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LO SCIAMANO IN VETRINA – LIA ZOLA

(esclusi capitoli: 1-5-7-8)

SCIAMANESIMO E SCIAMANI IN JACUZIA


Lo sciamanesimo consiste in azioni soprannaturali nel mondo terreno (Humphrey, 1996).
Esso interessa ogni sfera della società, si centra principalmente sul culto degli spiriti-signori,
della natura, del fuoco e degli antenati. Entrare in contatto con gli spiriti non è una facoltà
propria solo agli sciamani, in Jacuzia è diffusa la credenza che ciò sia possibile a chiunque,
ma la differenza sta nel fatto che lo sciamano ha la possibilità di gestire questi eventi e di
fare da mediatore tra le due dimensioni diverse. Tali conoscenze si dice siano trasmesse loro
proprio dagli spiriti, in età adolescenziale. La possibilità di comunicare con il mondo sottile,
comporta la capacità di comprendere l’origine di malattie (spesso provocate da
atteggiamenti dell’uomo considerati ostili dagli spiriti), risolvere problemi familiari, entrare
in contatto con i defunti, e così via. Proprio per questo motivo vengono spesso convocati
per condurre le anime nell’aldilà le quali, traumatizzate dall’evento della morte, necessitano
di qualcuno che possa aiutarle nel percorso.
Il periodo sovietico risultò essere difficile per lo sciamanesimo, infatti nel 1924 ci fu una
repressione violenta di tale religione, considerata illegale. Nonostante ciò, l’intervento
sovietico non riuscì mai a sradicarla del tutto, la quale sopravvisse nel tempo e nel 1990
(fine della repressione), riprese la sua affermazione. In quell’anno la Jacuzia divenne
Repubblica Autonoma Sovrana di Sacha, adottando la Costituzione. Col progredire del
mondo moderno anche una religione così antica ha dovuto adattarsi, spesso infatti gli
sciamani attuali sono spesso molto istruiti, con formazioni mediche, pedagogiche, storiche,
psicologiche, ecc., il più delle volte integrando la loro attività con un'altra occupazione. Uno
sciamano che opera nel proprio villaggio solitamente non percepisce una paga, ma è buona
abitudine lasciare un tributo dopo aver ricevuto un servizio, senza però lasciare il denaro
nella sua mano.

AMANTI INVISIBILI, NOZZE SOPRANNATURALI E CACCIATORI DI ANIME


I cacciatori siberiani chiedevamo principalmente agli sciamani di avere fortuna nella caccia,
che va intesa anche come un insieme di attività simboliche riconducibili al concetto di
fortuna. Lo sciamanesimo di caccia si basava sulla concezione secondo cui gli animali, e in
misura minore i vegetali, di cui si nutrivano gli esseri umani, fossero animati da spiriti (detti
“signori” o “signore”) che governano la propria specie. Per garantire pace ed equilibrio tra
esseri umani e selvaggina, c’è bisogno della figura dello sciamano, capace di mantenere il
dialogo con gli spiriti animali e gestire il reciproco scambio di anime. Vi è infatti una
reciprocità tra anime umani e animali, che fa degli uomini e degli spiriti dei compagni.
Secondo questa prospettiva, la carne e il sangue degli esseri umani costituivano il
nutrimento per gli spiriti animali, così come la carne della selvaggina costituiva il nutrimento
per gli esseri umani.
Il patto con gli spiriti sta nella logica del dono, che consiste nel dare, ricevere e
contraccambiare. Fondamentale l’ultimo passaggio, sennò non è definibile logica del dono,
bensì si tratta di scambio.

Per ottenere un’alleanza con gli spiriti, nel caso degli spiriti elettori, talvolta è richiesta
l’unione matrimoniale tra lo sciamano e la figlia dello spirito. In ambito siberiano vi è
differenza tra spiriti ausiliari (che forniscono aiuto in cambio di pace, venerazione, rispetto,
a seconda dei casi) e spiriti elettori, che scelgono il proprio sciamano “per amore” e aiutarlo
nel suo compito per tutta la vita. In quest’ultimo caso lo sciamano ha protezione durante
tutto il proprio percorso, ma incorre nel rischio di morte nel caso di un torto o del rifiuto. È
fondamentale per la vita serena del villaggio che da quel momento lo sciamano diventi il
genero dello spirito della caccia. A seguito del matrimonio la sposa soprannaturale
assumerà le fattezze degli animali di cui andrà a caccia. Se questo aspetto della sposa gli
consentiva di procacciarsi anime animali, da parte sua anche lo sciamano “diventava
animale”, sia attraverso i suoi attributi, come il costume, che per certi comportamenti.
Dobbiamo notare che nella caccia è necessario il matrimonio affinché vengano spediti gli
animali (pratica legata spesso allo sciamanesimo “nero”), mentre nell’allevamento non ci
sarà più bisogno di essere genero di nessuno, in quanto gli animali sono sempre a
disposizione. Si parlerà quindi di eredità, ovvero di legittimizzazione alla pratica sciamanica
tramite antenati (partica legata allo sciamanesimo “bianco”).
Per quanto riguarda le donne praticanti lo sciamanesimo, nelle varie culture hanno assunto
vari aspetti, ma in Siberia esse avevano certe limitazioni nelle loro attività. Se gli sciamani
potevano assumere il ruolo di cacciatori/procacciatori di anime e di generi nel mondo
soprannaturale, le donne sciamano non aderivano a questo modello. Tra i motivi di ciò vi è
sempre un accenno che rinvia al sangue mestruale e all’impurità, ma il motivo principale è
che lo spirito della caccia possiede quasi sempre solo figlie femmine. La donna sciamano si
trova perciò davanti principalmente a due scelte: convertirsi spiritualmente in uomo, o
mantenere la propria femminilità ma, in questo caso, la sua essenza di sciamano sarebbe
dipesa da un donatore umano e da un cacciatore soprannaturale, con un ribaltamento di
ruoli tra partener terreni e quelli soprannaturali. In altri casi ancora, infine, la donna
sciamano può essere l’assistente del proprio marito sciamano. Esistono rare situazioni in cui
gli spiriti della caccia hanno figli maschi, ma questi non verranno sposati con le donne
sciamano, bensì saranno fondatori di tribù.
A seguito di tutto ciò, per lo sciamano è fondamentale effettuare periodicamente rituali con
la funzione di rafforzare e rinnovare le alleanze con gli spiriti. Tra questi vi è “l’animazione
del tamburo” dove lo sciamano si unisce in matrimonio col proprio tamburo, che incarna la
figlia dello spirito della foresta, donatore di selvaggina. Quando la festa inizia, lo sciamano
deve prendere il tamburo e fuggire con lui, in quel momento avrà luogo il matrimonio.

Un altro rituale viene descritto da Grigorij: “rinnovamento della vita”, in cui la comunità si
riuniva dopo un anno di pascoli nomadi con le renne. È un evento che dà il benvenuto alla
primavera e mira ad ottenere successo nella ciaccia per l’anno a venire. Il tamburo non
aveva la sola funzione di sposa: poteva essere anche un mezzo di trasporto, assumere il
ruolo di traghetto per contenere le anime, una cavalcatura terrestre o aerea, una barca,
un’arma difensiva o offensiva.

SCIAMANESIMO BIANCO E NERO


Dopo l’abbattimento del regime sovietico tornò in Jacuzia la festa nazionale dello Ysyach,
durante la quale, in periodo estivo, gli uomini di tribù diverse si riuniscono a bere il kumys e
a celebrare l’allevamento, mentre le donne non possono partecipare. Il kumys viene offerto
anche agli spiriti, insieme ad un manto bianco di giumenta. Fondamentale durante la
cerimonia è la presenza degli sciamani “bianchi”, definiti così per la pelliccia e il cappello
bianchi da loro indossati, seguiti da otto fanciulle e fanciulli vestiti come lui; lo sciamano
doveva pronunciare le invocazioni dirette alle divinità e agli spiriti dalla vegetazione e del
fuoco sacro. È con questa festa che si hanno le prime menzioni di sciamani “bianchi”.
Se gli sciamani bianchi festeggiano lo Ysyach d’estate, gli sciamani neri lo festeggiano
d’autunno, dedicandosi agli spiriti del mondo inferiore.

Sebbene la divisione tra sciamani neri e bianchi non sia sempre stata fortemente delineata,
molti studiosi sostengono che i fenomeni sono distinti e pertanto sia necessario fare una
divisione. Troscanskij sostiene che gli sciamani “bianchi” trattano lo sciamanesimo di tipo
familiare (in relazione ai culti domestici del fuoco, matrimoni, riti per la fertilità, per la
guarigione, ecc.); mentre gli sciamani “neri” sono di tipo professionale, specializzati nelle
celebrazioni comuni, estranee ai riti familiari, e che molto spesso si praticano per accrescere
il proprio prestigio sociale. Non necessariamente gli sciamani neri sono connotati in maniera
negativa, in quanto anche loro aiutano e curano i pazienti, ma spesso hanno metodologie
meno “accettabili” dal mondo esterno e hanno accesso a materie molto delicate quali
divinazione e viaggio nel mondo degli spiriti.
Secondo Troscanskij, i primi a comparire furono gli sciamani “bianchi” e solo
successivamente, quelli “neri”. Questo perché sebbene originariamente fossero quasi
esclusivamente gli uomini a praticare lo sciamanesimo, essi avevano rapporti poligami e
spesso mancavano da casa anche per lunghi periodi. In loro assenza, le mogli erano
incaricate di occuparsi di tutte le questioni, potendo officiare alle cerimonie familiari. Iniziò
così a svilupparsi lo sciamanesimo nero. Le affermazioni di Troscanskij sono però spesso
state oggetto di critica per mancati approfondimenti di alcune sue ipotesi.
Altri autori come Tokarev sostengono che sciamani bianchi sono una categoria che ha poco
a che fare con lo sciamanesimo, proprio per la loro caratteristica di non entrare in contatto
con spiriti del mondo inferiore o spiriti-elettori. I cavalli non vengono mai sacrificati, e
soprattutto, gli sciamani bianchi praticano solo con il tamburo e dono dovevano avere
contatti con i defunti.

Altri studiosi ancora collegano sciamanesimo bianco e nero a diversi stadi di sviluppo, che
prevedono come prima fase la caccia (sciamanesimo nero), e laddove la società abbia
sviluppato nuove tecniche di sussistenza, la successiva fase di allevamento (sciamanesimo
bianco).
Un’ultima distinzione, sebbene discussa, è quella che distingue lo sciamanesimo bianco e
nero in relazione al “bene” e “male”. Gli sciamani bianchi sono estranei a riti che richiedano
sacrifici e non recano danno agli uomini. Non hanno accesso (e se lo hanno non ne
usufruiscono) al mondo degli spiriti del mondo inferiore, scegliendo di collegarsi solo con
spiriti buoni, detti celesti. Infine, un tratto fondamentale e distintivo tra le due tipologie,
sono le differenze che si riscontrano nel momento della “chiamata”: gli sciamani bianchi
sentivano di continuo i cavalli nitrire. Da questo momento iniziano a sentirsi male e
giustificano il loro malessere ai familiari dicendo che sentono provenire dall’altro il suono di
un campanellino che li chiama a sé. Gli sciamani bianchi hanno il loro albero sacro, il loro
spirito adiutore che vive sulle montagne, tra le rocce.
Fu tuttavia negli anni sovietici che lo sciamanesimo in Jacuzia subì diversificate forme di
repressione. Lo sciamanesimo continuò ad essere caratterizzato per lo più da una pratica
clandestina, che riemerse pubblicamente solo con la disgregazione dell’URSS.
Lo Ysyach subì un destino simile: se nel corso del XIX secolo si svolge con una certa
continuità, fu soppresso nel periodo sovietico che le celebrazioni subirono maggiori
cambiamenti. La vera ripresa di Ysyach, tuttavia, si ebbe dal 1945 in poi: inizialmente fu
celebrato per festeggiare la liberazione delle forze armate tedesche; in seguito assunse
gradualmente, ma in maniera sempre più perentoria, i caratteri di festa nazionale propria
del popolo jacuto. L’interesse verso Ysyach crebbe nel periodo tra gli ultimi anni del regime
sovietico e i primi dopo la dissoluzione dell’URSS.

Di fatto Ysyach diventò, a partire dall’inizio del XX secolo, seppur con diverse interruzioni,
una festa comune a tutto il popolo jacuto. Da quel momento in poi si intensificò anche la
ripartizione tra bianco e nero, superiore e inferiore. Il nero venne collegato all’allevamento
bovino, a tutto ciò che era femminile, mentre le nobili bestie dovevano essere donate
intonse alle divinità creatrici. Infine, così come cantavano le invocazioni solo alle divinità
celesti, gli sciamani “bianchi” non avevano contatti con il mondo inferiore e nero, popolato
dagli spiriti degli animali, dei defunti e cioè tuti quegli spiriti che per la maggior parte degli
jacuti influenzavano la vita quotidiana. Per questo lo sciamano, anche se gli si attribuivano
tratti “neri” rimase indispensabile, in quanto era il solo ad essere realmente presente nella
pratica popolare.

POTLATCH NELLA SIBERIA ORIENTALE


Il concetto di tradizione è stato ed è tuttora molto discusso in campo antropologico.
Secondo Lenclud la tradizione non è un prodotto del passato trasmesso passivamente alle
nuove generazioni, ma è un’interpretazione dello stesso che avviene in funzione di criteri
contemporanei. Quindi non riguarda azioni passate, ma quelle presenti. Il concetto di
tradizione viene visto come qualcosa di inventato dall’uomo, ma con un grande significato di
riaffermazione e riappropriazione identitaria.
Thomas afferma che l’idea di una comunità non può esistere in assenza di qualche
differenza e le identità e le tradizioni non sono semplicemente diverse, ma costruite in
opposizione a qualcos’altro. Quindi, se le tradizioni sono parte di un più ampio processo, nel
quale sono costruite in opposizione a qualcosa, l’attenzione va rivolta non tanto a come
esse sono inventate, ma perché.
In Jacuzia si allevano principalmente cavalli e bovini. Nonostante questo, gli jacuti cercano
di garantire un certo stato di libertà ai cavalli, in quanto sostengono che essi possiedano
un’anima e pertanto vadano rispettati. Vengono fatti transumare due volte l’anno: si
spostano dai pascoli invernali a quelli estivi a maggio per ritrovarvi a ottobre. Ai cavalli, gli
Jacuti attribuiscono un valore simbolico superiore rispetto alle renne, allevate nelle zone
meridionali e settentrionali, e ai bovini. La figura del cavallo è molto frequente nella loro
cultura, tanto che gli sciamani chiamano spesso il loro tamburo “il mio cavallo”. La carne di
cavallo viene spesso offerta agli spiriti in cambio di guarigione delle malattie.
Fino al XX secolo però gli Jacuti vivevano anche di caccia. Caccia e allevamento erano due
modalità economiche e religiose che coesistevano nella società jacuta: la prima non
consente di accumulare delle scorte alimentari proprio per il carattere aleatorio della
selvaggina, la seconda offre la possibilità di avere delle riserve di cibo grazie alla gestione
delle mandrie.
Come abbiamo notato, da un sistema all’altro cambia la relazione con gli spiriti e la
concezione dello sciamanesimo: secondo Hamayon lo sciamanesimo di caccia, detto anche
“nero” si fonda su una relazione egalitaria tra uomini e spiriti che concedono la selvaggina,
mentre lo sciamanesimo di allevamento, detto anche “bianco”, si fonda sul legame di
presunta filiazione tra gli uomini e gli spiriti degli antenati protettori del bestiame. Questi
ultimi sono tuttora invocati affinchè veglino sul bestiame e aiutino l’allevatore.
Dopo l’introduzione dell’agricoltura da parte dei coloni russi, i cavalli furono impiegati nei
lavori agricoli e per la fienagione e costituiva un oggetto di scambio nelle trattazioni tra
allevatori. Ma non solo: si pensava che il cavallo fosse oggetto di scambio anche tra esseri
umani e spiriti. Gli spiriti collegati all’allevamento, al fuoco e alla casa, apparivano sotto le
sembianze di uno stallone. Nella vita quotidiana, gli Jacuti offrivano agli spiriti talora un
cavallo intero, talvolta alcuni tagli della sua carne, a volte solo i crini e qualche prodotto
caseario come il burro, che veniva gettato ne fuoco in segno di offerta. In cambio, gli spiriti
gli avrebbero concesso la loro protezione.
Un'altra occasione in cui il cavallo veniva offerto agli spiriti era durante la Kydaa: un rituale
di liberazione dei cavalli. Tre volte nel corso della loro vita, i capiclan jacuti, facevano
allontanare dalle loro mandrie un numero determinato di cavalli che venivano donati agli
spiriti protettori dell’allevamento per rimpolpare le loro mandrie nel mondo
soprannaturale. I cavalli allontanati dalle mandrie dovevano avere il manto di un colore che
il capocaln non possedeva, o che possedeva in capi limitati. Si conseguenza, prima
dell’effettivo rituale il capoclan doveva acquistare, tramite il baratto, i cavalli che gli
venivano venduti tre volte più cari del loro effettivo valore. L’operazione di allontanamento
dei cavalli veniva effettuata da una persona non appartenente al clan. In questo processo il
capo-clan si arricchiva molto e aumentava di prestigio. Il fine di kydaa era far allontanare i
cavalli dal capoclan e, finchè questo non avveniva, il rituale non era concluso: per questo
motivo poteva prolungarsi anche per mesi. Il rituale ristabiliva relazioni egalitarie tra gli
esseri umani e gli spiriti per proteggere gli interessi.
Questa pratica viene spesso accostata a quella del Potlach, specialmente in due punti: la
distribuzione di beni fortemente competitiva e l’ottenimento di prestigio più nella cessione
dei propri averi che nel loro possesso. Negli ultimi anni l’importanza della figura del cavallo
è accresciuta proporzionalmente alla sua assenza nella vita quotidiana, sebbene come
sappiamo sia ancora presente nella vita degli jacuti. L’uso simbolico del cavallo è presente
anche in diverse forme di revival degli sciamani.
Alcune ricerche hanno portato a pensare che gli sciamani bianchi rappresentino inoltre la
sopravvivenza del tengrianesimo, religione che si focalizza nella venerazione della divinità di
nome Tengri, termine che in molte lingue del ramo turco-altaico significa “dio” ed era
identificato con il dio del cielo. Negli anni ‘90 in Russia ci sono state numerose rivisitazioni di
tengrianesimo, in quanto molte persone affermano che sia una religione che si adatta molto
al contesto contemporaneo. Essa infatti è una religione monoteista, che si pone a difesa
dell’equilibrio ecologico del pianeta, esorta gli uomini a vivere in pace, non possiede dogmi,
clero, ne testi scritti.

TURISMO SPIRITUALE IN SIBERIA


Il revival di pratiche sciamaniche in epoca moderna ha attirato in Siberia il cosiddetto
“turismo spirituale”. In esso vi è uno scambio tra visitatore e sciamano, il cui scopo è quello
di fornire un’esperienza autentica di un rituale sciamanico.
Nel testo “Il turista: una nuova teoria della classe agiata”, Dean MacCannell sviluppava una
nuova sociologia del tempo libero, interpretando il turismo come la quintessenza della vita
moderna. La premessa era che il tempo libero aveva sostituito il lavoro come centro
dell’organizzazione sociale moderna. Secondo MacCannell il turismo era un’attività simile a
quella rituale: entrambi avevano luogo attraverso un processo di “sacralizzazione della
veduta”. Lui individuava cinque fasi che determinavano questa “sacralizzazione della
veduta”:
- Fase di nomina (il nome attribuito all’oggetto, alle cose da vedere)
- Fase di inquadramento ed elevazione (la messa in mostra dell’oggetto)
- Fase di custodia

- Fase di riproduzione meccanica (la creazione di stampe, fotografie)


- Fase di riproduzione sociale (quando gruppi, città e regioni si nominano come l’attrazione,
le cose
da vedere)
Proprio la fase di riproduzione meccanica, secondo il sociologo, era quello che aveva
maggiore responsabilità nel mettere un turista in moto, alla ricerca del “vero oggetto”.
La visione dello sciamano è cambiata molto nel corso della storia. A lungo è stato
considerato un impostore, uno squilibrato, o persino una persona con problemi mentali.
Un’interpretazione simile fu quella fornita da Diderot, che presentò la prima definizione del
termine sciamano: “sciamano è il nome che gli abitanti della Siberia danno agli impostori
che esercitano le funzioni di preti, giocolieri, stregoni e dottori”.
Sebbene nonostante autori come Lévi-Strauss avessero già rintracciato delle analogie tra
sciamano e psicoanalista, non si ebbe un valido cambiamento della sua figura nelle società
occidentali fino agli anni ‘50, quando Bronislav Malinowski introdusse l’osservazione
partecipante. Da quel momento, non furono solo gli antropologi a iniziare a studiare più da
vicino i rituali (rivalutandoli), ma anche la gente comune iniziò a provare interesse.
L’immagine dello sciamano era diventata così quella di una persona sana di mente, dotata di
abilità e di conoscenze particolari che la ponevano in una posizione di potere e prestigio
nella sua comunità. Fu così che dagli anni ‘60 iniziò il turismo spirituale.
Questo nuovo fenomeno ha portato all’aumento del numero di sciamani “in vetrina” (che si
offrono per esibizioni), e alla diminuzione del numero di sciamani considerati “autentici”,
ovvero che non offrissero i loro servizi al turista, ma che praticassero ancora esclusivamente
per la cura della propria comunità. Si dice in Jacuzia ne siano rimasti solo due, molto anziani,
uno al Sud e uno al Nord della capitale.
Lo studioso MacCannell, rifacendosi alla teoria drammaturgica di Goffman (metafora che
relaziona il teatro alla vita quotidiana degli individui, i quali seguirebbero dei “copioni” a
seconda dei contesti sociali), sosteneva che ai turisti fosse negato l’accesso al “retroscena”,
ovvero la parte autentica, e fossero esposti solamente alle aree del “palcoscenico”,
mascherate e mimetizzate. Questa teoria implica che l’autenticità esiste ancora oggi, ma è
nascosta. C’è da notare che il concetto di autenticità in questo genere di ambiti è comunque
relativo, perché è difficile -se non impossibile- stabilire dei parametri ufficiali che possano
stabilire rispetto a chi e a cosa si parli di autenticità.

L’INVISIBILITÀ DEL MARGINE


Il sociologo Robert E. Park, fondatore della Scuola di Chicago, definiva la marginalità come
uno stato di limbo tra due mondi, ovvero quando degli individui subiscono un processo di
transizione da un contesto ad un altro, collocandosi in modo periferico rispetto al mondo
ufficiale della società di accoglienza.
La marginalità è un concetto che si applicava alle donne sciamano, spesso invisibili in ambito
sociale.
Quando i Russi (nel 1600) giunsero in Jacuzia, essa appariva suddivisa in clan dal carattere
patriarcale, con nuclei familiari sia monogamici che poligamici. In quest’ultimo caso, ogni
moglie aveva una propria casa da mandare avanti e figli e animali da accudire. Le donne non
potevano prendere parola nelle riunioni dei clan, e dal momento che non possedeva gli
stessi diritti dell’uomo, anche quelle donne che davano segnali della “chiamata” allo
sciamanesimo venivano ostacolate nel loro percorso. Nonostante esse venissero
considerate più abili in certe pratiche come divinazione e cura delle malattie mentali, e
sebbene si narra ci siano state donne estremamente potenti (in certi casi anche più degli
uomini del loro tempo), venivano reputate molto instabili e socialmente inferiori agli
uomini.

Essere uno sciamano non era comunque considerato un vantaggio, o un pregio, spesso
(soprattutto in epoca sovietica) la vita dello sciamano era contrassegnata da umiliazioni e
persecuzioni. Il decennio tra il 1920 e il 1930 fu probabilmente il più colpito delle misure
repressive nei confronti degli sciamani: molti di essi continuarono a praticare in
clandestinità. L’ambiguità e unitamente ad un insieme di rispetto e timore nei confronti
delle donne sciamano, segna i racconti dell’epoca su di esse.
Uno sciamano doveva accettare il suo destino se veniva chiamato dagli spiriti (altrimenti
rischiava la morte), ma non era una vita oggetto di ambizione. Una testimonianza di questo
la abbiamo nel libro di Aleksandra Kostantinvna intitolato “Mio padre sciamano”, dove
racconta della vita difficoltosa del padre, spesso perseguitato, insultato, fino ad essere stato
persino rinchiuso in galera. La figlia in tenera età si interessò alla guarigione sciamanica e
alle pratiche del padre, il quale non le insegnò mai nulla, sia per non farle vivere una vita
difficile come la sua, sia perché le pratiche sciamaniche non possono venire insegnate a chi
non abbia ricevuto una chiamata. Aleksandra intraprese così gli studi in un’Università di
medicina e si laureò. Nel frattempo però, il padre morì e lei ricevette la chiamata. Come
chiunque la riceva, anche la ragazza stette a lungo male, provò a curarsi con numerose cure
mediche, senza ricevere alcun effetto. Dopo lunghe sofferenze e sintomi anomali, riuscì a
lentamente a guarire non appena indossò il costume da sciamano del padre.
Un'altra testimonianza è quella di Irina Lukina, che nacque con un restringimento all’aorta
che la costrinse in ospedale già da bambina. Lei non ebbe un padre sciamano, ma con molta
probabilità una nonna sciamano, e non ricevette nessun apprendistato. Anche Irina fu
colpita da una malattia, o meglio dal suo ritorno, che segnò il momento di contatto con
l’invisibile. In molti casi infatti la chiamata allo sciamanesimo può ripresentarsi
ripetutamente nel corso della vita. Ad Irina è riconosciuto il ruolo di guaritrice, e negli ultimi
anni la sua popolarità è andata crescendo, soprattutto ad opera di radio, giornali e
televisioni locali.
Basandosi su ritrovamenti di spedizioni archeologiche, gli studiosi affermarono che lo
sciamanesimo nacque in epoca paleolitica e che i primi sciamani erano donne.
Secondo un’autrice S.I Grigor’eva, le donne sciamano sarebbero delle extrasens. Questo
termine latino indica tutte quelle persone dotate di una spiccata sensibilità, che in epoca
prerivoluzionaria, operavano come guaritrici, chiaroveggenti, osteopate, coesistendo con gli
sciamani, ma differenziandosi da loro poiché non ricevevano nessuna chiamata.
Al giorno d’oggi in Jacuzia le donne sciamano non sono più considerate marginali come in
passato, tuttavia sono rimaste delle ambiguità quando si parla di loro. Ci sono almeno
quattro tipologie di approccio alle donne sciamano: la prima è caratterizzata dalla
negligenza dell’esistenza di donne sciamano oggi, o di essersi mai rivolti ad esse,
unitamente ad una certa reticenza nel parlarne.
Il timore di ritorsioni da parte delle donne sciamano costituisce il secondo tipo di approccio:
è il caso di molte persone, che, per motivi differenti, si rivolgono a loro. Generalmente ne
parlano con rispetto e riconoscono loro poteri soprannaturali, quali la preveggenza o la
capacità di leggere nella mente delle persone, ma, proprio per queste capacità, le
considerano donne pericolose, dalle quali prendere distanza. Le donne sciamano sono
molto più potenti e pericolose dei loro “colleghi” uomini e c’è ancora molto timore nei loro
confronti.

Il terzo approccio è quello che riguarda il ritorno degli sciamani dopo la disgregazione
dell’Unione Sovietica. Secondo molte persone, gli sciamani veri non esistono quasi più e
quello che praticano abitualmente lontani dai centri urbani, in mezzo alla tajgà: questo
perché secondo loro troppo spesso di tende a vedere gli sciamani dove non ci sono, e si
confondono gli sciamani con altre categorie di persone. Presso alcuni gruppi nativi, che
popolano la Jacuzia, ogni donna anziani, proprio in virtù della sua anzianità, è considerata
uno sciamano.
Un ultimo approccio è la confusione tra donne sciamano e extrasens. Se da un lato autori
considerano a tutti gli effetti le extransens le eredi, parlando delle donne sciamano di un
tempo, altri percepiscono nel termine una sfumatura leggermente negativa rispetto a quella
di udagan.

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