
convertire e di educare anche il popolo. Quando il monaco Agostino fece ritorno a
Roma, il papa lo investì del titolo di arcivescovo di Canterbury. La conversione degli
Anglosassoni la possiamo considerare come un fenomeno tranquillo, sia da parte
della Chiesa, sia da parte della popolazione; questo lascia pensare che
probabilmente, come dottrina poteva appoggiarsi a qualcosa di già precedentemente
conosciuto. Così facendo, nel giro di mezzo secolo tutto il territorio delle isole
britanniche occupato da popolazioni germaniche poteva considerarsi cristianizzato,
anche se non del tutto romanizzato. Questo perchè l'organizzazione gerarchica dei
monaci missionari di origine romano-benedettina andava in urto con quella dei
monaci irlandesi che aveva un carattere più spontaneo e popolare. Oggetto di
disputa sembrano essere state questioni di natura liturgica come ad esempio il
metodo per stabilire la data della Pasqua. Ovviamente, esistevano motivi più
profondi: da un lato la mancanza di riconoscimento dell'autorità romana, dall'altra
alcuni atteggiamenti estremisti del monachesimo irlandese che dava una notevole
indipendenza ai singoli monaci nei riguardi del convento. La Regola di S. Benedetto
suggeriva infatti, una partecipazione più attiva alla vita monastica e sosteneva in
maniera rigida la residenza continuata in comunità all'interno del monastero. La
situazione venne risolta nel 644 nel sinodo di Whitby, dove grazie al re Oswin di
Northumbria, viene dichiarata valida la data romana della Pasqua, che viene adottata
nel 716 anche nel monastero di Iona. Dopo il sinodo, quindi, tutti i grandi conventi di
Inghilterra utilizzarono la Regola Benedettina e Teodoro di Tarso, vescovo vicino a
Roma, venne nominato arcivescovo di Canterbury e abolì le nozioni del
monachesimo irlandese rendendo obbligatoria la residenza nel convento. Nel corso
dell'VIII sec., malgrado le frequenti lotte tra i piccoli regni britannici, i monasteri
inglesi svilupparono una notevole vita culturale che vide da un lato il rafforzarsi della
letteratura latina, dall'altro il fiorire di una poesia di tradizione germanica. In questo
periodo furono particolarmente importanti le scuole dei monasteri settentrionali
(Yarrow, York) dove in alcuni punti fu stimolata la nascita della poesia volgare. La
prima metà del secolo è dominata dalla figura di Beda, maestro del monastero di
Yarrow che scrisse Historia ecclesiastica gentis Anglorum e numerose opere
grammaticali. Successivamente, troviamo la figura di Alcuino, educato nel monastero
di York che scrisse in lingua latina opere in versi, manuali dal carattere filosofico e
manuali grammaticali, tanto da essere chiamato a corte da Carlo Magno per una
riorganizzazione scolastica che stimolò una vera e propria rinascita culturale.
L'attività di Alcuino rappresenta i contatti culturali tra il continente e il mondo
anglosassone. Il centro culturale di queste attività fu la Schola Palatina che, assieme
alla ricostruzione filologica del testo biblico di Alcuino, funse da motore per la scienza
pagana nello studio delle Sacre Scritture. Di riflesso, anche in Inghilterra lo studio
della tradizione biblica si approfondisce e si raffina, la poesia di ispirazione cristiana
assume un carattere nuovo, talvolta lirico, con un linguaggio più immaginoso e
complesso. Con le devastazioni a Nord da parte dei Vichinghi, il baricentro della vita
culturale e politica si sposta a Sud, dove i re del Wessex riescono ad opporsi
all'incursione vichinga. Con il regno di Alfredo il Grande, il mondo inglese riesce a
riavere un periodo di relativa tranquillità e fioritura culturale favorita dallo stesso
sovrano. Alfredo riesce a sconfiggere i Danesi e a stipulare con loro il trattato di
Wedmore che gli attribuiva la piena sovranità su Wessex, Sussex, Kent e Mercia
occidentale, mentre ai Danesi restavano l'Essex, la Northumbria e la Mercia
settentrionale. Dopo aver ristabilito la pace nel regno, Alfredo vuole riedificare i
costumi e riformare l'istruzione religiosa e civile. Nel campo giuridico Alfredo decise
di cominciare dalla stesura di un nuovo codice di leggi, che perfezionava ed
aggiornava la legislazione dei suoi predecessori, pur rispettandone i principi e le
tradizioni. Il rispetto del passato, della tradizione può essere considerata una frase
chiave nell'epoca di Alfredo, in quanto riguarda ogni campo della vita dell'uomo,
soprattutto quello letterario e culturale in cui si rivaluta la tradizione anglosassone.
Con tale spirito promosse la redazione della Cronaca Sassone, ed elaborò il suo
programma di traduzioni in inglese delle opere fondamentali del medioevo. Infine,
incitò l'uso della lingua inglese nella vita culturale e civile. Al regno di Alfredo seguì
nel corso del X secolo un nuovo periodo di incertezza a causa della ripresa delle
guerre contro i Danesi. Tuttavia, la tradizione culturale monastica fu tutelata dal
diffondersi durante i periodi di pace dello spirito della rinascita benedettina partita dai
monasteri riformati, che introdussero un nuovo fervore di vita religiosa e favorirono
una ripresa agli studi. Intorno all'anno 1000 c'è la stesura dei quattro codici che
contengono i due terzi della poesia anglossassone pervenutaci. La produzione
letteraria è soprattutto di carattere dottrinario e si è sviluppata principalmente nelle
abbazie meridionali. Famosa fu la scuola di Winchester di cui fu riorganizzatore
l'aricvescovo Aethelwod (traduttore della Regola di S. Benedetto in inglese) ed il suo
allievo Aelfric che fu celebre per la sua attività di maestro, latinista e traduttore. Ad
egli si deve la versione delle Istitutiones grammaticae di Prisciano e dei primi libri del
Vecchio Testamento. Per il resto, Aelfric fu autore soprattutto di omelie che fu il
genere più coltivato in quest'epoca e grazie a questa la prosa inglese stava
sostituendo gradualmente quella latina. Il periodo "anglosassone" terminò con
l'invasione dei Normanni: la battaglia di Hastings del 1066 portò sul trono inglese
Guglielmo il Conquistatore che diede inizio alla nuova nobiltà feudale di origine
normanna, provocando profondi cambiamenti nella struttura politica e sociale del
regno. La conseguente caduta dell'aristocrazia anglosassone portò quasi alla totale
soppressione dell'uso dell'inglese nei testi letterari oltre che nei documenti ufficiali,
dove veniva usato il latino ed il francese. Gli antichi manoscritti inglesi non venivano
più capiti e nemmeno più copiati e la maggior parte di questi caddero nel
dimenticatoio e altri furono dispersi.
- la letteratura anglosassone → Beda ci informa che già il re Ethelbert avrebbe chiesto
aiuto al monaco Agostino per mettere per iscritto in anglosassone le leggi del Kent; lo
stesso Beda ci racconta del poeta Caedmon, vissuto nel VII secolo, il quale ispirato
da Dio iniziò a comporre in inglese alcuni poemi di ispirazione cristiana. I più antichi
documenti di poesia epica in anglosassone sono due inni: il primo viene attribuito da
Beda a Caedmon e canta in nove versi la gloria del Creatore, originariamente in
dialetto northumbrico come appare in 17 manoscritti; l'altro è il canto di morte dello
stesso Beda in cinque versi, conservato in 29 manoscritti. Il grosso della produzione
poetica anglosassone è contenuto come già detto nei quattro codici scritti intorno
all'anno 1000. Essi sono: 1. Il manoscritto Junius XI, proveniente da Oxford, con la
serie dei poemi detti caedmoniani ispirati all'Antico Testamento, in tutto 5000 versi. 2.
L'Exter Book, conservato nella cattedrale di Exter, con circa 8000 versi divisi in poemi
(qualcuno di Cynewulf) e carmi di carattere profano. 3. Il Vercelli Book che, sebbene
sia stato prodotto in Inghilterra, è giunto a Vercelli nell'archivio storico. Due terzi del
contenuto è costituito da omelie in prosa. 4. Il Cotton Vitellius del British Museum è il
manoscritto dell'unico poema di carattere profano, ovvero Beowulf. La poesia eroica
viene rappresentata essenzialmente da Beowulf, eroe liberatore che combatte il
male, personificato da mostri malvagi. Il poema si inserisce nel patrimonio di origine
scandinavo, anche se risulta essere intriso di messaggi morali evidentemente
cristiani. Nei poemi di argomento cristiano si possono trovare due gruppi, quello del
manoscritto Junius XI attribuiti al primo editore Junius a Caedmon e quelli di
Cynewulf e della sua scuola. Nei poemi caedmoniani la materia biblica diventa
direttamente del patrimonio anglosassone assumendo delle connotazioni stilistiche
caratteristiche della tradizione poetica germanica. Dio viene presentato come un re
vittorioso, Mosè viene rappresentato come un condottiero germanico ecc. Malgrado
la mancanza di documentazione, i poemi caedmoniani Esodo e Genesi vengono
datati attorno all'inizio del settimo secolo, mentre Beowulf verso la metà del 700.
Quattro poemi (Giuliana, Elena, gli Apostoli e il Cristo II) contengono in caratteri
runici il nome dell'autore. Si tratta del poeta Cynewulf vissuto fra la seconda metà
dell'VIII secolo e la prima metà del IX nell'Inghilterra settentrionale. I poemi
caedmoniani rispetto a quelli della scuola di Cynewulf, seppur non abbiamo una
documentazione cronologica, rappresentano tradizioni letterarie e poetiche molto
diverse. I primi si ispirano direttamente alle Sacre Scritture mentre la poesia di
Cynewulf tratta fonti più varie, essenzialmente il Nuovo Testamento e le vite dei santi
rivelando notevoli contatti con la letteratura religiosa latina. Nell'ambito della poesia
di ispirazione laica troviamo una serie di componimenti nell'Exter Book detti Elegie.
Le più celebri L'errante, Il navigante, Il lamento di Deor sono frammenti poetici che
mostrano motivi puramente elegiaci della lontananza, della nostalgia, del passato e
le frequenti descrizioni naturalistiche raffigurano i sentimenti umani. Diciamo che
fondamentalmente la poesia anglosassone si serve di un linguaggio unico, che pur
se arricchito a seconda dei motivi ispiratori, rimane fedele alle strutture metriche che
possiamo definire germaniche. Il verso germanico è generalmente composto da due
emistichi separati da una censura (elemento ritmico separatore: lo spazio) ma legati
dall'allitterazione che consiste nella ripetizione di uno stesso suono in due o tre delle
sillabe accentate. Il suono allitterante può essere una consonante (o un gruppo di
consonanti) oppure un elemento vocalico qualsiasi. Ciascun emistichio comprende
quattro elementi: due tempi forti e due tempi deboli. Il tempo forte è costituito da una
sillaba lunga accentata, il tempo debole si compone di una o più sillabe non
accentate. All'interno di questo schema vengono utilizzati modelli stilistici germanici
come la variazione cioè la ripetizione nello stesso verso o nei successivi dello stesso
concetto grazie ad apposizioni ed aggettivi La variazione deve a sua volta subire
l'allitterazione, per questo motivo esistono una serie lunghissima di sinonimi. Altro
elemento caratteristico è l'uso della perifrasi chiamate col termine islandese
kenningar. Si tratta di nomi composti che designano l'oggetto attraverso un termine
traslato (che a sua volta si può modificare sostituendo uno dei due membri con un
sinonimo). i. Si assiste man mano ad una mutazione stilistica sempre più agile ma
allo stesso tempo raffinata e sull'esempio degli originali latini si arricchisce di figure
retoriche: antitesi, paragoni, metafore. Nell'omiletica del X e dell'XI sec. il discorso in
prosa appare sempre più semplice e disinvolto, le costruzioni sintattiche si
regolarizzano. Sul piano del lessico dopo un periodo dove parole latine di uso
comune vengono usate in inglese, l'arricchimento maggiore si ha con l'utilizzo di
calchi prettamente cristiani. L'importanza dell'influsso scandinavo appare più nitida
tramite la presenza di centinaia di toponimi di origine nordica, l'immissione di alcuni
elementi grammaticali quali la III pers. plur. they, i pronomi both e same e alcune voci
del verbo to be. L'influenza scandinava si esercita soprattutto nella zona
settentrionale, dipendente politicamente dal mondo nordico.
- la lingua anglosassone → La lingua anglosassone ovvero antico inglese appartiene al
gruppo germanico occidentale. In tale ambito manifesta analogie più strette con le
lingue del Mar del Nord, quale il frisone e il sassone continentale, costituendo con
loro il gruppo delle lingue ingevoni. I documenti letterari antico inglesi mostrano la
presenza di quattro dialetti: il Northumbrico, il Merciano, il Kentico e il Sassone
occidentale. La documentazione dei primi tre è limitata a brevi testi, mentre la
maggioranza dei manoscritti conservati è in sassone occidentale, in quanto questa
regione ha conservato per molti anni l'indipendenza politica e la sua individualità
culturale. La scrittura dei manoscritti anglosassoni è la cosiddetta insulare in uso agli
inizi del VII sec. nei monasteri di origine irlandese della Scozia e dell'Inghilterra
settentrionale. La corrispondenza segno/suono sembra essere per certi aspetti
imprecisa come si può notare dalla presenza di un solo segno per più fonemi (es. g
per la spirante palatale /j/, per la palatale affricata /dg/ e la velare /g/) o dall'ambiguità
nella scrittura delle spiranti interdentali sorde e sonore espresse da th e d e poi in
seguito anche dalla runa thorn. Di base le vocali dell'anglosassone sono: i, e, ae,
y(oe), a, o, u. Tuttavia, osserviamo solo: 1. La confusione tra a ed o che si verifica
fino al X secolo avanti alla nasale ci fa presupporre un suono /o/ allofono di /a/ in tale
posizione. 2. Ciascun grafema può valere sia per le vocali lunghe che per le vocali
brevi poichè la quantità non viene segnata in anglosassone. 3. Il segno oe indica
l'esito di ō ed ŏ sottoposti a metafonia. Tale grafema è assai raro nel sassone
occidentale, dove il suono sembra risolversi in e. 4. Nella fase antica della lingua y
indicava la vocale turbata, per metafonia palatale di u ū. Nei testi tardi il suono /i/
viene scritto indifferentemente come y, i, ie anche nello stesso manoscritto. 5. I
digrammi ea, eo, ie possono indicare tanto i corrispondenti dittonghi sia le vocali
semplici /ae/ o /a/, /e/, /i/. 6. Polivalenza fonetica di alcuni grafemi consonantici. In
alcuni casi l'ortografia non distingue fonemi diversi (es. g e j vengono scritti sempre
g), in altri casi un segno può significare un unico fonema che però si realizza in
diversi modi a seconda della posizione (es. c, g, h hanno valore palatale solo in
vicinanza di vocali palatali).
~ caratteristiche morfologiche → tendenza alla semplificazione della flessione. Per quanto
riguarda i nomi viene conservata la distinzione dei casi e tende ad essere semplificata la
differenziazione dei temi nominali. Le esigenze che nascono dalla creazione di forme più
complesse di sintassi portano alla nascita di nuovi pronomi come ad esempio il dimostrativo
rafforzato thes, theos, this in corrispondenza del sempre più frequente impiego del
dimostrativo semplice se, seo, that come articolo.
~ caratteristiche sintattiche → I maggiori cambiamenti avvengono durante l'era della prosa.
Diventa sempre più frequenta l'uso del dimostrativo come articolo, così come l'indicazione
del soggetto tramite pronome personale. L'articolo passa da un uso raro nella poesia
arcaica, ad un uso corrente nella prosa più tarda. Su imitazione del latino e delle lingue
romanze diventa sempre più articolata la sintassi del verbo con l'introduzione di forme
perifrastiche per il passivo, il futuro e alcuni tempi del passato. Per il passivo si introduce
l'impiego degli ausiliari beon wesan "essere" e weordan "divenire" con il participio passato.
Per quanto riguarda il futuro con il passare del tempo si arriva all'utilizzo delle forme ausiliari
scael e wille più infinito.
- evoluzione fonologica dal germanico all’anglosassone → Rispetto al germanico
occidentale si verificano cambiamenti fonologici nell'anglosassone soprattutto dal
punto di vista vocalico. L'evoluzione si può sintetizzare in diversi punti: 1. Si registra
una tendenza alla chiusura delle vocali e modificazioni dei dittonghi tramite
monottongazione. 2. Il mutamento di e in i, di o in u condizionati dalla nasale
seguente. Inoltre, alcune consonanti (h, r + cons, l + cons) provocano in sassone
occidentale la cosiddetta frattura, cioè la nascita di una vocale d'appoggio che solo
nel caso di originarie lunghe giunge a formare con la vocale tonica un dittongo. Si
riscontrano poi casi di metafonia velare quando una vocale lunga è seguita da una
sillaba con u (aat. sibun ags. seobon) e di metafonia palatale quando troviamo una
modificazione di timbro della vocale tonica per influsso di una i o una j nella sillaba
seguente. 3. Il consonantismo resta più o meno fedele alla situazione germanica.
- tedesco antico → ciò che indichiamo con il termine Germania non coincide con
un'entità politica ma semplicemente con il territorio dell'Europa centrale in cui si
parlavano i dialetti germanici occidentali. Le prime testimonianze dell'aggettivo
theodisk, theudisk hanno un significato prettamente linguistico, si riferiscono cioè
all'uso del volgare da parte delle popolazioni di lingua germanica in contrapposizione
all'uso del latino. Fino al IX sec. non si può ancora parlare di un vero e proprio
confine linguistico tra i volgari romanzo e germanico, sarà solo con l'adozione
definitiva da parte dei Franchi di Gallia di un dialetto romanzo e con la suddivisione in
due parti dell'impero carolingio che creerà per la prima volta una scissione politica e
linguistica tra il regno franco occidentale e il regno franco orientale. . Dal punto di
vista cronologico si possono riconoscere tre grandi periodi nella storia della lingua
tedesca: il periodo antico che va dall'inizio della documentazione (VIII sec.) all'XI
secolo, caratterizzato da una grandissima varietà di dialetti; il periodo medio che va
dal XII al XV secolo, in cui attraverso la letteratura e la civiltà cortese si afferma
sempre di più una lingua omogenea e sopradialettale; il periodo moderno dal XVI
secolo ai giorni nostri. Per quanto riguarda i dialetti si distinguono due grandi gruppi:
dialetti basso tedeschi, cioè quelli settentrionali che comprendono il basso francone
alla base del moderno nederlandese, e il sassone; dialetti alto tedeschi, cioè del
meridione. Questi ultimi si possono si possono suddividere a loro volta in centrali
(medio francone renano, francone orientale) e superiori (alemanno e bavarese). In
base a quella che è stata definita seconda rotazione consonantica o rotazione
consonantica alto tedesca i dialetti franconi, cioè quelli del territorio del medio basso
Reno, vengono suddivisi a seconda di quale conosca o meno tale evoluzione. Il
basso francone, così come tutti i dialetti basso tedeschi, non conosce questa
evoluzione, il francone centrale lo realizza solo parzialmente, i dialetti franconi del
sud la realizzano ampiamente.
- cristianizzazione della Germania → Le popolazioni stanziate definitivamente tra il V e il
VI secolo nell'odierna Germania (Alemanni e Bavaresi a sud, Sassoni vicino al basso
Reno ecc.), caddero assai presto sotto l'influenza del regno dei Franchi. La potenza
del regno franco trova le sue radici nella politica mirata di re Clodoveo, che seppe
accentrare tutto il potere nelle sue mani e nel momento opportuno riuscì a
conosolidare il suo prestigio attraverso la conversione al cattolicesimo, facilitando in
tal modo un inserimento semplice per il suo popolo nel mondo politico e culturale
romano-cristiano. Infatti, rispetto agli altri popoli che avevano adottato l'arianesimo, i
Franchi grazie a questa mossa potevano godere di una posizione privilegiata nei
confronti dell'autorità ecclesiastica. Le popolazioni che vivevano al di là del Reno,
riuscirono ad entrare nel mondo romano-cristiano proprio grazie al potere dei
Carolingi, i quali incoraggiarono la penetrazione organizzata di missionari in
Germania e la fondazione di monasteri. La figura più importante della
cristianizzazione della Germania è S. Bonifacio che, autorizzato da Roma, attuò nel
VIII secolo un'azione di evangelizzazione organizzata. Innanzitutto mantenne una
certa indipendenza dal potere franco appoggiandosi ad alcune strutture già esistenti,
come i vescovati bavaresi che per ragioni politiche mantenevano una loro autonomia.
Quando morì Carlo Martello e gli succedette il figlio Carlomagno, questi riuscì a
imporre la sua protezione all'azione riformatrice di Bonifacio, offrendo forze
finanziarie e militari. In tal modo, Bonifacio riuscì a promuovere una riforma
disciplinare e organizzativa di tutta la Chiesa franca. Il processo di cristanizzazione si
completò con la fondazione del monastero di Fulda (744) che diede inizio alla
penetrazione religiosa e politica verso la Sassonia settentrionale che sarà portata a
termine da Carlomagno dopo moltissimi anni di guerre sanguinose.
- la politica culturale di Carlo Magno → La politica di Carlo Magno, anche se per certi
versi autoritaria, fu di notevole importanza per il risveglio culturale dell'Europa.
Questa prevedeva la valorizzazione del mondo classico. Nella sua Accademia,
insieme a un gruppo di dotti di varie provenienze tra cui emergeva anche la figura di
Alcuino, elaborò un programma di rinnovamento culturale finalizzato alla
restaurazione e alla diffusione della tradizione latino-cristiana. Tale progetto si
realizzò ad esempio nella raccolta e nello studio dei testi antichi ritenuti originali. Ciò
venne favorito anche mediante lo studio filologico dello stesso Alcuino di York nel
campo della ricostruzione del testo biblico, si promosse la riforma del canto liturgico
e della scrittura e venne divulgata la vera Regola di S. Benedetto in tutte le comunità
monastiche. Un primo passo verso la nascita di una cultura scritta in lingua tedesca
fu la rivalutazione del volgare; sotto diretto incitamento di Carlo Magno vennero
tradotti in tedesco diversi testi, come il Padre nostro, il Credo, i Salmi. L'attenzione
alla tradizione germanica si allarò poi con la costituzione di raccolte di testi giuridici e
la redazione di una grammatica del francone, che tuttavia non ci sono pervenuti.
L'opera di Carlo Magno continuò e si potenziò anche dopo la sua morte, ad esempio
venne composto a Fulda direttamente in sassone il Heliand, la fine di rendere
accessibile la materia del Vangelo anche alle popolazioni sassoni da poco convertite.
Il lavoro attuato da Carlo Magno porta alla nascita nell'Europa centrale di una vera e
propria classe ecclesiastica detentrice di un enorme potere sociale e culturale.
- la rinascita ottoniana → Dopo la decadenza dei Carolingi il potere in Germania era
detenuto dall'alta nobiltà. Ma mentre si andavano formando i vari ducati (Baviera,
Svevia, Sassonia ecc.), si andava consolidando sempre di più l'idea di un'unità
nazionale soprattutto a causa delle invasioni degli Ungari e degli Slavi. Il re Enrico di
Sassonia nel 919 assume la corona del Regno dei Teutoni (non più Regno franco
orientale) che diverrà il fulcro del Sacro Romano Impero restaurato dal figlio di
Enrico, ovvero Ottone I il quale favorì l'idea di una cultura imperiale, legando sempre
di più la Germania a Roma. Fino all'XI secolo la poesia si esprime solamente in
lingua latina mentre il tedesco è utilizzato solamente per fini didattici.
Successivamente l'uso della lingua volgare non resta limitato solo allo scopo di
divulgare testi ma si estende alla traduzione di opere teologiche e filosofiche
importanti, grazie all'opera di Notker III di San Gallo. L'obiettivo principale di Notker
era di rendere il testo immediatamente accessibile ad allievi e lettori. L'equilibrato e
raffinato miscuglio di latino e tedesco di Notker costituisce documentazione di
compenetrazione delle due culture. Nella seconda metà dell'XI secolo, la vita
culturale e letteraria inizia ad espandersi al di fuori delle mura dei conventi, l'area dei
destinatari si allarga e lo studio letterario comincia a dare spazio ed interessi non
solo a materie filosofiche e teologiche ma anche ad aspetti umani ed individuali.
- la tradizione scritta → L'uso della lingua tedesca in testi scritti si inaugura solo dopo
la fine dell'VIII secolo grazie alla spinta politica e alle manovre di Carlo Magno. Una
delle motivazioni di questa tarda affermazione del tedesco è la mancata affermazione
non solo di una lingua sopradialettale durante l'altomedioevo ma anche la mancanza
di uso di grafici univoci che costituissero una comunicazione scritta comune ai dotti
delle varie regioni. Inoltre, la tradizione scritta è rimasta troppo tempo legata agli
interessi liturgici e dottrinari dei singoli monasteri, pertanto arrivano ad una certa
dignità letteraria solo i dialetti delle regioni dove la vita monastica è più attiva in
senso culturale, principalmente nelle zone dove si parlava l'alemanno, il bavarese, il
francone meridionale, il francone renano e il francone occidentale. Solamente in
epoca medio-tedesca, con l'avvento della civiltà cortese si formerà una lingua
sopradialettale nazionale che sarà lo strumento della fioritura letteraria degli anni a
venire.
– poesia allitterante germanica → L'unico testo che si ricollega alla tradizione germanica
antica, sia per il contenuto che per il modello espressivo, è il poemetto eroico detto “Carme
di Ildebrando” in versi allitteranti, tramandato in un codice teologico di Fulda dell'820-830. Il
poemetto racconta del motivo del duello tra padre e figlio, sottolineando il conflitto morale del
vecchio Ildebrando, costretto per fedeltà verso il suo signore, a combattere suo figlio che
vive in campo nemico. Mentre dal punto di vista fonologico il carme presenta una lingua
mista, dal punto di vista stilistico ricalca il modello germanico. La poesia allitterante
germanica sopravvive anche in due testi poetici bavaresi dei primi decenni del IX secolo: la
Preghiera di Wessobrunn, che contiene l'inizio di un poema sulla creazione e il poemetto
Muspilli che riguarda il destino dell'uomo dopo la morte. Alla stessa epoca risale il principale
esempio di poesia di vasta portata in versi allitteranti (circa 6.000 versi), l' Heliand, poema
sulla vita di Cristo in sassone, realizzando la materia del Vangelo in modelli metrici e stilistici
prettamente germanici. Altri esempi di poesia allitterante si sono conservati nelle formule
magiche e nelle benedizioni, dove il contenuto strettamente pagano subisce
progressivamente un processo di superficiale cristianizzazione, passando dall'invocazione
degli dei alla figura di Cristo e dei santi.
● letteratura di traduzione → La letteratura di traduzione ci aiuta a capire come è
avvenuta la compenetrazione tra il latino e il tedesco e soprattutto come il primo
abbia contribuito alla realizzazione del secondo. Il primo gradino del lavoro di
traduzione è rappresentato dalle glosse ai testi latini e dai glossari più antichi come il
Vocabolarius S. Galli e il cosiddetto Abrogans che è la traduzione di un dizionario
alfabetico di sinonimi latini. Verso la fine dell'VIII secolo cominciano ad essere ben
documentate le traduzioni di testi catechistici, di cui ci sono pervenute diverse
versioni a seconda dei vari dialetti; questi erano libri didattici dal quale i chierici
riuscivano ad imparare dapprima a leggere e poi a scrivere. Fra le traduzioni delle
opere più importanti vanno citate la traduzione alemanna della Regola di S.
Benedetto, gli Inni ambrosiani, l'Armonia Evangelica. L'opera più importante tra
quelle composte in alto tedesco risale al IX secolo, ed è il Liber Evangelorium di
Otfrid, uno dei primi poeti tedeschi di cui è noto il nome, maestro e monaco del
monastero di Weissenburg. L'opera è una rielaborazione in forma poetica della vita di
Gesù affiancata da commenti e interpretazioni morali in una dimensione che risulta
lirica piuttosto che epica. La grande novità introdotta da Otfrid è l'introduzione della
rima finale e degli schemi metrici latino-romanzi, grazie alla quale il dialetto francone
riuscì a raggiungere prestigio e dignità. Si compone di due brevi strofe con versi
lunghi (lontano dai versi liberi di tradizione germanica).
● l’antico alto tedesco → La definizione "tedesco antico" indica l'insieme di tutti i dialetti
germanici dell'aria continentale, che abbraccia un periodo che va dal 700 circa fino al
1000 e che include oltre al territorio della Germania attuale, anche alcune zone
dell'Europa centrale. Tale periodo è inaugurato tra l'altro dalla realizzazione della
Seconda Mutazione Consonantica, definita perciò anche come Mutazione
Consonantica alto tedesca antica. La storia della lingua tedesca è suddivisibile in
quattro periodi: 1. Proto-alto tedesco: dal 600 all'800, non si hanno documentazioni,
solo singoli termini o nomi di persona che mostrano gli esiti della seconda mutazione
consonantica. 2. Periodo alto tedesco antico: dall'VIII all'XI secolo, ovvero gli inizi
della documentazione, periodo in cui sono evidenti gli esiti della mutazione
consonantica. 3. Periodo alto tedesco medio: dal XII al XV secolo, periodo nel quale
si afferma una lingua letteraria e sopradialettale. 4. Periodo moderno: dal XVI secolo
ai giorni nostri. Si può affermare che per ragioni politiche e di prestigio, il francone
come dialetto riesce a prevalere linguisticamente sugli altri. Uno degli elementi
unificanti in tale varietà dialettale è il comune modello culturale e linguistico
rappresentato dal latino, sia scritto che letterario. Il latino influisce sia sull'evoluzione
delle strutture sintattiche sia sull'arricchimento del lessico: si pensa infatti che il 3%
del lessico germanico sia composto da prestiti latini, il 10% da calchi strutturali, il
20% da calchi semantici. Si creano non solo nuove forme lessicali per indicare
singoli concetti, ma anche nuove strutture come l'elemento -heit che diventa un vero
e proprio suffisso per la formazione degli astratti per la traduzione di -tas e -tio del
latino.
● sistema fonologico → Nello studio del mondo linguistico tedesco antico ci troviamo di
fronte alla manca di una tradizione unitaria e anche a una veloce evoluzione dei vari
dialetti scritti. Tuttavia per capire il sistema grafico fonologico, la convenzione più
diffusa è usare come base il dialetto francone orientale, più diffuso rispetto agli altri
dialetti. La scrittura usata in quasi tutti i testi tedeschi antichi è la minuscola carolina;
in epoca antica sono documentate però anche alcune abitudini grafiche anglosassoni
come l'uso ae per e e di d per th. In linea di massima possiamo dire che il tedesco
conosceva le cinque vocali i, e, a, o, u sia brevi che lunghe. Altre caratteristiche
dell'alto tedesco antico sono: - incertezze grafiche riguardo le consonanti, con z che
può rappresentare sia /ts/ che /s/. Le grafie ff zz hh(ch) indicano spiranti doppie e
forti, di contro a f s h th che corrispondono a spiranti semplici. - h in inizio di parola
indica una semplice aspirazione, nelle altre posizioni cioè in fine parola o davanti a
consonante rappresenta la spirante sorda velare. - s rappresenta l'antica sibilante
germanica, mentre z è uno degli esiti di germanico t per effetto della rotazione
consonantica alto tedesca.
- evoluzione fonologica dal germanico all'antico alto tedesco → si verifica una vera e
propria rivoluzione per quanto riguarda le consonanti, mentre per quanto riguarda le
vocali, subiranno modifiche solo in epoca più tarda. 1. La metafonia palatale
interviene nell'alto tedesco antico solo nel caso di a che passa ad e (es. ata. helle
"inferno" vs got. halja) 2. Le altre variazioni vocaliche riguardano solo la
semplificazione di alcuni dittonghi e la dittongazione di Ĥ e di ƃ. Nello specifico il
dittongo germanico eu appare in fracone come iu tranne in alcuni casi particolari. Il
dittongo germanico au si monottonga in ƃ avanti ad una h o qualsiasi consonante
dentale. Parallelamente il dittongo germanico ai si monottonga davanti h r w; in altri
casi si modifica in ei. Infine ƃ diventa uo. 3. Per quanto riguarda le vocali atone
notiamo che in posizione finale le brevi tendono a scomparire e le lunghe ad
abbreviarsi, salvo in alcuni casi che rimane tutto invariato per doveri morfologici. 4.
Infine troviamo il fenomeno della seconda mutazione consonantica: - le occlusive
sorde germaniche p t k divetano spirali sorde doppie in ata. se si trovano tra vocali o
in posizione finale precedute da vocali: germ. p = ata f,ff es. sass. ant. skip = ata. skif
"nave" germ. t = ata ss,zz es. ing. ant. etan = ata. ezzan "mangiare" germ. k = ata
xx,ch,hh es. got. ik = ata. ih "io" - le occlusive sorde germaniche p t k diventano
affricate in ata. se in posizione iniziale, finale o intermedia precedute da consonante l
r m n o se doppie. germ. p = ata pf,ph es. ing.ant. scieppan = ata. skepfen "formare,
creare" germ. t = ata ts, z, zz es. ing. ant. heorte = ata. herza "cuore" - le occlusive
sonore germaniche b d g diventano occlusive sorde in ata. Si tratta di un fenomeno
molto meno ricorrente rispetto ai precedenti. Solo la dentale /d/ subisce un
mutamento abbastanza regolare divenendo sorda mentre per la labiale /b/ e la
dentale /g/ il passaggio alle sorde è molto meno completo. germ. d = ata t es. ing.
ant. gƃd = ata. guot "buono" germ. b = ata p es. ing. ant. beran = alemanno peran
"portare" germ. g = ata. k,c,ck es. ing.ant. stigan = alemanno stika "salita". - Nell'alto
tedesco si verifica anche il passaggio della spirante interdentale sorda th alla
occlusiva dentale sonora d (es. ing. mod. that vs ted. mod. das "quello, che"). Il
fenomeno si è realizzato in tempi diversi a seconda della consonante coinvolta nel
mutamento. Prima si sarebbero trasformate le dentali intorno al V sec., poi le labiali
uno o due secoli dopo, infine le velari intorno all'VIII sec. Secondo la teoria delle
onde, la diffusione riesce a colpire da nord a sud fino però a fermarsi lungo la linea di
Benrath che divide la zona alto-tedesca da quella basso-tedesca, di conseguenza
può essere considerato anche come un confine linguistico.
● morfologia → Nella declinazione nominali i dialetti tedeschi conservano la distinzione
dei casi: nominativo, genitivo, dativo, accusativo e a volte strumentale. Nel sistema
pronominale vengono introdotti nuovi pronomi come i dimostrativi e come per
l'inglese nasce il dimostrativo rafforzato. La flessione verbale si mantiene per certi
versi ancora intatta, mantenendo la distinzione tra verbi forti e verbi deboli.
● sintassi → Le principali innovazioni sintattiche si sviluppano ovviamente per mezzo
dell'influenza del latino, tant'è vero che in alcune opere in prosa sembra quasi
scomparire ogni traccia di sintassi tedesca.
- il frisone → La lingua frisone è attualmente parlata in 3 differenti aree: nella regione
olandese della Frisia (frisone occidentale), nel Saterland che è una provincia interna
della Frisia tedesca (frisone orientale) e nella zona nord-occidentale dello Schleswig
(frisone settentrionale). Seppure ad oggi appare così frammentaria, originariamente
la regione in cui si parlava il frisone era compatta ed omogenea. Da quello che ci è
pervenuto risulta che le zone settentrionali sono prive di tradizione scritta, mentre
nelle zone occidentali ed orientali troviamo una documentazione medievale di
letteratura scritta. La parte più importante è costituita da un corpus di testi giuridici in
cui si possono capire gli usi, la vita e le istituizioni del popolo frisone a partire dal XII
secolo. . Le lotte con i Franchi durarono quasi un secolo, durante il quale questi ultimi
riuscirono ad attrarre tutta la Frisia e ad introdurre il Cristianesimo. La conversione fu
completata con la conquista di tutta la Frisia da parte di Carlo Magno. Con la caduta
dell'impero carolingio, nei secoli che seguono, i Frisoni acquistarono finalmente una
solidità politica e culturale. L'autonomia dei Frisoni si fondava su una solida
tradizione giuridica basata sull'antico diritto consuetudinario amministrata da
magistrati locali. Durerà fino al XVI secolo, quando i sassoni minacceranno
l'indipendenza anche culturale dei Frisoni, introducendo modelli di diritto di tradizione
romana. Tra i documenti letterari, la maggior parte della documentazione letteraria
frisone riguarda l'ambito giuridico. Le prescrizioni fondamentali che riguardavano gli
ordinamenti di tutte le popolazioni frisoni, sono le cosiddette 17 disposizioni e le 24
leggi della regione.
- la lingua frisone → Il frisone presenta particolari affinità con i dialetti anglosassoni, in
particolare con il sassone continentale tanto da poter formare un gruppo linguistico
omogeneo detto ingevone. Le cause che hanno favorito la formazione della lega
linguistica ingevone possono essere molteplici: l'affinità etnica degli anglosassoni con
le popolazioni rimaste sulle sponde continentali del Mar del Nord può aver favorito lo
sviluppo di tendenze comuni. Il frisone dal punto di vista linguistico, sembra
realizzare in maniera più coerente mutamenti linguistici che si verificano anche in
anglosassone: 1. La palatizzazione di a ā in e ē in sillaba chiusa; 2. L'esito di e ē per
metafonia si realizza non solo per quanto riguarda ō come in anglosassone, ma
anche per u ū; 3. La monottongazione interessa non solo il dittongo germanico ai che
passa ad ā ed ē, ma anche il dittongo au evolve in ā; Altre caratteristiche sono
esclusivamente frisoni: 1. La frattura di i in iu davanti a ht hs e u della sillaba
seguente (es. ang. rihti = fris. riucht "diritto"); 2. L'evoluzione di ƃ in ƻ avanti a della
sillaba seguente (es. ang. doan = fris. dwa); Dopo il XV secolo il frisone decande
nell'uso scritto fino al XIX secolo. Nella Frisia olandese il frisone è tuttora usato ed
insegnato come seconda lingua ufficiale, così come in Germania viene tutelata la
tradizione frisone.
- l’antico nordico → Gran parte della produzione letteraria in nordico antico viene
dall'Islanda e in misura minore dalla Norvegia. Il contributo della Svezia e della
Danimarca è limitato essenzialmente a testi giuridici risalenti al XIII-XIV secolo. La
lingua che definiamo come antico nordico è quella lingua letteraria che è
rappresentata in tutta la documentazione scritta del mondo nordico dalle origini fino
proprio al XIII-XIV secolo. La tradizione linguistica del nordico può essere divisa in 3
periodi: 1. Il periodo runico (dal V al IX) caratterizzato dall'uso del futhark antico di 24
segni; 2. Il periodo vichingo (dal IX all'XI) con alfabeto runico più tardo ridotto a 16
segni (futhark recente); 3. Il periodo nordico classico o norreno (dall'XI al XIV) al
quale risale tutta la documentazione manoscritta e durante il quale il nordico si
identifica praticamente con l'islandese e il norvegese antico (antico nordico
occidentale).
- i vichinghi e la colonizzazione dell’Islanda → I vichinghi, durante il loro movimento
espansionistico fino alle estreme terre occidentali delle grandi pianure russe,
entrarono in contatto con le civiltà più ricche e diverse. Durante la dominazione
dell'Irlanda e delle isole settentrionali britanniche, entrarono in contatto con la civiltà
celtica ed anglosassone. La debolezza dell'impero carolingio, permise loro di entrare
in contatto anche con l'Europa continentale, quindi con la cultura medievale cristiana.
Proprio per mezzo dell'influsso della civiltà cristiana sfocia una reazione
conservatrice che avrà come effetto la colonizzazione dell'Islanda e la conservazione
in quelle terre degli aspetti più caratteristici ed arcaici del mondo nordico. La più
grande trasformazione culturale e sociale nel mondo nordico avvenne attraverso la
conversione al Cristianesimo. La sua accettazione ufficiale avviene intorno all'anno
1000 in Islanda per decisione dell'assemblea generale e in Norvegia per la politica
del re Olafr il Santo. Con la conversione e l'introduzione della scrittura latina si
diffonde nel mondo nordico anche la conoscenza dei testi liturgici cristiani e si
afferma l'uso del latino come lingua letteraria. Questo però accade nella parte
continentale, mentre in Islanda la tradizione norrena non ne resta influenzata, per lo
meno dal punto di vista linguistico poichè rivolgendosi ad un pubblico indigeno, si
esprimevano essenzialmente in norreno.
- La tradizione letteraria → La tradizione scritta in lingua norrena si sviluppò con
l'introduzione del latino in Islanda e in Norvegia, cioè a partire dal XII secolo. La
produzione scritta in nordico, a parte qualche traduzione, è tutta essenzialmente di
ispirazione pagana. Questo corpus è composto dalla poesia eddica, dalla poesia
scaldica e da una prosa di carattere storico, scientifico e narrativo che trova la sua
massima espressione nelle saghe. Mentre le poesie degli scaldi sono tramandate
singolarmente, la poesia eroico-mitologica è contenuta in gran parte in un
manoscritto del 1270 detto Codex Regius, trovato in Islanda nel 1643 e denominato
dal suo scopritore "Edda di Saemund il Sapiente". L'Edda (o Edda poetica per
distinguerla dall'Edda in prosa di Snorri) è una raccolta di 29 canti anonimi, vari ed
autonomi per quanto riguarda il contenuto ma omogenei per quanto riguarda
l'aspetto linguistico. Apre la raccolta un carme profetico escatologico
(sull'interpretazione del destino dell'uomo e dell'universo) la Voluspà, che racconta la
storia mitologica del mondo, dalla creazione della terra alla nascita dei giganti e degli
uomini fino alla previsione apocalittica del ragnarok (battaglia tra bene e male).
Seguono alcuni canti legati alla figura di Odino e di Thor e alle loro avventure, tra cui
emerge il canto Havamal, che presenta consigli di saggezza e di vita pratica. La
seconda parte di canti si stacca dal racconto mitologico e contiene carmi eroici
intervallati da brani esplicativi in prosa, i primi tre riguardano le avventure di due eroi
particolari, gli ultimi 15 carmi si riferiscono all'eroe leggendario Sigurdr. A giudicare
dall'aspetto stilistico, questi carmi non si possono anteporre all'XI secolo. Anche se i
riferimenti del Cristianesimo non sono espliciti, si nota in certi carmi la presenza di
una sensibilità nuova come quelle allusive alla risurrezione del dio Baldr, che
possono consentire interpretazioni ambivalenti, sia in senso pagano che quello
cristiano. Se la poesia eddica indica il patrimonio culturale tradizionale del mondo
nordico-islandese, gli scaldi ne rappresentano l'aspetto attuale, cioè l'ambiente delle
piccole e grandi corti vichinghe e i loro valori fondamentali: il desiderio di onore e di
ricchezza, l'amore per le battaglie, il rapporto fedele verso il capo e la sua
esaltazione. La poesia scaldica non è anonima, ma opera di poeti di mestiere che si
basano su uno stile descrittivo, sulle variazioni dei sinonimi e delle metafore
(kenningar). Di questa conosciamo anche un'importante trattazione teorica dovuta al
grande storico Snorri Sturluson che nella sua Edda ha lasciato un vero e proprio
trattato sull'arte poetica. L'opera è divisa in 3 parti: la prima che contiene
un'esposizione sulla mitologia eddica e alla materia dell'arte poetica, la seconda e la
terza al linguaggio poetico e alla metrica. Poesia = Tutta la poesia nordica è
caratterizzata dalla suddivisione in strofe. I tipi di strofe più comuni dell'Edda sono il
fornyrdislag "metro epico antico" e il liodahattr, caratteristico della poesia dialogica (in
forma dialogata). Il fornyrdislag è formato da 4 versi lunghi allitterati ed ha una
censura dopo il secondo verso, mentre il liodahattr ha due versi lunghi alternati da
due versi brevi. Il primo è il verso tipico germanico antico, diffuso anche nella poesia
anglosassone e tedesca antica, il secondo può considerarsi come un verso tipico
della poesia eddica con una struttura relativamente libera. Prosa = Di particolare
interesse sono le opere storiche che narrano gli avvenimenti che riguardano
l'immigrazione in Islanda e i primi secoli della colonizzazione. Il Landsnamabok
("libro dell'acquisizione della terra") mostra una sintesi dello sviluppo delle prime
famiglie che si insediarono; l'opera intitolata Islendigabok parla dello sviluppo della
civiltà islandese; l'Heimskringla si rivolge alla storia della Norvegia di Snorri, che
consiste in una raccolta di saghe in ordine cronologico. Tra le saghe più importanti
troviamo le Saghe islandesi che ritraggono avvenimenti storici importanti come la
migrazione, la vita politica e sociale islandese, viaggi ed avventure dei personaggi
più rilevanti, ma non vanno trascurate altre opere ispirate a temi religiosi, le vite degli
apostoli e dei santi, quelle con i tempi epico-cavallereschi.
- lingua norrena → Il Codex Wormianus A M 242 della Biblioteca universitaria di
Copenaghen, contiene oltre all'Edda di Snorri, quattro importanti trattatelli inerenti
all'aspetto fonologico grammaticale. Il primo di questi, il cosiddetto Primo trattato
grammaticale, contiene un'analisi accurata dei suoni dell'islandese antico: 1. La
lingua faceva distinzioni tra vocali brevi e lunghe e le vocali lunghe venivano
generalmente indicate con un apice (é). 2. Nel Primo trattato grammaticale
esistevano anche vocali lunghe nasalizzate, nate dalla caduta della nasale che
seguiva. 3. Il segno ae ha valore di vocale solo nelle trattazioni teoriche, nei
manoscritti vale sempre e solo /e/. 4. Dopo il 1200 il sistema vocalico si impoverisce
a causa del confluire di alcuni vocali in altre e della chiusura di altre. Per quanto
riguarda le consonanti osserviamo: 1. I segni f e th (p lunga) rappresentano spirante
sorda all'inizio di parola e vicino a sorda, ma spirante sonora nelle altre posizioni. 2. Il
segno g indica i due allofoni occlusivo e spirante della velare sonora; il primo si trova
a inizio frase e dopo nasale (es. ganga "andare"), il secondo all'interno e alla fine
della parola (es. blarga "nascondere"). 3. La z indica l'affricata /ts/ nata dall'incontro
della dentale più s.
- Evoluzione fonologica dal germanico all'antico nordico → I tratti più importanti
riguardano il sistema vocalico, con una tendenza spiccata a variazioni di tipo
metafonico: 1. I dittonghi germanici generlamente non si monottogano. Il dittongo ai
appare come ei (es. anord. steinn vs got. stains "pietra"), oppure si mottonga in a
avanti h e r (es. anord. ar vs got. air "un tempo"). Il dittongo au resta inalterato tranne
che davanti ad h. Il dittongo eu appare come dittongo ascendente io o iu, a seconda
dei suoni che seguono. 2. Il passaggio di i ad e e di u ad o avviene in antico nordico
molto più spesso rispetto alle altre lingue germaniche. 3. La metafonia si realizza non
solo ad opera di i j (palatale) e di u w (labiale) ma anche per la presenza di -r e di k o
g seguiti da e. 4. La frattura interessa solo la vocale e che appare come ia o come io
per la presenza di a e di u nella sillaba seguente. 5. Scompare la semivocale j a
inizio parola. 6. Semplificazione del gruppo consonantico attraverso assimilazione o
scomparsa di una consonante.
● morfologia → Per quanto riguarda la morfologia l'originario sistema flessivo è ancora
mantenuto in nordico antico come del resto in inslandese moderno, la lingua più
conservativa delle lingue nordiche. La distinzione dei casi scompare solo in alcune
declinazioni. Nella flessione verbale si verificano alcuni adeguamenti, ad esempio la
III persona singolare dell'indicativo presente alla II: fell "io cado", fellr "tu cadi, egli
cade". Nella declinazione nominale hanno particolare rilievo le forme metafonizzate.
Ad esempio nei temi in -u agiscono contemporaneamente metafonia palatale e
labiale. Nella declinazione debole dell'aggettivo la metafonia caratterizza tutto il
plurale e in molti temi la consonante assume un valore morfologico nell'indicare il
numero e a volte il caso. Nonostante ciò del nordico possiamo dire che accanto ad
innovazioni originali presenta anche aspetti notevolmente arcaici come la presenza
del duale nei pronomi di I e II persona, l'interrogativo huerr "chi", la formazione dei
verbi in -na- come in gotico ecc. Le novità sono presenti nel sistema pronominale,
come ad esempio il pronome di III pers. hann m. hon f. (da un tema affine
all'anglosassone he), la particella es/er per esprimere il relativo, alcune forme di
indefinito come nakkuer "qualcuno" o huatvettna "ogni cosa". Tipicamente nordico è
l'articolo enn et posposto al nome.
● sintassi → La più comune forma di passivo è costituita anche in nordico da una
struttura perifrastica, formata dal verbo vesa "essere" e il participio passato. Altre
forme perifrastiche vengono usate per la resa del futuro e dei tempi composti del
passato. Forse però, la caratteristica più tipica delle strutture sintattiche norrene è la
possibilità di indicare le relazioni tra gli elementi della frase con estrema libertà ed
immediatezza, attraverso schemi agili e sintetici. Nella lingua delle saghe prevalgono
la coordinazione o semplici subordinazioni, mentre è molto frequente nello stile
narrativo il discorso diretto. Quando è presente la subordinazione lo si può notare
poichè viene indicata da poche congiunzioni: ef, en, sem "come", ma
prevalentemente da at e dalla particella polivalente es/er con valore temporale,
locativo, relativo.
- i germani in Italia → Il periodo che riguarda la presenza dei Germani in Italia interessa
più di quattro secoli, cioè dal loro graduale inserimento nel IV-V sec. fino all'epoca
delle vere e proprie invasioni del V-VIII sec. Gli invasori dell'Italia, ovvero soprattutto
Goti e Longobardi, inserendosi in un ambiente assai letterarizzato hanno usufruito di
una situazione favorevole rispetto ad altri conquistatori germanici. Le fonti utilizzabili
sono assai frammentarie e discontinue per documentare in modo diretto le
manifestazioni culturali e linguistiche dei popoli germanici in Italia. L'archeologia
documenta la progressiva espansione degli stanziamenti barbarici attraverso l'esame
della suppellettile e degli oggetti personali rinvenuti nelle tombe. Di particolare
interesse per l'epoca longobarda sono i documenti pubblici e privati all'interno del
Codice diplomatico longobardo che permettono di individuare la fisionomia politica
dei personaggi più rilevanti e di fare una ricostruzione di alcuni aspetti delle
condizioni di vita. Per la conoscenza della storia religiosa dei Goti e dei Longobardi
sono fonti assai utili i testi agiografici (la Vita Columbani di Jonas) e le biografie dei
papi del Liber pontificatis. Il primo documento di rilievo che ci informa sulle norme
giuridiche degli invasori germanici in Italia è l'Edictum Rothari redatto sia sul modello
della giurisdizione latina, sia sul modello delle leggi di altre popolazioni germaniche.
A parte qualche manoscritto, mancano completamente testimonianze scritte della
lingua degli invasori germanici anche se aveva una dignità pari a quella del latino
nella penisola la lingua e la scrittura dei goti. Manifestazioni letterarie originali in
lingua gotica non sono documentate, anche se è documentata l'esistenza di carmina,
ovvero di canti epici in tradizione orale. Per quanto riguarda i Longobardi, non
abbiamo cenni sull'esistenza di una tradizione poetica, anche se questa non può
essere esclusa a priori. La penetrazione dei Germani in Italia iniziò molto tempo
prima della caduta dell'impero, in un primo tempo nella forma di arruolamento
mercenario, attraverso il quale occuparono alte cariche militari avvicinandosi
gradualmente al centro del potere politico. Infatti, già nel IV secolo alcuni capi militari
potevano godere di terre pubbliche in cambio della loro chiamata alle armi. Lo
spostamento effettivo dell'ago della bilancia avvenne nel V secolo quando, durante le
lotte tra gli imperatori, i militari germanici diventarono strumento di contesa, tanto da
avere potere anche sul regnante in determinate occasioni. Lo straordinario
dinamismo delle popolazioni germaniche permise loro di far valere la loro forza
politica e militare sia all'interno che all'esterno dei loro confini, ed essere
all'occorrenza nemici o amici di Roma, come accade nel caso dei Visigoti: dapprima
per due volte invasori dell'Italia e poi alleati con l'impero. Nel 476 Odoacre reclamò
l'assegnazione di terre italiche sulle quali stabilirsi a capo di una sollevazione di
federati, assunse il potere e inviò le insegne imperiali a Costantinopoli, ufficializzando
un potere assunto da tempo. Si trattò infatti non di una caduta dell'impero, né di
un'invasione ma di una graduale evoluzione interna portata a compimento da una
delle tante ribellioni militari. Odoacre si qualifica costantemente come re delle genti
germaniche stanziate in Italia anche se non detiene formalmente la sovranità
territoriale. Tuttavia, il fatto che il regno fosse limitato ai soli Germani, ostacolava la
definitiva integrazione con la popolazione italica. Tale dualismo amministrativo e
politico verrà ereditato da Teodorico in seguito. L'insediamento degli Ostrogoti in
Italia, dopo oltre tre anni di guerra contro Odoacre, fu una vera e propria migrazione
di popoli, in particolare dei Goti che andarono a far parte della classe dei proprietari
terrieri secondo il sistema dell'assegnazione delle terre ai soldati germanici di un
terzo delle terre dei possessores romani. L'occupazione fu abbastanza ampia:
interessò il nord dell'Italia, le regioni lungo l'Appennino fino alla Campania. Il regno di
Teodorico si fondò su una politica di equilbri, sia all'interno che all'estero, per
esempio in Italia i Goti e i Romani vivevano sotto giurisdizioni parallele ma comunque
ben distinte. Con le forze esterne Teodorico mostrò una notevole abilità diplomatica:
mostrò prudenza nei riguardi della Chiesa romana e dell'Impero d'Oriente, affiancò
una politica di solidarietà con i regni romano-barbarici (Visigoti, Vandali, Franchi,
Burgundi) con i quali fece una rete di alleanze ponendosi come riferimento culturale
e politico. Il regno di Teodorico rappresentò per l'Italia un lungo periodo di pace e di
rifioritura economica, ma la sua morte nel 526 segnò l'inizio di un'era decadente che
portò al crollo di ogni residuo di struttura politica e sociale. Per più di 20 anni l'Italia fu
devastata dalla guerra tra Goti e Bizantini alle quali presero parte anche alcuni
contingenti Franchi, Alemanni e Burgundi. I Goti, dopo questo periodo, tentarono
inutilmente di opporsi alla tendenze restauratrici di Giustiniano e alla fine, seppur
sconfitti riuscirono comunque a mantenere posizioni di prestigio. Nel 569 in un Italia
stremata e desolata dalla guerra e dalle continue pestilenze e carestie, si affaccia la
popolazione germanica che ha inciso maggiormente nella storia della penisola: i
Longobardi. Si trattava di un agglomerato di popoli di varie origini, ma soprattutto
Germani tra cui Sassoni, Svevi e Bavari. Le fonti storiche latine parlano di questo
popolo con connotazioni rozze e violente. La loro migrazione si configurò come
un'operazione militare piuttosto che come un progetto coerente politico.
L'organizzazione del regno infatti restò sempre militare: la monarchia rimase elettiva
ed il re si qualificò sempre come capo dell'esercito ovvero capo della classe
possidente. I Longobardi si insediarono soprattutto in tre zone: l'Italia settentrionale
dove Pavia assunse il ruolo di capitale, la Toscana e i territori centro meridionali di
Fermo, Spoleto e Benevento. Il problema dei re longobardi fu in seguito quello di
riunire geograficamente e amministrativamente le tre zone che li costrinse ad avere
rapporti con i Bizantini e con il papato. Prima Liutprando e poi Astolfo nelle loro
campagne militari del 700 riuscirono ad estendere i propri domini sull'Esarcato dei
Bizantini e su quasi tutto il resto della penisola ad eccezione delle isole, della
Calabria e del Lazio. Dopo la vittoria di Carlo Magno dell'VIII secolo, che portò la
dominazione franca al posto di quella longobarda, l'organizzazione dello stato non fu
sovvertita. Il regno cambiò nome da Regnum Longobardum a Regnum Italiae ma
l'ordinamento politico e giuridico esistente non mutò, semplicemente l'autorità franca
si sostituì a quella longobarda. Dal punto di vista linguistico e culturale, invece che
mantenere le proprie tradizioni finì per mescolarsi con le popolazioni italiche.
● aspetti culturali → 1) Ostrogoti: A differenza di ciò che accadeva nell'ambito politico,
da quello che risulta nei testi c'era volontà di dialogo tra la cultura dei Goti con quella
latina. I Goti erano stati per molti anni a contatto con il mondo greco-bizantino, già
nel IV secolo avevano adottato la religione cristiana ed iniziato una tradizione scritta
molto più sensibile e interessata ai valori artistici e letterari italici. Tuttavia, la loro
indole fece sì che mantennero lo stesso le loro antiche tradizioni integrandole con le
recenti innovazioni, quali l'invenzione della scrittura e la costituzione di studi biblici. Si
riscontra inoltre, un'intensa attività di traduzione e commento delle sacre scritture.
Alcuni dei personaggi più importanti appartenevano alla cerchia di collaboratori di
Teodorico: Cassiodoro, il più vicino consigliere del re, scrittore e uomo di stato;
Severino Boezio, le cui opere furono il principale mezzo di divulgazione del pensiero
filosofico classico; infine il goto Jordanes che con le sue due opere Romano e
Getica, rappresenta il massimo momento di integrazione tra le due civiltà. Tuttavia, la
tradizione scritta in lingua gotica non beneficiò dell'opera conservatrice dei monaci
per mezzo della sua implicazione ariana, tant'è vero che le gesta di Teodorico sono
state recuperate solo grazie a testi provenienti da altre culture germaniche; 2) i
longobardi: I Longobardi, alla base, si ritrovarono di fronte una società in piena
decadenza e che loro contribuirono a degradare. All'inizio si presentarono come gli
eredi degli Ostrogoti e in opposizione ai poteri cattolici, cioè a Roma e ai bizantini,
conservarono a lungo il culto ufficiale della fede ariana. I due culti, cattolico ed
ariano, coesistettero a lungo e le conversioni e i ritorni all'eresia furono determinati
dai rapporti politici con il papato e con l'Impero. Il re Autari proibiva ancora il
battesimo cattolico ai Longobardi, mentre il figlio Agilulfo agli inizi del VII secolo fece
battezzare il figlio e consentì la formazione del monastero di Bobbio; i successori
Ariovaldo e Rothari invece tornarono alla fede ariana. Solo nell'VIII secolo si avviò il
processo di conversione dei Longobardi al cattolicesimo e per l'ennesima volta
l'assimilazione culturale tra Romani e Germani avvenne per mezzo del
Cristianesimo. Ne giovò non solo la politica, ma anche la vita e l'arte. I Longobardi
occuparono gli stessi centri appartenuti ai Goti, facendo sì che questi centri culturali
si impregnassero della tradizione germanica e che fiorisse un'arte ricca di elementi
occidentali ed orientali, che videro la massima espressione nella prima metà dell' VIII
secolo sotto il regno di Liutprando. L'educazione scolastica non fu interrotta
completamente ma indirizzata verso obiettivi più laici che religiosi. Una certa attività
letteraria in lingua latina è documentata nell'orbita delle corti e dei monasteri. Tra gli
autori di origine longobarda più importanti troviamo Paolo Diacono. Di lui ci rimane
un'importante fonte storica, l'Historia Langobardorum in cui si fa riferimento alle
antiche vittorie, ai leggendari guerrieri longobardi. In alcuni di questi racconti è
possibile trovare l'origine longobarda, oppure la narrazione della vittoria leggendaria
sui Vandali che attesta la primitiva evoluzione religiosa dei Longobardi, dapprima
devoti a Freia, ma che avrebbero conseguito la vittoria dopo aver ottenuto con
l'inganno il favore di Odino.
★ lingua dei Goti → essi adottarono la lingua di Wulfila coe lingua scritta, segnale di
desiderio di conservazione dei propri costumi. Non si sa quanto e come l'ostrogoto
sia riuscito a penetrare nel latino italico, seppur in alcuni versi del V secolo si faccia
riferimento ad un'ampia diffusione anche nel linguaggio parlato. Nomi propri di Goti
sono conservati nelle fonti latine sia contemporanee sia posteriori alla dominazione
ostrogotica. La struttura della lingua dei Goti è bimembre cioè composta da due
lessemi o morfemi portanti significati diversi. Pare che ad oggi una sessantina di
parole italiane abbiano origine gotica come nastro, arringo, stecca, grinta, guercio.
Come si può notare, sono tutti termini relativi al linguaggio comune, mancano termini
che hanno a che fare con il giuridico o amministrativo, mancanza dovuta al fatto che
probabilmente il latino era comunque la lingua ufficiale durante il regno gotico.
★ lingua dei Longobardi → Una testimonianza molto importante della presenza
linguistica dei longobardi in Italia è costituita dall'onomastica longobarda. Proprio da
quest'ultima si possono individuare alcune particolarità del longobardo anche senza
essere in possesso di una grammatica. Possiamo considerare come caratteristiche
fonetiche del longobardo: 1. La conservazione relativa del vocalismo germanico,
tranne per la resa di e con a come nel germanico occidentale (es. -rada in
theuderada, da germ. -reda). Anche i dittonghi au ed eu si mantengono come tali,
soprattutto nella fase più arcaica. 2. La realizzazione della rotazione consonantica
alto tedesca, anche se i testi latini che ci sono pervenuti non ci permettono di
riconoscere i mutamenti nel tempo e nelle modalità. La lingua longobarda riesce a
raggiungere vari campi semantici come le parti del corpo (schiena, stinco, spanna),
utensili ed abbigliamento (tasca, guanto, roba), vita militare (guerra, guardia), colori
(bianco, bruno, biondo)

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