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DIDATTICA DELLA GEOGRAFIA – DE VECCHIS

1. I saperi geografici nella didattica e nella ricerca


1.1 Un lungo e complesso cammino
1.1.1 Verso la formazione dei saperi geografici
I saperi geografici si sono sviluppati nel corso dei millenni attraverso un lungo e complesso cammino. Le
trasformazioni dei saperi geografici e il loro insegnamento sono state segnate da diversi fattori: a partire dalle tappe
che hanno segnato la storia e la cultura dei popoli, passando per i progressi della scienza e della tecnica, l’evoluzione
della pedagogia e dalle psicologie. Tappe come la caduta dell’Impero Romano, lo sviluppo del monachesimo, le
relazioni con la cultura islamica, i processi di industrializzazione e mondializzazione e le guerre, l’avvento
dell’elettricità, sono tutte tappe che hanno segnato il metodo della ricerca. È difficile individuare i saperi geografici
precedenti alla cosiddetta “geografia scientifica” del Settecento e dell’Ottocento, poiché, prima di allora, questi
saperi includevano conoscenza tra loro molto diversificate e disseminate tra cui informazioni derivanti dai racconti di
viaggio, dai resoconti di esplorazioni e nozioni astronomiche, cartografiche e geologiche. Inoltre, l’esigenza di
descrivere e di conoscere il mondo ha coinvolto oltre alla scienza e agli studi filosofici, tante altre manifestazioni
dell’essere umano come il mito, la poesia e il racconto, la religione e la pratica del sacro. Si trattava di conoscenze
che, seppur diverse fra loro, fornivano la risposta a tanti interrogativi.

1.1.2 Dal mondo classico al secolo del metodo


Le radici di una geografia della quotidianità si collocano in tempi remoti, legati anche al mito, il quale veniva
utilizzato non solo come mezzo per spiegare il mondo e i suoi fenomeni ma anche per trasmettere il patrimonio di
idee, tradizioni che costituisce la cultura di un popolo senza scrittura. Nelle civiltà in possesso di una scrittura invece,
come ad esempio la Grecia, il mito affronta anche temi riguardanti la concezione del mondo e della vita, come nella
Grecia di Omero e di Esiodo. È proprio in Grecia che si può far risalire, per quanto riguarda il mondo occidentale, la
nascita dei saperi geografici: i “filosofi presocratici” hanno avuto il senso del racconto, sono stati naviganti e hanno
osservato cielo e stelle; non a caso sono identificati da Strabone come “geografi” e furono infatti i primi in Occidente
a mettere a punto i modelli con cui tentare di misurarsi e rapportarsi con il nostro pianeta.
Dicearco di Messina (350-290 a.C. – IV secolo) personalità di notevole spessore scientifico, nella sua opera
“Descrizione del mondo”, purtroppo andata perduta, tentò di rappresentare la Terra grazie all’introduzione di una
coordinata rappresentata dal parallelo centrale passante per Rodi, da cui era possibile individuare diversi luoghi. Il
sapere geografico antico coincideva in gran parte con quello cartografico, ne è una prova il significato etimologico
greco del termine “Geografia”, ovvero, “disegno della Terra”. Eratostene (nato a Cirene nel 276 a.C.), erede del
patrimonio di conoscenze di Dicearco e direttore della celebre biblioteca di Alessandria, dà largo impulso alle
indagini geografiche, scrivendo un’opera articolata in tre libri, il primo dei quali relativo alla storia della geografia: da
Omero, considerato il grande educatore dell’antichità, ai suoi tempi. La geografia astronomica e quella fisica
costituiscono il contenuto del secondo libro mentre il terzo riguarda la descrizione del mondo allora conosciuto.
Nell’opera sono presenti interessi matematici e cartografici (le dimensioni della Terra) ma anche descrittivi che
hanno portato poi alla diffusione di itinerari, per terra e per mare, e alla stessa nomenclatura delle regioni della
Terra.
Un altro personaggio importante nell’ambito della geografia fu Strabone (circa 64 a.C. - 21/24 d.C) il quale nella sua
opera articolata in 17 libri, tenta di congiungere la tradizione scientifico matematica con la geografia umana,
ridefinendone metodi e obiettivi. Questa opera però, ottenne un giusto apprezzamento solamente nel XIX secolo da
parte di Friederich Ratzel, uno dei padri della geografia moderna. Nel Medioevo il termine “geografia” tende a
scomparire anche se opere come Cosmographia o De universo affrontano dei temi riconducibili a questi saperi.
Inoltre, la profonda spiritualità di questo periodo storico comporta una scarsa attenzione al mondo sensibile e causa,
di conseguenza, una lacerazione tra scienza ed esperienza, con esiti negativi anche per le conoscenze geografiche
che private dell’essenziale collegamento con la realtà, vanno a sconfinare nel magico e nel fantastico.
Nel XII secolo ritorna sulla scena culturale il pensiero di Aristotele attraverso le traduzioni delle sue opere (dall’arabo
e dal greco), cominciano a diffondersi numerose traduzioni in latino di opere filosofiche, mediche e scientifiche e
nascono le prime università.
Nel XIV secolo con l’Umanesimo si registrano molti cambiamenti, in particolare la fioritura delle monarchie europee,
l’invenzione della stampa e della polvere da sparo e soprattutto le grandi scoperte geografiche che inducono nel XV
secolo gli studiosi del Rinascimento ad affrontare nuovi problemi e a cercare soluzioni per le esplorazioni da
intraprendere. Nel Rinascimento, l’opera geografica e cartografica di Tolomeo (II secolo d.C.) ritorna in auge,
acquistando una notevole notorietà grazie anche al suo utilizzo nella navigazione; in questo periodo, infatti, la
cartografia viene ancora associata alla geografia e al suo insegnamento. Si susseguono diverse innovazioni e
invenzioni, dalle quali la scienza moderna trae le sue radici. Grazie alle conquiste della tecnica, comincia ad affiorare
il desiderio di dominare il mondo: quello visibile e percepito dai sensi viene considerato fallace, mentre, la
matematica e i calcoli presentano verità chiare ed evidenti. In questo contesto assume un ruolo centrale il metodo
sperimentale di Galileo Galilei (1564-1642), il quale favorì l’azione di ricerca proposta dagli scienziati per scoprire le
regole e i segreti dell’ambiente. Tra i tanti studiosi della rivoluzione scientifica del Seicento si ricordano anche Francis
Bacon (1561-1626, Bacone) e René Descartes (1596-1650, Cartesio). Tale rivoluzione apre un periodo di grandi
successi, dopo tanti secoli di ricerche con esiti veramente scarsi.

1.1.3 La “geografia scientifica”


Il periodo illuminista del Settecento si caratterizza per un grande fervore culturale, il pensiero di Jean Jacques
Rousseau e di Immanuel Kant esercita una grande influenza sulla geografia. Il primo (famoso anche per aver scritto il
romanzo pedagogico “Emilio”) evidenzia il valore educativo dell’ambiente: una natura che non è più un sistema di
leggi matematiche ma che guida le sue creature secondo la sua legge. Per Kant, che fu geografo prima di diventare
filosofo, la geografia dovrebbe dare una prima approssimazione di che cos’è e com’è fatto il mondo dove gli allievi
vivono. La geografia rende cittadini del mondo e ci mette in relazione con le nazioni più lontane; fu il primo a parlare
di globalizzazione in termini di un cosmopolitismo al quale l’umanità tenderebbe per il semplice fatto di abitare un
pianeta di forma sferica che avvicina gli uomini tra loro.
Agli inizi dell’Ottocento si assiste a un vigoroso progresso negli studi geografici, dovuto principalmente all’evoluzione
tecnico-scientifica, al pensiero illuministico e quello idealistico. Il cambiamento avviene specialmente in Germania
dove operano rinomati studiosi come Johann Herder, Alexander von Humboldt e Carl Ritter; questi ultimi
considerati i precursori della geografia contemporanea. Essi accomunano per il loro apporto epistemologico riguardo
i problemi legati alle relazioni tra uomo e natura, soprattutto riguardo il concetto di interdipendenza, alla base della
ricerca scientifica. Grande ordinatore della scienza geografica è Friedrich Ratzel (1844-1904) che giunge ad una
concezione unitaria della geografia. Egli si forma nel positivismo ambientalista rifacendosi alla concezione
meccanicistica in base alla quale l'universo è una macchina che risponde a precise leggi matematiche, le quali
spiegano i fenomeni che avvengono nel tempo e nello spazio. Ciò porta alla formulazione del principio del
determinismo geografico o ambientale secondo cui il rapporto fra ambiente naturale e società umana sarebbe
regolato da vincoli di causalità unidirezionale dal primo al secondo elemento; e perciò il comportamento territoriale
delle comunità risulterebbe ‘determinato’ dalle condizioni fisiche (in particolare climatiche).
Mentre in Italia la geografia si conforma al modello tedesco, in Francia, già alla fine dell’Ottocento la disciplina
sviluppa un diverso orientamento che ha il suo maestro in Paul Vidal de la Blache. I suoi studi si collocano in un
clima di travaglio culturale del movimento positivista, che riprendono (ma non del tutto) l’indirizzo ratzeliano. Un
principio basilare della concezione vidaliana è quello di “genere di vita” ovvero l’insieme dei comportamenti abituali
e stabili di un gruppo umano che si organizza su un determinato territorio dal quale ottiene il necessario
sostentamento. Il gruppo risponde agli stimoli provenienti dall’ambiente non solo in funzione del tipo di ambiente in
cui si colloca ma anche in funzione delle proprie vicende storiche e socioculturali. La sua corrente di pensiero prende
il nome di “possibilismo geografico”, espressione formulata in seguito dallo storico Lucien Febvre, molto legato alle
idee di Vidal e autore de La terre et l'évolution humaine (1922). A parte queste sensibili differenze, sia Ratzel che
Vidal appartengono al paradigma positivista. Secondo Turco fra i due non esistono differenze sulla natura del
“prodotto” scientifico: la spazializzazione è l’esito primo e fondamentale nell’ottica di entrambi. Si parla di “geografia
regionale a vocazione idiografica, suscettibile di nutrire una geografia generale a vocazione nomotetica” (Turco).

1.1.4 La geografia dal secondo dopoguerra a oggi


Dopo la Seconda guerra mondiale la ricerca geografica si trova di fronte a quadri politici e socioeconomici in rapida
evoluzione che per la loro comprensione necessitano di nuove chiavi interpretative e di metodologie diverse. In Italia
l’assetto della disciplina si modifica, ma con eccessiva lentezza rispetto agli altri Paesi e comunque senza intaccare in
profondità i paradigmi della geografia classica. La sua matrice positivista risulta essere ancora ben radicata, per cui la
geografia si posiziona generalmente nell’ambito delle scienze naturali, precludendo in parte la possibilità di
analizzare e approfondire la dimensione sociale. I cambiamenti demografici, la crescita economica e le
contaminazioni con altre discipline (quelle ecologiche, economiche e sociali) producono un aggiornamento della
disciplina. La fine degli anni Sessanta segnano l’inizio di un periodo particolare, denso di conflittualità verso i poteri
costituiti. Una “nuova geografia” si diffonde sempre di più negli anni Sessanta: con l’attualizzazione del pensiero
marxiano viene rifiutato il concetto di territorio come semplice stato di fatto; l’emergenza della questione
ambientale porta all’ esecuzione di studi e analisi sugli ecosistemi e sul cambiamento globale, vi è una nuova
interpretazione dei sistemi antropici e fisici del pianeta; si sviluppano nuove metodologie matematico-statistiche;
l’indirizzo ecologista porta la geografia ad allacciarsi alla teoria del sistema generale, che fornisce visioni d’insieme
relative alla reciprocità società-ambiente, che si ricollega allo sviluppo sostenibile. Il ricorso a tali metodi diviene in
breve tempo così rilevante da far parlare di “rivoluzione quantitativa”: il nuovo approccio intende circoscrivere ogni
fatto geografico entro una misurazione espressa quantitativamente con opportuni algoritmi matematici e
strumentazioni computerizzate. Tutto ciò permette di collegare anche fenomeni diversi fra loro, che non si sarebbero
potuti analizzare. Secondo Armand Frémont il processo della legittimazione scientifica della geografia parte proprio
dal determinismo geografico e prosegue verso vari passaggi fino alla “rivoluzione quantitativa”. Bisogna sottolineare
però che non sempre e non in maniera così esatta, le leggi e le teorie matematiche e fisiche possono essere
trasportate nello spazio sociale, tuttavia, tale indirizzo ha consentito di introdurre tra i geografi le tecniche di
rilevazione e di calcolo statistico, raggiungendo risultati positivi in molti settori tra cui la cartografia telematica
computerizzata e i Sistemi Informativi Geografici (GIS= Geographic Information System è un sistema informativo
computerizzato che permette l'acquisizione, registrazione, analisi, visualizzazione, restituzione, condivisione e
presentazione di informazioni derivanti da dati geografici). Dalla seconda metà del Novecento le geografie della
percezione (o del comportamento) e la geografia umanistica, ovvero quel tipo di geografia che utilizza collegamenti
con arte e letteratura, hanno riscosso un grande interesse da parte dei geografi. La geografia della percezione ha
prodotto un arricchimento della geografia, contribuendo alla sua multidisciplinarietà; infatti, la geografia della
percezione si avvale abbondantemente dei concetti e dei metodi di indagine della psicologia, inoltre ha portato nella
geografia una vera e propria rivoluzione, consistente in un capovolgimento degli oggetti e dei metodi dell’indagine e
ricerca geografica. L’oggetto non è più l’ambito territoriale analizzato nelle sue caratteristiche fisiche, cioè in base
alle leggi naturali che lo regolano, bensì l’ambito territoriale analizzato nella sua percezione individuale e sociale,
cioè in base a come viene percepito dall’individuo e dall’intera collettività a seconda dell’età, dell’esperienza di vita,
della cultura e di tutta una serie di altri fattori. Ovviamente la percezione che l’individuo e l’intera collettività ha di un
determinato ambito territoriale influenza e condiziona enormemente le azioni e comportamenti sia individuali che
collettivi di risposta alle sollecitazioni dell’ambiente (perciò la geografia della percezione è talora anche detta
“behaviorista” o del comportamento). Per la geografia umanistica invece, non esiste uno spazio oggettivo ma esiste
una molteplicità di spazi soggettivi, spazi vissuti: il quadro percettivo di un ambiente filtrato dalla particolare
sensibilità di uno scrittore, di un poeta, di un pittore, può costituire un approccio importante alla sua comprensione
che andrà poi strutturata attraverso interpretazioni più propriamente geografiche (pensiamo ad esempio alla
bellissima descrizione del Lago di Como presente nel primo capitolo dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni).
Dunque: la matematica e la statistica da una parte (geografia quantitativa) e la psicologia, l’arte e la letteratura
dall’altra (geografia della percezione e umanistica) rappresentano altrettante strade che possono essere incluse
nell’ambito geografico. D’altronde, la molteplicità degli sguardi costituisce la grande ricchezza e bellezza della
geografia.

1.2 Didattica della geografia


1.2.1 Didattica generale e didattiche disciplinari
Con il termine “didattica generale” generalmente si intende l’insieme di orientamenti, principi e tecniche da
applicare ai processi di insegnamento e apprendimento: in sintesi la scienza della comunicazione e della relazione
educativa. In quanto teoria la didattica è riflessione ragionata, che tende a un assetto sistematico; poiché ha per
oggetto lo studio di una pratica (l’insegnamento), la didattica muove dall’esperienza. Le conoscenze devono essere
presentate in modo tale da permettere all'allievo una rielaborazione che stimoli il formarsi di strategie mentali e
autonome.
L’azione dell’insegnamento per essere in grado di sviluppare al meglio le sue potenzialità, deve poggiare su solide
strutture scientifiche che trovano alimento in una varietà di saperi. La didattica è quindi una scienza di frontiera fra
discipline pedagogiche, psicologiche, sociali e della comunicazione. La didattica è stata a lungo considerata una
scienza subordinata all’apprendimento-insegnamento (considerata invece la vera scienza): mentre la pedagogia
aveva il ruolo di scienza dell’educazione, la didattica era considerata la derivazione pratica. Il legame fra pedagogia e
didattica ha come oggetto comune la stretta relazione fra educazione e istruzione. Un legame ereditato dall’ideologia
neoidealista, convinta che conoscere una materia equivarrebbe a saperla insegnare. In realtà la didattica è scienza di
frontiera rispetto ad un versante più specifico, quello delle relazioni con i diversi insegnamenti presenti nelle aule
scolastiche. Infatti, ciascuna disciplina ha i propri contenuti, i propri linguaggi e metodi. Se tutti concordano sulla
necessità di una collaborazione fra studiosi di didattica e studiosi provenienti da differenti campi disciplinari, è più
complessa la demarcazione dei rapporti e delle competenze riguardo le didattiche disciplinari. Franco Frabboni parla
di match-confronto tra didattica generale e didattica disciplinare: la prima dev’essere progettata da ricercatori
dell’ambito delle scienze dell’educazione; la seconda da ricercatori del relativo ambito disciplinare.

1.2.2 Potenzialità e obiettivi della didattica della geografia


Le potenzialità della didattica della geografia si esplicitano nel mettere in relazione il sapere e i metodi della
geografia (sostanzialmente equivalenti nei vari livelli scolastici e universitari) con i processi di apprendimento-
insegnamento (molto diversi nei differenti gradi e indirizzi). Dunque, occorre tradurre in una chiave didattica corretta
i saperi geografici e il loro modello epistemologico, organizzandoli secondo l’età degli studenti e quindi con ordini di
complessità differenziati. La didattica della geografia si trova in stretta relazione con molteplici ambiti di ricerca quali
la didattica generale e la pedagogia, la psicologia, la storia della scuola e della legislazione scolastica. Il percorso
scientifico si presenta complesso ed è per questo che sono relativamente pochi i cultori delle didattiche disciplinari.
La didattica della geografia deve indagare in più direzioni:
a) sul rapporto tra il sapere elaborato dai geografi e quello da trasmettere attraverso l’insegnamento;
b) sull’evoluzione della ricerca geografica, per individuare come questa possa tradursi efficacemente nella
quotidiana pratica dell’insegnamento scolastico, in funzione dello sviluppo delle strutture cognitive degli
studenti;
c) sui rapporti tra gli studenti e la geografia, come scienza che aiuta a comprendere meglio i problemi del
mondo;
d) sui sussidi e sugli strumenti che sono in grado di agevolare l’apprendimento della geografia, rendendolo utile
all’acquisizione delle competenze spaziali.
Il campo della geografia è molto vasto e negli ultimi decenni ha subito forti innovazioni. La geografia ha abbandonato
da tempo la tradizionale impostazione regionale a favore di una sistematica. Essa si è trasformata da disciplina
prevalentemente descrittiva ed enciclopedica, le cui finalità essenziali riguardavano la conoscenza delle varie regioni
del pianeta, in una disciplina impostata sull’esame di problemi, volta alla ricerca delle spiegazioni dei fenomeni e
sempre più protesa verso la comprensione dei rapporti e delle interrelazioni. Obiettivo preminente della didattica
della geografia è tradurre per la scuola i risultati e i progressi conseguiti dalla ricerca, in modo che oggetti, metodi e
finalità della disciplina possano partecipare attivamente al progetto educativo-didattico. Non è un compito facile
perché da una parte si richiede un’adesione attiva alla comunità dei geografi, dall’altra bisogna dare attenzione alle
scienze dell’educazione e un forte impegno scolastico.

1.3 Ricerca e didattica: un binomio impressionante


1.3.1 Alcuni problemi di fondo
La geografia è una disciplina la cui presenza è importante e tradizionale (seppur sottovalutata) nell’ambito della
scuola. Il confronto fra didattica e ricerca può schiudere orizzonti plurimi, anche se i canali che mettono in
comunicazione accademia e scuola non sono ancora sufficienti. Emerge una divisione sempre più forte fra i due
ambiti, in primis dovuta all’intervallo temporale che sussiste nel tradurre i risultati della ricerca scientifica in chiave
didattica per i vari comparti scolastici. Mancano dei tramiti che dovrebbero garantire l'attivazione tra le due sfere
permettendo incontri, scambi di idee, esperienze, teorie e buone pratiche. Purtroppo difettano collegamenti
strutturali con lo scopo specifico di produrre ricerca per la didattica, né hanno risposto in maniera convincente i vari
organismi preposti a tali finalità, come Indire (Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa).
Questi organismi rimangano spesso impantanati in questioni burocratiche. Il compito di allacciare ricerca e didattica
viene affidato principalmente a docenti volontari appartenenti a diversi livelli di istruzione o di associazioni culturali e
professionali.

1.3.2 Le specificità geografiche


La diversità di approcci e indirizzi della geografia contemporanea indica la flessibilità epistemologica della disciplina,
fattore rilevante perché propone strategie e modelli per favorire una migliore comprensione del mondo alle varie
scale spaziali. L’immissione di nuovi fermenti provenienti dalla ricerca può produrre grandi risultati, anche la
possibilità di sviluppare interazione con le altre discipline insegnate. In realtà, l’insegnamento della geografia, in un
modo che sta cambiando profondamente e nel quale i rapporti uomo-natura sono più complessi e gli equilibri
sempre più fragili, dovrebbe svolgere una funzione educativa di grande rilevanza dalla scuola primaria fino
all’università. La geografia, che pone al centro della sua attenzione l’umanità che vive ed opera sulla Terra, dovrebbe
cogliere con immediatezza questi cambiamenti con i relativi conflitti, contraddizioni e innovazioni che ne derivano.
Inoltre, anche la ricerca biologica fornisce diversi scenari inediti, che possono produrre impostazioni diverse nel
rapporto uomo-natura. Appare allora fondamentale una valutazione del comportamento umano nei riguardi della
natura e delle scelte consapevoli tra azioni egualmente possibili ma derivate da diversi principi e norme morali. Le
conoscenze geografiche, come osserva Turco, dovrebbero essere alla base di una filosofia dell’azione, che si sviluppa
nello spazio e produce territorio, giacché i processi di antropizzazione del pianeta non sono neutri ma derivano da
concezioni etiche. I processi di antropizzazione, nonostante le forti innovazioni, sono preoccupanti per le risorse che
distruggono e le disparità che crescono. Salvatore Settis afferma che lo spazio dove viviamo non è mai neutro, fu
spazio di natura solo fino all’arrivo dell’uomo che ha apportato i propri segni. Lo spazio dell’uomo, secondo lui, è
riflesso e memoria della storia e della società.

1.3.3 Ricerca e didattica come flusso di reciproci impulsi


Il rapporto tra ricerca e didattica andrebbe costruito su un flusso di rapporti reciproci. La carenza di integrazione fra
le due sfere, dovuta a una scarsa applicazione della ricerca nella didattica, indebolisce le potenzialità enormi che la
geografia potrebbe esercitare a scuola (ovviamente tutto ciò non giova nemmeno alla ricerca). È compito della
ricerca individuare le reti concettuali di ciascuna disciplina in modo da raccogliere e sistemare le regole specifiche e
organizzare in modo omogeneo e coerente, ma spetta alla didattica trovare il modo per veicolare le conoscenze in
modo utile agli studenti. La coerenza e l’equilibrio tra il momento scientifico e quello educativo-didattico sono
essenziali perché danno senso e significato alle informazioni, alle abilità e alle competenze che lo studente
acquisisce. È fondamentale che l’impianto educativo si fondi su obiettivi strettamente collegabili alla realtà, a valori-
guida che servano ad affrontare le sfide del futuro. Inoltre, sarebbe opportuno raggiungere obiettivi didattici con
finalità scientifiche evitando il pericolo di una ricerca sterile. Negli ultimi decenni, filoni di ricerca come la geografia
umanistica e della percezione hanno intrapreso un rapporto con la didattica e la ricerca. Una famosa collaborazione
si può riscontrare nello sviluppo delle emotional geographies in quanto il mondo della scuola è pienamente coinvolto
nel codice delle emozioni e nell'educazione sentimentale. In questo contesto si colloca la Carta Internazionale
dell’educazione geografica, approvata dall’Assemblea generale dell’Unione Geografica Internazionale, tenutasi al
Congresso svoltosi a Pechino nel 2016, la quale dedica un intero capitolo all’Educazione Geografica. La Carta afferma
che chi insegna geografia (nella scuola primaria o secondaria) deve essere sostenuto nelle conoscenze provenienti
dalla ricerca; gli insegnanti hanno bisogno di approfondimenti avanzati, come l’uso delle nuove tecnologie oppure
strumenti di approfondimento per problemi e sul futuro dell'educazione.

1.4 Le politiche dell’istruzione


1.4.1 Cenni storici
Le politiche educative realizzate dai governi rivestono un ruolo fondamentale nella vita culturale e politica di un
Paese, anche se non sempre ci sono atti concreti rispetto a quanto dichiarato. L’unificazione del regno d’Italia
avviene in piena atmosfera positivista e in questo clima viene emanata, il 13 novembre 1859, la Legge Casati che
stabilisce le prime direttive della politica scolastica italiana volte anche ad armonizzare le precedenti politiche
scolastiche diversificate negli Stati preunitari. La scuola italiana deve fronteggiare difficoltà enormi, dovute
soprattutto alle forti condizioni di analfabetismo, circa l’80% della popolazione. Vi fu un rinnovamento dei metodi
della geografia - insegnamento attivo basato su osservazione e partecipazione degli studenti - è portato avanti da
pedagogisti di impronta positiva, come Aristide Gabelli e Roberto Ardigò. I programmi scolastici predisposti dai
positivisti evidenziano il metodo oggettivo, l’osservazione e la lezione attraverso i sensi, la raccolta e la catalogazione
dei materiali. I testi sono ricchi di fotografie ed informazioni circa i benefattori dell’umanità, in particolare inventori,
scienziati, naturalisti, esploratori. Tuttavia all’inizio del Novecento l’analfabetismo era ancora presente. I problemi
dell’insegnamento vanno inquadrati nella situazione socio-culturale e politico-economica dell’Italia, caratterizzata da
uno Stato ancora fortemente burocratico con una penetrazione scarsa nel mondo scolastico. La scuola, secondo i
programmi del 1894, era concepita come strumento di redenzione morale e civile e tutte le discipline venivano
insegnate attraverso la veicolazione di valori come l’amor patrio, l’ordine e il nazionalismo. Infine, l’incontro con la
pedagogia acuisce la questione sociale: i cambiamenti produttivi, legati anche ai primi processi di industrializzazione,
fa sorgere la necessità di aprire la scuola anche alle classi “subalterne” affinché tutti possano accedere agli elementi
di base del sapere.

1.4.2 La riforma di Giovanni Gentile


Nel 1923 il ministro della Pubblica istruzione Giovanni Gentile influenza il modello educativo italiano schierandosi
contro la pedagogia scientifica di tipo positivista, esaltando l’incontro tra filosofia e pedagogia e distingue
nettamente la cultura umanistica da quella scientifica. La geografia subisce pesanti conseguenze nella sua stessa
natura: o è assorbita nel settore umanistico in posizione marginale oppure è relegata a livello periferico tra le
materie scientifiche. Gli esiti delle politiche del Fascismo si vedranno con una trasformazione del sistema scolastico
in funzione di aspirazioni nazionalistiche e imperialistiche. Nel 128 nasce il testo unico di Stato, per scuole popolari
ed elementari, mentre un’apposita commissione esamina i testi delle scuole superiori. I concetti chiave
dell’insegnamento diventano: Nazionalismo, razzismo, guerra, espansione coloniale. È politicamente importante in
questo periodo la posizione del pedagogista Giuseppe Lombardo Radice il quale assume la direzione generale della
scuola elementare per incarico del ministro Gentile; secondo lo studioso la geografia non ha un particolare oggetto
di studio ma è essa stessa o un capitolo di fisica o di scienze biologiche oppure un capitolo di storia dell’uomo. Per
tale motivo, secondo Radice, la geografia ha l’altissimo compito di raccogliere in un complesso ordinamento la
maggior somma possibile di dati, al servizio delle scienze e della storia.

1.4.3 Dal Programma alle Indicazioni nazionali


Uno degli esiti più significativi delle politiche dell’istruzione è definito dal Programma scolastico, che serve a fornire
delle linee unitarie per la struttura e l’organizzazione scolastica del Paese. In questo modo, la politica è a diretto
contatto con l’applicazione delle scienze dell’educazione e dei saperi disciplinari. Fino ad alcuni decenni fa, i
Programmi ministeriali, prescrittivi e concepiti per una scuola molto centralizzata, si risolvevano in una mera
elencazione di contenuti e obiettivi che ogni tanto venivano aggiornati sia per rispondere meglio alle trasformazioni,
anche di carattere epistemologico di ciascuna disciplina, sia per rispondere ai mutamenti socio-culturali e politici. Il
rinnovamento periodico dei programmi consentiva sia di trasmettere all’insegnamento le nuove acquisizioni della
ricerca, sia di rispondere alle trasformazioni della società. I programmi della scuola elementare varati nel 1985 hanno
segnato una svolta, superando l’impostazione basata su una enumerazione di argomenti per seguire un itinerario di
progettazione dell’attività educativo-didattica. Il programma di ogni disciplina deve essere aperto verso le altre, così
come agli stimoli, agli impulsi e alle sollecitazioni presenti nella collettività. In realtà, come afferma Hartwig Haubrich,
si verifica ancora oggi un’impostazione troppo nazionalistica nella definizione dei programmi in vigore nella maggior
parte dei Paesi europei; lo stesso sottolinea come gli scopi dell’educazione geografica siano sempre in funzione della
società. Il definitivo spostamento del baricentro dai processi di insegnamento a quelli di apprendimento ha reso
contraddittoria la definizione di programma, agevolando il passaggio alle attuali Indicazioni Nazionali (testo di
riferimento per la progettazione del curricolo) rivolte a una scuola che dovrebbe costruire i suoi percorsi di studio
grazie alla sua autonomia nel contesto di norme volte a garantire un tessuto culturale e educativo comune a tutto il
Paese.

1.5 Le associazioni geografiche


1.5.1 L’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia
Le varie aree disciplinari scolastiche sono rappresentate da una o più associazioni di docenti che costituiscono
un’importante occasione di incontro e di confronto, sia per svolgere insieme ricerca, didattica e attività di
formazione, sia per offrire opportunità nella diffusione di esperienze didattiche, abilità e competenze metodologiche.
Il 22 aprile 1954 nell’Università di Padova scelta per ospitare i lavori del sedicesimo Congresso Geografico Italiano,
Elio Migliorini propose ai congressisti di creare un’associazione di docenti; venne così fondata con voto unanime dei
partecipanti l’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia (AIIG), della quale divenne presidente lo stesso
Migliorini. Nel corso degli anni l’Associazione ha visto progressivamente crescere il suo prestigio ed ha costruito
relazioni con associazioni italiane ed estere, promuovendo la sua azione istituzionale, formativa e sociale, con un suo
preciso obiettivo: stabilire un raccordo fecondo tra scuola e università. L’AIIG ha messo esposto i suoi obiettivi, tra
questi troviamo:
1. favorire l’incontro degli insegnanti delle discipline geografiche di ogni formazione e indirizzo;
2. diffondere l'educazione e la cultura geografica, favorendo scambi e accordi con organizzazioni impegnate
nella didattica e nella formazione del cittadino;
3. promuovere la conoscenza e la tutela dei beni ambientali e culturali nel quadro di una corretta educazione
geografica e geologica;
4. promuovere la conoscenza della Costituzione e l’educazione alla cittadinanza a tutte le scale geografiche, lo
studio delle diversità e delle culture, il diritto di tutti i popoli ad avere uno sviluppo sostenibile.
L’AIIG ha pubblicato fin dalla sua formazione la rivista Ambiente Società Territorio - Geografia nelle scuole; l’unica in
Italia dedicata specificatamente alla didattica della geografia. Negli ultimi anni l’AIIG ha ampliato la sua attività
editoriale pubblicando:
 la collana Ambiente Società Territorio fondata nel 2006 da Gino De Vecchis, incentrata sul binomio ricerca-
didattica: ricerca scientifica nei settori teorici ed applicativi; ricerca nella didattica della geografia;
 il semestrale Journal of Research and Didactics in Geography, l’unica rivista italiana di geografia in inglese,
fondata nel 2012 da Gino De Vecchis con accesso gratuito;
 la collana, inizialmente solo online e ad accesso gratuito, Tratti geografici: materiali di ricerca e risorse
educative, fondata per innovare gli approcci teorici e metodologici, gli strumenti e le tecniche di ricerca
disciplinari.
I corsi di formazione, di aggiornamento, i seminari e i gruppi di lavoro, nonché i viaggi studio, hanno avuto un
importante riconoscimento ufficiale a febbraio 2003 quando il Ministero dell’Istruzione ha incluso l’AIIG nell’elenco
definitivo degli enti qualificati per la formazione del personale della scuola.

1.5.2 Le società geografiche nazionali e internazionali


In Italia operano però molte altre associazioni geografiche che pur non avendo come finalità la didattica e il mondo
della scuola, con questo tessono proficui rapporti e collaborazioni. Nella seconda metà dell’Ottocento viene istituita
in Italia la Società Geografica (1867), già presente in Francia, America, Germania, ecc. L’obiettivo era promuovere le
conoscenze geografiche, con un impegno, allora rilevante, circa le terre di recente scoperta. Oggi l’attività della
Società Geografica Italiana si concentra sulla promozione della ricerca scientifica e della divulgazione di studi sul
territorio e sull’ambiente, il tutto attraverso la pubblicazione del Bollettino. Poco dopo, nel 1895, nasce la Società di
Studi Geografici, un ente culturale riconosciuto dalla Pubblica istruzione. Più recente (1978) l’Associazione dei
geografi italiani (AGeI), a cui afferiscono gli studiosi di geografia a diverso titolo o operanti in università. L’AGeI
organizza diverse iniziative scientifiche come le Giornate della Geografia oppure i Congressi nazionali, gruppi di
lavoro per approfondire temi di diverso interesse (politico, epistemologico, sociale, ecc.). Tutti questi sodalizi hanno
portato alla nascita del SOGEI, un coordinamento sorto per: rafforzare il loro ruolo nelle azioni di difesa e rilancio dei
saperi geografici; individuare strategie condivise per la promozione della geografia nella società; diffondere iniziative
di interesse scientifico-culturale. Fuori dal mondo accademico vi è l’Istituto Geografico Militare (IGM), che propone
prodotti in grado di descrivere il territorio. Innumerevoli sono anche le associazioni geografiche presenti in quasi tutti
i Paesi del mondo come le prestigiose Royal Geographical Society di Londra e l’American Geographical Society. Vi è
poi un’associazione mondiale: l’Unione Geografica internazionale (IGU), fondata nel 1922 e costituita in Comitati
nazionali rappresentanti un centinaio di Stati. L’IGU promuove ogni quattro anni un Congresso internazionale e con
maggiore frequenza, numerose conferenze regionali, che offrono ai geografi la possibilità di incontrarsi. Essa opera
attualmente attraverso 41 Commissioni, tra cui una commissione didattica con lo scopo di promuovere a livello
globale l’educazione geografica e ambientale. La Commissione pubblica una rivista dal titolo International Research
in Geographical and Enviromental Education) ed organizza conferenze internazionali, nonché le Olimpiadi
Geografiche Internazionali, riservate ai migliori studenti tra i 16 e 19 anni. In Europa vi è anche l’EUGEO,
l’Association of Geographical Society in Europe, l'associazione delle società geografiche istituita nel 1997. Ad essa
hanno aderito società di 27 Paesi; tra le sue finalità vi sono quelle di coordinare in una dimensione europea le varie
attività a vantaggio della ricerca e della didattica geografica.

2. Geografia: disciplina cronospaziale


2.1 La dinamicità dello spazio
2.1.1 Una filastrocca di nomi
Lo spazio se non è osservato attraverso la dimensione cronologica non può assumere uno spessore geografico, in
quanto è il tempo a conferirgli profondità e dinamismo. Parafrasando il poeta greco Esiodo del VIII secolo a.C. si
potrebbe dire che non può esistere una geografia fuori dallo scorrere dei giorni e dalle opere degli uomini; senza
l’attenzione ai cambiamenti e agli esiti prodotti da questi ultimi si avrebbe una geografia dell’invariabilità che trova la
sua espressione più banale nel nozionismo enciclopedico individuabile nel ritornello della geografia dei mari, dei
fiumi, dei monti delle città e dei prodotti. Anche nel 1895, al II Congresso Geografico Italiano, Arcangelo Ghisleri
concorda con quanto affermato da Esiodo. La dimensione migliore per considerare il mondo è quella del
cambiamento e non quella della permanenza, eppure, ancora oggi, la geografia nozionistica e dell’immobilità non è
definitivamente scomparsa: nei mass media, nell’opinione pubblica e a volte anche nelle aule la ritroviamo. Ad
esempio, nel famosissimo libro “Il Piccolo principe” di Antoine de Saint Exupéry dove il geografo viene descritto
come colui che descrive cose eterne.

2.1.2 La stabilità del mondo


Per superare la concezione stereotipata della geografia dell’invariabilità bisogna declinare il tempo in tutte le sue
manifestazioni. Il filosofo Kant osservava come la vicenda di ciò che accade in tempi diversi, ossia la Storia, non sia
altro che un “ininterrotta geografia”. Attraverso la chiave cronologica la geografia può analizzare le dinamiche delle
società che vivono, si confrontano e si affrontano su un pianeta in piena antropizzazione. È penalizzante per la
geografia essere osservata con “eterna fissità”. Giuseppe Dematteis, a tal proposito, ha evidenziato come fin
dall’infanzia la geografia viene mostrata come realtà delle cose (ciò che dev’essere) e che non possono esserci altre.
Per tale motivo chi volesse cercare altrove altre realtà non saprebbe dove collocarle, sarebbero allora utopie.
All’inizio del Novecento alcuni richiami di geografici risultano significativi rispetto all’entità statale. Ricchieri la
considera una “presenza insidiosa", anche dal punto di vista educativo, perché una descrizione imperniata sugli Stati
risulta più facile, rispetto all’analisi delle “regioni naturali e storiche” ma la semplificazione induce per via diretta a
credere che gli Stati siano una cosa conferme a natura, che la realtà geografia sia immutabile. Infatti, sempre
Ricchieri, spiega come nella geografia viva una contraddizione specifica perché i fatti della geografia agli occhi dei
ragazzi risultano attraenti mentre il suo studio risulta estremamente noioso. Questo accade perché i libri e i maestri
non danno altro che nomi aridi da imparare, nessuna immagine, nessuna cognizione reale, nulla di vivo. Il fanciullo,
uscito dalla scuola, saprà i nomi degli oceani ma non saprà nulla della loro azione su un continente intero. È ovvio
che, secondo Ricchieri, la scuola non può fare tutto però essa ha l’obbligo di far entrare nell’intelletto degli studenti
germi fecondi. Infine, può essere utile ricordare, a proposito di rappresentazioni del mondo, l’idea di Tabucchi. Egli
afferma che è importante che i bambini si rendano conto che la rappresentazione del mondo è relativa, che i colori
delle carte cambiano e che le frontiere si spostano. Sebbene il corso dei fiumi e l’altezza dei monti restano invariate,
ora possono appartenere ad un paese, ora ad un altro.

2.1.3 Una dinamicità compiuta


Una definizione considera la geografia come la scienza che studia “antropizzazione” del pianeta, dunque, esamina il
mondo come un insieme di processi che nel corso del tempo hanno trasformato l’ambiente e hanno costruito il
Territorio; per questo la geografia è identificabile come disciplina crono-spaziale ovvero studia lo spazio nella sua
evoluzione nel tempo. In geografia si considera la dinamicità, che deve essere compiuta in tutte le sue estensioni.
Infatti, una dinamicità imperfetta potrebbe essere l’analisi di un territorio con uno sguardo approfondito verso il
passato ma la cui evoluzione viene limitata, come se questo spazio non avesse progettualità e un avvenire da
interpretare o proporre. Si tratta poi di una geografia che perde anche il coinvolgimento degli studenti. Anche il
paesaggio, osservato come immobile, non è in grado di entrare nella dinamica dell’oggi per descrivere le sue
potenzialità e i suoi possibili sviluppi. Dematteis riflette sul concetto di geografia umana, la quale pur definendosi
tale, lo è solo in parte perché descriveva un mondo senza soggetti umani in azione. Essa non ignorava le componenti
culturali ed economiche ma le analizzava come “cose del passato”.

2.2 Scenari per un futuro possibile


L’attenzione al futuro deve essere connaturata al discorso geografico, che pur partendo dal presente, declina i vari
momenti temporali integrandoli in una visione diacronica dello spazio, la sola che permette un’analisi completa dei
modi e delle forme attraverso le quali si svolge l’antropizzazione. Il presente allaccia passato e futuro e quest’ultimo
va osservato in primis in relazione alle responsabilità che comporta, per esempio in merito alle conseguenze nel
tempo delle scelte effettuate nel presente. L’ambiente plasmato nel passato costituisce simultaneamente materia
essenziale da cui partire per scandagliare il futuro. Nello spazio si trovano i segni e le impronte del passato che
portano a piste, idee e indirizzi da seguire o abbandonare nel percorso verso il futuro. Tali impronte attivano il
ragionamento geografico che porta all’interpretazione dello spazio. Le attese e le previsioni per il futuro non
sembrano preoccupare le società, che sono più interessate alle condizioni del breve termine, se non addirittura
immediate. Ne consegue che il modello con il quale si organizza lo spazio è progettato su un’ottica monoculare, priva
di prospettive, con una concezione di tipo produttivistico che non tiene conto di aspetti come la sfera dei diritti, non
sempre garantiti ovunque. Tra questi abbiamo i diritti civili (libertà di pensiero, informazione, espressione, religione e
riunione); i diritti politici (libertà di associazione nei partiti e di voto, ecc.); i diritti sociali (tutela della vita, della
salute, diritto al lavoro e allo studio). Nei Paesi poveri non sono assicurati neppure i bisogni fondamentali come
alimentazione, acqua potabile e salute. È in funzione dei diritti che bisognerebbe comprendere come le risorse del
pianeta sono un diritto di ogni persona e di ciascun popolo al soddisfacimento dei bisogni essenziali. Le questioni
concernenti i diritti umani dovrebbero essere affrontate a scuola in maniera interdisciplinare, ma occorre valutare
con attenzione i forti impatti geografici in tutte le tematiche, come le diversità culturali, religiose, flussi migratori,
genere, salute, ambiente, ecc.

2.3 Sincronia e diacronia: tempi plurimi


Un aspetto dalle forti potenzialità didattiche è il “tempo relativo” nell’ottica spaziale. Gli spazi sono diversificati
come i tempi sono plurimi. Claudio Magris afferma nel suo libro Infinito viaggiare che il paesaggio è stratificazione di
terra e di storia. In spazi “diversi” il tempo scorre con scansioni e metriche “diverse”, tanto che percorsi spaziali e
temporali si intrecciano fra loro. Ritmi che sono stati per secoli lenti prendono accelerazioni impensabili, tempi
apparentemente fermi arrivano a imprimere forte velocità alle trasformazioni. In uno stesso spazio sono presenti
segni di tempi plurimi: impronte, memorie, testimonianze artistiche e culturali. La coesistenza di queste
manifestazioni avviene ovunque, soprattutto dove generazioni si sono succedute nel corso dei secoli. L’impropria
espressione “popolo primitivo”, quando attribuita a popolazioni contemporanee che vivono in ambienti marginali,
ripropone per altri aspetti l’associazione tra sincronia e diacronia. I segni della contemporaneità sono facilmente
riscontrabili pure in grave disagio economico o residenti in ambienti che sembrano ricalcare situazioni di secoli fa, un
esempio banale sono i cellulari, utilizzati da persone con redditi al limite della sopravvivenza. Le distanze agiscono in
profondità dello spazio e diventano flessibili al pari dei tempi. Rovelli scrive: “In ogni luogo, il tempo ha un ritmo
diverso, un diverso andare”. L'alienazione spaziale, dovuta all’accelerazione dei mutamenti, si riscontra in maniera
impressionante in alcuni zone: a Dubai, il petrolio fu scoperto nel 1966 e in questo arco di tempo sono passati dal
Medioevo al Postmoderno, dal cammello alla superstrada.

2.4 Cambiamento e complessità dello spazio geografico


Come già detto, le trasformazioni spaziali sono in continua accelerazione e dovrebbero essere affrontate a scuola con
grande attenzione. Tra i vari interrogativi, ci chiediamo se la Terra può assorbire rapide innovazioni spaziali - positive
o negative - derivate soprattutto dall’aumento demografico oppure se la Terra può sopportare le disuguaglianze
createsi nella società. Questi interrogativi possono offrire molti spunti di riflessione geografici con l’obiettivo di far
acquisire agli studenti le capacità e le abilità necessarie per sapersi destreggiare fra le varie informazioni.
Attualmente, la scena globale si presenta come scena del cambiamento dove la convivenza umana può essere
armonica o meno. È evidente che i cambiamenti, sempre più rapidi, rendono difficile la decifrazione della realtà.
Oggi, la geografia deve contribuire a un’educazione alla complessità che caratterizza la società contemporanea. La
geografia non può limitarsi all’esteriorità, deve cercare un approccio che vada in profondità, facendo capire che, ad
esempio, le scelte sbagliate ai vari livelli territoriali comportano un’alterazione delle condizioni biologiche e socio-
economiche della Terra, con ripercussioni a catena sulla vita dei sistemi sociali. La dimensione temporale è un punto
di vista essenziale per affrontare le sfide del cambiamento. Qualora lo spazio venisse considerato come semplice
supporto alla società, i pericoli sarebbero evidenti poiché i fatti sociali e politici si concepirebbero bloccati
nell'immutabilità dell’ordine esistente e non come problemi aperti a soluzioni alternative. Da qui l’importanza di
valori da perseguire, dove la pedagogia interculturale ha un ruolo di rilevanza. Infatti, quest’ultima opera per la
formazione di un cittadino predisposto alla globalità, capace di integrare diversi punto di vista sul mondo e cosciente
della uguale dignità delle varie espressioni culturali.

2.5 Abitanti di un mondo globalizzato


2.5.1 Le coordinate spazio-tempo
Nel testo Geografia fisica di Immanuel Kant si espone il concetto di sistema tra il tutto (il globo) e le sue parti (le
regioni). Kant privilegia il globo, come punto di partenza per “cominciare” la descrizione del mondo. Angelo Turco
ritiene che bisogna pensare la natura come un operatore transcalare, come un dispositivo nel quale si effettua una
transazione da una scala all’altra. La visione transcalare si colloca nell’ambito di una visione generale del sistema-
mondo e di dialoghi fra territori. Nei passaggi di scala si trova coerenza fra le strategie: dal dettaglio locale al
contesto regionale, fino alle reti e dalle reti al globo, dove bisogna riportarsi. Franco Farinelli indica nel 1969 il
momento in cui spazio e tempo sono entrati in crisi, segnando la fine della modernità, precisamente con l’avvento di
Arpanet (prima forma di rete). Con la globalizzazione spazio e tempo assumono accezioni diverse, dovute anche alla
distanza, conseguenza della disponibilità e qualità dei mezzi di comunicazione. In altri termini queste due categorie
stanno assumendo nuove dimensioni con effetti straordinari, tanto che il luogo è leggibile secondo paradigmi spaziali
e temporali diversi da quelli considerati in passato, così come è possibile comunicare senza spostarsi nello spazio
fisico. Invece, il tempo assume il carattere della sincronia e lo spazio territoriale è virtualmente soppresso, pur
restando individuabile morfologicamente.

2.5.2 Abitare il tempo


Donne e uomini sono abitanti del tempo, perché il tempo si abita così come si abita lo spazio. L’abitare è una
funzione sociale essenziale, tanto che l’organizzazione spazio-temporale ha rappresentato un’esigenza primordiale
dell’umanità. Non a caso il calendario costituisce lo specchio sia di tale organizzazione sia del persistente sforzo di
equilibrare i ritmi umani a quelli della natura. Non si abita però, in modo provvisorio. L’abitare richiede i suoi tempi e
i suoi ritmi: più i tempi sono lunghi, più le conoscenze si fanno profonde, le relazioni con lo spazio si intensificano, le
collettività riescono a conoscere le condizioni dei luoghi di appartenenza. Si parla allora di geografie soggettive,
quelle che rimandano ai luoghi della storia personale di ognuno di noi. La stabilità cronologica nello stesso luogo
(essere è essere nel tempo) conferisce una dimensione sociale al tempo e allo spazio. La mobilità invece produce
forme diverse dell’abitare, con esiti e scenari inediti; tra questi, vi è l’emigrante che abita lo spazio-tempo in maniera
scomoda e spaesata, non è né "di qui” (dove è stato accolto di recente) né “di laggiù” (dove non si riconosce più).
La valutazione dei tempi, dei cicli e dei ritmi porta a nuove forme di conflittualità. Oggi si stanno verificando con
avvenimenti sempre più minacciosi, dei contrasti tra i tempi della natura e quelli dell’uomo talmente forti da rendere
difficile lo stesso rapporto società-ambiente. Ciò è avvenuto a causa dei comportamenti antropici caratterizzati da
ritmi talvolta così serrati da deviare, bloccare o accelerare i tempi della natura con risvolti sconvolgenti nei confronti
dell’equilibrio idrogeologico, climatico, biologico e indirettamente dell’organizzazione sociale. Per tale motivo è
giusto che a scuola si affronti o si approfondisca la dimensione geografica di queste discordanze, grazie anche a
un’educazione ambientale attenta ai cicli e ai tempi della natura. Nell’enciclica Laudato Si’ (2015) di Papa Francesco
si sottolinea proprio questo aspetto: il cambiamento è auspicabile ma diventa dannoso se porta a un deterioramento
del mondo.

2.5.3 Abitare lo spazio


La geografia ponendo al centro della sua attenzione i processi di antropizzazione del pianeta, poggia direttamente le
basi sull’abitare lo spazio; è questa la dimensione dove le società vivono e agiscono (il termine latino habere, it.
habitare, oggi significa possedere). La trasformazione dello spazio in vita è un intreccio inscindibile fra spazio
oggettivo e soggettivo, occupazione e utilizzo insieme ad affetti e valori.
Gli andamenti demografici, derivanti dalla dinamica naturale delle nascite e da quella migratoria, stanno producendo
molte trasformazioni. Oggi la stabilità, cioè il prodotto di generazioni che si succedono persistendo nello stesso
spazio e la mobilità, ossia l’esito variabile di flussi migratori sempre più consistenti producono combinazioni diverse
che vanno reinterpretate. Queste vanno studiate a scuola, soprattutto per offrire ai ragazzi delle basi su temi che
riguardano il loro futuro. Ma la mobilità che è un nuovo modo di abitare lo spazio, non riguarda soltanto la dinamica
migratoria bensì coinvolge in maniera incisiva le popolazioni del mondo economicamente avanzato: ai propri spazi
quotidiani, infatti, si aggiungono gli spazi occasionali, frequentati in veste di turisti o per esigenze lavorative. La
mobilità genera nuove geografie da indagare in un mondo globalizzato.

2.5.4 Abitare lo spazio rappresentato


Oltre allo spazio realmente vissuto, ce n’è un altro che pure in qualche modo è abitato: lo spazio della
rappresentazione, il mondo disegnato e cartografato. Una prima riflessione ci giunge dal fatto che la carta geografica
è anteriore alla stessa azione didattica che la introduce, è una questione delicata perché la carta geografica dovrebbe
riprodurre le corrispondenze tra il mondo e la sua rappresentazione. Giuseppe Isnardi scrive infatti che
nell’insegnamento andrebbe utilizzata non la carta già bella e fatta, bensì una carta da costruire giorno per giorno,
sino al suo processo completo. La carta geografica però non deve essere confusa, o addirittura sostituita, con la
realtà, essendo una rappresentazione e approssimazione di quest’ultima. Tabucchi spiega come la carta e i suoi segni
non solo veicolino sicurezza, ma possono dar spazio anche all’immaginazione. La carta è la realizzazione di uno
spazio progettato (utile rifletterci fin dalla scuola primaria) che ha pure riferimenti con le geografie utopiche,
utilizzabili come modelli che rappresentano tipi di territori adeguati a configurazioni politico-sociali possibili. Sta
suscitando sempre maggiore interesse la cartografia partecipativa (o anche “mappe di comunità”) dove una
comunità, anche se prima di determinate competenze in materia, identifica, raffigurando il paesaggio, il patrimonio
socio-culturale e i saperi in cui si riconosce e che desidera trasmettere. Grazie a questa attività si percepisce come la
comunità locale rappresentata percepisca e attribuisca valore al proprio territorio, alle sue memorie e in definitiva al
suo futuro.

2.6 La memoria tra conservazione e trasformazione


L’accostamento tra geografia e storia è antico. John Locke, nel suo testo Pensieri sull’educazione del 1963, afferma
che la Geografia dovrebbe andare di pari passo con la Cronologia. Senza queste ultime due, la Storia sarebbe male
tenuta e inutile perché sarebbe solo un guazzabuglio di dati senza ordine e efficacia. Le azioni dell’umanità sono
collocate ai loro posti di tempo e luogo. I rapporti tra i due saperi sono molto complessi e le strategie didattiche per
comprenderli dovrebbero partire dalla semplice osservazione degli elementi, collegati ma distanti in termine di età,
che si trovano sulla superficie terrestre. Sulla Terra ci sono tracce di memorie sparse nel tempo, con valenze e
significati vari: il presente abbonda di segni del passato ma senza il supporto della memoria una comunità può
esistere difficilmente. La conservazione e la trasformazione pongono le radici proprio nella memoria. Le diverse
tracce materiali e non dovrebbero trovare espressione nella descrizione geografica, includendo ovviamente anche la
dimensione storica; diversamente, sarebbero incapaci di esprimere il patrimonio offerto dal loro passato. La
memoria si sviluppa bene anche negli aspetti non visibili ma chiaramente localizzabili: si tratta di quelle forme
espressive che si legano al territorio con le forme dialettali. La varietà dei termini geografici di origine dialettale offre
un’immagine storica dell’uomo. È la collettività che di fronte a un certo lembo di territorio coglie tra i vari aspetti
quello che maggiormente riflette le esperienze e le sensibilità portando il territorio a caricarsi di sentimenti, storie e
leggende locali. La costruzione toponomastica diventa allora un mezzo di comunicazione che coinvolge spazio e
tempo. Le applicazioni didattiche ricavabili dalla toponomastica sono utili in campo interdisciplinare, come quello
linguistico-storico-geografico. Il discorso toponomastico è una fonte preziosa per la ricostruzione storica del
paesaggio e delle sue trasformazioni nei suoi vari aspetti (fisici, geomorfologici, antropici e biologici). Il paesaggio
geografico è il più grande contenitore di tutte le memorie, visibili e invisibili, anche nella loro proiezione futura; di qui
la forza educatrice che nasce da una storia antica e recente ma che vive nel presente e nel futuro.

2.7 Ragionamenti interdisciplinari


2.7.1 Una scienza di sintesi?
Ciascuna scienza è contigua (adiacente) alle altre, ognuna trasmette stimoli e impulsi alle altre e attraverso questo
circuito si arricchisce il patrimonio scientifico di tutte. Karl Ritter, in un articolo sul metodo dell’insegnamento della
geografia del 1806, afferma che la geografia segue un metodo pragmatico ove una disciplina non sta accanto all’altra
ma può essere compresa solo attraverso l’altra. Il superamento di rigide barriere disciplinari evita non solo la
frammentazione dell’insegnamento, ma consente anche di affrontare più adeguatamente il problema
dell’unificazione della conoscenza; questo è tanto più vero per i saperi geografici, i quali per l’eterogeneità degli
oggetti studiati presentano un’estrema ricchezza nelle relazioni con le altre discipline. Si potrebbe parlare per la
geografia di una vocazione al confronto scientifico per le sue relazioni con le altre scienze: dalla cosmografia alla
matematica, dalla filosofia alla storia. Giorgio Valussi, molti anni dopo, affermava che un tempo si pensava che la
geografia fosse la scienza di sintesi per eccellenza, collocata fra le discipline storiche da un altro e le discipline
naturali dall’altro. Oggi, non ha più questo ruolo ma allo stesso tempo bisogna evitare il rischio di disgregare e
assegnare gli oggetti di studio della geografia ad altre discipline. Essi infatti se staccati dalla loro impostazione
originaria che li relaziona e li collega, perdono gran parte delle loro potenzialità didattiche. Ad ogni modo, qualsiasi
discorso circa le potenzialità educative e didattiche della geografia va intrapreso con la convinzione che
l'interdisciplinarietà sia fondamentale perchè tale tipo di approccio agevola la diversificazione delle fonti, aiutando
l’insegnante a proporre confronti critici, necessari agli studenti per osservare e comprendere la realtà da diverse
prospettive.

2.7.2 Geografia diffusa e preziosa


La caratteristica della geografia di leggere i processi, derivanti dall’antropizzazione della Terra, si collega a vari
contenuti relativi alla sfera antropica e fisica. La geografia non può dissolversi nelle materie scolastiche e Serianni
coglie questo punto sottolineando come la funzione tradizionale di abituare l’alunno, fin dalla scuola primaria, a
guardarsi intorno, a osservare l’ambiente che lo circonda, è inserita da tempo in un discorso ecologico più ampio. Per
Serianni gli oggetti di studio della geografia, disgregati e assegnati ad altre discipline, si disarticolano, e staccati dalla
loro impostazione didattica perdono gran parte delle potenzialità geografiche, proprio perchè perdono di vista il
territorio e i fatti a esso collegati. Per affrontare la complessità non basta giustapporre frammenti di saperi diversi.
Pluralità e complessità degli oggetti di studio devono rappresentare punti di forza, che chiariscano in una spiccata
integrazione delle conoscenze e della didattica interdisciplinare. Nel testo Geografia, diversa e preziosa di Giacomo
Pellegrini, l’autore incontra personalità del passato e del presente (Dalai Lama, Pier Paolo Pasolini, M. Luther King)
per scoprire il pensiero geografico in altri saperi umani. Le stesse manifestazioni artistiche, dalla pittura alla
letteratura possono trovare riscontri didattici con la geografia; ad esempio, il paesaggio delle immagini pittoriche
offre prospettive di riflessione geografica attraverso collegamenti diretti alla storia dell’arte, con le tematiche
società-territorio e città-campagna. Notiamo che il bene culturale e ambientale ci consente di lavorare in modo
trasversale. Sempre in ambito artistico sono stati trovati riscontri tra geografia e musica, ricordando lo stretto
rapporto di scambi fra uomo, suoni, musica e ambiente. Si crea uno spazio dove vi è produzione di suoni organizzati
e la natura, con intreccio di ritmi, eventi sonori e luoghi di risonanza.

3. Educazione geografica: princìpi e valori


3.1 Il contributo della Geografia all’educazione
Il contributo della Geografia all’educazione è il titolo di una sezione della Carta Internazionale sull’Educazione
Geografica che delinea un quadro completo delle valenze formative che questa disciplina potrebbe offrire oggi agli
studenti, se fosse messa nelle condizioni di sviluppare al meglio il suo potenziale didattico, grazie a una sua presenza
adeguata negli ordinamenti scolastici e a una formazione geografica appropriata. Come è riportato nella Carta: lo
studio della geografia serve a capire e ad apprezzare come si sono formati i luoghi e i paesaggi e come interagiscono
le persone e gli ambienti, quali sono le conseguenze che derivano dalle nostre decisioni quotidiane che riguardano lo
spazio e il mosaico delle culture e delle società diverse e interconnesse che esistono sulla Terra. La geografia è una
materia e una risorsa vitale per i cittadini del 21esimo secolo. Una disciplina che insegna come vivere in modo
sostenibile in questo mondo. L’educazione geografica, dunque, aiuta le persone ad apprendere come convivere in
armonia con tutte le specie viventi. Le prospettive geografiche aiutano anche a comprendere le sfide attuali come il
cambiamento climatico, la sicurezza alimentare, l’urbanizzazione, ecc. In queste riflessioni si parte dall’importanza
del coinvolgimento personale rispetto alla bellezza della Terra, fondamentale e imprescindibile in quanto incuriosisce
e rende vivo il sapere geografico. Da solo però non è sufficiente, esso deve infatti essere alimentato da conoscenze
approfondite, frutto della ricerca. Qui si colloca la geografia, superata la concezione classica, conservatrice, che
descrive e spiega gli aspetti del paesaggio senza entrare nel merito delle questioni. La geografia dovrebbe aver
superato lo stereotipo per cui i saperi geografici sono ritenuti proficui e stimolanti perché spiegano, senza
coinvolgimento, fatti immobili, bloccati al presente. Se così fosse, si dedurrebbe da qui che la geografia è una
materia semplice, non c’è da capire, basta studiare a memoria i nomi di città, capitali, ecc. Una simile geografia non
fa male, è innocua, non fa danni ma non affronta temi e problemi né tantomeno prospetta possibili soluzioni. Al
contrario, riprendendo ancora la Carta Internazionale si afferma che “La geografia è una risorsa vitale per i cittadini
del XXI secolo che vivono in un mondo sempre più interconnesso e si pone al servizio di molti obiettivi educativi
fondamentali, quali l’ambiente, lo sviluppo sostenibile, le diversità culturali”.

3.2 Interiorizzare e condividere i valori


Sono soprattutto il contesto socio-culturale e quello politico che dettano e diverse interpretazioni del rapporto
spazio-società, dopo l’unità d’Italia ad esempio, vi era l’esigenza di costruire un organismo politico dotato di una
coerenza interna e, l’amore verso la patria, ritenuto come motore unificante, venne sollecitato attraverso lo studio
delle discipline scolastiche. Spesso, l’amore per la patria è mutato in forme di acceso nazionalismo, come nel periodo
fascista, quando imperialismo e superiorità della “razza italica” diventarono principi fondanti nell’insegnamento della
storia ma anche della geografia. Il pedagogista Remo Fornaca inquadra lo studio della geografia nelle scuole italiane
durante il fascismo come una disciplina in cui l’Italia rappresentava il centro e il modello di riferimento, tendente ad
esaltare le bellezze dell’Italia, le opere del regime, l’espansione coloniale e in cui non emergevano assolutamente i
problemi e le contraddizioni della società italiana. La geografia, che ha il fulcro nella descrizione e nella
comprensione del mondo, offre un sapere strategico che si confronta con il complesso problema dei valori sia
finalizzando a grandi obiettivi sociali le ricerchi disciplinari, sia arricchendo prospettive e competenze, sia
coinvolgendo diversi strati sociali, a partire dai giovani studenti. L’educazione è una delle strategie che
maggiormente consentono di generare cambiamenti nei valori della società, per cui bisogna riflettere criticamente
sui contenuti che trasmette e sulle stesse forme di trasmissione. I docenti svolgendo il ruolo di guida
nell’interiorizzazione valoriale, devono cogliere i principi fondamentali delle singole discipline scolastiche, partendo
dalla delicatissima selezione dei contenuti, ogni disciplina deve essere riveduta e parzialmente ristrutturata in
funzione del momento educativo e dello sviluppo della persona. Il passaggio nel campo dei valori deve essere
meditato, è importante che la disciplina non si trovi esposta a tentazioni ideologiche o propagandistiche per non
perdere le sue peculiarità di disciplina scientifica. La dimensione etica porta l’attenzione del docente di geografia a
ricercare TEMATICHE forti quali: la cultura e il rispetto del territorio e del paesaggio; lo sviluppo sostenibile; il
miglioramento della qualità della vita; la globalizzazione inquadrata nell’ambito di una reale giustizia spaziale e socio-
economica; i diritti umani. Si compie così una rivalutazione piena delle diversità bioculturali, come somma di tutte le
differenze e di tutte le possibili interazioni.

3.3 Rispettare la dignità delle persone


La consapevolezza dell’importanza e della ricchezza delle diversità, da ricercare fin dai primi anni quando il bambino
riconosce l’altro da sé scoprendolo come persona umana, non soltanto agevola l’abbandono di paradigmi
etnocentrici dei saperi e dei valori, ma accresce il bagaglio culturale della persona che riesce a moltiplicare le
prospettive da cui può leggere e interpretare il mondo. La didattica interculturale e la pedagogia delle differenze, in
questa prospettiva, si rivela essere la migliore risposta alla cultura della divisione, dunque adeguata a impostare una
cultura del confronto aperto. La didattica interculturale ha un potenziale rivoluzionario che scaturisce dal fatto che
l’alterità, l’emigrazione, la vita in società non sono più solo problemi ma anche risorse e opportunità. Si tratta di un
confronto sempre più necessario in quanto oggi la rivoluzione delle comunicazioni e il divario sempre più forte nella
distribuzione delle ricchezze hanno reso molto frequenti i contatti tra le diverse culture, rendendo inoltre la società
multietnica minata da disuguaglianze crescenti. È una combinazione che ormai ha raggiunto livelli deflagranti con
repressioni sia all’interno dei singoli Stati sia a scala planetaria. Infatti, mentre la classe media occidentale vanta la
superiorità dei suoi valori (nonostante la crisi), molti migranti stanno maturando sentimenti di frustrazione e di
avversione nei confronti del mondo occidentale dove non riescono ad integrarsi. È imprescindibile, dunque, una
seria reimpostazione dei contenuti geografici e disciplinari e dei progetti formativo-didattici, per analizzare i nuovi
quadri territoriali, economici, sociali, culturali e i sistemi di reti che riorganizzano il mondo. La geografia studia le
culture, specialmente nella loro capacità di manifestare i segni sul territorio, che assume i valori delle conoscenze
prodotte. Un tale studio permette, in questa prospettiva, di analizzare lo spazio facendo riferimento alle componenti
sociali, etiche ed estetiche.

3.4 Educare per una cittadinanza attiva


3.4.1 Geografia e cittadinanza
Il territorio è il risultato di processi che nel corso del tempo lasciano segni e testimonianze, costruiscono memorie,
singole e collettive, creano legami e reti di relazioni spazio-temporali, su cui si fonda l’appartenenza territoriale:
momento costitutivo della cittadinanza. Da qui l’importanza per il futuro cittadino di acuire competenze e capacità
per percepire, leggere e interpretare il territorio in un’ottica inter e transcalare, quindi sia nella grandissima scala
della pianta del quartiere sia in quella piccolissima del planisfero, tenendo presente che sapersi collocare e orientare
nello spazio non è una pura questione geometrica, perché l’orientamento è innanzitutto l’espressione di una
capacità culturale di pensarsi come cittadino, membro di una comunità e di uno Stato.
Risulta essenziale, nell’osservare fatti e fenomeni che si svolgono e si sviluppano nello spazio, inquadrare gli stessi
nelle giuste dimensioni; spesso occorre osservare diverse scale geografiche per mettere a fuoco gradualmente le
prospettive e gli orizzonti che tali fatti e fenomeni assumono. La visione spaziale deve adeguarsi alle visioni areali del
problema, che, per essere compreso in maniera corretta, va messo a fuoco anche sotto questa angolazione.
Posizionando la visione geografica su larga scala si possono cogliere dettagli e sfumature minime di un fatto mentre
attraverso una visione a piccola scala lo spazio che si osserva si amplia, per cui gli orizzonti si fanno più estesi,
consentendo di analizzare le relazioni fra i fenomeni ma non di leggere i particolari.
Problemi molto complessi, come ad esempio il fenomeno migratorio (geografia umana) o il riscaldamento globale
(geografia fisica) richiedono continui passaggi di scala spaziale: dal vicino al lontano e dal lontano al vicino. Si
comprende poco o nulla del fenomeno migratorio se non si va oltre il fenomeno della piazza del centro abitato di
residenza dove si riuniscono immigrati; e neppure è sufficiente un’apertura a quanto avviene nel proprio Stato,
perché le dimensioni di questo fenomeno sono plurime fino a coinvolgere il livello planetario. Occorre un impiego
integrato delle varie scale geografiche (transcalarità) senza il quale il fenomeno migratorio sfugge nella sua essenza,
ciò riguarda anche il riscaldamento globale che è per definizione un problema planetario, ma che si articola alle varie
scale continentali, regionali e locali. In una riflessione sulle dimensioni spaziali emerge il concetto di distanza: essa
non si comprende solo attraverso il calcolo matematico, poiché subisce anche l’effetto della memoria, in grado di
influire fortemente sulle percezioni che si caricano dei sentimenti di emotività o di distacco. Non a caso, il mondo,
più piccolo e più unitario, si frantuma sotto l’azione delle distanze culturali, con la costruzione di barriere immateriali
che allontanano quello che è spazialmente vicino. Steccati sociali e culturali si formano all’interno della comunità
impostando confini difficili che vanno a intaccare la convivenza e il territorio. Sono queste le nuove frontiere che
segnano gli spazi, spesso materializzate attraverso la realizzazione di veri e propri muri posti ai confini che
costituiscono potenti e terribili strumenti di violenza contro l’umanità, che accentuano le divisioni culturali, sociali e
politiche.

3.4.2 Appartenenze plurime


Come sono vissuti gli spazi che si abitano e a quali tipi di appartenenze danno luogo? La base identitaria è
rappresentata dall’appartenenza alla comunità locale, che unita per lingua e cultura dovrebbe offrire protezione e
sicurezza. Essa costituisce il riferimento fondamentale della condivisione. Questa prima appartenenza però, se non
bene intesa e vissuta, potrebbe comportare pericoli derivanti dalle possibili chiusure e dalla creazione di ritagli
spaziali, praticati in un’ottica di rifiuto nei confronti degli altri. A un livello spaziale superiore si pone l’identità
nazionale, politica e culturale, ma che dipende anche dai processi attraverso i quali viene costruita. È il sentimento di
un’appartenenza ad una comunità più vasta, dove contano le tradizioni condivise ma ancora di più i principi stabiliti.
La Costituzione nazionale dovrebbe essere il cemento di questa appartenenza come insieme di regole e istituzioni,
collettive e regolative. Comunità più ampie e plurali sono quelle sovranazionali, come ad esempio l’Unione europea,
con indicazioni e leggi promulgate nel corso degli anni ma anche con l’ethos civile costruito insieme ai singoli Paesi.
Questa dimensione sovranazionale è in grado di aprire gli spazi locali verso orizzonti più vasti, dove al termine si
colloca la cittadinanza mondiale, che riguarda l’uomo visto come cittadino del mondo e l’interpretazione
dell’umanità comune ai popoli diversi, in dialogo tra loro (non sempre facile). E’, infatti, nei processi di scambi che si
profila un’identità mondiale, interetnica ed etico-politica, che cresce con la crescita della globalizzazione se in essa
non si fanno prevalere integralismi e conflitti di civiltà. Ma queste appartenenze multiple come coesistono e quali
problemi di integrazioni e conflittualità producono? Sono interrogativi ai quali la scuola, che gioca un ruolo
fondamentale, dovrebbe dare risposte convincenti analizzando sia le novità del mondo globalizzato (come
l’insufficienza di soluzioni adeguate ai problemi planetari da parte degli Stati) sia le conseguenze di una
globalizzazione dell'indifferenza e del disinteresse che osserva gli esseri umani come numeri da inserire in statistiche
asettiche.

3.5 Educare per l’ambiente


3.5.1 I diritti dell’ambiente
Il concetto di ambiente evidenzia un percorso che da molto tempo si è aperto verso nuovi orizzonti al di là dei confini
limitati esclusivamente agli aspetti fisici, chimici e biologici. Le implicazioni di ordine economico, sociale e culturale
inquadrano l’ambiente in una visione globale e lo intendono anche come mondo vissuto e sede del cambiamento.
Il quadro comprendente società e natura viene analizzato dalla scuola, la quale, accogliendo in buona parte le
sollecitazioni provenienti dal mondo scientifico, sta producendo una progettualità costruita proprio sulla
trasversalità del concetto di ambiente attribuendo un ruolo significativo anche all’educazione ambientale. Le
istituzioni scolastiche attribuiscono un ruolo significativo all’educazione ambientali, proponendo ipotesi di soluzioni
alle problematiche dell’ambiente di vita, si tratta della didattica per l’ambiente. Infatti, formare cittadini che
sappiano convivere con l’ambiente valutando l’impatto delle loro azioni su di esso e operando le necessarie
correzioni di rotta per la conservazione del patrimonio naturale e culturale è uno dei compiti fondamentali della
scuola di oggi. L’ambiente rappresenta uno spazio di vita per gli uomini che riflette sogni, rappresentazione e segni
dei singoli e delle collettività.
La tecnologia moderna, se da un lato apre tante frontiere alla valorizzazione ambientale, dall’altro ha creato e
continua tuttora diversi danni. Occorre perseguire un modello di intervento che parte dall’applicabilità delle
conoscenze e che si sviluppi in ottica dove sono rispettati i diritti dell’ambiente.
I ragazzi dovrebbero prendere coscienza della realtà nella quale vivono per assumere di conseguenza un
comportamento corretto e responsabile; in tal senso il contatto immediato con la natura e l’osservazione diretta
possono essere di grande aiuto sia per facilitare la conoscenza dell’ambiente, sia per promuovere l’assunzione di
valori ambientali. Bisognerebbe ricreare una dimensione etica capace di focalizzare l’attenzione degli studenti sulle
posizioni molto contraddittorie che il mondo politico ed economico hanno rispetto all’ambiente e che oggi incidono
in maniera negativa sulla sua integrità.
Il concetto base è la responsabilità verso l’ambiente, patrimonio comune del genere umano, che dalle esigenze del
presente deve estendersi verso il futuro. Una rielaborazione dell’originario riconoscimento della natura potrebbe
essere indirizzata verso la storia dei luoghi e della loro essenza più profonda, che porta ad aprirsi verso l’ambiente e
le culture. Anche la Chiesa si è espressa in merito, infatti nell’Enciclica Laudato si’ di Papa Francesco si sottolinea
come la Terra sia la nostra casa comune, “una sorella che protesta per il male che le provochiamo”.

3.5.2 La nostra casa è in fiamme


Antony Toynbee scrisse nel 2000 che la biosfera è una pellicola di terra asciutta, acqua e aria che avvolge il pianeta
Terra; essa è l’unico habitat esistente di tutte le specie note, uomo compreso. Con tale scritto si evidenzia l’unicità e il
valore della biosfera inoltrando un monito per intervenire rispetto a preoccupanti conseguenze, spesso trascurate
nella realtà quotidiana. Per tutelare la nostra biosfera sono stati promulgati diversi trattati internazionali, tra cui
l’Accordo di Parigi (COP-21) sul clima del 2015. Si tratta di un accordo stipulato tra 195 Paesi membri della
Convenzione, che definisce per la prima volta un piano d’azione globale, volto sia a limitare il riscaldamento globale
al di sotto dei 2°C grazie alla riduzione di emissione di gas serra, sia a fornire ai Paesi economicamente poveri un
sostegno economico. È importante che la scuola in quanto sede e riferimento di bambini e ragazzi proiettati verso il
futuro, sviluppi tra i suoi temi fondanti quelli riguardanti la salvaguardia della biosfera nella prospettiva del domani.
In tal senso, la spinta decisiva arriva proprio dagli studenti. Greta Thunberg, giovanissima studentessa svedese, ha
iniziato un’azione di denuncia davanti al Parlamento di Stoccolma, chiedendo maggiore attenzione da parte dei
politici al problema delle emissioni inquinanti dei gas serra. In particolare, Greta ha lamentato che dopo anni dalla
firma dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, gli impegni presi non si sono trasformati in azioni concrete. Da
qui, molti studenti hanno iniziato a partecipare a una serie di iniziative, tra queste la Marcia per il clima svoltasi a
Stoccolma l’8 settembre 2018. Alcuni messaggi di Greta, insieme alla sua storia e quella della sua famiglia, sono stati
raccolti in un libro dal titolo La nostra casa è in fiamme (2019), il quale analizza il tema del riscaldamento globale e le
gravi conseguenze che questo può comportare per il pianeta. In particolare, viene evocato il problema della foresta
dell'Amazzonia, che in seguito al cambiamento politico avvenuto in Brasile, sta correndo pericoli ancora più gravi
rispetto al passato. Gli incendi appiccati in Brasile, secondo il WWF, all’inizio del 2019 sono in aumento dell’83% in
più rispetto all’anno precedente. Tali incendi minacciano la sopravvivenza di tantissime specie, devastano un
territorio, che grazie alle grandi quantità di aria immagazzinate, gioca un ruolo fondamentale contro i cambiamenti
climatici; inoltre, è la casa di 25.000.000 di persone, tra cui numerosi indigeni.
È dagli studenti, dal primo grado agli universitari, che proviene l’urgenza di mobilitarsi per salvaguardare la casa
comune. Tuttavia, sarebbe un errore non dare una risposta adeguata ai vari livelli da parte dell’istruzione. Nel
contesto didattico i saperi geografici possono dare un forte contributo formativo, sia perché attenti al presente nelle
loro formazioni al futuro, sia perché studiano processi di antropizzazione del pianeta e tematiche ambientali.

3.6 Lo sviluppo sostenibile


3.6.1 Il rapporto Brundtland e la Conferenza di Rio
L’integrità dell’ecosistema costituisce la risorsa naturale di base per costruire sistemi economici efficienti, per
impostare buone strategie di sviluppo e per contribuire al generale benessere. A questa notazione non
corrispondono però, coerenti politiche ambientali. Da qui deriva l’importanza che dovrebbe essere assegnata
all’educazione allo sviluppo, da inquadrare come momento rilevante nel difficile confronto per un nuovo ordine
socio-economico internazionale caratterizzato da: disponibilità a suddividere le risorse del pianeta equamente fra
tutti i popoli; un comportamento positivo per eliminare le disuguaglianze; un progresso misurato in termini di
crescita economica; la salvaguardia dell’ambiente.
Nella realtà l’attenzione esclusiva, o quasi, alle prospettive economiche, porta a trascurare altri aspetti essenziali
come quelli socio-culturali ed ecologici. Sebbene sia superata a livello teorico, la visione economicista tende a
persistere a tutte le scale spaziali non producendo né prosperità condivisa né equità sociale. Cambiare significa
considerare valori diversi da quelli prevalenti, sviluppare la dimensione etica sulla quale possono poggiarsi
l’economia, la politica, l’ecologia, ecc. recuperando il senso della misura e del limite, nonché la solidarietà e l’equità
sociale. Il ruolo dell’educazione risulta allora essenziale in quanto occorre una preparazione adeguata per affrontare i
cambiamenti che spesso sono in conflitto con i valori persistenti. L’educazione allo sviluppo sostenibile prende
spunto proprio dal degrado ambientale, dalla rottura, dell'equilibrio fra società e ambiente. La sostenibilità diventa
quindi il riferimento centrale per l’educazione alla cittadinanza che sappia unire la conservazione delle risorse del
pianeta per le generazioni future alla giustizia sociale e allo sviluppo economico per la generazione attuale.
Il concetto di sviluppo sostenibile viene introdotto per la prima volta con il Rapporto di Brundtland, varato nel 1987
dall’allora presidente della Commissione mondiale sull’ambiente e sullo sviluppo Brutland, secondo cui il
miglioramento della qualità di vita umana va mantenuto entro la capacità di carico degli ecosistemi. Questi principi
sono ripresi dalla Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo (UNCED) riunitasi a Rio de Janeiro nel
1992 che con la Dichiarazione di Rio ufficialmente proclama l’adesione internazionale alla teoria dello sviluppo
sostenibile. Non mancano le perplessità in quanto il modello economico globale che dovrebbe cambiare il pianeta
non è adatto a tutti paesi. Si tratta di una situazione di squilibrio che da una parte consente al sistema mondiale di
sostenersi, dall’altra danneggia il Sud del mondo. Alla Conferenza di Rio sono seguiti altri incontri con impegni e
traguardi da raggiungere; tra questi gli Obiettivi di sviluppo del millennio e la Conferenza delle Nazioni Unite Rio+20
sullo sviluppo sostenibile del 2012.

3.6.2 L’Agenda 2030: la geografia per educare allo sviluppo sostenibile


Altro passo nella direzione dello sviluppo sostenibile è rappresentato dall’adozione dell’Agenda 2030: Trasformare il
nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. È il primo accordo a scala planetaria che indica un
programma d’azione globale in grado di esercitare un impatto sulle politiche nazionali di tutti i Paesi del mondo. Il
complesso di obiettivi (17 di sviluppo sostenibile - 169 associati) intende realizzare un bilanciamento fra le
fondamentali dimensioni dello sviluppo sostenibile (economia, ambiente e società) operando in settori strategici
quali la povertà, la disuguaglianza, la sicurezza alimentare, la sanità, l’occupazione, le infrastrutture, i cambiamenti
climatici, la parità di genere, le società pacifiche e inclusive, l’accesso alla giustizia. Tutti gli obiettivi da raggiungere
entro il 2030, sono finalizzati tra l’altro a eliminare la povertà nelle sue forme estreme e a porre termine ai vari tipi di
malnutrizione, raddoppiando la resa agricola e il reddito dei produttori di cibo locali. L’educazione geografica può
favorire la realizzazione di collegamenti tra molti obiettivi enunciati dall’Agenda; si pensi alla lotta alla povertà e alle
disuguaglianze, all’eliminazione della fame e alla gestione dell’acqua, all’accesso delle fonti energetiche rinnovabili,
ecc. Sono tutte espressioni di valori, atteggiamenti, conoscenze che un insegnamento moderno della geografia può
convintamente offrire alle nuove generazioni. Un progetto geografico di educazione allo sviluppo sostenibile, proprio
per le sue potenzialità ad ampio spettro può avvalersi di numerosi concetti chiave (diversità, ecosostenibilità, qualità
della vita…) che opportunamente interrelati e disposti sono in grado di riorganizzare la disciplina cercando di
integrare la tradizione con l’innovazione. Puntare sulla tradizione perché molti di questi concetti fanno parte del
patrimonio consolidato della geografia e sull’innovazione perché questi concetti chiave non soltanto implicano
contenuti nuovi, o parzialmente nuovi, ma esigono diversi punti di vista per la comprensione della realtà
(complessità, cambiamento, globalità). Sono condivisibili le considerazioni di Joop Van der Schee quando afferma
che tra le conseguenze della debole posizione della geografia nelle scuole si annovera il fatto che all’insegnamento
dello sviluppo sostenibile non viene dedicato abbastanza tempo.

3.7 Per una cultura del territorio


3.7.1 Educare al territorio, educare il territorio
Viene spesso denunciata la mancanza di politiche territoriali adeguate, soprattutto in occasione dei sempre più
frequenti eventi naturali calamitosi, quali frane, alluvioni, inondazioni, erosioni accelerate di versanti montuosi o di
spiagge. Il dissesto idrogeologico, l'abusivismo e i relativi condoni, la cementificazione, ecc. sono solo alcuni temi di
dibattito. Alla base di tutti questi problemi però, vi è un’appannata percezione del valore della risorsa ambientale,
altrimenti molte devastazioni sarebbero impossibili perché decisioni dannose per l’ambiente non sarebbero
accettabili dalla popolazione, e non soltanto da quella residente direttamente coinvolta che rifiuterebbe forme
pericolose di territorializzazione. Manca cioè una robusta cultura del territorio sufficientemente diffusa fra la
popolazione, alla preparazione della quale dovrebbe porre rimedio un’adeguata formazione, proprio a partire dai
giovani, che dovrebbero essere abituati a pensare geograficamente lo spazio per viverlo in maniera responsabile.
L’educazione al territorio si legittima come progetto di cittadinanza, convivenza e sostenibilità e nella transcalarità
delle relazioni che coinvolgono la vita delle persone nel mondo rimodellato dai processi di globalizzazione. Secondo
Cristiano Giorda bisogna in sintesi “educare al territorio e educare il territorio”, ovvero, educare al territorio nella
direzione della conoscenza diffusa del suo patrimonio, dei suoi punti di forza e di debolezza e del suo valore e
educare il territorio nel senso di educare tutti i protagonisti del territorio stesso: le scuole, le famiglie, i formatori e
gli educatori, ma anche gli amministratori, le associazioni, le imprese
3.7.2 Educare al paesaggio
Il nucleo fondante della cultura del territorio è costituito dal paesaggio che non è solo “natura, architettura e golfi
ma anche società, pregiudizi, bandiere e fedi” (come afferma Claudio Magris). L’educazione al paesaggio comporta
osservazioni con occhi nuovi e riattivazione di tutte le capacità sensoriali, si fonda su tanti tipi di sguardo e su tante
letture per giungere a visioni integrate in grado di sviluppare facoltà conoscitive, psicologiche e morali per affinare la
sensibilità e per conformare l’animo all’ammirazione e al rispetto del paesaggio. Il geografo Eugenio Turri ha
espresso bene gli elementi caratterizzanti di un paesaggio olfattivo attraverso il testo L’odore dell’India, racconto di
uomo che ha ritrovato il suo male di vivere in un'umanità sciagurata e dolente durante un viaggio in India. La
letteratura può celebrare tutti i sensi, come l’udito, che produce l’immersione in paesaggi sonori o del silenzio. Luigi
Barzini Jr. racconta di un viaggio in Mongolia attraverso i vari suoni del villaggio in cui si trovava ma anche il silenzio
di una nazione sola. È nella direzione di un paesaggio sensibile e vivo che le descrizioni dei geografi si possono
avvalere con profitto delle narrazioni degli scrittori, che riescono a comprendere attraverso la sensibilità poetica il
genio dell’incontro (genius loci, per approfondire pag. 61 nota 9). Sia le riflessioni scientifiche sia la Convenzione
europea del paesaggio aprono a scenari e contesti imperniati sulla partecipazione e il coinvolgimento della
popolazione locale. Il paesaggio nella Convenzione europea del paesaggio è definito come una determinata parte di
un territorio il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni. La stessa
Convenzione, inoltre, pone l’accento sulla necessità di un impegno collettivo per accrescere la sensibilizzazione della
società civile, delle organizzazioni private e delle autorità pubbliche al valore dei paesaggi, al loro ruolo e alla loro
trasformazione. La sensibilizzazione è un passo essenziale per qualsiasi azione che tenda a valorizzare il paesaggio in
tutte le sue espressioni ambientali e culturali, considerando che il valore di quanto ritenuto bello muta nel tempo e
nei diversi contesti geografici poiché non è soltanto la bellezza e l’estetica ma pure la storia a conferire valore alle
realtà più diverse.

4. La geografia nelle scuole e nelle università


4.1 L’educazione geografica nelle scuole
La Carta Internazionale sull’Educazione Geografica insiste opportunamente sul ruolo che la ricerca dovrebbe
svolgere sulle strategie di apprendimento e sui metodi di insegnamento della disciplina, affinché questa possa
risultare più efficace possibile nelle scuole. L’elenco dei temi rilevanti è piuttosto lungo, anche perché sono molteplici
i processi di apprendimento e di insegnamento della geografia. La principale questione indicata si condensa in una
domanda: Quali sono le conoscenze di cui hanno bisogno gli studenti di geografia? Non sono mancati dibattiti e
ricerche in questa direzione e tanti e diversi sono stati i programmi e curricoli di geografia elaborati nel corso degli
anni. L’impegno nella ricerca in ambito didattico consente a chi si occupa dello sviluppo dei curricoli geografici a
qualsiasi livello di: perfezionare i curricoli, le pratiche di insegnamento e le modalità di valutazione; sviluppare tra i
docenti e gli educatori un orientamento di ricerca che consentirà un coinvolgimento critico e riflessivo nelle pratiche
educative; chiarire le finalità e gli obiettivi dell’educazione geografica.

4.2 Sguardi al passato


4.2.1 La scuola primaria
L’insegnamento della geografia nella scuola primaria ha subito un progressivo cambiamento:
1. Nei programmi elaborati nel secondo dopoguerra l’insegnamento della geografia (prevalentemente fisica) si
abbina alla storia. Esso è rivolto a percorrere un itinerario articolato entro la tradizionale ripartizione
amministrativa: dal proprio comune, alle regioni fino agli Stati europei ed extraeuropei. La metodologia, in
sostanza espositiva basata sulla lezione frontale, è impostata su semplici schemi descrittivi e sulla
trasmissione e memorizzazione di nozioni.
2. I successivi programmi del 1955, che rimangono in vigore per un trentennio, associano la geografia non
soltanto alla storia ma anche alle scienze; persistono l’approccio descrittivo e nozionistico mitigato da una
serie di innovazioni come l’osservazione diretta e il metodo di ricerca per favorire nello studente il processo
di apprendimento e per “far scoprire i processi di interdipendenza”.
3. Nei programmi del 1985 gli elementi naturali non costituiscono più l’oggetto principale di studio, che ora
rivolge più attenzione al paesaggio e ai rapporti tra l’ambiente e l’uomo, organizzato in gruppi sociali. Si parla
quindi di relazioni, di motivazioni riguardo agli interventi sul territorio, di strumenti interpretativi per
comprendere l’organizzazione spaziale. Si ha una vera e propria svolta che porta la geografia a distaccarsi
dalle scienze. Ulteriore elemento di innovazione riguarda il classico orientamento regionale, sostituito da un
approccio più stimolante, finalizzato alla possibilità di evidenziare i problemi e le soluzioni adottate e da
adottare.
4. Nelle Indicazioni Nazionali del 2004 l’attenzione è focalizzata esclusivamente sull’Italia con un unico accenno
agli altri Paesi quando si fa riferimento alla posizione dell’Italia in Europa e nel mondo. La geografia è vista
come uno strumento per imparare a leggere l’ambiente modificato dalla società e a comprendere lo spazio
inteso come sistema in continua trasformazione. È una geografia che utilizza strumentalmente qualsiasi tipo
di spazio, partendo dall’ambiente vissuto, per far acquisire concetti e impadronirsi di metodi di lavoro.
Inoltre, nelle Indicazioni concernenti la scuola dell’infanzia compaiono i primi elementi di geografia come, ad
esempio, la capacità di orientarsi, la scoperta, l’interiorizzazione e il rispetto dei valori ambientali. Va
sottolineato che pure i bambini più piccoli, come afferma la studiosa Hinde, possono apprendere la geografia
dai primi anni di età pur senza saper né leggere né scrivere.

4.2.2 La scuola secondaria di primo grado


Nel 1962 si introduce negli ordinamenti italiani la “scuola media unica” che consente l’accesso a tutti gli indirizzi di
scuole superiori. Viene abolita dunque, l’alternativa prima esistente tra scuola media e scuola di avviamento
professionale a cui si iscrivono coloro che non intendevano proseguire l’istruzione delle scuole superiori. In questo
modo si è evitato agli alunni di scegliere troppo presto e in modo definitivo il loro cammino scolastico. Il taglio
geografico della riforma del 1962 è comunque di tipo descrittivo e regionalistico: dall’Italia all’Europa, agli altri
continenti. I Programmi del 1979 hanno rappresentato una svolta davvero importante: il percorso si compone di
quattro parti iniziali: finalità e obiettivi; indicazioni programmatiche; indicazioni metodologiche; itinerario
didattico. Non si propone più la consueta rassegna di regioni e di Stati, né il tradizionale metodo descrittivo e
nozionistico ma si presenta una geografia basata su grandi temi e problemi, motivata sulla ricerca e orientata
all’adozione del metodo scientifico. La geografia avrebbe il compito di indagare sui fenomeni antropofisici in una
visione di tutti gli elementi variabili, naturali e umani, che concorrono a modificare l’assetto del territorio. L’ultima
parte riporta però in maniera molto sintetica i contenuti divisi per le tre classi e ritorna ai tradizionali schemi di
geografia regionale (nel primo anno si studiano le regioni amministrative italiane, nel secondo l’Europa e nel terzo gli
altri continenti).
Le indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati nella Scuola secondaria di primo grado del 2004
presentano in relazione ai precedenti programmi forme di persistenza (ad esempio un’impostazione regionale di
fondo) e di innovazione, grazie anche ad alcuni elementi negli Obiettivi specifici di apprendimento, collegati a
concetti fondanti della disciplina o tematiche significative, quali lo sviluppo umano e sostenibile oppure i processi di
globalizzazione. Riguardo le novità, sempre in ambito regionale, la più evidente coinvolge la ripartizione in due
momenti successivi: lo studio prevalente dell’Italia nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado, lo
studio dell’Europa e del mondo. La riforma segna così il passaggio da un procedimento ciclico, secondo cui gli stessi
contenuti sono ripetuti nei due ordini di scuola con una evoluzione negli approfondimenti, a uno di tipo progressivo.

4.2.3 La scuola secondaria di secondo grado


La riforma del 1923 di Giovanni Gentile, che prevedeva la divisione della scuola superiore in due grandi comparti -
licei e istituti tecnici - continua a segnare, a grandi linee, tutto il Novecento. Questo modello è resistito per un
numero lunghissimo di anni (fatto singolare), sebbene il dibattito culturale sul rinnovamento e sulla sistemazione
della secondaria superiore sia stato molto approfondito e in alcuni casi si era quasi arrivati alla meta finale. Le
profonde innovazioni avvenute nella scuola media unica e obbligatoria avrebbero dovuto portare alla ridefinizione di
quella superiore ma così non è avvenuto. Tra le varie testimonianze ricordiamo la riforma “Brocca” (l’allora
sottosegretario al ministero della Pubblica Istruzione), i cui “obiettivi di apprendimento”, parzialmente gerarchizzati,
evidenziano la necessità per lo studente di saper consultare un atlante; di leggere e interpretare grafici, carte
geografiche e tematiche; di tradurre informazioni di interesse territoriale dal linguaggio verbale a quello grafico. La
scuola secondaria di secondo grado, schiacciata da questi programmi, ha cercato vie di uscita proponendo progetti e
sperimentazioni ma i risultati di tali processi, in assenza di un vero piano organico, non riescono a soddisfare le
richieste di apprendimento-insegnamento. Si è assistito, così, a una situazione di generale disagio per la mancanza di
una seria riforma che ha coinvolto più o meno tutte le discipline, penalizzando le loro potenzialità. Infine, tutto ciò ha
prodotto un indebolimento progressivo dell’immagine della geografia con il rischio di una sua frammentazione che
ha attribuito il suo compito ad altre discipline: scienze della Terra, storia ed economia.

4.3 Il primo ciclo d’istruzione: le Indicazioni del 2007 e del 2012


Ritornando al primo ciclo di istruzione, nel 2007 le Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo
ciclo di istruzione subiscono delle modifiche rispetto alle precedenti del 2004. Il ministro Fioroni, in un’opera di
“manutenzione”, fa sì che le discipline vengono aggregate in tre aree (linguistico-artistico-espressiva, storico-
geografica e matematico-scientifica-tecnologica) al fine di sviluppare le possibilità di interazione e collaborazione fra
i diversi saperi; organizzare gli apprendimenti in maniera progressivamente orientata ai saperi disciplinari e la
collaborazione fra i docenti. La geografia viene così associata alla storia poiché entrambe si occupano dello studio
delle società umane nello spazio e nel tempo e servono per dare sistemazione e coerenza al nostro mondo. Nella
presentazione generale dell’area storico-geografica del primo ciclo si propone la massima collaborazione con le altre
discipline, attraverso diversi linguaggi verbali, numerici e artistici. Si ribadisce l’importanza del linguaggio della geo-
graficità che gli alunni devono imparare ad utilizzare e che per la sua immediatezza ed efficacia costituisce un punto
di forza della disciplina il cui studio deve essere accompagnato fin dai primi anni dalla presenza costante della carta,
che attiva la memoria visiva e agisce così da facilitatore per la memorizzazione e la localizzazione delle nozioni.
Nel 2012 il ministro Francesco Profumo revisiona le Indicazioni Nazionali: le aggregazioni disciplinari scompaiono del
tutto, rimettendo alle stesse scuole valutazioni autonome riguardo la “trasversalità” e le “interconnessioni”. La
ripartizione regionale è da svilupparsi in momenti distinti - per cui alla primaria si studia lo spazio vicino e l’Italia,
mentre nella secondaria di primo grado l’Europa e il mondo - seppur in forme meno rigide per avvalersi meglio del
gioco delle scale geografiche (capire vicino e lontano), fondamentale per una corretta lettura del mondo. Nel 2007 i
nuclei tematici della geografia sono diversificati tra primaria e secondaria: nel primo caso abbiamo orientamento,
carte mentali (esse si formano imparando a memorizzare ambienti osservati e percorsi eseguiti), linguaggio della
geo-graficità, paesaggio, territorio e regione; nel secondo caso abbiamo carte mentali, concetti geografici e
conoscenze, ragionamento spaziale, linguaggio della geo-graficità, immaginazione geografica, metodi, tecniche e
strumenti propri della geografia.
Le Indicazioni del 2012 risolvono il problema della disomogeneità tra i due ordini di scuola, ostacolati dalla presenza
sequenziale di un curricolo verticale, riducendo e uniformando i nuclei degli obiettivi di apprendimento:
orientamento; linguaggio della geo-graficità; paesaggio; regione e sistema territoriale. I primi due riguardano lo
sviluppo di abilità necessarie per muoversi e sapersi collocare nello spazio. Gli altri due nuclei, concetti chiave della
geografia, trattano le tematiche dell’Italia e della contemporaneità, in visione transcalare. Il paesaggio poi è un tema
fondamentale che può essere avviato fin dalla scuola dell’infanzia (approccio senso-percettivo). Un’ultima riflessione
va rivolta alle tecnologie informaitche, che si stanno sviluppando nella società. La scuola, seppur a fatica, si sta
aggiornando coinvolgendo i docenti e fornendo loro competenze adeguate. Le attuali Indicazioni colgono questa
esigenza specialmente nelle forme di rappresentazione spaziale (telerilevamento e cartografia computerizzata) e
nell'elaborazione dei dati. Di più, poichè la geografia è una finestra sul mondo, occorrerebbe una didattica
coinvolgente in grado di trasformare la stessa aula in una finestra da cui gli alunni possono affacciarsi con curiosità
sul mondo. Oggi, gli strumenti offrono un aiuto consistente al perseguimento di tali obiettivi.

4.4 La scuola secondaria di secondo grado


4.4.1 Il quadro di riferimento
Nell’anno scolastico 2010-2011 prende avvio con il ministro Mariastella Gelmini la riorganizzazione del secondo ciclo
d'istruzione; tuttavia, complice anche una grande crisi economica, il governo Berlusconi riduce in maniera drastica le
risorse finanziarie nel comparto della scuola con un sostanziale ridimensionamento delle ore di insegnamento. Per la
geografia, in particolare, le scelte del ministro Gelmini sono fortemente penalizzanti: la geografia scompare dal
quadro orario di tutti gli istituti professionali e di tutti i tecnici, mentre subisce un preoccupante ridimensionamento
nei licei, dove già ricopriva un ruolo marginale. La decisione ministeriale risulta tanto più grave in quanto la geografia
nella scuola secondaria di secondo grado presenta una forte valenza formativa in continuità con la formazione del
primo ciclo di istruzione e una forte valenza professionalizzante. Attraverso questa disciplina gli studenti possono
acquisire competenze di carattere territoriale e ambientale a differenti scale per potersi muovere nel campo
d’indagine prescelto come impegno di studio e di lavoro. Gli studenti possono giungere all’acquisizione delle “mappe
del mondo” che conducono a:
 fornire un’interpretazione sistematica delle interrelazioni esistenti sulla superficie terrestre del mondo fisico
e umano (anche grazie alle tecnologie avanzate, es. GIS);
 comprendere la dinamica dei fatti antropici ed economici nei loro nessi con l’organizzazione socio-politica
del territorio;
 conseguire, attraverso la conoscenza antropica della realtà propria e altrui, l’abito mentale della convivenza
civile e multiculturale;
 affrontare, nel contesto uomo-natura, le problematiche della salvaguardia e della valorizzazione dei beni
culturali e ambientali.
Le Indicazioni nazionali rispondono alle richieste della società. Infatti, i problemi analizzati riguardano i temi della
contemporaneità (ambiente, geopolitica, economia, sostenibilità). Nello studio regionale si trovano i continenti e gli
Stati con le differenze che sono alla base dei processi politici, economici e sociali del Pianeta.

4.4.2 La geografia nei licei


Il sistema dei licei, di durata quadriennale e articolati in due bienni e in un quinto anno, comprende l’artistico, lo
scientifico, il classico, il musicale e coreutico, il liceo delle scienze umane, il linguistico. Con la riforma della scuola
secondaria superiore la geografia mantiene la sua presenza nel primo biennio ma con un carico orario ridotto, in
quanto passa da quattro (due ore per storia e due ore per geografia) a tre ore (da suddividersi senza particolari
indicazioni); né si registra un recupero nel successivo triennio, dove la geografia rimane assente. Questa mancanza è
ingiustificata in quanto nel Profilo educativo e professionale dello studente, il preambolo delle Indicazioni, si dà
rilievo a competenze ascrivibili alla geografia. Nelle Indicazioni si fa riferimento agli obiettivi centrali della disciplina,
come il paesaggio, l’urbanizzazione, le migrazioni e la questione geografica. Nelle Linee generali e competenze è
chiaramente espressa l’importanza di conoscere gli strumenti fondamentali della disciplina (dalla cartografia ai GIS,
dai grafici agli istogrammi) grazie ai quali agli studenti sarà possibile “descrivere e inquadrare nello spazio i problemi
del mondo attuale”, i processi di trasformazione, le condizioni morfologiche e climatiche, la distribuzione delle
risorse, gli aspetti economici e demografici delle diverse realtà in chiave multiscalare”.

4.4.3 L’abbinamento tra storia e geografia


L’abbinamento istituzionale nei licei tra storia e geografia avrebbe potuto essere una felice soluzione a patto che si
trovasse una continuità nel ciclo liceale senza asimmetrie (storia in tutti e cinque anni, geografia soltanto nei primi
due) e con un'effettiva integrazione. Nel triennio le ore di geografia avrebbero potuto svolgere un ruolo di
formazione culturale perché in grado di approfondire gli aspetti economici e politici della contemporaneità.
Purtroppo la riforma Gelmini, oltre a penalizzare le due discipline, ha peccato pure nei riguardi di una loro
integrazione mantenendo esclusa la geografia dal triennio finale, seguendo la stessa impronta della riforma Gentile
che associa nel triennio la storia alla filosofia. Il perdurante taglio della geografia al termine del primo biennio,
congiunto alla riduzione dei due voti a uno solo cumulativo e ad un orario indeterminato di tre ore, nuove ancora di
più all’insegnamento della geografia, che nella pratica didattica viene proprio a scomparire. E’ ovvio che il docente si
preoccuperà di più di una disciplina che continuerà il suo percorso liceale fino alla conclusione dell’intero ciclo. Se
non si registra un parallelismo tra le due discipline nei cinque anni non vi è neppure un’integrazione rispetto a un
criterio qualitativo basato su obiettivi e contenuti. Storia e geografia sono considerate come insegnamento unitario
ma sono distinte negli obiettivi di apprendimento: nel biennio liceale il curricolo di storia affronta il mondo antico
mentre l’ottica spaziale si confronterebbe meglio negli anni successivi con i temi del mondo moderno e
contemporaneo dove i parallelismi risulterebbero più chiari. Nella pratica, e soprattutto nei libri di testo, il binomio
storia e geografia si è trasformato in “geostoria”, una denominazione usata per indicare le situazioni nelle quali
l’evoluzione storica risulta essenziale per spiegare un processo di trasformazione territoriale. Senza un serio progetto
di didattica integrata delle due discipline forte è il rischio di trovarsi di fronte a percorsi didattici semplificati, che
aggregano i contenuti senza fare riferimento ai metodi e alle teorie delle diverse discipline.

4.4.4 Gli istituti tecnici


Secondo le Linee guida per il passaggio al nuovo ordinamento, emanate nel 2012, l’identità degli istituti tecnici “è
connotata da una solida base culturale a carattere scientifico e tecnologico in linea con le indicazioni dell’UE (...). Tale
identità è espressa da un numero limitato di ampi indirizzi, correlati a settori fondamentali per lo sviluppo
economico e produttivo del Paese”. Gli istituti tecnici si articolano nei due settori Economico e Tecnologico per un
totale di undici indirizzi, nel primo vi è: Amministrazione, finanza e marketing; Turismo. Nel secondo ve ne sono
nove: Meccanica, Meccatronica ed energia; Trasporti e logistica; Elettronica ed elettrotecnica; Informatica e
telecomunicazioni; Grafica e comunicazione; Chimica; Materiali e biotecnologie; Sistema moda; Agroalimentare e
Agroindustria; Costruzioni, ambiente e territorio.
Anche negli istituti tecnici la riforma Gelmini penalizza la geografia, completamente assente in alcuni indirizzi dove
aveva tradizioni ben consolidate, come, per esempio, nel Nautico in quanto fondamentale per la formazione del
personale marittimo. Sempre nel settore tecnologico incomprensibili sono le assenze della disciplina sia nell’indirizzo
Agraria, Agroalimentare e Agroindustria e soprattutto in quello Costruzioni, Ambiente e Territorio che contiene nella
sua stessa titolazione le parole chiave attorno alle quali si imposta gran parte della ricerca geografica. La geografia è
presente solo nei bienni degli istituti tecnici di indirizzo economico sia nell’indirizzo Amministrazione, Finanza e
Marketing sia nell’indirizzo Turismo. Quest’ultimo è l’unico ad offrire l’insegnamento della geografia anche nel
triennio, con due ore settimanali per anno. Pure nell’indirizzo Amministrazione, Finanza e Marketing la geografia
subisce una penalizzazione, essendo presente solo nel primo biennio, mentre prima della riforma lo era nei
successivi tre anni. Il mutamento è qualitativo perché il passaggio dal triennio al biennio segna un cambiamento da
un insegnamento “forte”, finalizzato all’inserimento professionale, a uno sicuramente più “debole” di base
propedeutico.

4.4.5 Gli istituti tecnici e i risultati di apprendimento in geografia


Riguardo ai saperi geografici da insegnare, le Indicazioni per gli istituti tecnici non si discostano dal biennio liceale,
anche se in questi è accentuato il riferimento alla dimensione economica e soprattutto l’impianto è coerente e
organico, del tutto carente nelle Indicazioni per i licei. Il docente di geografia degli concorre a far conseguire agli
studenti risultati che lo mettono in grado di: riconoscere gli aspetti geografici, ecologici, territoriali dell’ambiente
naturale e antropico, le connessioni demografiche, economiche, sociali e culturali, riconoscere l'interdipendenza tra
fenomeni culturali, sociali, ecc.; stabilire collegamenti tra le tradizioni culturali locali, nazionali e internazionali.
Fra le conoscenze del primo biennio si possono ricordare (per l’elenco completo pag.74-75):
 metodi e strumenti di rappresentazione degli aspetti spaziali: reticolato geografico, vari tipi di carte, sistemi
informativi geografici;
 formazione, evoluzione e percezione dei paesaggi naturali e antropici;
 sviluppo sostenibile, ambiente, società ed economia;
 organizzazione del territorio, sviluppo locale, patrimonio territoriale.
Fra le abilità si ricordano (per l’elenco completo pag. 75):
 interpretare il linguaggio cartografico, rappresentare i modelli organizzativi dello spazio in carte tematiche,
grafici e tabelle;
 individuare la distribuzione spaziale degli insediamenti e delle attività economiche;
 analizzare il rapporto uomo-ambiente attraverso categorie spaziali e temporali;
 riconoscere la sostenibilità territoriale, la salvaguardia degli ecosistemi e della biodiversità;
 analizzare casi significativi della ripartizione del mondo per evidenziare differenze economiche, politiche e
sociali.
Nel triennio per il Turismo lo studio della geografia dovrebbe trattare i seguenti temi:
 mercati locali, nazionali e globali;
 macrofenomeni socio-economici globali in termini generali e specifici dell’impresa turistica;
 i cambiamenti dei sistemi economici in termini diacronici mediante il confronto tra aree geografiche e
culturali diverse;
 l’immagine del territorio sia per riconoscere la specificità del patrimonio sia per individuare strategie di
sviluppo integrato e sostenibile.
Con un decreto-legge del 2013 il ministro Maria Chiara Carrozza, ponendo l’accento sul ruolo formativo
dell’educazione geografica, decide di potenziare l’insegnamento della geografia generale ed economica con un’ora
aggiuntiva da introdurre nel biennio iniziale degli istituti tecnici e professionali. Le competenze, le conoscenze, le
abilità della geografia generale ed economica riprendono (comprimendole in un anno) quelle presenti nelle Linee
guida del biennio degli istituti tecnici. Fra le conoscenze rimangono quelle relative ai metodi e strumenti di
rappresentazione spaziale; alla formazione, evoluzione e percezione dei paesaggi; ai processi e fattori di
cambiamenti del mondo contemporaneo; all’organizzazione del territorio.

4.4.6 La geografia negli istituti professionali


Se gli esiti della riforma Gelmini sono stati gravemente penalizzanti per la geografia negli istituti tecnici, per quelli
professionali sono stati addirittura tombali, avendo prodotto una totale scomparsa della disciplina, a fronte di una
apprezzabile presenza soprattutto nel settore dei servizi, in particolare quelli turistici. Ad esempio, nell’indirizzo
Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera si parla di “cultura del territorio” ma mancano le competenze
geografiche, senza le quali sarebbe impossibile approfondire in maniera completa i temi dello sviluppo locale o del
patrimonio culturale. Gli istituti professionali vengono riformati nel 2017: nel primo biennio la geografia è associata
alla storia per due ore assegnate ad entrambe le discipline, mentre nel triennio risulta completamente assente
(come avviene nei licei). La suddivisione oraria tra storia e geografia è stabilita nel collegio docenti che spesso, per
motivi di ordine burocratico, penalizza la geografia anche se i documenti ministeriali presentano numerosi
riferimenti ai saperi geografici che farebbero supporre una presenza più consistente nel quadro orario.

4.5 L’università
4.5.1 Il quadro di riferimento
Il sistema universitario italiano subisce una profonda trasformazione nell’anno accademico 2001-2002 che coinvolge
innanzitutto i rapporti e gli equilibri tra ricerca e didattica stabilizzati da lunghi decenni. A tal proposito molti parlano,
con un’accezione negativa, di “liceizzazione” dell’università con un indebolimento generale della funzione della
ricerca che graverebbe pure sulla didattica, di certo potenziata, ma solo a livello quantitativo. Tra le innovazioni
introdotte troviamo, in particolare, le norme riguardanti l’autonomia didattica degli atenei e la nuova tipologia dei
titoli di studio concessi dagli atenei che oggi sono rispettivamente: laurea (L); laurea magistrale (LM); diploma di
specializzazione (DS)e dottorato di ricerca (DR). Il corso di laurea triennale ha l’obiettivo di “assicurare allo studente
un’adeguata padronanza di metodi e contenuti scientifici generali, anche nel caso di orientamento professionale”
mentre nel corso di laurea magistrale l’obiettivo è “fornire allo studente una formazione di livello avanzato per
l’esercizio di attività di elevata qualificazione in ambiti specifici”. Per rispondere al nuovo assetto, che sostituisce i
tradizionali corsi annuali (di sessanta ore complessive) con una molteplicità di moduli proposti agli studenti, i docenti
hanno notevolmente aumentato il loro impegno didattico. L’aspetto più evidente della trasformazione è la perdita
della titolarità dell’insegnamento su discipline fisse, ad esempio geografia, geografia economica, geografia politica ed
economica). Di conseguenza il coordinamento nei diversi corsi di laurea per l’assegnazione dei vari moduli assume
una grande importanza. Se la riorganizzazione non avviene in maniera appropriata infatti, si rischia una pericolosa
destrutturazione di tutto l’impianto didattico. L’azione complessiva di ciascun docente viene imperniata sui crediti
formativi universitari (CFU) che costituiscono l’unità di misura, con la quale si quantifica il carico di tempo necessario
allo studente per raggiungere conoscenze e competenze ritenute indispensabili in una determinata disciplina.
L’introduzione dei CFU, ponendo al centro del binomio apprendimento-insegnamento l’impegno richiesto allo
studente, costituisce una vera e propria rivoluzione e sconvolge la precedente impostazione costruita sulla singola
disciplina, i cui criteri erano determinati in primo luogo dal docente che in autonomia stabiliva programma e testi di
studi. Con l’attuale impianto didattico, l’attenzione si sposta dai processi di insegnamento ai processi di
apprendimento, collocando al centro dell’azione didattica lo studente.

4.5.2 Geografia e didattica universitaria


Un insegnamento accademico fondato prevalentemente sulla trasposizione di contenuti non è più sufficiente. Il
problema della didattica universitaria ha acquisito una sua centralità. Dalle parole di Vallega emerge che nell’ambito
didattico le carenze si avvertono sul piano delle impostazioni teoriche, soprattutto in termini di strategie finalizzate a
creare offerta didattica che integri la geografia con le discipline sociali e naturali. Vi è inoltre la questione della
continuità didattica tra scuola secondaria e università già segnalata alla fine dell’Ottocento dove si insisteva
sull’unicità della geografia riguardo alle cognizioni scientifiche, sul pericolo di una frantumazione a livello scolastico e
sul rapporto scuola-università, che si è andato progressivamente allentando.
Per le discipline geografiche ci sono due settori scientifico-disciplinari (SSD): M-GGR/01 Geografia e M-GGR/02
Geografia economico politica, riuniti nel settore concorsuale 11/B1 (“Area di Scienze, storiche, filosofiche,
pedagogiche e psicologiche”). Inoltre vi GEO/04 (SSD Geografia fisica e geomorfologica) che si colloca però in “Area
di Scienze della Terra” evidenziando la frattura creatasi nel mondo accademico italiano. Infatti, tale divisione non è
presente in molti Paesi che conservano facoltà di geografia dove tutte le articolazioni coabitano.

4.5.3 I corsi di laurea in Geografia


Il primo corso di laurea in Geografia risale al 1936 quando fu istituito presso l’allora università degli Studi di Roma.
Tuttavia, fino alla recente riforma universitaria, soltanto le sedi di Roma e Genova avevano attivato questa tipologia
di corso. Nell’anno accademico 2019-2020 sono attivati 3 corsi di laurea triennale e 7 corsi di laurea magistrale in
Geografia. I percorsi formativi ministeriali possono risultare culturalmente validi e professionalmente convincenti.
Nella classe delle lauree triennali in Geografia sono indicati i seguenti obiettivi:
 possedere una solida formazione di base nelle discipline geografiche;
 possedere conoscenze, acquisite attraverso strumenti teorici, tecnici e metodologici, per valutare, analizzare,
interpretare il territorio;
 saper utilizzare i principali strumenti informatici per l’elaborazione e il trattamento delle informazioni
territoriali qualitative e quantitative;
 conoscere i metodi di analisi, schedatura e conservazione delle fonti cartografiche;
 saper utilizzare almeno una lingua dell’UE per lo scambio di informazioni;
 possedere conoscenze e strumenti per la comunicazione e la gestione dell’informazione nell’ambito specifico
di competenza.
Nelle lauree magistrali in Scienze geografiche sono indicati i seguenti obiettivi:
 possedere competenze avanzate per la padronanza disciplinare delle scienze geografiche e territoriali e della
loro pratica applicazione;
 possedere strumenti teorici e metodologici per rappresentare scientificamente i sistemi territoriali;
 avere capacità di riconoscere e individuare in maniera globale e sintetica l’impatto ambientale e sociale delle
politiche territoriali alle diverse scale;
 conoscere le caratteristiche e le funzioni dei principali strumenti informatici e della comunicazione
telematica; sapere utilizzare questi ultimi;
 saper utilizzare almeno una lingua dell’UE per lo scambio di informazioni;
I corsi di laurea in discipline geografiche sono la risposta migliore all’esigenza di dare una formazione serie per
acquisire competenze in tanti settori strategici per una molteplicità di professioni legate alla programmazione
territoriale, all’analisi del territorio, ecc.

4.6 La continuità didattica


4.6.1 Un dibattito non nuovo
Un raccordo progressivo in verticale che consenta di esaltare i saperi già acquisiti man mano che si procede negli
ordini scolastici è fondamentale nei processi di apprendimento. La questione non è nuova, già a fine Ottocento e
nella prima metà del Novecento si è discusso riguardo il metodo progressivo e quello ciclico. Per la geografia il
dibattito si è posto soprattutto sulla geografia regionale, per cui ci si chiede, per esempio, se lo studio geografico
dell’Italia va proposto in ogni grado scolastico o abbandonato al primo per poi passare negli anni successivi
all’Europa e al mondo.
Negli ultimi decenni il discorso sul metodo ciclico o progressivo è stato superato perché il principale interesse della
didattica si è spostato dai contenuti alle strategie didattiche, di insegnamento e di apprendimento. La continuità
didattica va però inquadrata anche nel passaggio da un grado scolastico ad un altro (fonte di curiosità negli studenti
ma, talvolta, anche frutto di ansie e paure dovute al cambiamento), di qui l’esigenza di intese tra istituzioni e docenti.
Le prime forme di collaborazione hanno portato a consolidate tradizioni nell’ambito del primo ciclo di istruzione, tra
la scuola primaria e quella secondaria di primo grado, rafforzatesi sempre di più negli ultimi anni. La formazione degli
istituti comprensivi (che possono riunire in una stessa struttura scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo
grado) inoltre, agevola il conseguimento di obiettivi tesi al miglioramento della continuità verticale. E’ risultata più
difficile la continuità tra il primo e il secondo ciclo ma l’accordo su obiettivi, contenuti e strategie può essere
raggiunto soltanto con impianto riformatore unitario che punti a un insieme organico dove ogni elemento è dotato
di senso. Il distacco che si presenta nel passaggio di livello scolastico pone il pericolo di lasciar cadere ciò che
costituisce il bagaglio culturale degli alunni nella precedente esperienza.

4.6.2 Geografia e continuità didattica


La didattica generale e quelle disciplinari hanno il compito di facilitare il passaggio degli studenti nei vari gradi della
scuola attraverso la formulazione di percorsi curricolari, che considerino insieme continuità e discontinuità. Ogni
programma, infatti, presenta delle proprie specificità che lo differenziano dagli altri, ma allo stesso tempo deve
essere immerso in un unico disegno formativo. Per quanto riguarda l’educazione geografica, occorrerebbe partire
ancora prima della scuola primaria, ossia nella scuola dell’infanzia; già all’età di 3 anni si può iniziare a fare ricerca
d’ambiente, favorire l’abitudine all’osservazione, anche ad esempio con l’aiuto della fotografia e della registrazione
di suoni e voci, ma soprattutto è importante che la scuola favorisca e incoraggi la curiosità del bambino affinché in
seguito, dalle elementari all’università, possa divenire la forza propulsiva per la costruzione di un sapere organico e
scientifico. Infatti, ad un approdo scientifico si giunge dopo un percorso di conoscenza che parte dall’infanzia. Tale
riflessione, rielaborata in parte dal pensiero di Pasquinelli d’Allegra, sottolinea la peculiarità della scuola dell'infanzia
che spesso non si coglie con il suo effettivo valore di continuità “globale”, da protrarsi per tutto l’arco dell’esperienza
scolastica di ciascun alunno.

5. Geografia e formazione dei docenti.


5.1 Nodi vecchi e nuovi nella formazione e nell’aggiornamento
Le questioni relative alla formazione iniziale e all’aggiornamento (formazione in itinere) dei docenti, dovrebbero
essere costantemente oggetto di attenzione da parte delle istituzioni pubbliche e dei mass media per la rilevanza
cruciale da loro rivestita nelle politiche scolastiche; tuttavia, non sembra esserci ancora piena consapevolezza della
loro funzione strategica, troppo spesso sottovalutata per questioni burocratiche e finanziarie. Non può stupire
pertanto, che le proposte innovative sul piano metodologico e dei contenuti, non sempre trovino docenti ben
disposti ad affrontare nuove esperienze e sfide.
La formazione iniziale e l’aggiornamento, se adeguatamente programmati, risultano necessari per migliorare la
qualità e la produttività dell’azione didattica, oltre che per seguire l’evoluzione incessante della ricerca, sia nell’ambito
dei vari settori scientifici, sia in quello pedagogico-didattico riguardante i processi di apprendimento, le strategie e le
metodologie didattiche. L’aggiornamento rappresenta un mezzo significativo per partecipare alla ricerca pedagogica,
didattica e disciplinare. In essa si viene a collocare anche il ruolo dell’insegnante, il quale ha l’importante compito di
interpretare didatticamente le nuove acquisizioni scientifiche confrontandole con la realtà e di riflettere sui
fondamenti delle singole discipline, sulle loro metodologie e sul loro ruolo culturale.
L’assenza di tradizioni consolidate mostra le difficoltà che si incontrano nell’affrontare la questione della formazione,
la quale (specialmente quella in itinere) è stata presa seriamente in considerazione soltanto in tempi recenti. Infatti,
dalla legge Casati del 1859, la quale ha gettato le fondamenta del sistema scolastico, fino alla riforma Gentile del
1923 non si è mai parlato esplicitamente di aggiornamento, che, come questione da risolvere, passava in secondo
piano rispetto a problemi quali il difficile reclutamento degli insegnanti adeguatamente preparati, l’edilizia scolastica
molto carente, l’analfabetismo dilagante e la necessità di estendere l’obbligo scolastico. Con la riforma Gentile si
varano le prime disposizioni amministrative volte ad aggiornare la cultura professionale degli insegnanti, ma
solamente negli anni successivi al secondo dopoguerra si delinea con maggiore precisione il problema
dell’aggiornamento dei docenti, divenuti nel frattempo molto numerosi in seguito agli intensi processi di
scolarizzazione. Con una scuola aperta all’esterno e collegata ai problemi della società, la formazione dei docenti
risulta insufficiente. Negli ultimi decenni almeno riguardo alla formazione iniziale, sono stati compiuti dei significativi
passi in avanti soprattutto nell’ambito della scuola primaria, mentre la scuola secondaria ha visto percorsi
sicuramente interessanti ma molto deficitari. Anche la legge del 2015 nota come La buona Scuola è apparsa come
strumento efficace per avviare un processo di aggiornamento, pur stanziando diverse risorse per i docenti in servizio.
Tra queste, sottolineiamo la Carta del docente: un voucher per l'aggiornamento professionale (cd, mostre, hardware,
libri, ecc.).

5.2 Formazione e aggiornamento in geografia


Le questioni della formazione e dell’aggiornamento implicano elementi basilari comuni a tutti gli insegnamenti a
qualsiasi livello e grado di scuola ma la formazione del docente deve essere anche rivolto alla specificità della propria
materia. Così è per chi insegna geografia: una disciplina con un oggetto di studio vastissimo e in costante
cambiamento. Il mondo, infatti, è uno scenario in rapida trasformazione sia rispetto alle relazioni tra individui e
società e tra le varie entità nazionali e sovranazionali, sia alle questioni riguardanti un ambiente sottoposto a colpi,
sia alle difficoltà derivanti dall’incontro tra culture diverse. Le questioni legate alla formazione e all’aggiornamento
dovrebbero rappresentare un’occasione essenziale per porre il docente in sintonia con la programmazione scolastica
e i ritmi della ricerca, oltre che per rafforzare il dialogo con gli alunni. Vi è la necessità di riflettere sui caratteri delle
singole discipline, sulle loro metodologie e sul loro ruolo culturale. Negli ultimi anni la ricerca geografica italiana,
condotta in sede universitaria, ha subito una forte accelerazione: una circostanza in grado di costruire un nuovo
stimolo per comprendere la funzione dell’aggiornamento.

5.3 I luoghi istituzionali per la formazione dei docenti


5.3.1 Gli sviluppi recenti
Negli ultimi decenni la formazione iniziale dei docenti è stata soggetta a mutamenti, grazie anche alla
consapevolezza che una buona preparazione sia un presupposto fondamentale per un insegnamento efficace. Una
svolta decisiva in questa direzione si registra nel corso degli anni Ottanta quando si rende evidente la necessità di
una professionalità a livello universitario per i docenti della scuola dell’infanzia e della scuola primaria: preparazione
che in passato era limitata ad un corso di istruzione superiore quadriennale (per la scuola primaria) e addirittura
triennale (per la scuola dell’infanzia). Una sottovalutazione grave che incide sul futuro scolastico dello studente.
Sempre negli ultimi decenni si è registrata una decisiva presa di coscienza nei confronti dell’importanza per tutti i
docenti di una robusta preparazione nell’ambito delle scienze dell’educazione e delle didattiche disciplinari, queste
ultime prima scarsamente considerate. Questa nuova coscienza, seppur a rilento e con difficoltà, ha comportato
rilevanti cambiamenti legislativi come l’introduzione di un corso di laurea specifico per la formazione culturale e
professionale degli insegnanti della scuola dell’infanzia e primaria e una scuola di specializzazione per la formazione
dei docenti delle scuole secondarie anche attraverso attività di tirocinio didattico. Questi provvedimenti però, hanno
tardato per una serie di motivi a trovare un’applicazione pratica, pertanto, il corso in Scienze della formazione
primaria viene attivato nell’anno accademico 1998-1999, mentre la scuola di specializzazione per l’insegnamento
secondario (SSIS) parte dall’anno accademico successivo, venendo soppressa dieci anni dopo e sostituita dal
Tirocinio formativo attivo (TFA); anch’esso ha avuto breve durata, permanendo a oggi soltanto quello relativo al
conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno di ogni ordine e grado di scuola. Queste innovazioni
hanno prodotto segnali rilevanti nel panorama dell’istruzione, marcando i luoghi dove istituzionalmente avvengono i
confronti fra docenti della scuola e dell’università e dove si formulano comuni progetti di didattica e ricerca. Inoltre,
hanno consentito all’università di arricchirsi di nuovi apporti e di venire fuori da quella posizione di
autoreferenzialità. Un risultato concreto delle proficue integrazioni tra scuola e università si è avvertito perché le
nuove istituzioni hanno rappresentato un’occasione di riflessione in chiave didattica di contenuti e metodi funzionali
all’insegnamento, dalla quale sono scaturite nuove pubblicazioni.

5.3.2 Corso di laurea in Scienze della formazione primaria


Nell’anno accademico 2011-2012, il corso di laurea in Scienze della formazione primaria viene riformato e assume un
assetto più complesso. Le nuove norme legislative prolungano di un anno il percorso per l’insegnamento nella scuola
dell’infanzia e primaria, con un corso di laurea magistrale quinquennale a ciclo unico e a numero programmato con
prova di ingresso; lo scopo è quello di fornire una robusta preparazione pedagogica, necessaria ad affrontare la
delicatezza del compito educativo nei confronti dei bambini dai tre agli undici anni, coniugando riflessione teorica,
competenza disciplinare e impegno pratico attraverso le attività di laboratorio e di tirocinio. Queste ultime hanno
inizio nel secondo anno di corso per un totale di seicento ore, pari a ventiquattro crediti formativi. La relazione finale
di tirocinio e la tesi chiudono il corso con un esame che ha valore abilitante all’insegnamento nella scuola primaria e
quella dell'infanzia. I laureati devono possedere conoscenze disciplinari relative agli ambiti oggetto di insegnamento
(linguistico-letterari, matematici, di scienze fisiche e naturali, storici e geografici, artistici, musicali e motori). Il corso
di laurea prevede uno o più laboratori pedagogico-didattici volti a far sperimentare agli studenti in prima persona
quanto appreso in aula. Nel profilo sono inclusi insegnamenti di pedagogia, didattica, pedagogia speciale, igiene
generale e applicata, nonché laboratori di lingua inglese. Nell’area 1, quella relativa ai saperi della scuola, il profilo
dei laureati dovrà comprendere la conoscenza di matematica, fisica, chimica, biologia, letteratura italiana, linguistica
italiana, storia, geografia, attività motorie, arte, musica, letteratura per l’infanzia.

5.3.3 La Geografia nel Corso di laurea di Scienze della formazione primaria


Il nuovo assetto del CdL in Scienze della formazione primaria è di estrema rigidità nella definizione dei settori
scientifico-disciplinari. L’impianto del Corso si deve al lavoro di una Commissione ad hoc per la formazione degli
insegnanti, designata dal ministro Gelmini. L’assetto risulta squilibrato perché alla geografia, una delle discipline di
base nelle Indicazioni per la scuola primaria, è destinato un numero di crediti formativi molto limitato e inadeguato a
preparare i futuri docenti, che dovranno condurre gli alunni della scuola dell’infanzia e della scuola primaria ad un
appropriato apprendimento del senso dello spazio e delle basi scientifiche della geografia. Alla geografia, infatti,
vengono attribuiti solo 9 CFU complessivi (otto per il modulo più uno per il laboratorio) mentre storia e scienze che
presentano in genere lo stesso monte-ore della geografia sono assegnati rispettivamente sedici e ventisei crediti;
probabilmente un insegnamento in scienze integrate più rimodulato avrebbe permesso di non squilibrare il quadro
generale. La sbilanciata distribuzione dei crediti produce un circolo vizioso per la disciplina geografia perché gli
studenti giungono all’immatricolazione del CdL con una preparazione scarsa, a causa dell’esigua presenza della
geografia nella scuola secondaria. Il corso approfondisce il gap e in tal modo il laureato, futuro maestro, concluderà il
percorso universitario con una preparazione geografica piuttosto scarsa che si ripercuoterà negativamente sulle
competenze degli alunni. Si aggiunga ad aggravare la situazione, la possibilità che lo studente immatricolato si
convinca del fatto che la geografia sia così poco rappresentata nella generale distribuzione dei CFU perché
secondaria nel quadro delle discipline di insegnamento. Nella fiducia che i futuri provvedimenti legislativi possano
riconoscere all’insegnamento geografico il giusto rilievo anche in termini quantitativi di crediti, è bene che i geografi
universitari operino in termini qualitativi in quanto i nuovi corsi di laurea forniscono loro l'opportunità di “ripensare i
saperi disciplinari in relazione ai loro valori formativi” (Giorda). Un gruppo di geografi ha presentato un documento
con osservazioni e suggerimenti per una migliore utilizzazione dei crediti riservati alla geografia. Per esempio, viene
suggerito un corso unico, con attività laboratoriali, suddiviso in un modo con una parte di teoria e una parte di
didattica. Il documento suggerisce anche di valorizzazione il potenziale inter-trans-disciplinare del sapere geografico
attraverso la sintesi con altri insegnamenti ai fini dello sviluppo dell’orientamento (astronomia, matematica,
educazione motoria), la responsabilità dell’uomo-ambiente nell’educazione alla cittadinanza (storia), la complessità
ambientale economica e sociale nell’educazione ambiente e allo sviluppo sostenibile (area scientifica, sociologica e
psicologica), lo sviluppo del senso culturale di luogo (letteratura, cinema e storia dell’arte), il ruolo delle nuove
tecnologie.

5.3.4 La formazione universitaria per l’insegnamento secondario


La prima esperienza in merito all’insegnamento nella scuola secondaria avviene con l'introduzione del SSIS dove gli
studenti hanno potuto approfondire quanto appreso nel primo percorso universitario. Dopo la soppressione delle
SSIS si è proposto un nuovo percorso costituito da lauree magistrali apposite per l’insegnamento: un corso biennale
qualificato dalla presenza di discipline pedagogiche e didattiche, oltre quelle specifiche per i diversi insegnamenti.
Inoltre, vi era un anno di Tirocinio formativo attivo (TFA) da sostenere per il conseguimento di un titolo di
abilitazione all’insegnamento in una delle classi concorsuali. Tuttavia, le lauree magistrali non sono mai state attivate
mentre il TFA è entrato in vigore per qualche anno mentre oggi persiste solo per la specializzazione sulle attività di
sostegno in ogni ordine e grado di scuola. Ancora minor fortuna ha riscontrato la Formazione iniziale e tirocinio (FIT),
un percorso formativo di tre anni per insegnare nella scuola secondaria che è stato abolito ancor prima di prendere
avvio, per cui attualmente vi sono più corsi universitari per la formazione dei docenti delle scuole secondarie. Per
accedere al concorso sono sufficienti 24 CFU in forma curricolare nelle discipline atropo-psico-pedagogiche e nelle
metodologie didattiche, garantendo comunque il possesso di almeno sei crediti in ciascuno di almeno tre dei
seguenti quattro ambiti disciplinari: pedagogia, pedagogia speciale e didattica dell’inclusione; psicologia;
antropologia, metodologie e tecnologie didattiche. Nell’allegato B del decreto ministeriale si riportano Contenuti e
attività formative relative ai SSD di metodologie e tecnologie didattiche specifiche per ciascuna classe di concorso.
Nelle classi di concorso dove la geografia è compresa con le discipline letterarie si trova associata alla storia. Si
indicano quattro punti:
1. Analisi critica delle principali metodologie per l’insegnamento sviluppate nella ricerca didattica della storia e
della geografia, anche in riferimento al ruolo del docente, ai nodi concettuali, epistemologici e didattici;
2. Progettazione e sviluppo di attività di insegnamento della storia e della geografia; illustrazione dei principi e
delle metodologie per la costruzione di attività e più in generale di un curriculum di storia e/o geografia;
3. Il laboratorio nell’apprendimento della storia e della geografia; tecniche di organizzazione e metodo; uso
delle fonti storiche e storiografiche; uso e interpretazione delle carte geografiche tematiche;
4. Studio dei processi di insegnamento della storia e della geografia mediati dall’uso della tecnologia.
Per quanto riguarda la classe di concorso di geografia (A-21), i contenuti rimangono uguali, con l’eliminazione della
parola storia. È stato rimosso, inoltre, il punto 3 del laboratorio, importante per la geografia, sostituito da “Analisi
delle potenzialità e criticità dell’uso di strumenti tecnologici per l’insegnamento e l’apprendimento della geografia”.
Per l'acquisizione dei contenuti indicati i SSD sono: M-GGR/01 (Geografia) e M-GGR/02 (Geografia economica e
politica).

5.4 Quali requisiti per insegnare geografia?


5.4.1 I requisiti minimi per la Carta Internazionale sull’educazione geografica
L’assegnazione delle cattedre per l'insegnamento nella scuola secondaria costituisce un problema legato in primis
alla professionalità dei docenti, alla specificità delle singole discipline e ai loro raggruppamenti, formulati nelle varie
classi di concorso. I geografi italiani hanno sostenuto che, in particolare nella scuola secondaria di secondo grado, il
docente di geografia deve essere uno specialista, preparato nella disciplina. La Carta Internazionale sull’Educazione
Geografica sottolinea come i “decisori politici” investiti dei problemi dell’educazione e dell’istruzione debbano
stabilire quali siano i requisiti minimi per l’insegnamento della geografia e l’alfabetizzazione geografica di chi insegna
geografia. La Carta enumera i motivi principali di tale richiesta:
 Tutti gli studenti in tutti i gradi di scuola dalla primaria alla secondaria hanno bisogno di accedere ad
un’educazione geografica di qualità;
 In tutte le scuole dovrebbero essere presenti insegnanti di geografia altamente qualificati per garantire la
giusta rilevanza e l’efficace attuazione del curricolo;
 Gli insegnanti di geografia dovrebbero essere qualificati sia nel campo della geografia fisica sia in quello della
geografia umana, per poter integrare entrambi gli aspetti della disciplina nel proprio insegnamento.

5.4.2 Una classe di concorso specifica per la geografia


L’unico percorso nel ciclo degli studi universitari in grado di soddisfare i requisiti per un’adeguata formazione
geografia è quello riguardante l’accesso alla classe di concorso “A21 – Geografia” che abilita ad insegnare negli
istituti tecnici, tecnici industriali e in quelli professionali. Questa classe prevede il conseguimento della laurea in
Scienze Geografiche oppure l’acquisizione di 48 CFU nei due SSD (M-GGR/01 e M-GGR/02). Persiste però un vecchio
problema per cui può accadere che cattedre di geografia destinate ad insegnanti abilitati nella specifica classe di
concorso, possano essere assegnate a docenti provenienti da altre classi: in particolare quelle di scienze naturali,
chimiche e biologiche o di materie letterarie. Questa anomalia deriva dalla cosiddetta atipicità, che consente di
assegnare alcuni insegnamenti a professori abilitati in altre classi di concorso, in base a pochi criteri, tra cui
primeggia “la tutela della titolarità dei docenti presenti nell’istituzione scolastica”. Proprio a causa di tale tutela,
l’aspetto burocratico-finanziario (ovvero evitare esuberi di personale docente con i relativi costi) può prevalere su
quello scientifico-didattico, riguardante la formazione degli studenti, che dovrebbero essere invece al centro di tutto
l’impianto della scuola. L’anomalia dipende dall’inserimento del vocabolo geografia in altra classe di concorso con
impronta naturalistica. Ad esempio, la classe A-50, definita oggi, con la nuova specificazione “scienze naturali,
chimiche e biologiche” in precedenza era “scienze naturali, chimica e geografia, microbiologia”. La presenza del
termine ha consentito a docenti di scienze naturali di insegnare in una cattedra di “geografia generale e geografia
economica" negli istituti tecnici. È evidente che, senza una preparazione adeguata, risulta difficile al docente abilitato
offrire conoscenze e competenze proprie della geografia ai suoi studenti.

5.4.3 La geografia nelle classi di concorso letterarie


La geografia, oltre ad avere la sua cattedra specifica (A-21), viene insegnata sia nella scuola secondaria di primo
grado sia nel primo biennio dei licei insieme ad altre discipline letterarie. L’accesso è però riservato ai laureati in
Lettere dove la geografia è collocata in posizione marginale. Il percorso relativo alla formazione geografia per
l’ammissione alle classi di “discipline letterarie” si compone di 12 CFU. Anche l’acquisizione dei 24 CFU contribuisce
poco o nulla, infatti l’unica possibilità che includa la geografia si basa sulla decisione volontaria dello studente di
conseguire i 6 CFU delle metodologie in didattica della geografia. Si tratta di un percorso non in grado di offrire
un’adeguata preparazione geografica. Ulteriore fattore di disagio didattico è costituito dall’ampio raggruppamento di
discipline, riscontrabile in particolare nella classe A-31 (Discipline letterarie, latino e greco) che abilita al liceo
classico, dove lo stesso docente può insegnare italiano, latino, greco, storia e geografia. È questo il caso più evidente
di una concentrazione di materie tale da impedire un’efficiente organizzazione didattica, con generali ricadute
negative, gravi soprattutto per la geografia, non certamente privilegiata tra le discipline prescelte da un docente
proveniente da una laurea in lettere classiche. La soluzione, già prospettata, potrebbe essere costituita
dall’abbinamento di storia e geografia a cui fare corrispondere un adeguato numero di CFU.

6. Educazione geografica, mass media, società.


6.1 Il potere dei mass media.
L’avvento dei mass media non è recentissimo, poiché risale all’incirca alla metà dell’Ottocento, quando sì è verificato
nel mondo della comunicazione il passaggio dai media tipografici a quelli elettrici e successivamente elettronici. Da
allora in poi il mondo ha assistito al costante predominio delle tecnologie di comunicazione e della loro evoluzione.
La diffusione immediata e ovunque di suoni e di immagini annulla in molti casi la percorribilità terrestre dello spazio,
eliminando le distanze. Dalla trasmissione di parole e suoni si è passati alle immagini, con le prime emissioni
televisive; lo stesso messaggio informativo può giungere simultaneamente a un gran numero di persone in località
anche molto lontane tra loro. I mass media sono agenti formativi con enormi capacità di attrazione, proprio per la
quantità di informazioni che riescono a diffondere, spesso in forme accattivanti; inoltre, sono accessibili facilmente a
una platea sempre più vasta di fruitori. I mass media rivestono ormai ruolo strategico pure nel processo educativo. E
se la scuola costituiva, la principale agenzia formativa, da quando i mass media si sono affermati si trova a interagire
e a confrontarsi in modo sempre più intenso con molteplici soggetti esterni. La scuola può interagire con i mass
media giovandosi delle loro qualità, come: democratizzazione della cultura, ricchezza e varietà di informazione,
sensibilizzazione nei confronti del mondo. Affinché l’interazione si verifichi in maniera positiva è necessario gli
studenti possano imparare a esaminare contrastanti messaggi, a decodificare e a distinguere i fatti dalle opinioni, in
modo da non recepire acriticamente ciò che altri pretendono di dimostrare. La scuola ha il compito non facile di far
pervenire messaggi non casuali, ma strutturati e organizzati. Per conseguire quest’obiettivo occorre che in classe
vengano selezionate le informazioni in funzione degli interessi manifestati dagli allievi e del raggiungimento di
obiettivi educativi e didattici programmati.

6.2 Gli spazi sociali della scuola


6.2.1 Gli spazi della parola e quelli dei social network
Fra le tante operazioni sociali della scuola vi è quella di progettare nuovi spazi per la didattica, con le relative
attrezzature e strumenti per studenti e docenti. Le stesse modalità di lettura e di scrittura sono state rivoluzionate
dall’azione dei mass media, i quali inevitabilmente tendono a modificare anche i processi educativi così come erano
stati disegnati e adottati nel passato. Di qui la necessità di una rimediazione, giacché ogni nuovo mezzo di
configurazione e trasmissione dell’informazione definisce differenti procedimenti di percepire e concepire il mondo,
fino al paradosso che spinge a pensare «il mondo attraverso i mezzi di disponiamo per codificarlo». Mentre il mondo
della parola si fonda su rapporti di successione logica, sull’esposizione e sulla storia, quello della televisione e dei
media trova nella simultaneità e nella rapidità delle risposte emotive le basi del suo successo. Il transito da una
strategia a un’altra può produrre perdite in alcune abilità; molti insegnanti, per esempio, lamentano conseguenze
negative, dovute al fatto che i ragazzi di oggi leggono molto meno rispetto ai loro coetanei di ieri. Sui ragazzi si
riversano anche modelli di comportamenti conformistici, passivi e omologanti, fondati in gran parte su abitudini a un
consumismo sfrenato, e a volte allo spreco. La conseguenza per il bambino è la riduzione delle potenzialità creative e
cognitive, i veri rischi per la costruzione di una propria identità personale. Un‘integrazione dei mass media nei
processi di formazione può consentire un proficuo confronto con il linguaggio giovanile, ha notevole confidenza con
le tecnologie di Internet.

6.2.2 Gli spazi della tradizione


Il libro, strumento della logica frontale come tradizionale spazio della didattica, costituiva in passato il mezzo
primario e quasi esclusivo di conoscenza. Oggi con l’ingresso prorompente dell’informatica nel mondo della
comunicazione, anche il modo di leggere e di scrivere è cambiato da cui l’esigenza di allargare gli spazi della
didattica. Tom W. Brown in un volume promosso dall’UNESCO e pubblicato più di cinquanta anni fa, sottolineava
l’importanza di un’aula apposita per l’insegnamento della geografia, avendo da una parte l’insegnante bisogno di
abbondante materiale, ma non sempre facilmente trasportabile e avendo d’altra parte gli alunni l’esigenza di
spostarsi durante la lezione per esaminare l’atlante o studiare carte a grande scala. Infatti, gli studenti di geografia
hanno bisogno di fruire di una serie molteplice di fonti che vanno dai disegni, ai grafici e agli schemi, dalle immagini
satellitari alle foto, dai filmati alle carte geografiche. Tutti questi sono efficaci mezzi di comunicazione ma,
soprattutto, sono in genere di più facile assimilazione rispetto ad una lunga esposizione verbale. Il problema di
un’aula specifica di geografia può essere in gran parte superato grazie alla realizzazione di aule/laboratori
multimediali che consentano attività di ricerca/ scoperta da parte degli studenti e che possano essere utilizzate per
più discipline. L’aula scolastica non può essere l’unico luogo della pratica didattica, nell’apprendimento della
geografia è infatti fondamentale l’osservazione diretta che costituisce il punto di partenza per arrivare
all’osservazione indiretta, secondo la regola consolidata per la quale si va dal vicino al lontano e viceversa. Tuttavia,
non potendo portare gli alunni nei luoghi da conoscere e studiare, gli spazi lontani devono essere “portati” in classe
servendosi, ad esempio, della LIM.

6.3 La geografia nella società e nei mass media


6.3.1 Significati attribuiti alla geografia
La geografia nelle relazioni tra società e ambiente posiziona il suo oggetto specifico di indagine. John Dewey (1915)
sottolinea come geografia, per molti ragazzi considerata semplicemente materia scolastica, diventi fonte di
meraviglia non appena scoprono che essa in realtà è «una più formale e definitiva formulazione dei fatti che sì
vedono, si sentono e si toccano tutti i giorni». Lo stesso studioso evidenzia lo iato tra la geografia direttamente
vissuta e quella appresa a scuola. Le considerazioni di Dewey da una parte conducono alla centralità dei rapporti tra
geografia, società e mass media e dall’altra colgono l’enorme forza di attrazione che questa disciplina può esercitare
sui ragazzi nella comprensione del mondo. Ma quali sono i significati assunti dal termine geografia e i riferimenti
scientificamente rilevanti tra la disciplina e l’immagine che rispecchia? Il più evidente fattore negativo, è
rappresentato dalla persistenza di una serie di pregiudizi e stereotipi, costituiti | da opinioni concepite e ripetute
meccanicamente, sia da idee semplicistiche, precostituite sulla base di un’opinione comune, scalfibile con difficoltà.
Peter Gould sottolinea in maniera ironica il pregiudizio più diffuso nell’ appannare il significato e l’immagine della
disciplina: quello del nozionismo enciclopedico. Nel libro Il mondo nelle tue mani, descrive un dialogo con un
interlocutore fa seguire la sua riflessione. Nell’ambito dei saperi geografici di certo l’avverbio spaziale «dove» riveste
significato importante. Che però non può rimanere limitato a un vuoto contenitore enciclopedico dei luoghi della
superficie terrestre, avendo invece il compito di selezionarli e relazionarsi tra loro in uno schema mentale sintetico e
coerente. Contenitore enciclopedico si fonda su un pressoché sterminato elenco di nomi e di informazioni che se
esclusivamente memorizzate possono produrre alcun effetto nella comprensione dei processi spaziali in atto. La
geografia diviene soggetto preferito e optato nella programmazione di giochi e di trasmissioni radiotelevisive, che se
da una parte hanno reso celebri alcuni concorrenti vincitori di cospicue somme di denaro, dall’altra hanno rafforzato
nella pubblica opinione l’idea di una geografia mnemonica ed enciclopedica. Emerge, in questo modo, lo stereotipo
del nozionismo geografico, attenzione preoccupata alla diffusa e drammatica ignoranza geografica rispetto a
conoscenze minime e irrinunciabili. Di qui l’esigenza di un’azione congiunta e continua nelle sedi scolastiche, a
partire dalla scuola dell’infanzia e primaria fino all’università, per il superamento di questo sapere mnemonico. Non
si tratta quindi di prefiggersi l’eliminazione dai percorsi di insegnamento geografico delle nozioni di base, ma di
inserirle in maniera corretta ed efficace nei contesti spazio-temporali e nei processi di antropizzazione del pianeta.

6.3.2 L’immagine scolastica della geografia


Spesso l’immagine della geografia ne esce deformata, offuscata dal nozionismo e dell'enciclopedismo. Molti sono i
contrasti ravvisabili in un’immagine della geografia, dove idee di forza si contrappongono a visioni di debolezza
disciplinare. Il problema principale di questa ambiguità di valutazioni deriva dalla stessa difficoltà nel tracciare confini
rigidi e chiari con le altre discipline e dall’immagine conseguente, che può essere a bassa o alta definizione. La
trasversalità della geografia è altissima, implicando competenze specificatamente scientifiche e insieme tipicamente
umanistiche e di conseguenza sensibilità e approcci molto diversificati. A questa varietà di contenuti che
arricchiscono ricerca e didattica si contrappone un rischio piuttosto grave pure presente nell’opinione comune: una
frammentazione della geografia nei suoi molteplici aspetti, che una volta slegati dalla matrice unitaria vanno a
confluire nelle altre discipline. Giuseppe Dematteis evidenzia bene l’aspetto relativo alla molteplicità di interessi
scientifici, che non costituiscono una banale aggregazione, ma una complessa combinazione.

6.4 Media e social network per l’insegnamento della geografia


6.4.1 Sussidi tradizionali…
Un aspetto riguardante i rapporti tra saperi geografici e mass media deriva dalla continua apparizione in televisione o
su quotidiani e riviste di immagini di luoghi e paesaggi vicini e lontani, per lo più poco conosciuti o addirittura
sconosciuti. Sull’istruzione geografica va ancora una volta ricordato che le accelerazioni nella velocità dei
cambiamenti rendono difficile la comprensione dei quadri territoriali alle diverse scale spaziali, e ancora più arduo il
compito dei docenti, proprio perché l’insegnamento questa disciplina risente in maniera forte degli impulsi e delle
sollecitazioni provenienti dall’esterno. I docenti dovrebbero avvalersi il più possibile delle molteplici acquisizioni che
gli studenti percepiscono al di fuori della scuola e che esercitano un’influenza non trascurabile sulla loro formazione.
La televisione costituisce un mezzo che incide molto sull’insegnamento della geografia e poiché l’immagine è
presentata allo spettatore solo per pochi attimi, non può essere recepita con una riflessione adeguata. È importante
quindi che i ragazzi imparino ad osservare con attenzione e con spirito critico i grafici e le immagini che vengono loro
mostrati dai mass media, ad esempio, realizzando in classe diagrammi cartesiani, carte tematiche, cartogrammi a
mosaico e grafici. Molte sono inoltre, le possibilità che offrono soprattutto per i giovanissimi, i fumetti e i cartoni
animati come ad esempio, il cartone “Dora l’esploratrice”.

6.4.2 …e innovativi
A tal proposito, anche l’impiego consapevole e responsabile di videogame, podcast e social network può risultare
utile per l’insegnamento della geografia. L’uso didattico del blog, soprattutto nella scuola secondaria, può guidare gli
studenti nella realizzazione di luoghi virtuali di discussione e di confronto dove si possono condividere testi, disegni,
registrazioni, fotografie e video. Anche Facebook, fruibile sia per la produzione, sia per condivisione di contenuti,
informazioni, saperi geografici, si presta molto bene per la realizzazione di gruppi di discussione e comunità di studio,
composti anche da studenti di altre scuole e di Paesi diversi. Twitter, obbligando a pubblicare testi brevi, può aiutare
a sviluppare la capacità di scrittura sintetica e inoltre, per lo studio di un particolare tema si possono ricercare
informazioni attraverso gli hashtag. YouTube può essere utile non solo per trovare video interessanti su varie
tematiche di ordine geografico ma anche per l’attività di editing per rendere più significativi e attraenti i processi di
apprendimento. Infine, Instagram, sfruttando il linguaggio espressivo delle immagini (statiche e dinamiche: foto e
video) e quindi anche le sensazioni che produce, può diventare lo strumento ideale per raccontare, e magari
promuovere, il proprio territorio.

6.5 La divulgazione: opportunità per la geografia nella società


Come abbiamo visto, ai contenuti di carattere più o meno geografico, trasmessi dalla televisione, dai quotidiani, dalle
riviste e dagli stessi social network, si deve in gran parte, la costruzione dell’immagine sociale della geografia, ossia
quella della cultura di massa, che non sempre corrisponde alla geografia proposta dai docenti nelle aule
universitarie. Una buona divulgazione, nella quale sia chiaro il contributo da parte dei geografi, potrebbe migliorare
l’immagine della geografia nella società, ciò però non risulta essere così semplice. Massimiliano Tabusi scrive a
questo fine: “L’ipotesi è che esistano almeno due geografie: la geografia scientifica e la geografia che chiameremo
«pop», ovvero la geografia popolare. A quest’ultima ci riferiamo a essa come quell’insieme di conoscenze che
avrebbero buona probabilità di essere definite geografiche da una parte vasta della popolazione. Quest’opera di
conoscenza del proprio territorio descrive e narra il mondo”. In realtà la richiesta proveniente dal pubblico nei
confronti di argomenti assimilabili ai saperi geografici risulta tanto forte da spingere i mass media a produrre una
miriade di iniziative in questa direzione, molte delle quali in realtà sono buone, altre purtroppo lasciano non poco a
desiderare. L’affermazione del periodico statunitense National Geographic, rappresenta probabilmente il caso più
noto di un’azione di divulgazione ambito geografico e in quello di discipline affini, che vede anche il mercato
editoriale italiano impegnato in modo adeguato.
Un problema che riguarda la divulgazione è, ad esempio, la mancanza di una codificata scala gerarchica delle fonti,
grazie alla quale possono essere messi sullo stesso piano di credibilità testi, programmi radiotelevisivi, articoli di
giornali e di riviste molto diversi tra di loro. Una responsabilità rilevante per questo stato di cose va attribuita anche
al mondo accademico, specialmente per quanto riguarda la sua scarsa attenzione nei confronti della divulgazione. È
facilmente riscontrabile come la geografia, si presta molto bene all’opera in una seria di divulgazione scientifica, che
colleghi educazione e ricerca. Alla fine degli anni Novanta su La vita scolastica, rivista rivolta agli insegnanti della
scuola primaria, vi è stata un’ampia e approfondita riflessione sul tema della divulgazione, concernente sia i suoi
rapporti con l’educazione e ricerca, sia l’atteggiamento della cultura «alta» nei suoi confronti. Tullio De Mauro ha
evidenziato come il termine «divulgatore» sia quasi dispregiativo, utilizzato per indicare una persona portatrice di
idee non sue e dunque non originale e ciò ha influenzato negativamente per molto tempo gli studiosi che hanno
raramente prodotto opere di divulgazione. Nel campo geografico, comunque, non mancano testimonianze di segno
positivo; ad esempio vanno attribuiti grandi meriti nel settore della divulgazione a Giacomo Corna Pellegrini. Nel
passato non sono mancate voci significative che si sono spese a vantaggio una geografia popolare, volta al pubblico;
una fra queste è stata evidenziata Enrico Squarcina, che ricorda come Elisée Reclus, nella sua lunga e vasta attività di
geografo, abbia svolto un’intensa azione divulgatrice, da lui considerata rilevante e non un «sottoprodotto» di scarso
valore di cui vergognarsi.

6.6 La legittimazione sociale della geografia


6.6.1 Legittimazione scientifica e sociale
Il percorso intrapreso da gran parte della comunità geografica è stato contrassegnato dal giusto proponimento di
conferire alla disciplina una legittimazione scientifica. La geografia però non può conformarsi ai paradigmi delle
scienze analitiche e alla definizione di rapporti fissi di causa-effetto, anche se tali tentativi hanno molto contribuito al
rinnovamento e allo sviluppo della disciplina, particolarmente apprezzabile negli ultimi decenni. All’impegno profuso
nel gestire il processo di legittimazione scientifica se ne è accompagnato uno di eguale portata relativo alla
legittimazione sociale, tale da assicurare alla geografia il ruolo di utilità pubblica nella formazione di una coscienza
civile e politica. Angelo Turco opportunamente sottolinea: «La ricerca deve essere rigorosa e deve essere “attiva”».
Del resto studiosi molto impegnati nell’ambito «quantitativo» hanno sviluppato «un punto di vista conciliativo tra i
due ordini di legittimazione» scientifica e sociale. È il caso dello statunitense William Bunge, del francese Roger
Brunet e dell’italiano Giuseppe Dematteis.

6.6.2 Legittimazione sociale: ritardi e prospettive


Nel 1980 Ugo Leone segnalava con preoccupazione come fosse prolungata l’assenza dei geografi rispetto ad «altre
scienze molto più sollecite della geografia ad impadronirsi di così stimolanti argomenti di indagine». Per intendere la
debolezza di un simile approccio si porta un solo esempio, particolarmente significativo per la rilevanza e il prestigio
dell‘autore: Aldo Sestini. Nel suo prezioso volume dedicato al paesaggio italiano vi è solo un fugace riferimento,
quasi a giustificare estraneità delle tematiche ambientali. Il danno prodotto per la geografia e per le sue potenzialità
quando non è valorizzato il suo ruolo di utilità sociale è serio, con ricadute forti nel mondo della scuola. Come
scriveva Andrea Bissanti, la comprensione del mondo è uno dei massimi fini della scuola e occorre dare al ragazzo la
visione del mondo nel quale è chiamato a vivere perché possa orientarsi in funzione dell’avvenire. Queste
osservazioni sono tanto più vere oggi, in quanto i processi di globalizzazione amplificano sempre di più pericolose
disuguaglianze sociali, economiche e ambientali. Si dovrebbe rafforzare l’impatto sociale dei saperi geografici per
l’inclusione, portando avanti questioni cruciali come la giustizia spaziale e la crisi ambientale dalle cui proiezioni
territoriali dipende il benessere collettivo e di ciascuno.

6.6.3 Un Manifesto per una Public Geography


In tal senso non mancano testimonianze di segno positivo come, ad esempio, il Manifesto per una Public Geography,
elaborato per rispondere alla crescente domanda sociale di sapere geografico e stimolare tra i geografi un più
efficace impegno civile. All’interno del documento la geografia è inquadrata come una disciplina aperta, orientata
all’utile sociale, chiamata a d accogliere, condividere e offrire conoscenza costruendo una più efficace interazione e
comunicazione scientifica con il territorio e la società civile.

7. I libri di testo
7.1 Il libro di testo come risorsa didattica
7.1.1 Il libro di testo: dal cartaceo al digitale
Il libro di testo può considerarsi un prodotto editoriale di notevole complessità, in grado di coinvolgere interessi e
competenze diversificate ma soprattutto, capace di mettere in comunicazione il docente, con la sua esperienza e le
sue competenze e il discente con le sue attese, desideri e timori. Il libro di testo è uno degli strumenti didattici per la
realizzazione dei processi di apprendimento e la sua scelta costituisce un rilevante momento di espressione
dell’autonomia professionale e della libertà di insegnamento. Nel corso dei secoli il libro di testo ha subito
trasformazioni profonde, ma negli ultimi decenni queste sono state molto più rapide e l’evoluzione in corso fa
supporre che saranno ancora più intense in un futuro prossimo. Alla fine degli anni ‘60 e ‘70, le forti contestazioni
indirizzate ai libri di scuola, criticati per i loro contenuti considerati culturalmente sorpassati e sostanzialmente
tradizionalisti nella loro visione del mondo. Le polemiche energiche condotte non solo in ambito scolastico, ma
anche attraverso i mass media, hanno comunque svecchiato e riqualificato la produzione dei libri di testo arricchiti
contenuti. Conseguenze negative sono state, però, l’eccessivo numero di pagine dei volumi e l’impostazione
generale cui il libro sembrava progettato più per il docente che lo deve adottare, che per il discente cui è indirizzato.
Di recente è l’evoluzione tecnologica a guidare i processi di cambiamento con il passaggio dal libro in formato
cartaceo a quello in formato digitale (ebook). La fase verso la digitalizzazione si traduce in una serie di scelte
editoriali che accompagnano il libro cartaceo nel sistema comunicativo digitale; in tale contesto si inquadra
l’audiolibro, che è in particolare adatto a studenti ipovedenti o con disturbi specifici di apprendimento (DSA) ma che
può essere destinato anche a studenti stranieri, i quali possono così ascoltare la pronuncia corretta della lingua
italiana. La multimedialità, l’interattività e il coinvolgimento sono altrettanti aspetti sui quali gli editori scolastici
intendono puntare per lo sviluppo dei loro prodotti: il testo cartaceo o digitale, viene così integrato con codici
comunicativi diversificati grazie a contributi audio e video, con gallerie fotografiche, esercizi e link aperti a risorse
esterne e materiale didattico. I vari esercizi e le verifiche di apprendimento possono essere corretti direttamente sul
testo digitale con una verifica immediata che permette allo studente di interagire individuando subito le parti
contenenti maggiori difficoltà. Azioni comuni come quelle di annotare, sottolineare ed evidenziare possono essere
eseguite sui testi digitali proprio come su quelli cartacei. Multimedialità e interattività dovrebbero aiutare gli
studenti nei loro compiti, coinvolgendoli e rendendo così l’apprendimento più vivace e divertente. La trasformazione
in digitale del libro di testo non configurerà tuttavia la fine delle sue principali funzioni di punto di raccordo e risorsa
condivisa di apprendimento. In questa prospettiva di transizione, a valutato il divario generazionale oggi esistente tra
gli studenti in perenne connessione e gli insegnanti, in particolare quelli meno giovani, che sebbene utilizzino sempre
più e meglio la comunicazione digitale manifestano problemi per introdurla con efficacia nella didattica. In altri
termini la tecnologia non può essere inserita come se fosse un semplice complemento.

7.1.2 Le normative per l’adozione


L’adozione è fondamentale per munire tutti gli studenti di materiali di uso quotidiano che in altro modo non
sarebbero disponibili se non al prezzo di ulteriori esborsi da parte delle famiglie. Il collegio dei docenti può adottare
libri di testo o strumenti alternativi, in coerenza con il piano dell’offerta formativa, con l’ordinamento scolastico e
con il limite di spesa stabilito per ciascuna classe di corso. Nelle norme per le adozioni si fa un quadro riassuntivo
delle caratteristiche che deve avere un libro di testo. Fra queste si segnalano:
- Proporre contenuti improntati al massimo rigore scientifico;
- Sviluppare contenuti delle singole discipline, con attenzione a rendere comprensibili i nessi interni e i
collegamenti indispensabili con altre discipline;
- Perseguire la massima qualità dei linguaggi utilizzati sotto ogni aspetto;
- Garantire una formazione di dimensione europea;
- Impiegare un linguaggio coerente con l’età degli alunni e con le capacità ad essa corrispondenti;
- Predisporre un glossario che espliciti il significato delle parole di uso meno frequente utilizzate nel testo o di
vocaboli stranieri.

I criteri pedagogici si aggiunge un elenco concernente le caratteristiche tecniche dei testi scolastici a stampa, fra le
quali:
- Produrre gli aggiornamenti eventualmente necessari in fascicolazione separata;
- Prevedere l’utilizzo di immagini strettamente funzionali al testo;
- Utilizzare materiale cartaceo di costo contenuto;
- Utilizzare caratteri a stampa che rendano al possibile agevole la lettura in relazione alle diverse età degli
alunni; prevedere, ove necessario, la stampa a 4 colori sia per le illustrazioni che per la copertina.
Ulteriori e più stringenti norme riguardano i testi della scuola primaria.

7.2 Sguardi al passato


7.2.1 Tracce dal mondo greco-romano
Tutti i libri per la scuola subiscono nel tempo cambiamenti profondi, sia nell’impostazione metodologica sia nei
contenuti, uno sguardo al passato può aiutarci a comprendere meglio le modalità delle mutazioni e i legami con le
politiche scolastiche. Nel mondo greco-romano non esistevano dei testi geografici utilizzati per l’istruzione ma non
mancavano però nozioni e concetti più o meno vicini ai saperi geografici, da cui derivava anche il legame con il mito,
utilizzato per spiegare i fenomeni e i processi naturali ma anche la forma, la dimensione e la collocazione della Terra
nello spazio. Non a caso secondo Eratostene, la storia della geografia inizia con Omero che nei suoi poemi affrontò
temi di grande significato come la concezione del mondo. Anche se è il sapere legato alla cartografia a rivestire un
ruolo importante nella formazione dei giovani come Aristofane testimonia nella commedia “Le nuvole” in cui offre in
chiave ironica un’idea delle molteplici discipline al tempo di Socrate. Il testo più usato sia in Grecia che a Roma, e
rimasto per secoli il vero compendio del sapere geografico, è tuttavia la “Periegesi” scritta da Dionisio (o Dionigi) di
Alessandria nel II secolo d.C. l’opera offre il quadro della Terra allora conosciuta, descrivendo nell’introduzione la
forma della Terra, i continenti, l’oceano e tratteggiando successivamente i mari a partire dalle colonne d’Ercole.
Un’altra opera che è importante ricordare in questo ambito è “De Chorographia” scritta da Pomponio Mela nella
prima metà del 1° secolo d.C e divisa in tre libri in cui viene tratteggiata la Terra allora conosciuta: Europa, Aia, Africa
separate dal Mar Mediterraneo, dal fiume Nilo e Tanai-Don. Essa riesce ad esercitare una notevole influenza
nell’educazione geografica del tempo fino al XVI secolo, svolgendo vere e proprie funzioni di libro di testo. Infine
ricordiamo lo scrittore romano Vibio Sequestre il quale scrisse un dizionario delle località menzionate dagli scrittori
latini (Virgilio, Lucano, Silio Italico, Ovidio) che dedicò al figlio per soddisfare le esigenze educative del suo tempo.

7.2.2 Comenio e Rousseau


Nel 600 e 700 spiccano due nomi nel campo dell’educazione: Comenio e Rousseau. Il primo, grande pedagogista e
filosofo ceco, è autore di importanti libri di testo tra cui Orbis sensualium pictus, un manuale di disegni, considerato
il primo libro illustrato per bambini, che ha l’obiettivo di mostrare il sapere elementare attraverso parole associate
alle immagini. In questo modo lo studente impara osservando le figure che hanno la grande capacità di stimolare
l’immaginazione nonché rinforzare il testo, amplificando i dettagli; ognuna è dotata di un titolo e rinvia ad un
glossario plurilingue. Questa piccola enciclopedia merita di essere ricordata soprattutto per la sua importanza
didattica e la sua forte carica innovativa, prima di lui infatti, ma anche per molto tempo dopo, vi era un forte
squilibrio tra la parte scritta e la parte illustrata, quest’ultima molto meno sviluppata. La geografia secondo Jean
Jaques Rousseau, autore dell’Emilio o dell’educazione, deve essere studiata unicamente attraverso la natura, una
natura che non è un sistema di regole matematiche ma che guida le sue creature secondo la propria legge. Secondo
Rosseau il sapere non va trasmesso già definito ma va costruito attivamente dallo studente attraverso l’esperienza
diretta, dunque con l’osservazione e con la ricerca personale, grazie anche alla curiosità di conoscere il mondo, che si
sviluppa nel passaggio dalla fanciullezza all’adolescenza.

7.2.3 I primi testi di geografia


Tra la seconda metà del Settecento e i primi decenni del secolo successivo, i cambiamenti nel mondo della scuola
diventano sensibili. Fra questi vi è la presenza di libri organizzati per garantire Conoscenze di base di sapere
preordinato in sintonia con i mutamenti sociali e con le disposizioni amministrative, derivanti dalle politiche
scolastiche perseguite. Si assiste, così, alla realizzazione di veri e propri libri scolastici di geografia, comunemente
redatti in forma dialogata. La lettura di questi manuali risulta utile sia per comprendere la geografia scolastica del
tempo, sia per un confronto fra il grado raggiunto dalla ricerca e la sua traduzione nella scuola. Uno dei più noti testi,
pubblicato a Venezia nel 1779 dall’Abate Lenglet Dufresné, è la Geografia de’ fanciulli ovvero metodo breve di
geografia accomodato alla capacità de’ giovinetti. Il libro è «diviso in lezioni, all'indice delle carte necessarie per
istudiarla». Nel manuale non ci sono carte geografiche, soltanto la figura della sfera celeste e un «Indice delle Carte
che si rendono necessarie per lo Studio della Geografia». Sulla semplicità della geografia sull’importanza di un
apprendimento mnemonico insiste l'autore, che nel suo Avvertimento al Lettore scrive: «Per ordinario i Fanciulli
vanno forniti di memoria, che di discernimento: conviene dunque servirsi dell’una per ispirare loro l’altro: Tanto
appunto ho procurato di fare in questo breve compendio». D‘altra parte, sempre secondo Dufresné, la geografia si
adegua benissimo a tale impostazione pedagogica, dal momento che è «una scienza necessaria ch’esige poca
applicazione, e che dipende più dagli occhi e dalla memoria, che dai giudici». Persistendo una concezione puramente
nozionistica, anche in testi pubblicati Lecenni dopo, la situazione non pare molto mutata, come testimonia un libro
scolastico di geografia della prima metà dell’Ottocento costruito su domande e relative risposte.

7.2.4 Il Fascismo e il testo unico


Conclusasi la Prima guerra mondiale, con l’avvento del Fascismo si ripropone il problema dell’organizzazione del
sistema scolastico, da trasformare in funzione delle aspirazioni nazionalistiche e imperialistiche. Negli anni Venti e
Trenta il regime si preoccupa dei «sentimenti» da suscitare attraverso la scuola, instaurando un clima culturale e
politico teso alla ricerca più dell’uniformità che dell’individualizzazione, per cui la scuola diviene mezzo «più efficace
di ogni altro, per la formazione e l’educazione di una vigorosa coscienza nazionale». Come ministro Giovanni Gentile
è autore di una riforma scolastica, dal carattere saldamente omogeneo. I testi scolastici sono considerati tra l’altro
strumento indispensabile per suscitare consenso politico. Remo Fornaca sottolinea come lo studio della geografia
nelle scuole italiane fosse impostato con riferimenti specifici affinché fosse ricondotto a una «antropologia politica e
geografica nella quale l’Italia rappresentava il centro e il modello di riferimento». Già agli inizi del regime sono
emanate norme per regolamentare la scelta libri, limitandone sempre di più la libera espressione dei contenuti fino
al decreto 8 marzo 1928, quando si specifica che i testi scolastici devono «rispondere esigenze storiche, politiche e
giuridiche ed economiche affermatesi 28 ottobre 1922 in poi». Si preannuncia il preludio all’adozione del testo unico
di Stato, che funge da organo di controllo. L‘entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania nel 1940 ha
ripercussioni rilevanti nel mondo della scuola.

7.2.5 Il secondo dopoguerra


Uno sguardo ai libri di testo, pubblicati subito dopo la Seconda guerra mondiale evidenzia ancora un tipo di
insegnamento fortemente ancorato a una descrizione nozionistica, con riferimenti espliciti a un nazionalismo
piuttosto spinto. Rispetto alla scuola elementare va detto che storia e geografia sono abbinate in uno stesso
fascicolo, e perciò distinte dalle altre discipline. Le considerazioni seguenti riguardano due fascicoli per la quarta
classe elementare, in cui il programma di geografia è focalizzato sullo studio dell’Italia. Il primo, del 1946, è a cura di
Leonardo Verri, mentre il secondo, dell’anno successivo, è scritto da Angelo Colombo e Angelo Sichirollo. Tra la
stesura dei due testi vi è la firma del trattato di pace di Parigi. Testo di geografia, pubblicato prima del trattato, si
tratta della situazione territoriale antecedente alla Seconda guerra mondiale. Dopo la firma del trattato di pace, nei
testi scolastici di geografia si riflette il disagio del contesto politico.

7.3 Le specialità di un testo di geografia


7.3.1 Caratteri generali
I testi scolastici di geografia, pur condividendo in gran parte il complesso dei caratteri generali dei libri utilizzati a
scuola nelle varie discipline, presentano delle proprie specificità. Il primo problema che tutti i testi di geografia
manifestano è il loro rapido invecchiamento: sebbene i dati statistici abbiano generalmente una qualche stabilità,
quelli relativi agli aspetti demografici, socio-culturali, economici, politici, sono in continua trasformazione. I libri di
geografia, quindi, vanno costantemente aggiornati proprio perché la “realtà geografica” è in continua evoluzione, ma
essendo impossibile cambiare i testi ogni anno, l’insegnante deve supplire al problema del rapido invecchiamento
presentando situazioni significative legate all’attualità e agganciandosi agli innumerevoli spunti offerti dagli
avvenimenti. Altro carattere distintivo è rappresentato dall’ampiezza dell’oggetto di studio di una disciplina dai
contenuti diversificati, che i testi devono affrontare con una difficile operazione selettiva delle informazioni. La
compilazione di un libro di un buon livello qualitativo implica l’assunzione di una strategia divulgativa, che faccia leva
da una parte sulla struttura linguistica chiara ed accessibile e dall’altra su un apparato iconico che costituisca parte
integrante, e non solo integrativa, dei testi.

7.3.2 Lingua e linguaggio


Alla scelta del lessico, il più appropriato possibile all’età dei fruitori, si deve accompagnare una struttura delle frasi
che agevoli la comprensione dei concetti da trasmettere, va ricercata, quindi, una sintassi non troppo complessa.
Nell’elaborazione di un testo scolastico di geografia delle notevoli difficoltà si possono riscontrare proprio
nell’aspetto lessicale e quindi nell’impiego di specifici vocaboli utilizzati per spiegare determinati fenomeni. A volte è
indispensabile fare uso di tecnicismi, ma bisogna sempre spiegare con chiarezza il relativo significato in un apposito
glossario o in un box in modo che possa essere facilmente ritrovato dagli studenti durante la rielaborazione
personale e il ripasso. Un’altra difficoltà per gli autori risiede nell’utilizzo di termini che hanno un significato
polisemico nel parlare quotidiano, ma una specifica accezione geografica; anche in questo caso è necessario evitare
possibili equivoci di natura lessicale spiegando in modo chiaro il relativo significato.
La pagina di un testo scolastico di geografia va letta e interpretata. Ma subito prima di questa operazione, con il
tempo necessario che richiede, vi è una generale comprensione visiva. Il primo contatto non è solamente estetico
giacché la grafica utilizzata per assemblare la pagina propone un percorso di lettura, un ordine utilissimo da seguire
per i processi di apprendimento. In tale contesto linguistico-grafico possono essere considerate anche le strategie
tipografiche impiegate nella scrittura, come i corpi e i caratteri di stampa, che in un libro di testo assumono
un’importanza cruciale. Un accorgimento molto utilizzato è l’evidenziazione attraverso il grassetto di un termine
ritenuto chiave, proprio per enfatizzare il ruolo e attrarre l’attenzione dello studente. In questa prospettiva di
complessiva comprensibilità vanno inquadrati gli stessi colori dei caratteri, che devono essere appropriati allo sfondo
per essere facilmente leggibili da tutti.

7.3.3 L’apparato iconografico


È impensabile immaginare un testo scolastico di geografia nel quale non sia presente un ricco apparato iconografico
e cartografico, necessario anche per descrivere la varietà dei temi che la geografia accoglie, ma è importante
sottolineare che per valorizzare la sua funzione didattica, il materiale dovrebbe essere selezionato per essere tarato
sulle reali possibilità di comprensione da parte degli studenti. Anche il linguaggio matematico, seppur indirettamente
e parzialmente, entra nell’apparato iconografico presente nei libri di testo, la geografia infatti utilizza i numeri per
trasmettere informazioni essenziali, numeri che spesso vengono esplicitate nei grafici che permettono di visualizzare
fatti e fenomeni studiati, rendendone la comprensione più agevole ed immediata.

7.4 I testi di geografia oggi


7.4.1 Nella scuola primaria
La redazione di un testo di geografia per la scuola primaria risulta essere di più difficile realizzazione rispetto a quelli
destinati ai successivi gradi scolastici per una serie di motivazioni di diversa natura, infatti, oltre alle ragioni già
ricordate legate alla giovane età dei fruitori, vi sono quelle connesse alle disposizioni ministeriali che richiedono
specifiche caratteristiche tecniche in aggiunta a quelle generali in vigore per tutti i libri di testo. Tra le norme indicate
si segnalano: il numero di pagine, il formato, le illustrazioni, i tipi di caratteri, la forma di stampa e il prezzo di
copertina. Come già ricordato, le criticità si incontrano innanzitutto nei riguardi del lessico e della sintassi: spiegare
con pochi e semplici vocaboli dei concetti che possono presentare qualche complessità non è un compito affatto
semplice, infatti, l’intento di semplificare il più possibile se non svolto con estrema scrupolosità, comporta spesso il
pericolo di incorrere in gravi errori. Per questa ragione sarebbe auspicabile che per la realizzazione dei libri di testo
fosse impegnato un team di esperti di estrazione non solo disciplinare ma anche psicodidattica. Un grande aiuto può
essere offerto dal linguaggio specifico della geografia, quello della geo-graficità, che può integrarsi con il testo o
sostituirsi ad esso. Per un apprendimento significativo è soprattutto il disegno che può svolgere una funzione
didattica essenziale in alternanza alle parole e a tal proposito molto importanti risultano essere le carte geografiche
che devono essere presentate al bambino in maniera lenta e progressiva. Anche semplici carte tematiche, realizzate
scegliendo argomenti rispondenti agli interessi e alle curiosità degli alunni, possono facilitare l’introduzione del
linguaggio della geo-graficità.

7.4.2 Nella scuola secondaria di primo grado


Nei libri di testo della scuola secondaria di primo grado si può notare un graduale ma deciso rinnovamento rispetto
ad alcuni anni fa, soprattutto per l’attenzione nei confronti del digitale grazie al quale è possibile arricchire la
didattica tradizionale. Da segnalare è la presenza, in vari testi, di esercizi predisposti per studenti con BES, così come
quella di accorgimenti per l’inclusione, per il ripasso e il recupero, inseriti alla fine di ogni unità. Sono sempre più
presenti nei testi di geografia, riferimenti a temi di attualità e l’analisi dei problemi del mondo globalizzato, essenziali
per studiare una disciplina come la geografia.

7.4.3 Nella scuola secondaria di secondo grado: i licei


I libri di testo dei licei risentono in maniera palese delle penalizzazioni operate dalla riforma Gelmini, che ha ridotto
l’orario di storia e geografia e ha collegato le due discipline in un unico voto, pur lasciando distinti i rispettivi curricoli.
Nel lessico e nella prospettiva didattica il binomio storia e geografia si è trasformato, come abbiamo
precedentemente accennato, in geostoria, in cui l’ambito geografico riveste un ruolo subalterno rispetto alla storia.
Questo squilibrio è facilmente visibile anche in alcuni libri di geostoria dove soltanto il 15% delle pagine è riservato
alla geografia rispetto all’85% di quelle destinate alla storia. A questo proposito va ricordato come “percorso
comune” tra storia e geografia indicato dal ministero valga soltanto per il primo biennio, quando l’abbinamento tra
le due discipline non trova pieno sostegno rispetto a criteri basati su obiettivi e contenuti. II modo anomalo con cui la
riforma Gelmini associa storia e geografia pone molte difficoltà ai docenti, ma anche agli autori e editori di testi.

7.4.4 Nella scuola secondaria di secondo grado: gli istituti tecnici


I libri di testo per il primo biennio degli istituti tecnici a indirizzo economico e per il triennio a indirizzo turistico
devono commisurarsi con Indicazioni nazionali che presentano, a differenza di quelle per i licei, un enunciato di
maggiore respiro e coerenza disciplinare. Questa particolarità per i tecnici a indirizzo economico dovrebbe essere in
qualche modo considerata dagli autori e dagli editori. Non sempre i testi presentano caratteristiche tali da soddisfare
un adeguato processo di apprendimento- insegnamento geografico. Un aspetto significativo da sottolineare riguarda
l’impegno posto nella trattazione di terni di attualità, anche per offrire agli studenti chiavi di lettura essenziali per la
comprensione del mondo d’oggi. In genere appaiono buoni sia l’apparato illustrativo sia il repertorio cartografico
arricchito in qualche caso da sintetici, ma sempre molto utili, atlanti geografici e geopolitici. Non mancano neppure
ottime guide per l’insegnante, contenenti strumenti per la programmazione didattica, per le verifiche e per l’impiego
dei contributi digitali. Per garantire una didattica inclusiva alcuni corsi offrono buone sintesi, mappe concettuali e, in
qualche caso, un fascicolo i «percorsi facilitati».
Meno consistente, è la produzione dei testi relativi all’indirizzo economico-turistico. I corsi di geografia turistica
connettono aspetti geografici un territorio in funzione dello sviluppo di attività turistiche, inserendo proposte di
itinerari e viaggi che prevedono un'interazione con la cultura e l’ambiente delle località descritte e contenuti
collegati sia alle discipline turistiche e aziendali sia alla legislazione turistica. Non mancano e informazioni essenziali
sulle regioni italiane, sull’Europa e sul mondo, selezionate in considerazione sia delle attività delle varie tipologie di
turismo e delle nuove priorità legate alla sostenibilità sia dei problemi del mondo globalizzato.

7.4.5 Imprecisioni, approssimazioni ed errori nei testi di geografia…


In ambito cartografico tendono a resistere nel tempo, a tutti i livelli scolastici, alcune imprecisioni che è opportuno
segnalare. La prima riguarda il reticolato geografico che secondo la gran parte dei testi è costituito da linee
immaginarie: scrivere che meridiani e paralleli consistono in linee immaginarie non esistenti nella realtà è fuorviante
perché fa ritenere ai lettori che siano in qualche modo frutto della fantasia; al contrario sono linee assolutamente
reali, pur se non segnate sul territorio materialmente. Inoltre, meridiani e paralleli sono infiniti e non rispettivamente
360 e 180, come è invece scritto in quasi tutti i libri di geografia. Una delle inesattezze più ripetute è costituita dal
termine “mappamondo” che nel vocabolario online della Treccani è correttamente definito come “Rappresentazione
cartografica dell’intera superficie terrestre (detta anche planisfero)”; in gran parte dei testi al contrario, il
mappamondo è definito con espressioni del tipo: “è una rappresentazione della Terra che non deforma i continenti e
gli oceani perché è a forma di sfera”. In pratica, si scambia un tipo di carta geografica con il “globo geografico”, che è
la corretta definizione dell’oggetto che si identifica generalmente con il termine “mappamondo”.

7.4.6 …della scuola primaria


L’anello più debole nella produzione dei libri di testo è costituito dalla scuola primaria; questa sconta difficoltà nella
loro stesura dovute alla giovanissima età dei fruitori, che possono disporre di un lessico ridotto, nonché di abilità
interpretative minori rispetto a studenti delle scuole secondarie. In parecchi casi si può notare una scarsa attenzione
nell’uso delle parole. Pure sulla collocazione spaziale le imprecisioni sono eccessive, e tanto più gravi perché anche in
questo caso evitabili con un minimo di diligenza. Più complesso per gli alunni della scuola primaria è spiegare il
capitolo tettonica, con riferimento alla formazione dei laghi. L ‘intento di semplificare il più possibile, se non svolto
con estrema scrupolosità comporta spesso il pericolo di incorrere in gravi errori.
Un capitolo della geografia fisica che trova ampio spazio nei testi della scuola primaria è quello sul clima Anche in
questo caso molte imprecisioni sarebbero facilmente evitabili. Nell’enunciazione «i fattori climatici sono: la
latitudine, l’altitudine, la presenza di montagne e del mare o di un grande lago» vi sono numerose approssimazioni e
omissioni.
Rimangono per fortuna abbastanza rari alcuni retaggi del passato, costantemente presenti fino a non molto tempo
fa sulla «posizione centrale e ideale l’Europa», a suggerimento di una qualche supremazia geografica rispetto altri
parti del globo. In un libro di quinta elementare del 1989 si leggeva. “L’Europa si trova al centro delle terre emerse
ed è quasi interamente compresa nella zona temperata, abbastanza distante dal freddo del Polo Nord e dal caldo
torrido della zona equatoriale. La sua posizione centrale, ottima per i commerci e le comunicazioni con gli altri
continenti, le ha permesso di entrare molto presto in contatto con ogni altra parte del mondo». In un testo del 2019
si afferma: «L’Europa si trova nella zona temperata dell’emisfero settentrionale, quindi, ha un clima mite che ha
favorito una grande varietà di paesaggi e creato le condizioni ideali per la vita dell’uomo fin dall’antichità».
Stereotipi, banalità e veri e propri errori si legano in sole due righe, che collegano con una buona dose di
superficialità clima mite e grande varietà di paesaggi.

7.4.7… della scuola secondaria di primo grado


Oltre alle imprecisioni relative alle linee immaginarie e al mappamondo, molti testi fanno cenno alla proiezione di
Mercatore, ritenuta a torto fra quelle comunemente «più utilizzate». Di questa si richiama in genere soltanto la
grave alterazione rispetto alla proprietà dell’equivalenza. Quasi mai, invece, si segnala il grande pregio di questa
proiezione isogona, che, consentendo di tracciare sulla carta la rotta con una semplice linea retta, ha promosso un
progresso decisivo per la navigazione. Il richiamo a Mercatore risente ancora del grande rilievo mediatico, assunto in
campo didattico, dalla proiezione realizzata nel 1973 dallo storico tedesco Arno Peters, che ostentava la superiorità
del suo prodotto cartografico rispetto a quello, da lui ingiustamente contestato, di Mercatore, del quale riprendeva
peraltro alcuni «errori e deformazioni», come i poli tracciati con segmenti lunghi come l’equatore, i paralleli tutti
eguali tra loro, la scala non idonea per la misura delle distanze. L’equivalenza-unica proprietà rispettata da Peters- si
in tante e migliori proiezioni, che vedono le forme di continenti, isole e Stati meno falsate rispetto a questa, che però
subito dopo la sua pubblicazione, grazie a una campagna pubblicitaria di grande successo improntata su visioni
terzomondiste in un periodo storicamente propizio, aveva influenzato importanti organizzazioni internazionali.
Occorre ricordare che questi obiettivi, legati all’educazione al confronto e all’intercultura, si possono conseguire
applicando altre più solide strategie e non aderendo a un prodotto di pregio scarsamente scientifico, come peraltro
subito ha denunciato gran parte dei geografi.

7.4.8 … della scuola secondaria di secondo grado


Se meridiani e paralleli continuano a essere considerati «immaginari» anche nei testi dei licei e dei tecnici, sul loro
numero si registra in qualche caso un progresso. Nei testi per il primo biennio dei licei la maggiore cura è posta nella
parte destinata alla storia, cui peraltro è dato uno spazio molto più ampio. Un uso di termini poco convincenti e
imprecisi, unito a serie omissioni, concerne spesso dei paragrafi dedicati al clima. Elementi e fattori del clima spesso
vengono tra loro confusi.
Non mancano formulazioni discutibili in ambito geografico-antropico, si confondono due concetti ben distinti, come
densità e distribuzione della popolazione. Rispetto ai testi scolastici destinati ai licei, quelli per gli istituti tecnici
mostrano una migliore qualità; anche in questi, tuttavia, si notano imprecisioni soprattutto nei capitoli destinati al
clima e alla vegetazione. In altri casi di fenomeni geografici si offre agli studenti una semplice descrizione. Ad
esempio, il problema dell’invecchiamento, piuttosto marcato in molti Paesi europei compresa l’Italia, riveste di certo
rilevanza socio-economica e politica e quindi è doveroso trattarlo in un testo di geografia. Nulla si spiega sulle cause
del fenomeno e sulle conseguenze che esso comporta.

7.5 Come scegliere i libri di testo.


7.5.1 Criteri generali di scelta
L’arduo compito delle adozioni dei libri di testo richiede ogni anno agli insegnanti la ricerca di quello che meglio si
adatta al proprio percorso didattico. La scelta del libro di testo non è mai indolore se compiuta con lo scrupolo
dovuto, perché presupposti epistemologici e basi pragmatiche a supporto della decisione non sempre coincidono,
così come si alternano nelle esse opere pregi e imperfezioni, punti di forza e di debolezza. Qualsiasi valutazione
presenta un buon grado di soggettività per le specificità dipendenti dalle particolari situazioni, ciascuna delle quali
portatrice di esigenze che soltanto il singolo docente conosce in relazione alle strategie che preferisce perseguire;
alle necessità dei discenti e al tipo di classe più o meno omogenea; alle caratteristiche dello stesso ambiente di
studio, tra cui le dotazioni multimediali delle aule ecc. Ciononostante, alcuni principi rimangono validi per qualsiasi
testo scolastico come: la necessità dei requisiti di chiarezza, la scelta di un lessico idoneo, una sintassi a basso indice
di subordinazione, attenta selezione delle informazioni, per fornire agli studenti soltanto quelle che in base alle loro
capacità di apprendimento sono in grado di assimilare ed elaborare con profitto. L’altro non andrebbe dimenticato
che un buon manuale dovrebbe essere essenziale e snello. Infine il libro di geografia, a differenza di altre discipline,
dovrebbe essere il più possibile aggiornato. Griglie di valutazione dei libri di testo ve ne sono di tutti i tipi e forme.
Gran parte di tali griglie è costruita e utilizzabile per le varie discipline scolastiche. Tuttavia alcuni parametri scelti
potrebbero pesare differentemente a seconda della disciplina mentre altri potrebbero essere assenti in una e
presenti in un’altra.

7.5.2 Griglie di valutazione per libri di testo di geografia.


Sono state realizzate varie griglie di valutazione dei libri di testo, per quanto riguarda la geografia, si ricordano le
caratteristiche e i parametri indicati da Maria Fiori in un articolo pubblicato su Ambiente, Società e Territorio:
1. Caratteristiche del testo verbale (Sforzo di obiettività; Equilibrio fra geografia fisica e antropica; Leggibilità;
Terminologia appropriata; Livello Esplicativo; Livello critico-applicativo; Collegamenti geografia generale-
regionale; Ben strutturato; Indice analitico; Spunti per discussioni)
2. Impostazione tipografica (Equilibrio generale; Differenziazione tipografica degli argomenti).
3. Carte e grafici (Ben collegati al testo; Didascalie ampie ed esaurienti; Significativi; Sottolineano relazioni)
4. Fotografie (Ben collegate al testo; Didascalie ampie ed esaurienti; Significative)
5. Ricerche, elaborazioni (Indicazioni di ricerche significative; Dati statistici grezzi; Indicazioni per l’elaborazione
di dati; Indicazioni per la rappresentazione)
6. Letture (Ben scelte e significative; Ben collegate al testo)
7. Impostazione didattica (Approccio regionale; Approccio generale; Approccio problematico; Approccio
concettuale; Approccio paradigmatico; Unità di apprendimento; Modulare; Finalità educative evidenti;
Obiettivi didattici evidenti; Concetti e abilità; Metodo scientifico).
Per procedere alla scelta, si dovranno attribuire dei pesi alle diverse caratteristiche, che devono essere condivisi da
tutti i docenti.

8. Apprendere la geografia con il CLIL


8.1 L’educazione bilingue e il CLIL
8.1.1 L’unione europea e l’educazione bilingue
Sebbene l’Europa sia socialmente e culturalmente un continente multilingue rimane ancora distante dal presentarsi
come un continente plurilingue. In un contesto di dialogo transnazionale in espansione e di cambiamento profondo,
l’apprendimento delle lingue ha assunto una funzione essenziale, ben avvertita dalle giovani generazioni che rivelano
sempre maggiore interesse nell’acquisire quella competenza plurilingue considerata peraltro essenziale sotto
l’aspetto professionale. Non meraviglia pertanto che l’attenzione all’istruzione bilingue sia cresciuta negli ultimi
decenni attraverso una serie di progetti e di iniziative, oltre che di scambi culturali. All’inizio degli anni Novanta, sono
attivati molteplici processi sia per incoraggiare l’uso veicolare delle lingue straniere nei sistemi educativi dei singoli
Paesi, sia per coinvolgere numeri sempre più consistenti di cittadini nel loro apprendimento. Il 29 novembre 1995 la
Commissione delle comunità europee pubblica un libro bianco dedicato all’istruzione e alla formazione in cui viene
delineato un piano per la promozione del multilinguismo con l’obiettivo di promuovere tre lingue comunitarie
(compresa quella materna) anche per tutelare le lingue europee minacciate dall’uso e dal peso preponderante
dell’inglese. Inoltre, il documento sottolinea l’importanza di agire sin dall’età prescolare e di utilizzare anche i
contenuti disciplinari per l’aspetto linguistico.

8.1.2 L’apprendimento integrato di lingua e contenuti


Le strategie didattiche ispirate e finalizzate al multilinguismo e all’apprendimento delle lingue, un ruolo importante
nel contesto europeo è svolto dalla metodologia CLIL, acronimo di Content and Language Integrated Learning
(Apprendimento integrato di lingua e contenuti), coniato nel 1994 da David Marsh e introdotto «< ufficialmente»
dallo stesso e da Anne Maljers un paio di anni dopo. In estrema sintesi questa metodologia progetta con un
approccio multiforme, l’apprendimento/insegnamento integrato di contenuti disciplinari in lingua straniera
veicolare. In sostanza il CLIL avvalora in modo prioritario l’acquisizione di contenuti, ma nello stesso tempo potenzia
l’apprendimento della lingua straniera, senza vincolarla alle usuali funzioni grammaticali e sintattiche. Un ostacolo da
valicare in questo processo è rappresentato dall’attenzione dello studente, che deve essere centrata sul contenuto
disciplinare oltre che sulla forma linguistica che lo veicola. Gli esiti positivi delle sperimentazioni nell’Unione europea
hanno dato vita progressivamente ed affinato molteplici modelli. Secondo la Commissione europea gli obiettivi
generali del CLIL dovrebbero:
· Sviluppare le abilità di comunicazione interculturale;
· Preparare a una visione internazionale;
· Fornire opportunità di studio dei contenuti attraverso diverse prospettive;
· Accedere alla terminologia della lingua di destinazione;
· Migliorare la competenza linguistica;
· Sviluppare le capacità di comunicazione orale;
· Diversificare i metodi e le pratiche in classe;
· Aumentare la motivazione degli studenti.
Inoltre dovrebbe coinvolgere nell’apprendimento delle lingue straniere un ampio ventaglio di fruitori, che va in
progressiva successione dai bambini della scuola primaria alla popolazione adulta.

8.2 Il CLIL nella scuola italiana


8.2.1 I provvedimenti del 2010
In Italia alcune scuole, già nei primi anni Novanta hanno iniziato ad attivare alcune forme sperimentali con la
metodologia CLIL. Una legge del 2003 dà all’insegnamento delle lingue straniere maggiore importanza fin dal primo
ciclo di istruzione, che tra l’altro pone tra i suoi obiettivi quello di far apprendere i mezzi espressivi. Il CLIL tuttavia
acquisisce specifici caratteri con le norme attuative della riforma Gelmini. Riguardo al riordino del sistema liceale vi
sono due articoli in particolare concernenti il CLIL; il liceo linguistico, come è naturale, è direttamente coinvolto
(art.6). Secondo articolo amplia, ma solo nell’ultimo anno, la metodologia CLIL a tutti gli altri percorsi liceali (art.10
comma 5). Provvedimenti simili riguardano il riordino degli istituti tecnici.

8.2.2 Progetto E-CLIL e successivi provvedimenti legislativi


Il Ministero, nell’anno scolastico 2011-2012, ha promosso e attivato il progetto «E-CLIL per una didattica innovativa»
con una duplice finalità:
1. Incoraggiare una riflessione sulle pratiche didattiche disciplinari
2. Guidare l’introduzione della metodologia CLIL nelle scuole secondarie di secondo grado, attraverso una
proposta di ricerca-azione, diretta a supportare i docenti nella realizzazione di moduli CLIL.
L’iniziativa ha previsto una dimensione internazionale, nella quale a insegnanti e allievi è offerta la possibilità,
tramite gli strumenti della rete, di entrare in contatto con realtà europee, che con successo hanno sperimentato la
metodologia CLIL. Legge del 2015, conosciuta come La Buona Scuola fa esplicito riferimento al CLIL, allorché
definisce tra gli obiettivi formativi prioritari «la valorizzazione e il potenziamento delle competenze linguistiche,
particolare riferimento all’italiano nonché alla lingua inglese e ad altre lingue ‘Unione europea, anche mediante
l’utilizzo della metodologia Content and Language Integrated Learning».

8.2.3 CLIL spontaneo e istituzionalizzato


Graziano Serragiotto, ricercatore esperto nella metodologia CLIL, distingue due forme principali, un CLIL spontaneo e
uno istituzionalizzato: «Nel primo caso si tratta di una situazione spontanea dove il docente di lingua straniera
assieme al docente di disciplina organizza dei moduli CLIL secondo diverse modalità; nel secondo caso si tratta di
docenti di disciplina che svolgono il loro programma in lingua straniera».
II CLIL spontaneo, si basa spesso su forme di collaborazione alla pari tra il docente di disciplina e quello di lingue che
non conosce in maniera sufficiente gli argomenti di un’altra disciplina che dovrebbe approfondire con gli studenti. In
questi casi è lo stesso ministero a raccomandare l’elaborazione di progetti interdisciplinari in lingua straniera
nell’ambito del Piano dell’Offerta Formativa (POF).
Nel CLIL istituzionalizzato, la figura principale è costituita dall’insegnante di disciplina non linguistica (DNI), per cui gli
obiettivi linguistici risultano secondari rispetto a quelli propri della disciplina, che si dovranno perseguire in tutto o in
parte.

8.2.4 Quale docente CLIL?


Poiché nei provvedimenti relativi al CLIL e precisato che gli insegnamenti «sono attivati nei limiti degli organici
determinati a legislazione vigente» a oggi non è prevista una figura professionale specifica, per cui il docente che
insegna una DNL va formato nell’ambito del personale già di ruolo o in quello nuova assunzione. Va riconosciuto,
però, al ministero l’intento di promuovere l’introduzione dell’insegnamento con metodologia CLIL attraverso una
serie di iniziative, tra cui la promozione di reti di scuole e di progetti CLIL e percorsi di formazione in servizio per i
docenti di DNL delle scuole secondarie di secondo grado. A questi ultimi si richiedono infatti competenze linguistico-
comunicative nella lingua straniera veicolare con certificazione attestante il livello C1 (B2 in via transitoria) del
Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue (QCER) e competenze metodologico-didattiche acquisite al
termine di un corso di perfezionamento universitario del valore di 60 CFU per i docenti in formazione iniziale e di 20
CFU per i docenti in servizio.
Il 16 aprile 2012 è stato pubblicato dal ministero un decreto direttoriale con il quale si definiscono le caratteristiche e
le modalità dei corsi di perfezionamento dei docenti in servizio per l’insegnamento secondo la metodologia CLIL: i 20
CFU per le attività formative si dividono tra insegnamenti linguistici, didattiche disciplinari in prospettiva veicolare e
tirocini CLIL con modalità di ricerca-azione. Il decreto assume uno specifico interesse scientifico- didattico in quanto
delinea il profilo del docente CLIL:

Ambito linguistico:
· Competenza di livello C1 nella lingua straniera;
· Competenze linguistiche adeguate alla gestione di materiali disciplinari in lingua straniera;
· Padronanza della microlingua disciplinare e sa trattare nozioni e concetti disciplinari in lingua straniera.
Ambito disciplinare:
· In grado di utilizzare i saperi disciplinari in coerenza con la dimensione formativa proposta dai curricoli delle
materie relative al proprio ordine di scuola;
· In grado di trasporre in chiave didattica i saperi disciplinari integrando lingua e contenuti.
Ambito metodologico didattico:
· In grado di progettare percorsi CLIL in sinergia con i docenti di lingua straniera e/o di altre discipline;
· In grado di reperire, scegliere, adattare, creare materiali e risorse didattiche per ottimizzare la lezione CLIL,
utilizzando anche le risorse tecnologiche e informatiche;
· In grado di realizzare autonomamente un percorso CLIL, impiegando metodologie e Strategie finalizzate a
favorire l’apprendimento attraverso la lingua straniera;
· In grado di elaborare e utilizzare sistemi e strumenti di valutazione condivisi e integrati, coerenti con la
metodologia CLIL.
La necessità sostenere la competenza plurilingue e interculturale tutto il personale della scuola nei nuovi contesti di
globalizzazione in cui opera è presente pure nel Piano per la formazione dei docenti (2016-2019), che, al punto
relativo alle Competenze di lingua straniera, richiede ai docenti di consolidare e migliorare i livelli di competenza
linguistica, o di iniziare percorsi apprendimento delle lingue straniere.

8.3 Geografia e CLIL


8.3.1 II quadro generale
Sia per gli aspetti metodologici, sia per quelli ordinamentali italiani tutte le discipline possono essere coinvolte con il
CLIL. In più documenti europei, pubblicati in particolare negli ultimi anni, si può evincere come l’obiettivo del CLIL,
volto a raggiungere una capacità adeguata di leggere, ascoltare, scrivere e parlare lingue straniere, debba combinarsi
con precise competenze interculturali, strategiche in società sempre più coinvolte nei Complessi processi di
globalizzazione. La penalizzazione della geografia negli ordinamenti scolastici si manifesta con altrettanta evidenza
riguardo al CLIL, previsto solo nell’ultimo anno dei licei e degli istituti tecnici, dove la disciplina però, non è presente
a eccezione dell’indirizzo turistico nei tecnici, che così costituisce, l'unica occasione possibile per veicolare il
programma di geografia in lingua straniera. Altre difficoltà, per la scelta della geografia, nascono dal fatto che questa
è in gran parte insegnata nei vari gradi scolastici in cattedre multidisciplinari da docenti non specializzati che nel loro
percorso di formazione universitaria non hanno ricevuto quasi mai una preparazione appropriata rispetto a quello
che dovrebbe essere il loro impegno didattico, tanto più che la geografia richiede competenze linguistiche specifiche,
oltre che notevoli capacità descrittive e argomentative.

8.3.2 L’ambito linguistico


Poiché i saperi disciplinari sono trasmessi attraverso il linguaggio e il CLIL ha il suo fondamento proprio nel veicolare i
saperi disciplinari mediante una lingua straniera la cui comprensione da parte dello studente è condizione
imprescindibile, una prima riflessione riconduce direttamente ai linguaggi settoriali. In primo luogo si segnala come
le discipline umanistiche richiedono maggiori approfondimenti linguistici per trasmettere le varie articolazioni e
sfumature dei significati, rispetto a quelle tecnico-scientifiche che adottano un linguaggio essenziale e asciutto.
In una disciplina, come la geografia, nella quale la pluralità di conoscenze rappresenta un elemento di spiccata
distinzione e dove proficue incursioni e contaminazioni in specifici campi scientifici servono per descrivere gli spazi
della quotidianità alcuni termini, rari nel linguaggio comune, si accompagnano ai moltissimi di solito impiegati. Ne
consegue che il lessico geografico ha proprie specificità ma con scarsa tipicità, perché molti termini, pur entrando
pienamente nel discorso geografico, rimangono ancorati al loro settore originario. Proprio il grande «peso» della
geografia, minore solo a quello dell’italiano e della matematica, andrebbe adeguatamente ottimizzato (Luca
Serianni).
L’ attenzione della geografia per la quotidianità, la sua trasversalità nei confronti dei problemi, piccoli e grandi,
presenti negli spazi vissuti, i continui riferimenti a territori, a società e a popoli vicini e lontani, le possibilità di
osservare tempi e spazi, mutando e integrando le loro dimensioni scalari, costituiscono altrettante risorse per una
valorizzazione della disciplina e del suo linguaggio verbale attraverso la metodologia CLIL.
In conclusione, in geografia, proprio per la vastità degli oggetti di analisi, per la pluralità di ambiti di studio e per
l’attenzione a temi della quotidianità, il confine tra la parola d’uso comune e il termine specialistico si presenta
debolmente definito, con una sovrapposizione dei due lessici, che possono generare non poche ambiguità.

8.3.3 I codici non verbali


Poiché l’ambiente CLIL prospetta situazioni nuove rispetto all’insegnamento delle varie discipline in lingua italiana
occorrono strategie ad hoc da impiegare per rendere i contenuti intellegibili allo studente, soprattutto nella fase di
ascolto. In questa visione di rinforzo didattico i docenti possono trovare un supporto nell’impiego di codici non
verbali, a volte molto efficaci e avvincenti nelle loro potenzialità di trasmissione. Scrive Coonan a questo proposito:
«Alcune discipline esprimono il proprio specifico attraverso il codice verbale (es. filosofia), mentre altre discipline
utilizzano due codici: quello verbale e quello non-verbale per veicolare i loro contenuti. Rispetto alle prime, le
discipline che adottano anche il codice non- verbale contengono un elemento in più di supporto alla comprensione e
all’apprendimento». La geografia è solita abbinare il linguaggio verbale con altri con i quali si integra perfettamente;
ad esempio il codice iconico. L’associazione tra parola e immagine non è una novità, essendo stata proposta per la
prima volta da Comenio nel suo Orbis sensualium pictus.
Oggi gli strumenti paratestuali costituiscono un supporto di grande rilievo al testo, con lo scopo di:
· Facilitare la comprensione del messaggio-contenuto;
· Raggiungere nel testo scientifico la massima trasparenza e chiarezza;
· Collocarsi entro la discourse community di appartenenza.

La geografia ha sempre fatto largo uso di questo codice iconico; anzi ha contribuito a elaborare lo specifico
linguaggio della «geograficità» È un linguaggio che proprio in questa disciplina trova la massima espressione
didattico-applicativa, grazie alla notevole correlazione tra la parte iconica e quella lessicale e all’impiego di varie
forme di rappresentazione imprescindibili per comprendere informazioni di tipo spaziale. La geografia, per saper
«leggere» e per saper «scrivere» il territorio, necessita quindi di una pluralità di linguaggi.

8.3.4 Il materiale autentico


Un ruolo primario nelle attività CLIL è esercitato dall’uso di materiale autentico, quindi non prodotto a scopo
didattico ma tratto dal mondo reale, dai suoi temi e problemi e che è il più vicino possibile agli interessi e alle
necessità degli studenti. In questo modo l’impiego di materiali autentici rende più stimolante il contenuto
disciplinare a livello sia linguistico sia concettuale. Un primo criterio di classificazione del materiale autentico può
effettuarsi attraverso il supporto utilizzato, che può essere di varia tipologia: cartaceo, video, audio, multimediale.
Tutti questi supporti trovano nei saperi geografici ampie possibilità e potenzialità di impiego. Riguardo al materiale
su supporto cartaceo si annoverano in primo luogo le carte geografiche nelle varie tipologie, ma anche le fonti
letterarie scritte, tra cui romanzi, poesie, resoconti e diari di viaggio, guide turistiche, fumetti, ecc. Al contrario, non è
consigliabile servirsi, come materiali autentici, di testi scolastici di geografia adottati nelle scuole straniere poiché
concepiti per parlanti nativi. Tra il materiale autentico video ricordiamo le trasmissioni televisive (telegiornali, film,
documentari...) e tra il materiale audio, oltre ai giornali radio e alle pubblicità, sono particolarmente efficaci le
canzoni o ancora gli audiolibri che possono essere valorizzati in chiave didattica, ad esempio, con attività mirate a
confrontare testo scritto e ascoltato. Vi è infine il materiale autentico multimediale, caratterizzato dalla compresenza
su uno stesso supporto di più linguaggi (testi scritti, filmati, immagini, suoni...) integrabili e interattivi. Il materiale
autentico, proprio perché non creato a scopi didattici, per essere impiegato a scuola ha necessità di essere
“didattizzato” attraverso un complesso processo di mediazione volto alla formazione di un legame tra studenti e
saperi geografici. Inoltre, la scelta dei materiali cartacei presentati deve essere accurata, in quanto essi devono
essere il più possibile comprensibili e neppure troppo lunghi. Anche per un video o un audio va verificata la
lunghezza che non dovrebbe superare i pochi minuti, in caso contrario gli studenti potrebbero essere sottoposti ad
un impegno di comprensione troppo alto, con ricadute negative sulla loro applicazione e sui risultati da conseguire.
In tale prospettiva è meglio prediligere la didattica laboratoriale rispetto a quello frontale, in modo che le attività
proposte si possano sviluppare attorno ad un compito reale e concreto.

8.4 Il CLIL nei libri di testo di geografia


In molti libri di testo di geografia si trovano proposte ed esercizi etichettati come CLIL o Geography CLIL, anche se
gran parte di questi si risolvono con semplici box dove accanto ai termini italiani riconducibili alla geografia vi è la
loro traduzione in inglese mentre in alcuni casi si propongono testi brevi e semplici. Sarebbe dunque auspicabile un
impegno maggiore da parte dell’editoria scolastica in considerazione del fatto che già nel primo anno della scuola
primaria si studia la lingua inglese e soprattutto perché l’età dei più piccoli è favorevole per l’apprendimento delle
lingue straniere. Più ricco e articolato si presenta il CLIL nella scuola secondaria di primo grado con ampio spazio
negli esercizi e nelle prove di verifica come, ad esempio, la lettura di carte geografiche, grafici e fotografie da soli, in
coppia o in gruppo. Apprezzabile è la pubblicazione di opuscoli, allegati ai testi, spesso accompagnati da sintetiche
guide per i docenti in cui il lessico utilizzato è graduato secondo l’età degli studenti. Nella scuola secondaria di
secondo grado si assiste ad una notevole differenza tra i testi di geografia dei licei, che in genere non manifestano
interesse nei confronti del CLIL, e quelli degli istituti tecnici, dove la metodologia CLIL trova spazi adeguati. Anche in
questi ultimi la scelta riguarda in prevalenza gli esercizi e le verifiche ma in alcuni casi la proposta è più complessa,
come quando si richiede allo studente di tradurre e spiegare il contenuto di uno specifico elaborato ai compagni di
classe. Non mancano, come nella secondaria di primo grado, guide per i docenti e opuscoli CLIL, dove si fornisce
materiale appositamente strutturato per possibili percorsi laboratoriali già nel primo biennio per condurre a un
consolidamento di competenze utili per fronteggiare nel quinto anno lo studio in lingua straniera della geografia. I
prerequisiti che gli studenti devono possedere per gestire queste esperienze CLIL più complesse sono: una
competenza linguistica livello A2 e una sufficiente preparazione nell’utilizzo di dati e concetti in campo geografico.

8.5 Esempi di esperienze didattiche con metodologia CLIL


Nell’ultimo anno della scuola secondaria secondo grado, dove sarebbe obbligatorio l’insegnamento CLIL, la geografia
non compare, a eccezione di geografia turistica nell’indirizzo economico-turistico. Tuttavia, la disciplina si
presterebbe bene agli obiettivi da conseguire con questa metodologia e quindi non stupisce che sia frequentemente
utilizzata, a volte con un modulo specifico, a volte inserita in progetti ad ampio respiro con più istituti in reti CLIL, che
«sperimentano ambienti di apprendimento (la classe virtuale, la piattaforma Moodle) e modalità didattiche
innovative (flipped classroom, public speaking)». Numerosi sono i progetti interdisciplinari in lingua straniera
organizzati in sinergia tra i docenti di varie discipline.
· Nell’ambito dell’iniziativa ministeriale «E-CLIL per una didattica innovativa» una classe quarta dell’istituto
tecnico economico di Rovereto ha proposto Planet India, un prodotto di peer education sviluppato da due
docenti di DNL (geografia e tecnologia informatica) e da una di inglese, con la collaborazione esterna di due
madre lingua. Il progetto è basato su una piattaforma multimediale costituita da trentacinque video e
sessantasette attività interattive, per approfondire aspetti di geografia fisica, umana, politica ed economica,
con obiettivi legati a competenze disciplinari, linguistiche, digitali, trasversali: capacità espositive, autonomia
di lavoro, autonomia di pensiero, responsabilizzazione.
· Sulla geografia del turismo locale ha impostato il suo lavoro CLIL una classe quinta di un liceo delle scienze
umane di Novara, che ha preso spunto da una pubblicazione bilingue curata dalla locale Azienda Speciale
della Camera di Commercio e riguardante il territorio provinciale, con la proposta di dieci itinerari turistici
contrassegnati dai luoghi più caratteristici dell’area. La versione multimediale della pubblicazione ha
consentito un uso intenso e proficuo della LIM, che ha offerto al laboratorio un valore aggiunto.

Sperimentazioni didattiche CLIL possono riguardare anche altre lingue e altri livelli scolastici, in particolare la scuola
secondaria di primo grado. Si propongono due casi:
· Il primo dei quali, in lingua francese, relativo a una terza classe di un liceo delle scienze sociali di Novara. Il
progetto interdisciplinare, sviluppatosi in lingua veicolare per trentatré unità orarie, ha interessato
tematiche ambientali. A conclusione del progetto è stato realizzato un calendario cui corrisponde per ogni
mese un argomento trattato, con la formulazione di slogan di sensibilizzazione ecologica in lingua francese.
· L’esempio relativo alla scuola secondaria di primo grado, frutto della collaborazione di due docenti (uno di
italiano, storia, geografia e l’altro d’inglese) ha coinvolto gli alunni di una seconda classe di un istituto
comprensivo in provincia di Arezzo. I temi trattati, dapprima con alcune lezioni frontali, hanno riguardato gli
squilibri territoriali, i rapporti tra Nord e Sud del mondo, il commercio equo e solidale. Successivamente vi
sono state due visite, una all’ONG per la cooperazione internazionale UCODEP e una alla «Bottega del
mondo» di Arezzo: un punto vendita specializzato in prodotti del commercio equo e solidale. A conclusione
si è svolto un lavoro di gruppo in lingua inglese che ha utilizzato una scheda didattica con «attività di
brainstorming, matching, roleplay, yes/no questions, group and pair work scaturite dalla rielaborazione di
materiale didattico e divulgativo scaricabile dal sito dell’associazione Fairtrade».

Nell’Istituto Tecnico Economico «Eugenio Montale» di Tradate (Varese), la geografia turistica è coinvolta in unità di
apprendimento CLIL delle classi quinte dall’anno scolastico 2014-2015. Le tematiche affrontate negli anni hanno
riguardato in particolare la trattazione di argomenti di geografia regionale e di geografia tematica:
· Nel primo caso sono state predisposte due unità di apprendimento. La prima ha interessato le mappe mentali e
la geografia della percezione degli Stati Uniti. Dopo una fase di acquisizione, analisi e dopo un’introduzione
teorica in lingua inglese, gli studenti hanno ricercato singolarmente un’immagine per ognuno dei 50 stati.
Successivamente le immagini sono state fatte scorrere sulla LIM e gli studenti rispondevano a delle
domande. La conclusione del lavoro ha previsto una fase di condivisione delle diverse carte attraverso
domande guida fornite dal docente e la stesura di un elaborato ì} inglese da svolgersi in piccoli gruppi.La
seconda unità di apprendimento ha riguardato la conoscenza, la stesura e la valorizzazione di itinerari
turistici in luoghi poco conosciuti degli Stati Uniti. Agli studenti, divisi in piccoli gruppi, è stata proposta una
serie di località, tra le quali scegliere l’analisi di un caso. Il lavoro ha previsto poi una ricerca propedeutica
alla realizzazione di una presentazione in power point, elaborata in inglese, da esporre in classe in modo da
arricchire eventualmente tutti gli studenti di nuove e «insolite» geografie del turismo.
· Per quanto riguarda la geografia tematica, nell’anno scolastico 2015/2016 le classi quinte dello stesso istituto di
Tradate hanno realizzato trasversalmente a diverse discipline un progetto CLIL che ha portato alla
realizzazione di blog tematici, in collaborazione con docenti di inglese. L’attività ha permesso di applicare
l’ampio raggio di azione delle competenze geografiche nella realizzazione di un prodotto multimediale in
lingua inglese consultabile in rete e di lavorare con le nuove tecnologie.

8.6 Note finali ma non conclusive


I benefici maggiori che il CLIL può esercitare sulla geografia sono sulla sua riconsiderazione e irrobustimento nella
dimensione linguistica. L’ambiente di apprendimento/insegnamento CLIL risultati effettivi possono scaturire dalle
strategie didattiche da adottare. Queste strategie devono cambiare in modo profondo grazie a quegli accorgimenti
che consentono il massimo coinvolgimento degli studenti. In tale prospettiva è meglio prediligere la didattica
laboratoriale rispetto a quella frontale, in modo che le attività proposte si possano sviluppare attorno a un compito
reale e concreto. Con impostazioni attente da una parte agli indirizzi generali suggeriti dalle istituzioni europee, che
consigliano la metodologia CLIL per promuovere plurilinguismo e il multiculturalismo e dall’altra i temi di diretto
coinvolgimento disciplinare, i progetti CLIL possono svolgere un ruolo propulsivo nella rivalutazione curricolare della
geografia, anche in prospettiva futura.

9. Apprendimento, competenze, curricolo


9.1 L’apprendimento autentico in geografia
Per “idee inerti” si intendono quelle conoscenze immagazzinate nella mente senza essere utilizzate, né sottoposte a
esame, né combinate in nuove relazioni con altre idee. Con queste parole Alfred North Whitehead stigmatizzava un
sistema di trasmissione delle conoscenze travasate dal docente all’allievo: quest’ultimo nella generalità dei casi
riusciva a memorizzarle e ripeterle all’interrogazione orale, ma dopo la prova tendeva a vederle svanire in tempi
brevi, in quanto non le aveva collegate alla sua rete di conoscenze pregresse e non le aveva sapute usare in contesti
diversi da quello formale di apprendimento.
Nella geografia scolastica del passato, descrittiva e mnemonica (quella dell’imparare a memoria nomi di monti, fiumi,
capitali), quanto detto assumeva un’evidenza macroscopica. Si potrebbe parlare di una “didattica inerte della
geografia” quella cui oggi si contrappone una didattica attiva di ricerca e scoperta, capace di far cogliere a generazioni
di studenti la meraviglia di un territorio e dei nessi esistenti tra la configurazione fisica di una porzione della
superficie terrestre e l’opera di territorializzazione svolta dall’uomo, ma anche di instillare la curiosità e il desiderio di
provare a riprogettare uno spazio secondo le necessità reali della popolazione che su di esso insiste.
Il tutto sapendo usare:
- La toponomastica, per ricavare informazioni sull’origine dei nomi e luoghi e sulla connessione con la realtà
geografica che intercettano.
- La cartografia alle varie scale, come un ologramma in cui penetrare per veder disvelate le realtà territoriali di
cui non si aveva alcuna cognizione.
- Le tante altre fonti che la moderna geografia usa per condurre le proprie analisi “imparando a comprendere il
mondo”.
La scuola di oggi, dunque, non è più deputata alla semplice trasmissione di conoscenze, bensì è impegnata a farle
acquisire autonomamente dagli studenti, attraverso l’applicazione della metodologia di ricerca e scoperta.
In ciò consiste l’“apprendimento significativo” o “autentico” applicato alla geografia. Tale apprendimento che
conduce dall’idea inerte alla conoscenza “significativa” si caratterizza per la sua autenticità. È “autentico”
l’apprendimento non relativo solo al caso di studio nel contesto della scuola, ma valido e spendibile nei diversi
contesti esperienziali di vita.
Per conquistare apprendimenti significativi nel campo del sapere geografico sono necessari alcuni fondamentali
requisiti del processo di apprendimento, primo fra tutti l’aggancio alla rete di conoscenze e di concetti.
Delicata appare la fase iniziale dell’azione didattica, in cui i docenti devono procedere all’accertamento della matrice
cognitiva degli alunni già a partire dai primi anni di scuola. Con gli allievi più piccoli occorre escogitare modalità
ludiformi per l’accertamento e l’esplicitazione dei primi approcci percettivi ed esperienziali alla conoscenza
dell’ambiente e del proprio spazio di vita, mentre negli ultimi anni della scuola primaria e nei gradi successivi di
istruzione si possono usare questionari di vario tipo, ma anche un dibattito organizzato per abituare a un confronto di
idee con interventi preparati e documentati a sostegno della propria tesi nel rispetto di quelle altrui.
Per la costruzione di conoscenze significative è determinante anche la partecipazione attiva dei discenti, favorita da
una didattica per ricerca e scoperta.
Escludendo la memorizzazione, la mente è messa in grado di fissare tutto ciò che viene conquistato con uno sforzo
autonomo di indagine. La partecipazione avviene attraverso la condivisione, tra docenti e allievi, degli itinerari
metodologici più validi e idonei per conseguire i traguardi per lo sviluppo di competenze prescritti dalle Indicazioni
nazionali del 2012. Sempre nell’intento di porre al riparo da rischi di ricezione passiva, di disinteresse e di
conseguente insuccesso fino alla dispersione scolastica, è utile ricorrere il più possibile ad attività di tipo
laboratoriale.

9.2 Il ruolo delle emozioni nella geografia attiva


9.2.1 Le geografie emozionali per una didattica coinvolgente
Emozioni nei processi di apprendimento. Il contributo delle emozioni oggi è riscoperto e molto valorizzato, anche in
seguito al fatto che l’intelligenza emotiva ha trovato pari dignità nel novero delle intelligenze multiple.
Riprendendo le intuizioni di Darwin, iniziatore dello studio scientifico delle espressioni facciali in adulti e bambini di
culture diverse, Ekman ha dimostrato l’universalità delle manifestazioni di emozioni attraverso lo studio comparato di
espressioni facciali in vari gruppi di popolazioni appartenenti a contesti socio-ambientali differenti e a diverse culture
letterate e non. In seguito a tali studi ha individuato ed elencato 6 emozioni primarie, innate e proprie di ogni essere
umano in qualsiasi condizione: sorpresa, paura, disgusto, rabbia, felicità e tristezza. Ciascuna contempla poi una serie
di sfumature: la sorpresa può essere sbalorditiva o interrogativa; la paura può andare dall’apprensione al terrore, il
disgusto dalla repulsione al disprezzo, la rabbia dall’irritazione al furore, la felicità dalla soddisfazione al piacere, la
tristezza dalla malinconia o malumore alla sofferenza.
A quali fonti di intense emozioni primarie può attingere una geografia attiva e coinvolgente? Davanti alla scoperta di
un paesaggio sconosciuto, o non analizzato in un’ottica geografica, l’emozione di sorpresa dovrebbe raggiungere
l’apice di un vero e proprio stupore, che è la molla, insieme alla curiosità, per far scaturire l’interesse a conoscere
sempre di più.
La sorpresa presenta vari gradi e sfumature: la più produttiva a livello di studio e di ricerca è la sorpresa
“interrogativa” che porta a domandarsi il perché di ciò che sorprende e a mettere in moto metodi e meccanismi di
conoscenza e quindi di apprendimenti senza dubbio significativi.
Altre emozioni che lo studio della geografia dovrebbe poter suscitare sono la tristezza di fronte a condizioni di
fragilità del territorio per cause naturali e la rabbia davanti agli esiti negativi e talora devastanti delle azioni umane sul
paesaggio e sull’ambiente, davanti a conseguenze dell’incuria e della negligenza e davanti alla drammaticità della
situazione dei migranti.
Occorre che i giovani siano guidati da una rabbia sempre contenuta e da una tristezza non depressiva ma propulsiva,
che li conducano a porre in essere comportamenti virtuosi e progettare sia azioni di umana e costruttiva solidarietà
verso un’inclusione non solo sbandierata sia azioni di salvaguardia dell’ambiente e di valorizzazione di paesaggi e
territori.
La geografia emozionale si ritrova nell’Atlante delle emozioni della studiosa Giuliana Bruno, che collega nel tempo e
nello spazio le emozioni individuali, filtrate dalla sensibilità dei letterati. Oggi si riscontra una sorta di analfabetismo
emotivo e soprattutto l’assenza della competenza relativa alla gestione delle proprie emozioni; dunque è importante
che nella scuola tutte le discipline concorrano a educare alle emozioni. La geografia in questo ha un ruolo rilevante:
“non esiste conoscenza del mondo senza coinvolgimento emozionale, e le emozioni costituiscono una strategia
conoscitiva che ci pone in relazione con le cose. Considerare le emozioni nell’educazione geografica ha una portata
enorme, spinge a riconoscere la natura multisensoriale stratificata e soggettiva della realtà, e a comprendere che la
conoscenza del mondo, e le competenze necessarie per abitarvi, non sono qualcosa di astratto, ma che ci riguarda
direttamente, nella nostra quotidianità”.
Nella traduzione didattica della geografia emozionale è importante non perdere di vista l’oggetto di studio,
introducendo una più completa analisi del territorio e die grandi temi e problemi di cui la geografia da sempre si
occupa.
Pag. 172-73 proposta di prassi: le mappe emozionali  particolare attività collegata all’affiorare di emozioni. Le
mappe emozionali si stanno diffondendo sempre id più persino a livello di popolazioni locali e spesso vanno a
coincidere con le “mappe di comunità” che intendono mettere in risalto punti strategici di un determinato territorio
in grado di suscitare particolare interesse culturale e emozionale.
Pag. 174-75-76 proposta di prassi: dall’approccio emozionale alla ricerca geografica  modalità didattica per far
affrontare le emozioni collegate alla geografia. Si mostrano alcune immagini di paesaggi di diverso tipo e poi si chiede
quali emozioni, nell’elenco delle 6 primarie, abbiano suscitato in loro. il successivo dibattito sulle risposte date può
fornire un’efficace motivazione per approfondire lo studio dei paesaggi in tal modo introdotti. Un lavoro condotto
sulle emozioni diviene particolarmente efficace e produttivo quando costituisce l’approccio coinvolgente
all’applicazione dei metodi geografici per la conoscenza di fatti e fenomeni.

9.3 Le percezioni sensoriali, propedeutiche alla conoscenza geografica


9.3.1 L’approccio senso-percettivo all’ambiente
Un’ulteriore sollecitazione per l’acquisizione di apprendimenti significativi in geografia è costituita dall’apporto delle
percezioni sensoriali. Fin dai primi anni di scuola e poi per l’intero percorso formativo, il primo approccio alla
conoscenza di un ambiente e di un paesaggio avviene mediante l’attivazione di tutti i sistemi percettivo-sensoriali.
Riguardo allo sviluppo cognitivo del bambino è nota la classificazione di un primo livello sensomotorio in cui
attraverso i primi spostamenti autonomi e l’attivazione delle percezioni sensoriali prende forma la progressiva
costruzione dei rapporti spaziali e di un livello compiuto, rappresentativo o intellettuale. Spetta alla scuola favorire il
delicato passaggio dalla memoria corporea, sensoriale allo sviluppo del pensiero logico-astratto.
Le percezioni sensoriali continuano a essere presenti nel primo approccio a un ambiente o paesaggio non noto e se si
provasse a chiudere gli occhi si potrebbe riconoscere un determinato paesaggio dalle percezioni degli altri sensi sui
quali non si è abituati a riflettere. Nel corso della vita, capita di ricordare e rivivere momenti o episodi lieti o tristi
sepolti nella memoria e all’improvviso risvegliati dalla percezione di un particolare odore o di un sapore, o di un
suono.
Negli anni ‘80 si è affermata anche in Italia la geografia della percezione che mette in risalto il valore delle percezioni
sensoriali per favorire la successiva fase cognitiva di attribuzione di significato agli elementi fisici e antropici e di
comprensione delle funzioni e delle interconnessioni sistemiche.
Pag. 178-79 Esempio applicativo di progettazione delle unità di apprendimento UdA.

9.4 La formazione geografica per una società delle competenze


9.4.1 La competenza: competizione o servizio alla comunità?
L’obiettivo prioritario della formazione e di un apprendimento significativo è il possesso di competenze. Il termine
“competenza” deriva dal latino “cum-petere” ovvero “chiedere insieme, convergere verso un medesimo obiettivo”,
ma anche “gareggiare, misurarsi con qualcuno”. La società delle competenze oggi racchiude entrambe le concezioni e
apparenti contraddizioni del termine perché il vocabolo “competenza” è un conceptual chameleon, un camaleonte
concettuale, polisemico e denso di sfaccettature: la competenza intesa come capacità di applicare ai casi della vita
reale le conoscenze e le abilità che si possiedono, rischia di sfociare in vera e propria competizione che corrisponde
esattamente a quella seconda accezione del termine competenza che attiene al “gareggiare con qualcuno”.
L’autentica competenza è invece quella che viene messa al servizio della comunità affinché progredisca in maniera
sana a tutti i livelli.
L’introduzione del concetto di competenza nel mondo scientifico si deve a Chomsky (1957) che parla di “competenza
linguistica” come di quella che pone in grado di far giungere precisi messaggi dall’emittente al destinatario attraverso
un uso appropriato delle strutture sintattiche e grammaticali e dei registri che variano secondo i diversi tipi di
comunicazione. Vertecchi annovera una competenza di questo tipo tra le “competenze generali”, quelle “libere da
determinazioni settoriali”, mentre le competenze in geografia vengono definite “competenze concorrenti” e sono
quelle “che si riferiscono agli apporti di competenza propri di determinate articolazioni della conoscenza e quindi di
derivazione disciplinare o pluridisciplinari”.
Un decennio dopo il concetto di competenza è transitato nel mondo delle aziende e dell’imprenditoria, tanto che
negli anni ’70 negli Stati Uniti si inizia a ritenere che per la selezione del personale sia preferibile valutare le reali
competenze anziché mettere in campo i test attitudinali e di intelligenza.
Le scuole e le università devono essere i luoghi formali di istruzione ed educazione per formare competenze da usare
nel mondo del lavoro e nella vita.

9.4.2 Le competenze nel sistema scolastico


La comparsa del concetto di competenza e del vocabolo che la intercetta nel sistema scolastico italiano può aiutare a
comprendere la portata: articolo 1.3 del Regolamento degli esami di stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione
secondaria superiore prevede che la verifica della preparazione di ciascun candidato tenda ad accertare “le
competenze in quanto possesso di abilità, anche di carattere applicativo, e le capacità elaborative, logiche e critiche
acquisite”.
Nel 1993 l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) parla di competenze di vita, il cui possesso può avere una
ricaduta positiva sulla salute. Secondo l’OMS la scuola viene designata come ente formativo privilegiato anche per
dotare gli allievi di quelle life skills che serviranno per tutta la vita. Esse sono strumenti psicosociali, appartenenti
all’area personale, interpersonale e cognitiva, che possono mettere in grado le persone di affrontare la gestione delle
emozioni cercando di ottenere un comportamento che riesca a stabilire una mediazione ai conflitti con sé stesse, con
gli altri e di affrontare al meglio gli inevitabili ostacoli della vita.
Tra le competenze di vita l’OMS annovera: la capacità di prendere decisioni, l’abilità di affrontare e risolvere problemi,
il pensiero critico e il pensiero creativo, la efficace comunicazione e la capacità di tessere relazioni interpersonali, la
consapevolezza di sé stessi, l’empatia, la gestione delle emozioni e dello stress. Tornano le emozioni, ma l’OMS si
affretta a sottolineare l’importanza della loro gestione per evitare il rischio di caderne in balìa.
Nella vita quando si affrontano alcune discipline ritenute olistiche non aiuta il percepire come esterno a sé stessi il
locus of control, ovvero il “luogo” nel quale collocare le cause dei propri successi e soprattutto degli insuccessi,
mentre è bene scandagliare un locus interno, scoprendo i punti di forza e di debolezza che hanno portato a risultati
più o meno brillanti, al fine di controllare l’emotività e le proprie reazioni, per mettere in atto, in successive situazioni,
comportamenti efficaci e produttivi.

9.5 Le competenze chiave nei documenti europei e l’apporto della geografia


Una definizione sintetica ma molto puntuale di competenza si ritrova nella Raccomandazione del Parlamento
europeo e del consiglio dell’Unione europea del 2006; viene definita come “una combinazione di conoscenze, abilità e
attitudini appropriate al contesto”. La Raccomandazione indica 8 competenze chiave ritenute irrinunciabili “per la
realizzazione e lo sviluppo personale, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione”:
1. comunicare nella madrelingua; 2. Comunicare nelle lingue straniere; 3. Competenza matematica e competenza di
base in scienze e tecnologia; 4. Competenza digitale; 5. Imparare a imparare; 6. Competenze sociali e civiche; 7.
Spirito di iniziativa e imprenditorialità; 8. Consapevolezza ed espressione culturale. Su queste si basa la certificazione
delle competenze che viene rilasciata dal dirigente scolastico al termine della scuola primaria e del primo ciclo di
istruzione.
Nel 2018, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea hanno adottato una nuova Raccomandazione
relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente, rimodulandole in una aggiornata e più completa
formulazione.
La definizione del concetto di competenza fornita dall’Unione: “le competenze sono definite come una combinazione
di conoscenze, abilità e atteggiamenti in cui la conoscenza si compone di fatti e cifre, concetti, idee e teorie che sono
già stabiliti e che forniscono le basi per comprendere un certo settore o argomento; per abilità si intende sapere ed
essere capaci di eseguire processi ed applicare le conoscenze esistenti al fine di ottenere risultati; gli atteggiamenti
descrivono la disposizione e la mentalità per agire o reagire a idee, persone, situazioni”.
In questa definizione vengono considerati a pieno titolo anche gli atteggiamenti: si dovrebbero intendere come
necessaria conseguenza dell’acquisizione di competenze.
Da tali atteggiamenti mentali dovrebbero scaturire comportamenti di collaborazione e di fattiva costruzione di un
futuro condiviso, migliore e più equo possibile.
La nuova Raccomandazione passa poi a elencare e illustrare le competenze chiave come “quelle di cui tutti hanno
bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personale, l’occupabilità, l’inclusione sociale, uno stile di vita sostenibile,
una vita fruttuosa in società pacifiche, una gestione della vita attenta alla salute e la cittadinanza attiva”; tende a
precisare che tali competenze sono tutte di pari importanza e risultano numerate in un elenco solo per chiarezza. “Si
sviluppano in una prospettiva di apprendimento permanente dalla prima infanzia a tutta la vita adulta, mediante
l’apprendimento formale, non formale e informale in tutti i contesti. È importante evidenziare che la
Raccomandazione fa sempre riferimento alla persona e non all’allievo per rimarcare l’ottica dell’apprendimento
permanente che ispira tutto il documento.
È opportuno esaminare le competenze chiave in questa rimodulazione e aggiungere a ciascuna una specifica relativa
a quello che può essere l’apporto dell’educazione geografica. In tutte le competenze chiave la parola geografia non
compare mai; in realtà essa è implicitamente presente quasi ovunque.

1. Competenza alfabetica funzionale: descritta come “capacità di individuare, comprendere, esprimere, creare e
interpretare concetti, sentimenti, fatti e opinioni, in forma sia orale sia scritta, usando materiali visivi, sonori e digitali
attingendo a varie discipline e contesti”. L’apporto della geografia lo si può individuare nella alfabetizzazione nei
termini basilari del linguaggio geografico scientifico e nel linguaggio cartografico.
2. Competenza multilinguistica: prevede la “capacità di mediare tra diverse lingue e mezzi di comunicazione per
imparare le lingue in modo formale, non formale e informale per tutta la vita”. Anche qui la geografia è presente,
attraverso le diverse lingue e il rispetto delle minoranze linguistiche interne a ogni Stato passa la conoscenza delle
tradizioni e delle culture, oltre che degli aspetti geomorfologici ed economici di ogni Paese, a ciò si aggiunge il fatto
che il tema delle migrazioni è da sempre un importante tema della geografia, porta con sé una serie di valori
irrinunciabili e riesce a creare gli atteggiamenti più idonei a una accoglienza delle “persone vulnerabili in movimento”
che non è pietismo né obbligo, ma consapevolezza che gli scenari del mondo stanno mutando, anche come
conseguenza di scenari del passato non certamente improntati all’uguaglianza dei popoli.
3. Competenza matematica e competenza in scienze, tecnologia e ingegneria: che per la geografia si traduce nello
studio del rapporto uomo-ambiente; nella valutazione degli effetti positivi e negativi delle azioni umane e di quelli
negativi di una distorta globalizzazione sull’ambiente naturale; nella progettazione di soluzioni per salvaguardare e
ripristinare un ambiente sempre più degradato, partendo dalla consapevolezza risvegliata negli allievi delle scuole e
delle università, nelle singole persone adulte, nelle famiglie, nelle comunità locali e globali.
4. Competenza digitale: comprende “l’alfabetizzazione informatica e digitale, la comunicazione e la collaborazione,
l’alfabetizzazione mediatica, la creazione di contenuti digitali” Le persone dovrebbero essere in grado di usare le
tecnologie digitali come ausilio per la cittadinanza attiva e l’inclusione sociale, la collaborazione con gli altri e la
creatività nel raggiungimento di obiettivi personali, sociali e commerciali. La condivisione d’intenti con l’educazione
geografica traspare con evidenza, come pure l’opportunità offerta all’apprendimento permanente dall’uso delle
geotecnologie.
5. Competenza personale, sociale capacità di imparare ad imparare: in geografia si declina nel saper osservare la
realtà da diversi punti di vista, che tutti insieme e nel confronto restituiscono l’immagine del mondo. Imparare a
imparare (manifestare tolleranza, esprimere e comprendere punti di vista diversi, oltre alla capacità di creare fiducia
e provare empatia) in geografia vuol dire imparare a ragionare in termini di spazio, significa saper esercitare la
metacognizione per riflettere sulle modalità con cui si riesce a dominare lo spazio a mano a mano conosciuto.
6. Competenza in materia di cittadinanza: si riferisce “alla capacità di agire da cittadini responsabili e di partecipare
alla vita civica e sociale” anche qui è evidente la coincidenza con gli obiettivi formativi e i temi della geografia, la
competenza viene declinata nella comprensione dei valori comuni dell’Europa e nella conoscenza degli obiettivi, dei
valori e delle politiche dei movimenti sociali e politici oltre che dei sistemi sostenibili, dei cambiamenti sociali e
demografici a livello globale e delle relative cause. È essenziale la conoscenza dell’integrazione europea e la
consapevolezza delle diversità e delle identità culturali in Europa e nel mondo.
7. Competenza imprenditoriale: questa competenza si fonda sulla capacità di lavorare in modalità collaborativa al fine
di programmare e gestire progetti che hanno un valore culturale, sociale o finanziario”; le persone “dovrebbero
conoscere i principi etici e le sfide dello sviluppo sostenibile ed essere consapevoli delle proprie forze e debolezze”.
Quello dello sviluppo sostenibile è uno dei paradigmi principali collegati alla geografia e alla sua educazione:
comporta il compito di far considerare le risorse ambientali come patrimonio di immenso valore, di cui occorre
conoscere i limiti e i rischi ecosistemici dovuti al loro superamento, ma anche le corrette possibilità di uso per un
equo bilanciamento tra le esigenze delle popolazioni e la loro sostenibilità da parte del pianeta che le ospita. È di
vitale importanza far comprendere che la competenza imprenditoriale assume un valore etico solo quando lo spirito
di impresa viene messo al servizio del bene comune.
8. Competenza in materia di consapevolezza ed espressioni culturali: richiede la conoscenza delle culture e delle
espressioni locali, nazionali, regionali, europee, mondiali, comprese le loro lingue, il loro patrimonio espressivo e le
loro tradizioni e dei processi culturali. Non è necessario precisare l’apporto della geografia, in quanto uno dei suoi
obiettivi è proprio la conoscenza delle realtà altre, non solo dal punto di vista dell’analisi del territorio ma soprattutto
in quello dei rapporti di integrazione e inclusione tra etnie e culture differenti.
9.6 Il curricolo di geografia
9.6.1 I presupposti di un curricolo verticale
I processi di riforma degli ordinamenti scolastici hanno introdotto nella scuola il curricolo, definibile come un
percorso longitudinale di apprendimento e formazione costruito in ciascuna istituzione scolastica per ogni disciplina
per far sì che lo sviluppo dei nuclei fondanti disciplinari e delle relative competenze venga distribuito nel corso di un
intero anno o nei vari anni previsti dalla successione degli ordini e gradi di scuola.
Il curricolo verticale rappresenta un importante filo conduttore al quale tutti i docenti possono attingere per fornire
agli studenti di un’intera scuola le stesse opportunità di progressione di conoscenze, abilità e competenze, mentre
l’omogeneità a livello nazionale deriva dall’unica parte prescrittiva delle Indicazioni nazionali per il curricolo della
scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, che riguarda i “traguardi per lo sviluppo delle competenze” al
termine di ogni ordine e grado di istruzione.
I presupposti per la costruzione di un efficace curricolo di geografia vanno ricercati in due passaggi importanti delle
Indicazioni del 2012: il capitolo introduttivo con il titolo di “Cultura, scuola, persona” e inquadra i caratteri generali
teorico-filosofico-pedagogici sottesi al documento ministeriale e il paragrafo della premessa alla geografia, in cui si
rivela l’importanza della presenza di questa disciplina nel percorso formativo, contribuisce a “fornire gli strumenti per
formare persone autonome e critiche, che siano in grado di assumere decisioni responsabili nella gestione del
territorio e nella tutela dell’ambiente, con un consapevole sguardo al futuro”.
Nel costruire un curricolo verticale in geografia occorre declinare i seguenti presupposti teorici nei principi di
un’educazione geografica comune ai vari livelli di formazione e istruzione:
-Orientamento filosofico-pedagogico ispirato ad un nuovo umanesimo: il curricolo di geografia favorisce la
consapevolezza che le grandi questioni del mondo contemporaneo possono essere adeguatamente affrontate solo
attribuendo un ruolo centrale alla “persona umana” nella stretta collaborazione tra gli uomini e tra i popoli. La logica
è quella dell’inclusione: compenetrazione delle diversità, nel rispetto degli elementi identitari. La scuola deve far
emergere i talenti che ciascuna persona possiede in misura e in forme diverse; la conoscenza geografica contribuisce
a creare un ambiente accogliente di apertura e un contesto solidale per favorire l’inclusione di ogni differenza.
-Globalizzazione intesa come valore: saper pensare globalmente significa prestare attenzione, anche nelle azioni
locali, all’interesse di tutti e del pianeta; occorre che i giovani interiorizzino i valori di sostegno ai più deboli, di
rispetto dell’altro, della comunità e dell’ambiente.
-Esercizio della cittadinanza attiva e rispetto dei principi costituzionali: un curricolo di geografia non può prescindere
dal favorire anche una formazione per la partecipazione attiva alla risoluzione di questioni che si presentano alla
scala locale del proprio vissuto operando un confronto proficuo con le ipotesi di soluzione di analoghe problematiche
a scala globale. Imprescindibile è la conoscenza della Costituzione italiana su cui si basa anche il fondamentale
rispetto di ogni persona umana e dei suoi diritti.

9.6.2 I nuclei fondanti di geografia nelle Indicazioni nazionali per il curricolo


Si può affermare che non esiste un unico modello di curricolo; un curricolo di geografia dovrebbe in ogni caso tenere
conto dei nuclei fondanti della disciplina che sono: Orientamento, Linguaggio della geo-graficità, Paesaggio, Regione
e sistema territoriale. I primi due nuclei sviluppano abilità fondamentali per muoversi consapevolmente nello spazio
conosciuto e in territori non noti. L’orientamento sul terreno, sulla carta e della carta si lega indissolubilmente alla
formazione di mappe o carte mentali e all’esercizio del linguaggio peculiare della geografia: il codice geografico. Si
passa dunque dalla rappresentazione del proprio spazio vissuto e dei percorsi ogni giorno effettuati per estendere
progressivamente la propria carta mentale all’intero mondo. Lo sviluppo delle conoscenze cartografiche e di
orientamento è favorito al massimo dall’utilizzo dei nuovi strumenti e metodi tecnologici di rappresentazione dello
spazio geografico, che consentono di abituarsi ai cambi di orientamento e alla visione sistematica.
Il paesaggio è la prima configurazione della territorialità, e ha a che fare con la consapevolezza di un’armonia che
regge l’organizzazione del territorio. Un’armonia che si declina in molti metodi: bellezza, giustizia, equilibrio,
proporzione, misura, simmetria. Attraverso fruizioni contemplative o funzionali. Intercettare quest’armonia significa
parlare di paesaggio. Si parte da un approccio sensopercettivo nella scuola dell’infanzia e nel primo anno della scuola
primaria per arrivare negli anni successivi a indagare gli elementi fisici e antropici del paesaggio vicino attraverso
l’uscita sul terreno, ad analizzare i paesaggi della preistoria, protostoria e storia antica in collegamento con la
disciplina storica, a prendere in esame i vari paesaggi italiani.
Nella scuola secondaria di primo e secondo grado i ragazzi indagano i principali paesaggi europei e mondiali, visti
come sistemi fisico-antropici e, a scala globale, i grandi temi e problemi: la desertificazione e la desertizzazione, la
gestione delle risorse naturali, gli effetti del cambiamento climatico e dell’inquinamento.
Viene affrontato anche il tema dell’ambiente: inteso come ecosistema, se si pone attenzione agli aspetti naturalistici e
di conservazione della biodiversità; inteso come territorio, se si analizza l’incidenza delle trasformazioni operate
dall’uomo nel tempo.
Lo studio dell’interdipendenza di fatti e fenomeni in un sistema territoriale conduce ad affrontare grandi tematiche
del mondo contemporaneo, tra cui: distribuzione della popolazione, accesso equo e solidale alle risorse,
distribuzione del reddito, concetto polisemico di “regione”, concetto di confine.

Esempio di curricolo verticale di geografia pag. 190-197  la progettazione deve tener conto di alcuni punti
essenziali:
a) Rispettare la continuità dei vari ordini di scuola, partendo dal consolidamento degli apprendimenti
esperienziali dei primi anni per approdare gradatamente alla riflessione sui saperi fondamentali della
disciplina;
b) Procedere dalla ricerca e acquisizione delle informazioni verso la sistematizzazione di una rete di conoscenze;
c) Favorire l’applicazione consapevole di conoscenze e abilità in contesti diversi da quello scolastico (concetto di
competenza);
d) Prediligere lo studio di una geografia per problemi e per grandi temi, utile a indagare tanto lo spazio vissuto
quanto il mondo contemporaneo.
Esempio di articolazione curricolare: le “unità di apprendimento”  la fase attuativi di ogni curricolo avviene
attraverso la progettazione e realizzazione di suoi segmenti, le “UdA” che hanno sostituito le “unità didattiche” in cui
si articolava la programmazione delle attività destinate agli allievi. Il termine “unità” è rimasto invariato, rappresenta
“una sequenza compiuta all’interno di un percorso più ampio”, ma anche più profonda, “unità di sapere,
superamento delle conoscenze frammentate, dell’enciclopedismo nozionistico, sintesi”. L’aggettivo “didattica” si
trasforma nella specificazione “di apprendimento”. Questa differenza non è solo nominale, ma sostanziale: essa
segna la rivoluzione copernicana della scuola degli ultimi anni, che ha acceso un faro su colui che apprende anziché
su colui che insegna, sull’apprendimento anziché sull’insegnamento. Il docente diventa collaterale al discente,
sempre importante e insostituibile figura di esempio, di facilitatore, di regista di tutto il processo formativo. Mentre
l’Unità didattica veniva stilata dai docenti all’inizio dell’anno scolastico ed era declinata dal punto di vista di coloro
che insegnano l’UdA vede protagonisti in ogni fase gli allievi e la sua completa enunciazione va stilata a consuntivo di
tutto il lavoro svolto. In fase progettuale si possono stabilire: il compito di apprendimento, che può essere enunciato
nel titolo dato all’UdA; le competenze che saranno valutate; le strategie metodologiche e didattiche che si
metteranno in campo. Lo sviluppo del compito di apprendimento, cioè le attività da svolgere, è la parte che richiede
una negoziazione tra docenti e allievi, puntando al massimo coinvolgimento di questi ultimi, i quali devono rendersi
consapevoli di ciò che andranno a intraprendere, dello scopo, della presentazione che verrà loro richiesta e dei criteri
che saranno adottati per la valutazione.

10. Sviluppo competenze geografiche


10.1 Il costruttivismo, base teorica di una didattica attiva
Tra le principali teorie dell’apprendimento (come il comportamentismo, in base al quale esiste apprendimento
quando il soggetto esprime un determinato comportamento come risposta corretta ad uno stimolo fornito, e il
cognitivismo, che studia i processi inerenti all’acquisizione di conoscenze) quella che riscuote maggiore attenzione è
quella costruttivista.
L’approccio costruttivista, ispirato al pensiero di Dewey, Piaget e Vygotski, parla di costruzione attiva e autonoma
delle conoscenze. Il soggetto che apprende assume il ruolo di protagonista del processo di apprendimento, che
avviene per interpretazione personale di fatti, fenomeni e valori, che vanno ad iscriversi nella pregressa mappa
cognitiva, continuamente arricchita.
La didattica costruttivista è strettamente connessa al meccanismo di metacognizione e di autovalutazione.
Un ulteriore passo in questa direzione lo compie il sociocostruttivismo (o costruttivismo dialettico) che pone l’accento
sulla co-costruzione delle conoscenze: un processo di condivisione dell’apprendimento in un contesto sociale.
Quest’ultima teoria è fondamentale per la geografia, in quanto ogni contatto con il mondo non è mai avulso dalle
relazioni che si stabiliscono con gli altri. Inoltre, il modello sociocostruttivo riflette più di ogni altro l’agire territoriale:
si presta ad affrontare la comprensione delle diverse configurazioni di un territorio inteso come costruzione sociale e
conduce ad atteggiamenti di confronto collaborativo e solidale nelle comunità del mondo contemporaneo
eterogenee per etnia e cultura.

10.2 Metodologie generali di riferimento


10.2.1 La ricerca-azione
È opportuno fare cenno ad alcuni tra i più aggiornati metodi della didattica generale, come ad es. la metodologia
della ricerca e la punta più avanzata di tale metodologia, ovvero, la ricerca-azione. La metodologia della ricerca
favorisce l’apprendimento per ricerca e scoperta e vede i docenti non più impegnati a trasmettere contenuti, ma a
ricercare i metodi e le strategie più idonee per condurre gli allievi alla conquista del proprio sapere. La ricerca-azione
è la traduzione italiana della action-research, essa coinvolge sia gli studenti sia i docenti in un processo circolare che
attraversa tre fasi: cognitiva, operativa e metacognitiva. È importante sottolineare che la ricerca-azione è applicabile
con allievi di tutte le fasce d’età, già a partire dalla scuola dell’infanzia e primaria, con l’opportuna selezione di
conoscenze, abilità e competenze da raggiungere.
Riguardo gli allievi, la prima fase si sviluppa attraverso l’accertamento delle dissonanze cognitive (il sapere di non
sapere), l’individuazione del problema di conoscenza, la formulazione d’ipotesi di soluzione. La successiva fase
operativa si realizza nella sperimentazione sul terreno e nella progettazione di soluzioni nell’intorno spaziale e
ambientale. I ragazzi passano infine alla fase metacognitiva (la riflessione condivisa sull’operato comune), che li
conduce a una successiva fase cognitiva, con la costruzione di nuove conoscenze e l’eventuale individuazione di
ulteriori approfondimenti o di nuove piste di ricerca.
I docenti invece, da un lato, sono coinvolti nel fare da “registi” e da facilitatori del lavoro degli studenti e dall’altro
compiono la loro ricerca-azione attraversando quindi, le stesse tre fasi.
1. Nella prima fase cognitiva avviene il richiamo della preparazione psicopedagogica sulle modalità e gli stili di
apprendimento degli allievi e disciplinare sul tema oggetto di ricerca.
2. Fa seguito la fase operativa in cui si ha: azione progettuale in situazione, azione di insegnamento e di
ricerca/sperimentazione didattica.
3. La successiva fase metacognitiva insiste sulla riflessione comune riguardo ai risultati prodotti dall’azione degli
allievi e dall’azione di sperimentazione didattica dei docenti, “mettendo in campo” strategie di valutazione e
autovalutazione. La fase della meta cognizione permette inoltre, di individuare le strategie più idonee per migliorare
la propria azione didattica.

10.2.2 La didattica per problemi


Il processo di Problem-Based Learning (PBL), “apprendimento basato su un problema”, rientra perfettamente
nell’ottica costruttivista, in quanto mobilita le conoscenze e le abilità pregresse e costruisce nuove conoscenze
partendo dalla ricerca di soluzioni a un problema. Si tratta di un metodo di apprendimento attivo che esige la
presenza di una serie di fattori: la precisa delimitazione di un problema, il recupero del bagaglio di conoscenze sulla
cui base prospettare la soluzione, la consapevolezza della necessità di integrare le conoscenze con altre
maggiormente rispondenti allo scopo, la capacità di ipotizzare soluzioni e selezionare le più idonee e, infine, illustrare
con efficacia le scelte effettuate.
Il PBL è particolarmente efficace anche nello studio della geografia, la ricerca geografica, infatti, deve essere sempre
collegata a problemi del contesto reale, inerenti alla costruzione e alla salvaguardia del territorio e del paesaggio,
esercitando il pensiero critico e sviluppando competenze relative alla cittadinanza attiva, all’educazione allo sviluppo
e all’intercultura. Il docente agisce da facilitatore, agevolando la ricerca di soluzioni attraverso domande-stimolo.

10.2.3 L’apprendimento cooperativo


L’approccio cooperativo ai processi di apprendimento, o Cooperative Learning (CL), è un approccio pedagogico
(sempre metodo didattico), applicabile con successo alla geografia come a qualsiasi altra disciplina, basato sul
principio dell’interazione fra pari. L’interazione tra due o più allievi contribuisce a determinare i risultati
dell’apprendimento e, soprattutto, influisce sullo sviluppo dei singoli soggetti coinvolti, sia dal punto di vista cognitivo
sia sociale. Una delle principali caratteristiche del Cooperative Learning è l’interazione promozionale faccia a faccia:
l’aiuto reciproco in ogni fase del compito di apprendimento, che migliora sensibilmente le prestazioni individuali e di
gruppo.
Da Stati Uniti e Canada giunge un’articolarità nell’organizzazione dell’apprendimento cooperativo: quello delle tribe
(tribù), La differenza consiste nel mantenere stabili per lungo tempo (anche un intero anno scolastico) gruppi di 3-6
allievi in modo da rafforzare il senso di appartenenza all’interno del gruppo e facilitare l’inclusione di tutti.
Il CL differisce dal tradizionale lavoro di gruppo principalmente per il momento di revisione del lavoro svolto
(processing) e della riflessione sull’efficacia delle azioni che ciascun componente ha messo in atto per raggiungere
l’obiettivo del gruppo.
In sintesi, il Cooperative learning rappresenta rispetto al lavoro di gruppo, un avanzamento più strutturato, inoltre,
grazie all’opportunità che offre di riflettere sulle dinamiche e i risultati del gruppo, risponde in modo più adeguato
alle esigenze imposte dalla società contemporanea di sviluppare nei giovani uno spirito di collaborazione, da
applicare nel mondo del lavoro.

10.2.4 La “classe capovolta”


Dagli Stati Uniti arriva anche la metodologia della Flipped Classroom, “la classe capovolta”: i principi su cui si basa
sono: la centralità degli studenti nel processo di insegnamento-apprendimento e l’applicazione delle tecnologie
informatiche.
Le principali fasi in cui si sviluppa la didattica capovolta sono le seguenti:
 Il docente sulla base di un’attenta osservazione degli allievi e delle loro personali esigenze e alla luce del curricolo,
predispone una serie di lezioni in versione telematica sugli argomenti oggetto di studio;
 A integrazione o in alternativa, il docente ricerca in rete le risorse disponibili per la presentazione dei vari temi e
problemi e li inserisce su una delle piattaforme gratuite per la didattica, fornendo agli allievi precise indicazioni su
come reperire in rete i materiali selezionati;
 Ciascun allievo a casa visiona i contenuti multimediali;
 In aula si svolgono poi, in forma cooperativa e mediante i sussidi tecnologici, tutte quelle attività che nella didattica
tradizionale sono affidate ai compiti a casa in forma individuale.
Molteplici sono i vantaggi derivanti dall’applicazione di questa metodologia, prima di tutto, il coinvolgimento di
ciascun alunno, che diventa protagonista attivo del suo apprendimento sia a casa che a scuola, poi un facile recupero
delle lezioni mancate per eventuali assenze e il miglioramento dei rapporti di collaborazione scuola-famiglia.

10.2.5 A scuola “senza zaino”


Un altro approccio metodologico che è doveroso citare, è quello conosciuto come “Scuola senza zaino” ispirato alla
pedagogia montessoriana. Questo approccio è, almeno teoricamente, il più vicino alla geografia in quanto
educazione spaziale: si basa infatti su un’innovativa organizzazione degli spazi dell’aula e dell’edificio scolastico, volta
ad esaltare alcuni concetti e valori: la responsabilità (individuale e collettiva), la scuola come comunità e
l’apprendimento come fenomeno sociale ovvero frutto della co-costruzione di conoscenze (sociocostruttivismo).
Nell’aula il mutamento avviene sia a livello orizzontale che verticale. Se nella scuola tradizionale lo spazio dell’aula
coincide con un unico luogo di lavoro, organizzato in file di banchi che fronteggiano la cattedra del docente, nel
nuovo assetto orizzontale si creano aree differenziate in base alle funzioni: i tavoli raggruppati a isola per il lavoro di
studio e di ricerca, uno spazio denominato agorà o forum, adibito a momenti di confronti tra pari e con il docente,
spazi attrezzati come laboratori e dotati dei necessari sussidi.
Per quanto concerne l’assetto verticale invece, le pareti dell’aula vengono rivestite secondo la funzione dei vari spazi
orizzontali, di adeguata cartellonistica, scaffalature contenenti libri, strumenti, materiali strutturati. Inoltre, sono
funzionalmente arredati anche gli spazi comuni, i cosiddetti “non luoghi” come i corridoi, androni, spazi aperti.
Lo zaino viene sostituito da una più leggera cartella nella quale inserire soltanto i materiali strettamente necessari.

10.3 L’osservazione diretta, metodo privilegiato della geografia


10.3.1 Dal “geografo dai piedi sporchi di fango” ai geografi “in erba”
“Il geografo dai piedi sporchi di fango” è l’espressione riportata da Armand Fremont e da lui attribuita al geografo
francese René Musset. Ricorda infatti Fremont che il lavoro del geografo non avviene solo nelle biblioteche, negli
archivi o nei laboratori ma anche per le strade, da qui l’espressione sopracitata. Il principale compito del geografo
scrive Fremont, è quello di osservare direttamente sul terreno i fenomeni che vi si verificano e i mutevoli aspetti che
assume il territorio nella sua continua evoluzione. Dunque, anche per i geografi “in erba” vale a dire gli allievi di tutte
le fasce d’età che si cimentano con uno studio della geografia come ricerca attiva, la migliore modalità è sicuramente
quella che comporta l’uscita dalla scuola per condurre osservazioni dirette nello spazio vicino e man mano sempre
più lontano attraverso i viaggi di istruzione.
Nelle Indicazioni Nazionali si è passati da una didattica nell’ambiente a una didattica per l’ambiente e il paesaggio:
questo mutamento sostanzia le teorie pedagogiche che pongono al centro i processi di apprendimento finalizzati a
un’azione concreta e sollecita il pieno coinvolgimento della geografia per l’educazione all’ambiente e allo sviluppo
sostenibile, per la formazione di una coscienza ecologica, per l’educazione alla cittadinanza attiva e alla gestione
partecipata delle risorse del territorio.
Nell’ottica di una scuola incentrata sull’insegnamento e su un apprendimento per ricezione e assimilazione, la
“lezione itinerante”, didatticamente ben strutturata, si collocava su un piano avanzato in quanto mirava a superare
l’estemporaneità e l’occasionalità delle gite scolastiche.
Con il passaggio dalla scuola dell’insegnamento alla scuola dell’apprendimento, la lezione itinerante perde non solo
nominalmente la sua veste di “lezione” per farsi momento basilare in un processo autonomo di acquisizione di
apprendimenti significativi per ricerca e scoperta.
“L’escursione sul terreno” va inquadrata come fase centrale di un progetto o di una unità di apprendimento: perde
così ogni carattere di episodicità e si integra nei percorsi metodologici della geografia.

Pag. 211 Traguardi per lo sviluppo delle competenze raggiungibili attraverso l’escursione sul terreno:
Scuola dell’infanzia  i bambini sperimentano schemi posturali e motori e sono in grado di adattarli alle situazioni
ambientali all’interno della scuola e all’aperto.
Scuola primaria  gli alunni si orientano nello spazio circostante e sulle carte geografiche, usando riferimenti
topologici e punti cardinali; usano il linguaggio della geograficità per interpretare carte geografiche e globo terrestre,
realizzare semplici schizzi cartografici e carte tematiche, progettare percorsi e itinerari di viaggio; ricavano
informazioni da una pluralità di fonti; riconoscono e denominano i principali “oggetti” geografici fisici; individuano i
caratteri che connotano i paesaggi; si rendono conto che lo spazio geografico è un sistema territoriale, costituito da
elementi fisici e antropici legati da rapporti di connessione e/o dipendenza.
Scuola secondaria di primo e secondo grado  gli allievi organizzano un itinerario di visita o di viaggio usando carte
geografiche a diversa scala e testi specifici di consultazione e finalizzandolo a precisi obiettivi; padroneggiano le
tecniche di ricerca legate al metodo di osservazione diretta; riconoscono il paesaggio come patrimonio naturale e
culturale e sono in grado di prospettare e porre in essere iniziative di tutela.

Box proposta di prassi pag. 212-213 Come organizzare un’escursione sul terreno, fasi della progettazione.
1. Fase di allestimento: dibattito con gli allievi per definire obiettivi (deve essere chiaro il perché si progetta l’uscita);
meta (dove recarsi deve essere funzionale agli obiettivi da raggiungere); oggetto di osservazione (bisogna stabilire in
anticipo cosa osservare, quali fenomeni prendere in considerazione); tempi (stabilire quando effettuare l’uscita e
quanto tempo dedicare ad ogni attività); modalità (come realizzare l’escursione, quali mezzi usare, quali metodi e
strategie mettere in atto).
2. Fase di realizzazione: fase centrale dell’escursione, nella quale è possibile per gli allievi esercitarsi a cogliere
direttamente i rapporti tra gli elementi naturali e quelli introdotti dalle attività dell’uomo, così come queste ultime si
sono concretizzate in quel particolare ambiente. È l’occasione per applicare tutte le strategie che sono state previste
nella fase precedente. Ciascun gruppo riferisce agli altri le info raccolte in aula. La funzione del docente è quella di
indirizzare gli allievi suggerendo con domande stimolo le più efficaci piste di ricerca e mantenendo coesi i gruppi.
3. Fase di rielaborazione: ogni escursione si conclude in aula, dove era iniziata. Qui si procede alla catalogazione dei
materiali raccolti e all’allestimento di cartelloni di sintesi o di poster multimediali. È la fase della metacognizione che
include la coscienza dei propri processi di apprendimento, ma anche la consapevolezza degli obiettivi per cui si sono
attivati tali processi in un determinato contesto ambientale, intessuto di relazioni e di interconnessioni.

10.4 Gli strumenti geocartografici per l’osservazione indiretta


Quando una ricerca-azione si incentra su oggetti geografici, fenomeni o territori non facilmente raggiungibili, ma
anche quando implica un approfondimento di studio della realtà locale, occorre rifarsi al metodo geografico di
osservazione indiretta che implica l’utilizzo di una notevole quantità e varietà di strumenti, da quelli classici a quelli
innovativi introdotti dalle nuove tecnologie. Lo strumento principale della conoscenza, dell’indagine e della
comunicazione geografica, è ovviamente, la carta geografica, in tutte le sue declinazioni di contenuto e di scala e il
linguaggio cartografico è universalmente riconosciuto come il codice peculiare della geografia. È importante
accompagnare l’alunno fin dai primi anni di scuola a un corretto approccio alle carte per evitare un atteggiamento di
chiusura e addirittura di rifiuto davanti ad uno strumento che si rivela invece utile per tutta la vita. Si può ad esempio,
aiutare il bambino a comprendere il senso della rappresentazione geografica di un territorio partendo da quello a lui
in qualche misura noto (la propria città o regione) e facendo leva sul pensiero magico, in modo che il bambino possa
trovare una connessione tra piccoli oggetti materiali presenti nel suo vissuto (come foto scattate in un determinato
luogo, una foglia raccolta nell’area verde, una conchiglia…) e luoghi simbolicamente rappresentati sulla carta.
Attraverso questa corrispondenza la carta assume agli occhi del bambino l’aspetto di contenitore delle sue memorie
spaziali e scopre un codice che rappresenta un nuovo modo di comunicare.

Box proposta di prassi pag.214 Nord e sud: in alto e in basso? È consigliabile abituare gli alunni a osservare le
rappresentazioni cartografiche da diversi punti di vista, cambiando l’orientamento, in modo da evitare il formarsi di
stereotipi e pregiudizi legati alla posizione. L’instaurarsi degli stereotipi può essere evitato con alcune strategie
didattiche:
 In tutti gli ordini di scuola, apprendere la carta murale d’Italia al contrario, con il Nord in basso: questo
cambio di orientamento allena gli allievi alla relatività dei punti di vista da cui si osserva sulla carta geografica
la porzione di superficie terrestre rappresentata; nella scuola secondaria si possono usare copie di carte
antiche che presentano l’Est o il Sud in alto per raffrontarle con quelle attuali.
 Nella scuola primaria, stendere sul pavimento la carta murale d’Italia e poi invitare gli alunni, dopo aver tolto
le scarpe, a camminarci sopra sulla base di indicazioni che giungono dall’insegnante e dai compagni.

Box proposta di prassi pag.215 Prendere “appunti spaziali” con il linguaggio cartografico. Una delle migliori modalità
per superare le perplessità degli allievi davanti a una rappresentazione cartografica consiste nel provare a costruirla,
seppure in maniera semplificata e arbitraria e con simboli non convenzionali, dopo aver osservato direttamente una
determinata porzione dello spazio vicino, sulla falsariga delle seguenti tappe:
 Formazione dei necessari prerequisiti nei primi anni di scuola: dopo un primo approccio alla visione
bidimensionale ortogonale attraverso numerosi esercizi-gioco per visualizzare e rappresentare in pianta
piccoli oggetti di uso comune, gli alunni scoprono che sul terreno ciascun oggetto lascia la sua specifica
“impronta”; si passa poi al disegno della pianta dell’aula, come da prassi consolidata e reperibile in qualsiasi
manuale.
 Negli anni successivi, avendo del tutto acquisito dimestichezza con le rappresentazioni ortogonali, gli allievi
degli ultimi anni di scuola primaria e quelli di secondaria di primo grado sono pronti a uscire dalla scuola,
muniti di blocco e matita, per affrontare l’osservazione diretta del circondato.
 Il punto di partenza è l’ingresso della scuola: gli allievi usano la bussola per individuare il Nord e lo segnano
su una piccola freccia in alto a destra sul loro foglio, mentre perlustrano le strade limitrofe, cominciano a
registrare i “punti spaziali”, cioè iniziano a prendere appunti in termini di spazio. Sperimentano così quel
linguaggio cartografico che la maggior parte degli adulti non è avezza a usare, rimanendo priva di un canale
importante di comunicazione di informazioni.
 Prende forma sul foglio di ciascuno uno “schizzo cartografico” relativo al territorio circostante la scuola, su cui
saranno stati tracciati i principali elementi fissi. Il tutto viene corredato da un’opportuna legenda, perché gli
allievi stessi possano in seguito riconoscere ciò che hanno rappresentato.
 Al ritorno in aula viene presentata una pianta del quartiere o di quella specifica porzione e si procede al
confronto tra la pianta “ufficiale” e gli schizzi realizzati dagli allievi, che possono arricchire la pianta con
elementi da loro registrati e scoprire l’uso di simboli e segni convenzionali. L’interesse è così spinto al
massimo: sulla rappresentazione cartografica a grande scala è caduto il velo e d’ora in poi interpretare una
carta geografica o tematica a qualsiasi scala potrà diventare un gioco da ragazzi.

10.5 La fotografia per l’indagine geografica


La fotografia è di certo il mezzo iconico più diffuso, in grado di documentare le microstorie individuali e le geografie
personali (costituite dai luoghi di residenza e da tutti quelli visitati). A scuola e nelle università, le fotografie
costituiscono vere e proprie piste di ricerca e di supporto a indagini di ogni disciplina. Nella didattica della geografia
tuttora la fotografia si rivela il sussidio più utilizzato, diffuso e più facilmente reperibile, a partire dal corredo
iconografico dei libri di testo fino ad arrivare alla grande quantità di immagini disponibili in Internet, che trova
molteplici applicazioni:  Come documentazione dei paesaggi geografici, confrontando foto d’epoca con foto attuali
dello stesso luogo o paesaggio  Come documento per l’analisi di fenomeni geografici e/o di geoforme (ad es., la foce
di un fiume, un lago vulcanico o glaciale, ecc.)  Come mezzo di approccio alla conoscenza di realtà territoriali e
umane lontane e/o differenti, in tal caso la geografia diventa un potentissimo sussidio per la formazione
interculturale e per l’educazione a una cittadinanza consapevole e solidale. Bisogna però prestare attenzione alle
possibili manipolazioni delle immagini fotografiche, oggi sempre più frequenti e più facilmente realizzabili, che in ogni
caso riflettono la realtà solo dal punto di vista di colui che scatta la foto.

Box proposta di prassi pag. 218-220 Guida all’analisi di un paesaggio in fotografia.


Competenze da sviluppare attraverso l’analisi del paesaggio nella fotografia:
Scuola primaria  gli alunni ricavano info geografiche da una pluralità di fonti, tra cui quelle fotografiche;
individuano i caratteri che connotano i diversi paesaggi.
Scuola secondaria di primo grado  gli allievi padroneggiano opportunamente foto attuali e d’epoca per ricavare e
comunicare efficacemente info spaziali.
Scuola secondaria di secondo grado  gli allievi padroneggiano l’uso e l’interpretazione della foto come mezzo di
documentazione di particolari aspetti del paesaggio e del territorio a temi di conservazione e valorizzazione.

Nella prima parte si propone una guida all’analisi di un paesaggio attraverso uno strumento indiretto quale la
fotografia. Si parte dall’approccio emotivo, contemplato nelle prime domande, per giungere all’approccio cognitivo
che comporta il riconoscere un determinato tipo di paesaggio attraverso l’identificazione degli elementi fisici e
antropici, di eventuali elementi caratterizzanti che ne permettano la precisa localizzazione, di elementi da cui poter
dedurre le relazioni dell’uomo con quel tipo di ambiente, anche per analogia con ambienti e paesaggi similari noti. Gli
studenti possono usare le risposte a ogni domanda e le relative spiegazioni per stilare una relazione come prodotto
finale di un compito autentico.
Nella seconda parte è reperibile una guida facilitata con opportune semplificazioni che tuttavia non disperdono gli
scopi del lavoro; può essere usata da alunni dei primi anni di scuola primaria e da allievi con bisogni educativi
speciali.
10.6 La geografia nel cinema
A parte la notevole serie di filmati ad uso didattico su supporto digitale, sicuramente molto gradite ai giovani e ai
giovanissimi sono proprio le produzioni cinematografiche che rientrano nella programmazione delle sale, le quali
sempre più spesso organizzano proiezioni mattutine riservate a classi dei vari ordini di scuola. Tuttavia, raramente
viene prestata attenzione ai particolari dell’ambientazione, per ricavare alcune preziose informazioni di tipo spaziale
e geografico. Uno dei film che è doveroso citare per quanto riguarda l’ambito geografico è sicuramente “Metropolis”
di Fritz Lang del 1926, il primo film tutelato dall’UNESCO. La città del 200, ideata da Lang, venne presa come modello
da molti registi per film di fantascienza e da allora tantissimi film hanno tracciato quella che si potrebbe definire una
“geografia cinematografica” diventata fonte di ricerca e dio didattica.

Box proposta di prassi pag. 222-224 Guida all’analisi di un ambiente/paesaggio nel cinema.
Competenze da sviluppare attraverso l’analisi dell’ambientazione di un video o di un film:
Scuola primaria  gli alunni ricavano info geografiche da fonti cinematografiche; individuano i caratteri che
connotano i diversi paesaggi, reali o di fantasia, trasposti sullo schermo.
Scuola secondaria di primo e secondo grado  gli allievi usano opportunamente prodotti multimediali per ricavare e
comunicare efficacemente info spaziali e per documentare e/o denunciare particolari aspetti del paesaggio e del
territorio legati a temi di conservazione e valorizzazione.
Per far viaggiare gli allievi in uno spazio /paesaggio altro e ricavarne emozioni e informazioni utili alla ricerca che
stanno mettendo in campo o che seguirà, si propone un es. di guida all’analisi di un ambiente/paesaggio geografico
rappresentato nelle opere cinematografiche. Tale guida fa riferimento sia agli spazi interni che esterni.
Nel primo caso l’attenzione dello studente-spettatore può appuntarsi sugli elementi dell’arredo o sulla suddivisione
degli spazi interni: da questi fattori può capire se lo spazio risulta ben organizzato, se rispecchia l’ambientazione della
vicenda narrata, se nella vita reale un ambiente interno di questo tipo vada a suo avviso modificato e come. La
riprogettazione di uno spazio interno, sebbene indirettamente conosciuto, può essere considerata una competenza
specifica da raggiungere anche attraverso la geografia.
Stessa cosa può dirsi per il paesaggio oggetto di riprese cinematografiche: qualora si trattasse di un paesaggio reale
potrebbe essere riconosciuto attraverso l’applicazione del metodo di analogie e differenze con altri paesaggi noti; se
invece fosse una ricostruzione di fantasia potrebbe consentire la ricerca delle differenze tra un paesaggio reale e uno
fantastico, annotando gli elementi che vengono stravolti e quelli che in qualche modo riproducono la situazione
reale. È interessante ritrovare in un paesaggio cinematografico di fantasia proprio la “matrice” reale, mascherata
dietro stratagemmi ed effetti speciali che la alterano.
Il collegamento tra cinema e paesaggio urbano, svolge l’importante funzione di accendere i riflettori, e quindi
l’attenzione del grande pubblico, su zone o quartieri urbani nel passato degradati e malfamati e oggi in tutto o in
parte riqualificati, spostando di conseguenza in queste aree flussi di turisti che possono contribuire a un definitivo
cambiamento anche nell’immaginario collettivo.
Si propone anche una guida che può essere di sussidio agli allievi per la lettura geografica di un’opera
cinematografica: scoprono così una chiave diversa, che di certo può incuriosirli e abituarli a prestare attenzione anche
a questi importanti aspetti tutte le volte che avranno occasione di assistere a una proiezione.

10.7 I repertori statistici


I dati statistici costituiscono una fonte importantissima per la ricerca geografica, ma anche per l’indagine geografico-
territoriale nella scuola. La lettura e l’interpretazione dei dati quantitativi in qualsiasi forma elaborati, presuppone
indispensabili prerequisiti che possono scaturire solo da uno stretto collegamento interdisciplinare con la
matematica. Si potrebbe ad esempio, condurre una ricerca sulle cause e le situazioni che si celano dietro il tasso di
mortalità infantile sotto ai cinque anni o al tasso di scolarità delle femmine e dei maschi nel confronto tra Paesi
economicamente sviluppati e Pesi svantaggiati. È inoltre importantissimo abituare gli allievi alla lettura critica dei dati
statistici; devono infatti comprendere che neppure i dati quantitativi presentano il massimo della precisione e
dell’oggettività: i dati e i grafici possono infatti risultare manipolabili per fare emergere o celare un determinato
fenomeno. Per ovviare a questo rischio, occorre abituare gli allievi a confrontare repertori elaborati da fonti diverse e
a consultare comunque, per ogni fenomeno preso in esame, documentazioni di vario tipo.

Box proposta di prassi pag. 225-226 Approccio al concetto della densità di popolazione.
Competenze da sviluppare:
Scuola primaria  gli alunni comprendono che dietro i numeri della geografia, i dati statistici e i grafici si celano
fenomeni, fatti e persone e ne fanno uso consapevole.
Già nei primi anni di scuola primaria si possono avvicinare gli alunni alla comprensione di dati numerici riferiti a
concetti geografici, in modo tale che acquistino da subito dimestichezza che in seguito farà vincere la diffidenza.

10.8 Raccordi interdisciplinari: geografia e letteratura


Le fonti di carattere linguistico a cui i ricercatori hanno fatto spesso ricorso sono i resoconti di viaggio, i diari di bordo,
le guide turistiche e gli articoli di riviste specializzate, tuttavia, il risultato più incisivo è dato dalle opere letterarie di
ogni epoca, dai poemi alle raccolte liriche e ai romanzi. Moltissime sono infatti le pagine d’autore che sollecitano la
conoscenza o la riscoperta di luoghi di ambientazione, spesso marginali o dimenticati che necessitano di essere
valorizzati. A parte il recente fenomeno turistico che si è sviluppato intorno ai luoghi di ambientazione dei libri di
autori contemporanei diventati veri e propri best-sellers, è da segnalare anche l’istituzione dei parchi letterari, ossia,
aree d’interesse che hanno ispirato pagine d’autore in cui vengono istituiti centri di accoglienza, spazi museali e
laboratori di ricerca, pronti a ricevere scuole di ogni ordine e grado oltre alle università. È molto importante non solo
nella scuola, ma anche in tutto il percorso di apprendimento permanente, che ad ogni lettura di un’opera letteraria o
di un suo brano, si ponga attenzione all’ambientazione, per scoprire gli aspetti geografici di luoghi noti o che possano
poi essere direttamente o indirettamente osservati. Rispetto al cinema, inoltre, nella lettura di un testo scritto si
ottiene il valore aggiuntivo dell’immaginazione personale.

Box proposta di prassi pag. 228-229 Interpretazione geografica dei brani letterari.
Competenze da sviluppare attraverso il raccordo tra geografia e letteratura:
Scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado  gli allievi ricavando info geografiche da fonti letterarie:
individuano i caratteri che connotano i diversi paesaggi descritti dalla sensibilità degli scrittori; realizzano un percorso
di ricerca-azione allo scopo di ideare soluzioni per la salvaguardia e la valorizzazione di territori e paesaggi che hanno
costituito l’ambientazione di opere letterarie.
La prima fase di un’attività di ricerca-azione che colleghi letteratura e geografia è la lettura seguita dall’analisi
testuale. Nel primo es. (incipit dei Promessi Sposi) l’analisi testuale è rapportata all’estrapolazione di info geografiche
sui luoghi d’ambientazione dell’opera.
Il secondo brano tratto da Childe Harold’s Pilgrimage di lord Byron, ci sono varie espressioni che offrono l’occasione
per affrontare temi di geografia fisica, politica e i temi della geografia dei valori.

Box proposta di prassi pag.230 Un percorso sequenziale di ricerca-azione tra geografia e letteratura.
Si indica un percorso sequenziale di lettura e interpretazione di un’opera letteraria sotto il profilo geografico che
implichi anche la visita ai luoghi di ambientazione o la conoscenza indiretta dei luoghi stessi attraverso fonti iconiche,
cartografiche, storiografiche, statistiche.

10.9 Raccordi interdisciplinari: geografia e arte


Per sviluppare il primo approccio estetico al paesaggio e poter poi applicare l’approccio geografico attraverso il
modello scientifico, rappresentano un grande supporto alla conoscenza indiretta le fonti grafico-pittoriche, scultoree,
architettoniche e archeologiche, ovvero l’arte espressa in tutte le sue forme. Questo approccio estetico, filtrato dalla
sensibilità e dall’abilità degli artisti, agevola negli studenti la comprensione e la piena consapevolezza del paesaggio
come patrimonio composto di “beni”, ossia di elementi naturali e culturali. Per cogliere, ad esempio, l’evoluzione nel
tempo di un paesaggio, non è utile solamente la pittura di paesaggio, che nasce nel Seicento, ma anche i dipinti più
risalenti in cui compaiono paesaggi sullo sfondo. Si pensi al doppio ritratto dei duchi di Urbino realizzato da Piero
della Francesca, in cui viene raffigurato sullo sfondo il paesaggio collinare marchigiano oppure ancora agli affreschi di
Ambrogio Lorenzetti sugli effetti del buon governo in città e in campagna e gli effetti del cattivo governo, che offrono
l’opportunità di mettere a fuoco una serie di temi anche in collegamento con la storia, l’economia e con le scienze, tra
cui: il mutamento dell’assetto economico-produttivo e nel rapporto città-campagna con l’approssimarsi della fine
dell’età medievale e dell’economia curtense.

Box proposta di prassi pag. 232-233 Guida alla lettura geografica di un monumento.
Gli allievi ricavano info geografiche da fonti artistiche; riconoscono le caratteristiche di paesaggi nelle opere pittoriche
dei secoli passati e colgono le trasformazioni nel confronto con i paesaggi attuali; individuano la provenienza
geografica dei materiali usati nei monumenti architettonici e scultorei; riconoscono la funzione di un monumento
rispetto alla sua collocazione spaziale; individuano sulla carta geografica i percorsi utili per raggiungere il monumento
o l’allestimento museale.
Lettura in chiave geografica di monumenti scultorei e architettonici di varie epoche, a partire da quelli dell’antichità.
11. La valutazione in geografia
11.1.1 La valutazione: dall’ipse dixit ai modelli oggettivi
Sul complesso e delicato tema della valutazione, negli ultimi decenni si sono intensificati gli studi di numerosi teorici
di varia estrazione che hanno offerto il loro contributo per la strutturazione e validazione di modelli sempre più
sofisticati di verifica e valutazione dei risultati del processo di apprendimento. Nel passaggio dalle teorie alla prassi
scolastica e universitaria sono nati e si stanno manifestando vari impedimenti: da una parte troviamo una mancanza
di aggiornamento specifico nella preparazione dei docenti, soprattutto di coloro che in tanti anni di insegnamento
erano abituati a quella che si potrebbe definire la valutazione dell’ ipse dixit, ovvero una valutazione non vincolata da
alcuna richiesta di motivazione e che prendeva in considerazione solamente il livello di preparazione atteso. D’altra
parte, si presenta l’ostacolo, opposto al precedente, rappresentato dal fatto che i docenti, opportunamente
aggiornati sulle metodologie di valutazione di carattere oggettivo, possano correre il rischio di applicare un eccessivo
tecnicismo nelle procedure di misurazione delle prove, tralasciando l’aspetto formativo della valutazione autentica e
di una comunicazione empatica ad allievi e famiglie. L’atto valutativo costituisce una parte del processo di
insegnamento/apprendimento e di formazione estremamente importante, è necessario dunque, diffondere una sana
e reale cultura della valutazione, solo così ci si potrà trovare di fronte a studenti sereni e collaborativi, in grado di
realizzare un sapere valido e duraturo. Il processo di insegnamento/apprendimento comprende alcune principali fasi
che possono a volte coesistere, ma che qui si elencano in successione al solo scopo di chiarezza espositiva:
a. Fase di osservazione, attraverso la quale si procede all’accertamento della situazione di apprendimento degli
allievi, iniziale e in itinere.
b. Fase dell’azione didattica di insegnamento/apprendimento: è la fase centrale del processo, quella che applica tutte
le metodologie e le strategie più efficaci.
c. Fase di verifica dei risultati in relazione agli obiettivi prefissati.
d. Fase della valutazione: è la fase dell’interpretazione dei risultati peer ottenere informazioni e conferme da una
parte sul processo di sviluppo delle competenze di ciascun allievo e dall’altra sulla validità dell’azione didattica
“messa in campo” e sull’eventuale necessità di correzioni di rotta.

11.1.2 La valutazione in decreti e documenti nazionali e internazionali


Una precisa ed articolata definizione della valutazione si ritrova nell’articolo 1 di un decreto del 2017: “La valutazione
ha per oggetto il processo formativo e i risultati di apprendimento degli studenti e delle studentesse, ha finalità
formativa ed educativa e concorre al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo degli stessi,
documenta lo sviluppo dell’identità personale e promuove l’autovalutazione di ciascuno in relazione alle acquisizioni
di conoscenze, abilità e competenze. A livello internazionale, la raccomandazione del Consiglio europeo del 22
maggio 2018 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente fornisce ai decisori e agli addetti ai
lavori dei vari Stati il suggerimento di rifarsi, nella valutazione, proprio alla descrizione delle competenze chiave di
cittadinanza contenuta nel documento europeo. Tornando nell’ambito specifico della geografia, la Carta
Internazionale dell’Educazione Geografica si limita a porre tra le questioni più rilevanti per la ricerca nell’educazione
geografica due interrogativi: “Come possiamo verificare la progressione degli apprendimenti in geografia? E come
possiamo calibrare e valutare al meglio questi apprendimenti?”. La questione della valutazione è perciò ritenuta di
notevole rilievo anche in geografia. Per quanto riguarda l’Italia, le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola
dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione del 2012 vengono in parte in soccorso ai docenti e ì, sintetizzando tutte le
ultime teorie, sembrano fornire precise risposte alle loro domande di chiarimento.

11.2 La valutazione iniziale, per una “diagnosi” efficace


Occorre distinguere nell’articolato processo di valutazione degli apprendimenti, tre funzioni della valutazione stessa:
diagnostica (iniziale), formativa e sommativa. La valutazione diagnostica è la valutazione che si compie per accertare i
prerequisiti già in possesso degli allievi all’inizio di ogni anno scolastico e all’ingresso in un nuovo ordine e grado di
istruzione. “Diagnostica” perché consente ai docenti di effettuare una “diagnosi” circa la situazione di partenza di
ciascun alunno e della classe nel suo complesso, al fine di tarare al meglio e personalizzare il progetto formativo in
aderenza al curricolo. Anche per la geografia, come per le altre discipline, si sottopone agli allievi una serie di test di
ingresso, basata in particolar modo su prove oggettive strutturate (test a scelta multipla, vero/falso, sì/no, ecc.) Le
prove sono fornite in quantità e varietà dai manuali e dalle riviste specializzate. Alla fine, si elabora una griglia di
osservazione dei prerequisiti di educazione spaziale e geografica rilevati attraverso le varie prove. Per la valutazione
diagnostica, come per tutte le altre fasi, è opportuno utilizzare direttamente i 4 livelli previsti dai documenti
ministeriali per la certificazione delle competenze in modo da predisporre materiali omogenei a quanto richiesto su
scala nazionale.

Tabella pag. 240 griglia di sintesi per la certificazione di competenze geografiche in uscita dalla scuola primaria e per
l’accertamento dei prerequisiti geografici all’ingresso della scuola secondaria di primo grado.
Orientamento Linguaggio geo- Paesaggio Regione e sistema
graficità territoriale
L’alunno si orienta L’alunno usa il L’alunno ricava info L’alunno si rende
nello spazio linguaggio della geo- geografiche da una conto che lo spazio
circostante e sulle graficità per pluralità di fonti; geografico è un
carte geografiche, interpretare carte riconosce e sistema territoriale,
usando riferimenti geografiche e globo denomina i costituito da
topologici e punti terrestre, realizzare principali “oggetti” elementi fisici e
cardinali. semplici schizzi geografici fisici; antropici legati da
cartografici e carte individua i caratteri rapporti di
tematiche, che connotano i connessione e/o
progettare percorsi e paesaggi con interdipendenza.
itinerari di viaggio. particolare
attenzione a quelli
italiani e individua
analogie e differenze
con i principali
paesaggi europei e
di altri continenti;
coglie nei paesaggi
mondiali della storia
le progressive
trasformazioni
operate dall’uomo
sul paesaggio
naturale.
Elenco allievi Livelli di valutazione Livelli di valutazione Livelli di valutazione Livelli di valutazione
ABCD ABCD ABCD ABCD

11.3 La valutazione formativa


11.3.1 Un processo in itinere, tra valutazione e autovalutazione
La valutazione formativa è un processo in itinere, condotto dai docenti e dagli studenti stessi (sotto forma di
autovalutazione e di valutazione tra pari) che da una parte testa i progressi nell’apprendimento, la capacità
metacognitiva del singolo allievo /ovvero la capacità di riflettere sul proprio sapere e sul proprio stile di
apprendimento), il suo modo di relazionarsi all’interno del gruppo e il grado di responsabilità maturato; d’altra parte
permette di valutare l’efficacia dell’azione didattica e di promuovere eventuali azioni di recupero organizzate per
singoli o per gruppi di allievi. Il passaggio dalla valutazione dell’apprendimento alla valutazione per l’apprendimento,
implica il pieno coinvolgimento dello studente nei processi valutativi, e quindi comporta lo spostamento della sua
attenzione, in genere concentrata solo o soprattutto sul voto o giudizio, anche sugli obiettivi che deve perseguire. In
sintesi, la valutazione per l’apprendimento promuove la crescita globale della persona e la avvia al successo
personale. Poiché prevede la collaborazione dello studente, la valutazione formativa rientra nella sfera teorica del
sociocostruttivismo. Essa prevede che le prove siano accompagnate da un feedback sia degli studenti che dei docenti;
gli studenti affinché possano rendersi consapevoli del livello che hanno raggiunto nel loro percorso e di ciò che
devono ancora fare per consolidarlo o per procedere al livello successivo, ma anche per correggere eventualmente la
rotta, i docenti perché possano formarsi un quadro del livello raggiunto da ciascuno studente e dal complesso della
classe. La valutazione formativa segue ogni allievo in tutte le tappe del suo percorso di apprendimento e lo fa
riflettere sui suoi punti di forza, svolgendo un’azione di gratificazione che conduce ad un accrescimento
dell’autostima della motivazione a proseguire verso nuovi successi, e i suoi punti di debolezza, attraverso il rinforzo
della motivazione ad apprendere e delle strategie maggiormente idonee e personalizzate. Il docente ha il compito di
osservare gli allievi mentre sono impegnati in un’attività di apprendimento o di gioco, al fine di evidenziare le
caratteristiche di ciascuno ma anche le dinamiche interpersonali e lo spirito di collaborazione con gli altri. Affinché
questa azione risulti davvero efficace occorre che il docente abbia ben chiaro cosa, come, perché e quando
osservare. L’insegnante deve saper osservare il percorso che ciascuno dei suoi allievi compie nel suo processo
evolutivo, il suo modo di agire in base al proprio stile cognitivo, l’interesse e l’impegno che pone per raggiungere le
sue mete in merito alla conquista di apprendimenti significativi e di competenze, le sue modalità di rapportarsi con gli
altri e di offrire il proprio contributo attivo nei gruppi di lavoro collaborativo. È inoltre necessario che il risultato di
ciascun momento osservativo venga registrato regolarmente, per ogni allievo, su un diario di osservazione, in cui
l’insegnante annota tutte le principali informazioni ricavate, cercando di essere il più possibile oggettivo.
Box proposta di prassi pag. 242-244 L’interrogazione orale: dalla prova tradizionale alla valutazione formativa.
L’interrogazione orale è, anche per la geografia, la prova tradizionale più diffusa nelle scuole di ogni ordine e grado e
nell’università, oggi sempre più spesso affiancata da prove oggettive strutturate quali le varie tipologie di test.
Tuttavia, l’interrogazione tradizionale è assai distante dalla funzione formativa della valutazione: generazioni di
studenti si sono misurate con la temibile “interrogazione alla cattedra” con uno o più allievi chiamati ai lati della
docente, in attesa della domanda e speranzosi di saper fornire una soddisfacente risposta, mirando a ricevere un voto
almeno sufficiente.
La prova orale presenta una validità che va ancora considerata, in quanto persegue, tra gli altri, l’importante obiettivo
di migliorare la capacità di espressione orale, fluida e corretta e allena anche la capacità di parlare davanti a un
pubblico, mantenendo la concentrazione per fornire una risposta argomentata e centrata sulla richiesta ricevuta.
Dunque la prova orale può essere rivisitata, ai fini di una valutazione formativa, seguendo una procedura sulla
falsariga di questa che si propone e che è applicabile a tutti gli ordini di scuola.
Per prima cosa bisogna fornire agli studenti i criteri che saranno seguiti dal docente per la valutazione, in modo che
sappiano fin da subito su quali elementi saranno valutati.
Gli va resa nota, con un certo anticipo, una lista di domande relative alle conoscenze e alle abilità da accertare.
Pertanto alle domande che richiedono solo di recuperare ed esporre conoscenze apprese si affiancano quelle che
portano all’estrinsecazione di apprendimenti significativi, che esulino dal contesto di studio e si applichino alla
soluzione di situazioni problematiche di vita reale, dimostrando l’acquisizione di competenze.
A una coppia di allievi va fatta sorteggiare una domanda tra quelle presenti nella lista e si lascia qualche minuto
perché gli interessati possano discutere tra loro e organizzare l’esposizione.
Durante la prova orale il docente svolge la funzione di regista e facilitatore; invita i singoli ad aggiungere qualche
particolare o precisazione ulteriore, curando che ciascuno esprima le proprie conoscenze e idee, che dimostri l’abilità
di consultare la carta geografica per localizzare aree, temi, problemi e fenomeni geografici di cui si sta trattando.
L’interazione tra gli allievi che sostengono la prova permette sia agli studenti che al docente di verificare conoscenze
più ampie, ma anche processi di pensiero.
Conclusa la prova, gli allievi riflettono sul loro andamento, su ciò che sono riusciti a esporre e sugli aspetti che
dovrebbero migliorare.
Ciascun allievo compila la scheda di autovalutazione che andrà a costituire la documentazione dell’esito finale
insieme al giudizio del docente, meglio se accompagnato da un commento scritto.

11.4 La valutazione sommativa


11.4.1 Strategie e strumenti per una valutazione conclusiva
La valutazione sommativa è quella che mira ad accertare con vari strumenti di verifica il possesso di conoscenze,
abilità e competenze, concentrandosi sul prodotto finale dell’apprendimento. Essa si realizza alla fine di una unità di
apprendimento o di un suo segmento, oppure a conclusione di un progetto educativo-didattico, ma anche al termine
di un trimestre o di un quadrimestre e alla fine dell’anno scolastico. Questo tipo di valutazione è basato su una vasta
gamma di prove, da quelle a risposta aperta a quelle a risposta chiusa, come le prove oggettive strutturate (test a
scelta multipla, vero/falso, ecc.). A tutte si attribuisce un punteggio che si utilizza per verificare a quale livello siano
stati raggiunti da ciascun allievo gli obiettivi prefissati nel curricolo. La valutazione sommativa si traduce in un giudizio
sintetico (un voto o in un livello di apprendimento) e non richiede attività metacognitive da parte degli allievi.

Box proposta di prassi pag. 245 Una prova molto diffusa: il completamento di un testo.
Tra le varie tipologie di prove oggettive si presenta una prova a completamento. Si tratta di inserire in un brano
alcune parole mancanti, scegliendole da una lista. Per allestire la prova i docenti dovranno sostituire con puntini le
parole sottolineate nel brano; questi stessi vocaboli andranno poi scritti, in ordine sparso, in fondo alla scheda. La
consegna di lavoro consiste nell’invitare gli allievi a scegliere dalla lista di parole di volta in volta quella giusta da
inserire nei buchi.

11.5 La valutazione autentica di competenze geografiche


11.5.1 I compiti di realtà
Sul finire degli anni Novanta, a partire dai Paesi anglofoni, l’attenzione è passata da una valutazione oggettivo-
comportamentista, basata su verifiche standardizzate ad una valutazione qualitativo-costruttivista, in grado di
considerare non solo ciò che si è appreso e in quale quantità, ma anche ciò che si è in grado di fare con quanto si è
appreso. Da allora si è iniziato a parlare di valutazione autentica, in grado di verificare e allo stesso tempo stimolare
lo sviluppo delle competenze. Ciò può avvenire se gli studenti sono messi nelle condizioni di apprendere in situazioni
concrete, vicine alla realtà (apprendimento situato) e dunque di cimentarsi in compiti di realtà, ossia, delle situazioni-
problema, quanto più possibile vicine al mondo reale, da risolvere utilizzando conoscenze e abilità già acquisite. Nel
caso della geografia i compiti di realtà appaiono ancora più appropriati in quanto introducono nella scuola la
complessità del mondo reale e abituano ad affrontarla simulando situazioni che si possono verificare nella vita
quotidiana. Anche se apparentemente risultano più difficoltosi e necessitano di un tempo disteso, i compiti di realtà
sono senza dubbio efficaci poiché mettono alla prova tutte le competenze spaziali e geografiche acquisite ma anche
le competenze di vita o “life skills”.
Varie proposte di compiti di realtà da realizzare in classe, Box proposta di prassi pag. 246-248 Dalla ricerca-azione alla
valutazione autentica: “popolamento e spopolamento di territori italiani”. Questa proposta di compito di realtà si
lega allo sviluppo di una ricerca-azione sul tema della distribuzione insediativa sul territorio italiano, che da decenni
registra uno spostamento della popolazione delle aree montane e collinari appenniniche alle zone costiere.
Dopo aver condotto lo studio dell’Italia, dei suoi paesaggi, delle regioni fisiche, climatiche e amministrative, gli allievi
dovrebbero essere in grado di svolgere un compito di questo tipo che li porta ad applicare le competenze acquisite a
una situazione reale. Più sotto vengono esplicitate, in linea di massima, le fasi di sviluppo del compito autentico.
Nella tabella è esemplificato un modello di valutazione, applicato alla proposta appena formulata e adattabile a tutti i
compiti autentici, basato sui livelli individuati dal MIUR per la certificazione delle competenze e già compilato con le
descrizioni relative a ciascun livello. Per l’attribuzione dei livelli e della relativa descrizione si procede, secondo il
modello ministeriale, per sottrazione, retrocedendo dal livello avanzato, con il giudizio più positivo possibile, fino a
quello iniziale, con quello meno positivo.
Gli allievi si organizzano in gruppi di lavoro cooperativo. A ciascun gruppo vengono consegnati i brani relativi ai
comuni di Cervia (Ravenna) e di Pescopennataro (Isernia) con i rispettivi grafici relativi all’andamento demografico dal
1951 al 2018. Gli allievi procedono prima singolarmente, poi in gruppo, all’analisi e al confronto dei due grafici, da cui
far scaturire il problema di conoscenza, che sottende un problema reale intercettato da una domanda: perché si
verifica una situazione demografica così opposta in due diverse zone d’Italia?
Prende avvio la ricerca: attraverso la lettura dei due brani, la localizzazione dei due comuni sulla carta fisico-politica
d’Italia e, avendone la possibilità, il lavoro con i geobrowser, gli allievi ricavano le info utili a fornire una spiegazione
delle cause che hanno determinato due situazioni contrarie. In un dibattito generale si giunge alle conclusioni
condivise, che possono essere sintetizzate in una relazione scritta o in un ppt corredato di immagini. Il passaggio
ulteriore è quello di individuare proposte di valorizzazione e di ripopolamento del territorio del comune montano,
facendo leva sui punti di forza estrapolati in precedenza. Anche questo lavoro, dopo un dibattito per la condivisione e
la scelta di proposte unitarie, deve trovare il massimo della visibilità nel prodotto cartaceo o multimediale.
L’ultimo passaggio è quello della metacognizione, in cui ciascun allievo è portato a riflettere sui risultati del lavoro, sul
suo livello di apprendimento e sul suo grado di soddisfazione; tale riflessione conduce all’autovalutazione, elemento
imprescindibile di ogni valutazione per l’apprendimento.

Tabella pag. 247 livelli di valutazione del compito di realtà “popolamento e spopolamento di territori italiani” con es.
di descrizione.
Livello Descrizione
A – Avanzato L’allievo svolge compiti in situazioni nuove mostrando
una completa padronanza nell’applicazione di
conoscenze e abilità all’analisi degli aspetti demografici,
di densità di popolazione e di differente distribuzione;
sa individuare i punti di forza e di debolezza che
determinano le diverse situazioni in territori italiani
costieri e montani; progetta soluzioni per il
ripopolamento dei territori appenninici.
B – Intermedio L’allievo svolge compiti in situazioni nuove, mostrando
di saper applicare le principali conoscenze e abilità
acquisite all’analisi di alcuni fenomeni demografici
dell’Italia e di comprendere le principali cause che
determinano il popolamento e lo spopolamento di
territori costieri e montani; partecipa in maniera attiva
alla progettazione di soluzioni per il ripopolamento dei
territori appenninici.
C – Base L’allievo svolge compiti in situazioni nuove, con la
collaborazione del gruppo dei pari e la guida del
docente, mostrando di possedere le basilari conoscenze
e abilità necessarie a comprendere le principali cause
che determinano alcuni fenomeni demografici
dell’Italia, come il popolamento e lo spopolamento dei
territori costieri e di quelli montani.
D – Iniziale L’allievo solo se guidato dal gruppo dei pari e dal
docente, usa le conoscenze e le abilità minime per
poter comprendere alcuni fenomeni demografici relativi
a territori italiani.

Box proposta di prassi pag.248-250 allestire una mostra con le somatopìe.


L’organizzazione e allestimento di una mostra è uno dei compiti autentici più diffusi. In questo caso l’originalità sta nel
soggetto della mostra: le somatopìe delle regioni italiane, sono rappresentazioni in emblemi antropomorfi di luoghi,
arricchiti da simboli identitari riferiti alla cultura, alla storia, alle tradizioni e all’economia dei luoghi stessi.
L’applicazione didattica si è rivelata efficace anche perché prevede il collegamento con la disciplina “arte e
immagine”.
Queste le tappe in cui la si può realizzare come compito di realtà, ai fini della valutazione autentica.
Gli allievi si organizzano in piccoli gruppi di lavoro cooperativo, ciascuno dei quali sceglie una regione. Il docente
fornisce le consegne di lavoro (disegnare la regione scelta sotto forma di donna o di uomo a seconda del toponimo e
inserire in ciò che indossa o sullo sfondo, alcuni elementi che la caratterizzano e che permettano di riconoscerla). I
gruppi si mettono al lavoro: discutono sul come rappresentare la regione e quali elementi inserire perché possa
essere riconoscibile; in questa fase sono liberi di consultare il libro di testo per selezionare elementi caratterizzanti;
procedono poi con il disegno, dividendosi i compiti.
I singoli disegni vengono mostrati all’intera classe, che dovrà “indovinare” di quale regione italiana si tratta. I gruppi
tornano poi al lavoro per completare la loro raffigurazione con una didascalia che spieghi quali elementi sono stati
inseriti e perché. A questo punto il materiale della mostra è definito; ciascun gruppo provvede a incollare il foglio su
un cartoncino, a rifinire i margini con un nastro gommato colorato e a incollare sul retro un gancio. I “quadri” per la
mostra sono pronti.
Le successive fasi sono relative all’organizzazione della mostra: scelta della location, della data e della durata,
organizzazione dei turni per le guide, preparazione dell’illustrazione che ogni allievo-guida dovrà fare. La fase finale è
quella della metacognizione: si riflette su ciò che si è appreso nello svolgimento di questo compito autentico, sui
risultati ottenuti e su ciò che si dovrebbe ancora compiere per migliorare le proprie conoscenze e abilità.

Tabella pag. 249 Livelli di valutazione del compito di realtà “Allestire una mostra con le somatopìe” e relativa
descrizione.
Livello Descrizione
A - Avanzato L’alunno svolge in situazioni nuove compiti che
mostrano una completa padronanza nell’uso delle
conoscenze relative ai caratteristici aspetti
geomorfologici, economici, culturali, sociale, delle
tradizioni e del folklore dell’Italia e delle sue regioni
amministrative.
B - Intermedio L’alunno svolge compiti in situazioni nuove, mostrando
di saper usare le conoscenze e le abilità acquisite in
relazione ai fondamentali aspetti geomorfologici,
economici, culturali delle tradizioni dell’Italia e delle sue
regioni amministrative con buona padronanza.
C - Base L’alunno svolge compiti in situazioni nuove, con la
collaborazione del gruppo dei pari, mostrando di
possedere le basilari conoscenze e abilità relativi ai
principali aspetti caratteristici, fisici e antropici,
dell’Italia e delle sue regioni.
D - Iniziale L’alunno, solo se guidato dal gruppo dei pari e dal
docente, usa le conoscenze minime relative all’Italia e
alle sue regioni amministrative per applicarle in compiti
nuovi.
Box proposta di prassi pag. 250-252 L’applicazione del modello WebQuest a un compito di realtà: “organizzare una
coricera”.
Il modello WebQuest coniuga aspetti delle moderne metodologie con l’uso delle tecnologie informatiche. Il modello
è stato reso noto da Bernie Dodge che lo ha messo a punto. Consiste nell’effettuare in classe, in gruppi di
apprendimento cooperativo, un lavoro di ricerca-azione su fonti reperibili in rete, finalizzato alla realizzazione di un
prodotto multimediale e all’acquisizione di competenze e di un apprendimento significativo.
Per la geografia il prodotto multimediale potrebbe consistere in una carta tematica interattiva o in un ppt sul tema
trattato, da inserire nel web. Da tutto ciò è facile dedurre come il WebQuest possa essere applicato con successo
anche alla valutazione autentica, ad es. attraverso l’assegnazione di un compito di realtà che preveda l’organizzazione
di una crociera nel Mediterraneo, con tappe in alcuni dei principali porti italiani (primaria) e delle sponde
settentrionali e meridionali del bacino mediterraneo (secondaria di primo grado).
Tutte le info circa le località toccate e le relative regioni o Stati, devono essere reperite in rete, soprattutto sulle
pagine web selezionate dal docente.
La seguente può essere una procedura da adottare:
Fase introduttiva: il docente, dopo aver proceduto a un’attenta ricognizione delle risorse in rete, introduce il compito
di realtà. Dalla consultazione della carta fisico-politica del bacino del Mediterraneo scaturisce il confronto di idee per
la scelta condivisa delle varie tappe e per tracciare l’itinerario più idoneo.
Gli allievi di dividono in gruppi; a ciascun gruppo viene assegnato lo studio di una città oggetto di tappa della crociera
e vengono forniti i link delle pagine web da consultare. La ricerca inizia. Il docente è pronto ad agire da facilitatore,
fornendo spiegazioni e chiarimenti.
Una volta raccolte tutte le info, integrando i materiali reperiti sul web con spiegazioni del docente e/o tratte da testi,
gli studenti provvedono a selezionarle ed organizzarle, producendo una presentazione ppt che illustri gli aspetti più
significativi di ogni luogo toccato dall’itinerario della crociera. Il prodotto multimediale realizzato può essere mostrato
in un incontro con le famiglie e con studenti di altre sezioni e poi reso pubblico inserendolo sul web.
Gli studenti riflettono infine sul lavoro svolto, sulla validità delle procedure adottate e sui risultati raggiunti, anche in
termini di autovalutazione dell’apprendimento.

Nella scuola secondaria di primo grado, dove la maturità degli allievi è maggiore e lo sono anche i prerequisiti non
solo geografici, possono emergere problemi legati al confronto tra gli itinerari dei croceristi per turismo e le rotte
disperate dei migranti. In tal caso si aprirebbe un ambito di ricerca con un altro campo di realtà, più cruda e
complessa.

Box proposta di prassi pag. 253-254 Indagine sul territorio: “Riscoprire e pubblicizzare il proprio centro abitato”.
Compito autentico, cuore di un progetto di ricerca-azione dalle forti valenze interdisciplinari, consente agli allievi di
rendersi consapevoli dell’importanza di conoscere il territorio in cui vivono e/o in cui sono nati, in quanto parte
integrante della costruzione delle proprie esperienze formative.
Ciò vale ancora di più per gli studenti di diversa etnia, i quali si accostano alla nuova realtà territoriale e culturale
senza dimenticare le loro radici, ma costruendo un confronto proficuo per sé stessi e per i propri compagni. Perché gli
apprendimenti possano diventare realmente significativi occorre una motivazione forte, una finalizzazione delle
attività di ricerca che faccia leva sull’interesse e la curiosità per i temi che si vanno a indagare e sulla dimensione
emotiva dell’intelligenza: tale motivazione si può individuare nell’allestimento di una sorta di campagna pubblicitaria,
al fine di far apprezzare a coetanei di altre città, o agli stessi abitanti del luogo, particolari aspetti della propria città o
del proprio paese ritenuti meritevoli di una vista.
Anche in questo caso si espongono in sintesi le varie fasi operative:
Gli allievi danno vita a un brainstorming per riflettere sulle conoscenze pregresse della città/paese in cui vivono e per
far emergere l’immagine mentale che ne possiedono. Da questo confronto di idee scaturisce il problema di
conoscenza, l’avvertita necessità di saperne di più e di capire se la loro idea di città, o di centro abitato, corrisponda
alla realtà locale.
Uscita sul territorio. Per organizzare al meglio l’indagine gli studenti, divisi in gruppi, possono seguire filoni prestabili
come: la dimensione spazio-temporale, socio-economica, culturale.
Dopo la catalogazione delle info e dei materiali, raccolti attraverso interviste ad abitanti del luogo o testimoni
privilegiati, gli allievi animano una discussione finalizzata a far emergere la reale immagine della città/paese, fino a
giungere a una definizione condivisa degli aspetti che trovano meritevoli di ricevere attenzione e cure e di essere
valorizzati.
Si procede alla realizzazione di un video e di alcuni slogan pubblicitari per valorizzare e far conoscere meglio
particolari aspetti della località oggetto di indagine, ma anche per lanciare messaggi di conservazione del patrimonio
naturale e culturale presente, che va trasmesso integro alle generazioni successive.
La pubblicizzazione dei prodotti realizzati avviene attraverso la scelta condivisa di una delle possibili modalità:
illustrazione dei risultati del lavoro durante un’assemblea aperta agli abitanti del luogo, distribuzione di volantini
contenenti un disegno e lo slogan prescelto.
In conclusione si attua la fase metacognitiva di riflessione individuale e di gruppo sul lavoro svolto, procedendo anche
all’autovalutazione individuale sul livello di apprendimento e sull’efficacia del proprio contributo al lavoro del gruppo
e della classe.
Ulteriore suggerimento: sempre intorno al tema della città si può assegnare un compito di realtà che partendo da
necessità e aspetti segnalati dagli abitanti intervistati, sia mirato a riprogettare spazi non utilizzati o abbandonati al
degrado. In questo caso i ragazzi conducono un’inchiesta tra gli adulti e tra i loro coetanei per raccogliere pareri e
desideri sul possibile riuso di determinati spazi. Procedono poi alla riprogettazione, lavorando su immagini dall’alto e
su planimetrie e realizzando plastici in scala, le produzioni possono essere diffuse, con le stesse modalità prima dette,
tra gli abitanti e presentate anche alle istituzioni comunali competenti. Un tale lavoro permette di valutare
l’acquisizione di competenze geografiche spendibili in un contesto diverso da quello della verifica scolastica.

Box proposta di prassi pag. 254-255 “Noi e l’altro: scontro o inclusione?”.


Per assegnare un compito autentico sul tema dei migranti e dell’inclusione, si potrebbe distribuire un brano
significativo di Massimiliano Valerii.
Queste le possibili tape di sviluppo del compito autentico:
Attenta lettura e riflessione, individuale o in coppia, per estrapolare i concetti chiave.
Dibattito a classe intera per far emergere la condivisione o il dissenso dalle parole dell’autore ed evidenziare la
necessità di approfondire la tesi a difesa delle proprie posizioni.
Attività di ricerca, per gruppi di apprendimento cooperativo, sulle principali piste sintetizzate nelle seguenti consegne
di lavoro, cui se ne possono aggiungere altre: analizzare e commentare i documenti internazionali; approfondire la
conoscenza e la consapevolezza della situazione nei due principali scenari dei maggiori movimenti migratori;
analizzare le rotte dei migranti, attraverso la cartografia tradizionale e digitale, tenendo conto anche dei lunghi tragitti
che devono affrontare ben prima di giungere ai porti di partenza delle fatiscenti imbarcazioni dalle coste nordafricane
verso l’Europa o a ridosso del muro elevato dal presidente Trump ai confini del Messico; analizzare le diverse
categorie di migranti che sono state individuate, comprese le più generali tra migranti politici ed economici,
puntando a eliminare queste classificazioni e parlare unicamente di persone vulnerabili in movimento.
Condivisione dei risultati di ciascun gruppo di ricerca e apertura di un ulteriore dibattito per quella che è la parte più
delicata, ovvero la formulazione ipotetica di iniziative per giungere a un nuovo mondo in cui organizzare in modo
nuovo la convivenza civile per essere felici, partendo da proposte spendibili nel proprio territorio di appartenenza.
Riflessione metacognitiva e autovalutazione dei risultati del lavoro prodotto e del personale processo di
apprendimento.

11.6 Strumenti per la valutazione autentica


11.6.1 Le rubriche per la valutazione di prestazioni autentiche
La valutazione dei compiti di realtà in geografia, così come anche nelle altre discipline, può essere effettuata
utilizzando le cosiddette rubriche valutative: si tratta di modelli, costruiti dai docenti, che coniugano le indicazioni dei
livelli di verifica delle prove oggettive con la valutazione di compiti di apprendimento multidimensionali e che
coinvolgono dunque la sfera cognitiva, affettiva-emotiva e socio-relazionale. Mentre infatti, le prove oggettive
standardizzate verificano l’acquisizione di conoscenze, le rubriche valutano il possesso delle competenze. Le rubriche
si caratterizzano per il fatto che offrono a docenti e studenti di condividere i criteri valutativi, per poter essere
condivise dagli allievi (e in alcuni casi costruite con la loro collaborazione) devono rispondere a criteri di chiarezza nei
contenuti e nel linguaggio. Un modello di rubrica di valutazione autentica comprende: - Presentazione del compito di
apprendimento, che contiene in maniera sintetica l’indicazione di quale prestazione e di quali produzioni sono
richieste al singolo allievo o al gruppo di allievi - Indicazione delle “dimensioni valutative” , ovvero degli aspetti del
compito di apprendimento, che saranno oggetto di valutazione - Indicazione dei criteri di valutazione , che
rappresentano le varie caratteristiche prese in considerazione per la valutazione di ciascuna dimensione - Indicazione
dei livelli di valutazione , che possono essere raggiunti nella qualità della prestazione (per ciascun livello
relativamente ad ogni dimensione, occorre descrivere un profilo di qualità)

Tabella pag. 257-258 Esempio di rubrica di valutazione in geografia. Per ciascun allievo occorre valutare ogni
dimensione e attribuire un livello; la prevalenza del livello ottenuto nelle 5 dimensioni darà il risultato valutativo
finale. Per attribuire una valutazione quantitativa, basterà stabilire che a ogni livello corrisponda un determinato
valore numerico.
Disciplina o area disciplinare: Geografia.
Classe: quinta di scuola primaria – primaria di scuola secondaria di primo grado.
Compito di apprendimento: predisporre un itinerario di viaggio nell’Italia meridionale della durata di 15 giorni,
usando il pullman per osservare aspetti fisici e culturali caratteristici dei diversi paesaggi.
Dimensioni del compito:
1. Conoscenza di elementi naturali e culturali presenti nel territorio
2. Conoscenza dei rapporti dell’uomo con un determinato tipo di paesaggio e di ambiente
3. Abilità nell’uso di carte geografiche a varia scala e di nuove tecnologie informatiche (Maps)
4. Capacità di organizzare le tappe del percorso in maniera funzionale, rispetto ai fenomeni da
osservare e al tempo a disposizione.

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Livello A (avanzato) L’alunno conosce L’alunno dimostra L’alunno usa le carte L’alunno dimostra
Voto in decimi: 10 perfettamente e sa un’ottima geografiche, una notevole
descrivere gli comprensione di sapendole leggere e capacità di
elementi naturali e aspetti ed effetti interpretare con organizzare un
culturali dei delle relazioni padronanza in itinerario di viaggio,
paesaggi che dell’uomo con un relazione sapendo selezionare
propone di visitare, determinato tipo di all’obiettivo che si tappe significative,
dimostrando di ambiente, sapendo prefigge. Sa calcolare distanze e
saperli selezionare individuare con destreggiarsi con tener conto dei
con grande acume problemi e sicurezza anche tempi disponibili.
proprietà rispetto possibili soluzioni. nell’uso dei
agli scopi. visualizzatori
dall’alto.
Livello A (avanzato) L’alunno riconosce, L’alunno dimostra L’alunno dimostra di L’alunno dimostra di
Voto in decimi: 9 discrimina e descrive una più che buona saper applicare allo saper organizzare un
elementi naturali e comprensione di scopo le sue abilità itinerario di viaggio,
culturali dei aspetti ed effetti di lettura e selezionando le
paesaggi e agisce delle relazioni interpretazione della tappe significative e
con padronanza dell’uomo con quel carta geografica e collaborando con il
nella selezione da tipo di ambiente e nell’uso dei gruppo per calcolare
compiere. ne individua visualizzatori le distanze e tener
problemi e possibili dall’alto. conto dei tempi
soluzioni. disponibili.
Livello B L’alunno dimostra L’alunno dimostra L’alunno dimostra L’alunno dimostra
(intermedio) una buona una buona una buona una buona capacità
Voto in decimi: 8 conoscenza degli comprensione di padronanza di organizzare un
elementi naturali e aspetti ed effetti nell’applicare allo itinerario di viaggio,
culturali dei delle relazioni scopo le sue abilità superando qualche
paesaggi e agisce dell’uomo con quel di lettura e piccola incertezza
con padronanza tipo di ambiente; è interpretazione della nell’indiviudare le
nella selezione da in grado di carta geografica e di tappe in relazione
compiere. individuare i più uso dei visualizzatori alle distanze e ai
evidenti problemi, e dall’alto. tempi necessari per
soprattutto se coprirle.
sostenuto dal
confronto con il
gruppo, le possibili
soluzioni da
adottare.
Livello C (base) L’alunno dimostra L’alunno dimostra di L’alunno pur con L’alunno sa
Voto in decimi: 7 una conoscenza saper riconoscere i qualche difficoltà, organizzare un
discreta degli più evidenti aspetti superata con l’aiuto itinerario di viaggio,
elementi naturali e ed effetti delle del gruppo e con la pur mostrando la
culturali dei relazioni dell’uomo guida dell’insegnate, necessità di ricevere
paesaggi, anche se con quel tipo di riesce a leggere e il supporto del
deve applicarsi per ambiente, ma fatica interpretare le carte gruppo per superare
consolidarla; pur con a cogliere le geografiche in base alcune difficoltà.
qualche difficoltà situazioni allo scopo
riesce a selezionare problematiche e le prefissato. Deve
gli elementi da soluzioni da acquisire maggiore
inserire adottare. sicurezza nell’uso
nell’itinerario. delle nuove
tecnologie.
Livello D (iniziale) L’alunno denota L’alunno riesce con L’alunno deve ancora L’alunno riesce con
Voto in decimi: >=6 ancora una qualche difficoltà a comare notevoli difficoltà a
conoscenza cogliere aspetti ed lacune nella lettura e individuare
approssimativa degli effetti delle relazioni nell’interpretazione autonomamente
elementi naturali e dell’uomo con quel delle carte tappe significative e
culturali dei tipo di ambiente. geografiche e a tener conto del
paesaggi, che non gli Deve applicarsi ed nell’uso dei calcolo delle
consente di esercitarsi ancora visualizzatori distanze e dei tempi
selezionarli per molto, anche per dall’alto, che gli disponibili. Necessita
costruire un individuare impediscono di di ulteriore
itinerario adeguato. situazioni potersi servire di tali applicazione.
Deve impegnarsi problematiche e strumenti in
molto per migliorare ipotesi di soluzione. situazioni di vita
la sua prestazione. reale.

11.7 La certificazione delle competenze, atto conclusivo del processo di valutazione


La valutazione certificativa consiste nell’attestare socialmente, agli occhi delle autorità istituzionali, degli allievi e delle
loro famiglie, i risultati di un’azione didattica e di apprendimento considerata conclusa. La certificazione delle
competenze al termine della scuola primaria e della secondaria di primo grado è sancita dal decreto ministeriale 742
del 10 ottobre 2017; questo decreto presenta in allegato il modello nazionale di certificazione delle competenze per
ciascuno dei due ordini di scuola, che deve essere compilato per ogni allievo dai docenti del consiglio di classe e
sottoscritto dal dirigente scolastico. Il modello nazionale, in quanto risalente al 2017 e quindi antecedente alla nuova
Raccomandazione europea del 2018, presenta le competenze chiave così come sono state espresse nella
Raccomandazione europea del 2006. I docenti di ciascuna disciplina devono portare le proprie valutazioni in livelli e
in decimi. I livelli che compaiono nel decreto ministeriale sono 4 e ognuno è dotato di una specifica descrizione:
Livello A- Avanzato: L’alunno/a svolge compiti e risolve problemi complessi mostrando padronanza nell’uso delle
conoscenze e delle abilità, propone e sostiene le proprie opinioni e assume in modo responsabile decisioni
consapevoli. Livello B-Intermedio: L’alunno/a svolge compiti e risolve problemi in situazioni nuove, compie scelte
consapevoli, mostrando di saper utilizzare le conoscenze e le abilità acquisite. Livello C-Base: L’alunno/a svolge
compiti semplici anche in situazioni nuove, mostrando di saper utilizzare le conoscenze e le abilità acquisite. Livello
D-iniziale: L’alunno/a se opportunamente guidato/a svolge compiti semplici in situazioni note. Per l’attribuzione del
voto in decimi rispetto ai 4 livelli, può risultare utile, per quanto riguarda la geografia, l’esempio di rubrica valutativa
precedentemente citato. Per quanto riguarda la scuola secondaria di secondo grado, con il decreto ministeriale
9/2010 è stato introdotto un modello di certificazione dei saperi e delle competenze che gli studenti devono
possedere al termine dell’obbligo di istruzione e coincidente con il termine del biennio. Anche questa certificazione è
correlata alle competenze chiave di cittadinanza della raccomandazione europea del 2006 ed è articolata sulla base
degli assi culturali: asse dei linguaggi, matematico, scientifico-tecnologico, storico-sociale. La geografia rientra in
quest’ultimo asse, che compendia storia e geografia in un voto unico.

Tabella pag. 260 Livelli per la certificazione di competenze e relativa descrizione.


Livello Descrizione
A- Avanzato L’alunno svolge compiti e risolve problemi complessi
mostrando padronanza nell’uso delle conoscenze e
delle abilità, propone e sostiene le proprie opinioni e
assume in modo responsabile decisioni consapevoli.
B- Intermedio L’alunno svolge compiti e risolve problemi in situazioni
nuove, compie scelte consapevoli, mostrando di saper
usare le conoscenze e le abilità acquisite.
C- Base L’alunno svolge compiti semplici anche in situazioni
nuove, mostrandosi di saper usare le conoscenze e le
abilità acquisite.
D- Iniziale L’alunno, se opportunamente guidato, svolge compiti
semplici in situazioni note.

12. Le geotecnologie e le risorse del web per lo studio del territorio


12.1 Strumenti e innovazioni nella didattica e nella ricerca
12.1.1 Le geotecnologie e le Indicazioni nazionali
Già nelle Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo viene evidenziato che la geografia è
disciplina di “cerniera” poiché consente di mettere in relazione temi economici, giuridici, antropologici, scientifici e
ambientali di rilevante importanza. La geografia consente il confronto sulle grandi questioni comuni a partire dalla
conoscenza dei differenti luoghi di nascita o d origine. La conoscenza geografica riguarda anche i processi di
trasformazione progressiva dell’ambiente ad opera dell’uomo o per cause naturali di diverso tipo. Alla geografia
spetta il compito di costruire il senso dello spazio, accanto a quello del tempo, con il quale va correlato. Il raffronto
della propria realtà con quella globale è agevolato dalla continua comparazione di rappresentazioni spaziali, lette e
interpretate a scale diverse, servendosi di carte geografiche, fotografie e immagini da satellite, del globo terrestre, di
materiali prodotti dalle nuove tecnologie legate ai Sistemi informativi Geografici (GIS).
Emergono i primi riferimenti agli strumenti e alle geotecnologie, da usare per comprendere i fenomeni che si
verificano nello spazio e nel tempo, coinvolgendo in stretta connessione le componenti fisiche e antropiche, con
riflessi a livello ambientale, demografico, sociale, economico e politico.
L’uso dei dati statistico-quantitativi, delle immagini satellitari e dei sistemi di rappresentazione cartografica,
attraverso piattaforme informatiche, sarebbe essenziale:
 Nei licei, per l’analisi di questioni e aspetti della contemporaneità, secondo “coordinate” spaziali e temporali
ed esempi concreti, con richiamo ai diversi tipi di paesaggio e alle loro caratteristiche, all’urbanizzazione, alle
migrazioni, alla distribuzione e densità di popolazione, allo sviluppo sostenibile, agli squilibri che si
manifestano in termini di ricchezza e povertà, livelli di istruzione, uso delle risorse;
 Negli Istituti Tecnici, per affrontare in chiave critico-propositiva temi e problemi riguardanti il valore
economico-identitario del patrimonio culturale, la salvaguardia e valorizzazione dei beni ambientali, la
classificazione dei climi e il ruolo delle attività umane nel contribuire ai cambiamenti climatici e micro-
climatici, i flussi di persone e prodotti, gli indicatori di innovazione e ritardo tecnologico, l’organizzazione e la
pianificazione territoriale.
I dati statistici, le immagini satellitari e aeree, la cartografia tradizionale e computerizzata, le moderne forme di
comunicazione divengono mezzi privilegiati per avvicinare i giovani, con cognizione di causa e capacità di
discernimento, alle questioni quotidiane che si verificano a varia scala di indagine.

12.1.2 Strumenti e innovazione in un parallelismo geografia-medicina


Nella ricerca i campi di applicazione degli strumenti e delle tecnologie di matrice geo-informatica sono così vasti da
poter avanzare un parallelismo tra geografia e medicina. In campo medico le innovazioni tecnologiche e i sistemi di
imaging a elevato dettaglio, con il supporto di software ad hoc, aiutano ad effettuare particolari esami e screening di
prevenzione, catturando immagini anche tridimensionali, con una velocità e una risoluzione molto alte riuscendo ad
esempio a migliorare l’accesso alle linee vascolari periferiche e diagnosticare precocemente il potenziale metastatico
del tumore. Analogamente, in ambito geografico, gli strumenti e le geotecnologie che si snodano in una poliedricità
di hardware, software e applicazioni dedicate, consentono di compiere studi a varia scala di indagine, con meticolose
disamine e screening territoriali permettono di lavorare con immagini tridimensionali che restituiscono esaustive
raffigurazioni di quanto realmente presente in un determinato contesto, con numerosi benefici a livello di tempo, di
possibile copertura, di accuratezza, e aiutano a valutare i cambiamenti avvenuti nel tempo e situazioni di anomalia
rispetto alle tendenze e alle dinamiche in atto. Consento, in più, di riconoscere errori nelle scelte effettuate e nelle
politiche adottate, sottolineare casi virtuosi da prendere come modello e aiutare a proporre ipotesi di recupero,
decongestionamento, rigenerazione e sviluppo, in un iter che dovrebbe portare a consce prese di posizione
sull’opportunità delle misure proposte e adottate, rifiutando comportamenti e azioni lesivi per la popolazione e per
l’ambiente. L’uso di grandi attrezzature e l’integrazione tra geotecnologie, favoriscono sensibili progressi nello studio
delle problematiche e dei nessi relazionali, nell’individuazione di più consone alternative, nella risoluzione di criticità.
Aumentano e sono facilmente accessibili, le applicazioni atte a combinare le facoltà dei due emisferi cerebrali, in
modo da integrare materiali, informazioni e documenti cartografici, quantitativi e computazionali con quelli narrativi,
qualitativi e percettivi, incrementando enormemente le possibilità di dialogo, condivisione e costruttiva interazione
su temi e questioni di rilevanza sociale e ambientale. Tali geotecnologie sembrano intervenire nei processi di
informazione, costruzione e cambiamento sociale, attraverso un linguaggio connotato da un notevole potere
comunicativo, in grado di coinvolgere su vasto raggio e di favorire un livello più avanzato di cultura, purché si resti
fondati sul rigore teorico-metodologico e sui mattoni della conoscenza.
In questo percorso comparativo tra discipline mediche e geografiche, i laboratori in ambito medico permettono:
- Di assolvere funzioni didattiche essenziali e di far registrare fondamentali avanzamenti scientifici;
- Di riconoscere o escludere la predisposizione, l’insorgenza e lo stadio di una patologia;
- Di avanzare teorie e metodi per far fronte a specifiche esigenze;
- Di trovare cure e vaccini.
Nella prospettiva geografica, in un sistema di rete collaborativa, permettono:
- Di aprire prospettive didattiche altamente formative e professionalizzanti;
- Di creare ambienti di ricerca produttivi, in un’atmosfera di reciproci scambi, sinergia delle competenze e abilità,
condivisione e perseguimento congiunto degli obiettivi;
- Di lavorare su dati diversificati, materiali documentari e iconografici su cui incentrare progetti di ricerca e da cui
produrre molteplici elaborazioni digitali per addentrarsi nelle realtà territoriali;
- Di suggerire interventi e linee programmatiche, identificare fattori di rischio, elementi da annodare e valorizzare,
aspetti che possono tramutarsi in minacce o in opportunità a seconda delle direzioni e attività che verranno
intraprese.
La geografia risulta un inesauribile motore di spunti e innovazione, che alimenta continue opportunità di
avanzamento scientifico e tecnologico, facendo da ponte con numerose altre branche del sapere e con svariati settori
scientifico-disciplinari.
Gli strumenti e le geotecnologie consentono di esprimere ed esibire “l’arte del geografo”, unendo creatività e rigore,
dimensione quantitativa e qualitativa, lavoro sul terreno e approccio laboratoriale.
Gli strumenti e le geotecnologie rappresentano una delle 4 categorie considerate nell’ambito dei “segreti” del
geografo. Tra questi, sono stati annoverati:
- il suo pensiero: capacità di far tesoro delle conoscenze e competenze teoriche per osservare dall’alto,
scendere in profondità, individuare connessioni e interazioni, riflettere criticamente fino a giungere ad analisi
interpretative di eventi e fenomeni;
- la sua vasta gamma di strumenti, da quelli tipici dell’indagine sul campo a quelli iconici, da quelli statistici a
quelli linguistico-letterari, da quelli grafici a cartografici alle moderne geotecnlogie, che costituiscono un
bagaglio molto variegato e ben amalgamabile;
- il suo entusiasmo che si esplica nel corso delle indagini dirette andando alla ricerca dell’”anima” dei luoghi,
osservando paesaggi e ascoltando persone, così come “viaggiando” per il mondo con le carte geografiche,
scoprendo le peculiarità dei contesti in esame con la lettura e l’interpretazione delle carte topografiche,
compiendo studi originali partendo dall’elaborazione di cartogrammi e carte tematiche digitali, in grado di
supportare analisi spazio-temporali, circostanziate e relazionali;
- la sua spiccata interdisciplinarità che consente di fare da collegamento con altre materie e di fungere da
centro, da scienza catalizzatrice che spiega, connette e permette un dialogo più fluente e proficuo tra diversi
saperi.
È la stessa geografia a rappresentare “sia un’arte sia una scienza” che formula ipotesi e modelli, produce analisi e
descrizioni evocative, si immerge nei contesti territoriali mediante indagini dirette e supporti cartografico-digitali,
facilitando la comprensione dei luoghi, degli eventi, delle interazioni tra le componenti fisico-naturali e antropiche.
Gli strumenti e le geotecnologie vengono a costruire un ricco e prezioso tesoro da usare sapientemente: per rivelare
facce, dinamiche, aspetti e pattern che resterebbero celati o difficili da spiegare; per addentrarsi in angoli remoti e
fornire studi particolareggiati; per interconnettere dimensioni spaziale e temporale; per conferire colore alle forme
coinvolgendo la sfera emozionale; per costruire e diffondere conoscenza ai fini dell’unità sociale.
Grazie anche ai suoi strumenti la geografia può coordinare varie discipline e a livello didattico l’uso integrato delle
geotecnologie accresce il desiderio di imparare e di esplorare, sprona a cimentarsi attivamente e ad avanzare
considerazioni critico-propositive, spinge verso l’approccio cooperativo- laboratoriale, evidenziando l’attualità di una
disciplina che può entusiasmare e che viaggia alla continua ricerca di metodologie fresche e rigorose. Avvalendosi di
geotecnologie che possono rivoluzionare il modo di operare in aula/classe e nelle strutture informatiche, la geografia
consolida e palesa le sue poliedriche potenzialità, alimentando un circuito virtuoso di apprendimento trasversale che
sveltisce la mente e affina il modo di ragionare per svolgere minuziose analisi di contesto e compiere accurate
diagnosi territoriali, alla ricerca di trame relazionali e matrici con cui spiegare le dinamiche evolutive e le cause di
certe criticità.

12.2 L’uso del web, tra enormi vantaggi e rischi di sventare


Non basta che una risorsa esista perché sia visibile, non basta che sia visibile perché sia utilizzata, non basta che sia
utilizzata perché diventi parte integrante di un progetto culturale. È proprio il caso del web, caratterizzato da vantaggi
potenziali enormi e in rapida evoluzione secondo processi moltiplicativi, ma anche da rischi plurimi. Il web è ormai
ovunque, diffuso e consultato da creare di continuo nuove opportunità, ma è ritenuto talmente nodale da rendere
persino distanti dalla realtà alcune convinzioni sempre più radicate. Si tende a reputare intuitivi, dotati di grande
competenze informatiche, geniali, i giovani che senza pausa consultano posta elettronica, social network, fonti di ogni
genere, scaricando giochi e film, ascoltando musica e video, condividendo e postando smodate quantità di foto che
perdono il loro originario significato, consultando pagine redatte dai blogger e i profili di presunti influencer che
condizionano modi di comportarsi e vestirsi e addirittura di pensare, divenendo scialbi modelli che nulla hanno a che
fare con il sapere.
Radicate conoscenze vengono sostituite da superficiali livelli di informazione, creando confusione. Ragazzi e bambini
di ogni età restano connessi per ore alla ricerca di cose spesso futili, che li distoglie da attività più proficue e con il
fondato rischio che l’uso esagerato e spasmodico di tali tecnologie possa rivelarsi altamente nocivo. Può comportare
conseguenze a livello sociale, alterando la percezione di ciò che è reale e spingendo alla costruzione di mondi
paralleli e virtuali in cui ci si rifugia per sfuggire dai problemi quotidiani. Ciò porta a intaccare l’effettiva capacità di
relazionarsi con gli altri in presenza. La continua consultazione della posta elettronica e dei messaggi rende assenti
mentalmente e complica le relazioni familiari e sociali, creando alienazione. Errati comportamenti espone poi a
fenomeni di vittimizzazione e bullismo e alla condivisione e diffusione in rete di foto lesive per l’immagine di chi si
vuole colpire. Un uso eccessivo di Internet può determinare conseguenze a livello fisico, incidendo sul sovrappeso e
su una scarsa propensione all’attività. Tendono a registrarsi contraccolpi anche sul rendimento scolastico, per
l’insorgere di apatia, nervosismo, difficoltà a distaccarsi dagli strumenti tecnologici e da quanto offerto dall’universo
della rete; tanto tempo sottratto allo studio e di parallela non volontà di concentrare l’attenzione sui testi e sui
quaderni dopo aver navigato in Internet per ore. Si sviluppa una sorta di indolenza e di attitudine a rifuggire dallo
sforzo di cercare e rielaborare con criterio materiali e documentazioni presenti nel web, fino ad esporsi al fenomeno
del plagio.
Molti di questi assidui utenti non sanno usare software anche di base che fino a pochi anni fa costituivano il nocciolo
duro e imprescindibile di ogni fruitore che volesse acquisire abilità poi richieste nel mondo professionale, per
lavorare sentendosi capace di organizzare materiale e documenti in maniera armonica e di gestire e rappresentare
dati quantitativi. Il web è divenuto il principale elemento catalizzatore, in grado di appannare una parte della
componente software e di simboleggiare l’uso stesso del computer e degli altri dispositivi.
In termini didattico-educativi continua a persistere la tendenza ad accontentarsi di materiali di scarsa attendibilità,
per assolvere in poco tempo il compito assegnato, con il risultato di non aver imparato nulla e di essersi fermati a uno
stato passivo della ricerca. Ciò porta a non stimolare le capacità cognitive e implica la presentazione di una serie di
prodotti molto simili, per assente o scarsa rielaborazione di dati e informazioni poco attendibili, poiché tratte da fonti
sovente non ufficiali.
Internet viene a rappresentare non solo una sterminata biblioteca, ma persino un luogo di tentazione in cui è facile
cadere. C’è un sottile confine tra le sue immense potenzialità e le sue nocività. Simili considerazioni acquisiscono
connotati di ancor maggiore significato aprendosi verso le prospettive dell’uso dei big data e degli open data, che
costituiscono un universo “di dati visualizzabili, utilizzabili e condivisibili liberamente e per scopi multipli, favorendo la
diffusione e la valorizzazione del patrimonio informativo pubblico e generando processi di innovazione tecnologica, di
sviluppo socio-economico, di progresso culturale”:
questi “offrono enormi possibilità didattiche e d’analisi approfondita, per cogliere una molteplicità di dettagli da
raffigurare tramite cartografia digitale, per percorrere gradini che favoriscano il progresso scientifico orientato
all’utilità sociale. Al tempo stesso occorre evitare grandi errori, che si originano quando si lavora senza cognizione di
causa, senza valide ipotesi, mettendo ad esempio in relazione variabili scollegate che risultano correlate per
occasionale coincidenza. I big data devono rappresentare uno scrigno di informazioni”. I big data appaiono carenti
specialmente quanto ad affidabilità, rappresentatività, e soprattutto quanto a contenuto informativo. La minore
affidabilità deriva dall’impossibilità di associare con certezza il dato a una identità individuale.
I big data offrono pochissime possibilità di contestualizzare l’informazione, mancando di norma un legame con le
caratteristiche socio-biografiche o con altre dimensioni cognitive del soggetto. Le stesse possibilità di incrementare il
contenuto informativo attraverso i filtraggi forniti dalle società proprietarie dei dati sono molto ridotte.
Si avalla così sempre più l’esigenza di consultare siti istituzionali e di ricercare dati, immagini e informazioni grazie ai
quali poter costruire prodotti di spessore, sentendosi responsabilizzati, acquisendo un proficuo modo di ragionare e
operare e avvertendo quell’entusiasmo e quella voglia di cimentarsi che connotano i lavori in cui ci si sente
fortemente coinvolti.

12.3 Il portale della De Agostini e alcuni esempi applicativi


Un portale di interesse geografico, a più livelli di formazione, è quello della De Agostini che mette a disposizione degli
utenti una serie di materiali che si aprono ad usi differenti. A parte i “Quiz geografici” che incuriosiscono e stimolano
il mettersi alla prova e una sana competizione portando ad acquisire informazioni, la tavola cronologica interattiva
della sezione “Timeline” sintetizza per ciascun continente importanti avvenimenti verificatesi nel corso degli anni,
così come la sezione “I Temi del Mondo” consente la consultazione del planisfero tematico online, che permette di
visualizzare con vari livelli di zoom alcune cartografie di supporto didattico traducendo visivamente aspetti che
risultano non immediati, come ad esempio quelli riguardanti le regioni climatiche, la differenza tra tempo e clima, gli
elementi e i fattori che li determinano.
Il nucleo del portale è DeA WING (World Indicators for a New Geography), un visualizzatore di cartogrammi digitali
già predisposti, di semplice utilizzo e adatto per lavori di vario genere e lezioni incentrate su molti temi-problemi di
grande rilevanza, a scala internazionale e nazionale. I numerosi indicatori rappresentati sono racchiusi all’interno di 5
macrocategorie: Popolazione e Società, Economia, Agricoltura-Allevamento-Pesca, Industria, Energia e Minerali,
organizzate in sotto voci. Una volta selezionato l’indicatore da raffigurare, viene visualizzato in un cartogramma con
suddivisioni per Paese. I valori dell’indicatore vengono rappresentati anche in forma grafica attraverso l’istogramma e
immediatamente sotto al cartogramma vi è la linea del tempo che consente di muoversi lungo la linea temporale di
circa un ventennio. Passando dalla modalità “Mondo” alla modalità “Italia” vi è inoltre la possibilità di consultare
appositi cartogrammi realizzati su base regionale anche per un focus sulle diverse realtà italiane, dopo un
inquadramento a livello internazionale o viceversa, partendo dal vicino per arrivare al lontano.
Nella scuola primaria DeA WING può essere utilizzato per avvicinare alla cartografia digitale e ai cartogrammi, e per
avvicinare i bambini ad alcuni aspetti di interesse quotidiano che possono facilmente comprendere
contestualizzandoli nella loro realtà.
Nelle scuole secondarie apre molteplici possibilità di riflessione su un panel più ampio di indicatori, che possono
essere considerati in prospettiva diacronica e analizzati assieme alla ricerca di possibili relazioni dirette e indirette,
vedendo cartograficamente tradotti temi di notevole rilevanza geografica, da affrontare anche in chiave
interdisciplinare, per non fermarsi a uno strato superficiale delle conoscenze, per acquisire strumenti di indagine
critica, per evitare imprecisioni e volgere verso rigorose valutazioni quantitative, per compiere confronti spazio-
temporali e pluriscalari. Tutto ciò nella prospettiva della cittadinanza attiva, del rispetto delle diversità, dell’inclusione
sociale, della democrazia partecipativa, della riduzione delle differenze, della cultura del territorio, della tutela
dell’ambiente, della valorizzazione delle risorse.
A livello universitario può risultare di grande utilità per corroborare quanto studiato e affrontato a livello teorico e
spingere a una puntuale analisi, che porti a vedere e a quantificare problematiche radicate in alcuni contesti
territoriali, così come gli effetti di ritardi consolidatisi nel tempo, di scelte virtuose o fallimentari, di determinate
politiche, di specifici avvenimenti o retaggi culturali.

12.4 Il portale dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e alcuni esempi applicativi


Un altro portale che si presta a una molteplicità di utilizzi è quello dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), che
rappresenta un immenso contenitore di dati e basi territoriali a diversa scala di indagine, su tematismi catalogati e
disponibili in serie temporali. Tale portale consente di visualizzare, in sezioni, una miriade di cartogrammi digitali già
predisposti, così come permette di realizzare elaborati personalizzati mediante semplici sistemi webGIS. Può
sembrare dispersivo per l’enorme mole di dati in esso archiviati e in continuo aggiornamento, ma costituisce una
sconfinata miniera per le ricerche di taglio geografico in prospettiva interdisciplinare.
Dalla home page è possibile selezionare 5 macrocategorie che si riferiscono a: Popolazione e famiglie, Società e
istituzioni, Istruzione e lavoro, Economia, Ambiente e territorio; a loro volta suddivise in sotto voci. Ciascuna conduce
a comunicati stampa, rapporti scaricabili in pdf, dati e micro dati su temi-problemi di grande rilevanza attuale,
fornendo misure quantitative, documenti di riferimento e sistemi dinamici di esplorazione ed esportazione dei dati.
Le varie sotto voci si caratterizzano per peculiarità proprie.
Un’area importante contenuta all’interno della macrocategoria “Popolazione e famiglie”, è quella denominata
“Banche dati” suddivisa anch’essa in delle sotto voci. A titolo esemplificativo, le “Banche dati generali”, permettono di
consultare i sistemi dinamici di esplorazione ed esportazione dati “Giovani.Stat”, “Anziani.Stat”, “Immigrati.Stat” ecc.
dai quali si possono ricavare informazioni dettagliate inerenti a: popolazione e famiglie, istruzione, formazione e
lavoro, stili di vita e salute, cultura, tempo libero e uso dei media e così via. Si tratta di informazioni che consentono
di rispondere in maniera oggettiva e rigorosa a domande focalizzate: su aspetti di vita quotidiana e per questo di
pubblico interesse; su temi contingenti spesso affrontati in maniera distorta e senza far riferimento ai dati ufficiali; su
problemi che affliggono, in maniera diversa a seconda delle varie età e compagini territoriali, la popolazione e gli
stranieri residenti.
Il servizio chiave del portale, dal punto di vista geografico, è però “Gistat”: il sistema informativo che mette a
disposizione una gran quantità di dati ricavanti con le recenti rilevazioni censuarie, che possono essere consultati su
cartogrammi digitali, anche mediante rielaborazioni proprie.
Si tratta di un sistema con numerose possibilità di uso interattivo, tra cui si dispongono ad esempio:
 Gistat Bt.Flussi: che permette di visualizzare su mappa i flussi di pendolarismo registrati a scala regionale,
provinciale e comunale.
 Confronta Mappe: che consente di comparare due cartogrammi che si riferiscono ad altrettanti indicatori
censuari tramite una tendina che può essere trascinata in senso ovest-est per sovrapporre gradualmente le due
rappresentazioni.
 Gistat bt.Carto: ossia un GIS open source di semplice accessibilità e utilizzo, già predisposto per costruire
cartogrammi digitali utilizzando i dati degli ultimi due censimenti sino ad ora realizzati e rappresentabili a diversa
scala: dalle regioni d’Italia, alle province, ai comuni.

12.5 Il portale dell’Ufficio statistico dell’Unione europea (EUROSTAT) e alcuni esempi applicativi
Posto su un gradino di maggiore complessità, sia perché in lingua inglese, sia perché ricco di dati e pubblicazioni
consultabili e scaricabili, è il portale dell’Ufficio statistico dell’Unione Europea (EUROSTAT - European Statistical
Office), che consente di rispondere all’esigenza di trovare indicatori aggiornati relativi ai Paesi membri e numerosi
rapporti e lavori a cui fare riferimento.
Si tratta di un contenitore che richiede un po’ di preventiva esplorazione e di uso pratico per imparare a destreggiarsi,
ma che offre tante possibilità di impiego didattico oltre che di ricerca.
Ulteriori possibilità di utilizzo sono offerte dall’atlante statistico dell’EUROSTAT che permette di consultare una serie
di indicatori riportati a scala regionale attraverso un intuitivo visualizzatore di cartogrammi digitali già predisposti
sotto cui può essere caricato un template di sfondo. Trattandosi di un visualizzatore di cartogrammi è adatto per le
modalità di consultazione, mentre non vi sono grandi margini di personalizzazione. Costituisce un ottimo strumento
di conoscenza, sia per l’intuitività e la chiarezza dell’interfaccia, sia per la disaggregazione dei dati a livello regionale
che offre una lente per cogliere differenze e sfaccettature. Può essere ritenuto assai utile per prendere dimestichezza
con un visualizzatore di cartogrammi realizzati da un organo internazionale, prima di accedere alle partizioni più
complesse e affinate che consentono anche di modificare varie impostazioni, ma che di primo impatto risultano più
ardue da utilizzare, con il rischio di scoraggiarne l’uso in assenza di passi sequenziali che fungano da graduale
introduzione.

12.6 Il Geoportale Nazionale e alcuni esempi d’uso


Un altro portale che offre numerose possibilità di utilizzo è il Geoportale Nazionale (adatto nelle scuole secondarie,
soprattutto di secondo grado, e all’università), che si presenta come una sorta di grande atlante geografico online
contenente la cartografia disponibile sul territorio italiano, dalla quale ricavare molteplici informazioni riguardanti i
principali tematismi ambientali e territoriali. Di pertinenza del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e
del Mare, nasce per venire incontro all’esigenza di realizzare un portale di interesse geografico-interdisciplinare che
possa fungere da riferimento nazionale.
Un ruolo centrale può ricoprire a livello didattico e di esemplificazioni applicative, il servizio concernente i
visualizzatori, per la consultazione sia in 2D, sia in 3D di diverse tipologie di cartografia e di immagini satellitari e
ortofoto (Una ortofoto o ortofotografia, è una fotografia aerea che è stata geometricamente corretta e
georeferenziata in modo tale che la scala di rappresentazione della fotografia sia uniforme, cioè possa essere
considerata equivalente ad una carta geografica).
Inoltre, attraverso il “Cerca località” è possibile individuare il contesto territoriale su cui si desidera focalizzare
l’attenzione e accostare cartografie e altre documentazioni iconografiche.
Il Geoportale Nazionale mette quindi a disposizione, con semplice accessibilità, un’ampia serie di prodotti cartografici
e iconografici per opportune consultazioni, che possono essere di notevole supporto sia per lo studio di determinate
problematiche, sia per apprezzare il diverso apporto e valore aggiunto fornito dalle rappresentazioni a grande scala e
dalle ortofoto in prospettiva comparativa e multifunzionale.
È stato evidenziato che non esiste una descrizione del territorio chiara, accurata e minuziosa che possa pareggiare
quella offerta da una carta topografica. pur ricorrendo al più ricco lessico geografico, euclideo, topologico e
impiegando i necessari elementi deittici, una rappresentazione ottenuta con le parole può certamente trasmettere
concetti e sensazioni; può evocare figure, colori, odori, suoni, ma non potrà mai conferire alla visione un quadro
sincronico delle innumerevoli parti che compongono uno spazio geografico, perché non può che procedere per
sequenze ordinate.
La carta invece permette la visione simultanea, la comparazione concomitante tra singoli particolari topografici e
complessi fenomeni geografici, grazie alla sua forma sinottica e a un articolato linguaggio di segni analogici. Consente
anche a un utilizzatore inesperto di apprendere, dalla semplice lettura, milioni di informazioni racchiuse in un foglio
di mappa, mentre a un livello di fruizione più elevato, permette di far emergere dal medesimo foglio contenuti ben
più ampi, ponendosi così come un impareggiabile e insostituibile strumento di conoscenza.

CAPITOLO 13 – Le geotecnologie per una didattica viva e professionalizzante


13.1 Le geotecnologie nel periodo delle smart city, della società 5.0 e dei social network
In un contesto globale dove le tecnologie hanno assunto un ruolo sempre più centrale, anche la didattica non può
esimersi da un processo di aggiornamento che vada incontro alle comuni esigenze e aspettative. Ciò appare
essenziale sia per calarsi sul piano della quotidianità e mantenere il passo dei tempi, sia per non risultare avulsa e
slegata dai mezzi e dispositivi di uso collettivo, sia per offrire nuove opportunità che possano positivamente
ripercuotersi non solo sull’acquisizione di contenuti disciplinari, ma altresì sulla formazione professionale e sui
possibili sbocchi.
Si sente parlare spesso di smart city, da progettare secondo strategie che portino a sviluppare “realtà intelligenti”,
funzionali, con elevati canoni estetici, dove i vari servizi possano funzionare in modo efficace ed efficiente, si riducano
i fenomeni di impatto ambientale, si possa disporre di adeguati spazi verdi e luoghi di ritrovo, ci si muova nelle
direzioni del risparmio energetico e della mobilità sostenibile per un generale miglioramento della qualità della vita,
attraverso impalcature che prevedano un uso sistematico e armonizzato di infrastrutture di rete e l’uso capillare di
tecnologie per l’innovazione. Tutto ciò fino ad esasperare l’istallazione di ripetitori, sensori, dispositivi per
connessioni ultrarapide, varcando un sottile confine tra ciò che è necessario per apportare dei benefici e quanto
diventa superfluo e nocivo per eccessiva artificializzazione e introduzione di tecnologie di cui talvolta si ignorano i
possibili rischi e ricadute.
Negli ultimi anni ha iniziato ad affermarsi l’idea di una società 5.0 volta a promuovere e diffondere un sistema in cui
le applicazioni digitali e l’intelligenza artificiale possano rappresentare il tramite per innalzare gli standard di vita,
mediante sistemi di domotica, digitalizzazione dei sistemi di produzione e di sviluppo turistico, rapida gestione e
riparazione delle utilities, cybersicurezza, prestazioni informatiche e telematiche nel campo dell’assistenza sanitaria,
della prevenzione e delle diagnosi.
Oggi la didattica viene ad assolvere una funzione culturale sempre più forte e decisiva, in quanto acquisisce il
compito di far distinguere ciò che effettivamente mira all’utilità collettiva e al rispetto ambientale e ciò che ha come
scopo la produzione di profitti a vantaggio di pochi, con il pericolo di generare condizioni di impatto sulla popolazione
e l’ambiente.
Anche il viaggio e la fotografia acquisiscono nuovi connotati ecco dunque che la didattica e in particolare, la didattica
della geografia, hanno l’importante compito di trasmettere le fondamenta di base di una pratica educativa che deve
coniugare freschezza metodologica e rigore dei contenuti, per far comprendere l’importanza della fase esperienziale
e dell’osservazione diretta, quale mezzo per conoscere de visu e per svelare tratti peculiari e distintivi così come
relazioni tra le componenti. Hanno inoltre la funzione di trasmettere competenze applicative che arricchiscano il
bagaglio formativo dei giovani e che consentano un forte uso delle geotecnologie, ma non verso direzioni fuorvianti
bensì per contribuire all’utilità sociale e per fornire occasioni pratico-laboratoriali che aprano la mente e stimolino
idee, svelino opportunità professionali e facciano acquisire esperienze spendibili in ambiti richiesti. Quanto affrontato
a livello didattico deve avere risvolti positivi sulla quotidianità, sul proprio modo di essere, sul sapersi porre e
sull’essere in grado di affrontare situazioni e problemi di varia natura con adeguati strumenti e senso critico.
In quest’ottica, i Sistemi Informativi Geografici (GIS), le story map e il digital storytelling e i visualizzatori di immagini
dall’alto (geobrowser), possono rivelarsi degli strumenti molto utili per indirizzare verso apposite soluzioni didattiche.
L’uso del web e delle geotecnologie deve favorire un apprendimento attivo che possa agevolare l’acquisizione di
contenuti disciplinari e interdisciplinari e di abilità pratiche, secondo step armonici e non slegati che seguano l’iter di
una programmazione didattica ben scandita e non lasciata all’improvvisazione. Si tratta di strumenti che possono
fornire tasselli complementari, intersecandosi tra loro per facilitare l’uso di funzionalità specifiche di uno o dell’altro
programma, oppure un approccio analitico con cui rapportarsi per il raggiungimento di determinati obiettivi e
agevolando un graduale passaggio dai tool più semplici a quelli più complessi.
I visualizzatori di immagini dall’alto, ad esempio, permettono di esplorare i contesti territoriali usufruendo delle
possibilità di zoom e cambiamento di prospettiva a osservare e a spiegare geoforme e aspetti che diversamente
rimarrebbero poco chiari, a valutare relazioni e conseguenze attraverso il modello engage, explore, explain and
evaluate (coinvolgere, esplorare, spiegare e valutare).
Per quanto riguarda i GIS, essi hanno avviato e alimentato una vera e propria rivoluzione che ha dato la possibilità di
sperimentare nuove e proficue modalità di fare didattica e ricerca e a sua volta è sfociata in altre rivoluzioni,
connesse con la neogeography e con il desiderio di acquisire, elaborare e presentare dati a contenuto geografico,
legando vari contenuti a informazioni di posizione. Una didattica della geografia vivace e professionalizzante e l’alta
formazione in ambito di GIS, nella direzione di trasmettere e far acquisire strumenti concreti, dovrebbero essere
comunemente percepite come cruciali: dagli studenti, dai docenti, dalle aziende e dal mondo istituzionale.
Le story map e il digital story telling geografico possiedono un’incredibile capacità didattica di coinvolgere e di far
convergere verso il desiderio di esprimersi e di raccontare, diventando attori protagonisti e registi di un prodotto
accattivante che si può realizzare utilizzando modalità e strumenti noti a tutti i giovani, quali i social network,
caricamento di immagini e foto con computer, tablet e smartphone. Viene così a crearsi una poliedrica e proattiva
coesione di strumenti, elaborazioni e occasioni che bisogna essere abili a saper calibrare e valorizzare, attingendo in
giuste dosi e coniugando contenuti e aspetti teorici, competenze metodologiche e applicative.

13.2 I Sistemi Informativi Geografici tra prospettive didattiche e spendibilità professionale


Risalenti al 1965-70 i Sistemi Informativi Geografici hanno fornito un significativo apporto per svelare le potenzialità
inespresse della geografia, conferendo nuova freschezza alla ricerca, diversificati sviluppi applicativi, molteplici
possibilità di proficui scambi interdisciplinari e opportunità didattiche di taglio laboratoriale dalle notevoli ricadute.
Vari lavori hanno sottolineato il contributo dei GIS come strumento di rivoluzione e come sistema di raccordo tra
elementi ed eventi del passato, del presente e del futuro.
Si tratta di potenti applicativi geoinformatici che permettono di organizzare e armonizzare in geodatabase un’enorme
mole di dati, quantitativi, qualitativi e spaziali, al fine di elaborare cartografia digitale e modellizzazioni e supportare
accurate analisi. Consentono di produrre una molteplicità di strati informativi con cui “scomporre” la realtà in
componenti di dettaglio, per poi fornire una visione di sintesi mediante successive sovrapposizioni che restituiscono
importanti input per disamine accurate che tengano in considerazione pattern distributivi, trend evolutivi, analogie e
differenze tra le parti, nessi di causa-effetto.
Sia che ci si riferisca a cartogrammi con uno o più tematismi o a carte tematiche, sia che si parli di elaborazioni digitali
comparative tra immagini storiche e riprese satellitari recenti mediante georeferenziazione o di carte tecnico-
operative finalizzate alla pianificazione e agli scenari, i GIS consentono di operare in un ambiente dinamico e
proattivo dove predisporre e far confluire dati e strati informativi sempre aggiornabili e implementabili,
funzionalmente alla produzione di rappresentazioni altamente comunicative e all’attuazione di screening territoriali
che permettano di mettere in luce sfaccettature e associazioni tra componenti.
Una volta gettate le basi per un ampio e ben articolato geodatabase, lavorando secondo opportune linee guida
teorico-metodologiche è possibile produrre, in ottica collaborativa tra settori scientifico-disciplinari diversi, una
cascata di cartografie digitali tese al perseguimento di obiettivi comuni, anche assai ambiziosi per quel che concerne
innovatività e interdisciplinarietà: criterio questo premiante nella presentazione di progetti di ricerca con cospicui
finanziamenti.
Attraverso i GIS è possibile realizzare elaborati tridimensionali sugli aspetti fisico-morfologici e antropici, aggiungendo
anche la dimensione tempo (muovendosi nella prospettiva del 4D), così da produrre modelli che restituiscono con
alto grado di accuratezza e di efficacia quanto presente sul territorio. Sempre maggiori sono divenuti gli ambiti di
interesse e le possibilità applicative dei GIS e di recente si sono moltiplicate le possibilità di mapping, diffusione e
pubblicazione in rete di prodotti di output contribuendo alla nascita del linguaggio della geograficità digitale.
Sono stati individuati alcuni profili professionali per geografi dotati di elevate competenze in ambiente GIS. In una
stretta integrazione tra contenuti teorici e disciplinari e competenze metodologiche e applicative, vengono a
configurarsi geografi che assurgono a divenire anche scienziati dei GIS, specie se mentalmente aperti ad acquisire
pure abilità di base nella programmazione. I geografi possono contare su una notevole duttilità e capacità di adattarsi
a situazioni differenti, trasferendo le competenze geotecnologiche da un settore di ricerca all’altro, procurando
considerevole apporto e ampliando il bagaglio delle proprie esperienze.
Affinché ciò possa verificarsi, il primo elemento cardine è rappresentato dalla didattica e dall’alta formazione, lungo
un iter sequenziale mirato, fondato sullo studio imprescindibile dei volumi e delle riviste del settore e sull’approccio
laboratoriale per la partecipazione attiva all’acquisizione di opportune competenze, spendibili a livello professionale.
L’uso di software GIS diventa un requisito essenziale per rivoluzionare il modo di generare conoscenza in base a un
apprendimento che apre nuovi orizzonti, mediante sforzo autonomo e collaborazione in gruppi, così da giungere
all’autocostruzione di un sapere entusiasmante. Grazie alle applicazioni GIS, gli indicatori e i fenomeni studiati
possono essere rappresentati e analizzati nel dettaglio partendo dalle elaborazioni di cartografia digitale
appositamente realizzate, in un’atmosfera coinvolgente che ruota attorno a quanto si è riusciti a produrre mettendo a
frutto abilità geoinformatiche e aspetti teorici e contenutistici, divenendo protagonisti attivi di un processo che
responsabilizza e che permette di riconoscere esperti e figure di spicco in determinate funzionalità o nella fase di
analisi interpretativa. Le stesse modalità di verifica e valutazione possono acquisire nuovi connotati e forme,
volgendo verso quelle soluzioni che riescono a fare emergere meglio gli apprendimenti significativi. Le tradizionali
valutazioni orali e in forma scritta possono essere arricchite dalla richiesta di presentare un certo numero di elaborati
GIS e relativi commenti e contestualizzazioni o dalla richiesta di consegnare un progetto strutturato in modo
armonico e uniforme per tutti all’interno del quale riportare: obiettivi perseguiti e area di studio scelta; funzionalità
GIS usate e provenienza dei dati elaborati; svolgimento e risultati emersi dall’analisi; conclusioni propositive; il tutto
corredato da rappresentazioni di cartografia digitale esportate in formato immagine, come testimonianza delle
competenze applicative acquisite e come elemento centrale su cui è stata focalizzata l’analisi effettuata.
La possibilità di scaricare pacchetti open source e versioni di prova di ArcGIS consente di muoversi liberamente e di
contare su una confacente dotazione. Tali possibilità sono state amplificate e permettono potenzialmente di
raggiungere traguardi molto interessanti, dal progetto The School of Where di ESRI Italia, che mette gratuitamente a
disposizione delle scuole una fornitura di licenze ArcGIS per strutturare una propria piattaforma didattica fondata sui
Sistemi Informativi Geografici e sulle possibilità di pubblicazione e condivisione on line dei prodotti realizzati. In
questo modo sarebbe auspicabile l’introduzione dei GIS pure nelle scuole secondarie di primo grado, per trasmettere
i primi rudimenti e gettare basi preliminari che predisporranno al futuro utilizzo.
Resta centrale la questione della formazione e dell’aggiornamento dei docenti che dovrebbero valorizzare con una
partecipazione frequente e attiva le opportunità fornite da appositi eventi. Le scuole dovrebbero cercare maggiori
contatti con le università e rispondere ai solleciti che talvolta da queste arrivano per allacciare circuiti di formazione-
informazione che favoriscano una proficua verticalità, innescando risultati positivi a doppia vergenza. Le università
dovrebbero allargare e irrobustire le relazioni con le parti sociali, con aziende private ed enti di ricerca, per
promuovere una ricca offerta di attività e stage-tirocini volti ad affinare le competenze acquisite, a canalizzarle e
metterle in pratica in specifici progetti, a conseguire ulteriori abilità venendo a diretto contatto con quelli che
potrebbero rappresentare i futuri sbocchi lavorativi. Tutto ciò vede nei GIS lo strumento di raccordo, il comune
denominatore attorno al quale far ruotare eventi e attività che contribuiscano a far emergere l’importanza della
geografia, il ruolo che i geografi possono ricoprire in tanti ambiti di utilità sociale, l’entusiasmo e il rigore che questi
possono apportare.

13.3 Le story map e il digital storytelling per avvicinare alla geografia e al mondo dei GIS
Le story map sono applicazioni web, ospitate in ambiente cloud, che combinano mappe interattive, contenuti digitali-
multimediali (foto, video, link) e documenti testuali; se adeguatamente pensate e strutturate possono configurarsi
come social network dei GIS e della moderna geografia e possono essere visualizzate e consultate in modalità open
source, divenendo patrimonio di dominio pubblico a scala globale. Si tratta di applicazioni di semplice uso e
accessibilità, facilmente personalizzabili per perseguire i propri obiettivi e per costruire elaborazioni originali di
notevole impatto comunicativo. Si prestano alla diffusione di un digital storytelling finalizzato a raccontare storie,
dinamiche, problemi, percorsi a scala globale o concentrandosi su determinati contesti. Le story map si configurano
come un potente strumento di raccordo, di diretta comunicazione, giacché consentono di fornire testimonianza
diretta, impressioni, valutazioni ed ipotesi su aspetti e fenomeni attuali, di grande interesse disciplinare e
interdisciplinare, così come sulla loro evoluzione e distribuzione. Per la loro semplicità di realizzazione è auspicabile
promuoverne l’utilizzo nelle scuole di ogni ordine e grado, con la certezza di catturare l’attenzione, suscitare curiosità,
stimolare il desiderio di cimentarsi attivamente per produrre una story map con cui contestualizzare, descrivere,
sintetizzare, approfondire temi contingenti, di rilevanza geografica.
La consapevolezza di poter entrare in possesso delle chiavi che permettono di costruire un prodotto di simile natura
produce entusiasmo tra studenti e docenti; la possibilità di diffondere in rete quanto realizzato accresce il desiderio
di provarci e di riuscirci; il recepire che può trattarsi di uno strumento professionalizzante o per lo meno di apertura e
predisposizione verso l’acquisizione di future abilità e funzionalità non lascia indifferenti e spinge a concentrarsi per
massimizzare i possibili risultati.
Quando realizzate secondo opportune linee guida, queste applicazioni web supportano uno stimolante modo di
rappresentare digitalmente eventi e fenomeni, di comunicare informazioni, di trasmettere conoscenza.
In termini di didattica e formazione le story map vanno costruite:
- Concentrando l’attenzione su uno specifico argomento;
- Scegliendo l’area da coprire e la scala della propria elaborazione;
- Selezionando accuratamente il materiale iconografico;
- Arricchendo il progetto complessivo e corredando le singole foto e i video caricati e geolocalizzati di un’adeguata
descrizione testuale;
- Realizzando un prodotto che sappia colpire l’immaginario collettivo e veicolare su vasto raggio informazioni e dati
rigorosi, favorendo la diffusione del sapere.
Vari lavori hanno evidenziato i benefici e presentato casi concreti di uso delle story map in ambito didattico. Possono
essere utilizzate per tradurre in un’applicazione web i rilievi e i risultati delle indagini sul terreno, raccontando,
commentando e geolocalizzando i materiali di diverso genere raccolti con l’osservazione diretta, così come possono
rendere vivo ed interattivo un insieme di immagini tratte da riviste, archivi, siti web su un certo tema, rendendo pure
l’osservazione indiretta coinvolgente e stimolante.
Per una comunicazione efficace vi sono alcune linee guida essenziali da tenere presenti, tra cui:
-Selezionare accuratamente il template (cioè, l’impianto su cui far poggiare l’insieme costituito da mappe interattive,
documentazioni digitali-multimediali e apparati testuali) più adatto per dare massima risonanza ai materiali
iconografici da inserire, valutando il giusto bilanciamento con il testo descrittivo e di approfondimento;
- Scegliere un titolo breve e accattivante in modo da richiamare attenzione, o un titolo che esplichi bene il tema
portante e i contenuti della story map;
- Inserire all’apertura fotografie di notevole effetto estetico o particolare potere comunicativo;
- Realizzare un’applicazione di semplice e immediata consultazione, evitando un uso eccessivo di richiami o rimandi,
ma giungendoci eventualmente con gradualità, una volta addentrati.

Tra i diversi template vi sono:


 Story Map Tour, dove foto e video sono visualizzabili come elementi geolocalizzati con bookmark (segnaposti)
su una mappa interattiva mentre dei brevi testi descrittivi forniscono informazioni. Possono essere adatti per
costruire percorsi di valorizzazione truistica, collegando e mettendo in rete le risorse storico-culturali e
naturalistiche di una determinata area; analogamente può trovare proficue applicazioni per creare itinerari
che colleghino i luoghi di vita e di lavoro di una persona famosa. L’osservazione diretta diviene un mezzo
privilegiato di raccolta collettiva di materiali iconografici da raccordare in una story map di interesse
interdisciplinare e da veicolare mediante web.
 Story Map Journal, in cui foto, video e testi, anche corposi, si integrano e le mappe interattive si susseguono
man mano che si va avanti con la narrazione. Si presta alla realizzazione di story map volte a evidenziare
caratteristiche fisico-morfologiche, antropiche di vari paesaggi o aa documentare luoghi dove si verificano
determinati eventi.
 Story Map Cascade, che a schermo intero valorizza le foto e combina testo e mappe che si susseguono a
scorrimento verticale svelando dati e contenuti. Ci si muove così nella direzione del giornalismo geografico,
per raccontare temi-problemi ed eventi di varia natura, dando risalto all’apparato iconografico.
 Story Map Series, che dà la possibilità di scegliere tra diverse opzioni di termini di struttura e rappresenta una
soluzione idonea per mostrare in maniera ordinata e organizzata una serie di mappe o cartogrammi e carte
tematiche digitali e relativi tematismi con supporto di testo, foto e video. Ci si dirige verso un giornalismo
geografico di più alto livello documentario, o si può propendere per questa soluzione per presentare i
risultati di una ricerca mediante numerose schede che forniscono e mostrano informazioni, approfondimenti,
rappresentazioni cartografiche e materiali iconografici.
 Story Map Shortlist, dove le preview di numerose foto o di video sono cliccabili per farle aprire a grandezza
maggiore con supporto di testo e geolocalizzate con bookmark sulla mappa, in un ambiente organizzato per
schede. È adatto quando si hanno a disposizione grandi quantità di immagini relative a diversi contesti o a
differenti periodi che possono risultare esplicative per mostrare elementi peculiari e cambiamenti avvenuti.
 Story Map Swipe e Spyglass, ossia due alternative per comparare due strati informativi differenti e tra loro
connessi usando una tendina (Swipe) che permette di mostrare in comparazione due mappe interattive,
cartogrammi digitali o carte tematiche in sovrapposizione, o una lente (Spyglass) che a poco a poco mostra
porzioni di uno strato informativo posto sopra a un altro. Le soluzioni inerenti a queste alternative sono utili
per confrontare cartografie storiche e foto aeree recenti, o georeferenziate, mettendo in risalto, con soluzioni
di notevole effetto, le trasformazioni registrate nel tempo. Al tempo stesso possono essere usate per
confrontare carte dell’uso del suolo di periodi diversi o per relazionarne cartogrammi costruiti con dati e
indicatori tra loro legati, in maniera da evidenziare relazioni dirette o indirette.
 Story Map Basic, che si presenta molto semplice e basilare pensato per far parlare da sola la mappa che
riempie lo schermo e prevede pochi elementi di corredo e descrizione. Per la sua essenzialità può essere utile
per muovere i primi passi e per confezionare un prodotto iniziale che cominci a generare entusiasmo e
desiderio di affinare le proprie competenze e abilità.
Per la realizzazione guidata di una story map si può accedere all’apposito sito che riporta in sequenza i differenti tipi
di template e per ognuno presenta un tutorial su come realizzarlo.
Per la loro immediatezza, per le loro peculiarità, per l’entusiasmo che suscitano, le story map rappresentano
strumenti incisivi, capaci di far avvicinare alla geografia e al mondo dei GIS.

13.4 I geobrowser verso concrete prospettive didattiche


Diffusi a partire dal 2004, con l’avvento di Google Earth, i geobrowser sono riusciti a irrompere velocemente
nell’immaginario e nell’uso collettivo per intraprendere viaggi virtuali in luoghi lontanissimi ma anche semplicemente
per individuare i luoghi e gli itinerari di vita quotidiana e delle proprie vacanze. Arricchitisi di opzioni e funzionalità
multiple, vengono utilizzati in numerose situazioni, risultando di grande utilità pratica, talvolta quasi imprescindibili
negli spostamenti e nei percorsi in auto o a piedi; ciò perché sono fruibili anche come dispositivi mobile quali sistemi
per la navigazione satellitare assistita, con aggiornamenti in tempo reale. In questa prospettiva di rapida mobilità sia
fisica che virtuale, ed esaustiva quantità di informazioni concernenti i servizi presenti sul territorio, Google Maps si
dimostra un visualizzatore agile e immediato che ha soppiantato e relegato alla funzione di cimeli gli atlanti e le carte.
Meno noto, ma caratterizzato da visualizzazioni tridimensionali degli elementi antropici ad alta risoluzione, è Bing
Maps di Microsoft che permette di simulare realistiche perlustrazioni dei paesaggi urbani con ravvicinate e
scenografiche riprese prospettiche. Nell’ottica di un uso combinato, i geobrowser permettono di compiere
coinvolgenti sopralluoghi geografici, con una serie di ulteriori vantaggi riconducibili ad esempio alla possibilità di:
- Tracciare percorsi e itinerari inserendo segnaposti, registrare e rivedere tour virtuali, misurare distanze e calcolare
perimetri e aree, comparare immagini storiche e attuali per evidenziare le trasformazioni verificatesi nel tempo;
- Utilizzare alcune informazioni GIS che i geobrowser mettono a disposizione;
- Avvalersi di API (Application Programming Interface) aperte, che consentono l’implementazione di certe potenzialità
offerte dai geobrowser su altri siti web che vengono dotati di varie funzionalità per la gestione e consultazione delle
mappe e di eventuali elementi informativi che si intende aggiungere.
I geobrowser hanno attecchito con una certa semplicità e in maniera diffusa anche in chiave didattica perché gratuiti
e facili da usare a livello tecnico.
A ogni livello, dalla scuola primaria all’università, i geobrowser rappresentano strumenti didattici efficaci per
supportare le lezioni di geografia e il lavoro a casa, specialmente se usati perseguendo obiettivi definiti e come
integrazione di altri strumenti.
Nonostante l’alto potenziale di questi strumenti sul processo di apprendimento, l’uso dei geobrowser a livello
didattico non è adeguatamente valorizzato in una prospettiva di metodologie innovative dalle elevate ricadute. È
come se non si riuscisse a trovare per questi strumenti proficui campi di studio e di analisi; è come se una volta
mostrati i luoghi di vita quotidiana ed effettuate fugaci perlustrazioni in giro per il mondo, mancassero idee da
sviluppare, contenuti da affrontare e da tradurre in chiave applicativa. Sono invece geotecnlogie che non dovrebbero
rimanere confinate a sporadiche attività didattiche, quanto piuttosto accompagnare quotidianamente lo svolgimento
del curricolo ed essere usate ogni volta che se ne presenta l’occasione con un PC e un proiettore in classe. non è
infrequente che i ragazzi le conoscano già, il che, pone la scuola in continuità e non in opposizione con il loro mondo
e il modo di rapportarsi alla realtà.
Il supporto dei geobrowser può rivelarsi di grande aiuto per fornire esemplificazioni e meglio conoscere problemi,
risorse e peculiarità, addentrandosi in specifiche realtà. In classe, si potrebbero ad esempio, scegliere due comuni
italiani ed esaminarne nel dettaglio le caratteristiche, problematiche, prospettive mediante un’analisi geografica che
tragga ampi benefici dalle geotecnologie.
Utilizzando i geobrowser, e in primo luogo, Google Earth e Google Maps, si potrebbe condurre un’esplorazione
virtuale dei due comuni, cominciando dal centro capoluogo. Google Earth conduce all’interno del comune e per
orientarsi, mediante il riconoscimento di iniziali punti di riferimento, si può aprire Google Maps che nella modalità
“Satellite” fornisce indicazioni di strade e utili toponimi.
Dal punto di vista della restituzione ad alta risoluzione degli elementi antropici, una visualizzazione particolare è
offerta da Bing Maps di Microsoft con la funzione “Visualizza visione panoramica”.
Tornando in Google Maps è possibile simulare un’osservazione sul terreno utilizzando le funzioni “Street View”
oppure visualizzare delle immagini e virtual tour nella sezione “Mostra immagini”. È possibile, inoltre, confrontare le
immagini di uno stesso luogo in tempi diversi con la funzione “Mostra immagini storiche” di Google Earth.
Infine, in grado di catturare attenzione e contemporaneamente offrire un breve ma comunicativo filmato è Google
Earth Studio, uno strumento di animazione che permette di visualizzare in movimento immagini satellitari, anche
tridimensionali, modificando vari parametri per riprese più o meno ampie che danno risalto ad aspetti differenti.

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