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L’INDOEUROPEO
Il tedesco è una lingua di origine germanica e il germanico ha, a sua volta, origini indoeuropee. Per
indoeuropeo si intendono quelle caratteristiche linguistiche comuni a quell’insieme di dialetti parlati in
Europa e in Asia che fino al 3000 a.C. che presentavano una certa unità e che in seguito si sarebbero
distinte nelle lingue che conosciamo oggi. La denominazione indoeuropeo è stata data da Thomas Young
nel 1813, ma in Germania si preferisce utilizzare l’espressione Indogermanisch. Comprende i seguenti
gruppi linguistici: indo-iranico, armeno, ittita, greco, albanese, italico, latino, tocario, slavo, baltico, celtico e
germanico. L’indoeuropeo è una lingua ricostruita perché formata attraverso un metodo comparatistico
sulla base di quanto le singole lingue hanno in comune. L’affinità delle popolazioni parlanti lingue europee
non si ferma solo ad una lingua in comune, ma si spinge anche verso una cultura in comune con concezioni
religiose e sociali. Per esempio il calcolo del tempo si basava sulle fasi lunari, e non è un caso che sia la
parola Mond sia la parola Monat derivino dall’antica parola indoeuropea per misurare.
Nelle lingue indoeuropee la formazione di parole astratte deriva sempre da un valore concreto. Per
esempio la parola pensare deriva dall’antica espressione utilizzata per dire “pesare con attenzione” (infatti,
quando pensiamo, ponderiamo una scelta, quindi la pesiamo con attenzione). I termini di parentela poi
sono molto simili tra le varie lingue indoeuropee e testimoniano l’esistenza di un nucleo familiare basato
sul patriarcato (vedi tabella p.14). Il figlio maschio ha un ruolo particolarmente importante, perché non ha
una denominazione comune (si dice che quindi è soggetto a tabu o ad interdizione linguistica). Per esempio
in gotico si diceva sunus, ma in latino si diceva filius. Molto importante è il concetto di vedova, che era la
donna privata del marito (la radice widh infatti significa “diventare privo”). Nel mondo indiano esisteva
anche la pratica della sati, che consisteva nella scelta, o forse meglio dire dell’obbligo, della moglie di
sacrificarsi accanto al cadavere del marito sia per testimoniare il suo amore sia per la disperazione dovuta
ad una futura sopravvivenza precaria. Nel mondo europeo invece non esisteva ancora il matrimonio come
unione paritaria fra uomo e donna, quindi non ci sono espressioni specifiche per indicarlo. L’atto dell’uomo
di comprare la donna e di condurla alla sua casa faceva sì che il matrimonio venisse chiamato “kaufen”,
proprio come il verbo comprare.
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IL GERMANICO
I germani si possono dividere in tre gruppi. Dagli antichi dialetti di queste popolazioni derivano le lingue
germaniche moderne. I 3 gruppi sono:
- Settentrionali: islandese, norvegese, svedese, danese, feringio (parlata dell isole Faroer)
- Orientali: idiomi di goti, burgundi, vandali, cimbri, teutoni, gepidi, eruli, sciri, turclingi. Questi popoli si
sono assimilati alle popolazioni dei paesi occupati durante le numerose migrazioni. Hanno un ruolo
fondamentale nella storia del tedesco: il primo documento letterario sostanzioso di una lingua germanica,
cioè la traduzione della Bibbia di Ulfila, è scritta in Visigoto.
- Occidentali: inglese, frisone, tedesco, olandese, fiammingo.
Per quanto riguarda invece la sede originaria dei Germani, andando per esclusione si è giunti alla
conclusione che essi fossero stanziati nell’Europa settentrionale, in una zona coincidente con la Svezia, la
Norvegia, la Danimarca e la Germania settentrionale. Infatti la Germania meridionale e la Boemia erano
celtiche, così come la regione renana conquistata da Cesare. L’Inghilterra sarebbe stata occupata dagli
Angli, i Sassoni e gli Iuti solo nel V-VI secolo mentre regioni come l’Islanda e la Scandinavia settentrionale
erano disabitate per via delle sfavorevoli condizioni meteorologiche.
GERMANI E ITALIA
Riguardo ai rapporti dei germani con l’Italia, si pensa che un’ondata di barbari sia giunta in Campania già nel
VII o VIII secolo a.C., ma solo nel 101 si ha testimonianza certa dell’arrivo in Italia di Cimbri e Teutoni.
L’Italia ha subito tre invasioni e dominazioni da parte di Ostrogoti, Longobardi e Franchi, ma il rispetto di
queste popolazioni per la civiltà latina ha fatto sì che il loro passaggio non fosse poi così determinante per
l’evoluzione della società italica. Per quanto riguarda i prestiti linguistici, sono germaniche le parole italiane
che cominciano con gu- (guerra, guaio, guadagno) perché è in questo modo che viene reso il w iniziale
germanico, e con sche e schi (schernire), perché lo ske e ski latini erano già diventati il suono sci e sce
(scena). I prestiti di parole germaniche sono solitamente espressivi e possono fornire informazioni sugli usi
e sulla natura dei germani.
Come per l’indoeuropeo anche per il germanico non possediamo testi che appartengano ad un primitivo
stadio indifferenziato quindi ricostruiamo, tramite la comparazione, il cosidetto germanico comune o
protogermanico.
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venivano prese le decisioni più importanti in merito alla politica e all’amministrazione della giustizia. Il
diritto era regolato da norme di tipo pratico.
Per quanto riguarda la religione, l’Olimpo germanico vedeva coesistere due gruppi di Dei, gli Asi (dei
guerrieri) e i Vani (dei agricoltori), i quali erano legati ad un concetto di religione naturalistica. Tra gli Asi
c’era corrispondenza con gli Dei latini, alcuni degli Dei più importanti erano Odino (Mercurio), Tyr (Marte),
mentre tra i Vani solo Fria corrisponde a Venere. Le prime tribù ad essere state convertite al Cristianesimo
sono state quelle dei Goti, che ormai da tempo erano in contatto con latini e greci. Successivamente anche i
franchi si convertirono al Cristianesimo. Nonostante l’opera di Papi e missionari, rimase per molto tempo
nella spiritualità germanica un’adesione alle antiche tradizioni pagane, come è evidente da alcuni
documenti letterari antichi e come testimoniato in un certo tipo di letteratura popolare come le favole dei
fratelli Grimm.
Di quali tempi stiamo parlando? Questa zona circoscritta era una realtà del 400/500 ac. Poi le popolazioni
di lingua germanica si diffondono verso sud. In questa loro espansione verso sud viene colonizzato quel
teritorio che oggi viene chiamato Germania.
Domanda: quando vanno alla luce della storia questi popoli per cui a un certo punto in qualche documento
si parla di loro? X Risp: pensiamo a quali fossero le grandi civiltà dell’epoca in Europa, in grado di scriveree
raccontare il mondo? Erano la civiltà greca e latina. Quindi le prime notizie si hanno dagli autori classici. C’è
un grande viaggiatore greco negli anni 300 aC che si chiamava PITEA di Marsiglia. Marsiglia fu fondata dai
greci. I greci all’epoca erano navigatori del Mediterraneo, commercianti che esploravano l’Europa. A un
certo punto fondano la colonia di Marsiglia così come avevano fondato tante altre colonie. Ad esempio
l’Italia meridionale la chiamavano la Magna Grecia. Pitea nasce a Marsiglia ed è greco. È navigatore,
scienziato. Compie una navigazione mai tentata prima: passare le Colonne d’Ercole (=stretto di Gibilterra).
All’epoca esisteva una leggenda secondo la quale non bisognava mai passarle perché erano un tabù. Non si
sapeva cosa ci fosse oltre, si pensava a mostri, animali giganti ecc. In realta era già stato fatto tante volte, es
dai fenici. Si faceva una rotta circumnavigando la penisola iberica e si andava verso le isole britanniche, che
erano già state scoperte dai fenici. Scoperte è relativo, perché c’erano già popolazioni che ci abitavano,
però erano popolazioni primitive. Le popolazioni più civili, che scrivevano ecc scoprono questi mondi.
Quindi i fenici e i greci conoscevano le isole britanniche; ci andavano a cercare stagno e rame. Insieme
servono per fare il bronzo, che serviva molto per armi. Pitea di Marsiglia ci arriva per una rotta già nota.
Dopo però tenta una cosa mai fatta da nessuno. Da lì veleggia verso est e va nell’ignoto. Riesce ad arrivare
in un altro luogo, avvista delle coste. Descrive tutto in un diario, in un trattato geografico andato perso ma
è noto perché citato da altri. Quindi conosciamo almeno in parte il tragitto che lui descrive. Da queste
testimonianze frammentarie si ricava che lui probabilemente è arrivato sulle coste norvegesi. Si capisce
dalla descrizione della natura. Arriva in un’isola che lui chiama TULE, una delle tante della costa norvegese.
Dopo ha costeggiato verso sud la costa norvegese. Le informazioni che noi abbiamo da lui sono sul clima.
Lui riesce probabilmente in qualche modo a parlare con gente del posto, non si sa come. Gli dicono che più
a nord (lui non ci va però): acqua mare cielo ghiaccio: tutto si confonde in un’unica massa grigiastra ovvero
questa è la descrizione dei mari glaciali. Lui va più a sud e arriva sulle coste della penisola dello Jutland
(ovvero l’attuale Danimarca). Inizia a raccontarci degli abitanti che qui raccolgono ambra sul bagnasciuga e
ne fanno commercio. L’ambra viene usata nella gioielleria oggi. Sembra una pietra color miele scuro. In
realtà è resina fossile. All’epoca si trovava passeggiando lungo il mare. La gente dell’epoca non sapeva che
era resina fossile. È un materiale considerato prezioso. Esisteva una rotta commerciale che dalle spiagge del
baltico, tramite la Germania, arrivava fino al golfo di Venezia. Questa era la rotta dell’ambra ed esisteva da
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epoca immemorabile. Da venezia il commercio continuava e arrivava fino ai greci. I Greci la conoscevano e
si chiedevano: che origine ha? Molti avevano capito che non era una pietra. Si accorgono che prende fuoco.
Ci si chiedeva: quali sono le fonti dell’ambra? Esiste un luogo in cui si può prendere in grande quantità?
Pitea sa che non è in un giacimento ma si raccoglie qua e la lungo la spiaggia. Il problema dell’origine
dell’ambra continuerà per tantissimo tempo tant’è vero che molto tempo dopo, verso il 60 dC: i romani
mandano una flotta nello Jutland alla ricerca delle fonti dell’ambra, sono ancora convinti che si trovi in
giacimento. Fanno questa spedizione e vedono che non c’è miniera ecc. Quindi Pitea ci da come uno
squarcio di luce nel 300 aC sul nord Europa e su quelle zone che noi sappiamo essere la culla della civiltà
germanica. Lui ha visto questi popoli che avrebbero parlato il germanico comune.
Immagine: Uomo di Tollund: è un uomo dell’epoca di Pitea di Marsiglia. Non esiste nessun reperto
paragonabile. Non ci sono mummie egizie conservate come questo. È un reperto conservato benissimo. Il
volto di quest’uomo si è conservato come se fosse vivo. Ha solo cambiato colore. L’hanno trovato in un
deposito di torpa. Ha preso il colore della torpa. Ha perfino la barba che gli spunta, le rughe, le labbra. È
stato trovato nello Jutland ed è in un piccolo museo ma è un reperto incredibile del 300 ac.
Anche nelle isole britanniche ci sono esempi di conservazioni simili, paragonabile a questo. I terreni dello
Jutland erano paludosi, acidi e quando ci veniva gettato qualcosa di organico come un cadavere, esso si
conservava perfettamente. Il motivo per cui quest’uomo si trovava lì nella palude è che è stato strangolato,
ha al collo una corda. È stato sacrificato a delle divinità. Chi l’ha trovato ha fatto indagini come se si
trattasse di un caso di delitto, visto che lo stato di conservazione è ottimo. Si possono fare delle analisi
come quelle su un caso successo da poco. Si può vedere quale fu il suo ultimo pasto. Si sa che era un uomo
di alto rango. Pensare che si radeva la barba. Mani: no calli. Forse era un sacerdote votato alla morte,
sacrificato.
Cornelio Tacito, I sec dC scrive un trattato sugli usi e costumi dei popoli germanici. Questo trattato è
passato alla storia con il nome “la Germania di Tacito”. In esso si dice che i germanici adoravano diverse
Divinità tra cui la dea NERTHUS. Tacito era un autore ben informato. Su Tacito c’è tanto di critica, è stato
studiato da filosofi classici. Il prof, come esperto della storia delle lingue germaniche, ha detto che la forma
Nerthus, dal punto di vista linguistico è perfetta. Lui la restituisce quasi come farebbe un linguista
ricostruendo il germanico comune. Alla dea Nerthus venivano sacrificati esseri umani, che portavano il
simulacro della dea, gettati su uno specchio d’acqua, su un lago e che poi non ritornavano più. L’uomo di
Tolland potrebbe essere stato un adepto di questa dea, sacrificato a qst dea adorata su uno specchio
d’acqua e le vittime sacrificate finivano dentro l’acqua infatti lui in origine era dentro una palude che si è
trasformata nel tempo in un deposito di torpa (è un’ipotesi ma è abbastanza probabile).
Quindi abbiamo dato sprazzi linguistici, culturali di queste popolazioni antiche germaniche (dea Nerthus).
Abbiamo introdotto i nomi di qualche personaggio classico che inizia a parlarci di queste popolazioni (Pitea
di Marsiglia, Tacito). Parlando di questi autori classici in modo un po’ succinto, le informazioni più
importanti ci vengono dagli autori latini più che dai greci per il fatto che i romani cominciano a espandersi a
nord sempre di più e arrivano, a livello di conquiste territoriali, a contatto con le popolazioni germaniche,
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che a loro volta venivano da questa culla nordica ma alcuni cominciano già a calare un po’ più a sud.
Quando Giulio Cesare (50 aC) conquista tutta la Gallia (attuale Francia) si trova a contatto con popolazioni
germaniche. In Gallia ci sono i celti. Lui combatte contro i celti. Però nella realtà etnica e politica dell’epoca
si inseriscono anche popolazioni germaniche, e alcune di queste cercano di andare oltre il Reno per andare
in Gallia (che faceva gola perché era un territorio fertile). I celti erano una popolazione che aveva già
coltivato il terreno da tanto tempo. Quindi questo territorio era abbastanza civilizzato. I Celti, rispetto alle
popolazioni germaniche, erano un popolo che aveva avuto uno sviluppo di civiltà precedente, più fiorente
delle popolazioni germaniche. Quando arrivano i romani in Gallia, trovano una situazione che sembrava
quasi quella del medioevo delle altre zone. Ci sono villaggi celtici che sono sui colli, con le mura
tutt’intorno. Sembrava di essere nel Medioevo. I guerrieri indossavano la maglia di ferro. Erano abili
artigiani del ferro. Quindi i romani si trovano un nemico che combatte ad armi pari. Quindi i popoli
germanici tentano di passare il Reno. Cesare li respinge e li butta tutti dall’altra parte del Reno. In questo
scontro però Cesare li descrive: ci dà una descrizione di queste popolazioni, delle loro credenze, della
geografia fisica che c’era oltre il Reno. Dice che c’è un’immensa foresta selvaggia, e che ci vogliono 9 giorni
per percorrerla, ci sono animali strani. Es: alce. Oggi: non c’è più in Germania, c’è in Scandinavia. Quindi la
Germania dell’epoca era un luogo selvaggio, pieno di animali oggi estinti a causa della cacia dell’uomo.
C’ero l’uro (oggi estinto, antenato selvatico dei bovini di oggi). Poi Cesare ci dà anche informazioni
linguistiche indirette: lui non è parlante del posto ma ascolta e riferisce. Da qui inizia la storia di queste
lingue. Iniziamo con dei frammenti d’informazioni linguistiche. Ci dice che c’è un’animale che si chiama
“Alces” detto [alkes], e Cesare ci dice anche che è una parola germanica. È un frammento di informazione
linguistica su cosa si parlava ai tempi di Cesare da quelle parti. Oggi in inglese : Elk.
Poi Cesare ci dice che i soldati portavano un cinturone che chiamavano balteum (lui aggiunge le desinenze
latine). Oggi in inglese: belt.
Ci dice che lanciavano uno strumento, il giavellotto: lo chiamavano framea. Qui il discorso non è così
immediato. Nelle Lingue nordiche: c’è un avverbio fram che vuol dire in avanti (esattamente quello che fa
qualcuno quando scaglia il giavellotto, lo butta in avanti). Oggi in inglese c’è la preposizione from = da (che
significa provenire da, e quando si proviene da qulche posto si va in avanti).
Queste sono piccole schegge di materiale linguistico di orgine germanica che ha passato il filtro linguistico
dei latini. Quindi sono informazioni linguistiche indirette. Siamo nel 50 aC. Non ci sono ancora iscrizioni
scritte dalle popolazioni germaniche. Non ci sono testimonianze linguistiche dirette.
Poi passa del tempo e arriva Tacito (di cui abbiamo già parlato), fine del I sec dopo Cristo. Pubblica “La
Germania” nel 99 dC. Ci da informazioni più numerose. Fa un Trattato su questo argomento, trattato
etnografico sui popoli germanici. Deve raccontarci usi, costumi, religione, diritto. Ci fa un elenco di nomi
delle popolazioni, monti, fiumi, laghi. Quindi noi oggi possiamo collocare queste popolazioni precisamente
sulla mappa in base ai riferimenti che ci ha dato lui. I nomi sono in forma germanica quindi ci dà materiale
linguistico da studiare. Cornelio Tacito era molto informato. Probabilmente lui non era mai stato in
Germania, comunque riesce a darci questo ritratto dettagliato. Come ha fatto? Si procurava degli schiavi di
origine germanica e probabilmente li ha intervistati e in più aveva letto trattati di altri autori latini
precedenti a lui per esempio Strabone, Plinio il Vecchio. Questi testi sono andati perduti. Però Tacito ne ha
fatto tesoro, li ha letti, ampliati e ha aggiunto nuove informazioni.
Tacito ci parla del diritto di questi popoli, delle loro concezione e mentalità giuridiche. Ad esempio come
venivano risolte le controversie. Ce lo dice facendoci un ritratto perfetto perché noi sapremo
successivamente, quando questi popoli cominceranno ad essere più presenti a livello anche letterario, che
la loro concezione giuruduca è esattamente quella descritta da Tacito. Esempio: La responsabilità di un
delitto non era individuale ma collettiva, ne rispondeva la famiglia. Ci dice anche l’unico organo di carattere
pubblico in questa civiltà è l’assemblea degli uomini liberi ovvero guerrieri armati, riuniti in luoghi all’aperto
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che discutevano dei problemi della comunità. Quindi queste assemblee funzionavano sia da tribunale che
da assemblea legislativa. Tutto ciò che era di interesse collettivo veniva discusso in questa assemblea. Ciò
ce lo dice Cornelio Tacito. È confermato da tutto quello che sapremo dopo di lui. Tacito ci fa nomi di
personaggi, come capi tribù. Anche questi nomi sono germanici quindi si possono analizzare
linguisticamente e carpire informazioni. Tacito fa questo elenco in base alla geografia e si spinge sempre più
a nord. Ci dice: li ci vivono questi ecc. Ci parla dei sassoni, dei goti e dei langobardi che stavano sul fiume
Elba nel nord della Germania ed erano vicini dei Sassoni. Poi faranno una migrazione che li porterà fino
all’Italia. Ci parla degli svedesi. Nel suo orizzonte geografico arriva fino alla Scandinavia con le sue
informazioni. È incredibile pensando che lui non si era mai mosso. Fino qui siamo al 100 dC circa, ma ora i
tempi si avvivinano alla prime iscrizioni scritte di mano propria dalle popolazioni germaniche (le prime sono
del II sec dC.) Quindi 50 anni dopo Tacito. In quale Alfabeto sono scritte queste iscrizioni? Dove sono queste
iscrizioni?
L’alfabeto viene chiamato RUNICO. Ogni lettera viene chiamata RUNA. Che tipo di alfabeto è? Le prime
lettere sono molto simili ad alcune delle nostre lettere. Ad esempio la prima è una F un po’ storta e si legge
F. La seconda si legge u ed è una U rovesciata. La terza si legge come il TH inglese di Thin, Thick. La quarta è
una specie di A. Poi c’è una R uguale alla nostra. Poi c’è una specie di segno di minore che assomiglia alla C
e si legge uguale [k]. Se le si leggono insieme si ottiene FUTARK che era il nome del loro alfabeto (prende il
nome delle prime lettere). La sequenza con cui loro recitavano l’alfabeto era qst. F U ecc. quindi l’alfabeto
runico è palesemente imparentato con l’alfabeto latino e greco. È di derivazione mediterranea. È la
rielaborazione di una tradizione alfabetica che forse parte dall’Italia , probabilmente parte dall’ alfabeto
etrusco o simile. Nell’Italia antica circolavano vari tipi di alfabeto. L’alfabeto etruscoera stato adottato da
popolazioni del nord Italia anche non etrusche (alfabeto etruscoide). Questo tipo di alfabeto nasce
probabilmente attraverso le rotte comerciali (es: via dell’ambra). La gran parte dei reperti di questo
alfabeto sono in Danimarca e Scandinavia, non sono in Germania. Perché? Nessuno l’ha capito bene
comunque è così.
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Ek = io. La forma ek continua a sopravvivere così anche nel norreno, fino al medioevo. È una forma molto
arcaica del pronome io. Pensiamo al latino -> ego. C’è la stessa e breve iniziale e la g che diventa k.
poi c’è un nome proprio. Cioè il nome di chi l’ha scritta (“io tizio…”). È un nome composto. Quindi le
informazioni culturali sono molto importanti. È antroponimo, un nome proprio di persona. Si può
scomporre in due elementi. È un sostantivo composto germanico (si spezza dopo la wa).
L’antroponomastica germanica ci attesta l’uso quasi costante di nomi composti. Essi hanno sempre un
significato. Utilizzavano un registro poetico, quindi erano dei pezzettini di poesia, delle metafore dal
significato simbolico ecc.
Noi riconosciamo immediatamente la forma Gastiz = ospite. La forma gastiz è talmente arcaica che coincide
col germanico comune ricostruito. In tedesco moderno è gast. Si sono persi dei pezzi perché sono fuori
accento. In gotico la stessa parola era gastz, quindi il gotico in un certo senso era più moderno. Non aveva
la i e la sibilante si è attaccata alla radice. Il percorso non è del tutto parallelo anche se il puntom d’arrivo si
avvicina.
Hlewa: L’interpretazione di Hlewa non è cos’ pacifica. Ci sono stati tanti punti di vista; il prof propoende per
la forma più lineare. Cioè se noi pezzo per pezzo la portiamo all’indoeuropeo -> KLEWO (indoeuropeo), che
vuol dire “gloria” ed è molto noto. È presente tantissimo come primo membro composizionale dei nomi
propri in greco classico, dove era cleo (cleopatra = la gloria dei padri). I nomi propri greci, come quelli
germanici quindi sono spesso composti da membri e hanno spesso un significato poetico, simbolico ecc. La
stessa cosa vale per i nomi celtici, per quelli dell’antico indiano e dell’antico persiano.
Quindi il sigfnificato di questo nome è “l’ospite della gloria”, “ospite glorioso”.
Holtijaz = della collina boscosa. È un aggettivo caratterizzato da un suffisso, ja, che è analogo a quello “jo”
dell’indoeuropeo, che forma molti aggettivi. La “z” si pronuncia “s” sonora [rosa], ed è la s dell’indoeuropeo
che che è diventata sonora per la legge di Verner. La radice “holt” sopravvive fino alle lingue moderne. In
tedesco è diventata “Holz” = legno. Nelle lingue scandinave Holt è usato moltissimo nell atoponomastica.
Significa “boschetto”, ed originariamente “collina boscosa”. Quindi l’aggettivo è una specie di appellativo ->
“io ospite glorioso della collina boscosa…”
Cosa ha fatto questo tizio? Lo scopriamo in fondo alla frase perché il verbo è in fondo. Quindi notiamo che
ci sono moltissime informazioni in questa piccola iscrizione. Viene fuori la siantassi fondamentale della
lingua -> sov, soggetto oggetto verbo.
Questa non è una frase subordinata eppure il verbo se ne sta in fondo. Ha mantenuto l’ordine
dell’indoeuropeo.
Horna= è il complemento oggetto. Si capisce bene cos’è. Quest’iscrizione è stata trovata tutt’intorno a un
corno fatto d’oro che si usava per bere. Quindi è il corno.
Tawido: ho fatto. Verbo in fondo alla frase. Questa forma è parallela al gotico. In gotico sarebbe stato
tawida. Questo verbo non ha niente a che vedere né con tun né con machen. È morto questo verbo, non
esiste più.
Quindi il soggetto sta dicendo “io ospite glorioso della collina boscosa ho fatto il corno”
Di conseguenza la lingua in cui sono scritte qst prime iscrizioni è stata chiamata PROTONORDICO, antenato
diretto delle lingue nordiche (danese, tedesco, islandese ecc). Però siccome siamo in un’epoca antichissima
nell’ambito delle lingue germaniche, la fase linguistica è vicinissima al protogermanico che stiamo
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ricostruendo. Cioè il protonordico è una prima timida differenziazione nell’ambito del potogermanico che si
inizia a differenziare ma molto poco. Quindi il protogermanico è leggermente più antico del protonordico.
Protogermanico: prima di Cristo. Protonordico: primi secoli dopo Cristo, attestata da iscrizioni di carattere
runico.
A quell’epoca risale anche un’altra lingua: il GOTICO. È una lingua testimoniata molto meglio del
protonordico, attraverso l’opera di un uomo = Wulfila. Questo nome in gotico vuol dire PICCOLO LUPO. Era
un vescovo goto, uno dei primi cristiani goti, vissuto nel IV sec dC. Fu il principale artefice della conversione
dei goti al cristianesimo. Wulfila ha tradotto tutta la Bibbia e le lettere di S. Paolo in gotico. Ha fatto un
lavoro immane (pensiamo a quando si ha la prima Bibbia in tedesco: con Lutero, 1500. Wulfila è di 1200
anni prima). Il gotico era una lingua parlata, una lingua di barbari. Qindi deve essere stato difficilissimo
tradurre concetti come quelli biblici. Grazie a lui conosciamo benissimo la lingua gotica.
Quindi sappiamo che le lingue germaniche nel 300 dC erano almeno 2: P.N. e gotico.
PN e gotico sono lingue abbastanza diverse. Il gotico fa parte di un ramo delle lingue germaniche estinte. I
linguisti dell’’800 hanno teorizzato già un andamento evolutivo di questo tipo: c’è il ceppo germanico, il
protogermanico, lingua unica, parlata prima di Cristo. Nei primi secoli dopo Cristo si divide, probabilmente
in 3 filoni:
-germanico settentrionale (antenato delle lingue della scandinavia)
-germanico occidentale (antenato del tedesco, inglese, olandese, frisone)
-germanico orientale= gotico (ramo morto, non lascia discendenti)
Il gotico inizia in modo splendido con questa traduzione della Bibbia, con un primato culturale su tutti i
popoli germanici e poi però purtroppo scompare. Prima però è stato protagonista di tanti eventi. I goti
dopo Wulfila si inseriscono in quella situazione del tardo impero dove le popolazioni barbariche cercano di
passare il confine dell’Impero Romano. Questo confine era segnato da due grandi fiumi: il Reno e il
Danubio. I Goti si trovano in quel momento più vicini al Danubio. Anche Wulfila nasce lungo le rive del mar
Nero. Ma cosa ci facevano i goti sulle rive del mar Nero se i popoli germanici in origine era tutti nel nord
Europa? I goti avevano alle spalle un percorso migratorio molto lungo. Probababilmente partirono dalla
Scandinavia, dall’isola di Gothland, che porta il loro nome. È un’isola della Svezia il cui nome significa Terra
dei Goti. Avevano passato il mar Baltico per arrivare sulle rive dell’odierna Polonia. Dopo passano la Russia
e arrivano sulle rive del mar Nero, ai confini con l’Impero Romano. E cominciano i conflitti. Quando vive
Wulfila siamo in questa fase. Wulfila riesce a convertirli al cristianesimo. Una parte dei goti, gli Ostrogoti,
alla fine di percorsi vari, arrivano in Italia. Finisce l’Impero Romano e arrivano gli Ostrogoti.Teodorico, re in
Italia degli Ostrogoti. Cosa parlano? La lingua di Wulfila che conosciamo perfettamente. La capitale del
regno d’Italia di Teodorico era Ravenna, dove anora oggi ci sono chiese ostrogote. Gli ostrogoti erano già
cristiani e avevano dei primati culturali rispetto alle altre popolazioni germaniche dell’epoca. In Italia
l’Imperatore Giustiniano dell’Impero d’Oriente fa una guerra molto lunga e sanguinosa al termine della
quale sconfigge i Goti dei quali non se ne parlerà più. Ci interessa per capire perché i goti non interferiscono
molto sulla storia della lingua tedesca. Sono un popolo germanico che non ha nulla a che fare con la
Germania.
I celti
Con l’andare del tempo alcune popolazioni germaniche, probabilmente per una crescita demografica,
cominciano a spingersi più a sud. Già all’epoca di Giulio Cesare alcune tribù germaniche cercano di forzare il
confine del Reno e Giulio Cesare li respinge. L’origine lontana della nazione tedesca è il risultato di una
progressiva colonizzazione a sud in territori dell’Europa centrale che prima erabo abutati da celti
soprattutto.
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2 parole sui Celti: quando Pitea di Marsiglia negli anni 300 se ne va lassù nel centro dell’Europa, quasi tutti i
popoli là parlano la lingua celtica. Oggi quasi scomparsi. Allora si estendevano dal Portogallo fino a
un’enclave in Anatolia e a nord fino in Scozia. Quindi tutta l’Europa continentale parlava celtico compresa
l’Italia Nord Occidentale. La massima diffusione dei celti fu nello stesso periodo di Pitea di Marsiglia. Poi
verrano sempre più respinti dai romani, finché la Gallia viene conquistata da Giulio Cesare. Questa si
trasforma in un rapido declino della cultura celtica. Essi rimangono nelle isole britanniche. Poi la Gran
Bretagna viene conquistata dai romani ma qui la lingua celtica resistette al dominio di Roma che è durato
moltissimo (da 80 dC a 410 dC). Quasi 400 anni di dominio romano. Infatti in Inghilterra si trovano tanti siti
archeologici romani. I romani costruirono un vallo che separava la Scozia e quello era il confine dell’Impero
Romano oltre il quale c’erano popolazioni selvagge ed economia poverissima che non interessava ai
romani. Avevano anche il progetto di conquistare l’Irlanda ma poi non lo fecero.
Oggi le lingue celtiche si limitano a: bretone, parlato nell’attuale Bretagna. Bretagna=britannia. Questa
popolazione è di orgine britannica, non sono discendenti dei galli, ma sono esuli della Gran Bretagna che a
partire dal 500 dC scappano dalla Gran Bretagna perché arrivano gli anglosassoni, un’invasione straniera.
Una parte dei parlanti bretoni sopravvive in Cornovaglia fino a tempi recenti, oggi però in Cornovaglia è una
lingua estinta.
In Galles è parlata ancora da 500 mila persone circa.
In Scozia un tempo si parlava il gaelico di Scozia. Nelle Highlands oggi ci sono solo pochi villaggi che parlano
ancora gaelico ma la gran parte dei parlanti scozzesi sono concentrati oggi nelle isole Ebridi (60 mila
persone).
In Irlanda la lingua nazionale è, oltre all’inglese, l’irlandese, che non è altro che il gaelico d’Irlanda. Gaelico
di Scozia e gaelico d’Irlanda sono lingue sorelle vicinissime, che hanno una comune origine. Nel Medioevo
esisteva una sola lingua, il gaelico, detto antico irlandese, che si parlava anche in Scozia. Poi con l’andare
del tempo si sono diversificate leggermente.
In Irlanda sono pochi i parlanti gaelici. L’inglese, imparato dapprima come seconda lingua, ha poi pian piano
ha sommerso e distrutto le lingue che c’erano prima.
Questo è quello che rimane del mondo celtico che nell’antichità era colossale.
Nella declinazione dei sostantivi si è cercato di chiarire quanto più possibile la differenza tra genere
maschile, femminile e neutro. Per quanto riguarda il numero invece, si sono mantenuti il singolare ed il
plurale mentre è stato eliminato il duale (ne rimase solo qualche traccia in gotico). Degli otto casi
dell’indoeuropeo rimangono solo nominativo, genitivo, dativo ed accusativo, anche se nelle lingue storiche
si trovano ancora tracce di vocativo, strumentale e locativo. I pronomi sono ben conservati, come per
esempio quelli numerali. Il forte accento iniziale poi con il tempo ha portato all’eliminazione delle
desinenze caratteristiche dei casi, per cui la lingua da flessionale è diventata analitica. Si cominciano anche
ad usare gli articoli, sia quelli determinativi dati dai pronomi dimostrativi (der, die e das) sia quelli
indeterminativi dati dai pronomi numerali (ein, eine).
Un’innovazione del germanico è data da una declinazione propria per gli aggettivi che adottano le
desinenze dei pronomi dimostrativi nel caso della declinazione forte. Nel sistema verbale invece c’è ancora
in questo periodo la confusione tra ottativo e congiuntivo, mentre dei tempi del germanico antico restano il
presente e il preterito, ovvero l’unico passato che esisteva al momento delle lingue germaniche. In questo
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momento infatti il passato non differenziava l’aspetto continuativo da quello momentaneo dell’azione
come invece si faceva in alcune lingue romanze. Il passato composto ed il futuro saranno innovazioni più
tardive, così come la forma passiva. Infatti sia il futuro sia il passivo non sono indispensabili per la
comprensione del linguaggio, ma sono legate alla struttura superficiale della lingua. Non esistendo il
passivo non esisteva nemmeno il complemento d’agente. Un’altra forma verbale molto diffusa anche negli
antichi dialetti germanici è quella risultante dall’unione del verbo essere con un participio presente, tipo
l’inglese “I am doing”. Fra le lingue moderne è rimasta solo in inglese, dove ha avuto un enorme diffusione.
A livello di modi c’erano quelli finiti (hanno una coniugazione verbale vera e propria, l’indicativo, l’ottativo e
l’imperativo nel germanico) e quelli infiniti (modi al confine tra il nominale ed il verbale, che non hanno
desinenze verbali come l’infinito ed i participi).
I verbi si dividono in due grandi categorie: forti e deboli. I forti presentano un’alternanza vocalica che fa in
modo che il valore temporale del verbo cambi con la vocale radicale. Queste vocali erano e per il presente,
o per il preterito singolare e una vocale di grado zero per il preterito plurale ed il participio passato. Sono
verbi forti oggi per esempio il verbo finden, che infatti come paradigma ha finden- fand- gefunden. I verbi
forti germanici si distinguevano in ben sette classi a seconda del tipo di alternanza apofonica che le
distingue. I verbi deboli invece non hanno l’apofonia e nel germanico antico formavano il preterito con il
suffisso -da.
LESSICO
I legami col mondo indoeuropeo sono evidenti nel vocabolario di base che comprende i nomi di parentela,
le parti del corpo, molti animali e parole connesse con l’agricoltura o che definiscono fenomeni atmosferici,
come abbiamo già visto. Era ancora un lessico abbastanza povero, saranno poi gli influssi delle lingue con
cui i vari popoli verranno a contatto a modificarlo ed arricchirlo, ed in gran parte questo sarà fatto dai latini.
Dall’indoeuropeo al germanico
Legge di Grimm o prima rotazione consonantica: Si applica sempre quando la consonante è in
posizione iniziale opure quando è preceduta da sillaba tonica.
-Serie delle consonanti occlusive sorde indoeuropee (P, T, K, Kw), che diventano tutte fricative sorde -> c’è
un mutamento regolare.
1. P>f
2. T > þ (il th inglese)
3. K>h
4. Kw > hw
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L’ultima è un’occlusiva sorda labiovelare. Si pronuncia come la q dell’italiano. In germanico diventa una
fricativa sorda labiovelare. Come lingua, per l’esempio, prendiamo l’antico sassone, parlato nel nord della
Germania. È la lingua di quei sassoni conquistati da Carlo Magno.
Esempi:
1. Pater, ƎƎ
2. Tre, three
3. Corna, horns
4. Lat. Quod, antico sassone: hwat, tedesco: was
Oggi i pronomi interrogativi inglesi iniziano tutti con WH. Il fatto che oggi si scriva WH è un’abitudine
iniziata con il medio-inglese, un periodo molto caotico dal punto di vista linguistico. Fu un periodo molto
lungo; inizia nel 1066, qualdo Guglielmo di Normandia conquista l’Inghilterra e finisce alle fine del
400/inizio 500. All’epoca c’erano dialetti molto frammentati. Anche l’ortografia è diversissima in quel
periodo. Fra le prime soluzioni ortografiche del medio-inglese c’è quella di scrivere WH. Prima era più
frequente scrivere HW. La sostanza non cambia. Si pronuncia sempre uguale. Nei dialetti settentrionali
inglesi di oggi si sente ancora quella h, che in realtà è pronunciata prima, non dopo. Nell’inglese standard
britannico si scrive wh ma si pronuncia w. Oggi i pronimi interrogativi iniziano tutti con Wh. Era così anceh
nell’indoeuropeo, quindi c’è una continuità evidente. In italiano ce n’è uno che ha conservato la pronuncia
della labiovelare, “quale”.
1. B>p
2. D>t
3. G>k
4. GW > k w
Anche le occlusive sonore, come quelle sorde, hanno gli stessi punti di articolazione. (labiale, dentale,
velare, labiovelare). Queste nel germanico subiscono una trasformazione regolare. Cioè tutte si
trasformano secondo un unico principio. Stavolta il principio è la desonorizzazione.
Vediamo degli esempi.
Per la labiale, prima di tutto bisogna dire che, non si sa perché, ma la b è un suono raro in indoeuropeo.
Quindi gli esempi sono pochi. Prendiamo il lituano (che è un fossile vivente linguistico, preso spesso a
paragone).
Per la dentale gli esempi abbondano. It. Dieci, Ing. Ten. Non sembra abbiano la stessa origine invece è così.
Lo si capisce meglio prendendo l’antico sassone e il latino (Tehun, Decem), si nota l’assonanza. In più si
vede che la c, come detto prima, diventa h. Inoltre la e breve del latino è anche la e breve del sassone.
Per la velare, l’esempio è lineare.
Per la labiovelare invece non è così lineare il discorso. Qual è il problema? Il fatto è che non è detto che
altre linguee indoeuropee abbiano conservato indenne questo suono in quanto anche l’indoeuropeo è un
sistema ricostruito sulla base delle lingue indoeuropee. Quindi sono molto rari i casi dove io posso trovare
questo suono tale e quale nelle lingue figlie. Devo andare per deduzioni. Una di queste è il verbo venire.
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Ogni lingua figlia ha trasformato questo suono in modi diversi, ma i linguisti dietro a questa molteplicità
intravedono che la situazione originaria era la stessa. In germanico che cosa succede a questa radice per
esempio? Ce lo dice l’antico alto tedesco (abbreviato aat). È la prima forma di tedesco scritto. In questa
lingua il verbo venire all’infinito è così: Queman.
Esempi:
1. Lit. dubùs, got. Diups (significato=profondo)
2. It. Dieci, ing. Ten; as. Tehun, lat. Decem
3. It. Grano, ing. Korn
4. It. Venire, ie: GwEM, Aat. Queman
1. BH > Ѣ
2. DH > đ
3. GH > ǥ (con lineetta sotto come l’ho messo io o va bene anche sopra, nessuno sa dove metterlo)
4. GHW > gw
Si presuppone che in alcuni contesti, molto presto nella storia del protogermanico, si siano sviluppate delle
varianti posizionali occlusive, delle vere “b”. Si tratta quindi di allofoni. Allofono=variante posizionale di un
fonema. Es: “lungo e anno” hanno due n diverse. Lo stesso vale per tutte le altre. C’era una variante “t”,
una variante “g” ecc.
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Il problema della ricostruzione storica è stabilire in quali contesti esattamente si manifestavano queste
varianti allofoniche. Ci sono forti indizi per i quali si pensa che queste varianti si siano create presto. Però
non tutte le lingue figlie sono d’accordo su come distribuire queste varianti allofoniche. Ad esempio la linea
evolutiva dele lingue germaniche che va verso il tedesco ha fatto una cosa drastica. Ha eliminato tutte le
aspirate sonore e ha generalizzato le occlusive. Questo processo è avvenuto nella fase di differenziazione
dialettale che ha portato verso il tedesco. Questo fatto lo verifichiamo ancora oggi. Quindi in tedesco
queste consonanti si sono sviluppate in occlusive. All’occorrenza possono aver subito altri mutamenti
ancora, ma si parte con la fase dove erano occlusive.
Dalla radice GHEBH deriva il verbo dare del tedesco (geben). Abbiamo la conferma che si è generalizzata la
variante occlusiva. Gh > g, bh > b
Nelle altre lingue germaniche non è detto che sia capitato proprio così. Per esempio nell’inglese la b non è
mai diventata occlusiva ed è rimasta fricativa fino ad oggi -> es: give, la v è fricativa labiodentale, invece
prima era bilabiale. In tedesco è rimasta bilabiale ma è diventata occlusiva.
Per dirla in breve, nel panorama delle lingue moderne germaniche, l’unica lingua germanica dove si
trasforma il b in quel contesto è il tedesco. Non ce ne sono altre. Tutte le altre la trasformano in v come
l’inglese, a cominciare dal tedesco settentrionale, oggi chiamato plattdeutsch, = bassotedesco, ovvero i
dialetti settentrionali del tedesco parlati nelle pianure del nord.
Quindi che tedesco è quello che trasforma in b? Come lo chiamiamo? Lo chiamiamo altotedesco, parlato
sulle montagne, a sud; quindi alto nel senso di altitudine.
La lingua tedesca, dal punto di vista dialettologico, si divide in due grandi compagini, altotedesco a sud,
bassotedesco a nord.
Quindi la storia del tedesco che vedremo noi focalizzerà sull’altotedesco, perché la lingua tedesca standard
odierna si è fondata sui dialetti altotedeschi.
Anche nelle altre lingue però esistevano delle varianti posizionali occlusive. Per esempio in posizione
iniziale, bh diventa b, dh diventa d. In tedesco avviene un’altra cosa ancora.
L’esempio è il numero 1, che significa fratello.
In gotico la b in posizione iniziale probabilmente era occlusiva, come del resto lo è oggi nel tedesco e
nell’inglese. (non v di give, ma è b, brother). Quindi c’è un allofono occlusivo in posizione iniziale, anche
nelle altre lingue.
Poi abbiamo questo gh.
Latino hostis (nemico, straniero)
Indoeuropeo *ghostis (straniero)
germanico gastiz
La z nella linguistica germanica, quando si ricostruiscono le forme antiche, equivale alle s sonora nostra di
rosa per esempio.
Stiamo quindi illustrando la trasformazione numero 3, forse con una variante occlusiva all’inizio di parola.
Per quanto riguarda le altre (BH, DH, GH), abbiamo visto che l’evoluzione in germanico prevedeva la
trasformazione da aspirata a fricativa sonora, con varianti allofoniche occlusive, che sono diffuse un po’ in
tutte le lingue storiche, però con modalità diverse. La linea evolutiva che porta verso l’altotedesco fa una
cosa molto semplice, le trasforma tutte in occlusive.
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Poi c’è l’ultima, la labiovelare aspirata: GHw. Nel germanico l’evoluzione di questa consonante è
leggermente più complessa perché prevede almeno 3 esiti diversi, a seconda sia della posizione che ha la
consonante nella parola, ma a volte anche in modo non chiaro, cioè nella stessa posizione posso avere esiti
diversi, magari in due lingue diverse (magari una lingua la sviluppa in un modo, un’altra in un altro). In
posizione iniziale, per esempio, si pensa che questa consonante, sulla base dei dati che ci sono, che in tutto
il germanico si sia semplificata in un semplice W, cioè va a confluire con una consonante preesistente.
Gli esempi qui sono utili da interpretare perché nessun’altra lingua indoeuropea ha conservato intatta
questa labiovelare. Ognuna ò’ha trasformata a modo suo. Quindi l’esempio è solo a beneficio d’inventario.
Esempio: germanico -> radice warm = caldo, associata alla parola latina “forma” (perché la forma era
qualcosa di concreto, esempio forma di pane, che andava messa in forno al caldo, la connessione è questa).
Poi c’è il greco: thérmos. Questo è l’aggettivo che vuol dire caldo in greco.
L’inglese antico non la sviluppa sempre allo stesso modo. Per esempio, in uno dei dialetti dell’inglese antico
abbiamo questo verbo: sa-won [sauon]. È il passato del verbo vedere, nelle persone plurali. La w è la
consonante incriminata. Avrebbe potuto trasformarsi in g, invece qui è w.
Nel dialetto a nord del Tamigi abbiamo la versione con la g.
C’è anche una terza possibilità, che si verifica in un ambiente molto preciso e individuabile, quando cioè la
consonante originale era preceduta da nasale. Esempi:
Got. Siggwan, le due g servono per indicare la sequenza fonetica [ng]. Questo è un verbo e significa
cantare.
Un altro esempio è in norreno (abbr. Norr), lingua letteraria dell’Islanda e della Norvegia, attestata dopo
l’epoca vichinga (1200, 1300). In questa lingua, cantare si scrive come in gotico. Le altre lingue, all’infuori
delle lingue nordiche antiche e del gotico, invece semplificano questo gruppo in semplice “g”.
Es= ags: singan (uguale anche nell’aat.)
Le nasali, che nel germanico rimangono uguali.
M>m
N>n
La sibilante,
S > s, z
La s è quella sorda. Però nel germanico esiste anche quella sonora: z. Quindi in germanico ci sono due
consonanti che derivano dalla stessa sibilante indoeuropea. Ma perché?
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Prima di dare la spiegazione, torniano alle nasali e alle liquide. Esse, in germanico, potevano fungere anche
da vocale in certi contesti, quindi potevano reggere la sillaba.
Oggi nel mondo ci sono ancora tante liquide che reggono la sillaba. Per esempio in sloveno e croato.
Es: Trieste = Trst in sloveno (la r regge la sillaba, funge da vocale).
Lo stesso può avvenire per la L. Per esempio in ceco “Lupo” è chiamato “vlk” (qui la l regge la sillaba).
Questo accadeva spessissimo anche in indoeuropeo.
Quando questo accade, i linguisti, per far capire che fungono da vocali, mettono un punto sotto la
consonante. In germanico a trasformarsi non è la stessa. Se queste erano vocali, il germanico fa così, crea
un appoggio vocalico vero e proprio e trasforma in una sequenza vocale-consonante. Questa vocal è
sempre la stessa nel germanico: la u breve.
Quindi si trasformano così:
Ṃ > um
Ṇ> un
Ṛ > ur
Ḷ > ul
Il fatto di sviluppare un appoggio vocalico chiaro è presente in tante altre lingue indipendentemente solo
che in altre lingue l’appoggio vocalico magari non è la u, potrebbe essere un’altra vocale. Nel greco per
esempio spesso è la a oppure la o. In latino, in alcuni casi è la e, in altri la o.
Quello che noi abbiamo visto finora, ciò tutte le corrispondenze tra consonanti indoeuropee e germaniche,
rispondono alla legge di Grimm. poi a un certo punto, siccome la legge di Grimm non riusciva a spiegare
alcuni casi particolari, un altro studioso danese provò a dare una spiegazione e scoprì che queste eccezioni
non erano eccezioni ma obbedivano ad un’altra regola ->
La legge di Verner: si applica quando non si può applicare Grimm ovvero quando la consonante in
questione non è nella sillaba iniziale e non è neanche preceduta da sillaba tonica (ovvero dall’accento
indoeuropeo).
P >Ѣ
T>đ
K>ǥ
KW > ǥw
Come vediamo gli esiti di Verner sono sonori e sono indentici allo sviluppo delle aspirate indoeuropee. Non
si distinguono. Quindi quando io trovo questa: đ -> devo capire bene l’origine della parola. Potrebbero
derivare da dh dell’indoeuropeo oppure potrebbe derivare dalla t a causa della legge di Verner. C’è sempre
questa doppia possibilità.
L’aver scoperto la relazione tra l’accento e lo sviluppo delle consonanti fu un contributo importante
all’indoeuropeistica in generale perché aveva un elemento che gli consentiva indirettamente in molti casi di
stabilire la posizione originale dell’accento indoeuropeo.
Rimane ora da affrontare l’ultima consonante contemplata dalla legge di Verner: S > s/z
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Essa si sviluppa in due modi, come sorda o come sonora. L’esito sonoro è quello della legge di Verner. Tutte
le sonore sono quelle della legge di Verner. Ci possiamo immaginare che, visto che l’ie non aveva un
aposizione fissa dell’accento e che anzi usava la posizione dell’accento come espediente morfologico a
volte insieme alle desinenze per distinguere i casi della flessione del nome, le persone del verbo ecc, che
tutto questo può aver lasciato tracce nel germanico, magari indirette. È possibile che una radice di un
sostantivo possa essersi sviluppata in modo diverso a seconda che sia stata trattata con la legge di Grimm o
di Verner. Ci possono essere dei riflessi, che si vedono nelle lingue figlie germaniche.
Prima di affrontare questo bisogna precisare una cosa, altrimenti gli esempi risultano poco chiari. Questa
consonante, Z, che si è sviluppata sempre per la legge di Verner, è conservata tale e quale solo in gotico
perché è antico. In tutte le altre lingue letterarie antiche (attestate dopo il gotico) si sviluppa in r. Va a
confluire con la r che già esisteva nel sistema. Questo complica le cose: se trovo una parola inglese o
tedesca che ha la r mi devo chiedere: deriva dalla r o dalla s sonora?
Si diceva della possibilità che una stessa radice lessicale abbia due esiti diversi che rispecchiano la
situazione indoeuropea dello spostamento dell’accento nella declinazione. Lo si può verificare con le lingue
moderne:
La lepre: ted: Hase, ing e dan: hare
È l’ultimo riflesso che deriva dello spostamento dell’accento nell’indoeuropeo. La parola tedesca deriva
dalla radice che aveva l’accento sulla a, immediatamente prima della s quindi si è comservata come s. La
parola danese e inglese deriva da una parola che aveva gli accenti spostati sulle desinenze e quindi si
sviluppava come s sonora che poi diventa r.
Inoltre oggi il tedesco pronuncia sonora quella che una volta era sorda perché le lingue non sono statiche.
La sonorizzazione della sibilante quando è circondata da vocali, avviene molto spesso, anche in italiano
(esempio, al sud si dice [kaza], al nord casa).
Legge di Verner ci rende conto anche di una serie di altre stranezze apparenti che si possono spiegare solo
dal punto di vista storico.
Per es: in ing: verbo essere al passato: was, were. Perché? La forma in s, deriva da un aparola che aveva
l’accento sulla a, la forma in r deriva da una forma indoeuropea dove l’accento era spostato sulle
desinenze, quindi da una forma che aveva la sibilante sonora germanica che poi diventa r.
Questa situazione di alternanza di consonanti nella radice all’interno del paradigma verbale, soprattutto nel
preterito, veniva chiamata dai tedeschi dell’800 grammatischer Wechsel, ovvero alternanza grammaticale.
Nelle lingue germaniche antiche era molto più diffuso di quanto non lo sia oggi nelle lingue moderne.
C’è anche nel nederlandese: was, waren
Il tedesco moderno si è mangiata quest’alternanza. Ha preso la r del plurale e l’ha messa anche al singolare
dove non c’era (ich war, sie waren). Quindi la forma war è un’innovazione che non c’è né in inglese né in
nederlandese.
In altri casi quest’alternanza la possiamo trovare anche in tedesco. Magari non coinvolge la s ma altre
consonanti che abbiamo visto prima -> esempio= ted: ziehen, gezogen (la h diventa z).
Questo spostamento dell’accento nei verbi, per esempio nella distinzione tra singolare e plurale è attestato
nell’antico indiano.
La legge di Verner ha quindi anche queste implicazioni. Però questa legge ci permette di fare anche un
discorso sull’accento. Abbiamo detto che l’accento indoeuropeo non era fisso. Nell’ie inoltre l’accento
aveva una natura diversa rispetto per esempio a quella che ha in italiano o tedesco o inglese. Questi ultimi
sono chiamati tutti espiratori, dinamici. In sostanza la sillaba accentata viene messa in evidenza con il
volume, l’intensità acustica. Le sillabe non accentate hanno una bassa intensità acustica. Questo vale anche
per il germanico. Ma nell’indoeuropeo la sillaba accentata si distingue per un’intonazione, ovvero per un
aumento dell’altezza della voce (accento musicale).
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Si pensa che anche il greco antico e il sanscrito avessero mantenuto la situazione dell’indoeuropeo. Non
invece il greco mederno.
Il lituano ha un accento di tipo musicale, così come alcune lingue slave per esempio lo sloveno. Il germanico
e il latino no, hanno l’accento dinamico. In più nel germanico è avvenuta un’altra trasformazione ->
l’accento è diventato in sede fissa= deve essere sulla radice lessicale. Infatti nessuna lingua germanica ha
accenti sulla desinenza (esempio: tedesco -> non ci sono desinenze accentate).
Nell’indoeuropeo e nel greco antico può stare sulla desinenza. In latino non sta sulla desinenza.
Questo fatto è importante perché nel germanico fa sì che le sillabe successive alla radice lessicale tendano a
sbiadire. Siccome l’accento è acustico, la sillaba che è a volume alto è quella della radice lessicale. Gli
elementi che vengono dopo cadono in ombra. Questo fatto, se io lo proietto in decine di generazioni di
parlanti, fa si che alla fine queste sillabe desinenziali possono consumarsi. Questa in definitiva è la storia
delle lingue germaniche. Nelle lingue germaniche di oggi, l’apparato desinenziale si è ridotto al minimo
indispensabile. Nell’inglese questo è più vero ancora che nel tedesco, e lo vediamo nella grammatica
semplificata dell’inglese che è una lingua quasi isolante, come il cinese. Esse con una radice dicono tutto.
Esempio: work -> infinito del verbo lavorare, sostantivo, le persone del verbo ecc.
Nell’anglosassone non era così. Ogni forma aveva le sue desinenze specifiche.
Questo quindi è un punto d’arrivo che risponde a questa tendenza germanica della riduzione progressiva
degli elementi desinenziali, che in inglese è all’n potenza. In tedesco un po’ meno, che ha ancora una
parvenza di declinazione. Ci sembra molto difficile, invece è molto semplice rispetto a quella del tedesco
antico, dell’inglese antico, del gotico… Queste avevano desinenze chiare, non c’era sempre la stessa e come
nel tedesco. In tedesco nelle declinazioni, se c’è una vocale, è sempre scritta e. Le desinenze tedesche sono
o consonanti pure, come la s del genitivo, oppure es, en, em, et… sia nei verbi che nei sostantivi. Cioè
l’unica vocale desinenziale possibile è quella che si scrive e e si pronuncia Schwa, come una vocale
indistinta. Essa è la vocale sbiadita, frutto del processo storico di riduzione di tutte le vocali possibili che
non si distinguono più e alla fine vengono pronunciate tutte allo stesso modo. Questa tappa l’ha percorsa
anche l’inglese. L’inglese medio, del 1200/1300/1400 era come il tedesco. Aveva la stessa vocale
desinenziale unica. Poi l’inglese è andato oltre. Questa vocale il più delle volte è caduta del tutto, ma non
sempre. Per esempio: Plurali inglesi che finiscono con es -> houses. Oggi l’inglese standard l’ha sostituita
con la i breve. Altri parlanti ci mettono ancora la schwa.
Questi sono i punti d’arrivo. Noi vedremo che le lingue germaniche antiche non sono in questa situazione;
hanno ancora una ricchezza di desinenze e di vocali desinenziali piuttosto ampia. Per esempio in Gotico:
tutte le vocali possono essere desinenziali. L’aat è più o meno come il gotico. Altre lingue un po’ meno.
Questo era il discorso su come cambia l’accento e anche le conseguenze, l’onda lunga dell’evoluzione.
Adesso rimane da vedere il sistema vocalico.
Il sistema vicalico dell’indoeuropeo distingueva tra vocali brevi e vocali lunghe, come fa il latino, il greco, il
tedesco oggi, linglese. Questo fatto rimane nel germanico. Quindi per vedere il sistema vocalico
indoeuropeo e germanico bisogna dividere le vocali in 2 gruppi -> vocali brevi e vocali lunghe.
I U
E Ə O
A
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Le vocali brevi in indoeuropeo sono:
-I, E, A (anteriori);
-U, O (posteriori);
-poi c’è una vocale centrale indistinta, la schwa. Dal punto di vista storico non ha nulla a che vedere con
quella del tedesco, però entrambre sono indistinte. Nel germanico sparisce questa vocale.
Che cosa avviene nel germanico? Una semplificazione del sistema, vale a dire che la “schwa”, la “o” e la “a”
confluiscono in una sola vocale che chiamiamo a breve germanica perché ne esce un suono che assomiglia
più che altro alla a. Quindi il sistema delle vocali brevi nel germanico si semplifica in questo modo.
Rimangono I, E, U, A. Per il resto non c’è nulla.
Se pensiamo oggi alle lingue moderne, vediamio che hanno un sistema complesso, ricco di fonemi vocalici
brevi. Il protogermanico, germanico comune, 2000 anni fa, aveva solo queste. Se avessimo chiesto all’uomo
di Tollund di dirci le vocali brevi, avrebbe detto: i, e, u, a.
Vediamo qualche esempio:
-schwa indoeuropea che poi diventa a -> parola padre, PƎTÈ-R > got. Fadar
-la o breve: Lat. Quod, antico sassone: hwat
-poi posso avere delle a che sono diventate a: Lat. ager, gotico: akrs
Il sistema delle vocali lunghe ie era leggermente più semplice. Non c’è la schwa centrale.
ī Ū
Ē Ō
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Write, radice germanica: che significava incidere (cioè incidere le rune)
Read, ted. raten = consigliare, ma non solo. Nei verbi composti può significare anche interpretare,
Interpretare le rune = leggere.
ī Ū
Ē2 Ō
Ē1
da qst sistema si passa a un sistema di qst tipo: con 1 e 2 vicino alle e in basso.
La E lunga 1 (primaria, dall’indoeuropeo) corrisponde alla e dello schema precedente ed è molto aperta,
infatti è in basso. In più si inserisce la E lunga 2 (secondaria, che ha un’altra origine diversa dall’ie), più
chiusa. L’origine della e lunga 2 è composita, non è biunivoca.
Ci sono più sviluppi che confluiscono verso la e lunga 2. Essa è piuttosto rara e spesso la ritroviamo in
prestiti da altre lingue, per esempio antichi prestiti dal latino di 2000 anni fa che poi si sono affermati
definitivamente. Oppure si trova anche nel lessico germanico in qualche caso. Vediamo nel lessico
germanico e vediamo come hanno ragionato i linguisti che hanno individuato questa doppia possibilità,
perché i linguisti hanno a disposizione le lingue storiche attestate, come il gotico.
E lunga 1 E lunga 2
Cosa ci dice questo schema? Noi abbiamo un gotico che ha la stessa vocale, poi abbiamo altre lingue
germaniche che distinguono 2 vocali diverse. Ma allora qual era la vocale che c’era nel germanico? Non può
essere la stessa. Evidentemente il gotico, per quanto sia antico, ha confuso due vocali che una volta erano
diverse. Anche il dialetto anglico ha fatto come il gotico. Ma basta vedere il westsaxon per trovare una
vocale diversa -> ergo: questa situazione rispecchia la e lunga 1 e la e lunga 2. La e lunga 1 è quella della
prima colonna, è come si sviluppa nelle lingue storiche, cioè quella che deriva dall’indoeuropeo. Infatti la
parola “fatto” deriva da una radice indoeuropea che aveva la e lunga = DHĒ. La parola “qui” deriva da una
parola ie che aveva un dittongo KEIR, quindi un’origine diversa in partenza. Alcune lingue (gotico egli inglesi
antichi) le hanno confuse, altre le hanno tenute distinte. Addirittura la distinzione diventa più grande nel
tedesco perché si arriva a tat e hier.
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Il dittongo ei indoeuropeo non si trasforma sempre nella e lunga 2, anzi succede in pochissimi casi. Di solito
si trasforma in una i lunga. Potremmo dire che in questo modo nasce il suono A lunga del tedesco.
Oggi tati in tedesco esiste ancora. E in inglese? Deed -> indeed, che si scrive con due e ovvero una e lunga.
I Dittonghi dell’indoeuropeo:
-dittonghi in u
AU >>au
OU>>au
EU >> eu
>> iu
Cosa succede ai dittonghi in germanico? Se pensiamo a quello che abbiamo detto sulle vocali brevi,
sappiamo che le vocali “a” “o” “schwa” brevi confluiscono nella a breve del germanico. Quindi si semplifica
ancora una volta, ed entrambi i dittonghi au e ou si sviluppano in un dittongo unico germanico che è au. Il
dittongo eu subisce una duplice trasformazione ma anche qui abbastanza comprensibile. In un caso rimane
tale e quale, in un altro caso sviluppa un dittongo dove l’elemento iniziale è una i, quindi diventa iu. Questo
duplice sviluppo è dovuto al contesto fonologico. Ma noi abbiamo già visto che la e breve, in certi contesti,
si trasformava in i breve. Quindi questo discorso è abbastanza simile a quello delle vocali brevi. Quali sono i
contesti? Sono questi:
-quando il dittongo originale eu era seguito in una sillaba successiva dalla vocale i. Essa quindi non fa altro
che trascinare, dal punto di vista articolatorio, la e originaria verso la i stessa che si trova nella sillaba
successiva; questo fenomeno si vede in molti verbi e lascia delle tracce anche nelle lingue storiche, ad
esempio in aat.
(*forme ricostruite)
*beuđeđ(e) [seconda p. plur] -> aat. biotet
*biuđiđ(i) [terza p. sing] -> aat. biutit
Il verbo in questione oggi esiste in tedesco ed è il verbo bieten. Nel tedesco moderno quest’alternanza di
dittonghi è stata livellata. Tutte le persone sono uguali.
Le vocali tra parentesi sono vocali brevi in finale assoluta e sono le prime vittime del processo di riduzione
di tutti gli elementi successivi alla sillaba accentata. Questi elementi sono sillabe non accentate che col
tempo si riducono.
-dittonghi in i
AI >> ai
OI >> ai
EI >> ī
>> ē 2
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Per quando riguarda il dittongo ei, c’è un duplice sviluppo ma con una differenza statistica. Nel 98% dei casi
va a confluire in una vocale già esistente nel sistema cioè la vocale ī. Il secondo sviluppo è la ē 2. Anche in
questo caso, tirando le somme, abbiamo una semplificazione del sistema originario. Tutto questo è
interessante perché anche nel sistema verbale germanico questi mutamenti vanno tenuti in conto. La
suddivisione tra verbi forti e verbi deboli esisteva già nel germanico comune e i verbi forti sono
caratterizzati da un cambiamento della vocale caricale nel paradigma che serve soprattutto ad indicare la
differenza di tempo quindi: singen, ich sang (cantare, io cantai). Questi verbi forti sono caratterizzati da un
cambiamento della vocale radicale per scopi morfologici cioè per indicare catergorie grammaticali diverse.
È un principioo che ha radice indoeuropee molto profonde. Cioè esistevano radici verbali nell’indoeuropeo
caratterizzate da un’impalcatura consonantica fissa, ma la vocale della radice si alternava. Poteva essere
“e”, “o” oppure poteva non esserci. Queste erano le 3 possibilità fondamentali. Si chiamano gradi apofonici
perché questo fenomeno dell’alternanza delle vocali si chiama apofonia. È quella che caratterizza i verbi
forti del tedesco oggi.
Questo meccanismo dell’indoeuropeo viene applicato nel germanico tenendo conto di tutti i cambiamenti
delle vocali che abbimo visto finora.
Quello detto ora sulle radici che cambiano la vocale lo vediamo rappresentato ad esempio in questo:
BHENDH - BHONDH - BHṆDH
Questa radice la conosciamo, è il verbo che significa legare. Questa è una radice indoeuropea che contiene
la vocale “e” che si alterna regolarmente con la vocale “o”, e che si alterna con zero vocale.
Quest’alternanza in ie non c’era solo per formare i verbi ma anche per formare sostantivi derivati da verbi.
Intuitivamente -> binden, band, Bund.
Quindi il nostro esempio sopra è il verbo indoeuropeo “legare”. Lo dobbiamo citare nelle tre forme in cui
compare. Di solito per semplificare si cita il grado in e. Quindi il primo è il Grado in e, poi c’è il grado in o,
poi il grado zero. Sul grado zero un abbiamo problema fonetico. Come si pronuncia una sequenza di
consonanti senza nemmeno una vocale? Per fortuna si tratta di una nasale e in ie c’è la possibilità che la
nasale venga vocalizzata. Se applichiamo quello che già sappiamo sulle trasformazioni nel germanico, come
si trasformano questi 3 gradi apofonici? Il grado in e in indoeuropeo diventa i, perché la e si trova davanti a
nasale più consonante. Quindi ecco che esce la radice del verbo legare del germanico:
Nel secondo grado la o si trasforma in a. Nel terzo grado abbiamo già spiegato che le liquide nasali cioè n,
m, l, r nei contesti in cui funzionano da vocali in germanico sviluppano una vocale d’appoggio che è sempre
la u breve.
Vediamo quind che il meccanismo di mutamento della vocale ha origine indoeuropee. I verbi forti
germanici rivelano questa origine indoeuropea del sistema verbale.
In germanico questi verbi forti (o apofonici) si costituiscono in 7 classi, 7 modi di alternare la radice.
Nel ted moderno questo è visibile solo in parte. Non siamo abituati a studiare il tedesco moderno
applicando queste 7 classi.
L’esempio sopra è della terza classe. Le prime 3 classi di questi verbi mostrano alla fin fine di derivare dal
meccanismo unico che è quello visto prima (e, o, zero).
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PRIMA CLASSE: deriva dal meccanismo e, o, zero ma la e era accompagnata dalla i. Cioè il grado in e era
caratterizzato dal dittongo ei.
EI OI I
↓ ↓ ↓
ī ai i
bīt bait bitum
Un verbo di questa prima classe è il verbo mordere (oggi > bieten, bot, geboten). Bitum era il participio
passato di mordere (oggi beißen all’infinito) ma anche le forme plurali del preterito. Quelle scritte sopra
sono le forme del gotico o del norreno. Quindi in germanico c’erano delle differenze nel paradigma del
preterito. Oggi nel tedesco non è più così, esempio: ich sang, wir sangen. Nel tedesco antico era: ich sang,
wir sungen.
Nel protogermanico il participio sarebbe stato così * bitana-
L’ultima a poi se ne va e rimane gebissen in tedesco. Dobbiamo ancora vedere perché la t diventa ss.
Il trattino dopo la parola significa che nella ricostruzione fatta abbiamo ricostruito fino alla vocale tematica
e mancano le desinenze.
SECONDA CLASSE
EU OU U
↓ ↓ ↓
Beuđ- bauđ buđum *buđana
Queste sono ancora forme antiche del verbo bieten di prima (bieten bot, geboten).
La seconda classe: il meccanismo originario rimane lo stesso (e,o,zero). Ora però la e e la o sono
accompagnate dalla u quindi c’era il dittongo eu, ou, più la semplice u nel grado zero.
Norreno= lingua letteraria usata nel medioevo, dopo il mille, in Norvegia e in Islanda (lingua scandinava
medievale).
In islandese le forme di questo verbo sono ancora come quelle sopra. Infatti essa è la lingua germanica
esistente più arcaica.
TERZA CLASSE -> SPIEGAZIONE: c’è sempre la regola e,o,zero ma stavolta la “e” è accompagnata da una
liquida seguita a sua volta da un’altra consonante oppure una nasale seguita solo da un’altra consonante. Il
verbo legare entrava in questa categoria.
ER OR Ṛ
WÉRT → Wérþ- warþ wurđ-
Questo verbo significa “diventare”. In tedesco moderno è diventato werden. In latino il verbo
corrispondente a questo è vertere. Quindi WÉRT è la radice indoeuropea, che noi sappiamo diventare þ
solo se l’accento era immediatamente prima.
Warþ: è la forma che dà origine al preterito germanico singolare; la o diventa a.
Poi c’è il grado zero che sviluppa la vocale d’appoggio u, quindi diventa wurđ-
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Nella terza forma cambia la consonante perché queste forme derivano da forme indoeuropee che avevano
l’accento sulla desinenza; quindi si applica la legge di Verner, t >> đ
Tutto questo è testimoniato nelle lingue germaniche antiche, dove si nota che la consonante cambia e
quindi indirettamemente sappiamo anche da questo piccolo tassello ricostruttivo che nell’indoeuropeo
c’era lo spostamento dell’accento.
Il tedesco moderno di questo verbo ha generalizzato un preterito würde, un’innovazione del tedesco, che
però deriva, dal punto di vista della vocale, dalle forme plurali antiche del preterito, che avevano
regolarmente la u. La forma antiquata del preterito singolare del tedesco moderno, che si trova nei
dizionari ma non viene usata, è ward. La forma worden ha una o invece della u e lo dobbiamo spiegare.
La terza classe delle forme germaniche si divide in due sottogruppi (ad esempio bind che ha la i e non la e
per cause secondarie, perché c’era la nasale seguita da consonante e quindi questo fa sì che la “e” diventi
“i”. Quando non c’è la nasale ma c’è la liquida rimane la vecchbia e. )
Fino alla terza classe questi verbi obbediscono alla fin fine allo stesso principio. Dalle classi successive si
inseriscono altri elementi.
Poi ci sono i verbi verbi deboli e le categorie verbali, cioè vale a dire, nel germanico in generale, che siano
verbi forti o deboli, il sistema verbale ha delle categorie nella morfologia che sono ad esempio l’infinito.
Quindi esiste il modo, i tempi… Il discorso è piuttosto semplice per queste categorie. Nelle lingue si
distinguono modi finiti e modi infiniti
In italiano ad esempio gli infiniti sono il gerundio o l’infinito.
In altre lingue ci sono più infiniti: es. infinito perfetto, infinito futuro…
Nel germanico esiste solo l’infinito.
Qui più interessanti sono i modi finiti: in italiano sono -> indicativo, congiuntivo, condizionale, imperativo…
Nel Germanico invece abbiamo questa situazione: esiste l’indicativo, esiste l’ottativo. Quest’ultimo è
qualcosa che nel germanico funziona sia da ottativo vero e proprio che da congiuntivo. L’ottativo è simile al
condizionale. È meglio chiamarlo ottativo piuttosto che congiuntivo perché deriva dall’ottativo
indoeuropeo.
Poi nel germanico c’è l’imperativo.
Poi basta. Questi sono i modi finiti.
Poi ci sono tempi. Come funziona il germanico da questo punto di vista? Non ha il futuro. Quindi per
indicare un’azione futura -> presente più avverbi oppure perifrasi = verbo modale più verbo.
Quindi i tempi del germanico erano solo 2: passato (preterito) e presente.
Il Preterito germanico veniva usato nelle lingue antiche ad indicare un’azione passata in generale. Non si
distinguevano bene le sfumature. Piuttosto si usavano avverbi, di altri elementi extra verbali per indicare
altre sfumature, ad esempio la differenza tra passato remoto e passato prossimo.
Sistema relativamente semplice.
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Poi riprendendo la questione delle categorie per la loro morfologia, oltre ai verbi forti, ci sono i verbi deboli,
cioè quei verbi che al preterito mostrano una desinenza aggiunta alla radice, che è una desinenza dentale
(può essere d o t, nel caso del tedesco è t). Questo tipo di formazione del preterito per i linguisti storici è
sempre stata un problema. Il problema è: questo tipo di preterito ha riferimenti con l’indoeuropeo?
Qualche riferimento c’è ma non è diretto. Nell’indoeuropeo non esiste una categoria di verbi che formi il
preterito in questo modo. Quindi questa categoria si è formata nel germanico attraverso vari sviluppi.
Si nota, soprattutto nelle lingue antiche, che i verbi deboli sono verbi derivati, non primari. Nelle lingue
antiche è molto evidente. Nelle moderne: meno perché con il tempo c’è stata una tendenza, un po’ in tutte
le lingue germaniche, a incrementare i verbi deboli a decrementodei verbi forti. Questa tendenza è molto
forte in inglesi. Molto verbi deboli inglesi hanno sostituito forme che prima erano flesse come verbi forti.
In ing i verbi deboli in senso storico sono quei verbi che al preterito aggiungono ed, oppure aggiungono la t.
Es: sleep, slept (questo è un classico esempio di verbo che prima era forte e poi è diventato debole.
In tedesco è avvenuta un po’ meno qst tendenza.
I verbi deboli: Come sono costituiti originariamente? Anche i verbi deboli avevano delle suddivisioni
interne, quindi intanto vediamo la prima classe; prendendo l’esempio del gotico, vediamo il verbo che
significa “porre”.
Got. Lag-i-da (3° e 1° p.sing del verbo porre al preterito) -> significa io posi, egli pose
Sia la g che la d erano in realtà delle fricative sonore, come erano state nel germanico comune. In gotico i
verbi deboli avevano questa suffissazione, la d che viene aggiunta alla radice, ma non direttamente.
Forma moderna del tedesco: ich legte
La forma in gotico è molto simile al germanico comune; in n certo senso si può utilizzare anche per capire
come si è sviluppato il tedesco successivamente. Nella forma tedesca moderna: te vengono aggiunte alla
radice. Dal punto di vista sincronico, se faccio un’analisi della lingua com’è oggi, posso dire: verbo debole +
te. Ma questa non era la situazione originaria. La “te” del tedesco deriva dalla “d” del gotico, che non viene
aggiunta direttamente alla radice. C’è di mezzo un elemento intermedio, la “i”. C’era sempre? No. I verbi
deboli avevano le classi. Questo esempio fa parte della prima classe dei verbi deboli, caratterizzata dalla
presenza di questa vocale specifica. Dal momento in cui la vocale della prima classe cade, è inutile parlare
di classi dei verbi deboli, che infatti oggi non ci sono, perché non è più possibile distinguerle.
Comunque la presenza della “i” ha lasciato conseguenze indirette nel tedecso moderno. Per esempio:
prima la radice era con la “a”, oggi è con la “e” (legte). Questo è successo perché prima c’era la “i tra radice
e desinenza. La stessa cosa è successa per esti, isti, ist. Questi fenomeni (metafonie, umlaut)
accompagnano la storia delle lingue germaniche e si manifestano in periodi diversi varie vocali, non tutte
nello stesso momento. Ad esempio il gotico non è interessato da questo fenomeno per questo verbo. Però
in gotico, la terza persona del verbo essere era già ist.
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lingue. Ora vediamo per esempio la situazione dell’aat relativamente a questi due verbi. (il gotico era del IV
secolo dC, l’aat inizia ad essere attestat dall’800, quindi secoli dopo il gotico).
Aat. Legita
Aat. Fiskōta
Nel primo esempio vediamo che la struttura è rimasta simile a quella del gotico, tre sillabe ed è conservata
anche la “i” intermedia. Si riconosce ancora l’appartenenza alla prima classe. Quindi la descrizione del
tedesco antico è pertinente ancora alla suddivisione in classi dei verbi deboli.
Nel secondo esempio vediamo che il verbo in aat mantiene esattamente la struttura originaria.
La vocale di “legita” però, nella radice, è già mutata. Non è più una “a” ma è una “e” per effetto
dell’influenza della “i” cha ha trasformato la “a” in “e”. Questo è un fenomeno di metafonia. Nella storia
della lingua tedesca, in particolare, quando i protagonisti sono la “a” breve seguita da una “i”, che produce
una “e”, questo processo viene chiamato umlaut primario: si chiama così perché nella documentazione
scritta che abbiamo nel tedesco è il primo esempio tangibile del fenomeno di umlaut che alla fine
coinvolgerà tutta una serie di vocali però il primo è questo -> la “a” breve seguita da “i” che diventa “e”
chiusa. Noi poi dovremmo giustificare il passaggio “d” -> “t” che avviene solo nei dialetti alto tedeschi e non
in quelli basso tedeschio o nell’inglese antico.
Ora per fare un termine di paragone, prendiamo una lingua moderna, l’islandese.
Isl. Lagđi (terza persona)
Isl. Fiskađi
Il primo esempio vediamo che è identico al norreno, ma è parlato ancora oggi. Cosa ci insegna l’islandese?
Che la vocale originale era effettivamente la a, la stessa del gotico. Anche qui però è caduta la “i”
intermedia, come nel tedesco moderno, ma non ha prodotto alcun effetto. Vediamo che il percorso è
quindi molto diverso. Qui si è mantenuta la fricativa del germanico comune (đ), presente anche in gotico, al
di là di come è scritta; si pronunciava allo stesso modo anche in gotico.
Il secondo esempio ci fa vedere che non è caduta la vocale intermedia; è diventata una “a” breve mentre
prima era lunga. Quindi inislandese è giusto avere classi di verbi deboli, mentre in tedesco no perché non si
distinguono.
3° classe
Got. Lib-ai-da, (= io vissi) ai si pronunciava [e:], quindi e aperta lunga
Il suffisso dentale ci dice che si tratta di verbo debole, ma l’elemento intermedio è ancora diverso. C’è “ai”
che sembra un dittongo, anche se in gotico con tutta probabilità si pronunciava come una e lunga aperta.
La “b” e la “d” sono fricative. Com’era questo verbo nell’antico alto tedesco?
Aat. lēbēta
Isl. lifđi
la situazione è molto simile a quella del gotico. Si può distinguere chiaramente un elemento che si
interpone e le tre classi sono conservate ancora. La seconda e verrà eliminata e arriviamo alla fine, dopo
uno sviluppo lungo, alla forma lebte, ma non ci arriviamo di colpo. Di mezzo c’è il medio-alto-tedesco, poi
quello moderno.
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L’islandese: se n’è andata la vocale intermedia, è rimasta la “v” originaria nella pronuncia perché la “f” si
pronuncia “v”.
Quindi abbiamo visto le prime 3 classi, presenti in tutte le lingue germaniche. Poi c’è una quarta classe,
poresente solo nel gotico e nelle lingue scandinave. Era caratterizzata da un’altra situazione, ma non la
vediamo perché non riguarda la storia del tedesco.
Metafonia primaria:
i metafonizza e > i
Poi molto presto, già nella fase tarda ma ancora comune del germanico, avviene una tendenza alla
ridistribuzione della “i“ e della “e” breve, cioè in alcuni contesti possono cambiare. La i potrebbe diventare
e, la e potrebbe diventare i. Si scambiano in alcuni contesti precisi. Vediamoli i contesti più ricorrenti, quelli
con quali dobbiamo fare i conti perché li troviamo spessissimo.
Ad esempio: se la E indoeuropea si trova davanti a nasale, ad esempio N a sua volta seguita da una
consonante qualsiasi, in germanico a un certo punto, non si sa bene quando, questa e diventa i. (en + cons)
1.BHENDH → bind
2.ESTI → in germanico isti, la e è diventata i per influenza della i finale.
1.Il primo esempio è la radice ie che significa legare. Vediamo che c’è la e seguita da nasale a sua volta
seguita da consonante. Vediamo che la e breve diventa i davanti a nasale più consonante. Questo avviene
sempre, in tutte le lingue attestate.
2.Poi c’è un altro caso che è sospetto, ma non si sa se avviene in tutte le lingue, è più dibattuto. In ie c’è una
forma verbale, terza persona, esti. Significa è. In latino si trasforma in est. In greco antico è rimasto esti. In
germanico si pensa che la forma che vediamo conservata benissimo in tedesco, ist, prima di essere ist,
doveva essere ancora isti, cioè aveva ancora la i dell’ie. Ma qui la “e” iniziale è diventata “i” per influenza
dell’antica “i” finale. Su questo c’è minore consenso nel dibattito. È un’ipotesi classica della linguistica
germanica. Se fosse vero, saremmo di fronte a un fenomeno assimilatorio per cui la “e” anticipa i caratteri
articolatori della consonante successiva, si avvicina a lei e quindi possiamo assimilare questo fenomeno a
un fenomeno di metafonia = anticipazione di caratteri articolatori di una vocale che viene dopo. Noi
vedremo che nella storia delle lingue germaniche la metafonia ha un grosso peso, soprattutto sulle lingue
figlie. È chiamata in tedesco umlaut. Ora lo vediamo come un fenomeno morfologico, ma nasce come un
fenomeno fonetico.
Vediamo il caso contrario, che è molto più raro -> la “i” originaria diventa “e”. È un caso più raro, ma in
alcune parole singole, è diffuso in tutte le lingue figlie.
Es: ie. WIROS = uomo, germanico > wiraz
Il dato di fatto però è che tutte le lingue germaniche figlie hanno la e, non la i. Quindi vuol dire che ci deve
essere qualche condizionamento fonologico che ha favorito questa trasformazione. (wer, verr, tutte hanno
la e). Si può pernsare che ci sia un condizionamento da parte della a sulla i. Però non avviene in modo
sistematico, avviene raramente. Sono casi singoli. Il condizionamento ancora una volta è di tipo umlaut, =
assimilazione articolatoria di una vocale verso la vocale successiva. La i è la vocale alta, la a è la vocale più
bassa; si incontrano a metà strada e viene fuori la e = compromesso articolatorio. Tutti questi mutamenti
fanno sì che la distribuzione della i breve e della e breve nel germanico in parte sia cambiata, ma poco, solo
in contesti specifici. Altrimenti ciò che è i rimane i, ciò che è e rimane e.
A metafonizza u > o
È l’influenza della vocale a sulla vocale radicale u, quindi è un altro fenomeno di metafonia cioè l’influenza
di una vocale della sillaba post-radicale sulla vocale radicale stessa. L’influenza che esercita non può essere
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che quella, la a che è una vocale aperta, vocale bassa in termini linguistic, perché la lingua si abbassa per
lasciare spazio; la vocale di massima apertuta è la a; la u insieme a i sono le due vocali più alte (chiuse).
L’incontro tra queste 2 produce un compromesso articolatorio, cioè in mezzo ci sta la “o”.
i u
e o
a
L’influenza della a sulla u, non è altro che incontrarsi a metà strada. Quindi questa è una metafonia
chiamata metafonia da A sulla U. Ciò produce delle nuove “o” brevi nel sistema fonologico che erano
venute a mancare prima.
Questo è il modo piu comune di come nelle lingue storiche si riproduce la “o” breve. Infatti la troviamo nel
sistema fonologico dell’aat, dell’antico inglese, del norreno. Questo ci aiuta perché se rifliettiamo sulle
parole tedesche che hanno la “o” breve, quasi sempre nel germanico comune c’è una “u” a cui seguiva una
“a”. la “a” oggi non c’è più però ci sono le tracce della sua presenza in fasi precedenti della lingua.
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In genere si pone la data di inizio dell’antico alto tedesco verso la metà del VII secolo, perché è a
quell’epoca che risalgono i primi documenti letterari e perché allora cominciano a delinearsi alcuni dei tratti
caratterizzanti del tedesco. La caratteristica più vistosa che differenzia l’alto tedesco dagli altri dialetti
germanici è la seconda rotazione consonantica. Per quanto riguarda invece il termine dell’antico alto
tedesco, la data in cui le caratteristiche linguistiche di questo dialetto tedesco cominciano a subire evidenti
trasformazioni è il 1050 circa.
PROFILO STORICO- CULTURALE: CARATTERI GENERALI
Riprendendo il filo della storia: eravamo arrivati a dire che i goti vengono sconfitti e sterminati da
Giustiniano dell’Impero d’Oriente.
Dopo poco arriveranno in Italia i longobardi, un popolo incolto. Non scrivono mai nella loro lingua.
Emettono delle leggi, ad esempio il famoso Editto di Rotari, 600 dC, stabiliscono la loro Capitale a Pavia. Si
impadroniscono di gran parte dell’Italia, anche a sud. L’ Editto di Rotari è una testimonianza molto preziosa
di questo popolo perché la loro lingua non è ben conosciuta in quanto appunto non scrivevano mai nella
loro lingua. L’Editto di Rotari era scritto in latino, la loro lingua non aveva un prestigio sufficiente per poter
essere scritta. Quando si scrivevano leggi ci si avvaleva ancora della vecchia lingua latina che aveva ancora
invece un prestigio indiscusso a livello letterio e giuridico. L’Editto di Rotari era scritto però da gente che il
latino lo mastica poco e quindi è scritto in un latino sgrammaticato, molto interessante per chi studia la
storia delle lingue romanze e in particolare dell’italiano perché è scritto quasi come si parlava il latino.
Ormai siamo nel 600 dC, quindi la lingua parlata era qualcosa che prelude già all’italiano.
Quindi nell’Editto di Rotari chi scrive si sforza di scrivere in latino, ma non rispetta le declinazioni ecc. Era
quello di cui disponevano a livello culturale in Italia. Non c’era gente che sapesse scrivere decentemente.
Per quanto riguarda la lingua longobarda, perché è importante l’Editto di Rotari? Perché ci sono dei termini
tecnici scritti in longobardo. Ci sono delle schegge di lingua longobarda che sono pochi ma ci dicono
qualcosa. In questo scritto fa una comparsa una parola che rimarrà per sempre nella lingua italiana: FAIDA.
È rimasta tale e quale fino ad oggi. Nell’Editto poi si spiega in latino che cos’è. C’è scritto: FAIDA ID EST
INIMICIZIA (faida cioè inimicizia) perché era un aparola non compresa da chi non era longobardo. Quindi la
lingua italiana ha colto un certo numero di parole longobarde, quindi l’italiano è un tassello importante per
la ricostruzione del longobardo. Longobardo: che tipo di lingua era?
Abbiamo molti prestiti longobardi sia nella lingua ufficiale italiana, sia nei dialetti. Sono a volte riconoscibili.
Molti prestiti longobardi iniziano con GU e poi c’è una vocale. Esempio: gualcire. Queste parole sono
l’adattamento fonetico italianizzato della W. Questo suono viene adattato perché il latino non ce l’aveva. Di
conseguenza le parole vengono adattate in questo modo, con una g davanti, per poterle pronunciare.
Poi abbiamo le parole con la zeta iniziale che ricordano molto le parole del tedesco, esempio:
Zacchera: macchia di fango. È la parola longobarda che significa lacrima. È parente dell’inglese tear, lacrima.
Da qst parola vedimao che il longobardo in una certa sua fase di sviluppo ha sviluppato la t germanica in
questo suono z (t aspro). Questa è una caratteristica dei dialetti altotedeschi. Quindi anche il longobardo si
stava trasformando in qualcosa di simile al dialetto altotedesco. Però il longobardo ha una posizione tutta
sua perché ha una storia molto diversa dai dialetti che possiamo chiamare altotedeschi a pieno titolo. Esso
ha un percorso migratorio. Tacito attesta i Longobardi a nord del fiume Elba, quindi nella Germania
settentrionale. Dopo seguono il fiume Elba che scende verso sud est e poi li ritroviamo in Beomia, attuale
rep. Ceca. Poi vanno a finire nella pianura autro-ungarica per un po’ di tempo, nella zona chiamata
Pannonia dai romani. Da là scappano x paura di un altro popolo, gli avàri, cavalieri nomadi di lingua indo-
iranica che avevano origini orientali e seminavano terrore anche tra i popoli germanici; per cui i longobardi
scappano in Italia. Poi arrivano qua. Quindi fecero un percorso migratorio particolare. La loro storia non è
quella dei dialetti tedeschi veri e propri. Quando arrivano in Italia, stabiliscono contatti dinastici con
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l’arisocrazia bavarese dell’epoca, quindi c’è un contatto anche linguistico che probabilmente col tempo ha
avvicinato il longobardo ai dialetti altotedeschi.
Ci stiamo avvicinando all’epoca che interessa la storia della lingua tedesca, perché i longobardi rimangono
in Italia fino a che Carlo Magno non li esautora dalle posizioni di potere.
Carlo Magno è vissuto a cavallo tra il 700 e l’800 d.C. e ha promosso una politica di risveglio culturale e di
cristianizzazione dell’Europa.
Egli conquista quasi tutto il territorio che era stato dei longobardi in Italia e allarga il suo regno che diventa
un impero vero e proprio. A quel punto ha preso gran parte dell’Italia, si accinge a conquistare la Germania
del nord subito dopo, sottomettendo i sassoni. Quindi il suio territorio era: Francia, Germania e gran parte
d’Italia.
Quindi poi Carlo magno, re dei franchi, in virtù di tutte queste conquiste, a Natale dell’800 dC si fa
proclamare imperatore, carica che riesuma dal passato romano. Quindi si ispira come retorica politica
all’Impero Romano. Diceva “RENOVAZIO IMPERI ROMANORUM”, (la rinascita dell’Impero Romano). Questa
è retorica-politica dell’epoca. In realtà non c’è un nesso diretto con l’Impero Romano. È ideologia questa.
Ecco perché poi da qst impero carolingio, per filiazione successiva, si parla del Sacro Romano Impero del
Medioevo, che sarà un impero che avrà il suo cuore in Germania, pur comprendendo pezzi d’Italia. Quindi si
chiamerà così perché c’è dietro questa storia di Carlo Magno.
Carlo Magno è un personaggio chiave per noi. Da lì, dalla sua epoca, finalmente a qualcuno viene in mente
di scrivere qualcosa in tedesco. Inizia lì quindi la storia vera e propria della lingua tedesca. Fino ad adesso
abbiamo parlato di lingue germaniche che non sono il tedesco. Adesso finalmente qualcuno scrive nella
propria lingua in un territorio geograficamente tedesco, o comunque nell’area che oggi defininiamo di
lingua tedesca, che politicamente appartiene all’impero carolingio.
Quindi , abbiamo detto che Carlo Magno fece delle guerre e delle stragi, soparttutto tra i sassoni; Rovescio
della medaglia: non c’è solo guerra e sangue -> ci sono anche progressi culturali enormi in quest’epoca. La
Chiesa mette in piedi tutto il suo apparato di diocesi, parrocchie ecc. all’epoca c’era la cultura monastica,
siamo nell’alto medioevo. Esitono monasteri sparsi nel territorio che erano come dei fari di luce, dal punto
di vista culturale, nel buio circostante. Cioè sono i luoghi dove i monaci scrivono, copiano la letteratura
precedente, tramandano la letteratura latina. Inoltre si produce nuova cultura, dei testi nuovi fatti allora. La
lingua della cultura era il latino. Che spazio hanno le lingue volgari, popolari? In questo vasto impero
carolingio c’erano tanti popoli, sia di lingua neolatina che germanica, con una miriade di dialetti parlati. In
italia si scrive solo in latino, anche se la lingua parlata in realtà iniziava già ad assomigliare all’italiano.
Invece nei luoghi dove la differenza tra la lingua scritta e quella parlata era colossale, cioè nei luoghi dove
non si parlavano lingue neolatine, cioè in Germania: l’esigenza di scrivere nella lingua del luogo inizia.
Anche dal punto di vista della Chiesa, nei monasteri: le nuove leve erano giovani del luogo, che parlavano
un dialetto germanico. Essi dovevao essere educati a parlare la lingua latina. Per fare questo percoroso,
c’era l’esigenza di scrivere nei dialetti germanici, nasce anche per fornire strumenti per imparare il latino.
L’epoca di Carlo Magno è quindi fondamentale -> riliancio della cultura. Carlo Magno si circonda degli
intellettuali più eminenti di tutta Europa. Si circonda di persone provenienti da tutta Europa. Aveva un
consigliere anglossone, Alcuino di york. Più c’erano persone da Pisa, dalla Francia. La corta di Carlo Magno è
ad Aquisgrana, in tedesco Aachen. La corte rimane là per tanti secoli. Cosa si scrive? Dei testi in latino con
qualche parola a margine, tra un rigo e l’altro in lingua germanica. Queste avevano la funzione di spiegare il
latino. Queste sono le prime testimonianze del tedesco = glosse interlineari o marginali. Essi erano scritti su
pergamena, non c’era la carta. La pergamena era pelle animale che richiedeva processi molto lunghi e
molto costosi. I costi di un libro erano colossali. Poi il tempo per scrivere era lunghissimo, ci volevano
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magari anni per copiare un libro intero. I libri c’erano solo nei monasteri e pochi altri. La popolazione era
analfabeta. Lo stesso Carlo Magno si dice fosse analfabeta. Probabilmente con l’andare del tempo aveva
imparato a fare la firma. C’era una grande differenza tra uomo di chiesa e tutti gli altri, compresa
l’aristocrazia. Quindi il potere della Chiesa era colossale dal punto di vista culturale, perché era l’unico
referente.
Questo vuol dire che il nederlandese oggi, che dal punto di vista storico è da considerarsi un dialetto basso
tedesco, ha un sistema consonantico che assomiglia a quello dell’inglese e non a quello del tedesco.
Nell’ambito dell’alto tedesco, che è un’area molto vasta, (dal centro della Germania, esempio dalla città di
Fulda e anche un po’ più a nord era già area altotedesca. Questi dialetti altotedeschi sono diffusi su area
piuttosto vasta che necessariamente conosce delle articolazioni, dei dialetti sfumati.
Quindi, potremmo dire: nella fascia più settentrionale della area alto tedesca -> si parlavano i dialetti
franconi con l’eccezione di uno di loro che era di tipo basso: è il basso francone, antenato del nederlandese.
Perché viene considerato basso? Perché non ha la rotazione consonantica alto tedesca. Gli altri dialetti
franconi hanno il fenomeno della rotazione altotedesca. A loro volta i dialetti franconi si suddividono in
altre catergorie: francone renano, francone renano meridionale, francone orientale con piccole differenze
tra loro. (questi dettagli non sono necessari per l’esame). Unica cosa è importante: di tutti questi, il dialetto
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francone orientale, dal punto di vista della situazione del sistema consonantico è quello che assomiglia di
più al tedesco moderno.
A sud ovest: quindi baden wuttemberg, svizzera tedesca, Alsazia: dialetti alemanni
A sud est: quindi Baviera, Austria, Trentino: dialetti bavaresi
Alemanno + bavarese = tedesco superiore -> überdeutsch. Che significa? Tra i dialetti altotedeschi sono
quelli più alti, perché sono quelli ancora più in alto sulle montagne. Sono quelli in cui la rotazione
consonantica alto tedesca c’è in modo più completo.
Quelli a nord -> la rotazione c’è ma non è completa del tutto.
Quindi quando si parla dell’aat, bisogna individuare quale perché ci sono i dialetti aat, non esiste la lingua
come standard all’epoca. Quindi c’erano forme abbastanza diverse.
A questo si aggiunge che c’erano anche differenze ortografiche, nell’uso scrittorio.
Mettendoci nei panni dei monaci dell’epoca: dovevano scrivere in una lingua mai stata scritta prima.
Conoscono il latino ma non sanno scrivere i dialetti volgari e devono escogitare soluzioni grafiche che sono
spesso diverse da un luogo all’altro.
Ora vediamo nello specifico il tedesco superiore (überdeutsch), composto principalmente da Alemanno,
Bavarese, Francone e Longobardo (di cui abbiamo già parlato).
BAVARESE
L’origine dei bavaresi, o Baiuvari, è oscura. Sembra che derivino dalla fusione di più tribù e assumono una
propria identità precisa più tardi degli altri gruppi linguistici. Occupano già in questo periodo la posizione
attuale. Alla fine del VII secolo ottengono piena autonomia politica e iniziano un’opera di conversione per
mezzo di alcuni missionari, verso l’VIII secolo diventano anche un centro di attrazione per quei germani che
vogliono sfuggire alla supremazia franca. Il loro dominio linguistico si estende, oltre alla zona della Baviera,
anche alle parlate tedesche dell’Austria. La testimonianza scritta più significativa è l’ Abrogans: è un
dizionario monolingue in latino tradotto in tedesco parola per parola, sia i lemmi che le spiegazioni di essi.
La traduzione è meccanica, letterale. Il periodo è -> ultimi decenni del 700 dc. Questo testo oggi si chiama
ABROGANS, dalla prima parola latina di questo dizionario.
Il testo ebbe una certa fortuna nella versione tedesca nei monasteri in Germania, infatti oggi ce ne sono
giunte diverse copie, che sono interessanti perché mostrano differenze dialettali.
FRANCONE
I Franchi sono la tribù germanica più pronta ad accogliere la civiltà romana. Clodoveo I decide di farsi
Cattolico e questo è un evento molto importante. Dopo aver sottomesso Baviera e Pannonia, la loro
espansione culmina verso il 560 ma è seguita da una retrocessione del VII secolo. È il dialetto
linguisticamente più complesso.
Tra i documenti letterari più importanti ricordiamo:
Il canto di Ildebrando: testo piu significativo della letteratura tedesca delle orgini. Scritto nei primi
decenni dopo l’800 dC, in epoca carolingia. È scritto col verso lungo allitterante e narra della vicenda del
duello di 2 guerrieri, padre e figlio, che il destino ha messo in schiere avverse e sono entrambi campioni del
proprio esercito. Quindi sono finiti in fazioni contrapposte. Spesso, invece di far scendere in battaglia tutto
l’esercito, per limitare lo spargmento di sangue, si faceva solo un duello tra campioni. Questo avrebbe
deciso la vittoria. Il protagonista, Ildebrando, è un vecchio guerriero molto esperto, sopravvissuto a tante
battaglie, ed è rappresentato come guerriero fidato di Teodorico. Quindi da questo capiamo che si sta
parlando di Teodorico re degli ostrogoti d’italia. Però lui è vissuto nel 500 dc. Invece questo brano è
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dell’800 dc, quindi c’è uno scarto di 3 secoli. In più Teodorico è ostrogoto, non tedesco. Quindi si parlando
di qualcosa che non riguarda la Germania, ma il mondo germanico in generale. Quindi la materia è epica
germanica non tedesca. Infatti Teodorico sarà rammentato anche altrove, non solo in Germania; era un
personaggio canonico dell’epica germanica. Il Teodorico di questa storia rappresentava determinati valori
ed è avulso dalla storia. Non è il vero Teodorico perché la leggenda lo travisa. Nella storiografia cristiana
ufficiale Teodorico è stato condannato ufficialmentem perché nemico della Chiesa. Invece nell’epica
germanica è visto positivamente: quindi c’è anche un filtro politico, ideologico.
Però bisogna anche pensare che il canto di Ildebrando, come tutto ciò che veniva messo per iscritto
all’epoca, fu fatto da monaci, notiamo che nella cultura di allora c’era una specie di schizofrenia ( perché da
una parte il monaco era educato in un certo modo, ma dall’altra aveva in sé la cultura germanica perché
faceva parte di lui, nato in quel luogo). -> quindi individui a doppio binario.
Il figlio nella schiera avversa -> per commentare vediamo il primo verso:
Anche in questo caso, come per l’iscrizione runica, l’allitterazione è sulla lettera h. Ci sono le arsi ovvero
l’accento poetico e sono sulla sillaba che porta l’allitterazione. Ce ne sono due sul primo semiverso e una
sul secondo. In più c’è un’arsi non allitterante.
Che cosa significa? “Ildebrando e Adubrando, in due schiere”
La lingua, già dall’inizio, da questo verso, è uno zibaldone di dialetti. La situazione linguistica di questo
canto è stranissima -> nello stesso testo ci sono forme alto-tedesche insieme a forme basso-tedesche. Ad
esempio tuem è basso-tedesco. Il motivo di questa disomogeneità non è stato mai chiarito; non c’è accordo
fra gli studiosi sul perché. È un testo che vanta diversi primati: è il testo poetico più importante della
letteratura tedesca delle origini ma è anche quello con più problemi dal punto di vista dialettologico. È un
testo molto prezioso sul piano storico culturale perché non ha un modello latino di riferimento. La vicenda
del duello non sappiamo come si conclude perché questo canto è scritto sulla prima e sull’ultima pagina di
un codice che è tutto in latino tranne appunto la prima e l’ultima pagina. È una specie di copertina.
Nell’ultima pagina succede questo: si nota che chi l’ha scritto, ha scritto sempre più piccolo per farci stare
tutto ma non ci riesce e quindi non si sa la fine. Ci lascia nel pieno del duello. In realtà però si sa perché poi
questo stesso episodio vien epoi rammentato in opere poetiche posteriori. In più si sa perché questo
genere di scontri tra padre e figlio, di cui ci sono altri esempi, di solito si concludono con la morte del figlio.
Quindi si suppone che finisca così. Perché si devono scontrare i due? Perché sono campioni delle schiere
avverse. Il padre in qualche modo riconosce il figlio fa di tutto per farsi riconoscere dal figlio, ma questi non
ci crede. Pensa sia solo un tranello, quindi va all’attacco. C’è anche un’invocazione a un dio, però viene
chiamato in modo generico -> dio che può. Quindi probabilmente c’è un influsso cristiano abbastanza
diretto; si può interpretare come Dio Onnipotente. Poi c’è un’invocazione la fato, che è un elemento molto
germanico. Il fato -> in tedesco antico Wurt, antico assone wurd, antico inglese wyrd, norreno Urđr
Tutte queste derivano dalla forma germanico comune al nominativo singolare *wurđiz
L’abbiamo messo perché era l’entità principale metafisica della concezione religiosa precristiana germanica.
Era ciò che stava sopra a tutto, era onnipotente.
Nella letteratura tedesca del periodo aat -> il canto di Ildebrando è una specie di perla, un caso isolato.
Altrimenti c’era letteratura legata alla politica di evangelizzazione -> quindi si scrivono delle sintesi delle
sacre scritture e del Vangelo soprattutto usando magari anche dei testi già esistenti scritti in latino. Ad
esempio. Sempre in epoca carolingia si decise di tradurre in tedesco l’opera in prosa che passa sotto il
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nome abbreviato un po’ fuorviante di “Il Taziano”. Fu redatto a Fulda, dove fu redatto anche il canto
d’Ildebrando.
Quindi dallo stesso monastero abbiamo due opere molto diverse: una poesia non cristiana e il taziano che è
un testo tradotto, originariamente scritto molti secoli prima da un monaco siriano chiamato Taziano. Esso è
un’armonia evangelica cioè si prendono tutti i vangeli e se ne fa uno solo, quindi in pratica è la storia di
Cristo, tradotta in tedesco all’inizio del IX secolo dC, epoca carolingia, nello stesso monastero del canto di
Ildebrando. Ciò ci dà l’idea della varietà della letteratura dell’epoca. Il Taziano è molto lungo quindi molto
interessante perché ci ha lasciato moltissimo del tedesco dell’epoca, l’aat.
Poi la poesia poesia allitterante cesserà di esistere in Germania. Nel 900 dC ormai sta finendo e verrà
sostituita da un’altra poesia in rima. Ciò si pensa sia dovuto all’influsso dell’area linguistica romanza,
soprattutto la Francia.
A proposito di Francia: situazione politica -> all’epoca di Carlo Magno ciò che noi chiamiamo Francia,
Germania e Italia vengono unificate in una sola entità politica: l’impero di Carlo Magno. Poi questa unità
politica scricchiola; cominciano delle lotte interne. I nipoti di Carlo Magno si fanno guerra tra loro. Essi
erano 3. E poi l’impero verrà diviso in 3 parti. Due fratelli però riescono a schiacciare colui che stava nel
mezzo dal punto di vista geografico e si arriva a una divisione a 2. Da 3 si arriva a 2, e si costituirà la
situazione che in futuro vede opposta la Francia e la Germania. Reno di nuovo un confine politico. Sarà la
parte francese a essere retta da sovrani di sangue carolingio, discendenti di Carlo Magno. Nella parte
tedesca salirà al potere una nuova dinastia sassone: gli Ottoni, 900 dc. I sassoni, che erano stati conquistati
da Carlo Magno un secolo prima, dopo poco diventano cristiani ma non solo: assumono le redini di gran
parte del regno, quella tedesca e quella italiana. In questo periodo finisce la poesia allitterante.
C’è un testo significativo di quell’epoca: una testimonianza sia letteraria che storica -> i giuramenti di
Strasburgo, pronunciati nell’841. I nipoti di Carlo Magno, i due rimasti in lizza, nell’841 stabiliscono un
patto di non aggressione reciproca dove viene sancita la divisione in due di questo antico impero. Dal
nostro punto di vista, quello che è importante del testo è che è un testo scritto in latino però la formula di
giuramento è scritta sia in francese che in tedesco. Nell’841 è Importante per il francese più che per il
tedesco. Infatti all’epoca di testi in tedesco già ce n’erano. Invece del francese non si sapeva niente. Quindi
questo è il primo esempio di francese che si conosce. Fra l’altro è un caso isolato perché poi non ci sarà
altro per molto -> quindi squarcio di luce sul francese arcaico. Assomiglia poco al francese moderno.
I francesi di allora usavano la parola francese per definire la loro lingua. La chiamavano la lingua romana.
Il testo tedesco non aggiunge nulla che non si sappia già.
ALEMANNO
Anche gli Alemanni come i Bavaresi hanno avuto origine da diverse tribù, ma il nucleo centrale è costituito
dalla tribù degli Svevi. Il loro luogo d’origine è il territorio compreso tra Elba e Oder. Avevano una grande
estensione territoriale, e la politica di espansione venne ripresa con Carlo Martello. Nel V secolo comincia la
colonizzazione della Svizzera.
Alla fine del periodo dell’aat, alla fine del 900, ci sarà un personaggio che costituisce l’epilogo di questo
periodo e che conclude in bellezza il periodo dell’aat. questo personaggio muore nel 1022 ed è Notker
teutonitus o di Sangallo. Era abate del monastero di Sangallo nell’attuale Svizzera; (periodo 1000 dc): il
dialetto parlato là era l’alemanno. Notker è stato un personaggio straordinario perché dopo un periodo in
cui la lingua tedesca ha avuto poca testimonianza, emerge una scuola scrittoria e letteraria a Sangallo che è
di primordine. Intanto Notker elabora un’ortografia molto preciso, superando il caos di prima per cui lo
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stesso suono poteva essere scritto in modi diversi. Invece Notker ha una scrittura molto precisa. Egli segna
dove cade l’accento e segna le vocali lunghe. Dal punto di vista letterario la scuola di Notker si cimenta
anche in qualcosa di mai tentato prima: la traduzione di testi filosofici tardo antichi. Quindi testi molto
complessi e astratti. La lingua tedesca si deve fare le ossa perché nasce come lingua popolare, di tradizione
orale, di una popolazione di pastori e agricoltori. Poi a mano a mano risale la china provando a tradurre dal
latino, poi c’è stata una tradizione poetica come abbiamo visto. E Notker addirittura si mette a tradurre
testi filosofici quindi Il livello di astrazione della lingua si alza notevolmente. La lingua di Notker però è una
lingua che si rivolge ad un pubblico che è già colto -> pesrsone che conoscono il latino e che sanno scrivere
nella propria lingua. È talmente colto questo pubblico che lui quando traduce a volte mescola latino e
tedesco: magari mette termini latini particolarmente astratti; dà per scontato che chi legge lo sa. Questo
indica una maturazione culturale. Alcune delle soluzioni di traduzione di <notker di termini astratti latini
rimangono x sempre nel tedesco, altre muoiono; consideriamo che quest’esperienza è collocata in
un’epoca con un frazionamento notevole sia dialettale che delle iniziative culturali (ogni monastero:
dialetto locale, grafia ecc). Nel microcosmo di Notker siamo in una situazione di avanguardia dal punto di
vista linguistico. Cosi si conclude la fase dell’antico alto tedesco (nel 1050 dC), poi si passa alla fase
linguistica del medio alto tedesco.
La parola tedesco e deutsch hanno la stessa origine. Quando e in che constesto storico-culturale
viene usato questo termine per la prima volta? Una data importante è il 786 -> prima comparsa del termine
in questa forma. Giorgio, vescovo di Ostia, è segretario in un sinodo, quindi un incontro importante delle
alte cariche ecclesiastiche al livello inernazionale. A questo sinodo partecipano delegazioni di territori di
lingua germanica; la maggior parte di loro però sono inglesi, non tedeschi. Probabilmente il tedesco per la
prima volta venne usato per indicare gli inglesi, non i tedeschi. Negli atti del Sinodo si dice delle
deliberazioni aun certo punto vengono lette ad alta voce sia in latino sia in tedesco-> in latino era così: “tam
latine quam theodisce”. Theodisce -> nella grammatica latina gli aggettivi che finiscono in “e” diventano
avverbi. Tutto il resto, togliendo la “e”, non ha niente del latino. Quindi è un termine germanico che si
riferisce più forse agli inglesi che ai tedeschi. Ma all’epoca sia in Inghileterra che in Germania si parlavano
dialetti germanici. Quindi sta a significare che il testo viene letto ad alta voce in latino e in un volgare
germanico, forse anglosassone. Comunque la cosa importante è che si parla una lingua popolare
germanica, è la prima ricorrenza del termine. Dal punto di vista etimologico: intanto bisogna dire che
passerà molto tempo prima che questo termine apparirà in un testo scritto in tedesco e non in latino.
Bisogna aspettare proprio Notker, che lo scrive così: diutisc, che probabilmente lui pronunciava [dutisk].
Qui si vede bene l’origine del termine. In realtà esso compare molto tempo prima, in un ambito diverso =
nella lingua gotica.
Nella Bibbia di Wulfila compare questo avverbio:
Piudiskō, che è formato nello stesso modo dei due precedenti (tedesco e deutsch). Esso traduce dal greco il
termine Ethniko^s, che si significa che appartiene alla popolazione. Nel contesto biblico significa ->
“appartenenti ai Gentili” appartenenti alle genti, ovvero le popolazioni non cristiane.
In gotico abbiamo il termine che significa popolo, tribù -> Got. Piuda, che poi con il suffisso aggettivale
diventa quello che abbiamo sopra. Con la o lunga poi formo l’avverbio.
Al tempo di Notker il termine Diutisc è già più ristretto all’area tedesca, quindi esclude l’anglosassone.
Nel periodo del medio alto tedesco, lo stesso termine viene usato per indicare un’appartenenza anche
territoriale e non solo etnica ed è usato per indicare territori come il termine moderno tedesco.
Altri termini usati, spesso in riferimento ai tedeschi è: teutonico. È preso dai teutoni, popolazione antica
dello Jutland, che emigrò insieme ai cimbri fino a minacciare Roma. Nel 102 aC i teutoni fuorno sterminati
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dal generale romano Mario. Quindi il termine teutonico è stato ripreso dai dotti che conoscevano la storia e
che con un’operazione anacronistica avevano fatto un collegamento, in realtà non vero, tra la Germania e
questi popoli dell’antichità.
b>p
d>t
g>k
Per quanto riguardo la storia del dialetti altotedeschi -> queste sopra in un certo momento diventano
occlusive in tutti i contesti, nel territorio alto tedesco, non in altri luoghi del mondo germanico. Dopo di che
avviene un’altra trasformazione, che ha questa tendenza: la desonorizzazione. Nel tedesco moderno essa
avviene in modo regolare soprattutto per la seconda consonante. Mentre le altre rimangono allo stadio
iniziale. Allora perché le abbiamo messe tutte nello schema? Perché I dialetti alto tedeschi sono vari. Più a
sud si va, più si completano queste trasformazioni; questo è ancora più vero nei dialetti antichi, dell’aat. In
altre parole = quindi alemanno e bavarese.
Quindi la rotazione consonantica altotedesca si afferma in grado maggiore a sud, meno a nord.
I dialetti basso tedeschi non l’anno. I dialetti franconi: posizione intermedia, alcune traformazioni si, altre
no.
Il tedesco moderno, che non regolarità presenta solo questa d > t, dal punto storico corrisponde in grosso
modo al dialetto francone orientale.
Vediamo degli esempi:
Antico sassone (basso ted),
as. Brōthar
aat/dialetto francone: bruodhar
dialetto bavarese (stesso periodo): pruodar
as. Dōth
aat. Tōth, Tōd
as. God
aat./dialetto francone Got
bavarese dell’epoca: kot (in questo caso vediamo sia d >t, che g> k)
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p,t,k, -> quelle parole che in inglese iniziano ancora così perché là la rotazione non è avvenuta.
Qui bisogna fare un distinguo rispetto a dove si trova il fonema:
• in posizione iniziale -> la trasformazione tipica dell’aat di trasformare l’occlusiva sorda germanica
in una affricata, ovvero in un suono composto che inizia con l’occlusiva sorda e finanendo con una
fricativa. Il secondo caso: come lo si scriveva? Già z, ma la scrittura era molto caotica, quindi alcune
volte si scriveva c, oppure cz, tz. Non c’è un’ortografia standard. La soluzione prevalente è z.
l’inglese è fermo al primo stadio: tongue.
Ci si potrebbe chiedere: perché il tedesco sviluppa le occlusive in questo modo? C’è un motivo -> è indito
nella natura articolatoria di queste consonanti nel germanico. Erano tutte aspirate nel germanico, come in
inglese moderno. L’enfasi dell’aspirazione ha prodotto il processo dell’affricate.
Nel terzo esempio -> i monaci come potevano scrivere questo suono che non c’è in latino? Ci sono molte
varianti. Quelli che avevano notato le piccole differenze scrivevano kh, altri lo scrivevano ch, altri c, altri
solo k facendo confusione con la k di zunka che non è aspirata.
Primo esempio: si sentiva che era doppia in aat -> due p e poi la f nella pronuncia.
Secondo esempio: La doppia t, in aat alcune volte sitzen si trovava già scritto alla moderna. Attenzione che
bisogna far sentire che la t è doppia.
Terzo esempio: si può trovare cch nel bavarese antico, pronunciata [akkar]
-p- > -ff- as. Skipe (dat sing), aat skiffe (dat sing) (barca)
-t- > [ ss ], loro spesso la scrivevano zz, zs, sz as. Etan, aat. Ezzan, raram: eszan, ezsan (mangiare)
-k- > [hh] as. Makon, aat. Mahhōn , machōn (fare)
1-La semplice p germanica tra vocali è diventata una doppia fricativa, però non è più affricata come prima.
2-la t diventa una doppia fricativa -> diventa una s molto aspra doppia. Come la scrivevano? Vedi sopra. la
massima parte la scrive zz. si continuerà a scrivere zz anche nel medio tedesco.
Nb: nell’aat c’era differenza tra la s di skiffe e quella di ezzan, poi nel tedesco moderno verrà neutralizzata
la differenza.
3-k semplice in posizione intervocalica - > si scrive con hh ciò che dal punto di vista fonetico è un adoppia
fricativa sorda (come h di ich ma doppia). Si scriveva hh o ch, facendo confusione perché ch rappresentava
anche la fricativa. Statisticamente è più probabile trovarla scritta con hh nell’aat.
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Il germanico aveva questo fonema, una fricativa interdentale sorda. In inglese si è mantenuta inalterata. In
tutte le lingue germaniche moderna invece ci sono stati dei mutamenti. Per il tedesco questo avviene anche
in quello del nord -> ed ecco perché questo mutamento non fa parte della rotazione alto-tedesca. Ciò che
cambia sono i tempi: prima a sud poi piano piano a nord. Oggi è presente ovunque. Qual è il mutamento?
Se prendiamo un testo aat francone possiamo ancora trovare questo:
thing, (aat arcaico, area francone attorno all’800 dC).
Ecco che lo stesso concetto di alto tedesco è abbastanza sfuggente perché noi abbiamo visto che non esiste
un alingua altotedesca, esiste un insieme di dialetti che sono più o meno colpiti dalla rotazione altotedesca.
Se andiamo a vedere altri modi in cui si poteva scrivere questa parola in quell’epoca, in qualche dialetto
potremmo trovarlo scritto magari così:
Dhing (situazione 8°, 9° sec)
Dinc (forma meno conservatrice, presente nella Baviera carolingia)
Ma andando due secoli avanti, alla fine del periodo aat, tutti i dialetti hanno forme di questo tipo: Dinc, o
tutt’al più così: ding
Ciò che significa? Che si è completato un mutamento che a partire da questa consonnate originaria fricativa
interdentale sorda, attreverso una fase intermedia della fricativa interdentale sonora (scrittura dh), si arriva
alla pura occlusiva d. Questa trasformazione la verifichiamo con i testi, i manoscritti che abbiamo quindi
possiamo stabilirne data e luogo e come sale verso nord. Nel sassone antico nel nord della Germania, prima
dell’anno mille, si trova scritto solo così: ding. Non ci sono altre possibilità. Quindi il mutamento là non era
ancora arrivato. Ma se prendo un testo del 1200 dell’area del nord trovo la stessa forma del sud.
Quindi questo non si può definire un mutamento aat, perché neanche tutti i dialetti aat all’inizio dell’epoca
carlongia ce l’hanno tutti. È una cosa diversa, indipendente.
Nell’ Area continentale: questo mutamento non avviene nel frisone, che non è classificato come dialetto
tedesco, ma come frisone e sta a sè. È originariamente affine all’inglese (gruppo anglo-frisone nell’ambito
delle lingue germaniche occidentali).
Approssimanti
J I (se seguita da a o u)
J Rg/ri (se seguita da r)
W - Se seguita da liquide l r
Hw W
Dw/tw/sw d/t/s
Il sistema vocalico
Ora vediamo il Sistema vocalico dell’aat, che va in contro a dei mutamenti. Alcuni di questi sono molto
antichi, altri sono sotto i nostri occhi considerando la documentazione manoscritta di cui disponiamo.
Nell’ambito delle vocali brevi avviene questo:
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Le vocali lunghe: come si trasformano in aat in dittonghi
“o” lunga germanica si trasforma in un dittongo. Questo dittongo nei primi documenti (epoca di Carlo
Magno) non sempre viene annotato. Già a quell’epoca qualcuno già comincia a scrivere un dittongo.
Quindi in quei documenti possiamo trovare le diverse seguenti annotazioni:
Ō > oo, oa, ua, uo
Poi, dal 900 dc, tutto si assesta e si avrà uo sempre come annotazione. Semplificando: ō diventa uo con
l’accento sulla u. Esempio:
aat. guot (buono), [guòt]. Quindi evidentemente la parola germanica da cui deriva aveva un ao lunga. E
come si dice in inglese buono? Good. Perché si scrive come pronunciavano gli inglesi nel 1300.
Poi vediamo un mutamento parallelo e simile. Nel germanico esisteva la Ē 2 che era più chiusa della 1.
aat. : esiti dittongati. Le prime annotazioni sono diverse e sono queste:
Ē2 > ee, ea, ia, ie
Dal 900: quasi sempre “ie”. Nel tedesco antico “ie” non è un modo per scrivere una “i” lunga come oggi. SI
pronunciava proprio ie.
Iquindi questo dittongo “ie” va a far parte del sistema fonologico dell’aat. Esempio:
(qui) -> hier
1.Quindi il dittongo au può rimanere dittongo, e in certi scritti antichi può essere scritto ancora au. Però
presto diventa un dittongo ou, anche nel medio tedesco. Oggi nel tedesco moderno è ridiventato au, che
non deriva da au del germanico. È passato da ou ed è ritonato au. L’altro esisto è in “o” lunga, che all’epoca
era aperta ed oggi è chiusa. Questo esito è determinato da consonanti successive al dittongo antico,
consonanti di tipo dentale/alveolare tra cui anche la “r”.
2.Anche il dittongo ai ha un mutamento parallelo a au, con esito duplice. O si conserva il dittongo, e cambia
da “ai” a “ei”. Anche oggi è ei ma si pronuncia ai. Nell’aat si pronunciava ei.
In contesti molto particolari, davanti a determinate consonanti che sono w, r, h, -> il dittongo si
trasformava in una vocale lunga, una e aperta che oggi invece è e chiusa. Un esempio è la parola lago. Oggi
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nel tedesco moderno abbiamo See con la “e” chiusa. Nel tedesco antico aveva questa struttura, la radice
aveva una w ed è proprio questa w che condiziona il mutamento in questo modo. Nell’aat Sewe, “e”
aperta.
Dittonghi
Au Ou/o lunga se seguita da h d t s z l r n
Ai Ei/e lunga se seguita da w h r
Eu Io se seguita da a e o
Eu Iu se seguita da i j u
La metafonia secondaria
Ora vediamo la metafonia secondaria: abbiamo già visto quella primaria dell’8° secolo, condizionata dalla
vocale i della sillaba successiva che interessa la a breve. Dopo poco tempo, non si sa bene quando: deve
esserre successo che un’analoga influenza della “i” si è fatta strada anche sulle altre vocali del sistema. La
difficoltà qui sta nel fatto che la grafia di allora non rappresenta questo fenomeno. non esisteva la u con i
due puntini. Però dal punto di vista scientifico sappiamo che il fenomeno è successo. Ma quando? L’Aat è
stato un periodo lungo, da 800 a 1050. Quindi è stato un periodo abbastanza lungo per poter dire che ci
può essere stata un’evoluzione della lingua per cui nella fase iniziale: forse le vocali non erano
effettivamente influenzate dalla vocale seguente mentre dopo iniziano ad esserlo.
Se noi andiamo a vedere per esempio a vedere Notker, ci sono degli indizi non diretti ma che fanno pensare
che qst fenomeno già ci sia. Invece non siamo sicuri di poterlo dire per l’epoca di Carlo Magno.
Vediamo un Esempio che riguarda i risvolti sia fonologici che morfologici di questo fenomeno:
Qnd in aat abbiamo una forma sing cosi: zuc, pl zugi >> si potrebbe pensare che almeno all’inizio: zuc, zugi
ma poi già a partire dal medio alto ted: zuc, züge, il singolare è uguale, il pl no. Quindi qui noi vediamo il
risultato finale di un processo che si spiega solo a partire dalla fase precedente della lingua; non si può
spiegare altrimenti, perché la trasformazione della u in ü è condizionata dalla presenza di un’antica i nel
sistema. Lo è per ragioni articolatorie molto semplici perché il suono ü è un incrocio tra u e i. Questa
considerazione ha un’implicazione cronologica. Vuol dire che questo fenomeno ha mosso i primi passi
all’epoca dell’aat cioè quando c’era ancora la desinenza in i. Quindi la metafonia secondaria riguarda tutte
le vocali tranne la “a” breve. Quindi possiamo dire che la metafonia secondaria inizia nel periodo aat, solo
come fenomeno allofonico all’inizio, e questo spiega perché non viene mai segnata nell’ortografia.
Praticamente il parlante non si rendeva nemmeno conto di essa, come facciamo noi in italiano per anno e
ancora. Per noi sono due n uguali, ma non è così.
Quindi ciò significa che il fonema Aat. /u/ si realizza foneticamente in due modi:
> [Ʊ] nella parola zuc
> invece [y] quando seguiva una i
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Nel Ted medio: avviene un processo importante -> la fonologizzazione degli allofoni: ovvero i due allofoni,
che sono varianti posizionali dello stesso fonema, si scindono e danno origine a due fonemi separati e
quindi cambia la struttura della lingua perché nel mat. la situazione nuova è questa:
Mat. /u/
Mat /ü/ -> sono due fonemi distinti, non sono più allofoni.
Che cosa provoca la trasformazione della variante posizionale in allofono? L’indebolimento della vocale i
finale, cioè quando essa diventa una schwa. Nel tedesco medio infatti la pronuncia del plurale è questa ->
Ted medio [tsygeǝ] . Quindi prima la u si pronunciava diversa per la presenza della i. Ma quando la i
diventa schwa, non può più eserictare lo stesso influsso di condizionamento articolatorio.
La lingua è posta di fronte a un bivio: o il fenomeno rientra e la variante posizionale ridiventa u oppure si
mantiene con la pronuncia ü ma che è diventata un fonema.
Forse è piu chiaro cosi. Se faccio un confronto tra queste due forme: questo è il preterito di cantare, terza
persona singolare, indicativo nel primo esempio, congiuntivo nel secondo. ( Mat = medio ted)
aat. Sungun > mat. sungen
aat. Sungīn > mat. süngen
Questa è la dimostrazione che sono 2 fonemi distinti perché queste parole si distinguono nel significato per
avere una vocale diversa. Nel tedesco antico non c’è questa stessa situazione, dove la differenza tra
indicativo e congiuntivo è a carico della desinenza (un, i lunga).
Quando le vocali desinenziali diventano uguali, entrambe schwa, la ü diventa un fonema e un tratto
distintivo anche dal punto di vista morfologico. Mentre invcece nell’aat è solo un allofono.
Questo è un umlaut secondario. È lo stesso fenomeno che produce la ö in tedesco -> hohe altezza, che
prima in aat era hohi. La i influenza la o che diventa ö e si produce quel tipo di vocale.
La questione è sempre la stessa: prima allofoni, poi fonemi quando si indebolisce definitivamente la vocale
che ha causato originariamente il cambiamento di timbro.
All’epoca di Notker queste vocali sono già diventate dei fonemi. La parte finale dell’aat è sempre più vicina
al mat. Tutte le trasformazioni sono sempre graduali.
Se invece di essere un polisillabo è un monosillabo, la a viene conservata, fino ad oggi, sotto forma di r.
Ted. Antico e moderno: mir
As. Mī
Ags. Mē
Norr. Mēr
Got. Mis
L’antenato di tutte qst lingue è *miz (protogermanico)
Siccome questa sibilante nei monosillabi, nei monosillabi, c’era soprattutto nei pronomi nel germanico,
vediamo vari pronomi:
*iz (egli) protogermanico
Got. Is
Norr. er -> non vuol dire egli, è un pronome relativo
Aat. ir, er
As. / -> in queste ultime due lingue questa forma è morta. C’è un altro pronome:
Ags /
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*hiz in germanico voleva dire quello. Questo pronome poi è stato interpretato come pronome di terza
persona maschile in as e in ags. In queste due lingue abbiamo quindi pronomi derivati da questa forma per
indicare il pronome di terrza persona maschile.
Dal punto di vista morfologico l’aat è piuttosto arcaico, infatti conserva vocali lunghe in posizione non
accentata per esempio. È una forma arcaica perché in generale le sillabe non accentate di solito diventano
brevi. Ci sono molti esempi nelle parole astratte -> Esempio: dall’aggettivo alto, si forma la parola altezza
aggiungendo una i lunga -> Hōhī
Oppure vediamo degli esempi nei verbi:
terza Persona singolare di fare , egli fa: aat. mahhot , as. Makod
Aat: tutte le persone di un verbo sono distinte. Nelle altre lingue contemporanee (as, ags) cominciano ad
esserci delle semplificazioni. Tutte le persone plurali hanno una sola desinenza.
Invece in aat ce ne sono ancora 3:
Aat arcaico: verbo portare = beran, al presente:
(io)Biru
(tu)Biris
Birit
Berames
Beret
Berant
Qui vediamo che la prima persona singolare ha la radice uguale all’infinito perché la u non influenza la a. La
seconda e la terza singolare invece hanno la i nella desinenza, che trasforma la “a” in “e”. Questa è la stessa
situazione del tedesco moderno (ich fahre, du fährst…).
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La negazione viene espressa con l’uso di ne, en e ni, che a volte si aggiungono al verbo finito per formare
un’unica parola. È anche possibile la doppia negazione che invece non può essere fatta nel tedesco
moderno. Non sempre il verbo è all’ultimo posto nelle secondarie.
LESSICO
L’antico alto tedesco conserva i tratti fondamentali del lessico indoeuropeo, in quanto lingua germanica,
ma si arricchisce con prestiti e innovazioni. Spariscono per esempio quelle parole legate alle pratiche del
paganesimo come il verbo cantare, galan. Con il prestito semantico dal latino “dosis” si riesce anche ad
attribuire un nuovo significato al termine gift, che viene prima inteso come una dose di medicina e poi con
il senso moderno di veleno, mentre in altre lingue germaniche assume il significato di regalo. Il corpo poi
non viene più visto solamente come il corpo di un guerriero caduto in battaglia, ovvero l’unico corpo che
per gli antichi germani era degno di attenzione. Assume importanza anche il corpo vivo che contiene
un’anima e che quindi viene nominato spesso nei testi religiosi. Così nasce l’espressione Leben per indicare
la vita. L’espressione per cosa, che è poco frequente nei primi documenti, viene sostituita da nuovi termini,
ovvero sacha e ding, che si impongono di più rispetto alle vecchie espressioni rahha e wiht. Si comincia a
generalizzare anche il termine arabeit, cioè Arbeit, che voleva in precedenza dire tormento e fatica.
INFLUSSO LATINO
La lingua che più di tutte ha esercitato un influsso determinante sul tedesco è il latino, proprio perché la
società latina è la prima vera lingua letteraria d’occidente. Chiarissima dimostrazione di quanto la lingua
latina influenzi quella tedesca è il fatto che la prima letteratura tedesca delle origini era un’opera di
traduzione e rielaborazione dal latino. La tradizione epica originale è dimenticata e sembra che la lingua
volgare sia solo uno strumento indispensabile a diffondere la cultura latina e la religione Cristiana. Se in
altre lingue germaniche fioriscono opere di grande poesia, sembra che in alto tedesco lo spirito poetico sia
spento. Si possono considerare tre diversi momenti di interferenza:
- I primi contatti tra germani e romani
- La diffusione del Cristianesimo
- La fioritura dei chiostri e della relativa zona di influenza linguistica.
Per quanto riguarda i prestiti, oltre al prestito vero e proprio (Lehnwort) esistono anche i calchi
(Lehnbildung). Il prestito vero e proprio deve essere distinto dalla parola straniera che viene chiamata
Fremdwort. Per quanto riguarda i calchi, essi si distinguono dai prestiti semantici perché in questo caso è il
significato ad essere applicato ad un’espressione già presente in tedesco. Il calco invece può essere
- Strutturale: ricalca più o meno esattamente la forma della parola straniera
- Concettuale: contiene solo il concetto dell’espressione originale e rende la nuova parola con creatività.
Si è stabilito col tempo che i prestiti veri e propri sono meno rispetto ai prestiti semantici e ai calchi. I calchi
erano molto diffusi perché i traduttori erano costretti ad inventarsi nuove parole per rendere in tedesco
espressioni latine che non avevano ancora il loro corrispettivo. Molte delle parole ottenute erano ibride o
troppo oscure per poter essere accettate e in molti casi si trattava solo di esperimenti linguistici.
Quando i germani entrano nell’esercito romano, si realizza una prima forma di commercio e due mondi
diversi vengono a contatto. I germani non conoscevano le case in muratura dei romani e le loro case erano
strutturate in modo diverso rispetto alle complicate case romane. In questo periodo infatti ci sono molti
nuovi termini nella lingua tedesca che cominciano ad indicare il tavolo, e questo ci fa dedurre che il fatto di
usarlo per mangiare fosse una novità per i germani. L’importanza dei rapporti commerciali inoltre è
attestata dal fatto che sono nate nella lingua germanica alcune espressioni come mercante (koufo, dal
verbo kaufen che si diceva koufon) e oste. Sono interessanti anche le diverse denominazioni che vengono
date alle strade, in quanto anche le strade lastricate erano una novità per i germani. Tra le nuove culture
quella che si diffonde più velocemente e con enorme fortuna è quella del vino. Nascono quindi anche
diverse espressioni per indicare il vino, che comincia a sostituire la bevanda indigena ottenuta dal succo di
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frutta fermentato. Una novità è anche il formaggio e infatti in questo periodo nascono il termine kasi per
indicare il formaggio. I primi contatti tra popoli sono dunque fruttuosi per il lessico germanico che si
arricchisce di molte parole nuove apprese nell’atto di conoscere cose nuove.
Successivamente lo studio del lessico si fa più difficile. Infatti, inizialmente i Germani conoscono solo
superficialmente il latino, soprattutto per ragioni pratiche, ma poi la loro conoscenza si approfondisce tanto
che in alcune zone si comincia a parlare di bilinguismo. Un grande lavoro viene anche svolto dai monaci che
nei chiostri traducono testi latini adattandoli con ogni mezzo ai dialetti tedeschi. La terminologia Cristiana
infatti è stata creata soprattutto grazie a dei prestiti semantici, come i termini Glaube, Gott, Geis e Seele.
Prestiti veri e propri sono quelli che indicano cose materiali o cariche specifiche, come i nomi indicanti
luoghi od oggetti di culto e i gradi di ordinamento del clero.
La vita nei chiostri permette anche che si diffonda un certo lessico di tipo medico, ma anche di termini
legati all’abbigliamento come pellliz e Mantel oppure di generi alimentari come il nome per indicare il
burro. Anche la maggior parte delle parole riguardanti lo studio risente poi dell’influsso latino.
La denominazione dei giorni della settimana risente del latino: la convenzione di dividere la settimana in
sette giorni e di dedicare ogni giorno ad un Dio esisteva già nell’oriente precristiano e poi è passata ai
romani ed ai greci. Per quanto riguarda i termini usati per indicare le principali feste religiose, Weihnachten
e Ostern sono di origine germanica mentre Pfingsten (Pentecoste) è un prestito greco. Anche Weihnachten
mostrerebbe un probabile influsso gotico attraverso il bavarese. Per quanto riguarda Ostern, forse deriva
dall’antica denominazione pagana della festa, dedicata ad Austro, ovvero la dea della primavera. Pfingsten
era come già detto un prestito greco, non deriva dalla forma latina. Anche la denominazione dei mesi è di
evidente influsso latino. Già in questo periodo si attestano alcuni nomi di mesi come März, Januar, Mai e
August. April nasce nel XII secolo per sostituire Ostermonat. Il nome del mese di febbraio invece deriva dal
termine latino per pulire, infatti è in questo mese che cade la grande festa romana di purificazione per
conciliare le anime dei trapassati e difendere dagli spiriti maligni. Dello stesso periodo di Februar sono Juni
e Juli, mentre tutti gli altri nomi di mesi nascono dopo il XVI secolo.
INFLUSSO GRECO
L’influenza linguistica della lingua greca sul tedesco è grande ed irrilevante allo stesso tempo. Grande se si
considerano anche i risultati indiretti, esercitati soprattutto attraverso il latino, mentre è irrilevante se si
considera l’influenza diretta del greco. I testi greci originali non sono praticamente conosciuti e diffusi in
Germania fino agli inizi del XVIII secolo, se non attraverso testi o rielaborazioni latine. Durante l’umanesimo
i testi latini però sono costellati di parole greche e di citazioni greche che vengono assimilate all’idioma
latino. Il tedesco riesce ad assimilare tanta parte della cultura greca anche in modo indiretto e non sempre
evidente immediatamente, prima attraverso il gotico e il latino e poi anche attraverso il francese. Per
quanto riguarda il primo periodo, bisogna considerare che dal greco deriva molta della terminologia
tedesca riguardante l’arte medica, la scuola, la religione, la natura vegetale e animale.
MUTUAZIONI DA GOTI, IRI E ANGLOSASSONI
La religione cristiana è arrivata ai Goti, Iri-scozzesi e Anglosassoni per vie diverse che ai tedeschi e qui la
cultura cristiana è penetrata profondamente rispetto alle popolazioni del regno franco. È forte l’influsso
della terminologia religiosa gotica nel tedesco superiore e soprattutto in bavarese. Dal gotico arrivano i
termini Pfaffe, ovvero Papa, e Abgott, che significa letteralmente “senza Dio”. Lo zelo religioso dei monaci
iri-scozzesi è noto, ma è molto meno evidente l’influsso che essi hanno avuto sulla lingua tedesca
attraverso i numerosi missionari che hanno fondato monasteri in terra tedesca. il loro credo religioso li
spingeva ad abbandonare la patria per svolgere l’apostolato in paesi stranieri. I più noti di questi monaci
furono Colombano, Gallo (il quale morì nel luogo dove più tardi sarebbe sorto il monastero di San Gallo),
Emmeram e Corbiniano. La loro attività si svolge soprattutto nella Germania meridionale ed il lessico della
lingua tedesca è stato arricchito dai missionari iri o dai loro seguaci, spinti ad esprimersi con termini sempre
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nuovi. L’attività anglosassone è l’ultima in ordine cronologico, ma non per questo è meno importante. I
primi grandi missionari sono Wilfried di York e Bonifacio, il quale seppe attirare una moltitudine di seguaci e
riuscì a fondare il monastero di Fulda. Nel lessico tedesco l’influsso anglosassone non è immediatamente
riconoscibile, anche perché ormai la maggior parte dei termini della pedicazione cristiana aveva trovato una
forma valida. L’influsso anglosassone si fa sentire soprattutto nella lingua dotta, come nella traduzione di
Taziano, un prodotto nato dal clima di rinnovamento sia religioso sia culturale.
SCRITTURA
Sono i monaci ad introdurre nell’ambiente culturale tedesco l’alfabeto latino che sostituisce quello runico.
Adesso le vocali brevi e lunghe sono indicate in modo diverso, l’uso è di segnare la vocale lunga con un
accento acuto (es. é) o più spesso con un accento circonflesso. Le fricative interdentali cominciano ad
essere rese con th e dh, mentre l’affricata dentale sorda ts è resa con tz o z. la fricativa velare sorda è resa
con h o con ch, anche se non c’era un modo unico di scriverla e spesso si indicavano anche due h, una
doppia ch e così via. L’affricata labiodentale è resa con pf oppure con ph. La labiovelare sorda kw è
trascritta qu, mentre w spesso veniva trascritto con una doppia u unita ad una nuova vocale, poi subentra
la scrittura w. J semiconsonantico non è ancora differenziato da i.
CENNO AL BASSO TEDESCO
Abbiamo escluso il basso tedesco perché è dall’alto tedesco che deriva la lingua letteraria. Tuttavia esiste
un attestato antico della sua presenza nell’Heliand, ovvero un frammento della genesi. Di ispirazione
cristiana, l’Heliand narra la vita di Cristo. Il tema è evangelico ma molto spesso traspaiono elementi dal
mondo germanico. Gesù appare qui come un autentico principe-eroe e i suoi discepoli sono i suoi fedeli
compagni d’arme. Per quanto riguarda la lingua, non è documentata la seconda rotazione consonantica,
mentre alcuni elementi fonetici, morfologici e lessicali sono comuni all’anglosassone.
Molto presto si formano i primi Stati territoriali, il cui sviluppo durerà per tutta l’epoca moderna, e questi
spezzeranno la Germania molto di più rispetto al vecchio sistema feudale. Si elabora un nuovo tipo di
potere rispetto a quello feudale, ovvero un potere basato sul diritto territoriale, un insieme di prerogative
che si riuniscono nelle mani di una sola persona, ovvero il signore del territorio. I principi di ogni tipo ed
importanza ricevono piena indipendenza (sovranità di giudizio, mercato, dogana, moneta, caccia). Questo
arriverà ad isolare ogni zona di potere dalle altre e ci saranno conseguenze sulla lingua.
L’economia del paese è su basi agrarie, ci si nutre di legumi e di prodotti per la caccia e la pesca. In questo
periodo vengono introdotte nella lingua alcuni elementi che fanno parte del mondo della cucina, come per
esempio Teller, introdotto nel XII secolo dall’Italia. La forchetta è ancora nel XVII secolo un oggetto di lusso
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per le classi superiori: le mani rimangono a lungo il mezzo comune per portarsi il cibo alla bocca. Il
comportamento a tavola è, ancora per molto tempo, rozzo e spontaneo.
Con le crociate cominciano ad essere importanti tappeti ed arazzi. Per quanto riguarda le strade,
cominciano a migliorare rispetto al passato. Anche il traffico marittimo cresce e questo porta alla nascita
delle Hanse del nord, che si promettono sostegno reciproco. Il commercio si espande fino in Russia. Ci si
espande quindi verso oriente, non solo dal punto di vista politico e territoriale ma anche linguistico, e
questo è dovuto non solo grazie ai mercanti ma anche grazie ai contadini e ai missionari.
La poesia cortese è molto importante per la storia della lingua tedesca. Essa riflette la sua massima fioritura
nel medio tedesco e questo si riflette sulla lingua che raggiunge per la prima volta una certa unità e
sistemazione, anche se limitata al campo letterario. Questa lingua infatti non era usata e compresa
ovunque e da chiunque: è una lingua fatta e adoperata da una ristretta cerchia sociale costituita da nobili e
cavalieri. Tuttavia è considerevole il fatto che si crei un linguaggio che superi i confini e le inevitabili
limitazioni dei dialetti. La nuova poesia conosce anche un nuovo genere di eroe: gli eroi del periodo
precedente sono guerrieri che amano solo il combattimento, mentre questi nuovi eroi sono distinti da una
venerazione per la donna amata, ovvero la Minne, un amore inteso nel senso più spirituale e sublime del
termine.
Dal 1170 al 1185 circa si tende ad una finezza della forma che non è ancora però perfettamente
padroneggiata. Il più grande rappresentante della nuova poesia cortese è Heinrich von Veldeke, che può
anche essere definito come il primo poeta cortese tedesco. Considera se stesso un pittore più che un poeta,
perché infatti i grandi epici tedeschi rielaborano opere altrui non riuscendo mai a staccarsi troppo dal
modello francese. Questi autori infatti non creano ex novo, ma si limitano a rielaborare qualcosa che
esisteva già prima della loro opera. Voler creare dal nulla per questo genere di poeti è come peccare di
superbia. Il poema più conosciuto di Heinrich von Veldeke è l’Eneit, con cui per la prima volta la poesia
tedesca assimila la materia classica della città di Troia e della fondazione di Roma.
Dal 1185 al 1220 circa ci troviamo nel periodo classico e di questi anni sono le opere dei massimi
rappresentanti della poesia epica cortese. Uno dei più grandi esponenti è Hartmann von Aue, che per le sue
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opere trae ispirazione da Chrétien de Troyes. L’ondata di entusiasmo per le crociate lo induce a sostituire
alla Minne per la donna quella per Dio. Con l’Iwein raggiunge la massima perfezione linguistica, etica e
poetica. Propone l’eroe che tradisce, ma non tradisce gli impegni presi con la sposa Laudine bensì i suoi
obblighi di signore della terra. Un’altra opera è il Parzival di Wolfram von Eschenbach, questo è il primo
esempio di Bildungsroman (romanzo di formazione). Parzival è un fanciullo sciocco che commette degli
inevitabili errori, e questo lo porta a dubitare di Dio, ma poi la sua Verzweifelung viene superata con
fiducioso abbandono alla volontà del Signore. Più spirituale e anche più sentimentale è il Tristan und Isolde
di Gottfried von Straßburg, poema d’amore per eccellenza in cui il poeta si dimostra sensibilissimo
psicologo degli amanti e dei loro sentimenti, che vengono descritti sempre con partecipazione e
delicatezza. Il loro amore può fiorire solo nell’ambiente della corte, neppure nella grotta d’amore, ovvero
l’ideale rifugio per gli amanti. Molto significativa in questa opera è anche l’ordalia, ovvero il giudizio di Dio,
a cui Isotta viene sottoposta e che supera, tenendo il ferro rovente senza bruciarsi. Riesce a superare la
prova anche se colpevole perché Cristo protegge gli amanti se il loro amore è sincero.
Oltre all’epopea, un’espressione caratteristica della poesia cortese è il Minnesang, un canto d’amore nel
vero senso del termine, poiché il poeta è compositore e cantore delle parole e della musica della sua opera.
Il Minnesang vero e proprio inizia con i canti di Friedrich von Hausen intorno al 1170 e finisce con Walter
von der Vogelweide verso il 1230. I Minnesänger cantano ovviamente anche temi diversi rispetto all’amore,
come per esempio riflessioni inerenti al mondo dell’uomo e le Crociate.
Vero il 1200 viene anche redatto il Nibelungenlied, ovvero un poema anonimo il cui tema è autenticamente
germanico. Nell’opera sono presenti la corte ed il suo cerimoniale. L’atmosfera che si respira però è ancora
barbarica, crudele e pagana.
LA MINNE
La Minne si tratta di una forma d’amore religiosamente altruistico, di Dio nei confronti degli uomini e degli
uomini nei confronti di Dio. È la grande motrice del pensiero cortese, che scopre l’amore come
d’improvviso. Nella letteratura non era documentato fino a questo momento un vero rapporto
sentimentale tra uomo e donna, il matrimonio per esempio veniva visto come allo scopo di procreare. Nel
periodo cortese invece è l’eros ad importare, è importante il rapporto sentimentale tra gli amanti e non il
matrimonio o i figli. Le fanciulle della corte erano sempre controllate, non partecipavano alla vita sociale
che invece era fatta per le donne sposate. Il poeta si sente il suo Lehnsmann, ovvero il suo vassallo. Un
gesto gentile, un sorriso, un saluto possono essere sufficienti, anzi sono il premio più ambito. Con l’amore
per la donna amata l’uomo cerca di raggiungere un certo grado di elevazione. Per i poeti del primo periodo
la Minne è vista come una forza travolgente che fa soffrire e ammalare coloro che ne sono colpiti, e i
sentimenti di dolore e gioia si alternano. A poco a poco il sentimento si sublima e si arriva a mettere sullo
stesso piano Dio e la Minne, considerati i due beni più alti. L’amore non è più visto come ispirato dal
demonio, ma anzi da Dio, che protegge gli amanti (come abbiamo visto nella prova che Isotta deve
affrontare per provare la sua innocenza).
IL CAVALIERE
La società è divisa in tre parti distinte, ovvero oratores, bellatores e laboratores. Tutte queste tre parti
hanno un ruolo fondamentale per la società, occupandosi rispettivamente di aspetti religiosi, militari e
lavorativi. Un fatto di grande importanza è la partecipazione alle crociate: i crociati vengono a contatto con
il mondo orientale, che affascina. Il denaro per queste “Sacre” imprese viene ottenuto nella maniera più
indegna. Gli ebrei, che sono infedeli e quindi colpevoli, ma soprattutto ricchi, sono massacrati e depredati
con le accuse più disparate. La maggior parte dei Crociati invece vuole soddisfare la sua sete di avventure e
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di gloria, cerca il più il tornaconto materiale più che la salvezza dell’anima. Solo la I crociata è fortemente
sentita in senso religioso, si pensa che morire lottando per Dio è un privilegio in quanto riserva l’ingresso al
paradiso. Dal punto di vista puramente tedesco la Crociata più importante è la III, perché Federico
Barbarossa costituisce un esercito di grandi proporzioni. Nei rivolgimenti politico-sociali di questi anni le
opere letterarie non sono più rivolte ad un pubblico di elevata cultura, anche perché la classe della nobiltà
si è ampliata. Si costituisce anche la classe sociale della nobiltà minore, che fa in modo che le persone
appartenenti a questa classe sociale ottengano l’accesso alla nobiltà per mezzo di servizi resi al signore. Il
servizio consiste nell’essere a disposizione del signore durante le lunghe e frequenti imprese guerresche
condotte in terra straniera. Questa classe di cavalieri diventa sempre più numerosa. Proprio fra questi
cavalieri fiorisce la letteratura cortese, ma non bisogna idealizzare la classe sociale dei cavalieri in età
medioevale: la maggior parte di loro è rozza e incolta, con interessi intellettuali limitati.
In questo periodo non esiste un termine specifico per indicare il cavaliere. La parola “Ritter” è documentata
solo verso il 1170 circa. Per indicare il guerriero- cavaliere sono invece presenti altre espressioni, come:
- Recke: indica ancora oggi l’eroe leggendario - Degen: prima significa ragazzo, poi viene dimenticato e
reintrodotto nella lingua con la fortuna della poesia medioevale. - Helt: designa il pastore che doveva
combattere contro pedoni, umani e animali - Knecht: anche questo termine significa inizialmente ragazzo,
poi assume il significato di guerriero - Wigant: è l’antica denominazione per guerriero ed è molto più raro
degli altri termini. È il participio presente del verbo wigan che significa combattere - Snel (antenato di
schnell): si riferisce prima a qualità spirituali e solo più tardi a prerogative fisiche. Non è un termine per
indicare il guerriero in sé ma una delle sue caratteristiche, come i termini küene e balt.
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MEDIO TEDESCO: Dobbiamo ricordare assolutamente il fatto evolutivo più importante del passaggio tra la
fase antica e la fase media dell’alto tedesco: è quello dell’indebolimento delle vocali desinenziali
Dittongazione
I lunga Ei
U lunga Au
Iu Eu
Io Ie
Monottongazione
Ei Ei (ai)
Ie Ie (iiiiiiiiiiii)
Ou Au
Öu Eu
Uo U lunga
Üe Ü
Sk Sch
Bi Be
Ga Ge
Ant Ent
Fur Ver
Consonantismo
Bdg Scompare tra due i
G Scompare nei composti age agi egi
G Scompare tra r n
b/z/h intervocaliche scompaiono
MORFOLOGIA E SINTASSI
La morfologia è semplificata rispetto a quella dell’antico alto tedesco. Le varie classi di verbi deboli ormai
diventano irriconoscibili. Così le coniugazioni verbali e le declinazioni nominali sono semplificate ed è
sempre più evidente la tendenza della lingua a diventare analitica. L’uso dell’articolo e del pronome
soggetto ormai diventa indispensabile alla chiarezza dell’espressione, compromessa dall’indebolimento
della desinenza nella declinazione di nome e aggettivo. Quindi si diffonde l’articolo determinativo e questo
provoca la proliferazione della declinazione debole dell’aggettivo. L’aggettivo in posizione postposta non è
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declinato. Frequente diventa anche un’espressione relativa che è swaz, swer o swie che risulta essere
l’unione di so e waz.
I verbi preterito-presenti sono più numerosi di oggi, mentre il futuro non è ancora espresso regolarmente
con l’ausiliare werden e l’infinito, mentre è indicato più spesso con un modale o ancora col presente. Anche
la posizione del verbo non è ancora del tutto regolare. Comincia ad essere molto usata anche la forma del
periodo ipotetico, usata soprattutto dai Minnesänger. Per quanto riguarda la negazione, dal XIII secolo en e
ne cominciano a sparire, e viene introdotta la forma primitiva del nicht.
LESSICO
A parte il forte influsso culturale francese si notano dei tratti caratteristici molto significativi per un periodo
di transizione come è il medio alto tedesco, per esempio si nota la presenza di arcaismi in seguito scomparsi
e anche la presenza di innovazioni rispetto all’antico alto tedesco. Molti vocaboli largamente usati
nell’antico alto tedesco sono sostituti da altri o mutano il loro valore semantico. Per quanto riguarda la
sfera semantica del matrimonio spariscono i termini gomman (marito) e kona (moglie), legati ad una
concezione della cerimonia vista come corteo o danza, ovvero di una concezione priva della sacralità datale
invece dal Cristianesimo che la considera un momento di solennità. Comincia ad essere utilizzato il termine
hochzit. Nella lingua popolare invece mantiene il vecchio valore arcaico. Nella fiaba di Cenerentola dei
fratelli Grimm, il termine matrimonio viene usato come sinonimo di festa. Si afferma anche Ehe (diritto,
legge), siccome ora lo stato matrimoniale è visto come un patto giuridicamente concluso fra due parti e non
più il risultato di un acquisto. L’appellativo comune per la donna amata comincia ad essere frouwe. Verso la
metà del XII secolo avviene un altro sviluppo della parola “testa”: l’antico houbit comincia ad essere
sostituito da Kopf, che significa coppa.
L’arricchimento lessicale avviene attraverso la formazione di aggettivi e sostantivi per mezzo di suffissi e
prefissi, tra questi troviamo:
- -ber: assume il significato di portare.
- -haft: significa “provvisto di qualcosa”
- -lich: usato come suffisso perde di significato proprio e diventa un semplice elemento funzionale, e forma
aggettivi senza che tra uno e l’altro ci siano sostanziali differenze di significato.
- -rich: mantiene ancora oggi il vecchio significato di ricco
- -sam: ha il significato di stesso
Fra i prefissi è diffuso ge-, che viene a formare nomi di comunanza o collettività. Altro prefisso è un-, che
mantiene ancora il significato indoeuropeo di negare il termine.
LA MISTICA E LA SCOLASTICA
I predicatori sono esistiti dall’inizio del Cristianesimo (Cristo, Sant’Agostino e San Bernardo), e già dall’anno
1000 sono attestate raccolte di prediche. La situazione socio-politica del paese è molto delicata ed incerta.
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Alcuni elementi che rendono instabile la vita del cittadino sono la lotta fra papa ed imperatore e la
mancanza di un potere centrale. In questo clima di insicurezza, si cerca il sostegno spirituale in una Chiesa
concretamente disponibile e i domenicani e i francescani assumono una posizione importante. Uno dei
chiostri francescani più importanti in Germania è il Salvatorkloster di Regensburg, da cui proviene Berthold
von Regensburg, un grande oratore che possiede l’arte di affascinare l’oratorio. Il suo linguaggio si riallaccia
ai modi espressivi del periodo precortese.
Il linguaggio religioso del XIII e XIV secolo però non ha ovunque un tono popolare: si vuole individuare una
più profonda essenza di Dio, per raggiungere la cosiddetta “unio mystica”, ovvero l’unione con Dio
dell’anima che cerca di raggiungere il suo sposo e di unirsi a lui secondo il modello del “Cantico dei cantici”.
Le parole devono essere estremamente meditate, perché la completa unione con Dio è profondamente
sofferta anche se sublime. Per questo fine la lingua tedesca deve sfruttare e affinare ogni minima possibilità
espressiva ricorrendo anche al supporto del latino. Nel periodo che va dal XIII al XV secolo fiorisce quindi la
mistica, dopo il riconoscimento ufficiale delle comunità religiose femminili.
Un altro fenomeno culturale molto diffuso del tempo è la scolastica, con caratteristiche decisamente più
scientifiche. Si usa la logica aristotelica applicandola a problemi teologici. La lingua usata dalla scolastica e
dalla mistica non è poi così differente, la differenza fondamentale è che la scolastica generalmente traduce
dal latino, si tratta quindi di un lavoro simile a quello di Notker.
La speculazione teologica, comune sia alla mistica sia alla scolastica, ha bisogno di una notevole quantità di
forme astratte. Si moltiplicano quindi i termini in -ung, -heit e -keit. Sono inoltre numerosi i calchi, per
esempio possiamo trovare molti calchi dal latino nel diario della mistica Mechtild von Magdeburg. Ella
afferma di non conoscere il latino, ma si suppone che avesse assimilato frequentando altri mistici e dotti
quei termini tipici della lingua delle scuole in cui vengono istruiti i religiosi. Mechtild von Magdeburg è
appunto una delle figure più significative della mistica, è l’autrice di Das fliessende Licht der Gottheit.
Mechtild dice di essere stata toccata dalla luce divina a 12 anni, che l’ha salvaguardata dal peccato. Dopo
un’ascesi di 20 anni, in una visione l’Essere supremo manifesta la volontà che sia diffusa la conoscenza della
sua vita mistica. La lingua di queste confessioni non è mai né goffa né rigida e il pensiero è chiaro e
commovente.
David von Augsburg è invece un francescano contemporaneo di Mechtild ed è un uomo dotto e di cuore
aperto. Opera ad Augusta ed è amato dai suoi discepoli. Meister Eckhart invece traduce dal latino al
tedesco i grandi della scolastica. È un monaco domenicano che si forma ad Erfurt e che ottiene la carica di
Meister all’università di Parigi. Ha un pensiero acuto che giunge a profondità mai viste prima, ed è naturale
che necessiti di espressioni nuove. Più che parole ad essere nuove, sono i modi e le proprietà con cui egli le
usa. Le possibilità espressive della lingua tedesca gli permettono di filosofeggiare in maniera sottile e di
formulare la sua esperienza mistica.
LE CITTÀ
L’Europa medievale eredita la città dei tempi antichi. Sui territori dell’impero romano le città non erano mai
davvero scomparse, sebbene i nobili tedeschi non concepissero di viverci stabilmente. L’economia rurale
subisce una trasformazione: la tecnica del lavoro migliora aumentando la produzione. Si sviluppano le vie di
comunicazione e ci sono moltissime nuove città che hanno origine in questi punti di incontro. Gli
agglomerati urbani crescono. Esemplare è la nascita di una città in particolare: Norimberga. Viene
nominato un mercato di Norimberga e Federico I fa costruire una cappella e il palazzo. La sua vera fortuna
comincia nel 1250, quando il potere centrale si indebolisce ulteriormente.
Le città cominciano presto a costruire una forza politica notevole: unite possono opporsi ai principi del
territorio circostante. Ci sono città libere che ottengono la loro indipendenza nei confronti dei principi
territoriali proprio dall’imperatore.
Nasce anche un nuovo tipo di società con un nuovo grande pubblico di lettori con interessi ed intenti molto
diversi dal pubblico del periodo cortese. L’istruzione elementare si diffonde, come anche quella superiore:
vengono fondate le prime università nelle città più importanti come Praga, Vienna e Heidelberg.
Nonostante ciò, l’analfabetismo negli strati più bassi della popolazione raggiunge ancora indici altissimi.
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Fino al XIII secolo il latino rimane la lingua diplomatica, giuridica, amministrativa e scientifica per eccellenza.
Solo in ambito poetico-letterario era in uso la lingua tedesca. Era comunque una lingua artificiosa e
specifica e non ha avuto un ruolo determinante nell’evoluzione dell’espressione popolare. Già nel 1250
appare il Sachsenspiegel di Eike von Repgow, una raccolta di diritto e consuetudini sassoni in quattro libri e
scritta in basso tedesco. A cominciare dalla seconda metà del XIII secolo i documenti amministrativi in
lingua volgare si moltiplicano e pare che Rodolfo d’Asburgo avesse contribuito a far sostituire il tedesco al
latino nei documenti ufficiali. Al progressivo abbandono del latino a favore del tedesco contribuiscono
anche l’orgoglio nazionale e il fatto che la piccola nobiltà e la classe borghese non ne avevano più una
conoscenza così approfondita. Determinante è stato anche il disaccordo tra Papa ed imperatore ed è certo
che l’abbandono della lingua ufficiale della Chiesa è stato appoggiato per far cosa sgradita a Roma.
Non si può ancora parlare di una lingua letteraria (Schriftsprache), ma solo di una lingua scritta
(Schreibsprache). È solo sotto il regno di Carlo IV che la situazione cambia perché la cancelleria reale a
Praga elabora una lingua ufficiale. Questa lingua inizialmente era stata imposta solo ai segretari
dell’imperatore, che sono uomini colti e politicamente influenti. La lingua della cancelleria di Praga non
nasce naturalmente dal nulla, ma da un insieme di influssi e tradizioni diverse. In questa nuova lingua si
sente per esempio l’influsso del bavarese, da cui vengono presi i dittonghi ei ed au, mentre il tedesco
centrale del tempo conserva le vocali lunghe i ed u. Altre particolarità sono l’allungamento di vocali brevi in
sillaba aperta tonica e il fatto che la vocale lunghe diventano brevi in sillaba chiusa. Nel XV secolo la doppia
vocale per indicare la vocale lunga diventa di uso comune, mentre la doppia h nel XVI secolo. La terza
persona plurale dell’indicativo inoltre perde la dentale finale (ovvero la lettera t della desinenza ent). Per il
futuro ormai si usa regolarmente la forma werden e infinito. Anche l’uso lessicale diventa più attento ed
organizzato. Tuttavia non esisteva una lingua del tutto codificata.
UMANESIMO
Le finalità pratiche degli utenti della lingua tendono a privilegiare un linguaggio impoverito e a portarlo
verso il volgare. Ci sono anche degli scritti “scientifici” di un certo interesse, come i lapidari o i lucidari. Una
posizione particolare è occupata da Paracelso, un medico, mago e alchimista. Gli umanisti poi porteranno la
lingua ad un alto livello espressivo dal quale era decaduta. La forza motrice dell’umanesimo è l’eticità con la
quale si lotta per il raggiungimento della “humanitas”, cioè dei massimi potenziali umani. Si studiano e si
traducono gli antichi, considerati indispensabili per raggiungere questa meta. Le università italiane attirano
un gran numero di studenti e studiosi tedeschi, e Petrarca e Boccaccio vengono studiati con zelo. Fra i
principali rappresentanti dell’umanesimo abbiamo Niklas von Wyle, che fa conoscere con le sue Translatzen
le più importanti opere latine di autori italiani, Heinrich Steinhöwel, traduttore eccellente noto per il suo
Äsop e Albrecht von Eyb, la cui miglior opera è Das Ehebüchlein ovvero un trattato sul matrimonio. Lo
studioso supera i limiti dei dotti umanisti e trasmette ai tedeschi il bagaglio della cultura classica e italiana.
Se si può parlare di Umanesimo tedesco, è più difficile parlare di Rinascimento tedesco.
MARTIN LUTERO
Lutero ha avuto un ruolo tanto importante nella storia della religione quanto nella storia della lingua
tedesca. Tuttavia, egli non ha plasmato la sua lingua dal nulla. È nato a Eisleben nel 1483 da una famiglia di
contadini della Selva Turingia e si fa monaco agostiniano contro il volere del padre minatore. Ormai i valori
del medioevo in questa epoca erano tramontati e non erano ancora stati sostituiti da valori altrettanto
certi. La costruzione della Basilica di S Pietro richiede inoltre dei finanziamenti eccezionali e Alberto di
Brandeburgo paga il vescovato di Magonza mercificando la salvezza delle anime dei suoi sudditi. Diffuse
sono anche le indulgenze, ovvero l’eliminazione di determinati periodi di pena che si dovrebbero scontare
dopo la morte e avevano un prezzo diverso rispetto alla classe di appartenenza del fedele. Di fronte a
questa situazione Lutero si sente in dovere di esprimere apertamente il suo disaccordo con l’affissione sulla
porta della cattedrale di Wittenberg delle note 95 tesi contro Tetzel. Fino a questo momento Lutero non
intende mettere in discussione i fondamentali principi teologici. Lutero si presenta anche coraggiosamente
alla dieta di Worms, convocata nel 1521 da Carlo V, e qui è condannato come eretico. Si salva con la messa
in scena di un rapimento, con Federico il Savio che viene portato nel castello di Wartburg, dove traduce in
due mesi i Vangeli. La Bibbia completa invece viene pubblicata solo nel 1534. L’ultima versione è del 1545
ed è linguisticamente molto più curata e moderna rispetto alla prima. Per Lutero è necessario l’uso della
lingua tedesca, siccome solo così può essere diffuso tra il popolo il verbo.
Per Lutero è essenziale la libertà del Cristiano nei confronti di qualsiasi ingerenza estranea alla sola parola
di Dio. Lutero ha anche conseguenze sul piano politico e sociale, e viene coinvolto nella guerra dei contadini
del 1525 che, sostenuti dalle sue nuove idee di libertà, tentano di sollevarsi dal loro stato di miseria. I
contadini vengono poi massacrati dalle autorità. Lutero inoltre si appella prima alla nobiltà che
all’imperatore, e questo testimonia la frammentazione politica della Germania del tempo. Lutero ha
operato una rivoluzione culturale che segna la fine del medioevo, anche se per certi versi la sua visione del
mondo è ancora oscura, per esempio credeva nella presenza del diavolo e delle streghe tra di noi.
I mezzi espressivi di cui il Riformatore può servirsi sono ben lungi dal poter esprimere la vasta gamma
linguistica dei temi che tratterà. La lingua della cancelleria di Meissen è insufficiente dal punto di vista del
lessico, della morfologia e della sintassi. Spesso in un primo periodo ricorre anche al suo dialetto materno
ma anche questo non riesce a colmare queste carenze. Allora per regolare la morfologia e la sintassi si basa
sui testi degli umanisti, sulla retorica e sulla stilistica latine. È così tanto preciso che a volte per scegliere il
termine appropriato ci impiega addirittura settimane. Sosteneva che non bisognasse esprimersi non in
modo astratto ed intellettualistico, ma anzi concreto, ricco di sentimento e colorito. Il contenuto rimane più
importante della forma, ma la forma (e quindi la lingua) è essenziale per rendere il messaggio. La sua opera
di traduzione è molto complessa, perché non deve semplicemente essere una trasposizione del testo ma
una sua interpretazione. La sua traduzione avveniva in quattro fasi: traduzione letterale, ripresa di ogni
termine insieme ad un gruppo di sinonimi, redazione di una traduzione libera, fusione delle due traduzioni.
Lutero dà molta importanza anche al suono della sua traduzione: la Bibbia non viene solo letta, ma anche e
soprattutto ascoltata e recitata. Il suo lavoro di traduzione viene spiegato, anche con esempi pratici, nel
Sendbrief vom Dolmetschen usa molti proverbi e frasi idiomatiche e alcune sue formulazioni diventano
proverbi.
Del tedesco superiore sono anche le forme dei pronomi personali in -r e -ch, come er, mir e mich.
Per quanto riguarda l’ortografia, in un primo periodo Lutero non se ne preoccupa e affida questo compito
agli stampatori. Si trova spesso la grafia y per i e w per u. L’Umlaut invece è segnato regolarmente solo su a
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e molto spesso si trova un immotivato raddoppiamento consonantico. In un secondo periodo invece Lutero
sente l’esigenza di una regolamentazione esterna ed un adattamento della grafia alla pronuncia reale. Così
per esempio tra la forma “twingen” e “zwingen”, egli sceglie la seconda forma anche se nel suo dialetto t
non diventa z.
Nell’ultimo periodo si arriva quindi ad una forma regolare e precisa, però questa non coincideva
completamente con quello che noi chiamiamo tedesco moderno. La morfologia per esempio è ancora
antiquata e le declinazioni dei nomi sono molto complesse. Nasce l’esigenza di distinguere chiaramente tra
singolare e plurale ed è per questo che nascono moltissimi nomi con -er finale al plurale. Per quanto
riguarda le congiunzioni subordinanti, esse non hanno necessariamente il valore moderno.
La cosa principale per Lutero è però la scelta lessicale, essenziale per rendere un testo immediatamente
comprensibile. Crea dei neologismi soprattutto per mezzo della strutturazione composta (feuereifer,
gottselig) e allo stesso tempo fa una scelta fra i molti doppioni e sinonimi. Dà anche un senso nuovo ad
espressioni già usate o ne precisa il significato non ancora chiaramente definito. Per esempio la parola
“evangelisch” comincia non solo ad indicare il nuovo testamento, ma la Bibbia nella sua interezza. Allo
stesso tempo la parola Arbeit perde definitivamente il significato di fatica e tormento per mantenere quello
di opera e attività lavorativa.
È vero che non sono le opere buone ma la fede ad essere più importante, però le opere buone non vanno
escluse siccome sono il segno della giustificazione divina. Questo aspetto sarà poi portato agli estremi dal
calvinismo. Lutero cerca di evitare le parole straniere, ma non è purista ad oltranza. Secondo la sua
opinione è necessario scegliere la parola tedesca quando è possibile, ma solo per una questione di
comprensione facilitata e non per odio verso ciò che è straniero. Sono anche accettate le parole latine di
uso ormai comune. Nonostante questo il lessico di Lutero non è compreso ovunque, infatti soprattutto
nelle prime sue traduzioni gli stampatori aggiungono un glossario con la traduzione delle parole ritenute
più difficili.
I VOLKSBÜCHER
I Volksbücher sono un genere letterario particolarmente significativo che testimonia il passaggio da una
letteratura di tipo elitario ad una prosa concreta ed essenziale. Il primo elemento del termine, ovvero
Volks- è riferito a questo carattere di creazione popolare, mentre -buch è la denominazione che si dava a
questo tipo di storie in prosa. Il libro non è più appannaggio di corte e convento, anzi il Volksbuch riprende
con modi essenziali e decisi la materia degli antichi epos e della poesia cortese, spesso di origine francese.
Questo genere letterario quindi comprende una serie di opere molto lontane fra loro nel tempo e con tratti
contenutistici e formali anche molto diversi. Tutte queste opere sono però accomunate dal carattere
prosastico e divulgativo. Un esempio interessante è l’Historia, dove è portata alle estreme conseguenze la
polemica religiosa fra protestanti e cattolici. È verso la metà del XV secolo che si sente l’esigenza di
trasporre in prosa degli epos cavallereschi. Inizia così il processo di divulgazione della cultura aristocratico-
cavalleresca con le opere Hug Schapler e Pontus und Sidonia. Ugo dimostra abilità come coraggio, iniziativa
e determinazione. Queste sue qualità fanno sì che un semplice macellaio diventi re. Il personaggio di
Pontus invece dovrebbe essere l’esempio di ogni amante e sposo. L’espressione è sciolta e in molte storie ci
sono anche giochi di parole. Tuttavia la lingua di queste opere non è sempre così spontanea come abbiamo
visto: soprattutto dopo la metà del 500 si nota una ricerca di preziosismi lessicali, sintattici ed ortografici
che rendono più faticosa la scrittura, come è noto nel Dottor Faust, ben noto mago e negromante. Qui ci
sono numerose parole latine e un lungo periodare pesante. Faust è un dottore, filosofo, astrologo,
chiromante, terapeuta ed esperto in tutte le arti magiche. Non è un caso che Faust morirà in modo
esemplarmente terribile e senza possibilità di redenzione. Nasce anche una nuova area letteraria chiamata
“demonologica” che vede la fioritura dei Teufelbücher, opere scritte con finalità pedagogiche e
ammonitrici.
IL GIORNALE
Il giornale è un’altra novità, che nasce dalla stessa esigenza della classe sociale media di sapere, leggere e
partecipare alla vita sociale e politica. Le autorità inizialmente osteggiano una tale diffusione di notizie, che
preferiscono tenere sotto controllo, ma non possono fare nulla contro l’interesse e l’entusiasmo suscitato
da questa libera circolazione di stampa. Il giornale si distingue dal precedente volantino per una serie di
caratteristiche, ovvero: individualità, senso della mutabilità del sapere, ampiezza delle tematiche trattate
(che soddisfacevano l’interesse anche di chi non aveva la possibilità di accedere a libri e biblioteche). Era
anche preferibile trattare avvenimenti esterni o estranei e non locali, per evitare l’intervento della censura.
Le notizie apparivano in modo disordinato e soprattutto senza commento, e questo stimolava la
discussione su quanto letto od ascoltato.
Nel tedesco svizzero non vi sono dittonghi [es. SCHIWIZER DUTSCH e non SCWEIZER DEUTSCH]. Per certi
aspetti il tedesco svizzero assomiglia molto al medio alto tedesco.
Influssi dal dialetto centro orientale della Germania di allora. Si tratta di dittonghi che aveva il medio alto
tedesco. Questi dittonghi in bavarese si mantengono ancora oggi.
ie > i (acc. trattino) mat. liep > lieb [sign. caro – diventa foneticamente i:]
üe > ü (acc. trattino) mat. güete > Güte [sign. bontà – diventa foneticamente u:]
uo > u (acc. trattino) mat. guot > gut (u con trattino) [sign. buono – diventa foneticamente u:]
Fino al medio tedesco tutte le vocali che erano brevi sono rimaste tali così anche per le vocali lunghe. Con il
tedesco moderno alcune vocali brevi possono diventare lunghe in certi contesti fonologici e viceversa.
REDISTRIBUZIONE DELLA VOCALE: Vari cambiamenti avvengono nel XIV sec. e fra questi il cambiamento
più evidente è il caso in cui la vocale breve originaria si trovasse in sillaba aperta [sillaba che finisce in
vocale; sillaba chiusa finisce con consonante]. La lingua italiana ha sviluppato un sistema fonologico per cui
tutte le vocali in sillaba aperta accentate diventano automaticamente lunghe [fatto automatico,
condizionato totalmente dal contesto: es. prima ‘a’ è vocale breve in ‘palla’, prima ‘a’ è vocale lunga in
‘pala’]. Questo principio si chiama isocronia sillabica: ogni sillaba ha la stessa lunghezza di tempo: in italiano
possiamo avere una vocale breve seguita da una consonante nel contesto sintattico [una sequenza vocale
breve seguita da una consonante ha la stessa durata di una vocale lunga] oppure puoi avere vocale lunga
seguita da niente. Questo sistema è presente in italiano nonostante in latino non fosse presente. Un’altra
lingua che ha sviluppato l’isocronia sillabica è l’islandese nonostante sia tanto arcaico [è la lingua germanica
più arcaica esistente ma per questo aspetto è la più innovativa]. Il tedesco ha fatto una cosa a metà, non si
è mai affermata l’isocronia sillabica al 100%. Ancora oggi il tedesco distingue le vocali lunghe e vocali brevi,
però non vuol dire che le sue vocali lunghe e vocali brevi di oggi siano sempre state le stesse lunghe e brevi
di una volta, quindi un contesto importante dove avviene l’allungamento delle vocali antiche brevi è quello
delle sillabe aperte [es. mat. faren > ted. mod. fahren: nel tedesco moderno si aggiunge la ‘h’ come segnale
ortografico per far capire che la fonetica della ‘a’ è lunga]. Questo sistema comunque non avviene sempre,
per esempio può incidere la presenza di certi tipi di consonanti come la ‘t’ o la ‘n’ al posto della ‘r’ presente
in ‘faren’ [mat. site > ted. mod. Sitte = sign. ‘consuetudine’ – non è cambiato nulla – ortograficamente si
mettono due ‘t’ per far capire che la ‘i’ è breve e l’allungamento si è bloccata per la presenza della ‘i’ e per
la presenza della ‘t’ che l’ha bloccata specialmente perché è presente la ‘i’ – se ci fosse stata la ‘a’ in questa
parola al posto della ‘i’, alcune volte la blocca altre no]. La ‘a’, ad esempio, ha una percentuale maggiore di
allungamento rispetto alla ‘i’. [es. mat. fride > ted. mod. Friden = sign. ‘pace’ – qui c’è la ‘d’ dopo la ‘i’ che
non ostacola l’allungamento della vocale]. Ci sono casi in cui la vocale di partenza era lunga e la vocale di
arrivo di oggi è breve. Questo può avvenire davanti a gruppi consonantici diversi [mat. dachte (a lunga) >
ted. mod. dachte = sign. ‘pensai’ 1^ e 3^ pers. sing. preterito di ‘denken’]. A volte la ‘t’ può essere la causa
che fa abbreviare un’antica vocale lunga [es. mat. muotter > ted. mod. Mutter (u breve) = sign. ‘madre’].
ISA DOMANDA: Nel mat. i sostantivi non si scrivevano in maiuscolo?
RISPOSTA: No, è un’invenzione del ‘500 / ‘600. Per tutto il medioevo non esiste. L’hanno inventato perché
siamo nel periodo in cui nascono le grammatiche delle lingue moderne [fino a quel momento le
grammatiche erano del latino e del greco, perché c’era già una tradizione di studi grammaticali fatta dai
romani e dei greci stessi]. Le lingue che erano definite volgari sono diventate lingue nazionali e quindi ci si
interessa ancor di più all’insegnamento di queste e si sviluppano anche tendenze intellettuali e di analisi
logica tipiche dello spirito dell’epoca. Ad esempio, in danese i sostantivi venivano scritti in maiuscolo, ma
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questo uso è stato abolito. C’è stata una rivoluzione ortografica 10 anni fa circa che non l’ha comunque
abolito. Chi scrive deve conoscere l’analisi logica.
SISTEMA DELLE CONSONANTI
Sistema delle sibilanti
mat. s [dolce – alveolopalatale – sorda in posizione finale oppure geminata oppure davanti ad una
consonante sorda o -sm –sn pronunciato con fischietto – tra vocali era sonora] ≠ z [aspra = alveolare =
sempre sorda anche tra due vocali – entrambe scritte come le scrivevano]
Non c’è più contrapposizione ortograficamente fra l’alveolopalatale e l’alveolare. Ciò causa un certo caos
all’inizio poi si assesta.
Hus(u lunga) ≠ uz (u lunga)
Haus aus [oggi queste parole rimano]
mat. straze [‘s’ sorda e alveolare] > Straße
mat. Loesen (o lunga e oe unite) [sign. ‘sciogliere’ – ‘s’ tra vocali è sonora e alveolopalatale] > Lösen [‘s’
sonora ma non più alveolopalatale]
IMPORTANTE: Nel ted. mod. è rimasta solo l’opposizione fra sonora e sorda e non fra alveopalatale e
alveolare.
Questione della ‘v’ e ‘f’ nel tedesco moderno ha una ragione storica:
Nel medio tedesco e già nell’aat. questo fonema ‘v’ o ‘f’ risale alla ‘f germanica’ [ing. Father, ted. Vater =
questo suono risale alla ‘f germanica’] era un fonema che aveva cominciato ad avere una sonorità variabile.
La ‘f germanica’ era sorda [come in ing. Father o anche nel ted. mod.], ma la ‘f’ del tedesco medio e
dell’aat. era a sonorità variabile, cioè a seconda del contesto dove si trovava subiva la sonorità dei suoni
che gli stavano intorno e questo anche nel contesto della frase. Se nel discorso ‘ted. med. Vater’ era
preceduto da una vocale della parola precedente succedeva che questa ‘f’ si trovava tra vocali [vocale della
parola di prima e la ‘a’ di ‘Vater’], subiva la sonorità delle vocali circostanti e veniva pronunciata in un modo
fluido intermedio tra f/v. Figuriamoci quando questa ‘f’ si trovava già dentro la parola tra due vocali come il
caso del ‘forno’ [es. ted. mod. Ofen (sign. forno)]. Qui troviamo la ‘f germanica’ tra vocali è pronunciata fra
v/f e si ripercuote nell’ortografia già nell’aat. ‘ouan’ intendendo dire ‘ovan’ [pronuncia via di mezzo fra v/f].
Questo spiega perché ancora in alcune parole la ‘v’ si pronuncia ‘f’. Si arrivano ad avere delle regole
ortografiche di uso comune che non rispecchiano la realtà fonologica. Nel ted. medio ‘Vater’ e ‘faren’
possono essere scritte tutte e due sia con ‘v’ che con ‘f’. ted. mod. ‘Vater’ e ‘fahren’ hanno la stessa
pronuncia.
CAMBIAMENTO IMPORTANTE NEL TEDESCO MODERNO
Questione dell’’H’
mat. sehen [qui ‘h’ sonora e vocale breve] > ted. mod. sehen [la ’h’ non si pronuncia – ortografia identica,
pronuncia diversa]
mat. faren [qui vocale breve e assenza di ‘h’] > ted. mod. fahren [la ’h’ non si pronuncia]
La ‘h’ tra vocali diventa muta, ortografia tradizionale fino a che il parlante interpreta la ‘h’ come buon
espediente della vocale lunga. Questo comunque viene messo in atto in ted. mod. in modo incongruente
dato che esistono 3 modi diversi per scrivere la ‘a’ lunga: es. Rat ‘a lunga’; fahren ‘a lunga’, paar ‘a lunga’.
Questa ‘confusione’ nell’ortografia è data dagli influssi che il tedesco ha subito nel ‘400/’500.
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