INTRODUZIONE
La geografia ha come oggetto specifico la società nelle relazioni con la natura (rapporto uomo-
societànatura). È la scienza che studia i processi di antropizzazione del pianeta Terra, ovvero i rapporti
che legano tra loro individui, classi sociali, popoli e culture nello spazio e nel tempo.
Prima del 700/800, i saperi geografici erano caratterizzati da conoscenze tra loro molto diversificate e
scollegate, di vario tipo e veridicità, derivanti da resoconti di esplorazioni.
Con l’avvento della geografia scientifica, alla fine del 700 e agli inizi dell’800, gli studi geografici
progrediscono sistematicamente, con la sede principale in Germania.
Molti filosofi e geografi hanno reso la geografia una disciplina moderna, e importante fu in loro
apporto epistemologico ai principi di interdipendenza e di comparazione.
⟶ Lucien Febvre (1878-1956), allievo di Vidal de la Blache, definì con il termine possibilismo la
posizione di non dipendenza assoluta delle scelte dell’uomo nei confronti della natura.
I rapporti tra uomo e natura non sono univoci, poiché l’ambiente produrrebbe per l’uomo opportunità
tra cui scegliere e non condizioni inderogabili. La storia dell’ambiente e quella della società si
svolgono con ritmi e tempi diversi. I comportamenti antropici possono entrare in conflitto con i ritmi
della natura, perché hanno tempi molto rapidi e sono dovuti a nuovi bisogni o all’affermarsi di
tecnologie innovative.
⟶ Una nuova geografia si è diffusa dagli anni ‘60 del Novecento, una “rivoluzione quantitativa”
avvenutasi grazie anche allo sviluppo delle metodologie matematiche e statistiche.
⟶
Sono nati nuovi indirizzi di questa disciplina, sviluppati tra i geografi statunitensi, inglesi, canadesi e
inglesi. L’obiettivo era circoscrivere ogni fatto geografico entro una misurazione espressa in termini
quantitativi, e per questo è volta a divenire una scienza nomotetica, che affronta lo studio dei fenomeni
in base a leggi generali regolatrici dei meccanismi della natura.
Nella seconda metà degli anni Settanta però si è verificato un parziale rigetto di queste teorie, e le
motivazioni erano:
• eccessiva subordinazione ad alcune concezioni formulate dalle scienze economiche
• allontanamento dal “fatto” reale e concreto, ricerca spesso eccessiva e affrettata di nuovi modelli•
dipendenza dalle scelte dei centri decisionali, a vantaggio e in funzione di una ristretta classe di
tecnocrati.
1. Spazio e tempo
Ogni esperienza trova il punto di partenza e il riferimento primo nel dove (spazio) e nel quando
(tempo). Trasformazioni graduali o improvvise hanno impresso, nel corso dei millenni, segni
caratterizzanti e distintivi a società e culture. Grazie all’esperienza della rete informatica, le coordinate
spazio-temporali hanno assunto oggi accezioni diverse rispetto ad un passato recente.
Dimensioni nuove sono prodotte con effetti non sempre facilmente valutabili: spesso si possono
soddisfare senza spostamento fisico fabbisogni materiali che prima richiedevano trasferimenti.
La geografia è legata allo spazio, e infatti ha la sua etimologia dal greco ghé (Terra) e graphìa
(descrizione), quindi “disegno della Terra”.
Lo spazio è collocato in una dimensione temporale, essendo il territorio un’organizzazione dinamica.
La geografia non può prescindere quindi dal tempo, e da questa dimensione trae il passato, per
comprendere meglio un territorio presente. Una visione diacronica dello spazio consente una migliore
interpretazione delle realtà territoriali, soggette a trasformazioni sempre più rapide.
La geografia deve anche prendere in considerazione il futuro, che va analizzato per le responsabilità
che comporta, in merito alle conseguenze di scelte effettuate nel presente.
2. Orientamento
Esigenza imprescindibile degli esseri umani è da sempre stata l’importanza del dove, attraverso
elementi fissi di riferimento. Da qui derivano i punti cardinali, come quelli offerti dal Sole, e l’Oriente
ne è stato uno dei primi (Est, quadrante dove sembra nascere il Sole).
La linea virtuale, che unisce il sorgere (Est) e il tramontare (Ovest), intercetta perpendicolarmente il
mezzogiorno (Sud) e la mezzanotte (Nord), definendo lo spazio nella cornice del tempo.
La figura così ottenuta ha preso il nome di rosa dei venti.
Da questa, successivamente nasce la bussola, che consente grazie ad un ago magnetico applicato
l’immediata individuazione della direzione, senza l’aiuto del sole o delle stelle.
Le stelle, osservandole a lungo, sembrano girare al di sopra delle nostre teste, impressione dovuta al
movimento di rotazione della Terra. Solo la stella Polare appare immobile, e indica un riferimento
sicuro.
Meridiani e paralleli sono infiniti e non immaginari, ma idealmente tracciati ad avvolgere tutta la
superficie della Terra, formando il cosiddetto reticolato geografico. Esso consente di localizzare
qualsiasi luogo della superficie terrestre, e per farlo bisogna definire un meridiano e un parallelo da cui
originare i calcoli e stabilire latitudine e longitudine.
⟶ Le distanze angolari di latitudine (0º – 90º nord o sud dell’Equatore) e longitudine (0º – 180º est o
ovest dal meridiano zero) vengono misurate in gradi, primi e secondi sessagesimali.
• Latitudine: distanza angolare di un punto dall’Equatore misurata lungo un meridiano (nord/sud).
• Longitudine: distanza angolare di un punto da Greenwich misurata lungo un meridiano (est/ovest).
L’altitudine è invece la quota rispetto al riferimento dato dal livello medio del mare, misurazione
necessaria a causa della conformazione plano-altimetrica della superficie terrestre.
7. Le carte tematiche
• Carte di base o generali: riportano i caratteri fisici, politici o entrambi gli aspetti, offrendo la
maggior quantità possibile di informazioni rispetto alle aree rappresentate
• Carte speciali: rispondono a obiettivi specifici e possono richiedere tipi particolari di
proiezioni, utilizzate per varie destinazioni
• Carte tematiche: dedicate a un fenomeno o a un tema specifico, carta ad alta complessità, offre
un grande numero di informazioni ed ha molte possibilità tecnico-espressive, grande varietà.
Si possono classificare per la metodologia di trattazione in:
1. Qualitative, affrontano il tema nella sua globalità e nella sua distribuzione spaziale
2. Quantitative, evidenziano gli elementi di misura
3. Analitiche, rivolgono l’attenzione a un singolo tema/gruppo di temi affini
4. Statistiche e dinamiche, presentano un fenomeno stabile o mutevole nel tempo e nello spazio 8.
Gli atlanti
L’atlante è una raccolta sistematica e organica di carte geografiche, normalmente a scala piccola o
media, utilizzate per lo studio e la consultazione.
Una prima raccolta risale a Claudio Tolomeo (II dc), grande geografo, astronomo e matematico. Il
primo vero e proprio atlante moderno può essere considerato il Theatrum Orbis Terrarum (1570) di
Ortelio, costituito da una serie di carte geografiche di tutto il mondo.
⟶
Solo nel 1595, nell’opera cartografica realizzata da Mercatore, appare per la prima volta il termine
Atlante, riferito al personaggio mitologico a cui era stato imposto il compito di sorreggere il cielo.
Tutti gli atlanti seguono criteri piuttosto uniformi e un determinato ordine, in cui è presente anche
un indice toponomastico, che ha lo scopo di facilitare la ricerca dei luoghi.
Esistono vari tipi e formati degli atlanti:
• Scolastico, per la consultazione
• Nazionale, dettagliato e particolareggiato di uno Stato
• Internazionale, comprende carte della Terra e delle sue regioni
• Tematico, attento a un tema specifico
9. Il telerilevamento
Le carte geografiche tradizionali necessitano di lunghi intervalli per l’aggiornamento.
Negli ultimi decenni, col remote sensing (rilevamento a distanza o telerilevamento) si è creato un
complesso di tecniche e modalità, grazie ai quali è possibile acquisire, registrare, elaborare e
interpretare informazioni riguardanti le proprietà spaziali di una superficie distante dallo strumento di
rilevamento.
Le rocce geologicamente più antiche possono contenere minerali di ferro, manganese, nichelio, metalli
preziosi, rame. Le rocce paleozoiche sono ricche di carbone, rame e mercurio, diversamente dalle
rocce più giovani che sono povere di minerali.
La storia geologica d’Italia risale a circa 250 milioni di anni fa, motivo della scarsità di giacimenti
minerari esistenti nel nostro Paese (Toscana con le Colline Metallifere, giacimenti dell’isola d’Elba e
Sardegna occidentale).
⟶ Nella costituzione delle rocce della crosta terrestre si distinguono tre processi in successione
temporale, che costituiscono un unico ciclo litogenetico: magmatico, sedimentario, metamorfico.
• Le rocce magmatiche (o ignee) sono generate in seguito al raffreddamento e al consolidamento del
magma, il materiale formato per fusione parziale del mantello.
Possono essere intrusive (o plutoniche), in cui il raffreddamento avviene in profondità e lentamente, e
sono costituite interamente da cristalli (olocristalline, es. granito).
Possono essere effusive, in cui il raffreddamento è brusco e avviene in superficie, e il tempo trascorso
non è sufficiente per un completo processo di cristallizzazione della roccia (basalto).
• Le rocce sedimentarie sono prodotte dall’accumulo e dal deposito/sedimentazione, di detriti e
frammenti deposti nel corso del tempo. Derivano dalla disgregazione di rocce preesistenti, per via
meccanica o chimica. Vengono chiamate anche rocce stratificate, perché sono di solito disposte in
strati di diverso spessore, e costituiscono il 5% della crosta terrestre, molto diverse ed eterogenee, •
Le rocce metamorfiche derivano da quelle eruttive o sedimentarie, dopo profonde alterazioni per
aumenti di temperatura e di pressione. Le rocce sono portate a notevoli profondità all’interno della
crosta terrestre. Esistono due tipi di metamorfismo: di contatto (aree a contatto col materiale
magnetico) e regionale (grandi aree in profondità).
3. La struttura interna della Terra e la tettonica a placche (p. 42 e 44)
Furono elaborate molte teorie sulla causa delle dinamiche superficiali della Terra.
• Inizio del Novecento: Alfred Wegner affermò che 200 milioni di anni fa
esisteva un unico grande continente (Pangèa), circondato da un unico oceano
(Pantalassa). Da qui avrebbe avuto inizio la deriva dei continenti, il
frazionamento delle masse terrestri fino alla loro dislocazione attuale. Teoria
basata su intuizioni e prove di tipo paleontologico, geologico, climatico,
avvalorata dall’incastro quasi perfetto delle linee di costa dell’America
meridionale e dell’Africa.
• Geologo statunitense Harry H. Hess, partì dall’espansione dei fondali oceanici.
Si considera il movimento relativo di porzioni di crosta e mantello superiore.
• Fine anni ‘70 del Novecento: si compresero meglio le cause profonde della
deriva dei continenti, spiegando anche la concentrazione dei terremoti e dei
vulcani e la formazione delle catene montuose. Si elaborò la teoria della
tettonica a placche (o tettonica globale) grazie alle tecnologie d’avanguardia
elaborate da studiosi di Scienze della Terra.
⟶ La composizione interna della Terra è un involucro a strati, composto da crosta terrestre (solida),
mantello (solido), nucleo esterno (fluido), nucleo interno (solido).
La crosta terrestre poggia sul mantello esterno solido, e formano insieme la litosfera, a comportamento
rigido. Sotto c’è l’astenosfera, ad elevata viscosità, che consente i movimenti di alcune placche
litosferiche trasportate da enormi celle convettive, in continuo movimento.
• Le correnti connettive, dalle zone interne più calde a quelle esterne più fredde,
generano forze che determinano i movimenti delle placche. Le correnti
ascensionali (convergenza correnti connettive) spingono verso l’alto il materiale
molto caldo ma ancora solido, che in prossimità della superficie fonde in parte e
produce magma. Questo trabocca nelle dorsali oceaniche, formando margini
costruttivi o divergenti, creando nuova crosta terrestre.
L’Islanda fa parte di due distinte placche: nordamericana e eurasiatica.
Esempi di placche ampie: pacifica, eurasiatica, nordamericana, africana, indoaustraliana, antartica.
• Zona di subduzione: per lo scontro di due placche convergenti una delle due può sprofondare,
formando le grandi fosse oceaniche (Marianne, 11.034 m di profondità).
• Orogenes : se si sovrappongono i margini di convergenza, danno origine a catene montuose.
•i , faglie trasformi: margini nei quali non avviene costruzione (divergenti) né
Margini distruzione di litosfera (convergenti). Lungo i bordi di tangenza delle placche
conservativi avviene un movimento di scorrimento, e le zone di frizione delle placche
accumulano pressioni fortissime.
Con il tempo, l’energia immagazzinata può superare il limite di resistenza delle rocce, e liberandosi
violentemente può provocare terremoti.
• Le tipologie di eruzione:
Hawaiane = effusive, lave fluide povere di gas, a scorrimento relativamente veloce ma tranquillo (isole
Hawaii, Islanda)
Stromboliane = lava più viscosa, alternano a normali piccole esplosioni, colate di lava ed esplosioni
maggiori (Stroboli nell’arcipelago delle Eolie o Lipari)
Vulcaniane = esplosive, interazione fra l’acqua di falda e il magma (Vulcano, nelle isole Lipari)
Pliniane = esplosiva, grandi quantità di cenere, pomici, flussi piroclastici. Il cratere principale può
collassare formando la caldera, una depressione (Vesuvio, 79 dc, Plinio il Giovane)
Peléeane = magmi molto viscosi, tendono a solidificare nel camino ostruendolo, nubi ardenti (La Pelée
nelle Antille).
• La distribuzione geografica: forme dell’edificio vulcanico: a scudo (forma appiattita, fluidità delle
lave, scarsa attività esplosiva), vulcani-strato (forma conica, colate laviche viscose, attività
esplosiva).
I vulcani possono essere attivi, estinti e quiescenti (attivi in tempi storici).
Si distribuiscono per: allineamenti lungo le dorsali oceaniche (più estesi), allineamenti lungo i margini
continentali (cintura di fuoco) o catene di isole, vulcanismo in aree isolate.
⟶ Le eruzioni producono a volte disastri spaventosi, soprattutto se i fianchi del vulcano sono molto
popolati, come quelli del Vesuvio e dei Campi Flegrei.
Il rischio vulcanico è ben localizzato, e consente di predisporre piani di evacuazione delle popolazioni,
con studi analitici caso per caso (difesa passiva). Sono stati creati in alcuni vulcani degli sbarramenti
per deviale le colate, evitando zone più densamente popolate, come per l’Etna (difesa attiva).
6. I terremoti
Il terremoto o sisma si avverte come un movimento di una parte della superficie terrestre, prodotto da
vibrazioni (onde sismiche) che si propagano da un punto all’interno della terra (ipocentro) cui
corrisponde sulla sua verticale, un punto in superficie (epicentro).
• Gli effetti: dipendono in misura rilevante dalla potenza delle onde sismiche e dalla loro durata,
e anche la natura litologica del terreno. Sono determinanti anche l’applicazione di normative e
procedure antisismiche, generale livello di sviluppo, attenzione e grado di addestramento delle
popolazioni, momento in cui si verificano le scosse, densità di popolazione.
I terremoti possono avere l’ipocentro sotto un fondo oceanico, che può venir sollevato o abbassato dal
movimento locale della crosta. Si può verificare il fenomeno dello tsunami o maremoto.
Le vibrazioni del terremoto arrivano rapidissime in superficie, mentre l’onda marina generata dal
sisma è più lenta ma si può innalzare fino a una decina di metri, generando danni enormi sulle coste.
Uno tsunami può essere prodotto anche da altre cause naturali che si generano in un ambiente marino,
come eruzioni vulcaniche, frane, esplosioni o caduta di meteoriti in mare. (città di Fukushima, 2011).
In Italia si è cominciato ad agire in questa direzione dopo il catastrofico sisma di Reggio di Calabria e
Messina del 1908, e un ulteriore impulso è stato dato dopo il terremoto dell’Aquila del 2009.
3) L’ATMOSFERA E IL CLIMA
• temperatura
I raggi del Sole emessi a onde corte attraversano l’atmosfera, senza che questa li assorba.
Al contrario sono assorbiti solo dalla Terra che li riceve e li converte in calore, trasmesso poi
nell’aria attraverso l’emissione di raggi a onde lunghe. Tale trasferimento di calore restituisce la
temperatura. Misurata con il termometro, indica il grado termico di una frazione di aria in un
momento e un luogo determinati. Escursione termica: differenza tra temperatura massima e minima
di un luogo. Isoterme: linee che uniscono tutti i punti della superficie terrestre con la stessa
temperatura • pressione
Anche se non si avverte, l’aria esercita sulla superficie terrestre un peso chiamato pressione, misurata
con il barometro. Il peso medio al livello del mare corrisponde a 760 mm o a 1013 millibar, valori
maggiori segnalano alta pressione, mentre quelli minori bassa pressione. Il peso dell’aria è dinamico e
dipendente da molte variabili, tra cui l’altitudine: con l’aumento di quota diminuisce lo spessore della
colonna d’aria sovrastante. È influenzata dalla temperatura e dall’umidità: l’aria calda e umida e
leggera tende a salire, l’aria fredda e secca e più pesante tende a scendere.
• venti
Le differenze tra aree di alta pressione (anticicloniche) e bassa pressione (cicloniche) generano gli
spostamenti di masse d’aria, i venti. La loro intensità è direttamente proporzionale alla differenza di
pressione tra due aree contermini, ed è tanto più forte quanto più ravvicinate sono le aree di alta e
bassa pressione. Sul vento si può misurare direzione, velocità e forza.
• umidità dell’aria e precipitazioni
Esse derivano dal ciclo dell’acqua: l’evaporazione per insolazione delle superfici liquide e le
conseguenti precipitazioni sulla terraferma e sui mari. L’evaporazione porta nell’aria l’umidità
assoluta, una certa quantità di vapore definibile come il peso del vapore acqueo in un dato volume
d’acqua. Oltre al limite di saturazione avviene la condensazione del vapore acqueo (gassoso→liquido)
o la sublimazione (gassoso→solido).
La capacità dell’aria di contenere vapore è proporzionale all’aumentare della temperatura.
“umidità relativa”: rapporto in % tra quantità di vapore presente in un dato volume d’aria e il limite
massimo che potrebbe esserci alla medesima temperatura. Le nubi si formano quando il vapore
acqueo diviene visibile, ad esempio per l’abbattimento della temperatura in microscopiche goccioline
d’acqua, e la nebbia dà la percezione delle loro dimensioni infinitesimali.
La quantità di precipitazioni varia da luogo a luogo, e la loro distribuzione geografica è rappresentata
sulle carte dalle linee isoiete, che uniscono luoghi con eguale quantità di precipitazioni.
Regime pluviometrico: distribuzione (giornaliera, mensile, stagionale, annua) delle precipitazioni.
Intensità: quantità di precipitazioni nell’unità di tempo.
• Latitudine: influisce sulla temperatura, sia in funzione della quantità annua di radiazione, sia per la
differente inclinazione dei raggi del sole che colpiscono la Terra.
• Altitudine: determina la variazione della temperatura rispetto al livello del mare
• Distribuzione delle terre e dei mari: influisce sia sull’umidità, contribuendo direttamente al suo
aumento nell’atmosfera, sia sulla temperatura, influenzata dalle masse continentali e oceaniche. Le
masse liquide hanno la capacità di influenzare l’escursione termica, riducendone gli estremi. •
Correnti marine: spostamenti di masse d’acqua, che svolgono una funzione fondamentale
nell’equilibrio climatico.
• Esposizione: rispetto ai punti cardinali, influisce almeno a livello locale sulla temperatura e sulla
ventilazione, oltre che sulla luce. L’Italia, con fattori geologici differenziati, mostra una grande
varietà di climi e la sua posizione (allungata in latitudine) fa sentire in maniera sensibile il suo
influsso procedendo da nord a sud. Anche la disposizione dei rilievi è importante dal punto di vista
climatico: le Alpi riparano la Pianura Padana dai venti freddi del Nord, gli Appennini creano una
suddivisione climatica tra versante tirreno e adriatico. Il Mediterraneo addolcisce il clima facendo
giungere i suoi effetti termoregolatori in ampie zone dell’interno peninsulare. Clima molto
favorevole, ma non ottimale la coincidenza dei mesi più caldi con quelli più secchi.
• Vegetazione
• Azione dell’uomo
4. I tipi di clima
Fin dall’antichità sono stati fatti vari tentativi di classificazione dei climi.
Grande successo, per rigore scientifico, ha ottenuto la classificazione
proposta dal Wladimir geografo e climatologo , nel 1918 e perfezionata nel 1936.
Essa Köppen prevede gruppi climatici corrispondenti a , dall’Equatore verso
i poli. cinque grandi classi
Climi di tipo A: TROPICALI UMIDI
Collocati fra i tropici, temperatura media mensile molto elevata, manca un vero inverno. Possono
variare la quantità e la distribuzione delle precipitazioni nell’anno, comunque abbondanti.
• equatoriale, fascia più vicina all’equatore e temperatura media elevata, quasi uniforme, piovosità
abbondante e regolare tutto l’anno (bacini del Congo e del Rio delle Amazzoni, Insulindia,
Camerun). • tropicale con inverno secco (o della savana), minori precipitazioni, diverso regime
pluviometrico, alternanza delle stagioni in base alla piovosità, umida e asciutta, non in base alla
temperatura (Africa, America Latina).
• monsonico, notevoli precipitazioni e distribuzione stagionale non uniforme delle piogge. I monsoni
sono venti periodici dell’Oceano Indiano, che soffiano da terra verso mare in inverno, e da mare
verso terra in estate (India, Indocina, costa orientale Madagascar).
6. Inquinamento atmosferico
Un passaggio decisivo per la nascita dell’inquinamento atmosferico avviene con la Rivoluzione
industriale. Da quel momento furono immesse nell’aria quantità notevoli di particelle, deteriorando la
qualità dell’aria.
L’inquinamento atmosferico è un fenomeno transcalare, e va quindi osservato sia a scala locale e sia a
scala globale, e si diffonde nell’atmosfera anche in aree molto distanti da quelle di origine.
In alcuni Paesi come l’Italia si è sviluppata una seria normativa sul trattamento dei rifiuti tossici, e al
contempo una lotta alle attività illegali legate al loro smaltimento (ecomafie).
⟶ Attività antropiche più inquinanti: agricole, industriali (materiali radioattivi), naturali (ceneri
vulcaniche, polveri ecc.), emissioni di combustioni (mezzi e energia elettrica).
Rilevanza globale hanno le emissioni dei gas serra, ai quali si imputa la responsabilità maggiore nel
riscaldamento globale dell’atmosfera terrestre.
4) IDROSFERA
⟶ Nonostante le grandi capacità depurative del mare, in alcune aree l’inquinamento marino è
diventato insostenibile, con ricadute pesanti per gli esseri umani e per la loro salute.
Gravissimi sono i disastri ambientali causati dalla perdita del petrolio in mare: oil spills.
Ogni anno, 4 milioni circa di tonnellate di idrocarburi è disperso in mare.
⟶ Le correnti marine sono masse d’acqua che si spostano in una direzione quasi costante, con
caratteristiche (temperatura, salinità) diverse da quelle delle acque circostanti.
La causa è il rigonfiamento delle acque marine della fascia equatoriale, per le elevate temperature che
ne provocano l’espansione e il deflusso verso latitudini più alte. Si ha poi un richiamo di acque più
fredde dalle zone polari, a cui si aggiunge l’azione dei venti.
La loro formazione e direzione dipende dalla rotazione terrestre (senso orario nell’emisfero boreale,
senso antiorario nell’emisfero australe) e della conformazione dei continenti (deviate dall’andamento
delle coste.
Le correnti marine si distinguono in calde (dalle regioni equatoriali verso latitudini più elevate,
temperature superiori a quelle delle acque circostanti) e fredde (dalle regioni polari verso latitudini più
basse, temperature inferiori a quelle delle acque circostanti).
Esse svolgono quindi un ruolo di equilibrio termico, consentendo uno scambio di calore tra le regioni
polari e le regioni equatoriali.
A livello locale inoltre rivestono grande importanza climatica, grazie all’azione mitigatrice sulle aree
costiere delle fredde regioni nordiche e a quella rinfrescante sulle fasce costiere dei deserti tropicali.
⟶ Per descrivere un corso d’acqua (fiume) occorre utilizzare una serie di parametri.
• lunghezza: distanza che passa dalla sorgente alla foce, dipende dall’estensione e dalla conformazione
morfologica di un territorio.
• pendenza: rapporto tra il dislivello sorgente-foce e la lunghezza di un fiume. Bassa nei fiumi il cui
corso si sviluppa molto in pianura, alta nei territori montani (anche 20%). Nel corso superiore è
maggiore, nel corso medio/inferiore è minima.
• velocità: determinata dalla forza di gravità, dipende molto dalla pendenza e varia con essa. Nei tratti
di montagna è maggiore, nei tratti in pianura è minore. Altri fattori sono la profondità e la rugosità
del letto, che deriva in parte dalla natura delle rocce.
• bacino idrografico: comprende tutta la superficie che convoglia le acque piovane in un determinato
fiume, è delimitata dalla linea spartiacque che lo separa dai bacini confinanti. L’ampiezza del bacino
è collegata alla lunghezza del fiume.
• portata: quantità d’acqua che passa attraverso una sezione trasversale del fiume nell’unità di tempo.
Si esprime di solito in m3/s. Importante sia per esaminare i caratteri di un corso d’acqua e sia per
valutarne gli impatti sulle attività antropiche. È maggiore nei fiumi con sezioni trasversali molto
ampie, dove il corso d’acqua scorre veloce. Dipende dalla quantità e dall’intensità delle
precipitazioni.
Per ciascun corso d’acqua di può calcolare una portata media, minima (di magra), massima (di piena).
Il Rio delle Amazzoni è il fiume con le portate maggiori. Poiché i corsi d’acqua trasportano anche
materiale solido, è utile conoscere la portata solida, soprattutto per gli effetti morfologici prodotti.
• regime: insieme delle variazioni di una portata di un fiume durante l’anno.
Dipende dal regime pluviometrico e dall’andamento della temperatura, ma anche dalle caratteristiche
del bacino idrografico: topografia, struttura geolitologica, copertura vegetale, opere dell’uomo. Non
ci sono fiumi a portata costante nell’anno. I fiumi iemali hanno portata massima in inverno e minima
in estate, i fiumi estivi (regime glaciale) hanno portata massima in estate e minima in inverno.
6. I laghi
Il lago è costituito da una massa d’acqua, generalmente dolce, raccolta in una concavità del terreno,
senza una comunicazione diretta con il mare. Prende il nome di stagno se la profondità è minima.
Una palude è una depressione coperta da uno strato ridottissimo di acque, con abbondanza di
vegetazione in parte emersa. Le maremme sono piane acquitrinose, estese in prossimità del mare,
ricoperte di folta vegetazione.
L’estensione di un lago può variare molto: il Mar Caspio in Asia Occidentale è il più grande lago
della Terra. Anche le profondità variano notevolmente, e il più profondo è il Lago Bajkal, in Russia.
L’acqua del lago proviene da precipitazioni, dal ruscellamento, da sorgenti presenti sul fondo/lungo le
sponde, dai corsi d’acqua che vi sboccano (immissari). L’acqua che si aggiunge viene smaltita per
evaporazione, infiltrazione, o per mezzo di uno o più corsi d’acqua che escono dal lago (emissari).
Un lago chiuso è privo di emissario, e un’intensa evaporazione potrebbe produrre una forte salinità.
⟶ I laghi possono avere genesi diverse:
• glaciale, in una depressione modellata da un ghiacciaio
• vulcanica, nel cratere di un vulcano spento, figura ellittica e subcircolare
• di sbarramento, per i detriti prodotti da frane, a volte è artificiale per dighe o irrigazioni
• artificiale, per dighe costruite di diverse tipologie
• subaplini, formati per colmare le depressioni vallive create dall’azione dei ghiacciai (sciolti)
• tettonici, si trovano in cavità originate da grandi movimenti della crosta terrestre
• laghi costieri, deposizione di sedimenti costituiti da cordoni litoranei, allungati, profondi e salmastri
I laghi maggiori si presentano anche come tramite dei trasporti, come i Grandi Laghi nordamericani.
Le acque dei laghi, oltre che per l’irrigazione dei campi, si ricordano per l’importanza turistica grazie
alla pesca sportiva, sport acquatici, bellezza del paesaggio, ecc.
⟶ Il fenomeno dei ghiacciai accade quando il ghiaccio raggiunge uno spessore particolarmente
consistente, si comporta come se fosse costituito da materiale plastico ed è soggetto a un lento
scorrimento, espandendosi su una superficie orizzontale o scivolando verso il basso per la gravità.
• Ghiacciai di montagna: lunghi e stretti e occupano le valli preesistenti.
• G hiacciai continentali : possono estendersi su una superficie ampia sommersa da coltri spesse.
• Crepacci: se il fondo roccioso è irregolare, si generano tensioni che producono fratture diversamente
orientate nella pare superficiale dei ghiacciaio. I seracchi si formano quando crepacci trasversali e
longitudinali si incrociano, sono blocchi e pinnacoli isolati.
• Bacino collettore: zona di accumulo/alimentazione, parte più alta, sopra limite delle nevi permanenti.
• Circo glaciale: nei ghiacciai di montagna, parte superiore.
• Lingua del ghiacciaio: nei ghiacciai di montagna, parte inferiore, lunga e ristretta, si può spingere al
di sotto della linea delle levi permanenti.
• Ablazione: termine tecnico-scientifico, sotto il limite delle nevi prevale la fusione e l’evaporazione.
La lingua glaciale termina con un fronte, dal quale fuoriesce acqua, che alimenterà il torrente glaciale •
Iceberg: nei ghiacciai polari (calotta antartica) dove la temperatura è sempre sotto zero e la radiazione
solare non riesce ad attivare processi di fusione, la perdita di ghiaccio avviene per distacco di blocchi.
8. Alluvioni ed esondazioni
Un’alluvione o un’esondazione si registra quando, dopo piogge prolungate e abbondanti, l’alveo non
riesce a contenere il carico d’acqua che di norma è in grado di accogliere.
Essi producono guasti addizionali in seguito a trasformazioni operate dall’uomo: disboscamenti
radicali di versanti, costruzioni e cementificazioni eccessive in luoghi sensibili, riduzioni degli alvei
dei fiumi, ostacoli per lo scorrimenti delle acque correnti.
In Italia questa calamità è frequente, anche per la forte pressione antropica esercitata sul terreno.
5) BIOSFERA
⟶ Per il funzionamento della biosfera è indispensabile l’energia fornita dal Sole, grazie alla quale si
sviluppano processi di fotosintesi, il grande “motore” della vita sulla Terra.
L’energia luminosa del Sole consente la fotosintesi da parte degli organismi autotrofi, in grado di
nutristi impiegando soltanto sostanze inorganiche. In questo modo le piante, che producono materia
organica assumendo quella organica, sono la base dalla catena alimentare di tutti esseri viventi, ovvero
della serie di organismi che si nutrono gli uni degli altri.
Gli organismi eterotrofi (consumatori) non sono in grado di produrre da soli le sostanze per il loro
sostentamento, e si nutrono di sostanze organiche generate dagli autotrofi (produttori).
⟶ Negli anni ‘70 del Novecento, l’UNESCO aveva attivato il Programma MAB (Man and the
Biosphere), con gli obiettivi di migliorare il rapporto tra uomo e ambiente e ridurre la perdita della
biodiversità. Vi è stato poi il progressivo riconoscimento delle Riserve della Biosfera, aree marine e/o
terrestri che gli Stati membri si impegnano a gestire con la partecipazione delle comunità locali.
In tutto il mondo ci sono 651 Riserve in 120 Stati, di cui 13 sono in Italia.
3. L’inquinamento della biosfera
A partire dalla Rivoluzione Industriale la pressione antropica sulla biosfera è divenuta sempre più
invasiva, con continue e pericolose accelerazioni negli ultimi decenni.
È necessaria un’opera preventiva per evitare di superare il limite di resilienza, ossia la capacità di un
sistema ecologico di tornare al suo stato iniziale e di autoripararsi, dopo un danno.
Litosfera, atmosfera e idrosfera sono in reciproca relazione, e di conseguenza l’inquinamento dell’aria
può estendersi al suolo e alle acque, e viceversa.
Quando lo smaltimento dei rifiuti avviene in maniera non conforme alle normative, i guasti alla
biosfera diventano enormi. Le ecomafie sono attività antropiche illegali concentrate nella Terra dei
fuochi, e ad essere si sommano le forze naturali, che spesso contribuiscono all’inquinamento della
biosfera.
Foreste:
• Equatoriale = gran numero di specie arboree presenti una accanto all’altra, densa e sempreverde
vegetazione, alberi alti fino a 60 m. Spesso non consente ai raggi solari di raggiungere il suolo,
perché le foglie cadono in periodi diversi, mancando un chiaro alternarsi delle stagioni. Fauna
abbondante riguardo agli uccelli e alle scimmie. Popolamento umano non favorito dalla fittezza
degli alberi, i fiumi sono importanti passaggi naturali nella foresta, vie principali del popolamento.
• Pluviale tropicale
• Monsonica
• di Latifoglie = preponderanza di quercia e faggio. Caduta delle foglie nel periodo invernale, numero
ristretto di specie, di cui solo una è prevalente.
• di Conifere = aghifoglie, prevalenza di pino silvestre e abete. Sempreverdi a eccezione del larice,
adatte a sopportare climi molto rigidi. Abbondanza di fauna.
• a Sclerofille = clima mediterraneo, alberi con foglie piccole e dure, specie arbustive.
Savana:
Formazione arbustiva, si estende nelle regioni calde tutto l’anno e nelle regioni piovose un solo
periodo. Composizione mista di arbusti, erbe ed alberi sparsi. Periodo riposo nella stagione asciutta.
Tra gli alberi si segnala il baobab (Adansonia digitata). Fauna molto ricca.
Hanno favorito l’insediamento umano: coltivazione e raccolta durante il periodo umido, caccia durante
il periodo secco. La colonizzazione europea ha rotto in molte aree l’equilibrio che si era instaurato tra
le società e l’ambiente, causando un impoverimento del suolo sempre più soggetto all’erosione.
Prateria:
Precipitazioni piuttosto scarse, temperature variabili in maniera notevole. Vegetazione quasi
solamente erbacea, con prevalenza di graminacee. Al clima continentale di medie latitudini si
associano le praterie a erbe alte (America settentrionale). Nelle pampas dell’Argentina le piogge sono
scarsissime. La steppa è la formazione più caratteristica delle praterie a erbe basse: vegetazione
raggruppata in ciuffi e distribuita sul terreno in maniera irregolare, si adatta a climi sia caldi sia freddi,
trova diffusione dall’Equatore fino a circa 55º N.
Nei climi subpolari e polari, con latitudini più elevate, si ha il passaggio della tundra: formazione
erbacea con prevalenza di muschi e licheni, suolo in permanenza gelato che non consente alle radici di
penetrare in profondità, verso i poli c’è il clima delle calotte glaciali.
Deserto:
Estrema scarsità di precipitazioni, mancanza di acque correnti, prevalente azione esercitata dai venti,
vegetazione nulla o molto scarsa. Le poche piante esistenti devono:
approfondire le radici per ricercare l’acqua nel sottosuolo, avere foglie piccole e dure, a volte spine,
per diminuire la superficie evaporante, accumulare di riserve di acqua.
Antartide: terreno perennemente ricoperto di neve o ghiaccio, vegetazione impossibile ma presenti basi
scientifiche. Fauna limitata alle specie resistenti alla sete o al freddo. Nei deserti a inverno freddo la
rara vegetazione è più arbustiva che erbacea.
Non offre una continuità di condizioni favorevoli alla vita e alle attività antropiche stabili, tranne che
per le risorse del sottosuolo come i giacimenti petroliferi o di gas metano.
6) IL MODELLAMENTO TERRESTRE
⟶ I processi morfologici si occupano del modellamento della superficie terrestre, che avviene in
modo progressivo e in tempi molto lunghi, a eccezione di eventi improvvisi (fenomeni franosi o
vulcanici e sismici).
Il ciclo di erosione è costituito da tre stadi principali: giovinezza, maturità, vecchiaia.
Alla fine di tutti possibili eventi del processo morfogenetico, c’è sempre il processo di
ringiovanimento, con l’impostazione di un nuovo ciclo di erosione.
I processi fisici sono dovuti soprattutto alle oscillazioni di temperatura per il riscaldamento e il
raffreddamento, e fanno valere la loro forte disgregante se le differenze termiche sono forti e rapide.
Le rocce, sottoposte a intermittenti dilatazioni e contrazioni, innestano un processo di lenta
disgregazione/frantumazione, il termoclastismo (tipico di rocce scure ed eterogenee).
Il processo di disgregazione/frantumazione del materiale roccioso invece accade quando la temperatura
comporta il congelamento e la fusione delle acque meteoriche. Il susseguirsi di gelo e disgelo è
frequente in ambiente glaciale e periglaciale (crioclastismo).
Anche gli organismi viventi possono agevolare la disgregazione delle rocce (bioclastismo).
L’insieme dei processi di degradazione meteorica e alterazione chimica origina uno strato di materiali
detritici (regolite), che risulta di grande importanza per la formazione del suolo poiché ricco di
sostanze organiche (pedogenesi).
3. I movimenti franosi
Il franamento è la discesa improvvisa, o comunque abbastanza rapida, di una quantità variabile di
massa litoide come effetto prevalente della forza di gravità. È la più dannosa forma di denudazione dei
versanti. Le frane si possono distinguere in vari tipi: • di crollo (caduta libera di blocchi di roccia da
una parete)
• di scivolamento o scorrimento (scivolamento di materiali su un piano inclinato abbastanza liscio) • di
colamento (lento, grazie alle acque d’infiltrazione di rocce argillose, spazi ampi e consistenti spessori
di roccia)
• di ribaltamento (rotazione di materiali coerenti, ma con fessurazioni o stratificazioni verticali)
⟶ In Italia, una superficie notevole di 15.000 ettari è interessata dai movimenti franosi.
Regioni maggiormente colpite: Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna,
Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria. Fra le grandi frane avvenute in Italia si ricorda
quella del Monte Toc, del 9 ottobre 1963. Più recente è la frana di Sarno e Quindici (Salerno, 6
maggio 1998). Il franamento dipende da cause naturali: giacitura e caratteristiche litologiche, forte
pendenza dei versanti, intensità di alcuni eventi meteorologici. In molti basi anche l’abbattimento
degli alberi, l’uso di tecniche agricole non adeguate, la costruzione di strade, hanno compromesso
l’equilibrio naturale.
4. Scorrimento superficiale
Le gocce d’acqua, durante precipitazioni intense, possono avviare processi erosivi, definita erosione
normale per la sua larga diffusione sulla superficie del pianeta.
Le acque che scorrono in superficie (dilavanti o selvagge) sottopongono il terreno a un’incessante
azione di denudazione (dilavamento), che può assumere aspetti di energia erosiva.
Alcune rocce sono attaccate dall’acqua dilavante a causa della loro struttura e della loro coerenza
interna, come le argille, poco resistenti all’azione delle acque. Tipiche forme cave presenti in terreni
di natura argillosa sono i calanchi, sistemi di solchi di erosione e di vallecole e dai versanti ripidi divisi
da creste acute, prodotti dalle acque.
Altre forme peculiari dell’azione demolitrice delle acque dilavanti, sono le piramidi di terra (o camini
delle fate). Essi si sagomano principalmente in materiale eterogenico ed eterometrico incoerente, ma
poco permeabile. Sono guglie o torri di varia altezza, protette da blocchi di roccia più compatta e
resistente che si innalzano rispetto a zone scoperte (province di Trento e Bolzano).
L’acqua dilavante, anche sotto forma di ghiaccio e di agente chimico, è il fattore principale
della formazione del Bryce Canyon (Utah, USA). 5. Il modellamento fluviale (p. 101)
Dall’erosione di tipo areale per dilavamento, si passa a quella di tipo lineare per incanalamento, e alla
formazione dei corsi d’acqua che vanno a comporre il reticolo idrografico.
Il modellamento della superficie terrestre dei corsi d’acqua si deve a tre processi a volte simultanei:
• erosione (rimozione progressiva di particelle dal fondo e dalle sponde)
• trasporto (movimento di particelle erose per trascinamento, per sospensione o in soluzione) •
deposito (accumulo di particelle)
⟶ La forza di erosione dipende dalla quantità d’acqua, dalla pendenza (imprime maggiore o minore
velocità al fiume), e dal tipo di roccia (può essere più o meno incoerente).
L’erosione può essere meccanica (scorrimento dell’acqua sulla roccia e urto dei detriti trasportati lungo
le sponde e sul fondo) o chimica (alterazione della roccia per soluzione).
Il solco si approfondisce (forra, gola, canyon) e si allarga sempre di più (valle fluviale).
La sezione trasversale a V delle valli fluviali/torrentizie si forma con la combinazione dell’erosione
lineare (rende profonda l’incisione) e dell’erosione laterale (agisce sulle sponde).
Una rottura di un pendio forma una cascata.
La pendenza del fiume diminuisce progressivamente, procedendo da monte a valle.
I depositi alluvionali (o pianure alluvionali, se più grandi) si formano per l’abbandono di materiale
solido da parte della corrente d’acqua, a causa del rallentamento.
L’accumulo immediato di materiali dà origine al conoide di deiezione, se il corso d’acqua sbocca
direttamente e bruscamente in un tratto piano.
⟶ Nei tratti di pianura si formano spesso i meandri, anse accentuate di un corso d’acqua che si
susseguono con frequenza e che aumentano progressivamente la loro curvatura.
In seguito alla deviazione della traiettoria del filone centrale della corrente, si ha erosione sulla sponda
esterna (riva con scarpata di erosione) e accumulo sulla sponda interna (riva con sedimentazione).
Quando tra un’ansa e l’altra la striscia di terra (collo del meandro) diviene molto stretta, può essere
saltata in caso di piena del fiume, originando un meandro abbandonato che diviene prima un lago (lago
a corna di bue) e poi un meandro fossile.
Esistono meandri incassati o incastrati in profondi canyon o gole: fiume Colorado (Utah, USA).
Le acque fluviali offrono numerosi vantaggi, e l’uomo per questo si è spesso insediato nelle vicinanze,
utilizzandole per: usi domestici, agricoltura, energia, navigazione, pesca e agricoltura, attività sportive,
fluitazione. Fiumi di forte attrazione: Nilo, Tigri ed Eufrate, Gange e Indo, Huang Ho.
7. Il modellamento glaciale
L’estensione dei ghiacciai è di circa 15 milioni di km2, la grandissima parte dei quali compresa nel
continente antartico. Nell’emisfero boreale buona parte dell’Asia e dell’America settentrionale,
l’Europa settentrionale e tutte le Alpi hanno subito il modellamento dei ghiacciai. Come altri agenti
morfologici, si manifesta attraverso l’erosione (esarazione ed estrazione), il trasporto e il deposito.
L’esarazione avviene per erosione meccanica del ghiaccio e dell’acqua di fusione, sul fondo del
ghiacciaio. Può avvenire indirettamente con lo sfregamento di detriti inglobati nel ghiaccio.
L’estrazione si sviluppa direttamente per sradicamento di materiale sul fondo, che viene cavato,
frantumato e rimosso.
⟶ L’erosione glaciale, a differenza di quella fluviale, non è riferita a un livello di base. Quindi le
spinte esercitate dalle masse di ghiaccio retrostanti possono produrre sovraescavazioni anche al di
sotto del livello del mare: fenomeno di criptodepressione.
Durante l’azione di trasporto, il ghiacciaio non esercita alcuna azione selettiva, al contrario del fiume,
che non trascina con sé ad esempio grandi massi.
I ghiacciai svolgono un ruolo importante dal punto di vista economico. L’enorme apporto di acque,
dovute allo scioglimento delle nevi, permette a molti fiumi di mantenere un buon livello d’acqua anche
nei periodi di carenza delle precipitazioni (per irrigazione agricola, alimentazione laghi artificiali). Un
altro aspetto riguarda il turismo: uso del ghiacciaio per lo sci estivo.
⟶ Morena: materiale detritico trascinato dal ghiacciaio, proveniente dai versanti e dal fondo.
Materiale non stratificato, disomogeneo. Possono essere di tre tipi: di fondo, interne, di superficie.
Le morene di superficie si formano verso i fianchi della valle (morene laterali). Quando due lingue
glaciali si uniscono, le due morene laterali confluiscono in una morena mediana.
Nella parte terminale del ghiacciaio si deposita un cordone morenico frontale, che ha una forma
arcuata, e le creste moreniche che susseguono formano un anfiteatro morenico (colline ad arco).
Massi erratici: massi enormi trasportati e abbandonati dai ghiacciai, anche a distanze di centinaia di
chilometri dal luogo di origine.
8. Il modellamento costiero
La costa è la zona di contatto tra le pareti emerse e quelle sommerse della superficie terrestre. Il
mare, soprattutto attraverso l’azione delle onde, vi svolge una continua opera di modellamento:
erosione (abrasione), trasporto, deposito.
L’attività erosiva è esercitata in particolare dall’energia meccanica del moto ondoso, e nell’azione
demolitrice è spesso rafforzata dai detriti lanciati contro le pareti costiere. Nel modellamento costiero
c’è anche la forza dell’acqua marina, l’alterazione chimica, l’azione esercitata da alcuni organismi.
Le coste possono essere diritte o articolate (con sporgenze e rientranze).
⟶ Costa alta: il terreno scende al mare con un pendio ripido. In corrispondenza del livello medio del
mare, l’azione delle onde produce una lunga scanalatura, detta solco di battigia. • falesia, parete
rocciosa a picco sul mare, in arretramento progressivo (scogliera)
• ria, insenatura lunga e stretta, spesso perpendicolare alla linea di costa
• vallone, insenatura lunga e stretta, ma quasi parallela alla linea di costa
• fiordo, insenatura dovuta all’erosione dei ghiacciai, stretta, molto ramificata e chiusa da coste a
picco. I ghiacciai, nel passato giungevano fino al mare, ma con il loro ritiro la depressione
sovraescavata è stata invasa dal mare.
⟶ Costa bassa: il movimento delle onde origina la spiaggia, che scende in mare con debole pendio.
L’azione costruttiva del mare consiste nell’accumulo di detriti (sabbie, ghiaie), evidente nelle
insenature come golfi e baie. L’azione erosiva è più forte nei luoghi sporgenti, promontori e capi.
L’azione del mare spesso strappa materiali dai siti sporgenti, depositandolo nelle insenature, rendendo
così il più possibile retta la linea di costa. Questo processo porta alla rettificazione costiera.
Quando il mare è poco profondo, l’accumulo dei detriti può avvenire anche a una certa distanza dalla
costa, nel cordone litoraneo (si forma una sottile striscia di sabbia all’ingresso di insenature). Laguna:
specchio d’acqua salmastra tra la costa e il cordone sabbioso, spesso disseminato di isole.
Comunicazioni tra mare aperto e laguna avvengono mediante stretti passaggi, la cui chiusura può dare
origine a laghi costieri.
⟶ Trasformazione dei litorali: dipende dal sollevamento della regione costiera e dal livello marino,
che può mutare in tempi geologici.
La costa costituisce una forte attrazione per l’uomo, che spesso ne altera la dinamica e modifica le
condizioni naturali di equilibrio. Per evitare erosioni accelerate dei litorali, si realizzano vari tipi di
pennelli e scogliere artificiali frangiflutti (come sbarramenti verso l’energia delle onde) oppure si
procede allo spargimento di sabbie (ripascimento artificiale). Diversi problemi che si verificano lungo
le coste hanno origine nell’entroterra: proliferazione di dighe fluviali.
9. Il modellamento eolico
Il vento ha un’azione modellatrice di erosione, di trasporto e di deposito, che dà origine a
caratteristiche forme del terreno (morfologia eolica). Esse sono riscontrabili nelle regioni aride o
semiaride, dove l’umidità è scarsissima e la vegetazione è assente o quasi.
Il vento svolge due azioni principali.
1) Deflazione: l’azione del vento non è ostacolata e frenata dalla vegetazione, le minute particelle di
suolo asciutto sono rimosse e sollevate nell’aria. È un processo in prevalenza di trasporto, e si esercita
in maniera selettiva, producendo sul suolo conche non profonde. Venti forti possono originare vere e
proprie tempeste di polvere e di sabbia. I deserti derivati possono essere sabbiosi, rocciosi o ciottolosi.
2) Corrasione: urto delle particelle fra loro e sulla roccia. Azione abrasiva, intensa in prossimità del
suolo e in diminuzione sensibile sopra i due metri, che produce nella roccia: fori, conche, pozzetti,
archi naturali.
Il trasporto delle particelle avviene soprattutto per sospensione (particelle molto piccole sollevate dal
vento, trasportate a grandi distanze prima di toccare il suolo) e per saltazione (un granello che compie
ripetuti salti dal suolo in aria).
⟶ Tipologie di depositi: le dune
Simbolo del paesaggio desertico, in cui hanno il loro massimo sviluppo. Non sono però esclusive del
deserto (es. dune costiere). Possono essere vive (prive di vegetazione con radici, cambiano sempre
forma sotto l’azione del vento) o fisse (coperte da piante con radici, impediscono l’ulteriore
movimento della sabbia. Le loro dimensioni sono molto varie, così come anche la forma.
• Duna barcana: a forma di luna crescente o a farro di cavallo, ha le sue due estremità estese nella
direzione del vento dominante.
• Duna longitudinale: allungate in direzione di venti costanti
• Dune trasversali: quasi perpendicolari alla direzione dei venti prevalenti
• Dune complesse: varia forma
10. Il carsismo
Il Carso è una vasta regione di altopiani, estesa presso il confine nordorientale dell’Italia (est di
Trieste). Da questo territorio deriva il termine carsismo, una serie di fenomeni presenti soprattutto
nelle rocce calcaree (formate più da carbonato di calcio), nelle dolomie, nel salgemma e nel gesso.
Legge 9 gennaio 2006, n. 14: «il paesaggio svolge importanti funzioni di interesse generale, sul piano
culturale, ecologico, ambientale e sociale, rappresenta un elemento chiave del benessere individuale e
sociale, per cui la sua salvaguardia e la sua gestione comportano diritti e responsabilità per ciascun
individuo».
8) LA POPOLAZIONE
1. L’ecumene
L’ecumene (greco oikouméne, terra abitata) è uno dei termini base della geografia classica.
Si può definire come lo spazio terrestre dove la comunità umana è in grado di risiedere stabilmente
(abitare) e svolgere le sue attività fondamentali.
L’abitante è colui che si appropria in un qualche modo dello spazio in cui vive (latino habitare,
habere, essere padroni). Siamo però in un pianeta che adesso è diventato “nomade”, per l’estrema
mobilità dei suoi abitanti, e per questo la geografia si interroga da tempo sul significato di queste
parole.
⟶ Nel corso dei millenni, anche per il progresso delle tecniche di intervento sull’ambiente, l’ecumene
si è ampliata. Restano tuttavia ancora regioni disabitate, chiamate anecumeniche.
Sono molto diverse le une dalle altre per caratteristiche geografiche, e rappresentano circa 1/5 della
superficie terrestre.
• regioni polari: parte maggiore, perennemente ghiacciate e troppo fredde per l’insediamento umano
(margine settentrionale eurasiatico, Groenlandia, Antartide).
• aree fredde: come le aree montane, zone ad alta quota in cui il calore non è più sufficiente allo
sviluppo della vegetazione, 2 milioni di km2 (Tibet, Himalaya, Alpi).
• deserti caldi: la mancanza di umidità si associa a temperature massime, spesso molto elevate • foresta
equatoriale: vegetazione fitta e rigogliosa, condizioni climatiche non favorevoli all’insediamento
(isole del Borneo, della Nuova Guinea e dell’Amazzonia).
• zone paludose
Non esiste un limite definito tra aree ecumeniche e anecumeniche. Esse sono divise però da una fascia
territoriale di transizione più o meno ampia, detta subecumene. È abitata da comunità umane solo
periodicamente, perché le condizioni sfavorevoli non permettono una permanenza stabile: spesso è
sviluppata la pratica dell’allevamento nomade.
2. La densità di popolazione
La densità di popolazione si ottiene dividendo il numero degli abitanti per la superficie, sul
quale di norma ab/km2risiedono (). Questo parametro presenta una forte generalizzazione poiché
indica un valore medio, come se gli abitanti fossero distribuiti in modo omogeneo sull’intera
area considerata. Nella concretezza territoriale però, accanto a città affollate possono coesistere spazi
poco popolati. L’Italia ha una densità media di 201 ab/km2. Un parametro di densità più attendibile è
la densità fisiologica, che offre una maggiore aderenza rispetto all’effettivo carico demografico che
insiste sul territorio. Si calcola rapportando la popolazione totale di un Paese alla superficie coltivata.
L’andamento demografico naturale (differenza tra natalità e mortalità) è esprimibile sia come valore
assoluto, ovvero lo scarto tra numero di nati e numero di morti, sia come rapporto, il tasso di
incremento naturale.
(Nati – Morti)×100 / Popolazione
⟶ Il saldo dà segno positivo se il numero delle nascite risulta più consistente di quello dei decessi.
Negli ultimi decenni e in alcuni Paesi industrializzati, si registra una riduzione della popolazione
dovuta al crollo della natalità e al progressivo invecchiamento della popolazione.
Fino al 600 la popolazione mondiale è cresciuta in maniera piuttosto lenta, ma verso la metà dell’800 è
avvenuta una vera e propria rivoluzione demografica, e da allora i ritmi di accrescimento sono stati
fortissimi. Essa si deve al progresso della medicina e all’adozione di norme igieniche, allo sviluppo
agricolo, all’alimentazione più ricca e variata, al generale miglioramento della qualità della vita. Ha
interessato dapprima i Paesi europei, più avanzati sul piano economico e socio-culturale. Negli ultimi
decenni invece, l’esplosione demografica ha coinvolto gli altri continenti mentre in gran parte
dell’Europa si è registrata una netta inversione di tendenza.
Il tempo di raddoppio è l’insieme degli anni necessari per duplicare la popolazione in un’area
geografica. Esso può essere importante per valutare ad esempio il rapporto tra una popolazione e le
risorse del territorio in cui risiede. La diminuzione percentuale nell’incremento avviene con ritmi
molto diversificati tra loro. I tassi di accrescimento della popolazione, tra loro molto differenziati,
fanno comprendere come i pesi demografici tra le varie aree geografiche mutino in maniera sensibile.
Poiché a una debole crescita economica si associa un forte incremento naturale della popolazione,
molti dei Paesi economicamente più fragili e con strutture sociali precarie, si potrebbero trovare con
carichi demografici superiori alle loro possibilità di sviluppo.
5. La natalità
La natalità si può indicare in termini assoluti (numero nascita in un arco di tempo, un anno) e in
termini relativi, come il tasso o indice di natalità (numero medio di nati in un anno per 1.000 abitanti).
Nati in un anno × 1.000 / Popolazione
Essa dipende da: condizioni sociali ed economiche, comportamenti derivanti dalle tradizioni
socioculturali e religiose, ruolo della donna, politiche demografiche espansive o restrittive.
La natalità può essere quindi in qualche modo pilotata, pure se precise limitazioni biologiche (come il
periodo di fertilità femminile) costituiscono vincoli oggettivi.
Grande influenza riveste la struttura per età della popolazione, poiché una popolazione anziana abbassa
l’indice, mentre una popolazione giovane può favorire valori elevati.
L’Africa subsahariana è l’area geografica che fa rilevare i tassi di natalità più elevati (38% in media).
Il tasso di natalità è ovunque in progressiva diminuzione, pur se in modo assai diversificato. Forte è la
contrazione dell’Asia orientale, dove la Cina esercita grande peso con la sua politica restrittiva, volta
a porre un freno a una crescita demografica nel passato molto alta, ma non sostenibile in termini
socio-economici.
⟶ Tasso di fecondità: numero di nati rispetto a quello delle donne di età compresa tra i 15 e i 49 anni.
Tasso totale di fertilità: a livello mondiale, è pari a 2.5 bambini per donna, il più alto è nell’Africa
subsahariana (5.1) e il più basso è nei Paesi industrializzati (non arriva a 2). È il numero dei bambini
che nascerebbero da ogni donna se vivesse fino al termine del suo periodo di fertilità e rimanesse
incinta a qualunque età, secondo il tasso di fertilità corrispondente.
Il ringiovanimento e l’invecchiamento della popolazione si manifestano con lentezza e con un certo
numero di anni di ritardo, rispetto all’acquisizione di comportamenti diversi nella natalità.
6. La mortalità
La mortalità si può indicare sia in termini assoluti (numero dei decessi in un anno) sia in termini
relativi, come tasso o indice di mortalità (numero medio di morti per ogni 1.000 abitanti).
Morti in un anno × 1.000 / Popolazione
Nel tasso di mortalità si registra un’evidente diversificazione nei valori: si passa da cifre molto basse
(2-3%) fin quasi al 20%. Per comprendere meglio valori così modesti occorre riferirsi soprattutto alla
struttura giovanile della popolazione e alla situazione socio-culturale ed economica, oltre che quella
igienico-sanitaria e alimentare.
Gli Stati industrializzati si attestano su valori intermedi a causa dell’invecchiamento generalizzato
della popolazione. I tassi di mortalità maggiori sono sempre nell’Africa subsahariana, seguita da
Medio Oriente e Africa settentrionale, America Latina, Asia orientale e Pacifico.
⟶ Speranza/aspettativa di vita: durata media della vita prevista alla nascita. Essa rappresenta un
significativo indice demografico, ma anche consente di valutarne lo stato di sviluppo, rilevando la
situazione socio-sanitaria e ambientale della popolazione di un determinato Paese.
7. La mortalità infantile
Tasso di mortalità infantile: Bambini morti entro il 1 º anno di vita × 1.000 / Bambini nati in un anno
Esso riveste molta importante come indicatore sociale, in grado di interpretare con attendibilità il
livello di sviluppo e di benessere di un Paese: influiscono le condizioni sanitarie, socio-economiche e
ambientali. La mortalità infantile è in progressiva e sensibile diminuzione.
In Italia questo indicatore si colloca tra i più bassi al mondo (3%).
Altro tasso che riguarda i bambini è quello relativo alla mortalità neonatale, entro 28 giorni dalla
nascita: Bambini morti entro le prime 4 settimane di vita × 1.000 / Bambini nati in un anno.
I decessi avvengono soprattutto per cause collegate alle condizioni della gravidanza e del parto, oppure
a malformazioni congenite del bambino.
⟶ L’Unicef ha scelto quale misuratore principale il tasso di mortalità infantile sotto i 5 anni (TMIS5),
per la valutazione dello sviluppo umano e dello stato di benessere dei bambini in un determinato
Paese.
Indica il numero annuale di bambini sotto i 5 anni che muoiono ogni 1.000 nati vivi.
Quando il bambino amplia il suo spazio vissuto, può risentire di patologie dovute a carenti condizioni
igieniche, servizi sanitari non adeguati, alimentazione insufficiente o non adatta, acqua potabile
carente, limitazione nelle vaccinazioni, uso di sali reidratanti, inquinamento e deterioramento
dell’ambiente naturale.
8. La struttura demografica
Le dinamiche demografiche naturali di natalità e mortalità determinano la struttura della popolazione.
Le distinzioni riguardano l’età, e non coinvolgono in maniera definitiva la sex-ratio, il rapporto
demografico tra maschi e femmine (che può essere influenzato dai movimenti migratori).
La natalità maschile è leggermente più elevata di quella femminile, ma già dai primi anni di vita si
registra una mortalità maschile lievemente più elevata, che in età adulta porta a un equilibrio tra i sessi.
Procedendo con gli anni, la sex-ratio muta a favore delle donne, che sono più longeve in tutti i Paesi
del mondo (meno che in Botswana e Swaziland, in Africa australe).
Nel rapporto numerico tra maschi e femmine può incidere sia la pratica degli aborti selettivi,
l’infanticidio femminile, e il fenomeno migratorio.
⟶ Per analizzare la struttura della popolazione si ripartiscono gli abitanti in classi di età, generalmente
ogni 5 anni. Le fasce d’età possono essere visualizzate attraverso un grafico, basato sugli assi
cartesiani, detto piramide delle età (istogramma a canne orizzontali).
Le classi di età, per la naturale incidenza della mortalità, diminuiscono progressivamente dando luogo
a un grafico dalla classica forma a piramide. Essa aiuta a comprendere l’evoluzione di una
popolazione: secondo la forma assunta, si possono capire le caratteristiche strutturali della
popolazione, oltre che la sua evoluzione futura.
Una piramide ad accento circonflesso mostra una popolazione ad alti tassi di natalità e di mortalità
(base molto larga e un progressivo forte restringimento).
Ripartendo il grafico in due sezioni, la popolazione si può suddividere anche secondo il sesso.
⟶ Pubblicazioni dell’ISTAT:
• Annuario statistico italiano
• Bollettino mensile di statistica
9) LA MOBILITA’ E LE DINAMICHE MIGRATORIE
1. Le mobilità
Le varie forme di mobilità e la dinamicità nelle relazioni tra gruppi umani e tra questi e lo spazio
terrestre rappresentano fattori che influenzano in maniera profonda le società.
Lo stesso popolamento della Terra è dovuto ai tanti tipi di mobilità: percorsi plurimi e diversificati
hanno portato le civiltà umane a continui mutamenti e diversificazioni culturali.
Per millenni l’umanità ha condotto una vita da peone, caratterizzata da spostamenti e viaggi limitati nel
loro raggio spaziale, con mezzi di trasporto che utilizzavano l’energia umana, animale o naturale. Nel
XIX secolo, le rivoluzioni tecnologiche avevano molto velocizzato gli spostamenti, aprendo nuove
possibilità allo spirito esplorativo e d’avventura, compreso il desiderio di compiere il giro del mondo. I
tempi di percorrenza si erano ridotti ed erano diventati regolari, e oltretutto c’era una diversa
percezione dello spazio grazie all’invenzione del telefono e del radiografo.
⟶ Negli ultimi decenni si è vista una progressiva accelerazione della mobilità, grazie al
potenziamento dei trasporti e alla diminuzione dei costi. L’ipermobilità però pone un rischio sociale e
ambientale, oltre ad un vantaggio.
Nel passato la mobilità si presentava con caratteri disomogenei, oggi ancora più forti, dove sono molto
consistenti le differenze tra detentori di cospicue ricchezze e nullatenenti. Queste differenziazioni
negli spostamenti risultano molto evidenti nell’ambito dello stesso fenomeno migratorio.
2. Il fenomeno migratorio
Nell’ambito della mobilità generale e quotidiana, uno dei fenomeni oggi di maggior impatto
socioeconomico e mediatico è costituito dalle migrazioni. Essi comportano molteplici effetti, di natura
economica, politica, culturale, demografica, sulla distribuzione spaziale e sulla struttura della
popolazione. Il fenomeno migratorio ha sempre occupato un posto rilevante negli studi geografici. Tra
i primi geografi si ricorda (oltre a Friedrich Ratzel) Ernst Georg Ravenstein, che propose una teoria
della migrazione umana (1880). Essa prospettava leggi improntate ai principi del determinismo:
• gran parte dei movimenti migratori si sviluppa a breve distanza
• donne più propense a migrare all’interno del proprio Paese di nascita, meno all’estero
• ogni corrente migratoria ne genera una apposta
• persone disponibili a percorrere lunghe distanze per vivere in territori scarsamente popolati, meno
neiconfronti di paesi ad alta densità demografica
• flussi principali: trasferiscono la popolazione dalle campagne alle città
Fino a pochi decenni fa, il fenomeno migratorio costituiva una sorta di bilanciamento per un ritorno
allo stato normale. Veniva quindi associato a irregolarità per squilibri economici o demografici,
oppure a un trauma bellico, a oppressioni politiche, a catastrofi naturali.
L’emigrazione può essere anche come una normale conseguenza del sovrappopolamento.
Attualmente, l’attenzione politica e della pubblica opinione (assieme ai mass media) risulta molto forte
nei confronti della mobilità migratoria, divenuta questione centrale nella politica di diversi Stati. Le
adozioni di misure coercitive nel disciplinare i ritmi dei flussi non portano a risultati concreti e
positivi, ma sono quasi sempre preferite a politiche di sostegno per la tutela della dignità della persona
umana.
⟶ Oggi la questione migrazione si valuta in primo luogo sulla deterrenza, invece che sull’esame delle
motivazioni per cui molte persone ricorrono alla fuga e sulla ricerca di possibili soluzioni.
L’espulsione e la realizzazione di muri e di altri ostacoli legislativi divengono le vie preferite da molti
governi per disciplinare le mobilità di migranti irregolari.
La ricerca geografica presta o dovrebbe prestare maggiore attenzione all’esame del viaggio migratorio,
sia per l’altissimo numero dei decessi durante lo spostamento, sia per la diversificazione delle tappe,
sia per i percorsi dei migranti.
⟶ I fenomeni delle migrazioni, grazie all’avvento della globalizzazione, sono sempre più complessi
da classificare. Le prime distinzioni riguardano i limiti spaziali dello spostamento e i tempi di distacco
dall’abituale luogo di residenza: le due categorie di spazio e di tempo sono sempre collegate.
• Migrazioni interne/nazionali: non si verifica alcun attraversamento del confine politico, come in
Italia il divario socio-economico tra Nord e Sud, lo spopolamento montano e rurale. Il cittadino
conserva gli stessi diritti civili e politici, e può esprimersi di norma nella stessa lingua.
• Migrazioni internazionali: entrano in gioco molti fattori, che derivano dall’incontro/scontro di mondi
socio-culturali ed economici, a volte diversissimi.
• Migrazioni permanenti: di lungo periodo, fino al trasferimento definitivo.
• Migrazioni temporanee: movimento ciclico (area a breve raggio, durata temporale definita, in genere
ridotta, come il pendolarismo) o periodico (maggiore permanenza, come lavoratori stagionali).
• Migrazione internazionale permanentemente temporanea: alcuni stati concedono un visto turistico
solo per un periodo limitato di mesi, si susseguono una serie di rientri nel Paese d’origine.
• Migrazioni di massa: spostamenti che coinvolgono gruppi massicci di persone o interi popoli.
• Migrazioni per infiltrazione: singoli individui, nuclei famigliari, piccoli gruppi.
• Migrazioni a catena: singola persona o gruppo che raggiunge la comunità di compatrioti o familiari,
rete che contribuisce a produrre la velocità di migrazione.
• Migrazioni spontanee/volontarie: avvengono per libera iniziativa dopo una valutazione da parte degli
interessati di vantaggi/svantaggi derivanti dallo spostamento.
• Migrazioni organizzate: predisposte dallo Stato o da istituzioni locali,
• Migrazioni forzate: ricerca di una situazione economica migliore, fuga dalla povertà, disoccupazione,
fame e malattie. Oggi i governi considerano la migrazione economica come volontaria, attribuendole
connotazioni negative, associandola alla irregolarità e alla clandestinità.
Sono in gran parte dovute a deportazioni ed espulsioni.
• Profughi ambientali: vittime di catastrofi naturali quali inondazioni, uragani, siccità, terremoti o
eruzioni vulcaniche. Fenomeno migratorio in forte crescita, per l’accentuarsi di eventi meteorologici
rovinosi. I profughi si spostano spesso in aree già molto urbanizzate, con conseguenze disastrose dal
punto di vista sociale, economico e ambientale.
• Migrazioni regolari: migranti con visti e permessi, rifugiati, riconosciuti dalle convenzioni
internazionali, richiedenti asilo.
• Migrazioni irregolari: clandestini, tutti coloro che non hanno l’autorizzazione da parte del governo di
risiedere nel Paese di destinazione.
4. Movimenti forzati
Una distinzione precisa tra una migrazione forzata e una volontaria non è semplice, poiché quasi tutti
gli spostamenti migratori derivano da una qualche forma di costrizione. La comunità internazionale
non sembra oggi in grado di affrontare in maniera efficace le migrazioni forzate e del traffico degli
esseri umani. Decisioni politiche improvvide hanno anzi aggravato le crisi.
Questo gravissimo fenomeno, diffuso in tanti Paesi, si esprime in forme molto diverse: industria del
sesso, trapianto organi, lavoro forzato, induzione all’accattonaggio, reclutamento di bambini nelle
guerre e nei conflitti armati.
Nella colonizzazione ci sono stati i trasferimenti delle popolazioni native, in cui gli immigrati hanno
praticamente sottomesso e in parte eliminato le popolazioni autoctone. In Australia, la dottrina
giuridica della terra nullius dichiarava disabitato il continente, e soltanto agli inizi degli anni Novanta
del 900 è stata rimossa. Negli Stati Uniti c’è stato il trasferimento in apposite riserve dei nativi
americani espropriati delle loro terre di origine. Esse erano loro proprietà indivisa, ma occupate e
frazionate fra i coloni (immigrati dall’Europa) che hanno considerato queste aree “non modernizzate”,
disabitate, liberandole in ogni caso dalla presenza dei Nativi.
⟶ Lo scoppio della Prima guerra mondiale pose termine alle grandi migrazioni oltre Oceano, anche
per la decisione degli USA di frenare l’immigrazione verso il proprio territorio. In Italia, dall’Unità
in poi, hanno lasciato il proprio paese 27 milioni di italiani.
6. Il confronto tra migranti e residenti
Gli incontri e gli scontri dei migranti con i residenti costituiscono una grave situazione a livello
internazionale. Molti Paesi, tra cui l’Italia, sono transitati in breve tempo da tradizionali Paesi di
emigrazione a Paesi di immigrazione.
Tra i tanti episodi che hanno segnato lo strappo migratorio in Italia si ricorda la grande migrazione
avvenuta nell’agosto del 1991, preceduta da una serie di sbarchi a Brindisi di migliaia di migranti in
fuga dall’Albania. La presenza di nuovi venuti produce effetti sul tessuto sociale, culturale ed
economico di chi li ospita.
⟶ Le grandi frontiere dell’emigrazione si trovano tra l’America Latina (Messico), Stati Uniti, bacino
del Mediterraneo (tra sponde nordafricane e mediorientali, tra sponde europee).
Sulle sponde africane del mediterraneo si affollano masse di persone in fuga dai loro Paesi nel cuore
del continente. L’Africa subsahariana è in forte espansione demografica.
Oggi grande importanza riveste il corridoio balcanico, percorso da: siriani, afghani, libici, iracheni,
pakistani, somali, eritrei. Essi superano i confini turchi e greci e si dirigono verso Macedonia, Serbia,
Ungheria, cercando di raggiungere Germania, Francia, Gran Bretagna, Svezia.
Convergono flussi migratori anche verso gli Stati del Golfo Persico, ricchi di petrolio.
⟶ In Europa, la principale azione di contrasto nei confronti dell’immigrazione si sta sviluppando nella
direzione sud-nord. Alcuni Paesi hanno avviato la costruzione di muri, come linea di separazione e
sbarramento contro i movimenti migratori. Esempi:
• doppia barriera intorno alle due enclavi spagnole in Marocco, Ceuta e Melilla
• muro di filo spinato per segnare tangibilmente il confine fra Grecia e Turchia, lungo il fiume Evros
• Ungheria, muro lungo tutto il confine con la Serbia, bloccando le migrazioni nel corridoio balcanico
Fuori dall’Europa è stata realizzata una barriera (“muro della vergogna” dai messicani) in gran parte di
acciaio, realizzata a partire dal 1994 per dividere gli Stati Uniti dal Messico.
In Italia sono attive i Centri di identificazione ed espulsione (CIE), strutture per trattenere gli
extracomunitari destinati all’espulsione, evitandone la dispersione sul territorio e per consentire la
materiale esecuzione dei provvedimenti emessi nei loro confronti.
10) L’INSEDIAMENTO
1. Il popolamento
Il popolamento, come processo di insediamento, evidenzia la dinamica dell’occupazione di un
determinato spazio geografico. Il sistema della Rift Vallet africana è la culla del popolamento:
la depressione etiope dell’Afar costituisce la zona cruciale per il processo di ominazione.
L’Homo sapiens, differenziatosi dall’Homo erectus, avrebbe lasciato l’Africa orientale, diffondendosi
nel resto del continente. Intorno a 70-60.000 anni fa, il moderno Homo sapiens ha intrapreso
l’occupazione di spazi nuovi e iniziato a popolare i vari continenti. Le prime popolazioni si sono
spostate alla ricerca di nuove aree per sfruttare suoli migliori: Valle del Nilo, Europa, Asia.
Il popolamento della Terra è avvenuto in maniera molto lenta, a causa dei lunghi periodi glaciali e
della conseguente emersione di molte terre, attualmente coperte dalle acque.
⟶ Le continue migrazioni hanno condotto l’Homo sapiens in nuovi e diversi ambienti climatici,
naturali e geomorfologici, stimolandolo all’adattamento e al cambiamento. Quest’azione di
esplorazione-conquista non è mai terminata: di recente, avanzamenti ed estensioni di fronti pionieri, si
sono indirizzati in zone aride e subaride, conquistandole all’agricoltura.
Spesso sono stati i nuovi giacimenti di petrolio (o altre risorse minerarie) scoperti in aree difficili e
disagevoli ad essere la meta dei pionieri. In altri casi, l’estensione dell’ecumene si è compiuta con
l’abbattimento di vaste foreste.
2. Nomadi e sedentari
Il rapporto tra nomadi e sedentari ha giocato un ruolo importante nell’evoluzione del popolamento e
dell’insediamento dello spazio terrestre. I nomadi hanno improntato la loro vita sulla pastorizia e sulla
mobilità, spostandosi di continuo alla ricerca di pascoli idonei.
L’incontro tra spazialità nomade (sedi mobili) e spazialità sedentaria (sedi stabili) non è stato facile. I
nomadi sono sempre stati oggetto di discriminazione e pregiudizio, visti come destinati alla scomparsa,
anche perché le aree pastorali era anche poste in fasce naturali di frontiera (immagine di marginalità
socio-economica). Inoltre i confini politici non coincidono in molti casi con quelli naturali cui fanno
riferimento, costituendo pericolose lacerazioni nei loro territori e vincolandone i movimenti. Oggi il
nomadismo si è progressivamente ridotto, confinato in terre fragili per il tenue spessore biologico e per
la rarefazione vegetale: regione sahariana e Medio Oriente, Sahel, fascia sud del Sahara dal Senegal al
Mar Rosso, altopiano iranico-anatolico, steppe asiatiche. È l’esaurimento di un modello di vita messo
in crisi dalla globalizzazione, in particolare dallo sviluppo dei trasporti motorizzati.
⟶ Una città può ampliarsi fino a raggiungere altri insediamenti contigui. È il fenomeno della
conurbazione, quale esito dell’espansione di un centro di grandi dimensioni che incorpora centri
minori o centri vicini in concomitante ampliamento. Molto frequente è la crescita topografica della
città, con il conseguente passaggio di terreno da rurale a urbano, definito suburbanizzazione.
Nascono così nuove tipologie di città estesa: area urbana, agglomerazione urbana, città metropolitana.
Specifica nomenclatura: città-regione, regione-città, campo urbano, megalopoli.
Il numero di abitati costituisce il parametro più diffuso di valutazione per determinare se un centro
abitato può considerarsi città. Le megacittà hanno la soglia demografica di 8-10 milioni.
5. La città nella storia
Il fenomeno urbano ha una storia relativamente lunga, risalente a varie migliaia di anni fa (6000 ac).
All’inizio l’origine della città è connessa allo sviluppo dell’agricoltura e alla diversificazione delle
comunità in classi sociali. I primi nuclei di urbanizzazione sono quindi sorti in aree di agricoltura
rigogliosa: Mesopotamia, valli del Nilo e dell’Indo, territorio intorno alla convergenza dei fiumi
Huang He e Chang Jiang. Nel continente americano, il centro di urbanizzazione era nell’America
centrale.
Il fenomeno urbano si è diffuso poi nell’area mediterranea, prima nell’antica Grecia e poi nell’antica
Roma, la cui supremazia politica e militare consentiva di creare un sistema spaziale collegato da una
rete stradale imponente e funzionale.
La fine dell’Impero romano ha prodotto un regresso dell’urbanesimo in Europa, mentre negli altri
continenti si sono sviluppati importanti centri urbani (Asia, Africa, America).
Le grandi scoperte geografiche hanno da una parte agevolato lo sviluppo e la nascita di città costiere, e
dall’altra hanno penalizzato numerose città interne, facendo perdere loro la loro posizione privilegiata
e strategica di nodo commerciale.
Lo sviluppo dell’urbanesimo è piuttosto recente: con la prima Rivoluzione industriale nacquero molte
fabbriche in città, bisognose di operai, in gran parte contadini. Essi erano senza occupazione a causa
dell’impiego delle macchine nella lavorazione dei campi. Avvenne quindi una migrazione fortissima
in tempi piuttosto rapidi, originando processi intensi di urbanizzazione. Spesso però si creavano gli
slums, aree ad alto tasso di affollamento con forte degrado sociale e ambientale e situazioni
igienicosanitarie precarie. Nella seconda metà del 900, in Europa e nel mondo occidentale,
l’associazione tra città e industria è molto cambiata e quasi è lontana.
La forma della città e la distribuzione degli spazi edificati e liberi dipendono anche da altri fattori, di
ordine storico, sociale, religioso ed economico, che si sovrappongono ai fattori naturali.
La giacitura del terreno può restituire una pianta regolare (reticolo viario disposto geometricamente) o
una pianta irregolare (struttura libera e spontanea, prima di un disegno nell’assetto stradale).
Tra le piante regolari, i principali impianti geometrici sono:
• P ianta a scacchiera , ideata da Ippodamo di Mileto nel V ac, diffusa nell’Occidente europeo e
adottata dai romani anche per l’impostazione degli accampamenti.
• Pianta radiocentrica (o concentrica), diffusa nel Medioevo e composta da un nucleo centrale dal
quale partono strade divergenti a raggiera.
• Pianta lineare: città sviluppata lungo un asse (strada, fiume, dorsale montuoso).
• Pianta composita: non omogenea, tipica delle grandi città come Bari, con diversi momenti di crescita.
⟶ Funzionalità di una città: capacità di svolgere attività che assicurano bisogni interni (funzioni
locali) e bisogni esterni (funzioni esportatrici) a essa.
Tipologia di città in base alle rispettive funzioni:
• città monofunzionale o specializzata, in cui risalta una solo funzione, in città piccole o medie dove la
supremazia di una singola funzione influenza tutto l’agglomerato urbano.
• città plurifunzionale, in cui le funzioni sono molteplici e si integrano fra loro, in città grandi.
Funzioni produttive:
– industria, come Manchester, Detroit, Torino. Può anche far nascere nuove città.
– città minerarie
– funzione finanziaria, ospitano la sede centrale di banche e istituti assicurativi
– funzione politica e amministrativa, come in capitali apposta create: Washington, Canberra,
Brasilia.– funzione culturale
– funzione religiosa
– vocazione turistica
– città balneari
– città globali, esercitano un peso consistente a scala macroregionale o planetaria, come New York,
Londra, Parigi, Tokyo, Hong Kong, Los Angeles, Chicago, Pechino.
7. La crescita urbana
Il processo di crescita della popolazione urbana continua in maniera ininterrotta, pur se con minore
intensità rispetto agli ultimi decenni. Attualmente oltre metà della popolazione mondiale vive in città.
A inizio 800, la popolazione urbana si aggirava su quote minime al di sotto del 5%, e ancora a metà del
900 nelle città viveva soltanto il 30% della popolazione. La percentuale si riduceva al 18% nei Paesi
economicamente poveri.
Affollamenti e alloggi precari ampliano a dismisura periferia abusive e di edilizia spontanea, di
metropoli già demograficamente sature. Si moltiplicano baraccopoli, quartieri spontanei in genere
sviluppati a macchia d’olio nelle periferie e nelle aree suburbane, a volte anche in zone centrali.
⟶ Esclusi i microstati, i Paesi che presentano i valori percentuali più elevati (sopra al 90%) di
popolazione urbana: Belgio 98%, Malta e Uruguay 95%, Israele e Giappone 92%, Argentina 91%.
I valori più modesti (20% o meno): Burundi 11%, Papa Nuova Guinea 13%, Malawi 16%, Niger e
Sudan del Sud 18%, Etiopia 19%, Cambogia 20%.
La macroarea che attualmente presenta le maggiori probabilità riguardo ai processi di urbanizzazione è
l’Africa subsahariana, sia per il suo ampio bacino di popolazione che risiede in villaggi e aree rurali,
sia per il forte degrado in cui versa l’insediamento rurale, che spinge all’esodo dalla campagna.
11) GLI SPAZI DELL’ECONOMIA PRIMARIA
1. Economia e società
Il termine economia aveva il significato di amministrazione della casa. Oggi indica
primitivo
l’insieme delle attività rivolte allo sfruttamento e alla valorizzazione delle risorse e dei beni naturali,
attraverso la produzione, circolazione, distribuzione, scambio e consumo dei prodotti.
In geografia le attività economiche suscitano un interesse sia per la loro localizzazione e distribuzione
spaziale, sia per le interazioni che producono alle varie scale: locale, regionale, nazionale, continentale,
globale. Il mercato è da sempre luogo e motore dell’economia dove le merci materiali e virtuali, frutto
delle attività umane, trovano collocazione nello scambio.
Una prima ripartizione delle attività economiche tre settori:
• considera
primario (agricoltura, allevamento, caccia, pesca, risorse minerarie e
• foreste)
(industria, energia, edilizia,
artigianato)
(commercio, banche, trasporti, istruzione, cultura, sanità, servizi, prestazioni professionali
in
quaternario (informazione e scambio di beni e servizi) e quinario
secondario • terziario genere), viene spesso tripartito in (ricerca e
istruzione superiore).
2. L’agricoltura (p.174)
In alcuni Paesi meno avanzati, assieme all’allevamento, l’agricoltura innerva gran parte dell’intero
ciclo economico, dal settore primario al secondario, fino al terziario.
Il numero di occupati nel settore tende a diminuire a fronte di un generalizzato sviluppo.
Tali posizioni rivelano due opposti contesti. Da un lato un’agricoltura di sussistenza, presente in
regioni sempre più ristrette dell’America Latina, occidentale e centromeridionale, e dell’Asia
sudorientale. Essa trae dal lavoro agricolo e dalle pratiche connesse tutto quanto occorre per il
sostentamento individuale o di una famiglia o di un gruppo.
Dall’altro, un’agricoltura altamente meccanizzata e tecnologicamente sofisticata, avviata dapprima
negli Stati Uniti e quindi in numerosi Paesi dell’Europa settentrionale. È uno dei maggiori esiti della
Rivoluzione verde (3º rivoluzione agricola, anni Sessanta del 900).
Varie innovazioni quali nuove infrastrutture, macchinari agricoli, pesticidi, antiparassitari, fertilizzanti
e organismi geneticamente modificati (OGM) hanno aumentato le rese dei prodotti agricoli.
Ciò ha portato al superamento di modelli incapaci anche di rispondere a forti incrementi demografici.
Nella Dichiarazione universale dei diritti umani (1948, firmata dall’ONU) si parla di diritto al cibo.
⟶
Il fenomeno dell’interazione spaziale è una questione centrale in economia.
I processi produttivi industriali possono essere delocalizzati con una certa quota di indifferenza
spaziale, ma per le produzioni agricole valgono molto le ragioni pedologiche e soprattutto climatiche.
L’odierna globalizzazione ha ancora di più spinto sullo scambio mondiale di prodotti agricoli prima
tipici di regioni più ristrette, al seguito della rapida diffusione di diversi stili alimentari.
La provenienza delle piante ha comportato continue evoluzioni e non solo dell’alimentazione: lo
scambio colombiano. Numerosi prodotti, per la loro vasta diffusione, si possono definire globali.
Tra le derrate alimentari: grano, mais, riso, caffè, cacao, tè, canna da zucchero, alcune varietà di frutta.
Prodotti non alimentari: cotone, lana, tabacco.
Dalla policoltura, che assicurava una varietà alimentare riducendo i rischi dovuti a malattie delle
piante o ad andamenti incostanti del clima, si è passati alla monocultura, che restituisce grandi quantità
di prodotti agricoli e concentrandosi su quelli più interessanti per valore alimentare o redditività.
La monocultura ha indotto per secoli le economie coloniali a produzioni destinate all’esportazione, che
hanno arricchito prima gli Stati colonialisti, poi le grandi multinazionali e solo pochi impresari locali.
Essa consente vantaggi finanziari e organizzativi, ma provoca tante
Conseguenze: enormi danni agli ecosistemi, mancato sviluppo di un alto numero di Stati, perdita della
biodiversità, perdita della indipendenza e della sovranità alimentare, degrado di suoli impoveriti da
una cultura ripetuta, aumento dell’impiego di fertilizzanti e concimi.
Caso di Cuba: con un regime socialista legano all’Unione Sovietica, è stata per molto tempo un unico
campo di canna da zucchero, che alimentava il commercio dell’alimento in tutta l’Europa occidentale.
3. L’allevamento (p.177)
L’addomesticamento e l’allevamento degli animali si è sviluppato con la diffusione delle principali
specie utili all’uomo. Fino alla Rivoluzione industriale alcune specie animali erano utilizzate anche
come forza lavoro, oggi questo impiego è presente solo nelle società meno avanzate e in limitate
regioni del globo poiché la meccanizzazione ha diminuito il lavoro fisico.
Le specie allevate sono perlopiù mammiferi (bovini, suini, ovini), uccelli, insetti (api, bachi da seta).
Di recente, un diffuso aumento del consumo di carni ha portato alla industrializzazione intensiva del
comparto, evidenziando però i danni per la salute umana derivanti da un consumo eccessivo di
proteine animali e i guasti legati all’ambiente.
Implicazioni negative degli allevamenti intensivi: grandi quantità di energia e acqua, inquinante per il
rilascio in atmosfera di diossido di carbonio (CO2) e metano (CH4), sottrazione di ossigeno per il
disboscamento, massiccio uso di farmaci e prodotti chimici, perdita della biodiversità.
La creazione di nuovi pascoli è tra le principali cause della deforestazione (America Latina), e in
alcune aree marginali hanno contribuito all’avanzamento della desertificazione.
⟶ L’attuale distribuzione geografica delle specie animali è avvenuta nel coso di millenni, in seguito
ad avvenimenti storici, successivi adattamenti climatici e tradizioni alimentari e religiose. La forte
crescita del consumo di carni è avvenuta per: incremento demografico globale, maggiore disponibilità
di spesa in ampie regioni uscite dal sottosviluppo, fenomeni di imitazione di diete diffuse in
Occidente (mondo alla McDonald’s). Il nomadismo sta venendo meno, superato dai trasporti
motorizzati e dai moderni stili di vita occidentali, presente solo in Asia centrale e fascia sahariana.
4. La pesca
Se la caccia oggi è relegata in ambiti ristrettissimi, almeno per il sostentamento, la pesca costituisce un
importante voce nell’alimentazione umana. I mari sono un immenso patrimonio idrico, minerario,
energetico, biologico, turistico, per le comunicazioni, oltre che alimentare, e coprono oltre il 70% delle
superfici del pianeta azzurro.
Le acque marine hanno un grande valore ecologico: producono la metà dell’ossigeno che respiriamo,
assorbono il 30% delle emissioni di CO2 e il 93% del surriscaldamento atmosferico causato dall’uomo.
Hanno anche un valore alimentare: circa 3 miliardi di persone ricavano almeno il 20% del loro
fabbisogno di proteine animali dalla pesca.
La biomassa marina è il maggiore e più complesso ecosistema planetario, e si sviluppa in diretta
connessione con diversi fattori. Uno di questi è la produttività primaria, ovvero la quantità totale di
materia organica prodotta attraverso la fotosintesi che fa risalire quantità di nutrienti dal fondo marino
(upwelling). La corrente del Benguela è la più produttiva del mondo.
⟶ La pesca è il risultato finale di una lunga catena alimentare che vede tutti gli organismi marini
appartenere a una delle tre categorie:
• benthos, specie in contatto con i fondali marini
• necton, pesci, cefalopodi, tartarughe e mammiferi marini nel mare aperto
• plancton, organismi vegetali (zooplancton) e organismi animali (fitoplancton) molto piccoli, privi di
movimento autonomo, vivono in sospensione nelle acque. È circa il 70% della biomassa
complessiva, principale nutrimento della catena alimentare marina, responsabile della fotosintesi.
Il settore della pesca è in continua ascesa, grazie all’aumento dell’acquacoltura marina in bacini
naturali o artificiali che costituisce oggi quasi il 40% del pescato mondiale. Essa si pone a
salvaguardia di specie minacciate da pesca indiscriminata e a tutela dell’ambiente.
Nella classifica dei Paesi produttori in grande evidenza è la Cina, seguita a parecchia distanza dal Perù.
La FAO ha suddiviso le acque mondiali in zone, assegnando a ciascuna un numero che consente di
risalire al luogo di cattura del pesce. Ciò per la sicurezza e l’assicurazione alimentare.
La conservazione dell’equilibrio biologico, indispensabile per la pesca e spesso oggetto di pratiche
distruttive, necessita un ordinamento per evitare la riduzione o la scomparsa di numerose specie. Il
cambiamento climatico, l’inquinamento e il traffico marittimo lo mettono a repentaglio, soprattutto
per quanto riguarda la caccia alle balene (Norvegia, Islanda, Giappone).
5. Le risorse minerarie
La formazione delle rocce (litogenesi) è un processo in cui età e vicende geologiche determinano gran
parte dell’allocazione delle risorse minerarie, distribuite in modo del tutto disuguale sul pianeta. Se
esiste un nesso tra risorse minerarie e vicende geologiche, la correlazione delle risorse minerarie e
l’ampiezza territoriale è molto debole.
Lo stock è l’insieme di tutti i materiali utili presenti nell’atmosfera, nella litosfera, nell’idrosfera e
nella biosfera. Esso individua due sottoinsiemi, che possono essere rinnovabili o non rinnovabili: •
risorse: quantità totale di un qualsiasi materiale scoperto, utilizzabile e fisicamente fruibile (ferro). •
riserve: quantità di quello stesso elemento effettivamente recuperabile, secondo tecnologie,
condizioni economiche, politiche e culturali presenti in un dato periodo (carne suina).
⟶
Nella crosta terrestre, gli elementi utili più diffusi sono: ossigeno, silicio, alluminio, ferro, calcio,
sodio, potassio, magnesio. Rame, piombo e zinco sono presenti in misura percentuale minima.
Le risorse minerarie comprendo metalli (ferro, rame, oro), combustibili (petrolio, carbone, gas) ed
elementi utilizzati in una vasta gamma di costruzioni industriali e manufatti di vario genere.
Recentemente, hanno assunto un posto rilevante le terre rare, per la realizzazione di dispositivi ad
alta tecnologia. I 17 elementi sono concentrati in pochi giacimenti, in percentuali tali da renderne
conveniente l’estrazione. L’utilizzo delle terre rare ha fornito motivi di preoccupazione geopolitica,
perché il 97% del fabbisogno mondiale è stato fin’ora coperto dalla Cina, che nel 2010 ne ha bloccato
l’esportazione. Sono stati scoperti però nuovi giacimenti in Australia e California.
Il forte consumo di minerali è iniziato con la Rivoluzione Industriale, e si è allargato dai tradizionali
poli dell’economia manifatturiera (Stati Uniti, Europa occidentale e Giappone) ai Paesi di una nuova
industrializzazione. Un’alternativa giace nei fondali oceanici, racchiusa nei noduli polimetallici.
Ulteriore risposta all’esaurimento delle materie prime è il riciclaggio.
La preoccupazione per le riduzioni dello stock di alcune risorse (es. petrolio) è legata al fatto che
costituiscono un patrimonio non rinnovabile, risultato di processi lentissimi, che ne impone un loro
accorto utilizzo anche per la lotta all’inquinamento dell’ambiente.
12) GLI SPAZI DELL’INDUSTRIA E DEL TERZIARIO
1. L’energia
L’uomo ha da sempre ricavato energia sfruttando gli animali, il vento e il sole.
Le enormi potenze necessarie all’industria e ai consumi privati hanno trasformato il settore in un
fattore geostrategico, causa scatenante di conflitti e guerre. In alcuni periodi l’abbondanza e il basso
costo di risorse energetiche hanno facilitato il decollo e lo sviluppo economico. La Rivoluzione
industriale si è innescata in Inghilterra, Belgio, Francia, Germania e Stati Uniti, che disponevano di
carbone. Oggi è la volta dei Paesi del Golfo Persico, produttori di petrolio.
Le risorse energetiche, parte dello stock planetario, si differenziano in rinnovabili, ovvero illimitate
(solari, eoliche, idrauliche, geotermiche, marine, da biomasse) e non rinnovabili, soggette a un rapido
esaurimento (nucleari, petrolio, gas, carbone).
⟶ Petrolio e gas sono risorse simbolo dell’attuale economia mondiale, il più grande produttore sono
gli Stati Uniti. Il carbone, motore della Rivoluzione industriale, è ancora ampiamente sfruttato
soprattutto da Stati Uniti e Cina. Esso causa però un forte inquinamento, un negativo impatto
ambientale e un elevato costo di trasporto. Di recente le emissioni sono state in parte abbattute,
mentre la polverizzazione e la miscelazione in acqua in carbodotti hanno diminuito i costi di trasporto.
⟶ Le energie rinnovabili non sono integralmente fruibili a causa delle limitate e poco convenienti
possibilità tecniche di valorizzazione. Esse sono ancora in una posizione subordinata, nonostante il
rilevante sviluppo degli ultimi anni sospinto da incentivi pubblici.
I limiti dell’energia eolica derivano dal carattere intermittente del vento e dall’impatto visivo
provocato dagli aerogeneratori, presente in Spagna, Portogallo, Germania, Danimarca.
L’energia idraulica impiega la forza cinetica dell’acqua mediante dighe sui fiumi, presente fino al 1960
in Italia e ora in Itaipú (Paraguay, più grande centrale idroelettrica del mondo).
L’energia geotermica sfrutta il calore delle rocce del sottosuolo per scaldare l’acqua filtrante dalla
superficie, trasformandola in vapore.
Le tecnologie per ricavare l’energia dal mare sono meno presenti, nonostante le enormi potenzialità.
Si basato su assorbimento e conversione energetica, sono nel Nord Europa ma anche in Italia.
Le biomasse comprendono legna da ardere, scarti, alghe marine, piante oleaginose, rifiuti solidi umani
che producono carburanti biologici per l’energia elettrica, termica e per composti chimici. In Italia il
consumo di biomasse a uso domestico è al primo posto in Europa, dopo il metano.
Numerosi Paesi hanno realizzato centrali nucleari, che generano scorie radioattive per tempi
lunghissimi e difficili da smaltire. L’industria dell’atomo è in stretta connessione con utilizzi militari.
Trasporto dell’energia tramite condotti: Europa occidentale continentale è destinazione di tre principali
direttrici di importazione di gas, da sud (Algeria e Libia), da est (Russia, Asia centrale), da nord
(Norvegia e Paesi Bassi).
2. L’industria
L’economia in prevalenza agricola ha una continuità spaziale, l’economia industriale è invece dispersa
in una rete globale. Per leggere adeguatamente questo trapasso, gli studi geografici hanno individuato
i fattori della produzione industriale (spazio, capitale, lavoro), affrontando i temi: • naturali
(morfologia e natura degli spazi insediativi, disponibilità di acqua, clima)
• demografici (dinamiche e caratteristiche socio-economiche della popolazione)
• culturali (tradizioni storiche, capacità di fare impresa)
• tecnico-economici (organizzazione delle infrastruttura e dei trasporti, tecnologia)
⟶
• politici (pianificazione del territorio e programmazione economica)
Sono stati individuati anche fattori relativi alla localizzazione industriale.
Dall’esordio della seconda metà dell’800, i maggiori centri industriali si sono diffusi in ampie parti del
globo, secondo i fattori distanza, risorse, mercati di consumo (Alfred Weber).
Oggi è venuta in parte a meno l’influenza della distanza, in Europa, America settentrionale, Australia e
Giappone. Vi sono poli di sviluppo in Oriente, America Latina, Africa.
I processi industriali prevedono tre fasi:
1) Approvvigionamento, trasferimento delle materie prime dai siti minerari nel polo industriale
2) Trasformazione, produzione con input
3) Commercializzazione, output dei prodotti finiti con l’avvio verso i mercati
I processi di industrializzazione tra 700 e fine 800 hanno profondamente inciso sulla struttura
economica e sociale dell’età moderna, partendo dall’Inghilterra.
Dopo la metà del XIX, l’elettricità ha svolto un ruolo fondamentale nell’avvio della Seconda
rivoluzione industriale, poiché facilmente trasportabile, e permise anche a Paesi privi di carbone si
avviare il processo di industrializzazione grazie ai corsi d’acqua (energia idroelettrica).
Nel 1913 Henry Ford introdusse la catena di montaggio nella produzione in serie (fordismo), da cui
trassero vantaggio le industrie nordamericane. I tempi e i costi di produzione furono abbattuti. Il
triangolo industriale italiano sorse nel periodo del boom economico (anni ‘60 del 900) con vertici
Torino (vocazione industriale), Milano (commerci e finanza, oltre che industria), Genova
(importante porto nel Mediterraneo). Dopo la Seconda guerra mondiale, la rapida ricostruzione ha
provocato consistenti flussi migratori dal Mezzogiorno alle città settentrionali.
⟶ L’ascesa dei Paesi di nuova industrializzazione sta modificando l’assetto globale verso
un’economia multipolare. Tutto ciò grazie allo sviluppo dei trasporti (container) e dalla
comunicazione (Internet), fattori in parte favoriti dallo sviluppo industriale di Paesi emergenti a minor
costo di lavoro, al centro di nuovi enormi mercati.
3. Il commercio
Il commercio è nato per l’utilità, non solo economica, di scambiare prodotti di ambienti culturali, di
abilità personali e di bisogni diversi.
Dal baratto si è passato alle transazioni virtuali, perfezionate via Internet. Lo scambio costituisce uno
dei momenti dell’attuale globalizzazione (varietà e capillarità dell’offerta).
A fianco del commercio interno di un Paese è esploso il commercio estero. Ciò dà risalto alla bilancia
commerciale, che registra un valore positivo se le esportazioni sono maggiori delle importazioni.
Il mercato è il luogo dove le merci si incontrano, in cui dalla domanda e dall’offerta dei prodotti
scaturisce un fattore determinante: il prezzo. Nella sua fisicità geografica, il mercato trova lo spunto
per assumere più ampi e diversi connotati, dal locale al globale.
L’e-commerce è la modalità di acquisti in via telematica con moneta elettronica, ed è diffuso per oltre
il 90% dei Paesi avanzati grazie alla rete Internet.
4. Comunicazioni e telecomunicazioni
Le comunicazioni assicurano la diffusione di idee, culture, prodotti, e tendono a disporsi secondo un
assetto reticolare. Alla base di questo vanno posti la tipologia e il volume dei prodotti o servizi in
circolazione, e la densità demografica che assicura un adeguato mercato.
Le caratteristiche fisiche del territorio, prima vincoli o opportunità diverse, oggi sono attenuate e
superate dalla tecnologia.
⟶
Tutti i mezzi di comunicazione hanno dei parametri costitutivi: percorso, tempi e costi per la
realizzazione, facilità di accesso e di utilizzo, sicurezza, regolarità e rapidità del servizio, ritorni
economici, valore strategico.
La distanza può essere misurata in linea d’aria (assoluta), con via più breve a disposizione (itineraria),
in base al costo di percorrenza e in funzione del tempo impiegato (economica).
I flussi comunicativi generano, in un sistema reticolare, relazioni spaziali e temporali diverse. Le
recenti tecnologie informatiche hanno praticamente annullato la fisicità dello spazio terrestre,
introducendo il concetto di tempo reale, ed hanno contribuito alla creazione dei non-luoghi.
Il tempo viene ad assumere il carattere della sincronia, e il luogo nello spazio territoriale è virtualmente
soppresso, pur restando morfologicamente individuabile.
⟶ Il telegrafo e il telefono sono i primi mezzi di comunicazione a distanza, nati del XIX secolo.
La telefonia mobile subentrata negli anni Novanta del 900, ha raggiunto ormai tutta la popolazione
mondiale, dando una risposta straordinaria allo sviluppo in molti Paesi meno avanzati.
Internet consente di vivere dentro la comunicazione globale in tempo reale in qualsiasi parte del
pianeta, dilatando l’accesso a molti servizi senza spostamento nello spazio e a nuove possibilità
professionali tramite telelavoro. La banda larga (broadband) consente l’accesso a Internet con una
simultanea e maggiore trasmissione e ricezione di dati, grazie a mezzi più sofisticati rispetto ai
precedenti a banda stretta (narrowband). Questa tecnologia evidenza il divario digitale (digital divide)
tra chi ha accesso effettivo a tali avanzati livelli di informazione e chi ne è escluso. Nuove tecnologie:
social network, televisione, comunicazioni radio.
6. Le vie d’acqua
Le vie d’acqua hanno assicurato i primi spostamenti a lungo raggio effettuati dall’uomo.
Le prime imbarcazioni mostrarono un’opportunità: una capacità di carico sconosciuta agli altri mezzi.
Dalle stive delle navi si passerà poi ai container, carichi inutilizzati di cassoni parallelepipedi in
acciaio. Il transito nei porti si è ridotto a poche ore, mentre prima servivano parecchi giorni per
scaricare e ricaricare merci alla rinfusa nelle stive. Il prezzo di trasporto è diminuito.
L’attuale dislocazione dei maggiori porti container, nodi e gateway della produzione di massa e del
commercio mondiale, vede ben 7 grandi città del Dragone tra i primi 10 per movimenti di container.
È tra il Sudest asiatico e l’Europa mediterranea che si sviluppa, attraverso il Canale di Suez, una delle
maggiori direttrici di traffico, da cui fin’ora è transitato quasi il 25% dei container mondiali.
Il porto è il luogo di incontro fra trasporto marittimo e terrestre, sia su gomma, sia su ferro sia
aereo. È nodo polarizzante in cui convergono le direttrici di una regione e un gateway, che assicura le
relazioni tra il distretto del nodo portuale e altre aree. I porti assumono una importanza strategica per
la notevole capacità delle navi di imbarcare grandi volumi, che le rende insuperabili nel trasporto di
petrolio, gas naturale, carbone, e metalli.
Dopo la Seconda guerra mondiale, il traffico marittimo passeggeri è diminuito, fino a quasi scomparire
negli anni ‘60/’70 a causa della diffusione dell’aereo. È stato relegato al traffico di prossimità per i
collegamenti locali e crocieristico.
La navigazione interna (idrovie su laghi, fiumi e canali) riveste un ruolo quantitativamente minore, ma
dà notevoli vantaggi economici rispetto ad altre modalità di trasporto terrestre.
Il Reno, navigabile dalla Svizzera al Mare del Nord, è la più frequentata via d’acqua europea, seguito
da Danubio, Elba e Volga.
Il trasporto di materiali tramite conduttore è antichissimo: fin dall’epoca romana gli acquedotti
sfruttavano la pendenza per trasportare l’acqua, a cui poi si sono aggiunti petrolio e gas.
7. Le ferrovie
Le ferrovie hanno fatto la loro comparsa prima in Europa e in America settentrionale, quindi nel resto
del mondo, in particolare Russia e India. Esse hanno supportato, dalla metà dell’800, la prodigiosa
crescita economica e sociale seguita alla Seconda rivoluzione industriale.
Gli sviluppi e le conseguenze del mezzo rivoluzionari furono colti subito dai Paesi più industrializzati,
con l’inaugurazione della prima linea ferrata in Inghilterra nel 1825 (Stockton-Darlington).
Le ferrovie hanno consentito penetrazioni in nuovi territori, con un ruolo decisivo nella localizzazione
industriale, nel disegno e nell’urbanistica delle città. Dalla seconda metà dell’800, nelle moderne
metropoli furono costruite grandi stazioni. Scopi della linea ferroviaria:
• soddisfare l’aumento di traffico viaggiatori e merci
• diversa distribuzione modale, decongestionando in primo luogo le reti su gomma
• completare una rete, parte di un più ampio sistema di trasporto.
⟶ Linea ferroviaria: insieme di infrastrutture, costituito dalla sede su cui circolano i treni, di opere
civili per la sua predisposizione e impianti complementari (stazioni per viaggiatori e merci).
Si classificano in base a caratteristiche costruttive e funzioni: numero di binari e il loro scartamento,
sistema di trazione, grado di prestazione cioè capacità, velocità di circolazione, distanza tra le stazioni,
distanza tra successivi presidi di manutenzione. Anche per le ferrovie c’è un indice di densità.
Tecnicamente le ferrovie devono tener conto, in funzione della velocità, di due condizionamenti:
pendenza (percorsi di fondovalle, viadotti, gallerie) e raggio di curvatura (deve essere ampio).
Le prime opere ferroviarie sono realizzate negli Stati Uniti e in Canada (dall’Atlantico al Pacifico) e in
Russia (Transiberiana, da Mosca a Vladivostok).
A queste si è aggiunto il Treno del Cielo o Tibet Exspress (da Xining a Lhasa).
In Africa le ferrovie, costruite dai Paesi imperialisti, assecondavano lo sfruttamento coloniale con linee
di penetrazione per il trasporto di materie prime (da regioni interne a porti).
Oggi la ferrovia sta conoscendo un rinnovato successo con l’alta velocità (Italia, TAV).
⟶
8. Il traffico aereo
Il primo volo fu nel 1903, negli Stati Uniti. L’aereo è il più veloce tra i grandi mezzi di trasporto e
l’unico in grado di sviluppare una rete a linee rette, svincolato dalla morfologia terrestre.
L’aeroporto è il suo legame con il terreno. La criticità del mezzo deriva dalla minore quantità di carico
utile rispetto ad altre modalità, e ciò ne fa il più costoso fra i mezzi di trasporto. L’aereo consente
tuttavia un notevole risparmio di tempo, grazie alla distanza in linea d’aria e alla sua velocità.
È impiegato per il trasporto dei prodotti deperibili, merci pregiate, o di pronta consegna.
Il massimo valore trasportabile è il traffico passeggeri, e il primo servizio fu effettuato nel 1919, fra
Londra e Parigi, seguito da servizi di linea dall’Inghilterra per Parigi, Bruxelles e Amsterdam. Tra
la Prima e la Seconda guerra mondiale si espanse il trasporto aereo, e si sviluppò negli anni
successivi maggiormente negli Stati Uniti ed Europa occidentale.
Negli anni ‘70 del Novecento, con la deregulation degli Stati Uniti, si ridisegnarono le reti e il prodotto
aereo, con l’arrivo delle compagnie operanti a basso costo (low cost).
⟶ Il trasporto aereo è impostato su tre livelli (raggio) funzionali alla distanza delle tratte: lungo,
medio, corto. Il traffico merci si avvale di aeromobili attrezzati con stive lungo l’intera fusoliera. Si
distinguono poi nel sistema tre settori di impiego: aviazione militare, aviazione commerciale e civile
(traffico aereo di linea e a domanda), aviazione leggera (voli privati, d’affari, di addestramento, per
impieghi agricoli). Gli aeroporti, origine e destinazione del trasporto aereo, hanno un forte impatto sul
paesaggio. La rete mondiale degli aeroporti segue le indicazioni svolte per i principali porti (che sono
in prossimità dei centri industriali), ma si pongono a servizio delle maggiori metropoli o di aree
densamente popolate.
9. Il turismo
Il turismo non è solo uno svago, poiché si hanno varie ed articolate definizioni: può essere considerato
una delle possibilità di impiego del tempo libero legato al viaggio o al riposo.
Nel tempo, specialmente nei Paesi più ricchi, ha assunto una cospicua valenza economica e sociale.
Esso si fonda su una precisa motivazione: estraniarsi, svagarsi, riposare o attendere a occupazione
diverse, fuori dall’ambiente di residenza o di lavoro abituali, per un periodo più o meno lungo oltre i
fine settimana e le festività ricorrenti, con un certo investimento di denaro.
Il turismo si rivela di grande interesse geografico:
• come fenomeno economico, per l’insieme dell’offerta turistica
• come fenomeno sociale e culturale, per la motivazione e la percezione della località turistica
• per l’impatto territoriale negli spazi di fruibilità
⟶ La domanda di turismo (dalle regioni attive) si è molto modificata nel tempo: dalle élite sociali alle
classi urbanizzate fino al fenomeno di massa attuale.
L’offerta (per le regioni passive) riguarda sia la risorsa turistica, ma anche: valorizzazione,
salvaguardia, promozione, servizi, tour operator, aziende che producono il turismo.
Le attività a forte caratterizzazione stagionale (turismo balneare e sciistico) danno spesso luogo a
fenomeni di forte concentrazione in aree limitate, creando stress ambientali e vanificando in parte le
aspettative dei fruitori. Le attività turistiche esigono ambienti e situazioni politico-sociali rassicuranti.
Il sottosviluppo è indifferente ai flussi turistici, offrendo spesso costi favorevoli per la visita in località
lontane in cui la prevalenza è data dall’esotismo.
La multipolarità geoeconomica e un maggiore accesso ai mazzi di trasporto hanno introdotto flussi da
aree che fino a poco tempo fa erano regioni passive: Cina, Russia, Paesi dell’Est europeo, Brasile. I
flussi turistici internazionali rivelano un continuo trend positivo. Nei singoli Paesi, le cinque
destinazioni turistiche mondiali più frequentate sono: Francia, Stati Uniti, Spagna, Cina, Italia.
13) GLI SPAZI POLITICI
⟶ Un aspetto importante sono le istituzioni e l’esercizio del potere, ovvero in quali modi il sistema
politico e il conseguente agire di uno Stato costituito possono trasformare l’assetto territoriale e altro.
Lo Stato è quindi al centro delle relazioni sovranazionali o internazionali a livello macro-regionale,
continentale o globale.
In alcuni Stati, unità amministrative hanno aperto un dibattito nel rivendicare maggiori autonomie
locali, volte a modificarne l’assetto costituzionale, senza ripercussioni sul suo profilo internazionale
che rimarrebbe intatto e sovrano. Ciò mette in discussione lo Stato unitario (es. Francia), in cui i poteri
sono accentrati in maniera forte.
Il federalismo invece, nato negli Stati Uniti, ripartisce la sovranità in due distinti livelli di potere, con
limiti precisi alle Costituzioni degli Stati membri, con prevalenza del diritto federale su quello dei
singoli Stati, con la ripartizione delle competenze fra Stato federale e Stati membri. Il potere
legislativo è composto da un Parlamento bicamerale (Congresso) e dal Senato.
Una confederazione (come l’UE) è l’unione di Stati che, senza rinunciare alla loro sovranità, mettono
in comune alcune politiche e funzioni, non creando un nuovo Stato. Il principio di rappresentanza è
degli Stati e non dei cittadini, e il diritto di veto (simbolo sovranità mantenuta) può vanificare l’azione
comune. Lo Stato Regionale è la cessione dal centro di parte dei poteri a enti territoriali autonomi (es.
regioni), che in genere acquisiscono una sovranità derivata e non originaria, ma sufficiente per un
governo locale autonomo.
Le articolazioni su cui si regge uno Stato (Costituzione, leggi, patti) provvedono al funzionamento
degli ordinamenti giuridico, fiscale, amministrativo, sociale e di sicurezza.
Determinate scelte di politica estera aggregano gli Stati in associazioni internazionali o sovranazionali,
in cui parte del potere statuale può venire delegato in contiguità agli scopi associativi.
Con la creazione dell’euro, ognuna delle banche nazionali dei Paesi aderenti ha ceduto parte della
propria autonomia alla Banca centrale europea (BCE), con sede a Francoforte.
⟶ Il territorio è uno spazio organizzato e definito, nel quale uno Stato riconosce l’ambito della propria
sovranità interna e dove la popolazione risiede stabilmente. Esso comprende inoltre il sottosuolo, le
acque territoriali e lo spazio aereo sovrastante. L’assetto statuale riceve una definitiva legittimazione
sul riconoscimento internazionale. Il territorio richiama molteplici elementi di valutazione:
• estensione: riporta alla grande avventura coloniale, quando la dimensione degli Stati era condizione
indispensabile per raggiungere requisiti di potenza e di benessere.
• forma: lo Stato ideale tende alla compattezza e alla contiguità territoriale (monometria), che offre
maggiori garanzie di stabilità rispetto a un territorio discontinuo e frammentato (polimetria).
Si parla di polimetria apparente per le isole o territori divisi dal mare.
• posizione assoluta nel globo: si rapporta alla latitudine, fattore climatico essenziale per gli Stati:
artici, intermedi, subtropicali, tropicali, equatoriali. •
posizione relativa nel globo: rispetto agli altri Stati.
• Marittimità: rapporto tra confine marittimo e terrestre, posizione rispetto al mare. Va
contestualizzato rispetto all’agibilità della navigazione o delle attività rivierasche e all’importanza
politica o economica del mare.
⟶ La popolazione è connotata alla capacità di potenza di uno Stato. Il numero degli abitanti e la loro
densità rispetto al territorio vanno relazionati alle capacità organizzative e produttive in gradi di
valorizzare al meglio le risorse. Si hanno Stati giganti come Cina e India fino a microstati come Nauru
e Città del Vaticano. Lo Stato dovrebbe identificarsi in una comunità in grado di condividere identici
valori culturali e materiali, in un’unità originale distinta dalle altre. Quando la composizione etnica
appare frammentata possono insorgere gravi problemi (es: ex Iugoslavia). Popolazioni del tutto
omogenee non sono presenti in nessuno Stato del mondo.
I rifugiati sono individui che per motivi diversi (etnici, religiosi, di appartenenza) sono perseguitati e
non trovano più accoglienza nel loro Paese di origine. I rifugiati per conflitti o persecuzioni
aumentano progressivamente, sommati ai flussi migratori asiatici e africani verso l’Europa occidentale.
⟶ Il fenomeno dell’enorme proliferazione di Stati si è avviato dalla fine della Seconda guerra
mondiale. La suddivisione tra monarchia e repubblica, dal punto di vista istituzionale, ha perso valore
in Occidente, poiché anche le monarchie costituzionali (Norvegia, Svezia) sono nel quadro delle
democrazie liberali. Le monarchie assolute (Arabia Saudita, Qatar) si rifanno ai regimi monocratici. I
regimi teocratici sono presenti in alcuni Stati musulmani (Iran), dove c’è una impercettibile linea di
demarcazione tra ciò che è religioso, politico e sociale.
La sovranità è un valore assoluto non soggetto ad alcun potere, e originale nelle sue possibilità di
produrre norme emanate da organi indipendenti tra loro, per garantire una struttura giuridica statuale.
Ad essa si contrappongono a volte limitazioni che possono essere in netto contrasto con gli interessi
nazionali: piena privazione della capacità giuridica statuale (colonie), sovranità limitata (verso gli
alleati nel Patto di Varsavia negli anni Sessanta).
3. I confini
Il confine costituisce un limite dove i tre elementi fondativi dello Stato (territorio,
effettivo
popolazione, sovranità) si esauriscono, per dare luogo a uno Stato limitrofo
diverso.
Il confine individua una netta linea di demarcazione, portato dalla sovranità nazionale, ma in realtà non
segna sempre una cesura nel paesaggio e nel gruppo etnico che lo abita. I confini amministrativi
delimitano poteri locali normativamente delegati dallo Stato. I confini hanno un ruolo mutevole, per
l’emergere di nuovi Stati e per la loro scomparsa a causa di unificazioni.
Il confine, nel significato moderno, è legato al concetto di nazionalità, di patria, di conflitti spesso
sfociati in guerre, fino alle imponenti trasformazioni indotte dall’odierna globalizzazione.
Diverso è il concetto di frontiera, zona di confronto o di allentamento e di interpretazione tra poteri.
⟶ Tutta la Terra è soggetta a spartizione confinaria, e i confini terrestri passano per più momenti:
1. Definizione, operazione negoziale tra due o più attori tramite accordi o trattati
2. Delimitazione, riporta gli esiti della definizione sulla carta geografica
3. Demarcazione, segnalazione sul terreno del limite condiviso, tramite segni in punti notevoli e
strategici o in caso di dispute con paralizzate, reticolati e muri A ciò va aggiunto anche l’esercizio
della linea del confine.
Confini :
marittimi
• Limite della linea di costa: 3
miglia
• Limite delle acque : 12 miglia, entro cui lo Stato esercita la propria
territoriali sovranità
• Zona contigua: 24 miglia, per controlli fiscali e sicurezza
• Zona economica interna
esclusiva : 200 miglia, per esplorazione, sfruttamento e gestione risorse
naturali
I confini, tutti artificiali perché individuati dall’uomo, si “appoggiano” a elementi che possono essere
fisici (monti, fiumi, deserti), geometrici (meridiani, paralleli, elementi geofisici), o antropici (culture,
etnie, lingue, religioni, storia).
Tutti i confini sono soggetti a variazioni nel tempo, sia per motivi politici sia per diverso
atteggiamento percettivo nei loro confronti.
4. La capitale e le infrastrutture
La capitale è la città che per motivi diversi ospita gli organi del governo, e funge da polo di
coordinamento e rappresentanza di un Paese. Ha un ruolo multiplo: politico, religioso,
economicofinanziario, non per forza associati tra loro. Essa contribuisce alla lettura della storia di un
Paese. La collocazione è stata nel passato questione di primissimo ordine e rappresentava un aspetto
rilevante del potere signorile. La capitale, sensibile a fattori politici, economici e riferimento per il
Paese, non è sempre in posizione geograficamente centrale (es: Washington, Buenos Aires, Mosca,
Londra).
Alle latitudini tropicali ed equatoriali, numerose capitali compensano le alte temperature con altitudini
elevate. Le capitali possono essere naturali (antecedenti alla formazione dello Stato, Parigi), artificiali
(create per svolgere il ruolo di nucleo politico del Paese, Madrid), designate (Bonn, Roma).
L’evoluzione storica ha in qualche caso visto trasferire la capitale in città diverse (Italia: Torino,
Firenze, Roma). Alcuni stati sono multicapitali, come Bruxelles.
In un ordine culturale ed emotivo, la capitale rappresenta l’espressione di quel sentire comune dei
cittadini che è alla base dell’idea di nazione. Essa costituisce anche il nucleo dal quale si innervano e
vengono trasmesse le principali direttive politiche, che danno forma alla struttura e alla vita economica
e sociale del Paese (infrastrutture).
5. Colonialismo e decolonizzazione
Il termine colonia (latino colere, coltivare) in senso stretto manifesta l’idea dell’occupazione
territoriale. Il fenomeno si è avviato modernamente all’inizio del XVI, ma non ha alcuna contiguità
con il mondo antico, dove i coloni estendevano il potere dello Stato di provenienza su un territorio o vi
insediavano basi commerciali.
Le grandi scoperte geografiche e le affermazioni degli imperi coloniali hanno disegnato un assetto
globale del mondo, per la prima volta nella storia dell’uomo.
Nel Settecento le colonie non si presentavano in maniera del tutto omogenea, ed erano privi di un
disegno strategico. Dalla seconda metà del XIX ci fu un rinnovato slancio coloniale soprattutto da
parte dell’Europa, e nacquero nuove potenze coloniali come Belgio, USA, Russia, Germania, Italia,
che si aggiunsero alle tradizionali UK, Francia, Paesi Bassi, Spagna, Portogallo.
In Africa, dal presidio di basi costiere si passò alla penetrazione nei ricchi territori dell’interno,
occupando il continente in vaste aree di influenza.
1. Geografia e cultura
La geografia esprime criticamente aspetti e segni dei luoghi con i loro valori fisici e antropici
individuabili nelle differenti culture. Di recente i geografi hanno attribuito maggiore considerazione
agli aspetti emozionali, introducendo nell’analisi geografica documenti, testi, opere pittoriche,
sculture, fotografie, immagini che delineano l’oggetto geografico nella sua cultura.
Quando diviene territorio, uno spazio assume identità culturali, naturali, economiche e sociali originali,
e soprattutto diverse dalle altre. Così una società si identifica nel suo paesaggio culturale in maniera
tangibile, secondo i valori peculiari e per le particolari, uniche atmosfere che trasmette.
⟶ Il confronto tra culture diverse è importante. Bisogna riconoscere i valori “altri” nel concorrere
alla definizione del mosaico del mondo. La geografia è attenta ai momenti fondanti della diversità
umana: etnia, lingua e religione. Sono tre caratteri, il primo genetico e gli altri due culturali, senza
alcun discrimine, totalmente permeabili. Nella realtà, non vi è alcuna precisa corrispondenza tra
caratteri biologici e culturali, come accade invece per quanto riguarda le differenze di genere.
2. E pluribus unum
E pluribus unum, il motto originario degli Stati Uniti, valorizza l’insieme proveniente dal contributo di
tanti singoli individui. In biologia è noto come “vigore degli ibridi”: la pluralità che sfocia nell’unità
condivisa individua storie di successo.
Il concetto di specie umana è un dato certo di carattere culturale che viene declinato in etnia,
escludendo dal contesto il concetto di razza, questione priva di giustificazione scientifica.
Il fatto è che “sotto la pelle” la diversità non esiste: tutta l’umanità appartiene all’unica specie Homo
sapiens. Alcune dimostrazioni dell’uguaglianza biologica vengono fornite da constatazioni empiriche:
– da uomini e donne di diverse etnie nasce sempre una prole fertile, in grado a sua volta di riprodursi
– la medicina riconosce nei suoi fondamenti anatomici, fisiologici e patologici un solo tipo umano
– il sangue è trasfusionabile fra tutti gli esseri umani, rispettandone le differenti tipicità
genetichePosizioni diverse e assurde rispetto alle differenze etniche hanno portato a situazioni
tragiche, culminate nel Novecento con il genocidio inflitto dai nazisti agli ebrei e ai rom, assieme ad
avversari politici, omosessuali e portatori di handicap.
⟶ Le differenze sono originate dal continuo sciamare dell’uomo nel mondo consentono, ai soli fini
classificatori, di procedere a una larga suddivisione dell’umanità in grandi gruppi etnici.
La difficoltà nasce a causa delle continue mescolanze che hanno dato origine a definizioni negative,
quali mulatto, meticcio, creolo.
Una minoranza etnica è un gruppo che, per omogeneità genetica o spesso identità culturale, si
distingue da una maggioranza all’interno di una comunità, in genere statuale.
3. Geografia e lingue
Il linguaggio è il primo segno d’identità nell’ambito di una comunità, ed è un patrimonio comune
invisibile ma tangibile, che si manifesta spesso in momenti di contrapposizione rispetto a una comunità
diversa. Molte lingue parlate nel mondo rischiano di scomparire nei prossimi quarant’anni, sopraffatte
da altri idiomi portatori di modelli culturali vincenti. Stesso pericolo corrono i dialetti, soggetti alla
forza d’urto della lingua di riferimento o standard.
Un aspetto importante delle lingue è la loro dinamicità, in alcuni casi soggetta a normative che tentano
di salvaguardarne la “purezza”.
I linguisti riconoscono che la lingua non è fatta dalle regole, ma dai parlanti soggetti a innumerevoli
stimoli nell’esprimersi. La forza della lingua va oltre la sua capacità di comunicare.
⟶ L’espansione di alcune lingue come l’inglese ripropone l’esigenza di una lingua franca, un idioma
di comunicazione utilizzato da un largo numero di fruitori per gli usi più svariati (pidgin nei porti
asiatici, swahili nell’Africa centrale e orientale).
Le lingue creole sono nate invece nell’America caraibica dall’incontro di varie lingue europee, con
dialetti dei nativi e dei neri africani.
Le minoranze linguistiche all’interno degli Stati sono molto diffuse: Belgio, Spagna, Francia.
In Italia esistono numerose minoranze linguistiche sia in aree di confine e sia in zone interne:
• Trentino-Alto Adige: parlanti tedesco, italofoni, lingua ladina
• Friuli Venezia Giulia: friulano, comunità slovena
• Valle d’Aosta e Piemonte occidentale: franco-provenzale
• Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia: albanesi
• Molise: croati
• Penisola salentina e Calabria: comunità greche
• Alghero: colonia catalana
4. Geografia e religioni
Tra gli elementi culturali, quello religioso è il più radicato e radicale.
Nel passato, conversioni di popoli erano passaggi da una cultura a un’altra, riconosciuta portatrice di
valori da imitare e fare propria. Oggi nelle moderne società dell’America settentrionale e dell’Europa
occidentale si è diffuso un ampio sentimento ateistico o di indifferenza religiosa.
Le manifestazioni culturali come l’edificazione dei templi sono sempre state di forte impatto sul
paesaggio. Questioni religiose hanno influenzato di continuo la storia anche recente, come le guerre
all’interno di una medesima confessione religiosa: Irlanda del Nord (cristiani cattolici vs anglicani),
Medio Oriente (sunniti vs sciiti), Iugoslavia (cristiani vs musulmani), subcontinente indiano
(musulmani vs indù), Filippine e Africa occidentale (cristiani vs islamici).
Sparsi per il mondo vi sono conventi e abbazie in cui comunità perpetuano riti e studi di testi e
tradizioni religiose. Le grandi religioni sono tutte nate in Asia e una qualsiasi classificazione le vede
far parte simultaneamente di più ambiti. I monoteismi rivelati da un Dio attraverso i profeti sono il
cristianesimo, l’ebraismo e l’islam, le cui verità sono depositate in un testo sacro.
⟶ Alcune religioni sono etniche, proprie di un popolo: in India l’induismo (società suddivisa in
classi), in Giappone lo shintoismo (culto degli antenati) e in Israele l’ebraismo (prima delle religioni
del libro).
Il buddismo, sorto in India e diffuso in tutto l’Oriente, propone uno stile di vita ascetica e in armonia
con la natura, accanto a precetti religiosi. Si diffonde anche in parti dell’Europa e USA settentrionale.
15) LA GLOBALIZZAZIONE
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, e ancor di più dalla caduta del Muro di Berlino (1989),
l’odierna globalizzazione ha avviato i suoi meccanismi nel massimo grado di estensione,
intensificazione e accelerazione degli scambi e delle relazioni in tutto il mondo.
Ogni ambito della vita di ciascun cittadino è immerso in quella che il sociologo
«società Zygmunt Bauman ha definito , senza alcuna precisa direzione o meglio
attuata liquida» e sollecitata attraverso milioni di postazioni telematiche.
L’avvio della seconda modernità: Le cause sono riferibili alla politica, all’economia e alla
tecnologia. La politica, nel triennio 1989–1991, ha ribaltato un assetto diviso in due blocchi
contrapposti: l’Occidente liberale delle democrazie parlamentari (legato all’USA) e l’Oriente
comunista delle democrazie popolari (legato all’URSS).
Un quadro internazionale di riferimento instabile: Nel nuovo quadro geopolitico sono presenti
ovunque disuguaglianze e squilibri. Questa generale tendenza vede il sostanziale aumento della
ricchezza di pochi contrapposta a una diffusa povertà in masse sempre più numerose.
A ciò su aggiunge un generalizzato avanzamento dei Paesi prima afflitti da economie di sussistenza,
contrapposto dai Paesi più avanzati che sono aggravati da enormi debiti pubblici.
Il singolo nella società planetaria: In questo clima di indeterminatezza, l’era della globalizzazione è
priva dei suoi elementi di temporanea stabilità, e si pone come momento di trapasso epocale.
L’umanità è declinata fino al singolo individuo, in continua ricerca di riferimenti.
Il tale contesto, il ruolo della geografia riguarda l’obiettivo della conoscenza del mondo, fondamentale
prerequisito per avere una propria personale visione del mondo.
SITI IMPORTANTI
Database of EE projects, practices, etc.:
http://www.enviroeducation.com/
https://www.regione.emilia-romagna.it/infeas
http://wwwservizi.regione.emiliaromagna.it/infeas/scuolesostenibili/Ricerca.aspx