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In viaggio nelle emozioni

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REPORTAGE DI VIAGGIO

08/07/2010 Voyagesillumination Il team di Voyagesillumination e I viaggiatori

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Myanmar, la Terra dei 37 Nat di Selene Calloni Williams


Bagan, dove apprendere lequilibrio fra gli opposti, e i sobborghi di Yangon, dove aspiranti costruttori commissionano un rito magico ed eremiti tantrici fissano il sole a occhio nudo.

Chiamato Pagan, il luogo dei Pagani, dagli inglesi, durante lepoca della colonizzazione, Bagan la citt antica pi affascinante della Birmania. A Bagan pare scoperta, o mai perduta, larte di non subire landamento polare della vita, il moto del pendolo, che incessantemente oscilla tra luce e ombra, tra mente razionale e mente mistica, tra, eccitazione e depressione, tra il calcolo logico del vantaggio/svantaggio e lurgenza incosciente del sacro, del sacrificio, del bisogno di darsi. A Bagan sembra cos semplice larte di cavalcare il pendolo, anzich venirne trascinati, cos naturale la capacit di essere al centro tra i concetti e gli spiriti, tra la logica e lirrazionale, tra i valori della societ civile e le irrazionali potenze della natura, tra i significati creati dalle culture e dalle religioni sociali e quelli dati dallistintivo sapere della spiritualit naturale. A Bagan, a nulla sono valsi, nei secoli, gli sforzi di re, imperatori, monaci e filosofi per sradicare le rappresentazioni, le possessioni , il canto e la voce degli di e dei dmoni. Quella terra pare essere stata eletta dagli spiriti quale loro secolare dimora. Chi giunga a Bagan ha innanzitutto la sensazione di trovarsi su di un altro pianeta, tanto ci che vede intorno a s non proprio di nessun altro paesaggio umano. Le rovine di migliaia di stupa si estendono tra una vegetazione incolta nella quale impossibile addentrarsi a causa della presenza delle vipere. Spirito tutelare, la vipera conserva linacessibilit della dimora degli spiriti per tutte le creature mortali. Birmani e turisti, archeologi e operai, militari e monaci, nessuno fa un passo al di fuori dei sentieri tracciati e di uccidere le vipere neppure se ne potrebbe parlare. La vipera e i serpenti sono sacri nella credenza di pressoch tutte le etnie della Birmania. Se un serpente entra nella casa di un birmano non viene ucciso, ma solo scacciato, chi uccida un serpente verrebbe colto da uninfinit di disgrazie, mentre essere visitati nella propria casa da una vipera o da un serpente segno di gran buona fortuna. Se, per caso, ci si trovasse costretti a uccidere un serpente, bisognerebbe seppellirne il corpo con il massimo rispetto, affinch lo spirito che lo abita non abbia a rivalersi. Bagan lultima meta del nostro viaggio in Birmania e vi arriviamo assolutamente

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preparati e pienamente desiderosi di incontrare gli spiriti. I nat, ovvero gli spiriti nel linguaggio dei birmani, sono stati, infatti, gi cercati e trovati da noi giorni prima nei sobborghi di Yangon, lattuale capitale della Birmania. La nostra guida, Martin, si informato per ogni dove e, alla fine, riuscito a portarci proprio nel vivo di un rito sciamanico di esorcismo alla periferia della capitale.

Martin non birmano, ovvero non fa parte delletnia bamar, che la pi numerosa in birmania, appartiene alla popolazione Padaung che parte delletnia Kayin, una minoranza che ancora oggi non ha ceduto le armi contro il regime militare di Yangon. Gli uomini Kayin erano, fino a un passato impressionantemente recente, e ancora oggi, qualcuno sostiene, tagliatori di teste di animali e di uomini. Cacciatori, essi uccidono gli animali catturati a poco a poco, prima rompendogli i piedi, poi le gambe, poi la coda, perch cos piace al loro spirito, ci dice Martin. Le donne Kayin sono soprannominate donne dal collo lungo. Fin dalla pi tenera et vengono loro applicati anelli doro intorno al collo, alle caviglie e ai polsi. Gli anelli fanno s che i loro colli si sviluppino in una lunghezza abnorme, ci ricorda loro di essere discendenti dei naga, dragoni mitologici. Lusanza di portare anelli viene anche attribuita a un gesto di generosit dei parenti, i quali regalano alle loro figlie femmine la loro ricchezza. Il peso degli anelli doro che le donne Padaung portano al collo raggiunge gli otto chili in et adulta e ognuna di loro porta il proprio oro con s nella tomba. Gli anelli vengono anche considerati una difesa contro lassalto delle tigri e di altri animali feroci. Limpoverimento dei Padaung, a causa principalmente della guerra, impedisce loro di proseguire la tradizione degli anelli doro, che non sono mai stati sostituiti con un altro metallo meno prezioso.

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Enormemente utile allequilibrio psicofisico, il pellegrinaggio a Bagan da consigliarsi a chiunque abbia fatto proprio il bisogno pi radicato nelluomo, quello di conoscersi. A Bagan possibile vedersi fin nelle viscere, poich i nat, gli spiriti, appaiono come laltra faccia degli organi corporei e degli elementi naturali. A Bagan il corpo si rivela anima, nella pluralit delle espressioni naturali, e la materia si mostra spirito, nella infinita molteplicit cosmica. Gli sciamani padaung e bamar seminano, ancora oggi, timori e superstizioni tra la gente. Intimorito dalle proprie superstizioni, Martin, trova il luogo nei sobborghi di Yangon, dove si celebra il rito sciamanico. Lha scoperto unicamente perch spinto dalle nostre insistenze, ma non vuole partecipare al rito, anzi vorrebbe starsene lontano. Alla fine, condizionato pure dal senso della responsabilit che nutre verso di noi, suoi folli clienti, cede, e decide di accompagnarci nel cerchio del rito magico. A testimonianza del fatto che i nat impersonano le forze oscure della psiche umana, essi amano lalcol, la musica chiassosa, il tabacco, le urla, i travestimenti, le scurrilit, adorano divorare carne e giocare con il fuoco. Lo sciamano che presiede il rito travestito da donna, perch deve essere posseduto dal proprio spirito, con il quale ha un rapporto erotico nottetempo. Lo sciamano chiamato natgadaw, letteralmente moglie del nat. Leros conoscenza per gli sciamani, i quali trasmettono la saggezza istintiva dei popoli. Dopo il rito, lo sciamano dai noi intervistato, spiega che a quattordici anni stato posseduto per la prima volta dal suo spirito, il quale lha rapito in sogno e gli ha mostrato tutti i segreti dellarte amatoria, dellarte dellesorcismo, della guarigione e della divinazione sciamanica. Da allora egli si traveste da donna ogni volta che d vita a un rito, per meglio evocare il proprio sposo celeste. Lo sciamano beve rum e danza al suono dei tamburi, fuma due sigarette alla volta, altri personaggi travestiti danzano con lui: uno, anchesso posseduto da uno spirito maschile, gay anche nella vita quotidiana, lo sciamano ci spiegher che in un gruppo di medium esperti c sempre la presenza di un gay. C poi un uomo che, posseduto dallo spirito di un demone maschile a cui piacciano le donne, danza bevendo rum, mettendo in mostra muscoli. Costui, ad un tratto, si china su di una ragazza seduta nel cerchio, poco distante da noi. La ragazza cambia immediatamente espressione e inizia a danzare a sua volta, rotolandosi ripetutamente a terra, posseduta, nella trance, afferra un uomo e avanza al suo riguardo proposte sessuali con gesti inequivocabili. Nel mentre, unaltra donna del pubblico viene posseduta dallo spirito, il suo corpo si fa immediatamente rigido, come un tronco, e inizia, lei pure, a rotolarsi per terra. Il ritmo dei tamburi incalza.

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Martin non ce la fa pi, vuole andarsene. Forte di un appuntamento, che avevamo preso in precedenza con una monaca buddista per praticare la meditazione, ci convince ad abbandonare il luogo. In pochi minuti pare esprimersi dinnanzi a noi il succo dellepopea della civilt umana: la religione sociale, che difende i valori di bene e di male e stabilisce la morale che d coesione ai popoli, ci distoglie dal rito primitivo in cui predominano i valori irrazionali della natura. Ma non possiamo andarcene senza avere fatto unofferta; tutti i presenti fanno offerte ai nat in continuazione, attaccando ai loro costumi, a mezzo di spille, banconote da 500 o 1.000 Kyat, circa mezzo euro o un euro. Noi raduniamo un mazzetto di banconote da 1.000 K e le porgiamo alla donna che seduta accanto a noi e che Martin ci indica quale appartenente al gruppo dei medium. Lei infila le banconote su di una spilla e me le rimette in mano, dandomi a intendere, a gesti, che mi devo alzare per infilare la spilla alla camicia della sciamano che danza. Mi alzo e faccio quello che mi stato chiesto. Poi invito lo sciamano a sedersi accanto a noi. Vorrei intervistarlo, dico a Martin, puoi tradurre le mie domande? Lo sciamano ci spiega che il rito stato allestito su comanda di una famiglia che ha acquistato il terreno sotto i nostri piedi, ove il rito si sta celebrando. La famiglia commissionaria da tempo desiderosa di costruire in quel luogo una casa, ma da anni, per una serie svariata di impedimenti, non riesce a dare via ai lavori di costruzione. Lo sciamano pensa che sia a causa degli spiriti che abitano un grande albero che sorge su quel terreno e che dovrebbe essere tagliato per permettere di edificare la casa. Cos lui e il suo gruppo di medium hanno trovato un altro albero, pi possente, che vive su di una collina disabitata poco distante da l e che potrebbe costituire unottima dimora alternativa per gli spiriti. Il rito al quale abbiamo assistito aveva lo scopo di invitare gli spiriti dellalbero a trasferirsi. Entusiasti, diciamo a Martin che vogliamo anche noi commissionare un rito sciamanico per noi soli. Martin appare sconvolto. La paura irrazionale di Martin nei confronti degli spiriti denota, io penso, una debolezza culturale. Sii razionale, Martin, gli chiedo, gli spiriti sono aspetti della nostra psiche, non devi averne paura, come se tu avessi paura di te stesso. Poi, per, mi dico che, forse, avere paura di noi stessi cosa assai saggia. Mio cugino, mi racconta allora lui ha fatto molti soldi in poco tempo grazie a uno sciamano e alla sua banda di medium che, allinizio, pareva non volere niente in cambio ma che poi, piano piano, ha preso completamente possesso dei suoi comportamenti e, di conseguenza, dei suoi beni. Ancora oggi gli dicono quello che deve fare, cosa deve vendere e cosa comperare e incamerano la maggior parte dei suoi guadagni.

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Questo non un problema dei nat, osservo io, ma dei loro intermediari, i quali sicuramente fanno leva sulle paure che tuo cugino nutre nei confronti dei nat. Non bisogna temere gli spiriti, dico io, ribadendo, almeno a parole, le mie opinioni, sono aspetti della nostra psiche che, in determinate circostanze, quando vengono evocati, specie se a mezzo di un rito collettivo, assumono dimensioni e comportamenti apparentemente indipendenti da noi. Ma mio cugino ha veramente fatto molti soldi in poco tempo grazie ai nat, dice lui. Io non faccio che ribadire che, per come la vedo io, i nat sono forze della nostra psiche, poteri ai quali abbiamo rinunciato per il bene della societ civile. Lui si fa pensieroso e un po imbarazzato, tace. Io voglio spiegare perch siamo cos desiderosi di incontrare i nat, cos gli dico che, a furia di essere civili e di seguire le regole della buona condotta, abbiamo a tal punto represso la nostra ombra, che quelli che un tempo erano spiriti e di oggi sono turbe comportamentali, ansie da prestazione, fobie, attacchi di panico e molte altri principi di sofferenza nella nostra societ. Perci vogliamo ritrovare i nat!, gli dico. Martin un personaggio strano, un uomo dolce. un Kayin, ma ha un nome cristiano, stato educato da preti cristiani ed ha persino trascorso un anno in Italia. Quando gli chiediamo di darsi da fare al fine di organizzare un rito sciamanico per noi, non vuole saperne, ma poi, ancora una volta, il suo senso del dovere prevale e, telefonando ad amici e conoscenti, riesce a fare ci che gli chiediamo. Il rito per noi viene organizzato a Bagan, dove saremo tra sei giorni. Nel frattempo corriamo dalla monaca buddista per il nostro appuntamento con la meditazione theravada.

La monaca abita nel monastero da tredici anni, eppure pare un ragazzina. Ci spiega che nel suo monastero, il pi famoso di Yangon si segue il metodo di meditazione impartito da Mahasi Syadaw, scomparso nel 1947 e ritenuto il pi autorevole maestro di meditazione della Birmania. In un colloqui privato accetta di spiegarci questo metodo nei dettagli. Vi notiamo delle differenze rispetto al sistema di meditazione buddista Vipassana che noi conosciamo e pratichiamo da anni. Nel sistema Mahasi bisogna restare concentrati sul movimento continuo delladdome associato alla respirazione. La costante concentrazione conduce a sviluppare la consapevolezza della realt come

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miraggio o vacuit, e porta alla capacit di sentire che ogni evento che ci capita scatenato dalla nostra mente stessa e, quindi, conduce alla piena libert dal senso della realt oggettiva. A fianco della concentrazione sui movimenti delladdome vi la pratica della meditazione camminata, nella quale si sviluppa la consapevolezza dei movimenti degli arti inferiori in due tempi: so che sto alzando il piede, so che lo sto abbassando, oppure in tre tempi: so che sto alzando il piede, so che lo sto spingendo in avanti, so che lo sto abbassando. Una continua concentrazione di questo tipo porta alla visione dello scheletro interno e alla piena realizzazione del concetto di impermanenza del corpo. Ma la meditazione, ci spiega la monaca, anche consapevolezza di s in ogni istante della giornata. Questo ci suona assai famigliare e rinforza i nostri propositi riguardo alla meditazione. Ormai si fatto tardi, non possiamo fermarci a meditare al monastero, ma promettiamo alla monaca di ritornare lultimo giorno del nostro soggiorno in Birmania, prima del rientro in Europa. Intanto decidiamo di praticare la Presenza Mentale in ogni istante del nostro viaggio, servendoci, come ci stato insegnato anni fa da un monaco theravada eremita dello Sri Lanka, di affermazioni mentali: so che sto respirando, so che sto camminando, so che sto mangiando, so che sto viaggiando, so che sto pensando a questo o a quello, so che sto provando questa o quella emozione, ecc.. Prima di partire alla volta di Hero, ci rechiamo in visita alla Shwedagon Paya. Si tratta di un complesso religioso assai esteso, il pi sacro della Birmania, secondo i buddisti theravada pi ortodossi. La cupola dorata dello stupa principale, che alta ben 98 m., custodisce, secondo la leggenda, otto capelli di Budda. Questo luogo religioso anche il centro della vita sociale dei birmani di Yangon, essi vi svolgono diverse attivit, compresi pranzi domenicali e raduni di ogni tipo. Ma levento singolare al quale assistiamo presso la Shwedagon Paya la pratica della fissit dello sguardo sul sole da parte di due eremiti tantrici.

Muniti di japa mala, il rosario ind composto da 108 grani, i sadu, gli eremiti tantrici recitano il loro mantra, (sillaba, parola o frase mistica) fissando ad occhi aperti il sole. Uno di essi sbatte le palpebre in continuazione, mentre laltro ha gli occhi fissi, non ciglia, non muove un muscolo, impressionante.

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Di nuovo vediamo come la realt e gli eventi siano frutto dei valori nei quali crediamo. Nella nostra cultura noi siamo convinti che fissare il sole a occhio nudo renda ciechi e, probabilmente, chiunque di noi fissi il sole a occhio nudo diverrebbe cieco. Certi sadu tantrici fanno della fissit dello sguardo sul sole una pratica religiosa, e non solo non ne diventano ciechi, ma ne traggono, probabilmente, benefici spirituali. A conferma delle dottrine tantriche e buddiste secondo le quali pi distrazioni sono presenti nellambiente e pi la meditazione e la concentrazione favorita, i sadu non appaiono per nulla disturbati da reporter e turisti che, chi con telecamere professionali, chi con kodak usa e getta, li riprendono da ogni angolazione. Anche io mi siedo al loro fianco per essere ripresa insieme a loro e, con mia grande sorpresa, scopro di non poter alzare neppure lo sguardo, tanto il riverbero del sole in quel luogo, carico superfici dorate e lucide, intenso. Guardo ancora una volta estasiata i due santi tantrici che fissano gli occhi spalancati direttamente sul disco del sole e confermo a me stessa che la realt illusione, maya, una proiezione della mente, un miraggio. La vista dei sadu tantrici ci aiuta a liberarci da noi stessi; il sole di Yangon scioglie le nostre certezze, le nostre credenze, ci mostra il germe della superstizione che si nasconde in ogni idea, dissolvendo la nebbia dei pensieri fino a rendere la coscienza vuota e radiosa. Sereni, con la luce del tramonto negli occhi, decolliamo alla volta di Hero e da qui ci rechiamo in auto fino alle sponde di un canale affluente del lago Inle. Percorriamo il canale in canoa fino al lago. Meraviglioso! Il lago Inle e i suoi canali, pure ci parlano di altri modi di gestire la realt. Qui, pomodori, zucchine, peperoni e molti altri ortaggi vengono coltivati direttamente sulle acque dei canali, non hanno radici che affondino a terra, costituiscono una flora galleggiante sulla quale, come su di un gigantesco canotto di gomma, possibile persino camminare. La gente vive in case costruite su palafitte e anche il nostro albergo un insieme di bungalow costruiti su palafitte. Tutti si spostano a mezzo di canoe. A tratti ci pare di avere scoperto una Venezia asiatica dove ogni condizione ambientale, a partire dal clima, pare perfetta per noi.

Il lago Inle giace su di un altipiano a 875 metri sul livello del mare, il caldo durante il giorno non opprimente e la frescura della sera e del mattino rigenerante. Pratichiamo tra di noi meditazioni e esercizi di yoga tantrico sul balcone di un bungalow, osservando la luce dellalba che sorge allorizzonte, oltre le calme acque del lago. Al calar della sera, dopo una giornata dedicata a visitare le antiche rovine di stupa eretti da antenati Shan e ormai tristemente e in modo irrecuperabile

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talmente feriti dal tempo e dallincuria umana da essere stati giudicati non restaurabili, camminiamo per le vie del villaggio che sorge poco distante dal nostro albergo alla ricerca di un bar.

Gruppetti di ragazzi apparentemente ubriachi ci camminano a fianco cantando e, qualcuno di loro, un po barcollando. Bambini sorridenti gridano dalle finestre delle case sospese su palafitte per attirare la nostra attenzione. Ragazze che ci sembrano bellissime ci passano accanto portando enormi cesti carichi sulla testa. Ripensiamo alla leggenda di Keinnayi e Keinnaya, le mitiche figure che abbiamo visto scolpiti su molti dei resti degli stupa Shan. Keinnayi uomo dalla vita in su e uccello dalla vita in gi, Keinnaya per met donna e per met uccello I due personaggi leggendari si amavano ed erano sempre insieme, finch una tempesta non li divise. Lamore che li univa era cos grande che, quando si ritrovarono, piansero per sette anni il dolore della loro separazione. Troviamo il bar. Ci sediamo a un tavolo su sgabelli molto bassi e ci guardiamo intorno. Il locale pieno di ragazzi e ragazze che bevono t al latte. Alcuni di noi ordinano birra, altri del t. Ci portano tre grandi bottiglie di Myanmar Beer e caraffe enormi colme di t fumante. Uno di noi alza il bicchiere per un brindisi: So che sto per bere birra, so che sto per perdere la Presenza Mentale, so che, se qualcosa vero, il suo opposto altrettanto vero, so che sto benissimo qui, questa sera, con voi. Tutti noi brindiamo con lui, alcuni con birra, altri con t al latte: Alla passione che illumina il mondo!

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Celebrazione dei riti a Bagan Dopo il lango Inle visitiamo luoghi meravigliosi. Il Wooden Monastery, un monastero in legno su palafitte, in tradizionale stile Shan, che sorge a Taunggyi, non molto distante dal lago Inle. Il monastero adibito a scuola per monaci bambini.

Sempre nello stato Shan, entriamo nelle grotte naturali di Pindaya, nelle quali sono state collocate nellarco di numerosi anni molteplici statue del Budda di ogni dimensione. Ma con la passione per gli spiriti nel cuore, non vediamo lora di arrivare a Bagan.

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Dopo aver assistito a quel rito di esorcismo, celebrato alla periferia di Yangon, Martin si dato assai da fare al fine di organizzare per noi un rito sciamanico, telefonando ad amici da ogni albergo nel quale ci siamo fermati lungo il nostro cammino. riuscito ad ottenere il permesso di celebrare il rito proprio a Bagan, la citt ove i culti dei nat sono pi vivi, e proprio alla base del sacro zedi (stupa) di Swezigon, dove sono collocate le statue dei 36 nat pi potenti della Birmania. Di nuovo non vuole saperne di venire con noi, ma, alla fine, il suo senso del dovere prevale e ci accompagna. La roccaforte dei seguaci dellanimismo meta di turisti, ma qualcosa ci dice che lintimit del nostro rito non verr disturbata. Fu il re Anawrahta (1044-1077), fondatore di quello che i birmani definiscono il Primo Impero Birmano, a scegliere il buddismo theravada come religione sociale al fine di dare unione e solidit al proprio impero. Come era accaduto a Costantinopoli, dove Costantino il Grande aveva dato un fondamento sociale al proprio impero sullaffermazione del cristianesimo come religione di stato, cos a Bagan il re Anawrahta decise di ancorare il proprio impero alle solide basi morali del buddismo theravada. Convertitosi egli stesso al buddismo theravada, Anawrahta segn con decisione la svolta del Myanmar dalla religione ind e buddista mahayana alle dottrine del buddismo theravada. Come Costantino aveva represso ferocemente leresia, affermando lunit della chiesa, cos Anawrahta, deciso a imporre il buddismo theravada come unica religione del proprio impero, combatt duramente il culto dei nat. Ordin che i santuari dedicati agli spiriti fossero distrutti nel suo impero e confin le icone ind, principali veicoli dellanimismo bamar, in un tempio sconsacrato di Vishnu, che venne chiamato Nathlaung Kyaung, ovvero Monastero dei nat prigionieri. Questo monastero ancora oggi visibile tra i resti delle migliaia di stupa di Bagan, ma i nat, se mai vi furono catturati, se ne andarono molto presto. La popolazione, infatti, non abbandon mai il culto degli spiriti, ricostruendone i simulacri nelle proprie case e restaurando privatamente ci che pubblicamente era stato distrutto. Il re Anawrahta dovette rendersi conto che la sua politica repressiva non solo non era efficace contro lanimismo, ma, anzi, rischiava di fomentare ribellioni nei confronti del buddismo theravada. Cos annull il suo precedente divieto di costruire santuari dedicati ai nat e acconsent alla presenza delle immagini degli spiriti nel suo impero.

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Tuttavia egli fece s che gli spiriti fossero, in qualche modo, subordinati alle immagini sacre del buddismo, creando, comunque, una gerarchia di valori in cui i principi razionali della buona condotta, che animano la religione sociale, prevalessero sui valori istintivi della religione di natura. Letica fissata dai parametri della ragione e le gerarchie dei valori della logica dovevano necessariamente prevalere sulle inconsce forze dellombra per dare coesione, forza, prosperit e salute al Primo Impero Birmano. Cos Anawrahta ebbe una trovata geniale: colloc alla base dello stupa di Shwezigon a Bagan, capitale del suo impero, le statue dei 36 nat pi potenti, ma ve ne aggiunse un trentasettesimo, Thagyamin, che soppiant il precedente re dei nat. Thagyamin un raffigurazione di Indra, divinit ind che, secondo la mitologia tradizionale buddista, rese omaggio al Buddha su incarico di tutti gli di ind. In questo modo i nat vennero subordinati al Buddha. Ancora oggi la popolazione bamar considera il Buddha come il pi importante riferimento religioso, seguito dai nat ind e infine dai nat bamar. Eppure, malgrado ci, i nat bamar sono i pi evocati, celebrati e temuti nei culti e nei rituali popolari. La gente, infatti, ha deciso di affidare al Buddha le questioni inerenti la propria vita futura, ma per propiziarsi gli eventi di questa vita, fare giustizia o operare guarigioni nella vita quotidiana ricorrono ai nat. Molto venerati sono anche i nat degli alberi. Non difficile, viaggiando per il Myanmar, incontrare piccole casette costruite sulle radici o sui rami di un vecchio albero: sono i santuari dei nat degli alberi ai quali i credenti fanno periodiche offerte di cibo, acqua, profumi e luce a mezzo di incensi e candele.

Il culto, il rispetto e il timore reverenziale per gli spiriti una realt effettiva nel Myanmar. I birmani dimostrano di considerare quei particolari eventi psicologici che la psichiatria definisce crisi psicotiche come possessioni spiritiche. Una persona posseduta da un nat, ci racconta Martin, sente voci e impulsi violenti che la vorrebbero spingere a compiere gesti folli, socialmente inaccettabili o pericolosi per se stessa e per gli altri. Il rito sciamanico crea un contesto al di fuori della morale razionale, un momento in cui, al suono frenetico dei tamburi possibile agitarsi, divorare carne, provocarsi piccole ustioni, bere, fumare, compiere gesti osceni, pronunciare parole violente e scurrili, dissacrare tutti i valori pi cari alla ragione, divertirsi con ci che, in condizioni normali, fa pi paura alla gente: il sesso, il denaro, il sangue, il fuoco, ecc. In questo contesto le forze dellombra si liberano. Gli di recitano se stessi sul palcoscenico del rituale sciamanico. Alla fine del rito, felici di essersi rappresentati, un po con eventi concreti, ma soprattutto a mezzo della fantasia e dellimmaginazione, gli di liberano il corpo di colui che hanno scelto come loro

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strumento. Gli spiriti vanno placati con riti e offerte; ad alcuni di essi piace lalcol, ad altri la carne cruda, il tabacco, il denaro, il sesso o la danza: il rito il momento in cui luomo concede alle forze inconsce della psiche un riconoscimento al fine di propiziarsele, ovvero di poterle vivere come energie costruttive e non distruttive nel contesto della sua vita quotidiana. Larte di esistere in equilibrio tra la forza istintiva e il controllo razionale, tra lurgenza del sacro, del sacrificio, del bisogno di darsi, da un lato, e la volont di affermarsi e conservarsi, dallaltro, si pu apprendere a Bagan guardandosi intorno con sguardo un po pi attento di quello che compete al normale turista. Questa arte nel saper rappresentare gli spiriti senza esserne posseduti in modo irreversibile, nel poter vivere quanto la voce degli di sussurra a mezzo del potere visionario, senza agire nel concreto il loro volere. Gli spiriti, gli di, infatti non vanno mai presi alla lettera, essi parlano per metafore. Ci che raccontano simbolo del sacro; va vissuto in modo poetico e visionario. Gli sciamani di Bagan danno vita per noi a riti straordinari, uno di mattina, alla base del sacro zedi (stupa) di Swezigon e laltro di notte, in riva al lago: belle le danze, i costumi, i suoni tribali dei tamburi, belle le storie dei nat che gli sciamani raccontano e bello il paesaggio che fa da cornice al rito e pare parteciparvi con i suoi cangianti colori e profumi. La Bellezza ci cattura, quasi fosse essa stessa lessenza della magia. Unipotesi sulla magia Larte: la poesia, la musica, la danza, il canto, ecc. sono i mezzi del dialogo con lombra. Gli spiriti parlano un linguaggio creativo ispirato alla bellezza, non un linguaggio logico dettato dai valori del calcolo razionale. Lesistenza maya, dicono in Oriente, cio miraggio, sogno illusione, gli eventi sono una proiezione della mente e gli oggetti sono interni e non esterni alla mente. La visione prodotta dalla mente razionale ci sembra pi importante, pi realistica e concreta di quella creata dalla fantasia perch nutriamo attaccamenti verso le immagini della ragione, ispirate ai valori sociali del bene, mentre temiamo le visioni della fantasia, le quali sono canali del sacro, dellombra inconscia, dellurgenza di darci. Vogliamo afferrare i miraggi prodotti dalla ragione e con ci diamo ad essi unapparenza oggettiva e concreta, indipendente dalla nostra stessa volont. Finiamo per subire gli eventi prodotti dalla mente razionale come fossero da noi indipendenti, dimenticando di esserne noi stessi la causa, inoltre riteniamo gli eventi prodotti dalla ragione pi realistici di quelli creati dalla fantasia. Insomma, la gerarchia mentale dei valori ci porta a pensare che ci siano espressioni delluomo pi realistiche di altre: lesperienza del nostro mondo quotidiano pi realistica della nostra esperienza artistica, religiosa o onirica. I nat non paiono meno realistici degli oggetti concreti in un rito sciamanico, poich il rito trasforma i sensi, liberandoli dal condizionamento delle gerarchie di valori. Il calcolo dei valori di vantaggio e svantaggio della logica e lurgenza di darsi del sacro si compenetrano nel rito, cos non vi pi bisogno di attribuire ai prodotti della ragione un grado di realismo superiore a quello che compete alle creazioni della fantasia. Nel rito luomo il maestro delle cose e non la vittima delle loro reazioni: ci magia.

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Alcune storie di nat A dimostrazione del fatto che i nat impersonano le forze istintive e i valori della religione di natura che la civilt e la religione sociale hanno combattuto, o represso, ci sono i bellissimi racconti delle loro leggende.I nat sono cos forti o cos belli da sfuggire ai parametri della logica comune, essi non sono calcolabili, misurabili, prevedibili, non sono governabili, perci la societ civile li percepisce come una minaccia e li vuole sopprimere. Maung Tin Te, il Fabbro, un personaggio mitologico, di lui leggenda racconta che fosse cos forte da creare opere sovraumane, spaventato da una simile potenza, il re decise di ucciderlo, ma in nessun modo i suoi soldati riuscirono a ferirlo, egli pareva invulnerabile, solo il fuoco poteva veramente minacciarlo. Allora il re decise di ricorrere allastuzia (il mezzo della ragione contro listinto). Il re spos la sorella del Fabbro, Shwe Myetnar (Faccia dOro) e le fece credere di voler attribuire a suo fratello un alto titolo nobiliare e molti benefici. La sorella mand a chiamare il fratello, al quale il re fece tendere un agguato. Il Fabbro venne legato a un albero e arso vivo. La sorella di lui, presa da rimorso, si gett nello stesso fuoco che bruciava il fratello, ma il suo viso, come per magia, rimase illeso. Il re fece del viso di Shwe Myetnar un calco doro affinch limmagine di lei si conservasse per sempre. Il Fabbro e la sorella, colti da una morte ingiusta, divennero nat e comparvero in sogno al re. Nel sogno essi dissero al re che, se lui li avesse accolti nel proprio regno quali spiriti, loro avrebbero protetto la citt. Cos il re fece riprodurre con i residui dellalbero con il quale il Fabbro e Swe Myetnar arsero due icone raffiguranti il Fabbro e Faccia dOro e le fece porre alle porte della citt. A tuttoggi il Fabbro e Faccia dOro sono considerati i protettori della citt di Bagan. Unaltra sorella del fabbro Tounpal ( Tre Bellezze) divenne lei pure un nat. Tre Bellezze era moglie del re dei Mon, uno dei primi gruppi etnici insediatisi in Myanmar. I Mon controllavano un tempo un territorio di cui faceva parte anche lattuale Thailandia. Oggi i Mon sono stati quasi completamente assimilati dalla maggioranza e non sembrano pi distinguibili dai bamar, componenti della principale etnia birmana. Tounpal non era solo bellissima, ma la sua bellezza mutava tre volte al giorno, in sintonia con le variazioni della luce. Le donne a corte, gelose di lei, insinuarono che la sua bellezza fosse frutto di sortilegi magici e convinsero il re della pericolosit della sua sposa. Il re scaccio Tounpal, la quale, tornata nel suo villaggio dorigine prese a lavorare al telaio e guadagn cos bene, a mezzo della propria attivit di tessitrice, da poter far costruire una pagoda che chiam Lin ma Kyi, ovvero Odio il Marito. Il re, venuto a sapere dellimpresa di Tre Bellezze mand i suo soldati per ucciderla. Lei fugg, ma, lungo la via, nei pressi della citt di Mandaly, colta da febbre alta, mor. Tounpal portava con s una figlia di soli due anni det, Ma N Lay. Non volendo lasciare Ma N Lay sola, Tounpal stessa la uccide, portandola con s nel mondo dei nat. I nat dimostrano di essere totalmente al di l del bene e del male, non assoggettati ai valori della ragione comune. Liberi dal principale dogma della ratio: vita superiore a morte, affermano la loro verit: Amore superiore a vita e superiore a morte. Il sacro, la capacit di darsi, lurgenza di amore, , per i nat, potenze della natura, la legge fatale. Spaventati da tale capacit di offerta di s, i re, condottieri della civilt, si difendono ora a mezzo

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della persecuzione violenta, ora attraverso lastuzia.Ma i nat sono tuttoggi vivi a Bagan, poich la loro leggenda il racconto dellepopea dellAmore che vince la Morte.

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Nonterapia in Ladakh, quando la bellezza ti sovrasta di Paola Bertoldi

Sono partita per questo viaggio nello spazio e nellanima con una fiducia totale, con una tranquillit che di solito non mi appartiene. Il viaggio aereo non mi parso n lungo, n pesante, potrei dire che volato sulle ali della mia voglia di andare, di tornare in una terra che sapevo cos simile al Tibet, dove per due anni di seguito ho lasciato il mio cuore e le mie membra. Siamo arrivati a Delhi in piena notte: ho rivisto quella citt dopo ben ventotto anni e stranamente mi parso di non averla mai lasciata, di essere sempre stata l. A Delhi poco cambiato in cos tanti anni: il caldo umido e soffocante continua a farla da padrone, il frastuono incessante dei clacson, supremi strumenti di comunicazione nel traffico convulso di una citt che scoppia, ma nella quale si verificano pochissimi incidenti, devasta il silenzio e un brulicare di incredibile umanit ci ricorda le infinite contraddizioni dellesistenza umana. A Delhi, nel nostro albergo, lottando strenuamente con laria condizionata che ci regala temperature polari in un paese tropicale, inizia il seminario di nonterapia con le pratiche del metodo simboloimmaginale, il metodo per recuperare il nostro diritto ad immaginare la realt, per divenire nuovamente padroni del nostro potere creativo. Il gruppo di compagni di viaggio si dimostra da subito fantastico e unarmonia spontanea, naturale, come quella che regna tra vecchi amici, ci accompagna per tutto il tempo. ll giorno successivo alle tre del mattino davvero il sonno il grande assente in questo viaggio prendiamo lareo per Leh, un volo di quarantacinque minuti, definito il volo pi bello del mondo per la vista panoramica di cui si gode (letteralmente!) sulla catena himalayana: montagne dorate illuminate dal sole, cime innevate che parlano dinfinito, montagne nere che ci ricordano da vicino la nostra Ombra: il tutto di una bellezza sconvolgente, impossibile a descriversi, una bellezza che ti rimane intrecciata nelle cellule. Dovendo definire lintero nostro viaggio con pochissime parole potrei definirlo come un tuffo nella bellezza, da stare attenti a non affogare! La capitale del Ladakh, Leh, si trova sullaltopiano tibetano a circa 3500 metri di altezza e gi dal piazzale antistante laereoporto si pu vedere che la citt completamente circondata dalle stesse montagne che abbiamo conosciuto dallalto: la prima cosa che mi viene da pensare ammirando il paesaggio : davvero un mandala stupendo!. I colori, gli odori e lumanit qui sono molto diversi da quelli di Delhi, i volti sembrano scolpiti come le montagne e la gente sorride, anche a noi stranieri dalla pelle bianca.

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La mancanza di sonno, laltitudine e le pratiche che facciamo ci portano naturalmente in uno stato ampliato in cui la distinzione tra realt interiore ed esteriore non pi cos granitica: comincia a crearsi lo spazio per altre possibilit. Arriviamo al Mahabodi Eco Resort dove avremmo dormito varie notti: un campo di tende dotate di ogni comodit, immerso in un paesaggio desertico, con le montagne dorate che creano un cerchio magico intorno a noi: davvero non ci sono parole di fronte a un tale spettacolo. Quello che pi mi colpisce la limpidezza dellaria, la nitidezza dei colori che si stagliano contro il cielo azzurro e la potenza di questa natura che sa ancora parlare allanima delluomo fino a commuoverla in un abbraccio infinito. Lincontro con tanta bellezza mi porta spontaneamente in una dimensione che sta oltre lio, quel regno in cui ogni uomo mistico, poeta e veggente, quella dimensione che sola pu dare senso al vivere umano. Decido di inspirare bellezza, riempirmene fino a scoppiare ed espirare per contribuire a tale splendore. Ogni stanchezza sparita e non c spazio, almeno per ora, per la paura. Tutto perfetto cos com Sono felice. Nei giorni che seguono inizia, a Leh e dintorni, la nostra ricerca degli oracoli: siamo venuti fin qui anche per conoscere e sperimentare di persona questa realt che ha radici antiche nella cultura del luogo. Gli oracoli, o meglio nel nostro caso le oracolesse, donne che in stato di trance divengono veicolo di uno spirito potente in grado di curare il corpo e lanima, e che una volta uscite dallo stato di trance non ricordano nulla di quanto accaduto, almeno questo ci che loro affermano. Durante il giorno, nel corso degli spostamenti meditiamo con le pratiche del metodo simboloimmaginale e cos ogni azione diviene meditazione e ogni meditazione unazione potente. Inspiriamo ed espiriamo lasciando andare le nostre speranze e i nostri timori, pratichiamo al fine di uscire dallillusione, di vedere oltre il velo di maya, come bambini giochiamo a fare i maghi e trasformiamo la realt dentro e intorno a noi. La sera nella mia tenda, pratichiamo insieme, ci scambiamo impressioni, ridiamo e scherziamo fino ad arrenderci di al richiamo del sonno, sempre troppo poco!

Incontriamo la prima oracolessa in un villaggio vicino a Leh: arriviamo che gi entrata in trance e sta gi curando le persone che si sono rivolte a lei. Purtroppo non comprendiamo la lingua nella quale si esprime ma possiamo intuire dallespressione del viso, dai gesti, dal tono della voce, che loracolessa sa essere dolce con chi di questo ha bisogno e molto dura con coloro il cui cuore non puro. Stiamo a guardare, chi con un misto di curiosit, chi di timore, ma tutti con il senso di una sacralit profonda, naturale, fino a quando lo spirito inizia a pronunciare parole rivolte a noi, messaggi che ci vengono tradotti in inglese dalla nostra guida. Le parole che pi colpiscono sono quelle rivolte a Selene , lideatrice di questo viaggio, parole che incoraggiano lei e quindi tutti noi a continuare sulla strada che abbiamo scelto di percorrere,

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incuranti della mole di lavoro da compiere e fiduciosi nella riuscita di ci in cui crediamo profondamente. Assistiamo quindi alla fase in cui lo spirito lascia il suo veicolo e loracolessa ridiventa una donna comune. Ci viene spiegato che ha ottantanni, ne dimostra molti meno, e che fa questo lavoro da molto tempo, da quando un membro della sua famiglia le ha passato questo dono. Lo spirito che loracolessa incarna, ci viene detto, Mahakala, la Grande Kali: questa rivelazione fa fremere alcuni di noi da tempo abituati a meditare su MahaKali, laspetto guerriero della Madre Divina, che distrugge tutti gli ostacoli alla realizzazione spirituale di coloro che la invocano. Quando in trance loracolessa parla in tibetano perfetto e quando ridiventa una donna comune non pi in grado di esprimersi in tibetano, conosce solo il dialetto del ladakh. Incontriamo la seconda oracolessa due giorni dopo. E una donna pi giovane, sulla cinquantina, con una storia completamente diversa. Non ha ricevuto il dono da un membro della famiglia ma stata istruita da un alto Lama perch soffriva di disturbi psichici dato che era in grado di percepire le voci degli spiriti. Questa sua capacit lha portata sullorlo della follia, spingendola a comportamenti strani e pazzeschi, quando intervenuto il Lama insegnandole a distinguere il bene dal male e a non essere dominata dagli spiriti: ora proprio in virt della sua saggia follia in grado di farsi canale per aiutare altre persone. Ad un certo punto, mentre in trance, loracolessa, che incarna uno spirito dal nome impronunciabile e che non ricordo, mi guarda e si tocca le gambe facendomi capire che mi sta dicendo che io ho problemi alle gambe. Credo che non mi abbia vista entrare e ora mi vede seduta, per cui come pu sapere che fin dalla nascita ho una lesione cerebrale, almeno cos hanno sempre detto i medici, che rende difficile la deambulazione? Poco dopo mi fa segno di togliermi i pantaloni: io indosso calzamaglia, pantaloni, calze per niente eleganti e subito provo una sensazione di grande imbarazzo ma immediatamente decido di lasciarla andare e mi spoglio. Loracolessa mette in bocca una cannuccia e inizia a succhiare del liquido da alcune punti delle mie gambe: in un vaso di vetro sputa del liquido bianco, quasi trasparente, come a succhiare fuori il male. Poi con la bocca inizia a succhiare alcuni punti della mia schiena. Io osservo con un misto di curiosit, senso di nausea e senso del sacro allo stesso tempo ma sento che ci che avviene la cosa giusta, ci che deve avvenire in quel momento. Non sono a disagio e quello che sta accadendo non mi d fastidio, non scatena in me la reazione di rabbia che sempre mi viene quando un medico cerca di curarmi, di rendermi normale, di cambiare quello che c in me, secondo lui, di sbagliato (dopo essere stata visitata da centinaia di medici impotenti il minimo che possa accadere). Questa volta sento in me una disponibilit a lasciar fare, a lasciare che gli eventi accadano, sicuramente sorretta dallenergia potente che informa questi eventi e dalla presenza rassicurante dei miei amici. Infine mi rivesto e torno al mio posto tra i partecipanti al rito. Provo immediatamente una sensazione di leggerezza e di grande felicit, Selene dice che il succhiamento mi ha fatto bene e che ci si vede dalla luce che emana dai miei occhi. Mi sento pi leggera, pi sicura, come se avessi lasciato andare pesi molto antichi, vecchi dolori e impossibilit. Anche a livello fisico e muscolare

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mi sento pi sciolta: come se il corpo si concedesse una grande risata, liberato da zavorre antiche.Il resto del viaggio continuer in questo stato di grazia e di amore. Visitiamo vari monasteri ma quello che ricordo meglio il monastero di Lamayuru, circondato da una natura stupenda, cos bella da essere sicuramente magica. Qui si trova la grotta dove visse e medit Naropa, il creatore dei sei yoga, una figura importantissima per me e altri tra noi che da anni praticano i suoi yoga e studiano ogni sua parola. Alla vista della grotta di Naropa Selene viene presa da una felicit incontenibile, che trabocca contagiando tutti noi: ci sentiamo onorati e fortunati di essere in quel luogo che rappresenta le radici di uno degli insegnamenti a noi pi cari. Le chiavi di un luogo cos sacro e importante sono in mano ad un monaco bambino di dieci anni, che come ogni bambino degno di tale nome si diverte a fare un po il monello e a scherzare con noi. Ancora una volta capisco limportanza del non prendersi mai troppo sul serio! Visitiamo anche un villaggio locale e per arrivarci camminiamo per un po su un sentiero stretto e scosceso, sul limitare di un burrone, con il fiume che scorre sotto di noi, ma non ho paura, anzi sono in uno stato di leggera euforia: Paolo, che stringo a braccetto per avere un aiuto, un ottimo accompagnatore ed entrambi proviamo una grande sensazione di allegria, ridiamo e scherziamo anche davanti ai passaggi pi impegnativi. Arrivati nel villaggio ci pare di essere appena scesi dalla macchina del tempo: non c il rumore del traffico, solo i suoni della natura e la vita qui veramente di unessenzialit quasi totale. Ma gli abitanti del villaggio sorridono e ci accolgo con calore: non sembrano affatto infelici per la mancanza di tutte le comodit a noi tanto care. Forse il loro rapporto con la natura li ripaga di ogni scomodit. Lultima sera prima di ripartire per Delhi, nella cornice delle montagne del nostro albergo di tende, pratichiamo la meditazione camminata quella meditazione che chiede di camminare lentamente, con consapevolezza, immaginando di essere uno scheletro che cammina e ripetendo mentalmente ad ogni passo: sollevo, avanzo, abbasso in sincronia con il movimento del piede. Per me, da sola, questa meditazione impossibile: camminare lentamente mi riesce sempre difficile perch richiede maggiore equilibrio, cosa di cui qualcuno ha dimenticato di fornirmi fin dalla nascita. Per cui, come al solito, la mia prima reazione quella di dire: io mi siedo e vi aspetto qui ma Selene mi propone di fare la meditazione camminata insieme a lei e cos partiamo. Da questo momento in poi viviamo unesperienza indimenticabile: la sintonia che si instaura tra noi perfetta e io mi affido, mi lascio andare anche se so che Selene sta camminando ad occhi chiusi e perci, dice la mia mente razionale, potremmo cadere. Ma in questo momento non ha importanza, c solo una grande pace, una sensazione di grande potere e un

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grande amore, quello stesso amore che ci permette di volare.

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Le oracolesse tantriche in Ladakh di Selene Calloni Williams

Sonam Zangmo vive a Sabu, un piccolo villaggio del Ladakh, il cosiddetto Piccolo Tibet indiano. Il suo nome iniziatico Ayu Iamo. Ha ottanta anni. ritenuta unoracolessa di enorme potere. La facolt sciamanica giunta a lei dai suoi avi, tramandata allinterno della sua famiglia da nonni a nipoti, saltando sempre una generazione. Lei sta istruendo il nipote che colui che diverr oracolo alla sua morte. Ayu Iamo riceve coloro che hanno bisogno di lei ogni mattina, nella sua casa semplice e pulita, al centro di uno stupendo giardino pieno di fiori profumati attraversati da un piccolo rivolo dacqua limpida, nel villaggio di Sabu, a non molta distanza dalla citt di Lhe, la capitale del Ladakh, situata a 3.500 metri daltitudine. Tuttintorno alla dimora delloracolessa, le montagne himalayane danno lemozione della sconfinata potenza della natura. Ponendo sul proprio capo il cappello dalle cinque punte, che allude al potere dei cinque elementi fondamentali che, nella tradizione tibetana, sono Legno, Fuoco, Terra, Metallo e Acqua, Ayu Iamo inizia la cerimonia che la condurr nella trance . Compie offerte agli spiriti gettando nellaria chicchi di riso, acqua e bruciando incenso. Poi al suono ossessivo di una campana e di un tamburello, la trance ha inizio. Ayu Iamo prende a parlare perfettamente la lingua tibetana nella quale canta melodiosi mantra. Impugna il dorje , loggetto simbolo del potere spirituale dei lama tantrici, tutto avvolto, a guisa di rocchetto, da un filo di cotone di grosso spessore. Saskia Rimpoche lalto lama che le ha conferito il permesso di esercitare la professione di oracolessa. Insieme a quel permesso il lama le ha impartito un insegnamento che durato molti anni durante il quale ad Ayu Iamo stato insegnato a distinguere il bene dal male, a proteggersi dalle forze e dalle entit malvagie. Ayu Iamo incarna, in effetti, il potere di uno spirito di straordinaria efficacia immaginativa: Maha-Kala, la Grande Kala. Kala, o Kali, percepita dai tantrici buddisti e induisti come la rappresentazione dellenergia cosmica, la forza esecutrice del Supremo. Come tutte le divinit tantriche, ha due aspetti: quello pacifico e quello adirato. La Kala Nera , detta anche la Guerriera dei Mondi, una rappresentazione fortemente vitale della Grande Madre, la divinit di natura che precede lavvento delle religioni cosiddette storiche o sociali. Incarnare una simile potenza non cosa facile e soprattutto non cosa di per s innocua nei

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confronti della societ civile. La grande Kali la pura forza naturale, al di l dei concetti di bene e di male imposti dai valori religiosi e civili delle societ. La grande dea precede lavvento della mente umana e delle discriminazioni. Bisogna, dunque, che chi incarna la potenza della dea allinterno della societ conosca innanzitutto i modi per governarla in base ai criteri di bene e male che sono comuni. Di qui il significato del permesso rilasciato dallalto lama alloracolessa. Nella sua trance Ayu Iamo ha messaggi e gesti da elargire, da parte di Mahakala, a tutti i presenti. Ognuno rimane profondamente colpito dallacutezza e dalla pertinenza di ogni messaggio e ne far tesoro. Loracolessa svolge una funzione taumaturgica sulla psiche dei presenti, secondo il metodo tantrico, il sistema della grande dea, il quale consiste nell aggravare il peso , anzich ricorrere ad antidoti rasserenanti e piacevoli. il metodo segreto sta proprio nellaggravare il peso. Se tutta la realt non viene aggravata non si pu ottenere la liberazione con luso di antidoti rasserenanti e piacevoli. (Da Ma gcig Canti Spirituali , ed. Adelphi. Pp. 76, 77.) Cos Ayu Iamo nella trance si comporta come una folle di fronte ai folli, come una depressa di fronte ai depressi. Mette in scena l anima nera sputando, urlando, percuotendo con il dorje di pesante metallo le persone che si inchinano dinnanzi a lei, spettinandosi i capelli quasi pare spulciarsi estroflettendo la lingua ed emettendo suoni gutturali profondi. Tassativamente proibisce ai presenti di filmare e di fotografare. Alla fine le sue parole e i suoi gesti sono illuminanti per tutti, anche per i pi scettici. Non necessario fare domande, interrogando loracolo: Mahakala sa cosa dire e conosce a chi dire, non ha bisogno di domande. I pazienti pi bisognosi ottengono da lei talismani fatti con il filo che avvolge il dorje. Questi medicamenti dellanima hanno efficacia immediata a giudicare dallespressione di sollievo di chi li riceve. Quando Mahakala decide di lasciarla, poich non ha pi nulla da dire e da dare ai presenti, Ayu Iamo vede riflesso nel vetro della credenza limmagine di un animale che lei chiama belungpa , una specie di orsetto panda, uno degli animali che la tradizione lega alle raffigurazioni della grande dea. Allora loracolessa sa di poter uscire dalla trance . Con burro, riso, acqua e incenso compie le offerte che pongono fine al rito mentre il suo corpo prende ad agitarsi come scosso da improvvise convulsioni. Dopo che tutto avvenuto, Ayu Iamo torna ad essere una donna normale , unesile vecchietta dallo sguardo dolcissimo e sorridente. Dice di non ricordare nulla di ci che successo durante la trance e sostiene di non essere pi in grado di parlare la lingua tibetana, che pure padroneggiava perfettamente nella trance , dice che quando una donna comune sa parlare solo il ladakhi, la lingua della sua terra. Camminando tra i coloratissimi fiori del suo giardino si presta a rispondere ad alcune domande. in questa occasione che racconta del permesso rilasciatole da Saskia Rimpoche. Inoltre parla della distinzione tra gli oracoli ufficialmente accreditati dallistituzione religiosa e tutti gli altri. Il

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problema per gli oracoli che non sono stati istruiti ad usare la forza che si manifesta attraverso loro grave, pu portarli alla malattia, alla follia. Lalto lama Saskia Rimpoche non solo istruisce gli oracoli che poi verranno ufficialmente accreditati come tali, ma anche in grado di togliere i poteri agli oracoli selvaggi, quelli che sfuggono alle regole e al controllo dellistituzione, e pu fare questo, garantisce Ayu Iamo, anche a distanza operando su di una loro fotografia. Vi poi unaltra distinzione da fare, ci spiega ancora Ayu Iamo, e questa riguarda la forma pacifica e la forma arrabbiata delle divinit che si manifestano attraverso gli oracoli. Ayu Iamo si proclama veicolo della forma pacifica di Mahakala. Ma, ci spiega, una volta lanno, nel monastero o gompa detto Matho , non distante dalla citt di Lhe, si svolge il festival degli oracoli . In questa occasione uno o pi monaci incarnano la forma arrabbiata della divinit di natura e nella trance, che si protrae per una settimana o pi, essi possono compiere veri prodigi come, per esempio, quello di correre bendati sulle mura del Matho gompa o di viaggiare sulle montagne che circondano il monastero a una velocit incredibile, al punto che, agli occhi degli spettatori, sembrano volare. Il festival viene preparato di anno in anno. Ogni volta vengono estratti a sorte i nomi dei monaci che lanno successivo incarneranno la forma adirata della divinit, dopodich essi si preparano per un anno interno compiendo ritiri ed esercizi spirituali. Durante il festival i monaci-oracoli sono in grado di predire il futuro del loro popolo e persino i principali eventi mondiali che accadranno nellanno successivo.

A Zangsti, un quartiere di Lhe, vive unaltra famosa oracolessa, il suo nome Tsewang Dolma Agupa, il dio che la pervade nella trance Manla Gyampo, una divinit dai particolari poteri taumaturgici. Loracolessa opera guarigioni succhiando dal corpo della persona malata le forze nocive. A volte sugge mettendo direttamente le labbra a contatto con la parte malata del corpo del paziente, a volte sugge a mezzo di una lunga cannuccia trasparente. Stakna Rimpoche lalto lama che ha dato a Tsewang Dolma Agupa il permesso di operare come oracolessa e guaritrice. Lo spettacolo della guarigione a mezzo del succhiamento molto forte: loracolessa sugge e sputa in un contenitore grandi quantit di liquido schiumoso. Tsewang Dolma Agupa non ha ricevuto i poteri dalla famiglia. A ventiquattro anni ha dato segni di squilibrio mentale, perci stata portate dal lama Stakna Rimpoche il quale lha avviata ad un addestramento spirituale durato pi di dieci anni al termine del quale Tsewang Dolma Agupa ha fatto ritorno a casa nei panni delloracolessa. Storia straordinaria quella della donna oracolo di Zangsti, che dimostra come nella malattia si nasconda una forza al di sopra delle possibilit razionali e sociali di comprensione e di gestione.

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Il Bon in Ladakh di Selene Calloni Williams

la religione autoctona dei alcune regioni della fascia Himalayana ed sopravvissuta con le sue tradizioni arcaiche sciamanico-animistiche fino ai nostri giorni. In Ladakh la scoperta dei tulku (reincarnati) degli oracoli e delle oracolesse, dei monaci e degli yogin di stampo bon straordinaria, ci proietta in un mondo "altro", in una visione delluomo e della sua psiche che ha molto da darci: paragonabile al viaggio in un altro pianeta alla scoperta di una stirpe aliena da tutti i modi di concepire lindividuo a cui siamo abituati. La possibilit di ampliamento dei confini mentali che ne segue un arricchimento straordinario. Nel Bon come nel Buddhismo tantrico la filosofia mistica e la psicologia naturale hanno un carattere magico e animistico di straordinario valore antropologico. Lelemento filosofico e speculativo si intreccia con una visione magica della vita che si fonda sul senso dellimpermanenza - cio della contemporaneit di morte e vita - e della non oggettivit delle cose.

Le principali dottrine bonpo sono quelle che fanno riferimento al post-mortem. I sacerdoti bonpo sono degli sciamani psicopompi (conoscitori del post-mortem) ai quali la tradizione attribuisce la facolt di volare nellaria al suono del tamburo e di muoversi a piacimento tra i vari mondi. La leggenda li vuole diretti discendenti di saggi abitatori della mitica terra di Shambhala. Alcuni studiosi considerano il Bon la forma pi antica del buddhismo. Di fatto Bon e Buddhismo tantrico risultano profondamente uniti. Oggi quasi impossibile per un profano distinguere tra seguaci del bon e seguaci del buddhismo tantrico tanto i monasteri, i rituali, le tecniche meditative

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sono cos simili. Il termine Bonpo riferito ai seguaci del Bon. Il Bon e le sue influenze nel buddhismo sono presenti ai nostri giorni in Ladakh, Tibet, Nepal, Bhutan e nelle comunit dei monaci bonpo in esilio in India. Monasteri e santuari Bon sono diffusi e attivi in queste regioni.

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Tibet, il Paese delle Nevi di Selene Calloni Williams

Dicono che qui, nelle montagne dellHimalaya, vi sia il mitico regno di Shamballa, la terra degli illuminati, e dicono che esista veramente e che per accedervi si debba trovare un passaggio che simultaneamente dentro e fuori di noi, nel nostro corpo e tra questi monti, i pi alti del mondo. Forse la chiave per trovare Shamballa nei testi che parlano del Tibet mistico, nei canti dei poeti, degli eremiti, degli yogin tantrici che vissero e meditarono in questi luoghi: Guru Rimpoche e la sua sposa Yeche Tsogyel, la Danzatrice del Cielo, la poetessa Ma gcig Labrong, il magico Naropa e il suo mitico maestro Tilopa, e i loro diretti discepoli: Marpa e il poeta eremita Milarepa. Nello Yoga tantrico, lo yoga esoterico che ha impregnato di s questi luoghi, poesia e misticismo sono le vie verso luomo. Non esiste il concetto di inconscio, ma linconscio rappresentato dalle terre inesplorate, dai luoghi remoti. Macrocosmo e microcosmo, dentro e fuori coincidono e tutte le cose, sia le forme del corpo umano che i monti, gli organi e i torrenti, sono il frutto del potere visionario della coscienza umana. Qui, dove linconscio delluomo la terra stessa, la mistica Ma gcig esprime questo invito: Si vada errando senza sosta,tra lande desolate e luoghi di ritiro. Si stia come lo spazio, privo di dubbi e paure. Senza dubbi e paure nellimmensit. E le fanno eco le parole della Danzatrice del Cielo: Il mondo unidea, ci che pensiamo, e non ha sostanza. Non c motivo di abbattimento, non siate depressi, amici; abbiate coraggio. Il mio corpo danza nel cielo e con destrezza si muove nella materia. Viaggiando ovunque, non ho trovato nulla che in definitiva sia reale. Voi, non riconoscendomi, mi considerate unentit esterna. Ma quando mi riconoscerete, sbattendo le ali con una forza nascosta, superando persino i venti taglienti, potrete giungere a qualunque destinazione.

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E le parole che il maestro Marpa disse al discepolo Milarepa: Vai a vagare nei deserti di neve, nella solitudine degli aridi monti e sprofondati nella contemplazione. Le montagne impervie dellHimalaya paiono difendere la saggezza antica. Mentre, molto lontano, nel mondo, nascono e muoiono teorie dellinconscio, qui lintuizione originaria, simbolicamente rappresentata dalla magica terra di Shamballa, sembra essere difesa da un guerriero invincibile: lEverest che, con la sua vetta unisce terra e cielo e. tutti gli opposti. Qui nasce spontaneo il bisogno di liberarsi dal conosciuto. bello viaggiare in questi luoghi ricordando il testo di unantica meditazione dello yoga tantrico e, camminando, sussurrare a se stessi le magiche parole della libert dallipnotismo delloggetto. Questo corpo unapparizione magica, il riflesso della luna sullacqua, unombra senza carne n ossa, un miraggio che muta momento per momento, un sogno che la mente proietta, uneco, un fantasma senza entit. Questo corpo una nuvola che cambia forma continuamente, un arcobaleno bello e vivido, ma senza sostanza, un lampo che rapidamente appare e svanisce. Questo corpo una bolla che si forma e scoppia allimprovviso, un riflesso in uno specchio che si manifesta vividamente ma privo di sostanzialit. -oHo deciso di tornare qui ancora una volta e di portare con me mio figlio, anche se ha solo otto anni. Non vedo lora di mostrargli luoghi per me cos magici e importanti. Ma lui, che stato con me nei deserti dellAfrica e nelle fitte foreste tropicali dellAsia, questa volta non vuole accompagnarmi, dice di avere un presentimento strano, una paura che non sa spiegare. Presagi e paure non devono portarci alla rinuncia, semmai invitarci a una maggiore attenzione, gli dico. Simultaneamente, per, in virt di quella legge dellequilibrio che unisce gli opposti, di cui lHimalaya maestro, prima della partenza mi informo su tutti i rischi del viaggio. Scopro che la cosiddetta malattia daltitudine, un disturbo che pu subentrare oltre i 2.500 metri di quota sul livello del mare, pu, in certi casi, avere conseguenze mortali. Per certo noto che lunica terapia efficace, una volta che i sintomi della malattia si siano manifestati in modo evidente, quella di scendere immediatamente di quota. Il pediatra, al quale mi rivolgo per informazioni, mi dice che un suo amico, un medico, poco pi che trentenne, morto, anni addietro, a causa delle conseguenze della malattia acuta daltitudine, che laveva colpito proprio in quelle regioni del Tibet dove sarei andata con Michelangelo. La malattia colpisce sulla basa di una predisposizione individuale che non accertabile in precedenza: in pratica non si pu sapere prima se si sar o meno soggetti ai sintomi di questa malattia recandosi ad alte quote, n si conoscono sistemi per prevenire il disturbo.

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Il nostro destino ha una forza irresistibile su di noi, un magnete che ci attrae senza possibilit di sfuggire. Ma una possibilit forse c di evitarne le conseguenze pi nefaste. Secondo i grandi maestri dello yoga che abitarono le regioni dellHimalaya, esiste una possibilit di fermare i venti del Karma, cio di non farsi travolgere dalle conseguenze delle azioni alle quali, per effetto della forza del nostro destino, non possiamo resistere. Quella possibilit nel restare desti, vigili e attenti durante lazione. Che cosa mai sono, dopotutto, lo yoga e la meditazione se non costante A-T-T-E-N-Z-I-O-N-E? Ecco altri versi della Danzatrice del Cielo:

Se restate in una condizione libera da depressione, torpore e offuscamento mentale, con la presenza non distratta di uno stato calmo, concentrati con una stabile attenzione, in una condizione di imperturbabile rilassamento, allora, qualunque attivit compiate, praticate la meditazione. Mentre, da un lato, la ragione mi dice di non portare Michelangelo a certe altezze, qualcosaltro in me, qualcosa di oscuro, magnetico, inebriante, mi spinge a fare lopposto. Alla fine scelgo di lasciare a Michelangelo la decisione: confido nel suo spirito guida. Lui dice che, malgrado le sue sensazioni e linspiegabile paura, vuole venire con me. Le montagne Himalayane sembrano conoscere i versi tantrici: ce li sussurrano con la magia di un canto di sirene. Forse, per giungere a Shamballa, bisogna solo lasciarsi ammaliare. Io frequento il mio cuore, vasto e profondo come foreste e luoghi remoti. Come quella di un leone, tale la nobilt della mia postura che, anche nel sonno pi profondo, nessun pericolo osa avvicinarmi. Mi muovo pi veloce del vento e le mie azioni sono libere, come quelle dellaquila. La luce radiante della mia attenzione eclissa gli ostacoli. Permanendo nello stato naturale, io vado ovunque senza paura. Katmandu Pi ci si avvicina allHimalaya, e alla magica Shamballa, pi la spiritualit di cui lIndia intrisa si fa selvaggia e a tratti richiama la follia. Quale la linea di demarcazione tra illuminazione e follia? Da quando esiste la psicologia, gli psicologi si interrogano su ci. Sono felice che mio figlio sia venuto con me, alla fine. Ritrovare Katmandu sempre una festa per me. A Katmandu la divinit danza, una danza estatica, folle, che trascina. Non serve spiegare, se ci provi, fallisci. Katmandu per me quasi una meta obbligata prima del Tibet, perch ho sempre avuto la sensazione che ogni conquista autentica passi attraverso un momento di follia, nel quale gli schemi ordinari vengono messi a soqquadro. A Katmamdu sono presenti tutte le principali religioni del mondo, ma sono tutte nude, cio tutte irrefrenabilmente tantriche. Qui domina il tantra: lo stato naturale.

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Qui il sacro non si protegge agli occhi del mondo, non sta chiuso nei templi e nei tabernacoli, balla per le strade, si mostra nei fumi delle pile funerarie lungo le sponde del fiume, nella nudit dei sadu, nella loro follia, nel fumo dei loro chillum, nei ritmi dei loro canti. Dovunque il sacro non si protegga appare, agli occhi di chi lo osserva nudo,come una potente dissacrazione. Con i suoi falli e le sue vulve di pietra erette ad altare, con la morte che dona spettacolo di s, con la vita che brucia la vita, con i santoni imbottiti di marijuana che passano il tempo spillando soldi ai turisti, con gli ultimi figli dei fiori che solo qui ormai possono ancora esistere, Katmandu uno dei luoghi pi sacri e pi folli al mondo. La prima cosa che faccio arrivando a Katmandu come un rito per me: brindo con una Himalaya beer alla mitica Shamballa, forse anche po per esorcizzare la fatica del lungo viaggio che mi aspetta lasciando la citt per attraversare le verdi e lussureggianti foreste del subcontinente indiano, fino ai desolati altipiani del Tibet.

Tibet C una buona dose di natura imponente tra Katmandu e la frontiera con la Cina, dalla quale si entra in Tibet. Una strada che sale attraverso tornanti tra le montagne pi alte del mondo, tra cascate e orridi di cui non puoi vedere la fine, tra alberi altissimi, dal tronco elastico, robusto, pieno di vita. E le cascate che si intravedono tra i vapori delle nebbie e delle nuvole. Viaggiando continuamente sullorlo del precipizio, ogni volta che incroci una vettura che arriva in senso opposto un tuffo al cuore. Anche percorrere questa strada per me una sorta di rito, mi aiuta a lasciare piano piano il conosciuto. Michelangelo entusiasta, euforico. La natura qui cos potente, cos bella, cos fiera di s!.. Per il momento accusa solo un po di mal di testa. Attraversiamo la frontiera tra lIndia e la Cina, entriamo in Tibet.

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Zhangmu, la prima citt tibetana dopo il confine, la tipica cittadina di frontiera, il traffico reso caotico dai camion che trasportano merci, la gente di passaggio, dallaria indifferente, dallo sguardo altrove. Decidiamo di proseguire e di trovare un altro posto dove fermarci per la notte. Arriviamo a Nyalam, un piccolo villaggio. Qui non ci sono alberghi, ma solo pensioni di quartordine, davvero in pessime condizioni. Tuttavia dobbiamo fermarci, sta arrivando il buio e non possiamo proseguire. I disagi di Michelangelo si accentuano, ha nausea, ora, oltre al mal di testa. Tuttavia, essendo a digiuno dalla mattina, accetta di consumare la cena in un ristorante cinese di fronte alla nostra pensione. Si addormenta nel suo sacco a pelo, nella piccolissima cameretta che ci hanno messo a disposizione, le pareti sono fatte di lamiera e dal bagno di sotto sale un odore di latrina disgustoso. Io sono accanto a lui, non gli tolgo gli occhi di dosso per tutta la notte. Ogni tanto si sveglia e lamenta il mal di testa, poi si riaddormenta, a tratti ha caldo, suda, e vuole gettare via il sacco a pelo, a tratti bisbiglia ho freddo!. Ho sempre vissuto il Tibet con un sentimento di libert ispirato dagli spazi sconfinati di cui la natura sa dare spettacolo; incredibile per me trovarmi ora rinchiusa tra quattro mura di lamiera con mio figlio che sta male e langoscia che la sua condizione possa peggiorare lindomani. Eppure mi sembra un passaggio obbligato, una prova che devo, che dobbiamo superare per oltrepassare uno scoglio del destino e raggiungere il mare aperto della vita. A tratti mi sento sicura che lindomani il pericolo rientrer nei limiti della normalit, a tratti mi sembra che, se il mio destino deve proprio farmi vivere una prova difficile, proprio qui che mi accadr: in Tibet, dove sono le eco dei canti dei poeti, degli insegnamenti degli yogin, dei maghi, dei profeti, dei mistici, che mi hanno tanto entusiasmata. Se vero che microcosmo e macrocosmo coincidono e ci che fuori simultaneamente allinterno; quei luoghi sono una parte di me significativa. Lindomani le condizioni di Michelangelo risultano peggiorate. Lo aiuto a vestirsi e a salire sulla jeep. Gli altri che sono insieme a noi insistono sullipotesi che non stia accadendo nulla di grave, che i sintomi di Michelangelo svaniranno presto, non appena egli si sar abituato allaltitudine. Siamo a 3800 metri, ed entro sera dovremo arrivare fino a 5.050, quando attraverseremo un passo chiamato Lalung-La. Ci dirigiamo verso il luogo dove la leggenda vuole che il grande yogin Milarepa, poeta ed eremita, abbia trascorso diverso tempo della sua vita in meditazione. Per quante volte io sia gi stata nella regione dellHimalaya questa la prima volta in cui mi sono riservata loccasione di visitare quella grotta, che un luogo molto significativo nel mio immaginario. Michelangelo disteso sul sedile posteriore della jeep, con la testa appoggiata alle mie gambe. Io gli accarezzo i capelli, mentre gli racconto la vita di Milarepa e cerco di farmi coraggio leggendo qualche frase dei suoi canti.

Lass, in mezzo al cielo azzurro,

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la coppia del sole e della luna vive felicemente: il palazzo meraviglioso degli di. (.) A est sulla montagna innevata dal picco di cristallo, il bianco leone delle nevi vive felicemente: il re che governa sui quadrupedi, come segno di grandezza, non mangia carne putrefatta. Quando scende verso i prati verdi, possa la tormenta di neve non diventargli nemica! A sud, al riparo del folto della foresta, la tigre dal manto striato vive felicemente: il campione di tutte le belve, come segno di coraggio, non esista a sacrificare la vita. Quando vaga per i sentieri stretti, possa la trappola non diventarle nemica! A ovest, nel turchese scintillio del lago il pesce dalla pancia bianca vive felicemente; il danzatore dellelemento acqua, per lo stupore rotea i suoi occhi dorati. Quando insegue i cibi che desidera, possa lamo non diventargli nemico! A nord sullimmensa roccia rossa, lavvoltoio, re degli uccelli, vive felicemente: il veggente tra i pennuti meraviglia! Non uccide i suoi simili. Quando cerca il cibo tra le vette delle tre montagne, possa la rete non diventargli nemica! (p. 43).

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Ma, giunti a destinazione, Michelangelo cammina faticosamente verso il tempietto dedicato a Milarepa. Mi accorgo che non ha pi una buona coordinazione motoria. Portami a casa, mamma, mi dice. Io dico agli altri che li aspetter in auto. Resto sulla jeep, Michelangelo rimane sdraiato con la testa appoggiata alle mie ginocchia. pallido e il suo cuore batte fortissimo. Non aspetto pi. I telefonini non funzionano, non c campo. Chiedo a un ragazzino tibetano che gioca con i suoi amici a poca distanza dalla jeep di correre a chiamare i miei amici che sono scesi verso la grotta e di dire loro di tornare immediatamente indietro. Appena ci raggiungono,Rashid lindiano che con noi, prende dal baule della sua jeep una bomboletta di ossigeno e me la porge. Se respira un po di ossigeno star meglio, mi dice. questione di abituare lorganismo allaltitudine. Non ho la stessa impressione. Getto unocchiata al sentiero che conduce alla grotta di Milarepa. E penso che, nella misura in cui il maestro, al pari del guaritore, un archetipo, ed dentro di noi, posso rivolgermi a lui. Maestro, ti prego, aiutami a prendere la decisione migliore, penso. Mi accorgo che il cielo si fatto scuro e pare che le nuvole, ingrossandosi stiano scendendo verso terra, mentre la nebbia sta salendo. giorno, ma il sole talmente oscurato che pare gi sera. Ricordo di essere nellHimalaya, dove tra corpo e terra, organi ed elementi della natura, non c differenza e dimprovviso divengo assolutamente certa di ci che sta accadendo a me e a mio figlio. Lossigeno non serve, solo un palliativo, ci farebbe perdere del tempo prezioso. Voglio portarlo gi a una quota pi bassa, immediatamente! dico al mio gruppo. Devo sembrare cos decisa dal tono delle mie parole, che nessuno prova a contraddirmi, bench ci siano difficolt enormi: un giornata intera di jeep tra tornanti e nebbie che ci separa dal confine tra la Cina e il Nepal, il visto di gruppo, da cui non scorporabile un permesso individuale per me e Michelangelo per attraversare il confine e, non da ultimo, il fatto che proprio io sono la guida di quel gruppetto di persone che mi guardano ammutolite, esterrefatte. Il Tibet una terra di di, demoni, demonesse, orchesse e spiriti selvaggi che sono lincarnazione delle forze elementari ostili e delle potenze naturali. Gli antichi testi che descrivono la conquista del Tibet da parte degli yogin tantrici buddisti, che civilizzarono le popolazioni nomadi, definiscono le loro imprese come esorcismi di demoni e demonesse che rappresentano una natura impervia, difficile a essere conquistata, ma anche silenziosa, potente, affascinante. Gli antichi mistici e monaci del Tibet appaiono come maghi o sciamani capaci di potenti esorcismi e di ogni sorta di magia, compresa quella di volare nellaria. Ancora oggi il Tibet possiede una geografia mitica, in cui il i picchi montani sono i falli delle divinit e le valli i corpi distesi delle demonesse. Molti tibetani praticano ancora il pellegrinaggio spirituale, cimumambulando intere montagne e laghi ritenuti sacri. In verit non c monte o lago o fiume in Tibet che non sia considerato sacro. I pellegrini ancora oggi parlano di come i monti sacri del Tibet inchiodino alla terra i corpi delle demonesse, che rappresentano lenergia sessuale selvaggia della natura. In particolare, Padmasambhava, detto Guru Rimpoche, il leggendario personaggio a cui viene attribuito il merito di aver portato il tantrismo dallIndia al Tibet, comp un percorso che partiva da Katmandu e saliva fino ai piedi dellEverest, proprio quello che noi avevamo programmato di fare. Nel suo viaggio Guru Rimpoche esorcizz e sottomise tutti i demoni che incontr sul proprio cammino e in particolare i guardiani dei passi del Paese delle Nevi. Le tecniche che us Guru Rimpoche per soggiogare i signori della terra sono descritte nei testi antichi del tantrismo buddhista e, poich, per loro, la conquista sugli spiriti della natura e sulle forze dellinconscio una medesima impresa, ancora oggi i lama usano e insegnano quelle tecniche nelle loro meditazioni e nei loro riti.

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Non difficile, viaggiando per il Tibet, vedere allimprovviso, nei luoghi pi impensabili, pile di sassi e pietre, sono i chorten , o stupa , montagne simboliche, chiodi, o pugnali rituali che tengono a bada le forze demoniache della terra sottostante. Anche i pennoni, e i pali su cui svettano le bandiere di preghiera, i santuari eretti in luoghi deserti a mezzo di semplici corde a cui sono legate le colorate bandierine di preghiera, rappresentano un omaggio alle de della natura e ai signori della terra. A volte i pali piantati sui tumuli di pietre o di terra simboleggiano i signori della terra stessi ( sadak) e ricevono i corrispondenti riti propiziatori da tutti i pellegrini che si trovano a passare di l. Ciascuno di questi chiodi pu essere visto anche come un ago per agopuntura piantato nel corpo della terra, con leffetto di curare ed equilibrare il campo energetico ambientale. Qui, dove lidea di inconscio cos come stata concepita da Freud e dalla psicoanalisi, non mai arrivata, le forze della terra e quelle dellinconscio sono ancora rappresentazioni del potere visionario della coscienza umana: due facce della medesima esistenza. Qui linconscio da definirsi come lo stato naturale dellessere, non una condizione di oscurit, di mancanza di consapevolezza, non uno stato peccaminoso di impulsi primordiali, ma, al contrario, uno stato di chiara luce che sorge spontaneamente, come il calore del sole nasce congiuntamente al sole, quando, al cadere di ogni sforzo per fare o per essere qualcosa, allacquietarsi di ogni pensiero, ci si ritrova svegli dallillusione. Qui siamo in un paesaggio numinoso, mitico e fantastico, che Ma gcig, Yeshe Tsogyel, Guru Rimpoce, Milarepa hanno conquistato al suono del medesimo grido: Emaho! Meraviglia! E ancora oggi, a chi sa bene ascoltare, evidente che le altissime montagne conservano e si rimandano leco di quel grido di conquista: Emaho! Meraviglia! In tre giorni io e Michelangelo siamo andati e tornati dalla dimora degli di nel Paese delle Nevi, mai avrei pensato di poter compiere un simile percorso in cos poco tempo. Ma siamo tornati con una sensazione di vittoria nel cuore, come di chi ha saputo accogliere la sfida del destino e non esserne travolto. Limpressione fondamentale che ne abbiamo riportato stata quella di aver esorcizzato molti tra i dmoni delle nostre paure.Che importa sapere, adesso, se, proseguendo il nostro cammino le condizioni di Michelangelo si sarebbero aggravate, oppure il suo stato di salute sarebbe tornato alla normalit? Non secondo la logica della mente che si dialoga con i numi, tra i monti dellHimalaya.

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Il ngapka Rashid prende il mio posto alla guida del gruppo. soprattutto grazie a lui, che non trascura mai di chiedere informazioni ai nomadi che incontra, che, dopo qualche giorno di ricerca, gli amici che hanno continuato il viaggio riescono a scovare una delle figure pi suggestive del Tibet visionario. un ngakpa. I ngakpa sono maestri dello yoga tantrico, essi vivono per lo pi isolati, in eremitaggio, sono depositari della tradizione Dzogchen, che rappresenta la via dei Tantra pi elevati, il cammino considerato il pi rapido e intenso. Dalle popolazioni nomadi e da quelle stanziali che abitano nei villaggi, i ngakpa sono ritenuti degli psicopompi, ovvero dei conoscitori del regno del post mortem . Essi vengono chiamati al capezzale dei defunti per accompagnarne lanima nei mondi del transito che, secondo la tradizione dello yoga tantrico, si estendono tra la morte e una successiva rinascita. Il rituale dellaccompagnamento dellanima del morente si trasforma in un insegnamento per i vivi che compiono la veglia funebre. Raccontando le prove che lanima deve superare nel post mortem , il ngakpa dona, infatti, rivelazioni per la vita. Le parole che il ngakpa sussurra davanti al capezzale del defunto sono ispirate alla tradizione del Bardo Tosgrol, il Libro Tibetano dei Morti, che la leggenda attribuisce a Guru Rimpoche stesso. Il ngapka spiega che la chiave segreta dellarte del morire nel non avere paura e nel mantenere, in ogni momento, durante la morte e durante il transito tra la morte e la successiva rinascita, unattenzione vigile e costante. La paura ci costringe a non guardare, offusca la visione e fa cadere la coscienza nella fossa delloblio, per cui diveniamo preda delle forze avverse e vittime degli eventi che ci trascinano a nostra insaputa. La chiave segreta dellarte del non avere paura, consiste nel ricordare a se stessi incessantemente che tutto ci di cui si va facendo esperienza una nostra stessa emanazione, un sogno, unillusione, mentre la realt altro non che chiara luce senza interruzioni. Anche il corpo un veicolo di pura apparizione che si dissolve e si riforma come unombra che appare e svanisce secondo il cammino del sole. Presa consapevolezza della vacuit delloggetto e del corpo, la paura svanisce; si comprende, infatti, che nessun pericolo reale, giacch neppure il nulla pu nuocere al nulla. Ancora oggi lottanta per cento dei tibetani sceglie di avere una sepoltura a cielo aperto. Esistono luoghi per i funerali, nei quali e severamente vietato recarsi con telecamere o macchine fotografiche, dove i cadaveri vengono tagliati in piccoli pezzi per essere dati in pasto agli uccelli. Lo sciamano Lo sciamano un guaritore, un conoscitore dei segreti profondi del corpo e dellanima. Egli ha appreso ci che sa non dalle letture e dai libri, ma per via estatica, per rivelazione. Lo sciamano, dunque, innanzitutto uno specialista dellestasi, della trance, degli stati ampliati di coscienza. I suoi maestri sono gli stessi di e demoni di cui limpervia e potente natura del

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Tibet carica. Al pari degli yogi, dei lama, dei monaci buddhisti, dei ngapka e di tutti i mistici, la sua verit poetica, non letterale. Il mondo per lui frutto del potere visionario delluomo e luomo una conseguenza del potere visionario dellanima e persino lanima un frutto della visione: tutto visione. In un mondo dove lillusione illusione e la realt anchessa illusione, lo sciamano un illusionista che estrae dai corpi dei propri pazienti la malattia senza praticare ferite, che si traveste per incarnare il proprio spirito guida, il quale gli dice il da farsi, sulla base di una conoscenza antica quanto lHimalaya. Lo sciamano un poeta che si nutre di verit metaforiche e non oggettive, un figlio degli spiriti, uno spirito a sua volta, un bandito per la ragione, che non lo comprende e si sforza di smascherarlo. Ma lo sciamano intende il proprio travestimento come lo stesso travestimento che indossa la natura nel suo eterno gioco.

Yogi, tantrici, lama, eremiti, poeti, ngapka, sciamani, spiriti e signori della terra, incarnano la parte irrazionale delluomo, che nella nostra tradizione occidentale, scientifica sempre stata associale al femminile. Qui, in Tibet, dove la terra linconscio, il cosiddetto tantra madre, ovvero la tradizione esoterica dei misteri, appare, ancora viva, malgrado le violenze, i crimini, la distruzione sistematica dei monumenti religiosi e la profanazione di qualsiasi luogo, oggetto, ritiro spirituale, operata in Tibet dalle Guardie Rosse durante la Rivoluzione culturale, la quale voleva leliminazione dei quattro vecchi: pensiero, cultura, usanze e tradizione. Il Tibet ha, tuttavia, ancora un patrimonio di opere darte sacre di inestimabile valore la cui salvaguardia affidata agli sforzi internazionali. Oggi, i visitatori che lasciano il Tibet lo fanno con un senso di tristezza nel cuore, con la consapevolezza che salvare il Tibet, la sua immagine, la sua cultura e ci che esse significano per il mondo, sia unardua impresa. Un compito difficile di fronte al quale, per, necessario non arrendersi.

Il Kumbun di Gyantse La parola kumbun significa 100.000 immagini. Il kumbun uno stupa, cio una costruzione a cupola con base e cuspide, che segnala un luogo di potere. Un kumbun contiene innumerevoli immagini e dipinti. Famosissimo in Tibet il kumbun di Gyantse. Si pu pensare che un kumbun sia una raffigurazione dellinconscio naturale. Paura, rabbia, volont, potenza, depressione, euforia, aggressivit, amore: eccoli, gli di, i demoni, le energie inconsce che fanno parte di ci che siamo, al di l dei confini dellIo.

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Entrare in ciascuna delle innumerevole porte del kumbun e vedere le icone, le statue o i dipinti che vi sono contenuti e che paiono saltar fuori dal buio allimprovviso, veramente come viaggiare per i gironi del mondo interiore.

I monaci e i monasteri

Depositari della cultura, della filosofia e della tradizione, i monasteri ospitano molti tibetani che hanno lasciato la vita mondana per indossare labito arancione. Esistono sia monasteri maschili che femminili. Ogni monastero brulicante di monaci che, a tratti, non si notano, tanto silenziosa e discreta la loro presenza, non si vedono, ma si percepiscono ovunque, al di l dei muri entro i quali consentito ai viaggiatori camminare, a tratti, invece, si vedono tutti quanti insieme rumorosamente, come nel collegio filosofico, un giardino dove i monaci discutono animatamente di filosofia sotto gli occhi del maestro. La presenza di ognuno di questi monaci assolutamente indispensabile per la sacralit stessa del monastero: ciascuno di essi, infatti, rappresenta un aspetto della divinit alla quale il monastero dedicato, ne una incarnazione e ne manifesta la potenza. La preghiera ci che li unisce e nel momento in cui, al suono del grande gong e dei mulini di preghiera, recitano i mantra , essi paiono veramente un unico essere. Le loro voci, cos basse e potenti, paiono il canto di un dio sorto dalle profondit della terra.

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Il Potala

Dallepoca in cui fu portata a termine la sua costruzione, e cio, a partire dal 1649, il palazzofortezza del Potala stato la sede di tutti i Dalai Lama, sebbene, a partire dalla fine del XVIII secolo, con la costruzione del palazzo destate del Norbulingka, sia servito solo come residenza invernale. Il Potala era anche la sede del governo. Il Dalai Lama, oggi costretto a vivere in esilio nellIndia del Nord, sia guida spirituale che politica del Tibet. Limmensa devozione dei tibetani nei confronti del Dalai Lama pu essere compresa solo alla luce del fatto che essi lo pensano come lincarnazione di Avalokiteshvara, il Buddha della Compassione. Il Potala venne fatto costruire dove sorgeva una caverna di meditazione nella quale si rec in ritiro spirituale un antico re. Quella caverna venne benedetta dallo stesso Guru Rimpoche. Oggi, la poderosa struttura del Potala un grande museo dove possibile ammirare molte opere darte a carattere religioso, tra le quali le cappelle che custodiscono le statue raffiguranti i vari aspetti del Buddha e le icone che ricordano i maestri che per primi introdussero in Tibet le pratiche e i rituali tantrici. Tre le raffigurazioni del Buddha ve ne una di carattere assolutamente tantrico e naturale: quella del Kalacakra Buddha, il quale rappresentato nellatto dellunione erotica con la propria compagna. Il Buddismo in Tibet ha un carattere decisamente unico a causa della sua matrice tantrica e sciamanica. I primi maestri che portarono il Buddhismo dallIndia al Tibet, infatti, erano tantrici. Il Buddismo tantrico, and ad innestarsi sulla religione preesistente in Tibet: il Bon, di matrice sciamanica. Il Bon e il tantrismo hanno talmente permeato di s il Buddhismo in Tibet da renderlo unico al mondo: esso ha mantenuto le caratteristiche della religione animistica di natura. Tra la vasta letteratura sacra del Buddhismo tantrico, vogliamo ricordare il bellissimo testo del maestro Naropa, chiamato Kalacakra Tantra. Naropa, ispirato dal maestro Tilopa, ha lasciato altres metodi yoga assai importanti nella tradizione tantrica, come lo Yoga del Calore, alla pratica del quale si dedic in modo particolare il poeta Milarepa. Lo Yoga del Calore consente, attraverso una particolare tecnica di respirazione, di produrre Dummo, o calore interno, da cui hanno origine, forza, potere spirituale, intuizione e conoscenza.

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Una caratteristica evidente degli esercizi tantrici che essi tendono sempre a unire lesperienza fisica come quella che pu derivare dalla pratica di una determinata tecnica di respirazione o da una certa posizione del corpo con lesperienza visionaria. Affinch risulti efficace, lesperienza deve prodursi simultaneamente sia sul piano materiale, sia sul piano immaginario. Lunione erotica di Padre e Madre, simboleggiata dal Kalacakra Budda, appunto la metafora dellunit degli opposti. La vera esperienza, lesperienza che produce il cambiamento, un evento di unit degli opposti nel quale gli estremi si danno luno allaltro rivelandosi sacri, ovvero capaci del sacrificio di s. Lo Yoga Tantrico, che considerato la forma pi esoterica e pi potente dello Yoga, come nellantichit, cos ai giorni nostri, non un insegnamento popolare: pochi individui, in Tibet come nel resto del mondo ne possiedono i segreti. Secondo una tradizione, si narra che il Buddha fece girare la ruota del Dharma tre volte, ad ogni giro comunicando dottrine via via sempre pi ardue e profonde. Il terzo ciclo di insegnamenti, il pi esoterico, venne dato dal Buddha in un tempio dellIndia meridionale, e codificato in un gruppo di testi chiamati Tantra. Molti di quei testi sono stati rinvenuti nelle montagne del Tibet, dove erano stati sepolti. E molti di quei gioielli si dice siano ancora sepolti nel Paese delle Nevi, giacch ogni libro porta un insegnamento adatto a una determinata epoca e bisogna che esso sia rinvenuto e messo a disposizione degli uomini nel giusto momento. Il Pese delle Nevi un luogo di grande potere spirituale, un mondo sacro, dedicato alla Dea Madre, che custodisce tesori, consci e inconsci, di inestimabile valore.

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Bhutan, il paese della felicit interna lorda di Selene Calloni Williams


Raggiungi il lago del puro piacere. dove i pesci dagli occhi dorati dellacuta percezione si moltiplicano, dove gli uccellini apprendono a volare, e tutto imperturbabile rilassamento, al di l di ogni limite. Yeshe Tsogyel, poetessa tantrica.

In un discorso del 21 Giugno 2005 del primo ministro bhutanese, Jigmi Y. Thinley si legge: La felicit pu essere realizzata come un traguardo sociale, essa non pu venire conseguita come obiettivo personale, come fosse una merce, parimenti non pu essere perseguita come uno scopo della competizione individuale. La felicit non pu venir distribuita agli individui come una merce o un servizio. Tuttavia essa troppo importante perch venga lasciata al puro sforzo e alla ricerca individuale, senza un impegno collettivo o di governo. [...] Nelle societ comuni, a mezzo dellapprendimento culturale, delleducazione, dellinsegnamento psicologico, molti sforzi vengono profusi per far s che le persone cerchino la libert partendo da una attitudine che nega loro la felicit. Portare alla luce ci che assilla luomo, scoprire ci che inganna la sua vera natura e rivelare il suo S interiore, un compito assai pi elevato che domare la natura e conquistare il mondo esterno.

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il re del Bhutan ad aver coniato il concetto di Felicit Interna Lorda , o GNH dalle iniziali delle parole inglesi Gross National Happiness, che si contrappone al modello del Prodotto Interno Lordo che ben conosciamo. In Bhutan, nei pressi di una roccia che secondo la leggenda un mago tantrico venuto dallIndia avrebbe spezzato a met per estrarre dallInferno la propria madre, sorge un tempio dove risiede un alto lama che ha il dono del vaticinio. Il lama non riceve se non chi, secondo le sue stesse predizioni, destinato ad incontrarlo. Nel tempio dove il lama vive campeggiano le statue di Guru Rimpoche, il Maestro Prezioso Padmasambhava, e delle sue due compagne tantriche, di cui una Yeshe Tsogyel, straordinaria figura del tantrismo hymalaiano.

Il Bhutan il solo luogo al mondo che ha per religione ufficiale il buddhismo tantrico Drupa Kagyu, la forma di tantrismo buddhista pi vicina all antica religione primitiva, ai culti miticosimbolici dello sciamanismo. Il Drupa Kagyu enfatizza la pratica della dello yoga e della meditazione solitaria, secondo linsegnamento dei grandi asceti tantrici che da Naropa arriv a Marpa e al famoso poeta mistico Milarepa. Secondo questa scuola possibile raggiungere la liberazione dal ciclo delle rinascite in una sola vita, per mezzo della pratica dei Sei Yoga di Naropa: lo Yoga del Calore, lo Yoga del Corpo Illusorio, lo Yoga del Sogno, lo Yoga della Luce, lo Yoga della Trasferenza del Principio Cosciente e lo Yoga del Bardo. Per superare la visione comune e giungere alla libert lo yogin tantrico passa attraverso lesperienza estatica, che puramente artistica e creativa: la poesia e limmaginazione sono gli strumenti dellestasi tantrica. a mezzo della forza poetica che si pu creare nella coscienza quello stato ampliato nel quale ci che immaginato acquista la forza di accadere nella realt quotidiana. Il

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grande maestro Aurobindo sosteneva di essere divenuto uno yogin poich era un poeta. La poesia da sempre il segreto dellestasi tantrica.

Di ritorno dal Bhutan di Raffaella Boschiasso

Ho deciso di andare in Bhutan venti giorni prima dalla data di partenza. Mi sono accorta che il mio passaporto era scaduto e cos ho iniziato la corsa al rinnovo. Sembravano tempi accessibili se non che in questura a Cuneo tutto era assai rallentato, per via di alcuni blocchi dovuti probabilmente a rinnovi concessi in precedenza e considerati non regolari. Quindi i controlli e i tempi si sono allungati sino a tre mesi dalle domande, lagenzia a cui mi sono rivolta aspettava rinnovi da oltre tre mesi, figuriamoci come considerava il mio, praticamente impossibile. Per due settimane nessuna risposta sino a quando ho deciso di andare di persona in questura per accertarmi della situazione. Sono andata spinta dallamore per le persone che sarebbero venute con me e per poter dire che ci avevo provato. Quando sono arrivata e ho chiesto del mio documento la donna allo sportello, osservando la data della mia richiesta, mi ha guardato come se stessi chiedendo il biglietto per la luna. E' andata a vedere e, con sua sorpresa, ha trovato il documento rinnovato, forse ha pensato che fossi la maga Circe o la nipote del presidente. In ogni caso, stato per me un chiaro segno che in Bhutan qualcosa mi attendeva. Siamo partiti gioved e solo mercoled avevo ritirato il visto per L'India. E' stato davvero molto divertente vincere ogni aspettativa, una forza e una calma si sono stabilite nel mio intimo. Ho preparato i bagagli in fretta e furia e ho raggiunto il gruppo. Sono partita serena e con nessuna aspettativa, totalmente disponibile ad abbracciare il destino, non sapevo perch andavo n cosa cercare. Certo, era la terra del drago tonante, del tantrismo e di Guru Rimpoche, una terra dove si va per scelta, nel mio caso una scelta dettata dallanima. Eravamo in quattro donne e quel numero mi ha fatto pensare agli elementi tanto cari alle regioni himalaiane: terra, acqua, fuoco, vento e il quinto lo spazio era sicuramente il Bhutan. Tutto era perfetto e lo stato sino al nostro rientro.

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Quando la terra fu tanta e pesante, si pot far solchi e lasciar cadere semi: se un giorno nasceranno saranno i fiori dellamore. Quando lacqua irruppe i margini e raggiunse ogni luogo, si pot scegliere se inabissarsi o lasciarsi trasportare dalla corrente, che come culla ci tempr. Quando fu il fuoco ad incombere non lasci pensieri, solo ardente calore, tanto calore da non lasciar di noi che cenere. Quando il vento fu impetuoso, irresistibile e tagliente, si pot aprir le braccia e lasciarsi volar via, verso luoghi incerti e sconosciuti. Fu sempre il tempo dello spazio che, in un tempo fuori dal tempo, contraeva e dilatava ogni sfumatura, senza interrompere mai il gioco.

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Quando luccello dalle ali di fuoco ha iniziato la discesa nella stretta valle di Paro ho cominciato a realizzare che stavo per incontrare il drago tonante. Mi sono lasciata rapire da quel simbolo e per tutto il soggiorno l'ho sentito tuonare nella pancia. Lo vedevo nei volti dei bambini incantati e sapienti e in quello dei vecchi segnati dal logorio del tempo, contagiosi di calma, nei fitti boschi tenebrosi che attraversammo per raggiungere i monasteri e nelle acque nere del lago morto. Lo vedevo nelle vette opache delle black mountains che ci hanno accompagnato per lunghi tragitti, nella quattro aquile che mi hanno seguito nel lungo itinerario che ci port nella valle nascosta dalle gru dal collo nero. Lo vedevo nei cani, e li, mi fece male, mi trafiggeva il cuore come un pugnale, mi coglieva nel limite e, al limite mi dava. Entrata nellaeroporto ho capito immediatamente che si trattava di un paese fiero di ci che era. In quale fiaba eravamo precipitati? Piccole dimensioni curate nei dettagli, esaltate dai colori e rincuoranti per lordine e la pulizia. Era bellissimo trovarsi li! Anche quando siamo uscite dallaeroporto tutto continuato in quello stile, anzi migliore. Gli uomini in gonna con labito tradizionale ancora presenti ovunque mincantavano per la loro eleganza e raffinatezza, non li dimenticher mai. Per mezzo loro iniziava la mia prima meditazione: vedevo qualcosa di mai visto prima eppure la mia percezione a riguardo era gi condizionata. Per la cultura a cui appartengo il loro abito femminile. Mi piaceva, lo trovavo originale, lo accettavo, ma non evocava di certo il mito delluomo guerriero, forte, possente e coraggioso. Con il passare dei giorni la mia percezione a riguardo divenuta neutra, stato importante e divertente osservare i miei sentimenti in quella occasione. Come potete capire, il viaggio era iniziato bene.

Il Bhutan fino ad oggi lunica nazione che ho visitato che mi ha dato chiaramente limpressione di non aver bisogno di noi occidentali: non ci hanno chiesto soldi mai! Devo dire che ho percepito una civilt ammirevole che mi ha dato, in certi momenti, la sensazione di essere nel futuro. E comunque un paese in pieno sviluppo economico; si stanno creando nuove strade per raggiungere posti impervi, demolendo con dinamite porzioni di montagne perch possa arrivare pi turismo; la vecchia storia che si ripete. Si capisce che presto ogni luogo sar raggiunto; questa una delle ragioni per cui, sono molto felice di aver visitato il Bhutan con nonterapia, in questo periodo di cambiamento. Infatti il 24 marzo 2008 si voter per eleggere i rappresentanti alla Camera Bassa del Parlamento. Il 31 dicembre scorso si sono tenute le elezioni della Camera Alta e, con l'elezione del Parlamento, si segner la svolta democratica dopo un secolo di monarchia assoluta. La meditazione ha accompagnato ognuna di noi durante il viaggio. Selene, la nostra accompagnatrice, ha proposto meditazioni, stimoli su cui riflettere, abbiamo parlato della cultura, della religione e delle tradizioni di natura di questa terra e di questo popolo.

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Citer, tra le varie tradizioni, il culto del folle divino perch oltre a sorprendermi, trova in me una sostenitrice. Il folle divino scelse la strada dei vizi per il suo risveglio spirituale, os rovesciare i valori comuni e andare contro corrente e divenne popolarissimo: il piacere fu la sua dottrina. Portatore di fertilit, viene pregato ed evocato dal popolo in quanto riusc nelle sue imprese a neutralizzare le forze avverse e terrifiche, che si riversavano contro gli uomini. Viene simboleggiato con un fallo dipinto sui muri o appeso ai quattro lati delle case, a lui dedicato un meraviglioso tempio al centro di una valle, sito di una scuola buddista per bambini. Un luogo d una gioia soffocante: avvicinandoci al tempio abbiamo respirato allegria ed euforia ad ogni passo, credo proprio sia stata la sua energia diffusa in tutta la valle. Il popolo non in grado di fare come lui, ma lo adora, ne ha fatto un Dio. Da noi sarebbe un demonio e saremmo accusati di disegni osceni in luogo pubblico. E veramente molto divertente o forse drammatico, ma importante capire come le percezioni siano diverse a seconda delle culture, del modello di pensiero: viaggi come questo ti aiutano molto. ll Bhutan tanto verde, ci sono vari tipi di boschi che si possono vedere ovunque, fin dove arriva lo sguardo, qui il drago tuona e le piogge arrivano. In alcune zone in cui le colline sono pi dolci, immaginate di vedere le coltivazioni che assomigliano ad un puzzle, ogni appezzamento ha una sua cornice in pietra ed erbe, ci sono terrazze a sfumature di verde: come vellutati scalini d una reggia in cui le divinit salgono in cielo e scendono in terra. Quando il secondo giorno siamo partite per raggiungere il monastero buddista di Taktsang, non potevo immaginare una cosa tanto sorprendente. Avevamo iniziato il trekking a piedi nel bosco, quando ad un certo punto la visuale si fatta spaziosa ed ecco il monastero, come un puntino bianco e rosso aggrappato ad una parete rocciosa verticale di circa 800 metri. Ci ha lasciato senza fiato, come in trance. Come un nido d aquila stava li appoggiato alla roccia, apparentemente irraggiungibile, le nostre menti incredule hanno iniziato il loro lavorio fatto di pensieri ed emozioni. E' stato come vedere una meraviglia della natura, uno stupore incantevole mi rese entusiasta. Avevamo scoperto dov'era la meta, ma non dovera la strada, n quanto tempo avremmo impiegato ad arrivare. Ho iniziato a camminare, assorta in una meditazione dinamica. Abbiamo attraversato un bosco parlante, ... non ero drogata, la mia coscienza era ampliata e in estasi, cos che ogni cosa diventava possibile. Quasi sulla porta del monastero una donna nella sua abitazione sentinella, mi ha sorriso ed stato come se mi raccontasse la sua vita, non dimenticher mai quel volto senza tempo. Entrata nel monastero ho compreso cosa fosse una soglia e quella soglia. Le guide ci hanno spiegato minuziosamente la storia del monastero. Siamo entrate nel cuore del monastero, la grotta che fu luogo di meditazione del grande mistico Padmasambava. Proprio li abbiamo incontrato un monaco piuttosto giovane al quale abbiamo chiesto di aiutarci dandoci una meditazione, semplice, efficace. Pensandoci ora, stata una richiesta piuttosto esigente e forse anche rischiosa, ma lui stato chiarissimo e ha esaudito a pieno il

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nostro desiderio. In realt non mi ha detto nulla che non mi fosse gi stato detto, ma proprio per questo valsa la pena di arrivare fin li. Se penso a quel giovane studente, lo immagino ancora la nel monastero di Tango Goemba, sede della pi importante scuola buddista del Bhutan. Lo vedo ancora nella sua piccola e colma stanza colorata, con finestra su boschi e montagne, un orizzonte mozza fiato. Lui studia li, dove per arrivarci abbiamo inpiegato due ore a piedi, in una pace assoluta. Lontani dal mondo, gli studenti compiono un iter lungo tre anni prima di poter iniziare a studiare e praticare la meditazione vipassana. Disciplina, controllo, preghiere e studio, innalzare le virt e annullare il proprio io: un cammino molto lungo. Abbiamo parlato con questo studente, che molto gentilmente ci ha invitato a bere the e biscotti nella sua camera, dopo aver accolto la nostra richiesta di dialogo. Abbiamo parlato della via del Dharma da lui seguita nella scuola e mentre ci raccontava cosa faceva, non ho avuto il coraggio di dirgli che io, meditavo e praticavo ancor prima di avere alcuna nozione a riguardo. Punakha per i Butanesi un luogo dove maschile e femminile si incontrano e si fondono: le acque sacre del Mo chu, il fiume femmina, e del Pho chu il fiume maschio, si uniscono, il sangue del drago tonante diviene androgino. Ricordo una meditazione stupenda in compagnia di quelle acque, mi sono lascita trasportare dalla poesia di quel luogo. Gli Dzong, i monsteri, sono costruiti in luoghi sacri, infatti qui c ne uno proprio sulla punta di terra che unisce i due fiumi. E' la residenza invernale del Consiglio Centrale dei monasteri, luogo di incontro tra il potere temporale e quello spirituale. Quando siamo entrate nel patio abbiamo trovato una moltitudine di consiglieri in ricreazione, ma la cosa che mi ha colpito maggiormente, oltre alla simbologia dipinta sui muri, sono stato i nidi di api o vespe appesi ai cornicioni del palazzo, non avevo mai visto una cosa del genere: da noi li bombardano come malefici intrusi.

In Bhutan c la strada unica asfaltata, le altre sono sterrate o semplici sentieri. Percorrendola ho incontrato una bellezza di tale potenza, da scuotermi come un terremoto. Una vegetazione cos rigogliosa e selvaggia che immediatamente risveglia energia, il semplice essere l nello spazio del Bhutan mi faceva sentire diversa, una forza grandissima mi ha accompagnato per tutto il tempo. Un paese dove i simboli sono ancora forti, tanto forti da rapirti in meditazione. In cima al passo Pele La, con i suoi 108 stupa, con la

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catena dell Himalaya di fronte a me, ho vissuto una sensazione di onnipotenza, di gioia e incrollabile calma che ho dentro ancora oggi. A 3420 metri abbiamo iniziato a scendere verso il Bumthang, la zona del parco nazionale, con pascoli di yak e villaggi di pastori. Nel Bumthang zona di sciamani, avevamo un desiderio irresistibile di incontrarne uno e lo abbiamo trovato: cu ha raccontato la sua storia, come diventato sciamano, e abbiamo celebrato insieme un rito. Non dimenticher mai quel piccolo uomo, il suo sorriso intrigante e tutta lesperienza.

Il viaggio continua sulle pendici dei Monti Neri dove ho incontrato le quattro aquile che mi hanno aperto la porta di un viaggio visionario. Devo dire che se non ci fosse stata poesia nel mio cuore nulla sarebbe potuto accadere. Deviando dalla strada principali siamo arrivate alla valle glaciale di Phobjikha, una zona di indescrivibile bellezza, definita come la pi bella vallata del pi del paese dellHimalaya. La valle nascosta come la chiamano i bhutanesi ha rapito definitivamente il cuore. Non a caso qui le rare Gru dal colo nero tornano dal Tibet ogni inverno, dove sono accolte come dee. La vita nella valle ruota intorno a questa migrazione. Mentre la mattina presto passaggiavo per la valle, un bambino da una piccola finestra della sua casa, mi ha chiesto in un perfetto inglese da dove venivo, ho risposto e lui ha annuito felice. Sembra incredibile ma in questo luogo fuori dal tempo i contrasti sono fortissimi e possibili, uno non esclude laltro, anzi sembra che camminino in armonia. Sar lamore per le Gru o forse altro ma quel posto veramente una perla rara. Lasciata Phobjikha iniziato il viaggio di ritorno, almeno per me. Sette ore di pulmino attraversando le foreste, una curva dopo laltra mi hanno cullato nel pi lungo e ricco silenzio della mia vita. Non pu esserci conclusione ad un viaggio del genere. Grazie a tutto e a tutti. Raffaella Boschiasso

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Khajuraho, Benares, Allahabad, Kausambi, Haridwar Le citt sante dellIndia di Selene Calloni Williams
Come il ferro, penetrato dallelisir, non torna alla natura di ferro, cos la mente, penetrata dal piacere, non torna alla natura del dolore.

Queste le parole di un antico maestro del Tantrismo indiano: Naropa. Al Tantrismo si ispirano le bellissime sculture che ornano i templi di Khajuraho. Che cosa il tantrismo? Tantrismo lo svelarsi dello stato naturale, direbbe Tilopa, maestro di Naropa.

Le sinuose presenze erotiche, misteriose, bellissime, hanno 1.000 anni di vita ed abitano un luogo remoto, arido, che ancora oggi appare isolato dal resto del mondo, come isolato doveva probabilmente essere un millennio di anni or sono. Lo stato naturale abita al di l di ogni definizione, inafferrabile dalla mente, non si pu spiegare. Lesperienza pi naturale lunione di uomo e donna, che simbolo dellunione di tutti gli opposti. Dallunione dinamica del principio maschile e del principio femminile ogni cosa resa manifesta, rivelata. Tantrismo laspetto esoterico di yoga, buddismo, di vari cammini umanistici e spirituali, filosofie e arti.

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A Khajurhao incontriamo un sadu , un asceta, che ci mostra i poteri della sua sadhana , o pratica spirituale. Sostiene con il pene una pietra di 20 chili, poi snoda il suo corpo nelle posizioni dello yoga, infine ci segue camminando sulle mani, a testa in gi. La ricerca dello stato naturale, ci spiega il sadu nella sua casa, un cammino controcorrente. Non si tratta di imparare nulla, ma semmai di lasciare ogni attaccamento verso ci che si sa. Destrutturarsi, afferma qualcuno di noi. Per questo a me piace mettermi a testa in gi, conclude il sadu. Ci racconta che i suoi poteri nascono dalla sua capacit di ritenere il proprio seme e di condurre una vita di impeccabile castit. La pura contemplazione del desiderio erotico, libera dalla necessit di esercitarsi sul piano concreto, il desiderio della bellezza, libero dal bisogno di possesso, aumentano in lui il fuoco della forza, che egli chiama tapas.

Ovunque a Khajurhao le immagini del lingam , il fallo, e della yoni, la vulva, simboli del principio maschile e femminile, paiono aver attraversato il tempo incontaminate, per tramandare ci che pi naturale. Numerosi sono i Tantra, i libri che trattano del tantrismo, essi appartengono a varie epoche storiche, la loro elaborazione sempre in corso, e ancora continua ai giorni nostri. Ma a Khajurhao, i libri devono essere chiusi e le dottrine superate, poich qui lo stato naturale una pura esperienza di mistica ed illogica potenza. Guardate la bellezza dei fregi di Khajurhao e lasciatevi ispirare. Salutiamo lasceta, i templi, le loro immagini che, misteriose come spiriti, vengono con noi. In

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realt non esiste n lincontrarsi n il separarsi. Esiste lesperienza del piacere del puro spazio dinamico e la sensazione della purezza primordiale di tutta lesperienza. Un po lontano dai templi, la magia continua. Per caso vediamo delle donne riunite. Limmagine ci appare cos colorata che ci impossibile non fermarci. Le donne ci accolgono con gioia. Sono in un piccolo tempio e stanno celebrando il rito del matrimonio con il loro sposo celeste, il dio Krishna, ci spiega la bramina, la donna pi anziana che istruisce le altre. La bramina una cantastorie in questo contesto rituale. Narra alle donne, alle ragazze, alle bambine, miti damore che raccontano di come il bellissimo dio Krishna si sia innamorato di fanciulle umane. Che meraviglia ci appare il racconto del mito! Capace di soddisfare e innalzare gli animi delle donne che lo ascoltano! Mito il racconto dei nostri desideri pi reconditi, e il rito una recita che ci aiuta a conoscerci, che ci aiuta a guarirci, forse anche ad amarci. Ancora una volta vediamo il potere della contemplazione del puro desiderio, libero dalla necessit di possedere o conquistare qualcosa sul piano concreto, che i pi saggi dicono essere il piano delle apparenze. Ci sembra di ricordare le parole di una tantrica tibetana nota al mondo come la danzatrice del cielo: Assorbitevi intensamente nellesperienza del desiderio, perch senza questa i misteri non hanno significato ( La danzatrice del cielo , Keith Dowman, ed. Ubaldini, Roma, 1985, p. 147). Lasciamo anche le donne di Khajuraho con un senso di gratitudine. In realt non esiste n lincontrarsi n il separarsi. Muovendoci controcorrente rispetto al corso del Gange, il grande fiume sacro che gli indiani venerano come il corpo stesso della divinit, toccheremo tre tra le pi sante citt dellIndia del Nord: Benares, Allabhad, Haridwar. Benares Lo stato naturale si rivela a Benares come celebrazione della vita e venerazione della morte. Nascere e morire: cosa vi di pi naturale? Benares, o Varanasi, come la definisce il suo nome pi antico, la citt dedicata al dio Shiva. Divinit antichissima, le cui origini si perdono nella notte dei templi, padre di tutti gli yogin, tantrici, asceti, bramini e sciamani, Shiva il dio che incarna il principio della distruzione, della morte, del tempo, perci detto il Beato Tremendo.

La contemplazione della morte a Varanasi ispira il senso del sacro, inteso quale mistico sacrificio di s. Morire darsi, offrirsi nella citt di Shiva. Gli ind credono che chi termini la propria vita a

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Varanasi varchi infallibilmente la porta della liberazione finale, e non sia pi costretto a ritornare nella ruota del Samsara, o ciclo delle morti e rinascite. Cos un ragazzo morente viene portato sulle rive del fiume per assistere allo spettacolo dellalba. Mentre nelle case che sorgono lungo il fiume molti vecchi attendono la loro ultima ora. Il fiume Gange, che per gli ind una manifestazione diretta della Grande Madre, ha acque limpide nelle regioni dellHimalaya, dove nasce. Scorrendo attraverso le valli, assorbe in s i detriti dellumanit fino a presentarsi alla citt di Vanarasi con acque tra le pi sporche e inquinate al mondo. Eppure proprio qui, dove lacqua tanto sporca da risultare assolutamente priva di ossigeno disciolto, tanto carica di batteri da dover essere giudicata intoccabile da qualsiasi essere umano, proprio qui che gli ind compiono le abluzioni allo scopo di purificarsi. Il sacro anche questo.

Ai devoti che si bagnano nel Gange fanno da contrasto i turisti che indossano bianche mascherine da chirurgo. A Varanasi c proprio tutto La vita.La morte

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E mentre tutto viene osservato ognuno pu ripetere in s un mantra , cio una parola o una frase mistica, che rimandi al significato nascosto e indefinibile di ci che viene vissuto. Noi ci ripetiamo alcune parole del tantrico Tilopa: Non produrre immagini, non pensare, non analizzare, Non meditare, non riflettere, mantieniti nello stato Naturale! Interrogandoci, scopriamo che anche a Varanasi ci piacerebbe incontrare un tantrico, come ci capitato di fare a Khajuraho. Presto capiamo che cercare un tantrico il modo migliore per non trovarlo. La nostra guida locale cerca e chiede ad altre guide, a bramini, a yogin, a sadu e persino a gente della strada. Le indicazioni che ci danno ci portano a cialtroni e maghi di ogni sorta. Ma un uomo ci colpisce. Dice di chiamarsi Baam baba. I suoi occhi neri sono assolutamente fissi, permanentemente spalancati. Ci spiega che per ore e ore al giorno pratica la concentrazione sul fuoco, fissando le fiamme senza sbattere le palpebre. Quando fissa il fuoco in questo modo, egli recita un mantra segreto e getta nel fuoco i suoi desideri. Il fuoco trasmette il desiderio al dio del vento che lo porta direttamente a Bhairava, un aspetto di Shiva che Baam baba venera in particolare. Nella sua casa c persino una nicchia che racchiude una statua raffigurante Bhairava bambino ed egli sostiene che tale statua abbia pi di 500 anni. Infatti egli dice che suo padre e suo nonno erano tantrici al pari di lui.

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La conquista dello stato naturale ci sembra assai lontana da tutto questo. Umana, molto umana, la lontananza dallo stato naturale. Assorbirsi nel desiderio liberi dalla volont di possesso, contemplare il desiderio senza il bisogno di vederlo realizzato sul piano concreto. Forse necessario essere poeti per gustare il nettare della pura essenza. Per lintervista che ci ha concesso, Baam baba ci chiede ben 100 dollari. Poi ci fa una strana proposta che accettiamo con circospezione. Un antico maestro tantrico del Khasmir, Abinavagupta, ha indicato la via per trasformare i veleni in nettare; il sesso, lalcool e le droghe sono tra quei veleni. Abhinavagupta ha anche spiegato che solo coloro i quali sono guidati da cattivi maestri interpretano linsegnamento in senso letterale e utilizzano concretamente certe sostanze. Il vero tantrico, da grande artista, interpreta gli insegnamenti in senso metaforico ed esclusivamente a mezzo del proprio potere visionario che opera con i veleni trasformandoli in nettare, come un vero alchimista. Baam baba ci propone di invitarlo a bere wiski di buona marca, poich, egli sostiene, tale sostanza dona a lui poteri straordinari. Lo invitiamo nel nostro albergo alla sera, viene con un amico che si professa suo discepolo. Alla fine della serata, fissandoci con il suo sguardo sbarrato, ci parla di noi e indovina pure: dice di noi cose vere e non evidenti, ci d anche consigli del tutto sensati. Ma lui ubriaco e d di s uno spettacolo penoso!.. No, non certo questo lo stato naturale!. Intanto abbiamo avuto un esempio di come il bisogno di esercitare un potere sia capace di rovinare luomo. Andiamo via, prendiamo rifugio nellarte! La danza di notte in barca sul fiume Gange, dinnanzi alla citt di Benares brulicante di gente, carica di vita e di morte. Finalmente nella danza riconosciamo lo stato naturale e troviamo unespressione autentica della sua ricerca. Il danzatore interpreta alcune delle grandi divinit ind, ne racconta la storia con i movimenti del corpo e del viso. Ogni volta bastano pochi attimi e pare che la divinit in questione si impossessi del suo corpo; il danzatore in trance in un istante. Una trance che esprime forza, gioia e ci trascina. Impossibile per noi essere su quella barca senza sentirci allargare il cuore, senza cancellare i pensieri e partecipare alla rigenerazione delle forze. Il guru che si sposta per lIndia seguito da oltre 650 discepoli tutti vestiti uguali Swami Sarasvati. Lo incontriamo a Benares per caso. Si trova a capo di unorganizzazione efficiente, capace di fare molti seguaci e di organizzarli in attivit quotidiane semplici ma puntuali. Il suo braccio destro, inseparabile da una borsa porta documenti, ci spiega i prodigi dellorganizzazione. Siamo colpiti dallo spirito di obbedienza e conformismo che anima la sua cerchia. Poniamo al guru una domanda e lui ci risponde con un tentativo di spiegazione dellintera metafisica indiana. Lasciamo il guru allimprovviso eccoci faccia a faccia con lautenticit di una giovane donna. Appartiene allordine delle suore fondato da Madre Teresa di Calcutta. Sorridente, mentre parla del suo lavoro che la vede impegnata a raccogliere moribondi per le strade e ad occuparsi di persone talmente devastate da malattie, vecchiaia o incidenti, delle quali nessun altro avrebbe la forza di prendersi cura. Noi accogliamo tutti i bisognosi senza distinzione, ci dice, Bramini, sadu, yogin, ind, mussulmani, giainisti, sick, noi curiamo chiunque abbia bisogno: per noi tutti sono

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ugualmente esseri umani. La salutiamo commossi, certi di aver incontrato lincarnazione di una delle forme pi nobili dello stato naturale. Bahirava baba un po malato, ci sembra raffreddato. Il suo nome ci ricorda il guru dagli occhi sbarrati, bevitore di wiski e non ci sembra di buon auspicio. Labbiamo trovato per caso, perch la nostra guida, avendo sbagliato strada e avendo chiesto informazioni, ha ricevuto da un passante la notizia della sua presenza in una casa nella parte pi isolata della riva del Gange che ospita la citt di Varanasi. Siamo stanchi e accettiamo la proposta della nostra guida di visitare Bahirava baba di malavoglia. Ma per fortuna accettiamo: lincontro importante! Prima ancora che noi iniziamo a porgli una qualsiasi domanda lui ci parla: Il vero tantrico utilizza lalcool sono quando in grado di trasformarlo in latte e comprende nel desiderio erotico unenergia, una forza, che, se non dispersa nellatto fisico, sale nel suo corpo, aprendo tutti i suoi centri energetici, conducendo la mente alla libert dal conosciuto, il cuore alla gioia, e lanima al divino. Lo stato naturale la comprensione profonda della perfezione di tutte le cose Siamo allibiti, questuomo pare conoscerci e sapere esattamente da dove veniamo, chi abbiamo incontrato sul nostro cammino e ci che abbiamo visto. Vorremmo chiedergli molte cose, ma lui non risponde alle nostre domande se non con unaltra domanda, sempre uguale: Voi come conoscete il tantrismo e cosa ne sapete? Cos, parliamo di noi. Lui ci blocca allimprovviso, sorride: Bene!, ci dice e poi ci indica un luogo remoto dellIndia in cui dovremmo recarci in tre giorni particolari dellanno. L, in quei giorni, i tantrici di tutta lIndia si riuniscono e l noi potremo incontrare, dietro il tempio chiamato Kali Mandir, un certo Shyam Nath Sharma, il quale, se vorr, ci introdurr alla chakra puja , una pratica elevata e segreta. Allahabad e Kausambi Misteriosa, come tutto ci che sacro, Allhabad ci dona immagini senza tempo. Qui si incontrano ben tre fiumi: due reali, il Gange e lo Yamuna, e il terzo, immaginario, il mitico Saravastati, il fiume dellilluminazione. Nella gioia del volo luccello, qua e l, nel vuoto, va scrivendo parole senza alfabeto. Quando la mente vola si risveglia la mia voce, la penna descrive la gioia delle ali. Tagore. Il meraviglioso tempio sotterraneo ci parla delle divinit di natura: il dio del fiume, del vento, del sole, la Madre Terra e simultaneamente ci ricorda le forze che sono nascoste dentro luomo. Sullaltra sponda del fiume, un altro guru ci attende con la sua cerchia di seguaci. Egli dice di essere il continuatore dellopera di un noto santone, il cui samadhi , o luogo dellultimo riposo, frequentato da diversi devoti. Non possiamo sottrarci allentusiasmo che egli pone nel volerci parlare della loro organizzazione che ha sedi persino in Francia e negli Stati Uniti. Infine fuggiamo e decidiamo di andare lontano, via dalla citt, desiderosi di raggiungere una qualsiasi meta non sia segnata sulle carte geografiche.

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Kausambi un villaggio antico e, pur essendo riportato sulle carte geografiche, appare fuori dal mondo. qui che documentiamo laspetto pi selvaggio dello stato naturale. Nostri principali maestri: i bambini. E, quasi a conferma e a suggello della ricchezza selvaggia di ci che abbiamo trovato, mentre stiamo per lasciare il villaggio ci coglie allimprovviso limmagine di una processione dedicata alla dea Kali, la pi selvaggia e incontenibile divinit del panton induista. Haridwar Per arrivare ad Haridwar da Allahabad ci attendono oltre venti ore di treno. Un viaggio faticoso e in apparenza interminabile dal quale temiamo di uscire distrutti. Ma, arrivati a destinazione, laria tersa delle regioni dellHimalaya ci rigenera in poco tempo. Ad Haridwar il fiume Gange abbandona lHimalaya per iniziare il suo viaggio lungo le pianure: per questo Haridwar considerato uno dei luoghi pi sacri dellIndia. Il Gange, la Grande Madre , ha acque limpide, vivacizzate dalle correnti, qui il fiume non ha ancora incominciato ad assorbire in s loscurit dellumanit. Haridwar piena di centri di yoga, di luoghi di culto, di raffigurazioni di divinit. Ogni sera, sulle rive del Gange, ad Haridwar si celebra la Ganga Aarati , una cerimonia religiosa indimenticabile che vede numerosi bramini intenti a fare offerte di luce e di profumi alle acque della Grande Madre. la celebrazione degli elementi: terra, acqua, aria, fuoco, dallaggregarsi dei quali origina la vita e dal disgregarsi dei quali origina la morte. Haridwar, come la vicina Rishikesh sono luoghi raggiunti dal capitale occidentale che ha contribuito a creare e a mantenere fiorenti i numerosissimi centri di yoga. Chi giunge qui deve sapere che molti dei sadu , o santoni, che circolano per le strade di queste citt o che vivono fuori citt lungo le rive del Gange, dove i turisti sono soliti fare le passeggiate, sono dei veri e propri banditi travestiti. Negli ultimi anni, pare che oltre una decina di turisti siano stati uccisi e derubati da questi inquietanti personaggi. Ma in mezzo al caos non escluso che si nascondano dei tesori. Shri Prem Das Jee vive fuori dalla citt di Haridwar, nel suo ashram , o luogo di preghiere e pratiche, dove egli vive in compagnia dei pi stretti discepoli, vi uno Shiva lingam, o fallo di Shiva in pietra, che egli sostiene avere oltre 5.000 anni ed essersi auto generato. Shri Prem Das ci invita nella capanna dove solito fumare il chillum con i suoi discepoli. Ci offre del t. La prima cosa che chiedo di fare a chi voglia divenire mio discepolo pulire lashram, la cappella dove ha sede il lingam, le stanze dove dormiamo, i bagni, le stanze comuni e il giardino. Qualunque uomo voglia divenire mio discepolo deve innanzitutto pulire lashram per ripulire il proprio cuore dallorgoglio e dalla presunzione e per pulire la mente dalle idee e dalle convinzioni con le quali giunto qui. Qualunque donna voglia divenire mia discepola deve per prima cosa ricevere il mantra, che io sussurro alle sue orecchie, poi deve prendere a ripeterlo tra s e s, continuando per giorni e notti senza sosta.

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Shri Prem Das si professa tantrico. Egli mangia solo ortaggi di colore verde e beve unicamente acqua e latte. Anche i suoi discepoli devono divenire vegetariani, abbandonare qualsiasi bevanda alcolica e fare voto di castit. Apprendendo a mutare i veleni in nettare, nel mio ashram uomini e donne ugualmente accolti e venerati, raggiungono la meta senza un cammino da percorrere. Ancora una volta una poesia di Tagore bussa alla nostra memoria: Anche se le stelle brillano tutta la notte non lasciano il segno del loro cammino. Tagore Ci viene alla mente anche limmagine del tantrico di Benares vestito di bianco, Bhairava baba. Ricordiamo ora che egli ci aveva detto queste parole: Qui in India i tantrici godono di cattiva fama, a causa della superficialit della gente e della stupidit di alcuni falsi maestri. Per questo io non dico mai di essere un tantrico, a meno che qualcuno, come voi, sia assolutamente deciso a trovare in me la mia autentica natura. Quello che dico di me che sono un sadaka , ovvero un ricercatore. Non difficile che ci che pi puro appaia immondo agli occhi distratti della gente. Molti fanno uno yoga per purificarsi. Ma il Gange, la Grande Madre , ha acque terse nellHimalaya, dove nasce, e scorrendo assorbe in s tutta loscurit del mondo, per questo la Grande Madre sacra. Chi davvero voglia trovare se stesso deve fare come il Gange, per questo si dice che la ricerca di s comporti immensi pericoli, per questo importante avere un maestro che ci assista, da dentro o da fuori di noi. Raggiungibile solo attraverso una strada di montagna piena di tornanti che sale da Rishikesh per oltre venti chilometri nella foresta dellHimalaya vi il suntuosissimo palazzo di un maraj e l accanto un centro di yoga e medicina ayurvedica ultra lusso. Atmosfere soft, abiti preferibilmente bianchi, lezioni di yoga individuali, diete, meditazioni personalizzate, curatissimi giardini con finte cascate ed erba sintetica per il mini golf. Ananda nellHimalaya propone uno yoga da salotto di prezzo indiscutibile. Frasi tratte dai testi sacri, i Yeda, i Purana la Bhagava Ghita, fanno bella mostra di s negli ascensori, nelle camere e persino sui flaconcini dello shampoo. Ma come sempre proprio allultimo, quando ormai non ce lo aspettiamo pi, ecco che ad Haridwar troviamo ancora qualcosa di autentico, un luogo dove le parole sagge conservano intatto il loro potere e un uomo di 91 anni siede a guardia di un sarcofago: il sepolcro della Madre Permeata di Gioia. Sri Anandamayi Ma, la madre Permeata di Gioia stata una delle pi grandi figure spirituali dellIndia moderna. Swamee Vijayanandajee un uonmo di 91 anni di nazionalit francese che giunto qui, allashram di Anandamayi Ma, allet di 35 anni e da allora egli non ha pi abbandonato la Madre, n da viva n da morta. Swamee Vijayananda un uomo eccezionale, malgrado let la sua mente perfettamente lucida, ricorda una quantit impressionante di date, di libri, di nomi.

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Selene e Swamee Vijananda scoprono di avere esperienze comuni. Entrambi hanno vissuto nellisola di Sri Lanka dove hanno appreso e praticato la meditazione Vipassana dai monaci buddisti theravada negli eremitaggi della foresta. Entrambi hanno amato filosofi occidentali e orientali come Nietzsche e Aurobindo della cui opera hanno apprezzato il carattere mistico e non logico. E quando ho incontrato i Veda, dice il Swami, ho trovato lo stesso carattere mistico e non logico dei filosofi della mia adolescenza francese. La mente lio e il senso dellio, lidentit personale, lattaccamento a s, sono tutto lostacolo che noi abbiamo, il solo, grande impedimento. Per Selene e Vijananda incontrarsi una festa, hanno davvero tanto in comune. Il guru dice Vijananda, qualcuno che risveglia in te il potere divino. Anandamaya Ma stata il mio guru. Cosa ne pensi del tantrismo, degli insegnamenti di Abinavugupta, Tilopa, Naropa e degli altri tantrici? Ah!. Quello!..E un insegnamento assai elevato, il pi elevato!... Perch c bisogno di un maestro? Risvegliare il potere divino ridestare ogni aspetto dellessere, anche il pi profondo e oscuro. La ricerca densa di pericoli, ad ogni passo un tranello in agguato. Il maestro al tuo fianco la garanzia migliore di riuscita. Per alcuni possibile conseguire la meta senza il maestro, ma si tratta di pochi, pochissimi!

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Coshai provato quando la Madre morta? Un grande, grande dolore. Ero gi un uomo libero, ma ero un uomo. Il segreto della libert non dimenticare mai di essere un uomo, allo stesso modo in cui il Gange, la Grande Madre , non dimentica mai di essere un fiume. Si dice che, quando il celebre yogi Yogananda and a trovare Sri Anandamayi Ma, a Calcutta, e le chiese di dire qualcosa della sua vita, la Madre rispose: Padre, vi poco da dire . Prima che venissi su questa terra.io ero la stessa. Da bambina io ero la stessa. Divenni donna , ma io ero la stessa. Quando la famiglia predispose di far sposare questo corpo, io ero la stessa. Ed ora di fronte a voi, Padre, io sono la stessa. E per sempre in futuro, malgrado la danza della creazione cambi intorno a me nello spazio delleternit, io sar la stessa.

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La Medicina Tradizionale dell'India di Selene Calloni Williams

Layurveda o scienza della vita la medicina indiana esposta in forma di trattati a partire dal II sec. d.C. fino al VII sec. d.C. da tre autori: Carata, Susruta, Vagbhata. Il Carakasamita considerato il testo fondamentale. Layurveda propone un modello olistico dellessere umano, cio vede luomo come un insieme inscindibile di corpo, mente e spirito. Mentre lo spirito non soggetto a degenerazione, il corpo e la mente possono incorrere in squilibri.

Il metodo di diagnosi principale del medico ayurvedico lascolto del polso. Il medico esamina il polso del paziente esercitandovi una leggera pressione delle dita, per mezzo della quale egli evince lo stato di equilibrio dei dosha. Se il battito nel polso irregolare vi un eccesso di vata, se il battito saltellante significa che pitta prevale sugli altri dosha, mentre se il battito troppo lento vi un aumento di kapha. Vata, pitta, kapha sono i tre umori o principi metabolici dal cui equilibrio dipende la salute del corpo. Essi si formano a seguito del processo di nutrizione. Kapha il principio pi vigoroso che d inizio al processo della digestione, pitta la sostanza liquida che compare quando il cibo passa nellintestino e vata il principio di espulsione dal corpo di tutte le scorie, si forma quando i resti del cibo giungono nellintestino crasso. Kapha governa il sistema immunitario. In equilibrio genera amore, se squilibrato produce invidia e insicurezza. Pitta presiede al sistema metabolico. In stato di equilibrio genera serenit e appagamento, mentre crea scoppi dira quando squilibrato. Vata regola tutte le funzioni correlate con il cuore, la circolazione sanguigna, la respirazione, favorisce la creativit quando in equilibrio e genera ansia e stress se squilibrato. Il compito del medico ayurvedico diagnosticare lo stato dei dosha e ristabilirne lequilibrio con luso di medicine a base derbe e di massaggi. Poich lalimentazione , nella visione dellayurveda, fondamentale, il medico interverr anche e soprattutto con consigli che riguardano la dieta. Il cibo di capitale importanza non solo per mantenere e ristabilire la salute fisica, ma anche ai fini dellequilibrio del carattere e, quindi, del comportamento. Il medico ayurvedico interviene sullalimentazione anche per modificare atteggiamenti caratteriali insani e pensieri negativi.

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Il principio enunciato da uno dei tre compilatori dei trattati dellayurveda, Vagbhata, secondo cui il simile potenzia il simile e sminuisce il diverso, pu indurre il medico a prescrivere una dieta a base di carne al paziente abulico, depresso, privo di forze o denutrito, anche in maniera indipendente dai veti religiosi.

Come le disfunzioni fisiche provengono dallo squilibrio dei tre dosha, cos le malattie mentali sono la conseguenza dello squilibrio dei tre guna, o nature caratteriali, le quali sono classificate come segue: - il temperamento sattvico, calmo, equilibrato, intelligente. Generalmente predilige cibi dolci e gradevoli. - il tipo rajasico, sensuale, precipitoso, si infiamma facilmente. Predilige i cibi molto saporiti, aspri e amari. - il temperamento tamasico, infine, flemmatico tendente alla pigrizia, si spegne facilmente. Ricerca i cibi secchi, stantii, privati della loro forza vitale. La conoscenza della tipologia della struttura mentale fondamentale al medico ayurvedico anche per la cura del corpo, perch la disfunzione dei dosha deve sempre essere messa in relazione con il temperamento del paziente. Persino la preparazione dei rimedi di erbe deve tenere conto del suo temperamento prevalente. Ecco perch oggigiorno i medici ayurvedici indiani pi tradizionalisti non riescono a comprendere il ricorso da parte della gente a rimedi ayurvedici prodotti a livello industriale e venduti nei negozi senza che il terapeuta possa vedere personalmente il paziente che ne far uso. Layurveda impone che il farmaco venga prescritto e preparato su basi individuali che variano da persona a persona. Layurveda, dunque, per lo meno la pi tradizionale e ortodossa, non si rivolge alla cura della malattia, ma dellindividuo.

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Sri Lanka, Meditazione, parchi naturali e Ayurveda di Selene Calloni Williams


Furetto saltellante, con le spalle cariche di sacchi colmi di polvere del fuoco, il nostro amico Ananda, che per una notte all'anno, in nostra presenza, evocando memorie ataviche, ritornava sciamano, attraversava rapido la fitta vegetazione della giungla tropicale. E noi dietro a lui. "Attenti al fosso!" "Non gridate per non innervosire le scimmie sugli alberi!" e l'attimo dopo: "Fate rumore per spaventare i serpenti!" Ci ordinava con voce secca, senza neppure voltarsi indietro. Avremmo potuto cadere in un qualsiasi fosso lungo il percorso o essere assaliti da scimmie e serpenti che neppure se ne sarebbe accorto. Come un cane che insegue la volpe, vedeva solo davanti a s, scrutando tra la fitta vegetazione in cerca della radura dove celebrare la devil dance.

Trovato il luogo adatto prima del tramonto, erigeva l'altare con dei rami e lo cospargeva di fiori, mentre i suonatori, deposti i tamburi, raccoglievano la legna per il fal. Noi ci dipingevamo i visi e attendevamo il buio della notte in cui avremmo ricordato l'aspetto inesauribile delle nostre forze, danzando senza sosta fino all'alba e ritrovando nei nostri limiti i molti aspetti delle nostre anime: gli spiriti e gli di.

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Il furetto Ananda ci avrebbe aiutato indossando maschere raffiguranti i volti terrifici degli spiriti, suonando campanelli, gettando la sua polvere magica sul fuoco causando fiammate, come nuvole di fuoco, che immediatamente svanivano nel buio e invitandoci a respirare incessantemente dalla bocca a mezzo di una respirazione potente. Quando, alle prime luci dell'alba, aprimmo gli occhi, l'eremita era davanti a noi, ci fissava. Si appoggiava a un lungo e robusto bastone, aveva i piedi nudi e sul volto la stessa imperturbabile espressione che aveva mostrato la sera prima. La sua casa era la giungla, la sua famiglia i branchi di elefanti selvaggi che la popolavano, la sua legge composta da "pi di un milione di regole", come egli stesso diceva, era rappresentata dal rispetto del rigido codice di condotta degli asceti buddisti theravada. Lui ha insegnato ai miei bambini di soli quattro e sette anni ad arrampicarsi su pareti di roccia verticali con l'uso di liane, ad ascoltare gli animali e ad utilizzare possibilit che l'uomo ha dimenticato. Tutto ci servito ai miei figli a numerosi livelli, persino a migliorare le loro capacit cognitive.

Io, osservando in compagnia dell'eremita il volo delle aquile, ho appreso a restare immobile nella postura del loto, seduta a gambe incrociate, dal tramonto all'alba. L'immobilit prolungata conduce nei regni del dolore e della fatica dove, tra mille insidie, burroni, trappole, cadendo e risollevandoti, apprendi che non esiste alcuna minaccia reale che non sia nel tuo stesso modo di giudicare le sensazioni. I pericoli dell'esistenza sono dentro, non fuori di noi: sono nei valori che attribuiamo alle percezioni. La potenza naturale giudicata negativamente dai valori percettivi nervosi comuni perch fa paura alla nostra civilt. L'immobilit prolungata risveglia la potenza naturale del corpo. L'individuo che comunemente abituato a giudicare la forza della natura come dolore o fatica, non la riconosce nella sua vera essenza appena la avverte e la respinge. Trascorse nella immobilit meditativa o nella danza estatica, le notti nella foresta dello Sri Lanka sono state esperienze importanti, legate da un filo d'argento nella mia memoria, da un tema semplice e profondo: come si pu imparare dal corpo muovendolo o immobilizzandolo oltre i limiti consueti.

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Horton PLains e "la fine del mondo"

Horton Plains un luogo da visitare fuori stagione, in pieno periodo delle piogge, da aprile a settembre, quando la presenza di altri esseri umani praticamente nulla e le nebbie salgono dal "World's End" ("la fine del mondo"), un precipizio di oltre 700 metri con cui l'altipiano di Horton Plains finisce improvvisamente, offrendo uno spettacolo straordinario e sconcertante. Horton Plains un luogo bellissimo, un insieme di foreste e prati d'alta quota attraversati da fiumi e ruscelli dalle acque pure e cristalline.

Ad Hortron Plains, sar l'aria fresca dei 2000, sar ci che la particolare vegetazione trasuda, saranno i movimenti della nebbia che paiono avere una intelligenza che li guida, sar la presenza delle grosse scimmie o dei cervi grigi, ci si trova in condizioni insolite. La mente si fa leggera e il cuore si apre.

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Nelle nebbie di Horton Plains, se ti fermi a contemplarle, vedi riflesse le tue anime. Saltellando sui ciottoli per attraversare i ruscelli, scorgi, proprio dove l'acqua cristallina e la nebbia opaca si toccano, luoghi ancora inesplorati della tua psiche.

La scalata al Picco d'Adamo Giungemmo ai piedi della montagna intorno alla mezzanotte. Un fiume segna l'inizio del percorso del pellegrinaggio, a quell'ora le sue acque erano gelide e nere. Nilan ci chiese di togliere le scarpe e bagn con l'acqua nera del fiume le nostre teste ripetendo incessantemente sadhu, sadhu, sadhu. La parola sadhu significa beato e, secondo quanto ci diceva Nilan, avremmo dovuto ripeterla per tutto il tempo della scalata, onde propiziarci la benevolenza del dio Saman. " tradizione che il pellegrinaggio sul Picco d'Adamo si compia durante la notte", ci disse Nilan. Nel buio, tra la pioggerella fastidiosa che a tratti cessava e a tratti pareva una persecuzione, non potevamo vedere il monte che dovevamo scalare."Quanto alto? Quanto dura il percorso? molto scosceso o a tratti pianeggiante?" Erano tutte domande che non potevano trovare una risposta oggettiva. Cos, nel buio pi totale, inizi la nostra scalata alla montagna sacra. . Ero certa di essere sul punto di morire, vidi il serpente balzare contro il mio corpo e in quell'istante mi risuonarono nella mente le parole di Nilan: "Questo monte sacro: la sua altezza dipende dal peso del karma che il pellegrino porta sulle proprie spalle, se riusciremo o no a raggiungere la cima, anche questo dipende dal nostro karma e dalla volont del dio Saman". Pensai di avere un karma straordinariamente pesante e, nello stesso istante, mi sorpresi intenta a chiedere al serpente di darmi anche il suo karma , sentivo di volerlo vivere e risolvere per lui. Il miraggio scomparve all'improvviso, come un lampo nel cielo: l'immagine del serpente svan l'attimo prima di toccare il mio corpo lasciando un'impronta indelebile di luce nel mio cuore. Ripresi ad avanzare e ad ogni scalino chiedevo alle piante, ai cespugli, alle salamandre e alle sanguine, agli uccelli notturni, ai rapaci e a tutti i serpenti di quel monte di darmi il loro karma affinch io potessi portarlo addosso, finii per chiedere il karma di tutta la terra e finii per sentirmi invulnerabile. Una forza incredibile si era impossessata di me. Corsi indietro per quegli scalini sui quali solo l'attimo prima non riuscivo nemmeno a camminare, raggiunsi gli altri, li invitai a

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respirare profondamente e a continuare a salire, dissi loro che avevo visto la cima e che era vicina, anche se non era vero. Tutti ripresero coraggio e si rimisero in moto. Poi, come se dovessimo affrontare da soli l'ultimo tratto del percorso, ciascuno di noi si distanzi dall'altro e continu a salire in silenzio. Io percorsi l'ultimo tratto della scalata, che dur forse mezz'ora, forse un'ora, saltando di corsa sui gradini, gridando il mantra che Nilan ci aveva insegnato. Ancora oggi, quando penso a quello che mi capitato, a quello che abbiamo fatto, lo considero una magia. A ciascuno di noi toccato il suo miracolo, a ciascuno la sua avventura e il suo risveglio.

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Il cammino di Santiago di Selene Calloni Williams

Santiago di Compostela , insieme a Gerusalemme e Roma, meta del pellegrinaggio religioso per i cristiani. I viaggiatori, che in numero sempre maggiore percorrono i sentieri del cammino di Santiago, raggiungono il luogo dove lapostolo San Giacomo, Santiago in spagnolo, venne sepolto dai suoi discepoli dopo essere stato decapitato per ordine di Erode Agrippa. Girando per le cattedrali della cristianit appare evidente che il sacro trasuda bellezza e che entrambi, il sacro e il bello, sfuggono ai valori della ragione. Per me il cammino di Santiago stato il viaggio tra i simboli meravigliosi e imperituri della cristianit.

Abbiamo camminato per le stradine polverose assai meno di quanto ceravamo prefissi, decidendo di compiere lunghi tratti in auto e piacevoli serate davanti a una bibita fresca. Di chilometro in chilometro ci facevamo sempre pi decisi a non prenderci sul serio, a intuire ogni cosa, ogni gesto come un simbolo, capace di racchiudere in se stesso il senso compiuto di tutto. Sempre pi intensamente i metri contenevano per noi i chilometri e, in fine, in ogni passo cera lintero cammino. Cos decidemmo che il cammino santo poteva essere ovunque noi avessimo deciso di andare. Allora, uscendo con decisione da tutte le rotte che la tradizione assegna ai pellegrini che si dirigono a Santiago, visitammo localit incantevoli, arrivando fino a quel gioiello di bellezza che Avila, la citt di Santa Teresa e perdendo il senso del tempo tra le sale del museo del Prado di Madrid dove gli di rivelano la propria immortalit nei meravigliosi dipinti di Rubens, e la cristianit diviene smisuratamente bella nelle tele di El Greco. Non potendo dedicarci a tutti i tesori del museo, scegliemmo, infatti, di osservare le opere di due autori soltanto. La scelta non fu affatto facile, ma, alla fine, qualcuno di noi fece il nome di Rubens, qualcun altro di El Greco. Cos ci trovammo nelle sale che ospitano le grandi tele a soggetto mitologico di Rubens, impressionati dalla

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loro potenza, e tra i dipinti religiosi di El Greco, immersi nella dolcezza degli sguardi e nella delicatezza dei lineamenti.

La citt di Avila circondata da una possente muraglia che rappresenta uno dei perimetri difensivi meglio conservati al mondo. Dallinterno delle gigantesche mura, da una o dalla altra delle imponenti porte, si pu vedere la campagna, dai toni delicati e dalle ondulazioni lievi, estendersi a perdita docchio; ci d limpressione di essere isolati dal resto del mondo. Allinterno delle mura, un po ovunque nella citt, si trovano tracce di Santa Teresa, la Santa sovversiva e ribelle che lasci trasparire dai propri scritti un sentimento damore eccezionalmente passionale verso il Cristo. La Santa che, avendo perso da bambina la madre naturale, chiese alla Madonna di esserle madre, la Santa poetessa, che sovente venne dipinta e scolpita con libri e penne tra le mani. Dopo la nostra fuga, un po folle considerando le distanze, dalla rotta del cammino di San Giacomo, tornammo sui nostri passi per proseguire verso Santiago. La meditazione camminata La nostra prima tappa dopo Burgos fu Fromista dove la chiesa romanica di San Martin ci riport ai simboli dei culti animistici. Da Fromista, passando per Carrion de los Condes, da San Nicolas e da Sahagun, arrivammo a Leon, dove unaltra magnifica cattedrale, Santa Maria de la Regla, attendeva di stupirci, questa volta, soprattutto a mezzo di straordinarie vetrate.

Camminammo da un paese allaltro circa quattro ore al giorno mentre qualcuno di noi si occupava dellauto e la guidava da una meta allaltra aspettando gli altri nei vari paesi. Per tutte le ore del nostro tragitto a piedi cercammo di impegnarci nella meditazione camminata o attento camminare, uno dei fondamenti della via della presenza mentale del buddismo theravada.

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Arrivammo a Leon con le menti concentrate, i corpi piacevolmente affaticati, limponente cattedrale con le sue magnifiche vetrate ci apparve molto concreta, quasi pesante dallesterno e surreale, immateriale dallinterno: vessillo dellillusione magica che pervade il mondo.

Da Leon proseguimmo per Astorga, cittadina di origine celtica circondata da mura. Ed infine arrivammo a Ponferrada dove la duecentesca rocca dei Templari esalta la magia del nostro viaggio. Le rovine del Castillo Templario parevano uscite direttamente da un romanzo.

Alloggiamo in un hotel che richiamava, nella struttura e negli arredi, lepoca dei cavalieri templari, fronteggiato da un bel parco dagli alberi secolari, nel quale trascorremmo quasi tutta la notte dedicandoci a meditazioni, respirazioni controllate e tecniche che ampliano lo stato della consapevolezza. Che bello essere vivi! esclam una ragazza del nostro gruppetto. Il suo viso illuminato dalla luna, i suoi piedi nascosti nellerba, il suo corpo magicamente trasparente. Da Ponferrada camminammo fino a Villafranca e poi fino a O Cebreiro, borgo dalle abitazioni di origine celtica. O Cebreiro sorge in cima a un monte, lo sanno bene i pellegrini che, come noi, lo raggiungono a piedi. un luogo assai ventilato, trovandosi sopra una sommit della Cordigliera

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Cantabrica, ma quei venti sono piacevolissimi dopo un faticoso e accaldato cammino in salita. Le case di pietra di O Cebreiro e le pallozas , abitazioni assai basse, di forma circolare con il tetto di paglia, di nuovo ci proiettarono in unatmosfera da favola. Nel paesino diamo visitammo la semplice e primitiva chiesa di Santa Maria la Real, del XII secolo, dove ogni otto settembre si tiene un grande pellegrinaggio per commemorare il miracolo di O Cebreiro. La porta di Santiago

Bello fu fare insieme pratiche tratte dallo Yoga Tibetano del Calore nei prati di O Cebreiro, ammirando il mosaico della campagne che si estende lontano, molto al di sotto di dove noi ci trovammo, e poi mangiare formaggini di capra nella rustica trattoria, quasi introvabile, perch del tutto anonima, priva di insegne, o di qualsiasi segno di riconoscimento. Lo Yoga del Calore una meditazione visionaria abbinata a una pratica di controllo del respiro. La respirazione che scende nel corpo attraverso le narici, secondo una tecnica precisa, alimenta il fuoco del Dumo , il fuoco della concupiscenza , il quale nutre lenergia inconscia di ogni essere e ne rappresenta la potenza. Il fuoco scioglie una perla di luce collocata allinterno della fronte, in corrispondenza del centro tra le sopracciglia. La perla di luce prende a gocciolare, profondendo amrita , il nettare degli di, in ogni cavit corporea. Il corpo sperimenta, a mezzo della pratica dello Yoga del Calore , intensi stati di piacere che aprono la consapevolezza a una pi ampia visione. Ed infine, passando da Tricastella Samos, Samos e Monte Gozo, arrivammo alla porta di Santiago de Compostela. Ce labbiamo fatta! A modo nostro, naturalmente! Impossibile non sentirsi cristiani a Santiago. Santiago di Compostela fatta di strade piene di negozi e di ristoranti. In una via del centro, le statue che riproducono a grandezza naturale le due Marie , due anziane signore che solevano passeggiare per le vie di Santiago enormemente truccate e vistosamente abbigliate, sono un monumento alla vita mondana della citt.asciammo Santiago per Finisterre, ansiosi di incontrare loceano, dopo molta terra e tante montagne. La scogliera battuta dalle onde impetuose e il faro, che

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sorge sulla punta estrema ove il territorio spagnolo finisce e comincia lAtlantico, ci ricordarono le scogliere e i fari di Ouessant e Belle Ile en-Mer. Inoltre, anche se l non vi loceano, ci riportarono in Sri Lanka, a Worlds End (la fine del mondo), il precipizio di oltre 700 metri con cui laltipiano di Horton Plains finisce improvvisamente, offrendo un panorama sconcertante. Un po ovunque su questo pianeta esiste un luogo dove il mondo improvvisamente ha fine.

Tornammo a Santiago carichi, pieni di oceano, quasi sfiniti dalla sua forza. Citt esonerata dalla logica, la santa Santiago eccezionalmente mondana, citt di pellegrini, monache e santi, risulta straordinariamente vivace e quasi sfacciata nellostentazione dei piaceri della carne a mezzo dei suoi ristoranti e delle donne formose e vistosamente abbigliate. Ma ci pu aspettare altro da una citt che nata sulla base di una storia quasi incredibile, la quale racconta che il corpo decapitato dellapostolo San Giacomo fu trasportato su di una barca di pietra da due discepoli che lo portarono dalla Terra Santa e, una volta raggiunte le coste della Spagna, fecero diversi chilometri prima di seppellirlo Ma non finisce qui. La tomba di San Giacomo fu scoperta nell813 da un eremita a cui una stella svel il luogo della sepoltura: il termine Compostela, infatti, viene fatto risalire al latino campus stellae San Giacomo, poi, comparve, ai cristiani impegnati nella lotta per la cacciata degli arabi come un condottiero valoroso definito il flagello di mori e in queste vesti ispir forza e atti eroici ai soldati cristiani. Cos Santiago di Composta divenne un simbolo di riunificazione della Spagna cristiana e nei secoli la leggenda di Santiago acquist sempre pi importanza e popolarit , mentre la citt di Santiago divenne unimportante meta dei pellegrini cristiani provenienti da tutta lEuropa occidentale. Nellepoca della venerazione della tecnologia, la quale trasforma in dogmi i parametri della ragione, lirrazionalit su cui la tradizione cristiana si fonda la rende seducente. Forse proprio oggi come non mai, la tradizione cristiana rivela la bellezza dellirrazionalit e mostra limportanza del fascino del mistero. Nella tradizione simbolica della religione cristiana la bellezza profonde i suoi tesori.

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Viaggio tra magia e bellezza, i druidi, la spiritualit celtica Belle-Ile en Mer di Ar-Den

Arriviamo a Belle-Ile dopo un lungo viaggio in auto sotto la pioggia. Questa isola, che sa essere sia oscura e terribile con le sue tempeste e le sue grotte, sia tenera e bellissima, coi suoi colori e le sue spiagge, ci d il benvenuto con un tramonto sulla cte sauvage , degno del nome che porta. Nellalbergo, a picco sul mare, corroboriamo con piaceri gastronomici ed enologici i corpi provati dal viaggio.

Parlare della Bretagna significa parlare di menhir e dolmen, di Celti e Druidi, infine di magia, di streghe e di dmoni. A Belle-Ile c un villaggio di nome Bord-Groa (dal gaelico, villaggio delle fate o delle streghe) e un comune di nome Bangor; Bangor significa collegio, assemblea. Lesistenza di tre luoghi nel mondo chiamati Bangor, nel Galles, in Irlanda e a Belle-Ile appunto, lascia pensare che vi fossero allepoca tre centri fondamentali di formazione, tre grandi aree ove gli aspiranti druidi

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seguivano un percorso iniziatico quasi ventennale per diventare stregoni, uomini che avevano il potere di essere canale di comunicazione tra il mondo degli dei ed il mondo degli umani.

LIle Au gr du vent, attentive au ciel, indiffrente la mer, silencieuse lande ou grondement de vagues, lumineuse ou grise, contradictoire en sa libre prison, conciente jusqu en avoir mal de lhorizon, de linconnu, de linconfortable solitude, espace mari a lespace, ou la vie reprend son droit de n tre que temps qui passe derrire l espace du vent, aimer enfin en ne cherchant plus rien. Le Temps Sauvage Pierre Baudemont

I druidi I druidi erano dei sacerdoti, ma non solo, pare che il nome derivi dalla radice dru (folto, fitto, forte) e wid (vedere o sapere). I druidi quindi sono dei molto veggenti o molto sapienti, definizione che si attanaglia perfettamente ai vari ruoli che gli stessi occupavano. Sacerdoti,

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indovini, giudici, legislatori, scienziati, maghi, guaritori, filosofi e poeti-cantori (detti anche bardi , diffondevano la conoscenza attraverso la trasmissione orale e la musica). Insomma, la classe druidica abbracciava tutto cio che faceva parte della conoscenza umana. Perch Belle-Ile? Esistono da sempre dei luoghi nel mondo, isolati nella natura, che per ragioni imponderabili sono considerati sacri., Belle-Ile certo uno di questi. Si puo parlare di credenze, di energie naturali della terra, di magnetismo, ma da sempre, in tutte le tradizioni spirituali, si accenna allesistenza di luoghi sacri. I druidi li definivano dei centri del mondo, erano dei poli energetici nascosti, a volte inaccessibili, sempre immersi nella natura, e in questi luoghi gli antichi sacerdoti erigevano altari.

Molte chiese cristiane sono sorte sulle ceneri degli altari celtici. possibile che gli stessi celti abbiano raccolto leredit spirituale simbolica dei popoli dei dolmen e dei menhi r, i quali sono, infatti, simboli riconducibili alle piu antiche civilt i origine shivaita, che hanno occupato tali territori prima dei celti. La popolazione celtica ci lascia tracce di una cultura indo-europea con profonde radici nella antica spiritualit di natura, e un modello di societ in cui spirito e materia, luce ed ombra, umano e divino bench divisi, esistono contemporaneamente e fanno parte dellessere uomo. Il druido , esperto di scienze e divinazioni, consiglia; il re agisce, ma si tratta di consigli a cui il re non puo sottrarsi. Il re non niente senza druido, e il druido non ha alcun potere di azione diretta senza il re. Il re non eletto dal druido, bensi da guerrieri suoi pari, ma questa elezione non ha alcun valore se non viene ratificata dal druido; il re non puo agire contro il suo druido, ma il druido deve ubbidire al re, fuorch in casi di atti chiaramente empi. Nella societ celtica non esiste differenza tra sacro e profano; ogni atto pubblico contemporaneamente un atto sacro. Druido e re sono due aspetti di una stessa realt. Questo tipo di dualit presente anche nellIndia Vedica; Mithra, sovrano dio giurista, e Veruna, sovrano dio mago, come pure nella storia di re Artu, ambientata nella foresta di Brocliande, poco lontana da Belle-Ile, con Merlino che istruisce il giovane re, per poi aiutarlo a diventare lesecutore materiale del volere divino.

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La spiritualit celtica

Il Dio al di sopra di tutti Lug ; i suoi due nonni sono un dio-medico-sapiente dal lato materno, e un dio-guerriero gigante guercio dallo sguardo letale, dal lato paterno. Unisce in un solo essere la potenza conoscenza spiritualizzata con la forza piu bruta ed istintiva. E il testimone della coesistenza di due forze opposte, lunione inscindibile tra druido e re, il simbolo del rifiuto da parte dei celti del concetto di dualit.

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La festa piu importante dellanno si tiene il primo novembre. E il Samain , la fine dellestate, linizio dellinverno. Tutta la comunit vi doveva partecipare. Venivano discussi affari politici sociali e religiosi, si consumava carne di maiale, ritenuta cibo dellimmortalit, e bevuto vino, grazie al quale si raggiungeva quello stato di trance per andare oltre il reale ed afferrare il soprannaturale. In quel giorno il mondo dei morti ed il mondo dei vivi si compenetravano, il mondo divino incontrava il mondo delluomo, il tempo era sospeso.

La comunit cristiana accetto alcuni riti e simboli del mondo celtico. La stessa chiesa di NtreDame de Paris piena di raffigurazioni di esseri tra lanimale e luomo, esseri che solo piu tardi perdettero il loro senso iniziale per arrivare oggi ad una connotazione demoniaca. La festa del Samain diventata la festa di Ognissanti , la comunione dei santi, mantenendo ancora qualcosa del senso originale, e nei paesi anglosassoni Halloween , con i suoi travestimenti e le sue streghe. Nei boschi vicino a Locmaria, la zona in cui ancora viva una tradizione di magia e stregoneria, abbiamo passato tanti pomeriggi sdraiati fra alberi vivi di un verde brillante e alberi secchi soffocati dai rampicanti, che scricchiolavano ad ogni alito di vento.

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Ogni cosa in natura vive sulla morte di unaltra vita, e la vita non altro che un darsi alla morte in nome della bellezza dellesistenza. Dare tutto se stessi alla vita, perch la vita si perpetui, il sacro: vita e morte accadono incessantemente e contemporaneamente in tutto cio che esiste, con amore e per amore.

Amare rende liberi, ed forse questo il messaggio che questi boschi carichi di magia, dove per generazioni giovani druidi hanno meditato, hanno voluto lasciarci. Un messaggio intimo, un piacere profondo, che non passa attraverso la logica, ma che si sente nel cuore come estremamente vero. Per questo forse i druidi non scrivevano nulla. alcune conoscenze non si possono tradurre, si possono solo vivere. I Celti non esistono piu, ma la Bretagna rimasto un luogo dove ancora oggi il confine tra cio che viene considerato reale e il sogno, molto sottile. La fantasia, la poesia, hanno ancora spazio nelle vicende umane; si dice che a Belle-Ile le streghe esistano ancora, si trasmettano il loro sapere di generazione in generazione e le leggende popolari ancora molto vive, ne perpetuano il ricordo, come nella storia della nascita di Belle-Ile. Quando venne il giorno in cui le fate dovettero fuggire dall Armorica, dove da millenni, al chiar di luna, danzavano nelle loro tuniche bianche bagnandosi i capelli

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doro nelle sacre sorgenti, tutta la natura sent l eco dei loro gemiti. Le lacrime furono cosi copiose da formare il Mor-bihan (piccolo mare, attuale regione della Bretagna). Ed in questo golfo, riempito dai pianti damore per la propria amata terra, gettarono le coronidi fiori che portavano in capo, ed i fiori formarono isole numerose quanto i giorni di un anno. La piu bella corona fu lanciata dalla regina delle fate, e vago per lungo tempo nel blu. Si arresto, ed attorno a lei accorse della terra fertile, e splendide rocce giunsero a proteggerla. Belle-Ile era nata. Lasciamo Belle-Ile in una bella mattinata di sole, come molti uomini celebri hanno fatto prima di noi. Karl Marx, Proust, Gide, Matisse, Flaubert, Monet, Mauriac e, in tempi piu recenti, Sarah Bernhardt che nel suo palazzo battuto dai venti ha creato un importante ritrovo artistico-culturale. Porthos il Moschettiere del re, non ha mai lasciato Belle-Ile, in quanto Dumas ha voluto la sua morte nelle grotte di St. Marc, a sud dellisola. Prima di partire un ultimo sguardo alla bellezza del posto e un plauso pure alle splendide birre scure della nostra ultima serata. Poi il traghetto, e una ultima visita ai figli di Jean e Jeanne, a Carnac; nel silenzio della foresta circondati da menhir coperti di muschio, qualche momento di intimo raccoglimento per vivere la maest ed il senso di eternit che questi luoghi ci hanno regalato.

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Chi vede Ouessant, vede il proprio sangue di Ar-Den

Ouessant un isola che si trova al largo di Brest, sulla punta della Bretagna, i cui primi insediamenti umani accertati risalgono a 1500 anni a.c. Fatta a forma di granchio, famosa sia per la bellezza lunare dei suoi paesaggi che per i naufragi attorno alle sue coste difese da secche e scogliere e vigilate da fari e sirene a vento. Difficile dare un etimologia precisa al suo nome; per alcuni sarebbe lisola del dio celtico Heutz, e quindi, in ragione della figura di tale dio, Ouessant sarebbe l isola spaventosa, per altri deriva dal termine gallico Uxisama , da Uchel , quindi significherebbe isola estrema. Entrambi i significati si sposano benissimo con la sensazione che i suoi paesaggi destano al primo colpo docchio del visitatore. Ci andai una prima volta vent anni or sono, in un periodo di tempeste. Appassionato di foto, scesi lungo la scogliera accanto al faro di Creach col desiderio di avvicinarmi a quegli elementi scatenati, quasi a cercare unintimit piu profonda con quella meravigliosa violenza, tentando di rubarne un po tramite la celluloide, per averla sempre con me, come in quel momento. Scattai il piu rapidamente possibile e risalii, avendo il tempo di vedere unonda enorme spazzare il punto in cui ero pochi istanti prima. Questo ricordo non mi ha mai abbandonato, e il mio desiderio di tornare, per di piu con un gruppo di amici ora si avverava.

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Siamo partiti di notte con un Ford Transit a nolo, e ci siamo buttati lungo i millecinquecento chilometri che ci dividevano da Brest. Le chiacchiere si facevano via via piu rade man mano che il sonno avanzava, e gli autisti si alternavano al volante ogni due ore per non rischiare affaticamenti eccessivi. Allaeroporto di Brest ci aspettava un otto posti che ci avrebbe portato sullisola Mi sentivo a casa, come se questa isola fosse veramente la mia terra natia. Infine, dopo due passi e un po stanchi, tutti zitti davanti ad un velato tramonto che spalmava raggi pastello via via piu tenui sopra un mare verde grigio. Regnava una calma assoluta, ferma, imperturbabile; una pace profonda accompagno la notte, rotta solo dalle lame di luce dei fari: due colpi bianchi ed uno rosso di Stiff, tre fasci bianchi quello di Creach.

Lindomani il tempo era ancora bello pur se un po ventoso; partimmo alla volta delle rocce lunari sulla strada per Pern. Qui voit Ouessant voit son sang cita un proverbio locale. La luce del mattino saturava i colori, le rocce dal rosso volgevano al marrone, lo sguardo spaziava allinfinito e soprattutto aria, tanta aria. Unaria da respirare, da cui farsi possedere, da assorbire in ogni poro della pelle. Dava un senso di totale libert, di gioia, di potere. Intorno a noi ancora qualche casa circondata da alti muretti in pietra atti a proteggere giardini e orti dal vento, il faro di Creach, poi prati resi ondulati dalla rabbia delle tempeste, infine la maestosit delle rocce a picco sul mare.

Piccoli fiori tra lerba gi rada, licheni colorati sulla pietra, odore di sale, folate di vento, fragore del mare, belati lontani, grida di gabbiani, riflessi delle onde, spuma bianca; tutto si mischiava nei sensi, ed i sensi non bastavano piu. Ci sarebbero volute tante braccia per toccare, tante orecchie per sentire, tanti occhi per vedere contemporaneamente il cielo, le nuvole, il mare, il fondo del mare, gli

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scogli, gli animali; saliva il desiderio di percepire il vento come lo percepisce un filo derba, il mare come lo vive uno scoglio, gustare questa bellezza dallalto, planando come un gabbiano. Veniva voglia di gridare, ridere, ballare. La natura ci penetrava, faceva violenza ai sensi, alla pelle e al corpo per entrare. Gli occhi si aprivano di piu, le narici vibravano, e una grande gioia ci invadeva . avremmo voluto tenerla sempre con noi, questa amante. Avremmo voluto avere corpi diversi, per vivere tutto questo caleidoscopio di vita; la materia era il limite, limpossibilit e la paura di perdersi dissolvendosi in lei. E forse, questa bellezza terribile, questa forza potente e sessuale a cui non siamo abituati ci disorienta un po, ci spaventa. Siamo rimasti parecchio tempo in quel prato scosceso vicino al mare, a turno parlando di cio che si era vissuto e di cio che ci preoccupava, ma certo ognuno serbando qualcosa dinesprimibile nel proprio profondo personale. Il sole allungava le ombre delle rocce, era lora di tornare, e cominciai a comprendere il senso di qui voit Ouessant voit son sang. Sulla terrazza dellHotel unaltra meraviglia del posto; una birra scura che scivolava in gola aggiungendo beatitudine a beatitudine. Ebbi la conferma che gli di abitano questisola.

Ma quali di? La tradizione celtica comprende molte divinit legate allacqua, ma si parla spesso di sorgenti, di fiumi, assai raramente di mari. In genere vi sono riti legati alla terraferma. I nemici poi vengono sempre dal mare, ed il regno dei morti oltre il mare. A cio occorre aggiungere che i Celti, in origine relativamente poco numerosi, si sono uniti a popolazioni locali, delle quali nella fase di celtizzazione hanno assorbito in parte la cultura e le tecniche. Hanno certo imparato a costruire navi e a navigare, ma in origine sono un popolo che si espanso sempre via terra, ed nato da civilt con scarsa propensione al mare. Chi erano dunque le popolazioni incontrate durante la loro colonizzazione in Bretagna? Esponiamo qualche ipotesi, e arriviamo a definire unaltra etnia; quella dei Veneti, che Cesare descrive come razza di abilissimi marinai, dotati di una flotta molto avanzata per la pesca ed il commercio, padroni

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di coste e porti. I Veneti insomma sono un popolo diverso, per provenienza e tratti somatici, che i Celti erano felicissimi di accettare in quanto ne riconoscevano limportanza marinara e strategica. Ma possiamo andare oltre con le nostre ipotesi. Gwened, insieme a Venezia e Vannes, citt fondata dai Veneti proviene dallantico celtico vindo che significa bello, bianco, biondo, sacro e di buona razza. Il biondo e il bello , possono essere legati alla descrizione di un popolo certo diverso dai Celti; il bianco poi, oltre che definire un colore della pelle, era simbolo del sacro, di una razza superiore. (I druidi , sacerdoti celtici, depositari della conoscenza, vestivano sempre di bianco, in quanto colore della divinit). Se quindi accettiamo che i Veneti erano presenti in Bretagna prima dei Celti, prima della colonizzazione romana, da dove sono venuti? Possiamo solo fare delle ipotesi ricollegandoci a Platone, ed al mito di Atlantide. Atlantide era unisola al di l delle colonne dErcole, quindi nellAtlantico, dove si era sviluppata una razza marinara altamente colta ed avanzata. La loro divinit era, secondo Platone, assimilabile a Poseidone, (affinit con Polluce) e fu solo a seguito di una catastrofe situabile 9500 anni prima della nostra era, che lisola scomparve, in una notte fatale. Sempre secondo Platone gli Atlantidei si accingevano a conquistare e colonizzare tutto il bacino del Mediterraneo, ma, vista la loro abilit di navigatori, non si puo escludere che molti di loro siano riusciti a raggiungere le coste atlantiche. Le affinit di culti tra Atlantidei e Veneziani, nonch una differenza di razza tra loro ed i Celti, potrebbero sostenere questa affascinante tesi, anche se dobbiamo forzatamente rimanere nel campo delle ipotesi. Nei giorni successivi al nostro arrivo abbiamo girato tutta lisola, ognuno esplorando, in una terra mitica, i propri miti personali, osservando se stessoE quale posto migliore per meditare della Pointe de Pern, in una giornata un po grigia, dopo un mattino in cui il mare si presentato fumante di bruma? Un luogo assolutamente unico. Mare e Venti vi hanno creato un ambiente non appena si svela uscendo dal vallone, lascia ammutoliti. Siamo alla presenza di una bellezza oscura, che quasi incute timoreSiamo in un luogo dove un dio certo non basta, e gli antichi di, scacciati un po ovunque, vi hanno stabilito la loro eterna dimora. Sono li si sentono, e vento e mare ne hanno forgiato i volti nelle rocce. E uno di quei posti al mondo dove rimani col cuore in gola, preso da commozione, devozione. Pointe de Pern un altare del mondo, come Bagan , in Birmania, Horton Plane in Sri Lanka, il deserto bianco di notte, in Egitto, il massiccio dell Everest , in Tibet. Non possiamo che fermarci in silenzio, ognuno con le proprie sensazioni.

Vi lascio con un estratto preso dalla rivista Ar Menscritto da Jean Pierre Abraham , uno degli ultimi guardiani dei fari, in bicicletta alla Pointe de Pern.

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Senza dubbio questo il luogo in cui le tempeste sono piu spettacolari, ma confesso che nel venticello da nord delle prime ore del mattino che rendeva londa corta e spumeggiante e laria viva e tersa sono stato preso da una vera commozione. Sacra. Da unemozione preistorica . Qui non si discute pi, non si parla pi: si comprende che si in uno dei luoghi piu spiritualmente elevati del mondo, e si comprende la vera bellezza.

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Aden, I Sufi dellOrdine di Alwan, il regno di Saba,. Reportage di un Viaggio in Yemen di Selene Calloni Williams

La citt di Aden non era contemplata nel nostro sommario programma di viaggio. Ci siamo andati perch ad Aden ha vissuto il poeta Arthur Rimbaud e perch ancora vi rimane la sua casa. Di primacchito siamo allibiti nel costatare che la casa dove dimor il poeta occupata da uno squallido albergo di terzordine e da una banca Ma poi ci parso che si trattasse della naturale continuazione della sua vita di poeta maledetto.

Appesa a una parete, tra fiori di plastica coperti da strati di polvere e orologi che non funzionano, limmagine sognante del volto del giovane poeta affiancata da un quadro che mette in mostra una pagina del Corano.

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La poesia, come il mito, non dichiara mai i suoi di come reali e mai avanza pretese di verit. Mito e poesia, non alludono a fatti che pretendono di essere stati reali, ma indicano tendenze psicologiche. Le parole di un poeta sono rese famose nei secoli dalla loro potenza estetica, non dallautorit divina. Per gli di, i mistici, i poeti, entrare nella storia essere nella decadenza, espressione del desiderio di credere. Cos, il poeta incarna la decadenza e pare, con i suoi giovani occhi chiari, sempre estranei, esprimere nostalgia per quel mondo che non ha storia, poich non ha pretese di verit oggettive, quel mondo che, anche quando ti pare di averlo raggiunto, resta altrove , giacch in questa sua lontananza incolmabile che esso ripone il segreto della sua bellezza. Noi siamo giunti nello Yemen in cerca del misticismo arabo dei sufi, il fatto di avere trovato Rimbaud, il poeta della nostra adolescenza, prima ancora dei sufi, ci ha fatto riflettere sullanalogia tra mistici e poeti. Siamo alla ricerca di misticismo e poesia, tra la polvere del deserto e le affollate vie di Aden. Infatti, come ci hanno insegnato gli sciamani tantrici del Tibet, da Padmasabhava a Ma gcig, microcosmo e macrocosmo coincidono: ci che trovi fuori incontri dentro di te e ci che scopri allinterno ti appare nel mondo.

Aden parla dellombra oscura delluomo, nei suoi vicoli brulicanti di una umanit che non nasconde turbe o peccati, anzi li mostra, nelle figure dei bambini seduti in mezzo alla polvere, nei volti dei vecchi che riposano accanto a cumuli di immondizia, nel caldo soffocante, negli odori forti, nelle grida, nelle espressioni dure e sprezzanti che i viandanti mostrano agli stranieri, nei veli neri delle donne le quali, da pochi anni soltanto, dopo lultima guerra civile, hanno dovuto tornare a coprirsi integralmente in pubblico. Lo Yemen, che piacque a Pasolini e richiam Rimbaud, a tratti uno di quei luoghi ove gli spiriti che popolano lombra umana non possono essere repressi e si mostrano per le strade.

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Qui, ad Aden, ci intervista la televisione di stato. Ci riprendono in quel misterioso luogo costruito ai tempi del regno di Saba e oggi chiamato le cisterne , un sito che doveva essere un paradiso terrestre, con piscine, cascate e chiss che altro, e che oggi unenorme fossa. Ci che rende lo Yemen ricco di mistero e di fascino e ci che delluomo esso non pu nascondere. E Aden di quel fascino una vetta. Vivere la decadenza ad Aden ci apparso un privilegio. Ci sembrato che, solo dopo essere passati anche per questa prova, si fosse reso possibile per noi incontrare i sufi. La sensazione di essere allInferno un tuttuno con la percezione del Paradiso, il quale pare proprio non essere mai raggiungibile, se non dopo avere trascorso ad uno ad uno tutti i gironi infernali. I Sufi dellOrdine di Alwan Arriviamo alla casa del capo dei sufi, lo sceicco Salik, nel tardo pomeriggio. Un uomo, che scopriremo poi essere il fratello di Salik, sta mangiando del pane che intinge in una salsa giallina. seduto sui grandini dellentrata principale della dimora. giovane, indossa un turbante nero e non alza mai lo sguardo verso di noi che, ubbidendo al consiglio di Al, la nostra guida ultrasettantenne, non scendiamo dalla jeep. Luomo non parla inglese, dobbiamo fidarci di Al, il quale scuotendo la tesa, borbottando e con la scintilla del bambino furbetto negli occhi, gli si avvicina per spiegare chi siamo e cosa vogliamo. Sono momenti, per noi, di tensione, essere nelle mani di Al in quel modo! La nostra guida torna dopo pochi minuti e ci parla a gran voce: Domani i sufi celebreranno le hadra , voi potete venire, ma solo per chiedere allo sceicco se potete restare. Le hadra sono le cerimonie a mezzo delle quali, al suono di tamburi, tra danze e canti, i dervisci entrano nella trance . Luomo con il turbante nero richiama Al, gli porge un pane di mais, Al ce lo porta per voi! Ci dice, scuotendo ancora la testa e borbottando tra s e s: Op, po, po, po!.. Ci dividiamo la pagnotta, mentre la nostra jeep si allontana. Finalmente luomo dal turbante nero guarda verso di noi, alzando una mano in segno di saluto. Lindomani mattina Al ci prepara per le hadra : ci porta da una ragazza sulla collina di Taizz, la quale dipinge le mani di noi donne con henne e ci copre il capo e il viso con ampli foulard. Poi, nel primo pomeriggio, giungiamo a casa dello sceicco. Sheik Salik, ci chiama fratelli non appena viene a sapere che siamo ricercatori nellambito dei cammini iniziatici, il tantra lo yoga, lalchimia il sufismo, ci apre, sorridendo, le porte della sua casa e, poich noi siamo infedeli al cospetto delIslam ortodosso e non possiamo entrare nella moschea, porter il rito sufi al di fuori della moschea per voi, egli ci sussurra. Come si dice, se Maometto non va alla montagna. La notte che si attende una delle pi magiche della nostra vita, ce la conquistiamo vincendo la paura.

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Mentre stiamo salendo lungo la strada che porta alla moschea, i dervisci arrivano. Sono sessanta o forse ottanta, tutti maschi, uomini, ragazzi, persino bambini sono ammassati su vecchie jeep che sollevano nuvoloni di polvere. Molti tra gli uomini, come costume nello Yemen, portano il fucile appeso al collo e il jambiya , il pugnale rituale degli yemeniti, alla vita. straordinario per noi vedere come questa gente si dia pena per noi, offrendoci da bere, da mangiare, un cuscino per sederci. I bambini ci accarezzano, gli uomini, rispettosissimi, con la luce negli occhi ci dimostrano il loro entusiasmo per la nostra presenza. Sheik Salik ha parlato loro di noi, ci dicono. I fondamentalisti islamici costituiscono una minaccia per voi? Avevo chiesto a Sheik Salik, il quale, tra le mura della sua casa, affiancato dal sufi pi anziano, aveva accettato di farsi intervistare da me nel pomeriggio. I fondamentalisti abbattono le colonne dellimpero,ma non minacciano i sufi, mi aveva risposto lui. I fondamentalisti religiosi hanno compiuto atti tristemente eclatanti nel mondo, non da ultimo, nello Yemen stesso, essi hanno spezzato a met uno dei sei pilastri del Tempio della Luna, risalenti al regno di Saba, quasi a ricordare che il numero cinque allude ai cinque pilastri indiscussi della fede islamica, mentre il numero sei potrebbe richiamare le sei punte della stella di Davide. Se stanotte vi arrestasse la polizia, ci aveva ripetuto la nostra guida, Al, mentre ci ostinavamo a volere prendere parte al rito sufi, sareste fortunati, perch potrebbero pensarci i fondamentalisti a intervenire per impedirvi di intrattenere relazioni con quei matti sufi. Ma latteggiamento di Sheik Salik era stato assai pi rilassato Questa notte garantisco io per la vostra incolumit. Ci aveva detto. La paura un mostro orrendo nutrito dal demone dellorgoglio, il quale ci spinge a coltivare lattaccamento per noi stessi e a vedere nemici ovunque : cos si era espresso lanziano sufi che affiancava Sheik Salik. E Sheik Salik, in risposta alla mia domanda che gli chiedeva cosa fosse il rito sufi, aveva detto: Gli esseri umani sono fatti di sabbia e anima. Tutto ha duplice natura in questo mondo e persino Allah ha necessit di una sua controparte per entrare in questo mondo. Il rito sufi il sacrificio di Allah che muore separandosi dalla sabbia, uscendo dal mondo della terra per ritornare al mondo del cielo. Cos, durante il rito sufi noi moriamo, la nostra anima abbandona i nostri corpi e sale al cielo. L, dove essa va, si nutre e poi ritorna nella sabbia consentendoci di rinascere. Morendo e rinascendo i nostri occhi si aprono, le nostre menti vedono, i nostri corpi guariscono. Nel corpo , aggiunse il sufi pi anziano, ci sono centoventiquattromila occhi e altrettanti nella Terra. Locchio pi grande della Terra il cielo. Accadono guarigioni fisiche o psicologiche durante i riti? Avevo chiesto a Salik. S , disse lui. La gente che partecipa alla hadra , la danza estatica sufii, lo fa nella speranza di incontrare una guarigione? Dissi io. No, rispose lui, la hadra d piacere. La gente viene alla hadra perch la trance d piacere. Quando danza il sufi spoglio di ogni volont. Affinch lanima salga al cielo deve essere alleggerita di ogni intenzionalit personale. La gente soffre: depressione, angoscia, paura, ansia, la gente triste perch il cuore non pu salire al cielo. Come il corpo fatto di sabbia si nutre di cibo, cos lanima e il cuore si nutrono salendo al cielo e, se non lo fanno, si ammalano.

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La trance praticata senza intenzionalit di cambiamento , dunque, lantidoto ai disagi psicologici? Dissi io S, certo, lo . E per le malattie fisiche? Chiesi ancora. Per la guarigione del corpo il sufi celebra il rito dellacqua. Lacqua fa proprie le emozioni umane. Perci noi celebriamo un rito nel corso del quale recitiamo frasi del Corano sopra una bacinella colma dacqua e, in fine, diamo questacqua da bere agli ammalati. Quanto Sheik Salik stava dicendo mi ricordava gli esperimenti del dottor Masaru Emoto, un fisico giapponese che ho avuto il piacere di conoscere. Il dottor Emoto ha fotografato i cristalli dellacqua mostrando al mondo che essi cambiano aspetto a seconda delle emozioni umane che li investono. Il movimento dei sufi di Alwan le risulta in crescita o in diminuzione quanto a numero di partecipanti? Gli chiesi. In aumento. Perch uomini e donne devono celebrare le hadra separatamente? Chiesi ancora. Perch nel momento in cui il cuore si stacca dalla terra per salire al cielo, se vedi la persona di cui sei innamorato, il tuo cuore va verso di lei, dimenticando il cielo . Lo sai , aggiunse, che durante una hadra i partecipanti si uniscono al punto che se uno si punge un dito, il dito di tutti prende a sanguinare? Conosci il significato della parola sufi ? Essa significa puro. E lo sai che il significato della parola hadra indica che tu rappresenti Allah in questo mondo, ovvero tu sei lui ? Adesso notte. I sufi scendono dalle jeep e si incamminano verso la moschea. Noi siamo fermi, ai bordi della strada, li vediamo passare, ci salutano: Salam! Tra gli ultimi arriva Sheik Salik tutto vestito di bianco e ha un copricapo di raso bianco lucente. Stringe la mano agli uomini del nostro gruppo. Anche noi donne gli porgiamo la mano. Un ragazzo ci avvolge la mano tesa in un fazzoletto. Sheik Salik nelle sue vesti rituali , ci dice uno di loro, non pu toccare una donna. Salik ci stringe la mano coperta, poi ci indica di seguirlo. Tutti i sufi entrano insieme a lui nella moschea. Noi dobbiamo stare fuori. Sopra di noi il cielo una cupola di stelle che arrivano fino a incontrare la terra, la luna nuova illumina le pareti bianche della moschea che ne proiettano la luminosit nel buio della notte. Alcuni bambini ci fissano immobili, come ipnotizzati. Per qualche minuto ci sentiamo scoraggiati, abbandonati. Ma presto Sheik Salik esce dalla moschea: uno spirito bianco nellintensit bianca del riverbero lunare. Sono tutti dietro di lui. Si siedono sotto il cielo stellato a ridosso di un muro della moschea. Formano un grande cerchio, spezzato qua e l solo da qualche torcia. Davvero appaiono un unico corpo. Il rito ha inizio, un uomo percuote un grande tamburo e un altro al suo fianco inizia a cantare i versi di Ahamed bin Alwan il grande sufi la cui tomba allinterno della moschea, proprio al di l della parete alla quale Sheik Salik ora appoggia le sue spalle. Della tomba ci parla lo stesso ragazzo che pocanzi ha coperto le nostre mani. Questa notte sar lui il nostro Virgilio. La voce del cantante dolcissima. Il ragazzo ci lascia, ma dopo breve ritorna portando un tappeto che stende a pochi metri dal cerchio dei sufi. Ci dice che anche noi donne potremo praticare la hadra questa notte, ma non possiamo entrare nel cerchio degli uomini. Noi dobbiamo restare sul tappeto.

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Cos, mentre gli uomini che sono con noi si uniscono al cerchio, noi donne sediamo sul tappeto. E subito qualcuno ci porta dei cuscini, altri dei fiori, un ragazzino ci offre del profumo e bottiglie di acqua minerale. Ci chiedono se vogliamo, cibo, t o quat . Il quat la droga pi diffusa nello Yemen. Sono foglie di un arbusto che gli yemeniti dabitudine succhiano tenendole a lungo in bocca tra i denti e la guancia. Non di rado capita di vedere, girando per le strade dello Yemen, uomini e ragazzi con la guancia gonfia. Anche le donne, dicono, masticano quat , ma non si vede, poich il burka copre il loro viso. Allimprovviso, mentre ancora la voce bellissima canta i versi del poeta, i sufi allunisono pronunciano Allah. E tutti insieme, senza sosta, continuano a ripetere: Allah, Allah, Allah, Allah!.. Ondeggiano le teste e i corpi. Una grande forza si espande dal cerchio, investe noi donne allimprovviso. Il ragazzo, il nostro Virgilio, ci invita a ondeggiare. C talmente tanta energia in quella notte, prodotta da sessanta o ottanta uomini che pronunciano il nome di Allah ad alta voce danzando, generata dai tamburi, dai versi del poeta!.. Poi il canto Allah diviene Ah, Ah, Ah, Ah : un respiro potentissimo! Il viso di Sheik Shadik cambia, il bianco dei suoi occhi risalta sullo sfondo bianco delle sue vesti, del velo che gli cade dalla testa lungo le spalle, nella luce della luna. Le percezioni sono amplificate. Il volto di tutti cambia, forse anche il nostro. la trance , inevitabile in quella intensit di energia. Entrando e uscendo dalla trance trascorriamo, senza accorgercene, buona parte della notte. A volte ci pare di essere stanche, ma il nostro Virgilio ci riprende, invitandoci a ondeggiare. La stanchezza svanisce non appena riprendiamo il movimento accompagnato dalla respirazione potente dalla bocca che ci consente di emettere il suono Ah, ah, ah! . A volte i sufi si alzano in piedi e il rito assume una potenza ancora maggiore, a volte tacciono e la voce del cantante riprende a farsi sentire in compagnia di un solo tamburo. Ogni volta che i dervisci salzano lenergia sale un po, tutte le volte ci sembra che pi di cos non possa aumentare, eppure ogni volta cresce ancora. Alle prime luci dellalba il rito finisce, lasciando a ciascuno di noi ricchezze inestimabili. Sappiamo che ritorneremo dai sufi, Sheik Salik sa che ritorneremo. giunto il momento di lasciarsi alle spalle la dimensione del credere e provare ad entrare in quella del fare. Non sperare, ma fare, e fare senza timore e intenzionalit. Le parole di un testo di Yoga tantrico fanno eco nella nostra mente alle parole di Sheik Salik sullassenza di intenzionalit nelle pratica delle hadra. Non avere la minima intenzione n fare il minimo sforzo per praticare e tuttavia non essere distratti nemmeno per un istante, praticare la mente naturale correttamente (Garma C. G. Chang Insegnamenti di Yoga Tibetano , Ed. Ubaldini, Roma, 1981, p. 44) Sufismo per noi una psicologia, una meditazione, uno yoga che non ci vuole curare o salvare, ma celebrare. Di ci la prima espressione stata la meravigliosa sensazione di accoglienza che i sufi ci hanno fatto provare

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Il viaggio nello Yemen che abbiamo compiuto alla ricerca dei dervisci di Alwan ci ha proposto paesaggi aridi, montuosi, una natura forte e dura, che non vuole accarezzare, ma scuotere e indurre alla conquista. Il Regno di Saba Lo Yemen, per il carattere impervio e potente della sua natura, ricorda emotivamente il Tibet. Infatti, esso situato su di un altipiano costituito dalla parte pi alta di quella immensa piattaforma di granito che forma la penisola arabica. Lo Yemen talvolta chiamato il tetto dArabia o anche il Tibet o la Svizzera dArabia. Proprio questa terra fu una delle regioni al mondo pi anticamente popolate e ancora oggi porta le vestigia di civilt antiche che fiorirono grazie al commercio dellincenso e della mirra. Questi prodotti avevano un alto valore rituale in molte culture antiche , dalla egiziana alla greca alla romana a quella ebraica. Come il racconto della Nascita di Ges esprime, incenso e mirra avevano allora lo stesso valore delloro. Sul commercio di incenso e mirra prosperarono e decaddero molti potenti regni, situati lungo la strada carovaniera che consentiva il trasporto delle merci preziose attraverso lArabia del Sud verso tutto il Mediterraneo. Il regno pi importante fu quello di Saba, che fior assai molto prima che si cominciasse a scrivere la storia e che ha lasciato dietro di s vestigia di una grandezza a noi misteriosa. Per esempio i resti della famosa diga di Marib costruita, si pensa, intorno allVIII secolo a. C. e rimasta in piedi per pi di 1.000 anni. Questa diga, di dimensioni enormi, consentiva la raccolta e la canalizzazione dellacqua piovana in un grande bacino chiuso agli altri lati da due montagne che formano la Wadi, la Valle, Dhana. Attraverso un sistema di canali lacqua veniva distribuita ai campi consentendo la prosperit del regno di Saba. Le difficolt in epoca moderna di ridare impulso alla regione di Marib costruendo una diga, ci spingono a comprendere la grandezza dellopera dei sabei. Solo negli anni ottanta, grazie a una donazione di 75 milioni di dollari al governo dello Yemen da parte dello sceicco di Abu Dhabi, Zayed bin Sultan al Nahyan, i cui antenati vissero nella regione di Marib, si potuta realizzare unaltra diga a un paio di chilometri di distanza dai resti di quella antica. Ma lopera di canalizzazione che dovrebbe distribuire lacqua ai campi ancora in fase di realizzazione. La zona di Marib, dove fior il regno pi potente dellArabia antica, oggi coperta da scarsa vegetazione e ha un aspetto di zona depressa. Negli anni ottanta, in questa zona, stato scoperto il petrolio. Marib fu lultima capitale del regno di Saba ed oggi il sito archeologico principale dello Yemen. Vi sono nella zona di Marib i resti del tempio della Luna ( Almaqah o Ilumquh ) che gli yemeniti chiamano Arsh Bilqis , ovvero trono di Bilqis , o anche Bilquis Palace , dal nome yemenita della leggendaria regina di Saba che fece visita al re Salomone. A breve distanza dai resti del Tempio della Luna si pu raggiungere un sito archeologico ancora pi esteso dal quale affiorano alla luce i resti di un imponente tempio, chiamato tempio del Sole o Maharam Bilqis . La parola Maharam significa tempio del rifugio, il che fa pensare che questo luogo fosse una sorta di asilo per chi era perseguitato. Di fatto gran parte dei resti dei monumenti del regno di Saba resta ancora sepolta sotto la sabbia nella regione di Marib e sicuramente anche altrove nello Yemen. Molti dei pilastri del Tempio del Sole sono stati usati dai beduini come bersagli per le esercitazioni di tiro e sono rovinati dai proiettili dei fucili. Numerose pietre sono state asportate dalle aeree dei templi per

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costruire le case dei villaggi vicini. Oggi gli archeologici stanno pazientemente riportandole ai loro siti originari. Dal passato lontano lumanit non pu trarre conferme ai propri valori, n appoggio per le proprie certezze, attinge inquietudine e lo dimostra specialmente, ma non solo, nelle proprie fantasie. La scrittura sabea, che deriva dalla fenicia, non scrive le vocali, ma solo le consonanti, per questo, per esempio, non possiamo sapere se la parola luna si pronunciasse almaqah o ilumquh. La civilt delle certezze non si trova a proprio agio dinnanzi a cose simili. In una civilt come la nostra, che ha bisogno di credere nei valori, le parole non possono lasciare spazio allinterpretazione personale, non solo nella loro pronuncia, ma anche e soprattutto nel loro significato: bianco deve significare per tutti la medesima emozione e cos pure dolore, piacere, salute, malattia, benessere, malessere. non pu esistere colui per il quale il bianco un po scuro e il nero un po chiaro, il dolore una forza, il piacere una rivelazione sottile. Se costui esistesse, potrebbe essere solo un folle o, al massimo, un mistico o un poeta. A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali! Un giorno ne dir le nascite latenti: A, nero vello al corpo delle mosche lucenti Che ronzano intorno a crudeli fetori, Golfi dombra; E, candori di vapori e di tende, Lance di ghiaccio, brividi di umbrelle, bianchi re; I, porpore, rigurgito di sangue, labbra belle Che ridono di collera, di ebrezze penitenti; U, cicli, viramenti sacri dei mari viridi, Quiete di bestie al pascolo, quiete dellampie rughe Che alle fronti studiose imprime lalchimia. O, la suprema Tuba piena di stridi strani, Silenzi attraversati dagli Angeli e dai Mondi: O, lOmega, raggio violetto dei Suoi Occhi! Arthur Rimbaud Vocali Pu essere una maledizione laver perduto la capacit di intendere i poeti. Il bisogno di credere tutti nei medesimi valori pu portare a dimenticare che la verit soggettiva dei mistici e dei poeti una

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componente della realt di pari grado rispetto alla verit dei valori prodotti dalla logica. Con la perdita del significato soggettivo della verit, si insinua nella mente la sofferenza psicologica. La psicologia terapeutica quello che rimane dopo la perdita della poesia e del misticismo. Ma ancora vi sono nel mondo, e dentro di noi, passaggi segreti, i buchi neri delle gerarchie di valori e della storia, attraverso i quali possibile fuggire allomologazione.I dervisci dello Yemen, gli sciamani della Birmania, gli spiriti del Tibet sacro, cos come le turbe e i disagi che coltiviamo nellintimo, sono un prezioso patrimonio per la nostra rinascita, da l possiamo passare per ritrovare la nostra ombra, luniverso degli spiriti, il mondo creativo della mente mistica, la dimensione del sacro. Alla psicoterapia c alternativa: la si pu trovare nellesperienza artistica, creativa, estetica, nella filosofia, nelle tradizioni mistiche del mondo, le quali non devono essere scambiate per terapie alternative, pena la perdita del loro significato originario, ma vissute quali alternative alla terapia. Una psicologia umanistica autentica non determinata da intenzionalit terapeutiche: vuole conoscere, non cambiare, desidera celebrare, non curare, aspira a cantare luomo senza applicare un giudizio. Il giudizio sulla psiche la malattia stessa. Come ebbe a dire il filosofo E. Cioran dobbiamo difenderci dai nostri guaritori. E, in proposito, ci rimane la bellezza come autentico talismano. Nello Yemen ne abbiamo vista molta. Shibam, Sanaa, Al Mukalla, Wadi Hadhramawt e i nostri miti Molta bellezza abbiamo visto nello Yemen, ovunque. Non solo per le vie di Aden, dove della bellezza abbiamo colto laspetto pi tormentato, ma nel deserto e nelle magnifiche visioni dei grattacieli di paglia e fango, come quella della surreale citt antica di Shibam. Anche Sanaa, la capitale politica dello stato, offre bellezza in abbondanza, qui vi la casa dove Pasolini abit, qui le finestre dai vetri colorati che la notte parlano di magie nascoste, qui le affollate vie del mercato dove, tra quintali di spezie e legumi accatastati nei sacchi di juta, tra le gioiellerie traboccanti di monili antichi, c ancora chi pratica la medicina tradizionale per la cura dei corpi. Uno di noi si presta come cavia per la pratica del salasso. Poi, lasciando Sanaa, passando per villaggi arroccati su montagne brulle, arriviamo ad Al Mukalla per sdraiarci in riva al mare. Straordinaria larchitettura della valle (Wadi) Hadramaut: le case di paglia e fango rispettano a tal punto lambiente da confondersi con lo sfondo del paesaggio, da essere colte a fatica dallocchio umano che scruti le montagne sabbiose viaggiando lungo le strade sterrate. S, ci piace questo Yemen, dove la bellezza nascosta e invita allattenzione. Viaggiando per lo Yemen scopriamo i nostri miti e i nostri dmoni e li contempliamo. Mito la tendenza dellessere, limpulso ad esistere, il profondo desiderio che mai si realizzer in vita, pena la cessazione dellesistere stesso. Dmone ci che sei, listinto che agisce in te, lindole che conquista le esperienze. Bellezza fragilit e incompiutezza, perci luomo mito irrealizzabile e fugge se stesso. Libero dai valori comuni di vantaggio e svantaggio personale, puoi conoscere i tuoi miti e i tuoi dmoni e amare questuomo, che non realizzer mai il proprio mito per incarnare Bellezza.

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Questo uomo che vive per lirrealizzabile, vincente nel momento in cui vede in s leroe sconfitto, in quel momento egli conquista se stesso, e dei dmoni che incarna e che sempre ha desiderato nascondere, fa, allora, la propria forza. Non guariremo mai dai nostri miti, poich essi non sono da guarire, allora ne ridiamo divertiti. Interpretiamo leroe ribelle, la principessa, la maga, il grande artista e, di nascosto, ci osserviamo giocare al gioco della vita. Anche viaggiando attraverso lo Yemen, come sempre, abbiamo vagabondato allinterno di noi, ora riposiamo rilassati, prima di ripartire verso nuove avventure. Sui nostri miti

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VIAGGIO NELLO YEMEN (ovvero il pellegrinaggio dentro e fuori) di Alessandra Bernasconi

Lo Yemen dentro di me ha sempre avuto una chiara ubicazione bench non conoscessi affatto, fino ad ora, la sua collocazione geo-fisica. Nel mio immaginario rappresentava un paese di ribelli: gente selvaggia. Gente per fiera nella sua povert, fiera nelle sue tradizioni tribali, con il deserto come compagno. Lo Yemen per me rappresentava la nuova Cuba ormai decaduta ai miei occhi e al mio spirito. Non a caso, poich nulla, ora so, casuale e tutto accade per un ottimo scopo, argomento del nostro seminario di nonterapia nello Yemen il mito.Il mito delleroe, il mito del combattente, il mito di chi non scende a compromessi: certamente, oggi, il mito predominante della mia poco eroica esistenza esteriore. Siamo 4 compagni di viaggio. Selene, mi incute ancora oggi dopo quasi quindici anni, un certo timore, una sorta di piacevole soggezione di quella che tutti abbiamo vissuto allinizio di un grande amore. Paolo, il fratellone, cos bello e allegro che regala al gruppo una ventata di gioconda idiozia. Quel fratello cos fragile e cos dissimile dal piccolo eroe che conoscevo da bambina. Poi Anna, bella e dolcissima, con un sorriso capace di illuminare la giornata. Una sorta di carro armato che persegue la sua strada fino in fondo, senza deviazioni e sbavature, Non sa neppure lei quanto forte. E poi la sottoscritta che, come sempre, allinizio di un seminario in pieno caos mentale/fisico/emotivo. Come da copione si sente incapace persino di fare il primo passo e vorrebbe essere altrove. Diario di Viaggio Marted 29 marzo 2005

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Comunque, dopo un viaggio perfetto, arriviamo a Sanaa, capitale dello Yemen. ..Conosciamo la nostra guida dello Yemen, Ali, un vecchietto chiacchierone che potrebbe essere nostro nonno. Ahim, un bel beduino dagli occhi di fuoco mi avrebbe stimolato di pi, ma accontentiamoci, data let, potrebbe magari morire durante il viaggio.. . Uno per uno nei due giorni successivi snoccioliamo la nostra essenza famigliare e i relativi miti da essa ereditati. Si tratta di, una volta individuato il mito assorbito, recitare via via il demone opposto configurandolo e finalmente accogliendolo come nostra divinit. Comprendo che la presenza del mito produce necessariamente il terrore nei confronti del suo opposto che diventa il demone da temere: il povero demone, reietto, costretto a manifestarsi come pu, spesso con violenza. Mi viene limmagine di un bambino respinto che, per poter essere visto ed amato, compie atti dissennati. Diario di Viaggio - Mercoled 30 marzo 2005 Visitiamo Sanaa.: bellissima, antica. La vecchia citt ci si presenta accogliente. Cerchiamo, con laiuto del vecchio Ali, gli antichi guaritori di antica cultura.

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Entriamo in una porticina al pian terreno di una vecchia casa di Sanaa : lo studio del vampiro. In pratica un guaritore che succhia il sangue del paziente utilizzando dei vecchi (e sporchissimi) imbutini di metallo. Paolo si offre volontario per il trattamento (?) e noi documentiamo ampiamente la terapia con foto e commenti. Siamo molto divertiti e un po schifati. Dopo la cura Paolo si sente bene (stava gi bene prima) e Ali gli somministra una bella aranciata coloratissima per tirarlo su. Diario di Viaggio - Gioved 31 marzo 2005 Si va a Marib in Toyota. Lautista Abdul mastica il Qat, una droga leggermente euforizzante considerata dalle nazioni unite la quarta per pericolosit. Dicono che il Qat, utilizzato da quasi tutti gli yemeniti uomini e donne, sia una sorta di viagra rilassante dagli effetti sconcertanti: per luomo un forte inibitore sessuale e per la donna un eccitante. E perci che luomo lo assume tutti i giorni ma lo interrompe il gioved e il venerd mentre la donna lo assume preferibilmente il venerd: la notte di venerd quindi, con luomo disintossicato e la donna intossicata si fa festa. Visitiamo il tempio del sole e della luna: la fortuna ci assiste. Queste magnifiche opere monumentali sono in mano agli archeologi occidentali: e quindi normalmente chiuse al pubblico: ma Pasqua e gli archeologi sono a casa propria. Una mancia di Ali ai custodi armati di Kalashnikov ci permette di visitare gli scavi. Siamo in pieno Regno della Regina di Saba, il 3.000 a .C. , contemporaneo alla civilt egizia che abbiamo conosciuto in precedenti pellegrinaggi Il Tempio del Sole e della Luna, il Tempio di Awwan e soprattutto il Tempio della regina di Saba. Latrmosfera sacra, lenergia forte in questi luoghi antichi quando ancora la natura era la divinit. Non strutture di fango e paglia ma immensi blocchi di granito portati l da chiss dove e chiss come per erigere monumenti alle divinit eterne. Leleganza e la purezza dello stile ricordano lantica Grecia, lEgitto, quando luomo era ancora un tuttuno con la natura.

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Ci fermiamo per la notte allhotel Bilquis Mareb. La meditazione sui miti ci ha consentito di conoscere i nostri dmoni e di imparare a recitare noi stessi. Ognuno di noi durante il giorno ha interpretato un proprio demone; lha riconosciuto nel paesaggio brullo, negli imponenti colonnati in granito, nelle piccole e grandi vicende del viaggio. Diario di Viaggio Venerd 1 Aprile 2005 Alle 4.00 partenza. Ci attendono 14 ore di fuoristrada nel deserto del Sinai qui detto Al Sabatain Desert. Attraversiamo due terzi di Yemen in direzione est. Sostiamo nella vecchia Shabwa, antico centro commerciale beduino e sede di una bellissima cava di salgemma. Mangiando frutta allombra della cava tentiamo la Meditazione della Yoni. Veniamo interrotti da bambini inviati dal solito Ali spazientito dalla nostra lunga sosta. In effetti i poverini (Ali e Abdul) sono in pieno sole (45) e, poich decisamente decrepiti, potrebbero schiattare l per l. Pranziamo alle 14.00 con carne di cammellino, pane, riso, verdure e una gustosa salsa piccante. Oggi sto lavorando sul mito delleroe. Il suo demone, lho visto, una figura morbida, fatta di latte. Una figura che cambia continuamente forma, che si adatta: lopposto delleroe che tenta di adattare il mondo a s stesso e ai suoi ideali. Guarda caso proprio oggi in pieno deserto mi ritrovo in mano un Kalashnikow e sparo: com facile! Senti la rabbia che dal profondo sale, va nel tuo braccio e poi nellarma. Sento il cuore che si apre allo spavento. Bello. E strano perch il processo a ritroso: tu spari e successivamente senti rabbia, braccio e cuore.

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Diario di Viaggio Sabato 2 Aprile 2005 Sveglia alle 6.00. Tutti da Paolo per la consueta meditazione di focalizzazione del mito del giorno con suo relativo demone. La pratica della respirazione profonda, alla mattina presto, ancora in pigiama assonnata, unita alla meditazione mi mette fin da subito in uno stato di accelerazione. Mi sento un atleta che si ben riscaldato e teso, sulla linea di partenza, attende lo start. Appena sveglia, scelgo il demone che dovr recitare quel giorno: al momento della meditazione lo trovo, per spontaneamente subito dopo lo dimentico e ne appare un altro. La magia della meditazione non finir mai di lasciarmi piena di stupore! Tutto va da s, ogni cosa accade naturalmente e solo tu, con la tua resistenza, la puoi ostacolare. Poi partenza per Tarim attraversando il bacino di Hadramut detto Hadramut Dom. C un bellissimo museo, antico palazzo di un sultano. Scopriamo gli antichi reperti del Regno di Saba intrisi di riferimenti egizi ed ellenici. Le antiche civilt di natura erano in contatto tra loro e parlavano il medesimo linguaggio dellarte che anima. Per questi nostri antenati il rapporto tra la vita e la morte era in perfetto equilibrio. Noi, al contrario, la morte labbiamo dimenticata, non la celebriamo n riusciamo a viverci in simbiosi, al contrario la definiamo una sorta di mostro da evitare a tutti i costi. Ci abbiamo costruito sopra una societ nella quale i medici hanno sostituito i maestri. Dallalto del Museo la citt bellissima.

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Le foto esposte riprendono molte donne, immagini cui ancor oggi solo una donna pu accedere. Per un uomo, infatti Paolo, il nostro fotografo ufficiale, proibito riprendere una donna. Mi vengono in mente le nostre riviste con i corpi delle donne in bella mostra. Partiamo per Tarim e visitiamo qui la bellissima dimora del ricchissimo EL CAF. Mercante di legname, stabilitosi a Singapore, ha deciso di affidare il suo palazzo allUNESCO per il restauro che, ad oggi, parrebbe urgente. La magione e splendida e fresca, di uneleganza e una raffinatezza fuori dal comune. Scattiamo molte foto per il sito mascherandoci ed interpretando i vari ruoli che si presentano grazie allaiuto di un custode fantasioso. Anna interpreta una bellissima sposa indossando abiti da cerimonia: lei stessa, confessa, interpreta cos uno dei suoi miti. Io indosso un lungo cappello da strega, qui portato dalle pastore, e Selene, in perfetta posizione del loto, siede al centro di una camera riccamente decorata nella quale la luce filtra attraverso mosaici di vetri colorati. Paolo, alla fine, versa un contributo allUNESCO nellurna destinata ai fondi di restauro: il ricco che dona al ricco. .Si va tutti in camera di Paolo per una pratica yogica straordinaria. I dubbi che sempre mi accompagnano durante il giorno, si dissolvono: vivo unesperienza di conoscenza che non si riferisce a nulla in particolare ma che sa risolvere le incertezze alla radice. Diario di Viaggio Domenica 3 Aprile 2005 Meditazione del mattino. Il mio mito oggi la vittoria. Esso mi consente di scoprire un demone che mi possiede da quando sono nata: la paura del fallimento o meglio ancora della sconfitta. Alle 7.00 partenza. Via verso Al Mukalla, in direzione sud-ovest. Il viaggio lungo e buona parte del percorso su strada sterrata. Larrivo previsto per le 17.00. Il tragitto per me uno dei pi belli del mondo. Percorriamo infatti la Valle di Doan (Wadi Doan): bellissima. I paesi interamente di fango appaiono come per magia solo quando si a ridosso. La Valle a tratti di un verde brillante e luminoso costellata di minuscole greggi di capre guidate da misteriose streghe vestite di nero con un cappello di paglia a punta: sono le pastore beduine che non vogliono essere n guardate, n tantomeno fotografate. Se provocate, le affascinanti streghe, non

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esitano a prendere le auto a sassate. Tutto intorno montagne di pietra che formano sculture naturali. LEden potrebbe essere questo.

Alle 17.00, puntuali, arriviamo ad Al Mukalla. Siamo sul mare, lOceano Indiano. Approfittiamo per una meditazione in riva al mare al tramonto. Cena in hotel e visita della citt, una sorta di Nizza araba. Siamo cotti: alle 22.30 a letto. Diario di Viaggio Luned 4 Aprile 2005 Mi sveglio poco dopo le 5.00. La notte non stata un granch. Mi sento in un perenne stato di ansia: una sensazione strana. Vorrei essere altrove e mi sento a disagio ovunque e con chiunque. E come se mi sentissi sempre inadeguata oppure il mondo inadeguato a me. Alle 7.00 meditazione Il demone: la brutta e vecchia strega in contrasto con il mito, comune a tante donne, della bella principessa. In effetti mi sento brutta, vecchia e cattiva e ce lho con tutti. Sono felice di partire. Recitare il mio demone straordinario: interpretare il ruolo della vecchia, brutta strega fantastico. .Sento con sempre maggiore intensit il collegamento tra i vari punti del corpo e le varie emozioni. In alcuni momenti ho la sensazione di una perfetta gestione del tutto. Il fatto di avere un brutto mal di testa e la nausea mi ha permesso di provare a comandarli e soprattutto ad usarli come strumenti della mia meditazione. Selene, prima del rituale, ha letto dei passi grandiosi da non so che Tantra. Usciamo dalla meditazione in uno stato di estasi. Ci serviranno delle ore per rientrare nella cosiddetta normalit, che pure ci appare come una visione estatica. Allora di cena nessuno di noi riesce a mangiare in pi abbiamo tirato un bidone tremendo ad Ali (che poi ci perdona, da buon nonno che ). Diario di Viaggio Marted 5 Aprile 2005 Comme dhabitude alle 6.00 meditazione. Alle 8.00, puntualissimi, partenza per Aden. Alle 13.00 ci fermiamo a pranzare in un tipico ristorante yemenita destinato alle famiglie. E fatto tutto a piccoli separs per permettere alle signore di togliere il burka per mangiare, senza che occhi estranei alla famiglia possano vedere il volto. Anche noi prendiamo un separ e chiudiamo la tendina cos da

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evitare il via vai di uomini curiosi e decisamente fastidiosi che sbirciano allinterno del separ. Mi pare che queste donne misteriose siano la cosa pi bella di questa cultura decadente.

Arriviamo ad Aden alle 17.00. Caldo umido. Lhotel un 5 stelle arabo: sporco, unto, decadente e stanco come il resto della citt. Si va subito alla casa di Rimbaud: che tristezza! Maledetto in vita e maledetto nella morte!, dice qualcuno di noi. Il poeta, stabilitosi qui per organizzare un traffico di armi poi fallito, ha venduto in seguito la sua casa ad uno yemenita prima di tornare in Francia dove mor allet di soli 37 anni. La casa divenne sede del Consolato Francese, poi, oggi, di una banca e di un hotel a zero stelle. Entriamo nellhotel: puzza di piscio e piedi, luridume, caldo umido, insopportabile. Saliamo al primo piano dove c la camera da letto del poeta ora ridotta a magazzino. Sopra la porta qualche ritratto in fotocopia: non c limite alla depressione! Facciamo le foto di rito. Ancora una volta lincontro col mito. Diario di Viaggio Mercoled 6 Aprile 2005 Dopo la meditazione, si parte per TAIZZ. Viaggio lungo e molto caldo. Tagliamo per la moschea di BO? . Stiamo sempre cercando le Hadra, ovvero gli antichi rituali sciamanici legati ai sufi. Conosciamo finalmente un tale che Ali definisce il matto.

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E una sorta di custode della moschea e, in effetti, tanto a posto non . Comunque un bel pazzo di quelli che ricordano il monaco folle del famoso romanzo Il Nome della Rosa che si esprime con varie lingue mescolate. Il Matto ci fa entrare nel cortile della moschea e questo gi denota la diversit rispetto alle moschee fin qui viste solo da lontano. Conosciamo lIman , un vecchio piacevole dallo sguardo dolce e calmo. Le Hadra saranno domani a partire dalle 14.00 di pomeriggio nella casa del capo trib. Poi continueranno nella moschea di Efrus raggiungibile in auto su sterrato. Il Matto ci conduce poi dal capo trib per il benestare. Il capo un uomo affascinante (scopriremo, in seguito, che in realt il fratello del vero capo), Ci offre un pane buonissimo, ci sorride. Siamo i benvenuti. Diario di Viaggio Gioved 7 Aprile 2005 Mi sveglio al mattino con la sensazione che oggi sar un gran giorno. E quello stato di attesa e timore che precede, per me, i momenti importanti. Visitiamo i dintorni di Taiz, ci facciamo tatuare le mani, noi donne, da una bella signora a volto scoperto, comperiamo i veli per la cerimonia che ci aspetta. Andiamo a casa della trib sufi e finalmente conosciamo il vero capo trib. Un uomo grande e bello che ci accoglie con il sorriso di un fratello che da anni ti attende. Dice che ha sognato del nostro arrivo. Ali naturalmente traduce un po, crediamo, come vuole lui. Noi donne poi andiamo con le sue mogli in casa. Sono 4, tutte belle, tutte simpatiche e tutte di diverse et. Ci offrono una bibita colorata che Selene si tira addosso tra lilarit generale e limbarazzo di Selene. Naturalmente ci capiamo a gesti e dopo un po non sappiamo pi che fare. Sappiamo che Paolo andato a fare dei rituali con gli uomini e lo invidiamo. Il capo torna e, in deroga alle leggi mussulmane, ci ospita in una camera e accetta di farsi intervistare con laiuto di Ali.

Il suo nome Salik ed lo Shek ovvero il maestro sufi . E il vero capo spirituale e politico dei sufi. Le trib sufi, che a quanto capisco sono solo tre, si ritrovano nella moschea di Efrus per celebrare i

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loro riti segreti e lui il Maestro, lo Sciamano, la Guida. Ci dice che le donne celebrano tra donne di giorno e gli uomini tra uomini di notte. Ci invita a partecipare e decide, senza consultare gli anziani, di celebrare i riti fuori dalla moschea per poterli mostrare a noi. Scopriamo in seguito che ci aveva invitato per il rito del sacrificio di sangue ma Ali, terrorizzato, gli ha risposto che avevamo altri programmi. Ancora una volta Ali ci blocca. Lo Shek ci lascia il numero del suo cellulare per accordarci per i rituali serali nella moschea. Dopo mille peripezie divertenti, paradossali e a volte leggermente irritanti, arriviamo l dove eravamo destinati. La moschea grande, bianca, bellissima e, sotto un cielo stellato da Le Mille e una Notte sembra brillare di luce propria. Veniamo accolti come in una famiglia. Siamo commossi e felici.

Tutto ci che accaduto in quella magica notte non pu essere scritto. Rimarr per sempre nei nostri occhi, nel nostro cuore e nella nostra anima. E semplicemente il Perch del nostro viaggiare.

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