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Didattica della geografia- Gino

de Vecchis
Geografia
Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano
37 pag.

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DIDATTICA DELLA GEOGRAFIA

RICERCA E DIDATTICA A CONFRONTO- capitolo 1


IL PERCORSO SCIENTIFICO DELLA GEOGRAFIA
CONTINUITA’ E DISCONTINUITA’ GEOGRAFICHE
E’ difficile riuscire a individuare, delimitare e sistemare il sapere geografico che precede la
geografia Sette- Ottocentesca. Si tratta infatti di conoscenze molto diversificate e con origini
molto disparate e pur essendo molto importanti per la scienza geografica , rimangono ancora
in uno stato latente nelle segmentazioni della conoscenza scientifica disciplinare.
La nascita della geografia si può far risalire alla Grecia antica, i cui abitanti hanno avuto il
senso del racconto, sono stati naviganti e viaggiatori, hanno osservato il cielo e le stelle.
DAL MONDO CLASSICO ALLA “GEOGRAFIA SCIENTIFICA”
• Diocearco di Messina, tentò di razionalizzare il disegno della Terra, grazie
all’introduzione di una coordinata, rappresentata dal parallelo centrale, passante per Rodi.
• Eratostene di Cirene, scrive tre libri, di cui uno sulla storia della geografia conosciuta
fino ad allora partendo da Omero, uno di geografia astronomica e l’ultimo sul mondo allora
conosciuto.
• Strabone, scrive i diciassette libri della Geografia. Egli tenta di congiungere la
tradizione scientifica- matematica con la Geografia umana. La sua opera è stata molto
riconsiderata da Friedrich Ratzel, uno dei padri della geografia moderna.
Con la caduta dell’Impero romano, anche la consocenza e l’interpretazione della Terra
giungono a gravi forme di deterioramento.
Nel Medioevo, nonostante la pubblicazione di libri riconducibili a questa disciplina, il termine
geografia scompare del tutto. E proprio in questo periodo, le consocenze geografiche sono
spesso andate a sconfinare nel magico e nel fantastico, essendo state private del loro
collegamento con la realtà.
Aristotele ricompare con le sue opere nel XII secolo, quando iniziarono a essere tradotte.
E la traduzione di numerose opere in latino, dall’arabo e dal greco viene affiancata dal fiorire
delle università, centri importanti di vita intellettuale.
Il pensiero umanistico di Quattro- Cinquecento si contrappone alla formazione intellettuale del
Medioevo (visioni mistiche del mondo e svilimento dell’uomo, della ragione e delle opere) e il
contesto in cui sorge, ne favorisce lo sviluppo. (Clima di rinascita: scoperte geografiche,
monarchie europee, civiltà urbano-borgese, invenzione della stampa e della polvere da sparo).
Le scoperte scientifiche del Seicento sono la base della scienza moderna: Bacone, Galileo e
Cartesio.
E’ questo il clima in cui nasce il desiderio di dominare il mondo e il mondo visibile, percepito
coi sensi è conseiderato fallace, mentre la matematica e i calcoli presentano la verità chiara ed
evidente.
LA NASCITA DELLA “GEOGRAFIA SCIENTIFICA”
Il pensiero di Immanuel Kant esercita una forte influenza sulla geografia, che ritiene che
insegni a conoscere l’officina della natura.
Tra fine Settecento e inizio Ottocento si ha un vigoroso progresso degli studi geografici, per le
evoluzioni scientifica e tecnica, al pensiero illuministico e a quello idealistico, in particolare in
Germania, anche grazie a Kant e Herder, e dove nascono Humdolbt e Ritter, considerati i
precursori della geografia contemporanea, che si occupano dell’apporto epistemologico,
riguardo ai problemi uomo-natura e al principio di interdipendenza, alla base della geografia
scientifica.
Sarà però Friedrich Ratzel (idee evoluzioniste e positiviste) a giungere a una concezione
unitaria della geografia, cercando un metodo comprensivo per lo studio della connessione tra
tutte le caratteristiche della superficie terreste e la storia umana.
Nel 1859 Darwin pubblica il celebre volume Sull’origine delle specie, basato sulla concezione
meccanicistica, ovvero che le leggi matematiche della meccanica avrebbero dovuto essere la
spiegazione di ciascun fanomeno si presentasse sulla Terra.
L’ambiente naturale è agente dominante su un uomo sottoposto alla sua influenza
incontrastata.
Se in Italia, la geografia si conforma a quella tedesca, in Francia assume un orientamento
originale, che vede la sua espressione in Paul Vidal de la Blache, che si oppone al positivismo
di Ratzel.
Il principio su cui si basa la sua filosofia è quello del “genere di vita”, definibile come l’insieme
dei comportamenti abituali e stabili di un gruppo umano, che si organizza su un certo territorio

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e dal quale ottiene il necessario sostentamento. E l’uomo sceglie come rispondere agli stimoli
provenienti dall’ambiente naturale e la scelta che opera dipende anche dalle proprie
esperienze storiche e socio-culturali.
Questa geografia si basa sui rapporti tra uomo e ambiente, secondo una chaive diversa di
interpretarli, il “possibilismo geografico”.
LA GEOGRAFIA DAL DOPOGUERRA A OGGI
In Italia la geografia si modifica con ritmi molto più lenti rispetto a molti altri paesi europei e
nord-americani e senza intaccare i paradigmi della geografia classica. A causa della matrice
positivista ancora ben impiantata, la geografia rimane fra le scienze naturali, senza analizzare
in profondità la dimensione sociale. Ciononostante, non mancano aggiornamenti e
rinnovamenti.
Fra la fine degli anni Sessanta la geografia risente della riscoperta e dell’attualizzazione del
pensiero marxiano e viene rifiutata la geografia intenta a vedere il territorio come un semplice
stato di fatto.
Sempre connessi poi al discorso relativo alla reciprocità uomo-ambiente, le sollecitazioni
provenienti dall’ecologia, aprono studi di geografia anche in questo ambito, con
un’interpretazione complessiva dei cambiamenti fisici e antropici del nostro pianeta.
Negli anni Sessanta, con il rinnovamento dell’impianto scientifico, si parla di una “nuova
geografia” dovuto allo sviluppo delle tecniche matematico-statistiche, a tal punto da parlare di
“rivoluzione quantitativa”.
Tuttavia non sempre le leggi matematiche e fisiche possono essere trasportate nello spazio
degli uomini, cioè nello spazio sociale; infatti come dice, uno dei principali esponenti della
geografia quantitativa: i metodi matematici sono adatti per certi obiettivi, ma inadatti per altri.
La geografia umanistica permette collegamenti con arte e letteratura, quella della percezione
punta invece su un presupposto: il mondo visto dagli uomini e come essi lo percepiscono e
vivono.
Sono tanti infatti i fattori che costituiscono lo spazio che hanno costruito gli uomini e fra questi
ci sono anche le sue passioni, i suoi sentimenti, impulsi e rappresentazioni (percezione
dell’ambiente da parte di scrittori, poeti e artisti è un modo importante per interpretarlo).
Il modo migliore per leggere la geografia nella sua totalità è quindi quello di saper integrare
perfettamente la dimensione matematico- statistica della geografia quantitativa con quella
psicologica, artistica e letteraria della geografia della percezione e umanistica.

DIDATTICA GENERALE, SCIENZE DELL’EDICAZIONE, DIDATTICHE DISCIPLINARI

La didattica generale è una scienza particolare, intesa come insieme di orientamenti, di


principi e di tecniche da applicare ai processi di apprendimento e insegnamento.
La didattica, secondo Laeng, rappresenta la teoria dell’efficace e corretta pratica di
insegnamento.
Pur essendo una teoria inoltre, poichè ha per oggetto di studio una pratica ,la didattica muove
dall’esperienza. L’alunno non deve subire una passiva ricezione delle conoscenze ma giungere
all’autonoma conquista del sapere.
L’insegnamento deve poggiare su solide strutture scientifiche, che trovano alimento in una
varietà di saperi, e in quanto tale la didattica si pone come una scienza di frontiera fra
discipline pedagogiche, psicologiche, sociali e della comunicazione.
Per molti anni alla didattica è stato attribuito un ruolo subordinato e negandole spesso
l’autonomia disciplinare; e se la pedagogia viene considerata come scienza dell’educazione la
didattica sarebbe soltanto una derivazione pratica. Il legame fra queste due scienze è generato
dal rapporto fra educazione e istruzione.
Questa presunta subordinazione della didattica alla pedagogia nasce dall’idea che conoscere
una materia, per molti, equivale a saperla insegnare.
La scuola è la sede principale della didattica dove scuola e didattica insieme non solo si
integrano ma quasi si confondono.
La riqualificazione della didattica può avvenire solo mediante il riconoscimento dei fondamenti
scientifici delle pratiche e delle tecniche di apprendimento e insegnamento e in secondo luogo
attraverso un’interazione fra teoria e prassi, nella ricerca concernente l’organizzazione
scolastica (continuità, collegialità, partecipazione sociale, tempi e spazi del processo di
apprendimento e insegnamento) e nella sperimentazione e nella ricerca in ambito curricolare
(progettazione e valutazione).

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Ma per sperimentare è necessario considerare globalmente le molteplici diversità esistenti di
allievi, insegnanti, culture e attrezzature didattiche.
La progettazione didattica può essere divisa in tre momenti: il teorico, il metodologico e
l’operativo.
Ma la didattica è anche sede delle relazioni con i diversi insegnamenti impartiti in sede
scolastica, che pur nella diversità dei metodi, dei liguaggi e dei contenuti dovrebbero riuscire
ad aprire un percorso interdisciplinare.
Una ricerca seria e produttiva, impreniata sul confronto e volta alla valorizzazione dei diversi
linguaggi, può essere fatta soltanto nell’ambito della didattica generale, seppure in
collaborazione con le numerose discipline scolastiche.
La didattica generale è teorizzata e progettata da riceratori dell’ambito delle scienze
dell’educazione, mentre la didattica disciplinare da ricercatori dell’ambito disciplinare
(letterario, storico, matematico..)
La didattica disciplinare studia in particolare le tecniche di insegnamento, oggetto metodi e
finalità della tal disciplina ma non può ignorare le indicazioni tecniche e psicologiche che
provengono dalla didatica generale.
Le didattiche disciplinari godono di un riconoscimento ancora più basso di quello riconosciuto
alla didattica generale, anche se le più recenti istituzioni universitarie, hanno aperto alle
didattiche disciplinari strade interessanti, da percorrere con convinzione, un bel passo avanti
se si considera che fino a pochi anni fa non venivano nemmeno impartite nelle università e
generazioni di docenti sono partiti esclusivamente dalle loro conoscenze disciplinari, senza
alcun insegnamento sulle modalità per insegnarle.

DIDATTICA DELLA GEOGRAFIA


Tante affermazioni sostengono che la geografia nasca con l’uomo e che egli sia naturalmente
geografo e questo induce nuove riflessioni per quanto riguarda la didattica di questa disciplina.
E’ bene chiarire che la geografia della scuola primaria non è sostanzialemente diversa dalla
geografia della scuola secondaria, ma è diverso il modo di tradurla e comunicarla. Cioè la
stessa scelta viene tradotta correttamente in chiave didattica, secondo l’età degli studenti, e
quindi con gradi diversi di complessità.
La didattica della geografia si esprime mettendo in relazione il sapere e i metodi della
geografia con i processi di apprendimento- insegnamento ed è per questo strettamente
connessa alla didattica generale, alla pedagogia, alla psicologia, alla storia della scuola e alla
legislazione scolastica.
Per questo è necessario che si facciano riflessioni teoriche e metodologiche sul rapporto tra il
sapere elaborato dai geografi e quello da insegnare, sui processi della ricerca grografica e su
come possano essere insegnati, sui rapporti tra studenti e geografia e su quali strumenti e
sussidi possano maggiormente aiutarli nell’apprendimento.
Ma, quali sono i rapporti fra didattica della geografia e ricerca geografica?
La didattica della geografia viene riconosciuta come ambito scientifico nel quale si producono
conoscenze e modelli metodologici, come area di ricerca non subordinata nei confronti delle
altre discipline geografiche, come settore con una propria specificità, che può rivendicare
un’autonomia nel panorama scientifico.
La rappresentatività della didattica della geografia è ancora abbastanza scarsa ma si può
sperare in una situazione migliore per il futuro, grazie a numerose ricerche in particolare
operate dall’Associazione italiana Insegnanti di Geografia (AIIG). Soltanto da poco è entrata a
far parte delle discipline insegnate all’università.
Il ruolo della geografia va esaltato in sè e nel rapporto con le altre discipline scolastiche, in un
quadro interdisciplinare che porti ed un esito positivo per ciascuna e per tutte le discipline.
E’ necessario attivare sempre di più i canali che mettono in proficua comunicazione università
e scuola, che per ora rimane un compito affidato per lo più all’azione volenterosa dei docenti
dei diversi livelli , che però da soli non possono incidere molto nel tessuto scolastico.
Anche le scoperte scientifiche, nuove e tradizionali, vanno viste alla luce delle diverse esigenze
dei giovani e della società.
La geografia è la disciplina che negli ultimi decenni ha subito le innovazioni più marcate e ha
abbandonato la tradizionale impostazione regionale a favore di un lavoro sistematico,
trasformandosi da disciplina ddescrittiva ed enciclopedica in una disciplina impostata
sull’esame dei problemi più protesa verso la comprensione dei rapporti e delle interrelazioni, al
fine di indivisuare gli interventi più idonei per una migliore organizzazione del territorio.

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La didattica della geografia deve quindi saper tradurre nella scuola i successi e le innovazioni
avvenute in ambito geografico, rendendo la geografia compatibile con le esigenze cognitive e
formative degli studenti, alle diverse fasce d’età, così da essere assimilata correttamente.

RAPPORTI TRA RICERCA E DIDATTICA


IL QUADRO GENERALE
E’ essenziale che si sviluppi un buon rapporto fra ricerca e didattica per lo sviluppo di una
disciplina.
Questo però non è sempre facile e nel caso della geografia, il confronto di questi due momenti
si può aprire verso orizzonti amplissimi, che giungono a interessare strati amplissimi della
popolazione. Una riflessione seria fra didattica e ricerca, implica effetti in entrambe le sfere.
Sicuramente è necessario un intervallo temporale che permetta di tradurre i risultati della
ricerca scientifica in chiave didattica e trasferiti nei vari comparti scolastici.
Si attivano quinidi i tramiti, mediatori fra università e scuole.
Non esistono però colelgamenti strutturali, con lo scopo specifico di elaborare i risultati della
ricerca per l’applicazione didattica.
Diverse istituzioni attive in quest’ambito spesso non riescono a offrire spunti e stimoli per
un’azione incisiva nell’area sensibile costituita dal rapporto tra ricerca e didattica.
LE SPECIFICITA’ GEOGRAFICHE
La geografia sul piano didattico offre una molteplicità di modelli e proposte per favorire una
mogliore comprensione del mondo alle varie scale geografiche.
Occorrerebbe attuare nella pratica didattica quei principi che possano consentire ai giovani di
conoscere il loro territorio di relazione per giungere, nei pasaggi successivi alla scala
planetaria, come un sistema dinamico di relazioni.
L’insegnamento della geografia, nel mondo d’oggi dovrebbe svolgere una funzione educativa
di grande importanza, dalla scuola primaria all’università.
Anche le nuove scoperte biologiche dovrebbero produrre impulsi originali e impostazioni
diverse nel rapporto uomo- natura.
Le conoscenze geografiche dovrebbero essere poste alla base di una filosofia dell’azione, che
si sviluppa nello spazio, dal momento che i processi di umanizzazione del pianeta, derivano da
concezioni etiche, con relativi comportamenti.
Il consumo delle risorse e degli spazi, le disuguaglianze territoriali costituiscono altrettanti
problemi di interesse geografico, per la ricerca e per la didattica.
“lo spazio in cui viviamo non è mai neutro ma è riflesso delle storie e delle società che lo
hanno plasmato nel tempo, che lo plasmano oggi per gli uomini e le donne di domani”-
Salvatore Settis.
UN RAPPORTO BIDIREZIONALE
Il rapporto tra ricerca e didattica è bidirezionale, infatti la ricerca dà il suo contributo alla
didattica ma da questa anche lo riceve. Per quanto riguarda il primo passaggio, pur essendo
evidente e acquisito, presuppone la proposta di nuove idee, modelli e strategie per trovare il
miglior modo per interpretare e trasmettere sul piano dell’insegnamento i progressi della
ricerca.
Una scarsa relazione tra le due spesso rende incomprensibili le enormi potenzialità che a
scuola può esercitare la geografia.
Sulla seconda direzione, dalla didattica alla geografia, vi sono invece molti dubbi e perplessità
anche se è evidente il pericolo che il mondo della ricerca rimanga isolato e autorefenziale, per
cui le interazioni con la didattica potrebbero essere ben recepite dalla ricerca.

LE POLITICHE DELL’ISTRUZIONE
IL QUADRO DI RIFERIMENTO STORICO
Spesso alle dichiarazioni di principio che esaltano l’importanza della formazione culturale e
professionale, non corrispondono i finanziamenti necessari.
L’unificazione del Regno d’Italia avviene in piena atmosfera positivista. La situazione scolastica
italiana era gravissima, contando cisrca l’80% di analfabeti sull’intera popolazione.
Il primo problema è stato quello di armonizzare le politiche scolastiche, prima divise in tanti
Stati.
Gabrio Casati, nel 1859, stabilisce le prime direttive della politica scolastica italiana, con la
legge di stampo positivista che porta il suo nome. Del resto anche il rinnovamento dei metodi
della geografia è portato avanti da pedagogisti di impronta positivista.

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Questi nuovi programmi scolastici, espressione del positivismo, evidenziarono il metodo
oggettivo e intuitivo e i testi scolastici erano colmi di biografie di inventori, scienziati,
naturalisti ed esploratori, i nuovi modelli.
All’inizio del Novecento però l’analfabetismo non era ancora debellato; questo voleva dire che
i problemi dell’insegnamento andavano in quadrati nella situazione socio-culturale e politico-
economica dell’Italia.
Le discipline, affinche si conseguisse lo scopo che la scuola fosse strumento di redenzione
morale e civile, venivano presentate in funzione dei valori educativi che devono trasfondere:
lingua italiana e amor patrio, aritmentica e ordine, storia e nazionalismo.
L’inocontro con la pedagogia permette però alla scuola di aprirsi anche alle classi subalterne e
non più soltanto a quelle abbienti.
Giuseppe Ricchieri, vissuto a cavallo fra Ottocento e Novecento, è un geografo fuori dal coro,
che si manifesta apertamente contrario al nazionalismo e all’autoritarismo, che vanno
assumendo sempre maggiore rilevanza anche nella politica scolastica
Nuove impostazioni didattiche vengono però imposte dalla nuova riforma dell’istruzione, del
1923 voluta da Giovanni Gentile, che si oppone alla pedagogia positivista e esalta la
coincidenza fra pedagogia e filosofia, e il suo idealismo ha l’effetto di squilibrare le discipline
all’interno della scuola.
La geografia viene così posta o fra le materie umanistiche, in posizione marginale, o fra le
materie tecnico-scientifiche.
Ma la maggiore influenza del fascismo nella scuola si manifesta con le aspirazioni
nazionalistiche e imperialistiche, riconducibili alla memoria dell’Antica Roma. Nel 1928 nasce il
testo unico di stato, ispirato agli ideali di partito, quali nazionalismo, razzismo, guerra ed
espansione coloniale a cui la geografai si adegua nella ricerca e nella didattica.
Importante in questo periodo la posizione del pedagogista Giuseppe Lombardo-Radice, che
assume l’incarico di direzione della scuola elementare per incarico dello stesso Gentile, e
sostiene che la geografia non abbia un suo precipuo oggetto di studio,ma che essa sia un
capitolo di fisica, di scienze biologiche, di storia dell’uomo per cui staccarla dalle altre
discipline significa distruggerla.
La scuola dovrebbe essere capace di educare gli alunni a vivere in una società che muta con
ritmi sempre più accelerati.
Salvatore Settis, parla di un tema di grande attualità: nella scuola italiana non si parla quasi
mai di paesaggio, e non si considera che il paesaggio è quello entro cui noi viviamo e che
vediamo dalla finestra deturpato e offeso e la mancanza di quest’attenzione ad esso riposta
non sarà forse la prima causa del suo degrado? Certamente l’educazione al paesaggio ha nella
geografia la sua occasione più propizia di sviluppo.
DAL PROGRAMMA ALLE INDICAZIONI NAZIONALI
Il programma scolastico fa parte dei compiti istituzionali ministeriali e serve a fornire le linne
unitarie per la struttura e l’organizzazione scolastica.
I programmi scolastici devono continuamente trsaformarsi per motivi epistemologici, interni a
ciascuna disciplina , e per i mutamenti socio-culturali e tale rinnovamento consente di
trasmettere nell’insegnamento le nuove acquisizioni della ricerca, e di rispondere alle nuove
acquisizioni della società.
I programmi della scuola elementare del 1985, hannop superato l’impostazione su
un’enumerazione degli argomenti, per seguire un itinerario di progettazione dell’attività
educativo-didattica. Il programma di ogni disciplina inoltre deve essere aperto verso le altre
materie.
Gli scopi dell’educazione geografica sono sempre in funzione della società e la varietà dei
quadri socio-economici e politici sono alla base dei diversi obiettivi didattici perseguiti dalla
disciplina.
Una delle strade percorribili è quella della progettazione didattica modulare, che può risultare
efficace per affrontare problemi complessi la cui soluzione richieda la convergenza di più
discipline.

IL RUOLO DELLE ASSOCIAZIONI


LE ASSOCIAZIONI DISCIPLINARI DELLA SCUOLA
Ogni area disciplinare scolastica ha una o più associazioni di insegnanti che la rappresenta e
queste associazioni sono un importante luogo di incontro e inoltre testimoniano lo sforzo
comune che i docenti fanno insieme a quella parte del mondo universitario, che è consapevole
dell’importanza della ricerca didattica.
Nel 1997 si è costituito il Forum delle associazioni disciplinari della scuola.

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I rappresentanti delle associazioni si incontrano in seminari nazionali in cui si confrontano e
elaborano documenti comuni, progettano iniziative pubbliche e decidono proposte da
presentare ai gestori della politica scolastica e ad altre realtà associative della scuola.
UN’ASSOCIAZIONE D’INSEGNANTI DI GEOGRAFIA
Nel 1954 a Padova durante il Congresso geografico italiano, Elio Migliorini rivolge ai
congressisiti la proposta di creare un’associazione di insegnanti di geografia. Molti docenti
prendono parte al dibattito incentrato sui criteri per conseguire un incontro produttivo fra due
mondi, scuola e universtià, non sempre così facile.
Viene allora fondata l’ AIIG per avere rapporti più stretti tra docenti di geografia di ogni scuola
e un riavvicinamento alla ricerca universitaria. Infatti essa viene fondata al fine di diffondere la
consocenza dei principi didattici dell’insegnamento della geografia, di favorire e coordinare
iniziative e realizzazioni didattiche, contribuendo ad una più stretta colalborazione tra tutti gli
insegnanti, promuovendo convegni, riunioni, corsi di aggiornamento, escursioni e altre attività
culturali, di mantenere rapporti con le associazioni consorelle estere.
Dalla sua fondazione la AIIG è sempre stata determinata nel rispetto puntuale del primo
impegno, ovvero quello di stabilire un rapporto fecondo fra scuola e università, tra didattica e
ricerca, in modo da coinvolgere la ricerca universitaria nell’aggiornamento e nella semore
maggiore qualificazione della didattica della Geografia nelle scuole di ogni origine e grado.
Vedi pag. 25 per i nuovi obiettivi dell’AIIG.
L’AIIG promuove convegni nazionali annuali, ospitati sempre in regioni diverse in cui i docenti
possono confrontarsi su molti argomenti. Questi convegni promuovono il perfezionamento,
l’aggiornamento scientifico e didattico degli insegnanti e si fa compiuta l’espressione fra
università e scuola, tra ricerca e didattica. Inoltre l’AIIG da qualche anno coinvolge il più
possibile la componente giocanile; sono infatti giunti al sesto convegno nazionale
dell’AiiGiovani e dal 2010 un esponente dei giovani deve far parte del Consiglio Centrale.
Dal 2003 esiste il sito ufficiale dell’AIIG, una sorta di “bacheca digitale”, anno in cui è anche
stata inclusa, da parte del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nell’elenco
definitivo degli enti qualificati per la formazione del personale della scuola.
La sua struttura capillare consente a questa associazione di coprire tutto il territorio nazionale
ed è molto vasto l’elenco delle persone che possono farne parte.
LE SOCIETA’ GEOGRAFICHE
Nella seconda metà dell’Ottocento è stata istituita in Italia, su modello di quelle già sorte in
altri stati europei, la Società Geografica, il cui obiettivo iniziale era quello di promuovere la
cultura e le consocenze geografiche, con un impegno particolare nell’attività di esplorazione
delle terre di recente scoperta.
Oggi l’attività di questa società si conscentra sulla rpomozione della ricerca scientifica e sulla
divulgazione.
Nel 1895 invece nasce la Società degli studi geografici, un ente culturale, con sede a Firenze,
riconosciuto dal Ministero della pubblica Istruzione.
Risale invece al 1978 l’Associazione dei Geografi italiani, a cui afferiscono gli studiosi di
discipline geografiche.
Importanti attività a favore della geografia sono svolte dal Centro Italiano per gli studi Storico-
Geografici e l’Associazione Italiana di Cartografia, sorta per lo sviluppo tecnico e scientifico in
tutti i campi della geografia.

TEMI, METODI E STRUMENTI


APPUNTI NELLA STORIA DELL’EDUCAZIONE GEOGRAFICA – CAPITOLO II

SCENARI PASSATI
Per un insegnante di geografia può essere molto importante dare uno sguardo al progresso e
alla trasformazione che le idee geografiche hanno subito; tale sguardo non può prescindere nè
dalle grandi tappe che hanno segnato la storia e la cultura dei popoli, nè dai progressi della
tecnica e della scienza, nè dall’evoluzione della pedagogia e della psicologia, perchè
dall’inisieme di tutti questi fattori sono derivate le trasformazioni della geografia e del suo
insegnamento.
In altra occasione si è invece cercato di ricostruire una storia dell’eucazione geografica,
analizzando l’evoluzione nei vari settori e soprattutto seguendo un percorso cronologico dal
mondo calssico a oggi.
Tale percorso intende riflettere solo su alcuni aspetti, per osservare come questa disciplina
cerchi sia di comprendere l’uomo nel suo confrontarsi con la natura, sia di raccontare e

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rappresentare il mondo, anche nella considerazione che ogni spazio sulla Terra richiama storie
e narrazioni, attraverso cui gli uomini s’incontrano, conversano e in qualche modo creano
paesaggi.

MITI E LEGGENDE PER SPIEGARE IL MONDO


I MITI DELL’ANTICHITA’
Il legame con il mito, prima scienza e metafisica dell’umanità, nasce dall’esigenza dell’uomo di
osservare ciò che lo circonda per sopravvivere in un mondo difficile , spesso ostile e
antagonista, con spazi problematici e pericolosi.
Il mito inoltre contiene e trasmette le idee, gli schemi e le tradizioni, che costituiscono la
cultura essenziale di un popolo privo di scrittura e in questo modo segnala e propone un
modello di comportamento, comunicando un compiuto sistema di valori.
Tutto ciò si mantiene nel paesaggio, in cui è scritta e conservata tutta la storia, compresi i suoi
miti.
Soltanto con la comparsa della scrittura, i miti possono iniziare a far parte di opere letterarie.
Secondo Eratostene, la storia della geografia inizia da Omero, considerato come il grande
educatore dell’umanità e l’Odissea come una sorta di “Enciclopedia tribale”.
La narrazione del mito si svolge in una dimensione temporale che va al di là e al di fuori della
scansione cronologica e ciò consente di agganciare il protoconcetto di spazio e quello di
tempo.
Le discordaniti interpretazioni dei personaggi (mitico-letterari da una parte e reali e vissuti
dall’altra), e i differenti modi di spiegare i fenomeni (irrazionali e sacrali da una parte, scientifici
dall’altra) possono essere un utile base per un lavoro didattico su mito e geografia.
I miti che maggiormente portano forti implicazioni formative nell’ambito del sapere geografico,
sono quelli che rispecchiano la cosmologia, in cui la natura viene spesso divinizzata, utilizzati
per spiegare la posizione della Terra nell’universo, la distanza tra gli astri e la Terra, il corso
regolare del Sole...
L’uomo, obbligato a condurre la sua vita in relazione con quella della natura, deve imparare a
conoscere i suoi segnali.
Tuttavia anche i miti riguardanti le condizioni economiche di una popolazione possono
soddisfare interessi geografici, come i miti dell’origine della caccia, della pesca, ecc.
NUOVI MITI
A partire dall’ottocento sono nate nuove forme di mito, come quello di Nazione o di razza, i cui
effetti sono stati talmente tragici da portare all’atrocità del nazzismo, ispirato da un’dea
secondo la quale solo la razza ariana, sarebbe stata l’unica in grado di tramandare la civiltà e
di guidare i popoli.
Le implicazioni geografiche nell’affermazione di questi pregiudizi sono state molto forti, come
nel caso del Lebensraum (spazio vitale), usato dai nazzisti tedeschi per giustificare
l’annessione di nuovi spazi.
Il rischio che questi “miti” possano sorgere nuovamente, è sempre incombente.
Didatticamente parlando è fondamentale come vengono insegnate queste cose agli alunni.
la letteratura geografica scolastica ha dato numerosi esempi, allineandosi del tutto alle
concezioni ideologiche e politiche pravalenti e contribuendo così a creare l’identità del bianco
superiore.
Le argomentazioni sulla razza privilegiata avevvano conseguenze geopolitiche evidenti, che si
traducevano nella necessità di espandersi e di colonizzare.
Questi pregiudizi, tuttavia, erano già riscontrabili in testi antecedenti all’ideologia fascista,
come dimostrano testi geografici di fine Ottocento.
M ain questi stessi anni il geografo russo Kropotkin pronunciava parole di significato molto
diverso, ricordando che la geografia deve insegnarci la fratellanza a prescindere dalla
nazionalità e a dissipare i pregiudizi indotti da chi persegue i propri egoistici interessi personali
e di classe.
Anche altre testimonianze dimostrano di persone che andando a contatto con coloro che erano
ritenuti di “razza inferiore”, hanno del tutto smentito questi pregiudizi.
Il mito della razza e della nazione, insegnati in geografia, danno un’impostazione finalizzata a
conoscere il mondo, non per comprenderlo ma per dominarlo.
Infatti in tutti i testi dell’epoca la funzione colonizzatrice viene non soltanto giustificata, ma
nobilitata da ragioni superiori, impreniate sul concetto di civilizzazione.

PERCORSI GEOGRAFICI PER DISEGNARE LA TERRA

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La carta geografica è la prima espressione grafica dell’intelligenza spaziale, molto usata anche
nell’antichità.
E’ uno strumento essenziale che deve però essere ben compreso, e per questo necessita di un
efficace insegnamento.
Le dimensioni e la forma della Terra costituiscono due oggetti di studio essenziali per la
trasmissione del sapere geografico ancìtico, che in gran parte va a coincidere con quello
cartografico, come suggerisce il termine stesso “geografia: disegno della Terra”.
E se nella pratica didattica, nel mondo greco-romano, non esisteva la materia geografia, vi era
però già la cartografia che entra nella formazione dei giovani, come testimoniato da Aristofane,
in “ Le Nuvole”.
Carte geografiche a varia scala sono considerate strumenti scientifici della geometria, intesa
come misura della Terra; sotto tale disciplina vengono annesse anche cartografia e nozioni di
geografia.
Ciò si protrae anche nel’epoca medievale, anche se in questo periodo i più grandi progressi
cartografici vengono dal mondo arabo.
In ambito cartografico, le grandi scoperte geografiche costringono gli studiosi del Rinascimento
ad affrontare nuovi problemi, e a cercare soluzioni soddisfacenti, soprattutto per le
esplorazioni.
Ritrova popolarità , dal XV secolo, anche l’opera geografica di Tolomeo, soprattutto usata per la
navigazione.
Anche in questo periodo, la carta geografica viene nuovamente a coincidere ancora e a
confondersi con la geografia e il suo insegnamento.
Alcuni secoli dopo, l’ Emilio o dell’Educazione, di Rousseau offre spunti di riflessione molo utili
per l’insegnamento, in particolare nel capitolo “lezione attiva di geografia”, che si chiude
proprio con un cenno alla carta geografica e al suo apprendimento.
Rousseau quasi deride la geografia libresca, nozionistica, tutta da memorizzare, rispetto ad
una pratica, attiva, impegnata non solo su un sapere ma su un saper fare.
Merita citazione, per quanto riguarda i tempi moderni, non per l’importanza scientifica in sè ma
per il rilievo mediatico assunto, la carta del tedesco Arno Peters.
Egli riteneva che la cartografia comunemente considerata fosse sbagliata, perchè basata sulla
concezione “Europa, centro del Mondo”, e quindi riteneva che l’immagine eurocentrica della
Terra, dovesse cedere il posto ad un’immagine scientifica obiettiva.
In verità tale carta appare inaccettabile sia sul piano scientifico che sul piano didattico.

DESCRIZIONI E NARRAZIONI
NARRAZIONI TRA REALTA’ E FANTASIA
La geografia non riesce a suscitare la tensione emotiva che la storia può offrire; pertanto
Dematteis sostiene che l’unica letteratura geografica ceh si faccia leggere volentieri è la storia
dei viaggi e delle scoperte.
Fasano sostiene infatti che viaggiatore e scrittore nascono insieme, se è vero che la scrittura è
nata in origine per rendere possibile la comunicazione a distanza nello spazio e nel tempo.
Il viaggio vive di una geografia reale, che si traduce in racconti a sfondo geografico, come già
succedeva nel mito, che univa fenomeni irreali a fenomeni naturali o derivati dal rapporto
uomo-natura.
In un certo senso si tratta di una geografia immaginaria, sia quando si fantastica su territori
lontani, sia quando si sovrappone una propria immagine personale a quanto visto.
NARRAZIONI ANTICHE
Prima della scrittura, per trasmettere le consocenze da una generazione all’altra, veniva usata
la poesia, con formule verbali, ritmiche e ripetitive più facilemente memorizzabili.
Nella Grecia arcaica, lo scopo della poesia è per lo più pedagogico. Infatti il poeta è prima di
tutto un educatore.
Anche il sapere geografico si avvale dell’espediente poetico (es. I peripli, relazioni e descrizioni
di circumnavigazioni).
La funzione utilitaristica della geografia ben si accorda con lo spirito pratico di Roma, nelle cui
scuole di grammatica la geografia rientra, a somiglianza dell’educazione greca, nello studio
della geometria.
Un’ opera che svolge vere e proprie funzioni di un libro di testo è il De corographia di Pomponio
Mela, con vasta diffusione nell’insegnamento per tutto il Medioevo e fino al XVI secolo.
Quest’opera è divisa in tre parti: Europa, Asia, Africa.

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Nel mondo classico la geografia è quindi ritenuta utile, consentendo di comprendere luoghi e
regioni, di localizzare lo sviluppo di situazioni storiche e di commentare con maggiori cognizioni
il brano poetico.
Varrone, poeta latino, nei suoi nove libri “Disciplinarum”, rappresenta il modello culturale
dell’enciclopedismo, secondo cui ciascun libro affronta una delle arti liberali.
Le sette arti, grammatica, dialettica, retorica, geometria, aritmetica, astronomia, musica, nel
Medioevo saranno considerate le arti liberali.
Marziano Capella scrive un’opera di particolare influenza didattica nel passaggio tra il mondo
classico e quello medievale, De nuptiis Mercurii et Philologiae che costituisce il testo scolastico
più comune, anche nei secoli successivi, per l’insieme dei valori classici con quelli medievali.
Gli elenchi e le descrizioni di luoghi, rappresentativi del sapere geografico del tempo, sono utili
in funzione delle possibilità che forniscono per capire meglio lo svolgimento dei fatti e
situazioni enunciate nella Bibbia.
L’IMPORTANZA DIDATTICA DEL VIAGGIO
L’opera di Apollodoro trova degli imitatori anche nel Medioevo, come il Dittamondo di Fazio
degli Uberti, un trattato di geografia che si sviluppa attraverso un fantasioso viaggio, compiuto
per esortazione della Virtù in Europa, Africa e Asia.
I viaggi reali, assumono però forte impulso in seguito alle grandi scoperte geografiche, che
permettono viaggi anche in terre molto più lontane.
A poco a poco il viaggio diventa un’opportunità didattica, come sostiene Montaigne un
insegnamento della geografia, impreniato sull’osservazione diretta, con un collegamento tra
geografia e storia.
Umanesimo, Rinascimento e secoli successivi, attribuiscono allo studio della geografia e ai
viaggi un grande rilievo nella formazione della classe dirigente europea.
In relazione a ciò sono importanti le riflessioni di Comenio, considerato il padre della pedagogia
moderna, nella sua Pampaedia e il pensiero del filosofo viaggiatore John Locke che trova la
geografia proficua per lo sviluppo dello spirito di osservazione e dilettevole, per le passeggiate
scientifiche, le gite, i viaggi necessari per avere diretta consocenza delle cose.
IL GENIO DELL’INCONTRO
Antonio Tabucchi esprime bene la sensibilità naturale, derivante dal rapporto tra fascinazione-
scoperta letteraria e realtà-scoperta scientifica, che potrebbe trovare nella scuola approcci di
sicuro interesse.
Anche Kant sosteneva che il viaggiatore non possa in alcun modo essere privo di cognizioni
geografiche e che la geografia insegni al viaggiatore a quali oggetti dirigere l’attenzione, e gli
disegna il piano, secondo il quale deve fare le sue osservazioni.
Gli atti legati alla mobilità e al viaggio fanno parte della geografia e chi si muove nello spazio,
è coinvolto da esso con tutti i suoi sensi (es. Paesaggio olfattivo).
Ma la letteratura può celebrare tutti i sensi come l’udito, che produce l’immersione nei
paesaggi sonori o nel silenzio.
Ed è in questa direzione che le descrizioni dei geografi si possono avvalere con profitto delle
narrazioni degli scrittori, che riescono a comprendere con la loro sensibiltà poetica il genio
dell’incontro.
ALLA SCOPERTA DEL MONDO
Ampliare lo spazio conosciuto è da sempre una grande aspirazione dell’uomo.
Il viaggio ha nell’osservazione diretta il presupposto e nell’eventuale descrizione e narrazione
un esito di divulgazione e conoscenza. Per questo viaggio ed esplorazione hanno forti
similitudini, come esemplifica il Milione di Marco Polo.
Il viaggiatore veneziano oltre a riportare ciò che ha conosciuto direttamente e visitato (di
veduta), riporta anche ciò che ha appreso (per udita).
Il Milione è inoltre anche tra i libri favoriti di Colombo e i viaggi oceanici del XV secolo di
spagnoli e portoghesi sono stati in qualche modo la risposta alla diffusione della conoscenza
dell’Estremo Oriente dovuta al Milione e agli scritti di altri viaggiatori.
Le grandi scoperte geografiche imprimono una svolta decisiva nella conoscenza e nella
conquista del Mondo.
Si aprono così nuovi scenari anche in ambito didattico, attraverso la lettura di scritti di viaggi e
di esplorazioni, legati alla scoperta dell’altro da sè e dell’altrove, come desiderio di scoprire
nuovi popoli e nuove terre.
Si aprono così nuovi problemi inerenti alla forma della Terrra, alla distribuzione dei mari e delle
terre emerse, i confini dell’ecumene...

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L’enità delle nuove conoscenze è talmente cospicua e variegata da obbligare gli studiosi non
soltanto ad un’azione di verifica delle tradizionali catalogazioni geografiche, ma anche all’avvio
di nuove sistemazioni della materia.

INTERPRETANDO LA NATURA
Nel mondo classico scienze della natura, fisiche e matematiche sono parte costitutiva della
filosofia, avviata con Talete di Mileto. Il primo passo verso la storia della scienza è costituito
dalla de-mitizzazione e dalla de-antropomorfizzazione delle imamgini del mondo. Un esempio
di ciò sono le pagine di Seneca del De terrae motu, che passano in rassegna le complesse
ipotesi naturali e non divine del terremoto.
Pur se le considerazioni di Seneca si basano più su una logica astratta che su dati esperenziali,
traspare comunque nei suoi scritti un vivido amore per la scienza.
Un’opera in cui mito, poesia e scienza convivono è “Fenomeni” di Arato di Soli, che si articola
in quattro parti: proemio, descrizione della carta del cielo, il calendario, i segni del buono e del
cattivo tempo.
Nonostante Arato si ispirasse a un matematico, geografo e astronomo e alle sue teorie, le
divagazioni mitologiche erano molto frequenti e quindi non c’è da stupirsi che l’apprendimento
dell’astronomia si fondasse, più che su un vero e proprio manuale di carattere matematico,
sulla poesia.
Tale opera venne a lungo usata fino al Rinascimento come manuale scolastico.
Nel Medioevo il sentimento della natura è soprattutto di ammirazione, in quanto essa
rispecchia la perfezione di Dio.
La natura non è più considerata realtà inferiore e trascurabile di fronte al mondo intelligibile e
a Dio, ma come una parte o una manifestazione della vita divina, e in quanto tale meritevole
d’interesse e di studio.
La natura nel Rinascimento, viene riprodotta attraverso l’arte pittorica e poeticamente
descritta, con larga influenza anche a livell oeducativo.
Successivamente nell’ azione di ricerca in cui è essenziale la sperimentazione, il libro della
natura, si sostituisce al libro della scuola, almeno a livello di principio generale.
Si afferma poi il metodo sperimentale nella ricerca e con esso il raggiungimento di nuovi
straordinari traguardi, favoriti dall’invenzione di strumenti come il telescopio,il microscopio,
termometro e barometro e nuove teconologie nella realizzazione degli orologi.
La matematica e i calcoli rappresentano così le verità evidenti e chiare mentre il mondo
visibile, come percepito coi cinque sensi, “sogno e inganno”.
Al metodo da un enorme contributo Cartesio, sulal cui logica per secoli si fonda il pensiero
scientifico e a poco a poco si costruisce l’edificio geografico.
L’Illuminismo promuove uno spirito critico, e aspira a ricostruire una società su prinicipi
razionali, in nome soprattutto si un ideale educativo scientista.
La ragione, diventa organo di verità e progresso, “lume”, che rischiara le tenebre
dell’ignoranza, allo scopo di migliorare in maniera tangibile il modo di vivere. E ne consegue
una lotta contro il pregiudizio, il mito e la superstizione.
In campo pedagogico, è da ricordare Rousseau, che per la sua ispirazione preromantica,
evidenzia nella sua opera il valore educativo dell’ambiente, come una natura non più sistema
di leggi matematiche, ma una natura saggia che guida le creature secondo la sua legge.
La trasformazione del concetto di paesaggio da fenomeno estetico a oggetto di ricerca
scienfica avviene con Alexander von Humboldt, verso una comprensione scientifica del mondo,
che non abbandona comunque l’incanto della visione pittoresca e il fascino per il sublime.

LINGUAGGI E STRUMENTI, VECCHI E NUOVI, PER ILLUSTRARE E RAPPRESENTARE


La carta geografica è espressione di un più ampio linguaggio, quello della geograficità, che ha
come finalità quella di insegnare, illustrare, rappresentare lo spazio, il territorio, il paesaggio.
Per questo a Comenio si deve un merito generale, fondamentale per l’insegnamento della
geografia, l’associazione tra parola e imamgine.
Nel suo Orbis sensualium pictus, un manuale di figure ordinato secondo un criterio logico in
paragrafi, che rappresentano “tutte le cose fondamentali del mondo e delle azioni umane”,
ogni figura ha un titolo.
Vi sono poi le descrizioni delle singole parti delle figure.
Da questo momento in poi le foto o le illustrazioni si integreranno con la parte scritta, che oltre
al momento esplicativo, hanno la grande capacità di stimolare l’immaginazione, nonchè di
rinforzare il testo, amplificandone i dettagli.

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Nei libri di testo, per questo, le fotografie non devono svolgere la funzione di semplice
supporto e per questo non deve stupire se spesso, sono molte.
Il progresso tecnico per la produzione di immagini ha fatto passi straordinari, con
un’innovazione fortissima, come la fotografia.
Gli attuali procedimenti addirittura consentono di ottenere immagini mediante macchine
digitali e di memorizzarle. Le potenzilità didattiche sono enormi, anche grazie alla possibilità di
modificare le immagini, con semplici software.
Anche le foto vecchie che riportano al passato sono però di grande utilità.
Con l’accostamento di diversi tipi di paesaggi si viaggia velocemente nello spazio e nel tempo.
Ma riflessioni didattiche simili si possono operare anche attraverso film o documentari che
raffigurano un determinato ambiente, naturale e sociale, sia come narrazioni che nel loro
sviluppo pongono attenzione al rapporto fra l’ambiente e l’uomo.
A fianco di fotografie e film è però necessario un adeguato dibattito epistemologico, per
riflettere sui temi trattati.
Tanti strumenti sono utili alla geo-graficità e per questo proiettori di diapositive e di filmati,
lavagne luminose ed episcopi hanno fatto la loro comparsa nelel aule scolastiche, pur non
essendo sempre sfruttate al meglio.
L’insegnamento della geografia può inoltre avvantaggiarsi in maniera notevole del
telerilevamento e della cartografia computerizzata e l’ideale per una didattica significativa è
quello di trasformare l’aula stessa in una finestra, dalla quale gli alunni si possono affacciare
sul mondo.
Una risposta a tale obiettivo può essere la LIM, la lavagna interattiva multimediale, che
presenta una serie di vantaggi. (vedi pag. 47)

GEOGRAFIA A SCUOLA, METODI, TECNICHE, STRATEGIE – CAPITOLO III

DALLE IDEE INERTI ALLE CONOSCENZE SIGNIFICATIVE


PRESUPPOSTI ESSENZIALI
Ai primi del Novecento si parlava di “idee inerti” per definire quelle conoscenze che gli studenti
sono capaci di acquisire e di esporre, ma che non sanno applicare in contesti diversi da quello
scolastico.
La scuola di oggi non è più deputata alla semplice trasmissione di conoscenze, ma si impegna
a farle acquisire autonomamente dagli studenti, in modo che possano assumere significatività
perchè essi sono in grado di applicarle anche in contesti di vita reale, esterni alla scuola.
Per far si che ci sia il passaggio da idea inerte a conoscenza significativa, in ogni campo del
sapere e tanto più in quello geografico, occorono dei presupposti fondamentali.
-coinvolgimento affettivo- emotivo: suscitare intelligente curiosità e interesse e l’entusiasmo
per la consocenza. Il docente deve sapere affrontare insieme all’alunno le cause di eventuali
insuccessi, e sostenerlo per l’acquisizione delle più efficaci strategie e tecniche per
approcciarsi alla geografia.
- aggancio alla propria matrice cognitiva: la formazione deve sempre far leva sul bagaglio
esperienziale dell’alunno, seppur molto piccolo, al fine di coinvolgerlo nell’attività e per
effettuare verifiche iniziali degli apprendimenti consolidati, su cui andranno a innestarsi
efficacemente i nuovi.
- partecipazione alla costruzione della conoscenza: per ottenere conoscenze significative e non
inerti è necessario che il soggetto partecipi al processo di ricerca e scoperta. Si esclude la
memorizzazione meccanica, a favore di uno sforzo autonomo di indagine e di azione. Avviene
inizialmente attraverso una negoziazione docenti-allievi degli obiettivi da raggiungere e degli
itinerari metodologici da percorrere. Questo modo di apprendere pone al riparo da rischi di
ricezione passiva, di disinteresse e di conseguente insuccesso o dispersione.
L’APPRENDIMENTO SIGNIFICATIVO IN GEOGRAFIA
E’ autentico l’apprendimento non relativo solo al caso di studio nel contesto istituzionale della
scuola, ma valido e spendibile nei diversi contesti esperienziali di vita (es. Imparare a leggere
la carta della propria città deve permettere all’allievo di essere in grado di codificare
qualunque altra carta geografica).
Un apprendimento significativo e competenze autentiche in geografia possono contribuire a
migliorare la situazione di un pianeta messo fortemente a rischio, attraverso comportamenti di
salvaguardia e valorizzazione del patrimonio naturale e culturale. Per tutto questo la presenza
di una solida e significativa formazione culturale è indispensabile.
C’è ancora molto da fare però prima che questo tipo di formazione ottenga gli effetti sperati.

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NUOVI APPROCCI ALLO STUDIO DELLA GEOGRAFIA
LA PROSPETTIVA COSTRUTTIVISTA
Tra le principali teorie dell’apprendimento, dagli anni Novanta, quella che riscuote maggiore
attenzione è il costruttivismo, che più che di acquisizione parla di “costruzione” attiva e
autonoma delle conoscenze.
Il soggetto che apprende assume una posizione centrale e l’apprendimento avviene per
interpretazione personale dei fatti, fenomeni e valori, che vanno a iscriversi nella pregressa
mappa cognitiva, arricchendola continuamente.
In questo processo giocano un ruolo fondamentale le nuove tecnologie, che concedono
maggiore autonomia a chi apprende mentre il docente ha la funzione di accompagnatore e
facilitatore, oltre a curare l’ambiente in cui questo avviene.
Il socio costruttivismo pone l’accento sulla co- costruzione delle conoscenze, che divinene un
processo di condivisione dell’apprendimento in un contesto sociale.
La relazione con i compagni assume una connotazione basilare anche nella scoperta del
mondo e delle relazioni degli uomini con il territorio, e conduce al rispetto e alla valorizzazione
dei diversi punti di vista da cui osservare la realtà: gli apprendimenti nascono quindi dal
confronto con le opinioni altrui e da questo ricevono una prima validazione.
Il modello socio-costruttivo riflette più di ogni altro l’agire territoriale e si presta ad affrontare la
comprensione delle diverse configurazioni di un territorio inteso come costruzione sociale, sia
autocentrata che eterocentrata.
L’APPROCCIO PROBLEMATICO
La coscienza di sapere di non sapere è la molal che fa scattare la curiosità e l’interesse e che
mette in moto strategie conoscitive secondo i diversi stili di apprendimento, alla ricerca di
risposte e domande di senso.
Il processo di Problem-based learnin, ovvero l’apprendere sulla base di un problema, rientra
perfettamente nella concezione costruttivista e sviluppa la capacità di dominare l’emotività,
che si manifesta quando non si riesce a trovare subito uan soluzione adeguata e si deve
attivare a tal fine la strategia più idonea.
Rappresenta il contrario del metodo basato sui contenuti.
Un tale approccio esige:
• un’attenta definizione del problema
• la riflessione sulle conoscenze già possedute e che possono essere utili a ipotizzare
una o più soluzioni
• la consapevolezza della necessità di integrare le conoscenze con altre, ricercate allo
scopo
• capacità di ipotizzare soluzioni e di selezionare le più idonee
• capacità di argomentare la propria ipotesi mediante adeguata argomentazione.
Il docente agisce da facilitatore attraverso le domande-stimolo.
Questo tipo di approccio richiede la capacità di collaborare, di ricercare e di scambiare
informazioni, di svilupapre strategie di risoluzione.
L’APPROCCIO COOPERATIVO
E’ un processo pedagogico applicabile con successo alla geografia, come a altre discipline,
basato sul principio dell’interazione fra pari, che aiuta i singoli soggetti sia dal punto di vista
cognitivo che sociale.
Tale modello è particolarmente utile in classi molto eterogenee o in presenza di alunni
diversamente abili, da coinvolgere.
Una delle caratteristiche è l’iterazione promozionale “faccia a faccia”: l’aiuto reciproco che
migliora le prestazioni individuali e di gruppo.
Il docente diventa regista, dell’organizzatore di un ambiente idoneo e di facilitatore.
Ciò che il gruppo condivide è l’obiettivo e ciascun allievo deve capire che ogni sforzo che è
chiamato a compiere è una possibilità di ottenere il massimo risultato e questo è alleviato dal
traino di un gruppo che lo sostiene.
Compiti del docente e dello studente vedi pag. 54
Secondo Mario Comoglio ciò che differenzia il Cooperative learning dal tradizionale lavoro di
gruppo è la fase di processing, cioè il momento in cui si fa la revisione del lavoro svolto e la
riflessione sull’efficacia delle azioni che ciscun componente ha messo in campo per
raggiungere l’obiettivo del gruppo.

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E’ una fase molto delicata. La valutazione deve essere autentica, basata sulle prestazioni e
sulle competenze acquisite.

PROCESSI DI ACQUISIZIONE DI COMPETENZE GEOGRAFICHE


IL CONCETTO DI COMPETENZA
Il concetto di competenza compare nel sistema scolastico italiano sul finire del Novecento,
quando l’esame di stato conclusivo della scuola secondaria superiore inizia a dever accertare
le competenze, in quanto possesso di abilità, anche di carattere applicativo, e le capacità
elaborative, logiche e critiche acquisite.
Nel 2006 tale concetto viene ribadito definendo la competenza come una combinazione di
conoscenze e abilità, favorendo in ogni studente lo sviluppo della capacità di progettare
strategie di volta in volta idonee ad affrontare situazioni problematiche al di fuori dei casi di
studio presentati a scuola.
La Raccomandazione europea indica alcune competenze chiave, ritenute indispensabili:
comunicare nella madrelingua, comunicare nelle lingue straniere, competenza matematica e
competenze di base in scienze e tecnologia, competenza digitale, imparare a imparare,
competenze sociali e civiche, spirito di iniziativa e imprenditorialità, consapevolezza ed
espressione culturale.
COMPETENZE CHIAVE: UNA POSSIBILE DECLINAZIONE GEOGRAFICA
Nella formazione delle competenze chiave, il ruolo della geografia è determinante, in quanto
permette ai giovani di mettere a frutto abilità di tipo spaziale, geocartografico, cominciando
con il progettare e realizzare soluzioni nel proprio spazio di vita. Vedi pag. 55-56
LA MEDTODOLOGIA DELLA RICERCA- AZIONE
La metodologia che sta dando ottimi frutti nella didattica della geografia è la ricerca- azione,
nata negli anni Quaranta nella psicologia sociale. Consente di superare il rischio di
autereferenzialità della ricerca, valutandone gli effetti concreti.
Coinvolge docenti e allievi e si divide in tre fasi: cognitiva, operativa e metacognitiva.
(Come avviene la ricerca azione, vedi appunti precedenti del cooperative learning).
PER UN CURRICOLO VERTICALE DI GEOGRAFIA
I processi di riforma degli ordinamenti scolastici hanno introdotto ufficialmente nella scuola il
curricolo, quel complesso di percorsi di formazione e apprendimento che ogni singola
istituzione scolastica organizza per i propri allievi, orientandolo al raggiungiemento di traguardi
formativi e competenze adeguate agli standard del grado di istruzione per il quale viene
formulato.
Per costruire un curricolo verticale di geografia occorre creare un filo conduttore comune ai vari
livelli di formazione e istruzione:
a) orientamento filosofico-pedagogico ispirato a un nuovo umanesimo, ruolo centrale
della persona umana, degli uomini e dei popoli e la logica che deve presiedere è quella
dell’inclusione, compenetrazione delle diversità nel rispetto degli elementi identitari.
b) Globalizzazione intesa come valore, il saper pensare globalmente vuol dire avere
attenzione nelle azioni locali, all’interesse di tutti e del pianeta e serve che i giovani
interiorizzino questi valori di rispetto dell’altro, della comunità e dell’ambiente, di sostegno ai
più deboli.
c) L’esercizio della cittadinanza attiva e il rispetto dei principi costituzionali, che va
attuato alla grandissima scala del luogo di residenza, in modo da poter trasporre le
competenze acquisite in contesti a scala planetaria, praticando una cittadinanza universale.
Ciò deve essere favorito anche dalla consocenza fin dalla scuola primaria della Costituzione
italiana, rapportata all’età.
Le indicazioni nazionali per il curricolo hanno riportato per la geografia i seguenti nuclei
tematici fondanti: per la scuola primaria, orientamento, carte mentali, linguaggio della
geograficità , paesaggio, territorio e regione; per la secondaria di primo grado, carte mentali,
concetti geografici e consocenze, ragionamento spaziale, linguaggio della geograficità,
immaginazione geografica, metodi, tecniche, strumenti propri della geografia.
La disomogeneità dei nuclei tra i due ordini di scuola ha generato non poca difficoltà per i
docenti che si sono cimentati nella costruzione del curricolo verticale, soprattutto negli Istituti
Comprensivi, che comprendono entrambi gli ordini di scuola.
L’ideale è quindi creare due nuclei macro-tematici, che fungano da filo conduttore:
1) nucleo macrotematico fondante delle conoscenze: paesaggio, ambiente, sistema territoriale
partendo da un approccio senso-percettivo nella scuola dell’infanzia, nella scuola primaria, si
arrivano ad indagare gli elementi fisici e antropici del paesaggio vicino, con collegamenti alla

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storia, esaminando i vari paesaggi italiani, analizzando le attività economiche, l’integrazione
multietnica e multiculturale.
Nella scuola secondaria di primo e secondo grado invece si passa ai paesaggi europei e
mondiali, comesistemi fisico-antropici e i grandi temi e problemi.
2) nucleo macrotematico delle abilità: orientamento, carte mentali, linguaggio della
geograficità
Questo nucleo implica lo sviluppo di abilità fondamentali per muoversi consapevolmente nello
spazio conosciuto e in territori non noti. Dall’orientamento sul terreno, sulla carta e della carta
si passa necessariamente all’immagine mentale e all’esercizio del linguaggio peculiare della
geografia, il codice cartografico. L’evoluzione verticale di questo nucleo porterebbe a
conoscere e rappresentare con il disegno gli spazi circostanti, eseguire e tracciare percorsi,
avendo come coordinate indicatori spaziali o punti cardinali, estendere la propria carta mentale
dallo spazio quotidianamente vissuto, al mondo...
LE UNITA’ DI APPRENDIMENTO
Un curricolo basato sulla costruzione di conoscenze significative si articola in una serie di
tappe, le unità di apprendimento, che consiste in una sequenza compiuta di lavoro, ideata e
progettata per rispondere ai bisogni fomativi degli allievi e per rispettare gli stili di
apprendimento di ciascuno, declinata non più dal punto di vista di colui che insegna ma di colui
che apprende.
Unità può anche significare unità del sapere, superamento delle conoscenze frammentate,
dell’enciclopedismo nozionistico, sintesi. E ciascun’unità pur essendo un segmento di un
itinerario di apprendimento, deve avere una sua completezza formativa.
Tutto deve essere progettato in condivisione con gli allievi pertanto preventivamente possono
essere stabiliti soltanto il compito di apprendimento, le competenze che saranno valutate, gli
obiettivi che gli alunni dovranno raggiungere e le strategie didattiche e metodologiche da
mettere in campo.
Gli allievi devono essere coinvolti il più possibile, in modo da essere consapevoli delle attività
da intraprendere, dello scopo e della prestazione richiesta.

METODI E STRUMENTI DELLA GEOGRAFIA: L’OSSERVAZIONE DIRETTA


UN PROTOTIPO: L’ESPLORAZIONE SPONTANEA DEI BAMBINI
Guardando un gruppo di bambini che in età prescolare vengono alsciati un parco, la sequenza
che questi compiono è sempre la stessa.
La prima cosa che fanno è l’ “ escursione”, nel senso di correre fuori, corrono all’impazzata per
liberare le energie. Poi, iniziano a guardarsi intorno e a farsi catturare da ciò che li circonda, a
cui inevitabilmente corrispondono i primi “perchè?” da porre all’adulto accompagnatore.
Iniziano poi la raccolta di frammenti di materiali da portare con sè per ricordo.
E’ questa una primordiale forma di “escursione sul terreno”, effettuata mediante l’osservazione
diretta.
Il primo approccio alla conoscenza di un ambiente e di un paesaggio avviene mediante
l’attivazione di tutti i sistemi percettivo-sensoriali.
I programmi ministeriali hanno così deciso di aprire progressivamente le porte della scuola al
territorio circostante.
L’ESCURSIONE DIDATTICA NEI PROGRAMMI SCOLASTICI
Dalla metà del Novecento ai giorni nostri, l’uscita sul terreno e l’osservazione diretta hanno
guadagnato una progressiva considerazione, rivolta anche ad azioni di salvaguardia e di
valorizzazione dell’ambiente e del paesaggio.
Nei programmi per la scuola media statale, 1979, si introduce una didattica dell’ambiente e del
paesaggio geografico, partendo dalle più immediate esperienze dell’alunno, per costruire
ricerche su temi segnalati.
Questo tipo di ricerca avviene però ancora quasi esclusivamente in aula.
Nel 1985 nei nuovi programmi per la scuola elementare, l’ambiente diviene aula decentrata e
viene attribuita grande importanza alla lezione “itinerante”, con la quale si fa strada
l’approccio problematico, secondo cui queste attività di esplorazione devono essere volte a
risolvere dei problemi.
Un nuovo decisivo passoi n avanti si avrà con i decreti del 2004 e del 2007, tuttora vigenti.
La didattica nell’ambiente si fa didattica per l’ambiente e il paesaggio, in nome delle teorie
pedagogiche, che pongono al centro i processi di apprendimento finalizzati ad un’azione
concreta, che coinvolgono in particolare la geografia.
DA “LEZIONE ITINERANTE” A “ESCURSIONE SUL TERRENO”

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L’osservazione diretta permette all’alunno di avere un riscontro immediato e puntuale tra la
spiegazione del docente e il fatto geografico o il fenomeno che si presenta all’osservazione,
molto più di qunato permesso dai testi scolastici.
La didattica della geografia a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta in Italia era già
all’avanguardia, sottolineando con forza l’importanza e la necessità di un’azione progettuale
dei docenti , in cui inserire l’applicazione delle varie metodologie.
Con il passaggio da scuola dell’insegnamento a scuola dell’apprendimento, la lezione itinerante
è diventata un momento basilare in un processo autonomo di acquisizione di apprendimenti
significativi per ricerca e scoperta da parte degli studenti.
L’escursione sul terreno deve essere la fase centrale di un’unità di apprendimento, perdendo
ogni carattere di episodicità ma integandosi con i percorsi metodologici della geografia.
Tuttavia non vi sono le condizioni favorevoli per fa sì che l’osservazione diretta diventi
un’azione quotidiana.
L’ARTICOLAZIONE OPERATIVA
Fasi in cui si articola l’applicazione del metodo di osservazione diretta:
• fase di allestimento. Definire con gli allievi (che avviano da subito ricerche sul luogo
che si andrà ad osservare, sui fenomeni geografici o emergenze artistico-architettoniche):
a) gli obiettivi
b) la meta, funzionale agli obiettivi
c) l’oggetto di osservazione: cosa osservare
d) i tempi: quando effettuare l’uscita
e) le modalità: come realizzare l’uscita
• fase di realizzazione. Fase di uscita vera e propria sul territorio, in cui è possibile
cogliere le
interazioni uomo-ambiente di quel luogo e applicare tutte le metodologie e le tecniche previste
nella fase precedente. Il docente deve guidare i ragazzi, suggerendo con domande stimolo le
più efficaci piste di ricerca e mantenendo coesi i gruppi.
- fase di rielaborazione. Catalogazione in aula dei materiali raccolti e allestimento di
cartelloni di
Sintesi o di materiali audiovisivi. Fase di meta-apprendimento (consapevolezza degli obiettivi
per cui si sono attivati tali processi in un determinato contesto ambientale, tessuto anche di
interrelazioni sociali.

METODI E STRUMENTI DELLA GEOGRAFIA: L’OSSERVAZIONE INDIRETTA


GLI STRUMENTI DELLA GEO-GRAFICITA’
Quando gli oggetti geografici e i territori, oggetti di studio, non sono facilmente raggiugibili,
occorre rifarsi al metodo dell’osservazione indiretta, con strumenti classici o innovativi:
• carte geografiche a diversa scala o contenuto: è importante che l’alunno sia
accompagnato da un corretto approccio con le carte, fin da primi anni discuola, per evitare il
formarsi di stereotipi o pregiudizi. Difficile risulta però, nei primi anni il passaggio dalla visione
tridimensionale della realtà a quella bidimensionale della carta. Dovrebbe per questo essere
approcciato alla carta in modo da vederla come una sorta di “contenitore” delle sue memorie
spaziali e di informazioni espresse in un codice per lui nuovo.
• Respertori statistici:
d) stretto raccordo interdisciplinare con la matematica: interpretazione dei dati
quantitativi , elaborati in qualsiasi forma
e) operazioni di “smontaggio” di un dato statistico: significato simbolico e la
procedura messa in campo per ottenerlo (es. Concetto di densità come la “fittezza” di bambini
all’interno di uno spazio)
f) lettura critica dei dati statistici: neppure i dati statistici presentano il massimo
della precisione e dell’oggettività, infatti i dati possono essere manipolati al fine di far
emergere o celare la significatività di un determinato fenomeno nella realtà di uno stato;
pertanto devono essere abituati i ragazzi a confrontare fonti diverse di dati.
GLI STRUMENTI ICONICI
Immagini di vario tipo oggi consentono di “avvicinare” paesaggi e territori lontani, e non
facilmente raggiungibili per l’osservazione diretta. I più diffusi strumenti iconici:

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• la fotografia: mezzo di comunicazione non verbale più diffuso in tutto il Mondo dalla
prima metà dell’Ottocento, quando è stata inventata in Francia per la sua capacità di fissare e
ricostruire la memoria colelttiva e individuale, di documentare luoghi delle geografie personali,
di confrontare paesaggi anche molto lontani fra loro, cogliendone analogie e differenze. Essa è
molto accessibile in qualsiasi scuola pur essendo legata al parziale punto di vista da cui si pone
l’operatore. Essa nella didattica della geografia trova applicazione come: documentazione di
paesaggi geografici (anche di confronto fra presente e passato), documentazione per l’analisi
di fenomeni geografici e/o geoforme, strumento di approccio alla consocenza di realtà
territroriali e umane lontane e/o differenti. Oggi oltre alla macchina fotografica, permette di
scattare fotografie anche il telefono cellulare, che permette di inviarle poi in ogni parte del
mondo, e subire ogni sorta di visualizzazione e modifica. Per questo è importante che i ragazzi
si interroghino sull’ obiettività delle foto che osservano. E’ oggi comune l’uso di proiettori
collegati a computer in tutte le aule così da essere visualizzate con l’agevole power point, che
come “prestazione autentica” può essere molto coinvolgente per gli atudenti.
• Le opere d’arte grafico-pittorica: disegni e dipinti d’autore, di ogni epoca. Tali opere
permettono di: affinare la sensibilità estetica, ricavare suggestioni emotive, ricavare
informazioni geografiche in realzione ad assetti del territorio immutati ancora oggi o al
contrario mutati. (confronto frea immagine fotografica di oggi e dipinto del passato)
• Le imamgini da telerilevamento: immagini ricavate dal satellite che costituiscono il
volto reale del pianeta o di alcune sue aree. Esse suscitano enorme interesse nei fanciulli.
Ulteriore passo avanti è l’uso dei Sistemi Informativi Geografici
• La filmografia: filmati a esclusivo uso didattico, spesso estremamente didascalici e
noiosi sono stati soppiantati da CD e DVD, con un contenuto al passo coi tempi, che suscitano
grande interesse negli alunni. Accanto a questi è sempre più gradita la proiezione di film
d’autore, per poter focalizzare particolari tematiche o aspetti trattati a scuola. La geografia
cinematografica permette questi vantaggi: ripercorribilità dello spazio e del tempo e
dell’ubiquità spazio-temporale, di osservare il movimento, i flussi e i comportamenti in una
realtà urbana, l’opportunità di giovarsi della falsa contiguità topografica fra interni ed esterni,
tra il luogo di ambientazione di una scena e quello della scena successiva.
GLI STRUMENTI LINGUISTICO LETTERARI
Testi specifici, riviste di divulgazione, diari di esploratori e resoconti di viaggi, guide turistiche
e rubriche specializzate di quotidiani.
Le opere letterarie sono tuttavia gli strumenti linguistici più coinvolgenti, che pongono in
risalto la vocazione interdisciplinare della geografia. Permettono un approccio consocitivo ai
luoghi d’ambientazione delle vicende narrate, attraverso i metodi dell’osservazione diretta e
dell’osservazione indiretta. Per riscoprire questo negli anni Novanta sono nati i Parchi Letterari,
per iniziativa dello scrittore Stanislao Nievo.
Per parco letterario si intende un’area di interesse, senza confini spaziali o temporali delineati,
che ha ispirato pagine d’autore. L’analisi di un’opera letteraria oltre a permettere di
estrappolare informazioni linguistiche, consente di estrapolare informazioni geografiche sui
luoghi di ambientazione dell’opera e dall’altro di evidenziare le percezioni e le emozioni
dell’autore, che vengono interpretate soggettivamente da ciascun studente. A questo punto
sorge l’interesse di verificare la riconoscibilità di tali paesaggi, attuabile con l’osservazione
diretta o indiretta, che porterà alla consapevolezza di una necessaria tutela dei beni ambientali
e territoriali (dalla lettura di un testo letterario ad un progetto di ricerca- azione di
riqualificazione territoriale).
I GIOCHI
Lo strumento del gioco è stato a lungo sottovalutato in ambito pedagogico, poichè considerato
limitato all’età infantile o nell’ottica ricreativa. In realtà si ignora la sua importanza per un o
sviluppo equilibrato della persona umana e nel contribuire al mantenimento di un giusto
equilibrio psicologico persino nell’età adulta.
Esempi di giochi geografici rappresentativi: il gioco senso motorio (istintive modalità di
approccio alla realtà esterna da parte del bambino, ed esprime bene il raccodo geografia-
psicomotricità), il gioco combinatorio del puzzle (pezzi che corrispondono a regioni d’Italia e
Stati europei, così che la forma non sia solo contorno ma insieme del territorio politico e della
conformazione fisica di un paese), “battaglia navale” (facilita l’orientamento sulle carte e la
familiarità con le coordinate geografiche), giochi di ruolo (allenamento all’esercizio della
cittadinanza attiva), giochi elettronici e vari tipi di software (acquisizione di nuove abilità).

LA VALUTAZIONE: UNA FUNZIONE COMPLESSA

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LE PROVE “TRADIZIONALI”
La maggiore libertà di articolare autonomamente curricoli e processi di apprendimento, ha
suscitato un più marcato interesse sulla valutazione.
Una valutazione negativa ripetuta, eseguita tramite prove non adeguate ad accertare le
competenze ma semplicemente le consocenze mnemoniche, può provocere notevoli
alterazioni nell’autostima, nella fiducia in sè stessi e nelle proprie capacità.
Lo studio della geografia tradizionale, pervede una valutazione quantitativa e certificabile che
si concetra su verifiche dei risultati ottenuti dopo aver “inculcato” nelle menti dei discenti
determinate nozioni, consocenze e abilità.
Questo tipo di prove mantiene la sua validità purchè i docenti siano consapevoli che un tale
strumentario di tipo oggettivo- comportamentista non esaurisce le procedure valutative e non
fa emergere gli apprendimenti significativi.
Ancora oggi la più diffusa forma di controllo degli apprendimenti, anche in geografia, è la prova
orale.
Per esercitarsi ad affrontarla sarebbe bene fornire in anticipo agli studenti una lista di domande
possibili, che sintetizzino i contenuti specifici, oggetto di verifica che potrebbero essere divise
in domande che richiedono solo di recuperare ed esporre conoscenze apprese e domande che
richiedono il pensiero divergente e che esulino anche dal contesto di studio e si applichino alla
soluzione di situazioni problematiche di vita reale.
Bisognerebbe in sostanza favorire ragionamenti complessi e articolati, piuttosto che risposte
“secche”.
LA VALUTAZIONE AUTENTICA
Si è cominciato a tener presente che l’apprendimento avviene quasi sempre in un contesto
sociale e che quest’ultimo influisce grandemente sulla sua qualità e che la costruzione del
sapere è un’operazione di costruzione di tipo sociale.
Dalla fine degli anni Novanta nei paesi anglofoni si è passati da una valutazione di tipo
oggettivo- comportamentista, basata su verifiche di tipo standardizzato, a una valutazione
qulitativo- costruttivista, in grado di considerare non solo ciò che si è appreso e in quale
quantità ma anche ciò che si è in grado di fare con quanto si è appreso. Siè iniziato così a
parlare di valutazione autentica, in grado di verificare e stimolare lo sviluppo di competenze.
Ciò è possibile solo in situazioni concrete, che richiedono un sper fare attraverso il sapere e
l’applicazione di abilità anche in altri contesti.
In ambito geografico, al valutazione autentica si può avere in compiti che consentono agli
studenti di ogni fascia d’età l’applicazione di competenze spendibili in situazioni di vita sul
territorio e nell’amibiente.
Vedi esempi pag. 75
Un ampio dibattito si accende ancora sul tema della valutazione, non solo degli apprendimenti
degli allievi, ma anche dell’efficacia dell’insegnamento dei docenti, e ampiando il raggio
d’azione, dell’efficienza delle singole istituzioni scolastiche e del sistema d’istruzione nel suo
complesso.
LE RUBRICHE PER LA VALUTAZIONE DI PRESTAZIONI AUTENTICHE
La valutazione dei compiti autentici in geografia può essere effettuata mediante delle rubriche,
costruite dai docenti, che coniugano le indicazioni dei livelli di verifica delle prove oggettive
con la valutazione di compiti di apprendimento multidimensionali, coinvolgenti la sfera
cognitiva, affettivo-emotiva, socio-relazionale.
Se le prove oggettive valutano le consocenze, le rubriche valutano le competenze.
Spesso nella vita di tutti i giorni quando siamo chiamati a compiere degli atti valutativi, anche
senza una precisa consapevolezza, si applicano delle rubriche mentali (es. Nell’esprimere un
giudizio su un film si valutano i vari aspetti di cui è composto).
Un modello di rubrica di valutazione autentica contempla le seguenti voci: presentazione del
compito di apprendimento, indicazioni delle “dimensioni valutative”, ovvero ciò che verrà
valutato, dei livelli di valutazione che possono essere raggiunti e dei criteri di valutazione.
Queste rubriche consentono una riflessione sul processo di apprendimento, sia da parte del
docente che da parte dello studente. E per questo diventano punti nodali dei processi di
formazione, che chiudono un segmento e al contempo offrono la chiave di accesso al passo
successivo, aprendo ulteriori piste di studio e di ricerca.

SPAZIO E TEMPO – CAPITOLO IV


LA GEOGRAFIA DESCRIVE COSE ESTERNE

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Lo spazio per essere studiato correttamente non può essere separato dal suo spessore storico,
e quindi non può essere separato dal tempo.
Il tempo nelle sue realzioni con l’uomo conferisce allo spazio profondità e vivacità.
Lo spazio, privato della vitalità prodotta dal cambiamento, si traduce nell’insegnamento in una
geografia dell’immobilità e dell’invariabilità delle nozioni. Tale geografia nozionistica non è
ancora scomparsa dalle aule scolastiche e, se pur non ha colpe, non produce nemmeno
ragionamenti articolati, non mette in relazione temi e problemi, me soprattutto non prospetta
soluzioni possibili.
La geografia è però una storia del presente che sfida le situazioni dell’oggi, inquadrandole in
una visione futura. E’ il tempo che modula lo spazio in tutte e tre le dimensioni: passato,
presente e futuro.
L’oggetto di studio deve quindi essere la geografia dinamica delle società che vivono e si
confrontano, s’integrano e si affrontano sugli spazi umanizzati del pianeta.
Esattamente il contrario è espresso in un frammento tratto dal “Piccolo Principe” che ritiene la
geografia immortale, costituita di “cose” eterne.
Questa è però una visione penalizzante per la disciplina, che attraverso la sua presunta
eternità, viene privata della dimensione temporale.
Secondo il geografo Giuseppe Ricchieri sarebbe giusto far apprendere la geografia per Stati
perchè in questo modo indurrebbe per la via più diretta a credere che essi siano veramente
qualche cosa di conforme a natura, di conoforme alla realtà geografica e perciò di non
mutabile senza pericolo di far crollare tutto l’edificio, giuridico e politico, ma anche scientifico
della geografia e perciò... del mondo. Come è successo a lungo per l’impero Austro-Ungarico.
Vedi NB pag. 81
LA DINAMICITA’ DELLO SPAZIO
I concetti di trasformazione e di cambiamento dello spazio terrestre sono inevitabilemente
presenti in qualsiasi definizione di geografia.
La geografia può essere definita come la scienza che studia l’umanizzazione del pianeta. In
tale definizione è insita la successione temporale , come individuazione dei processi attivati
dalle collettività nelle loro relazioni con l’ambiente. Per questo la geografia è individuabile
come disciplina crono-spaziale.
Nella geografia moderna è dunque contemplata la dinamicità, che deve essere pienamente
compiuta, che non può essere bloccata nel suo flusso temporale.
E’ una geografian che si torva fuori dello stesso spazio reale , che senza la visione prospettica
non riesce a cogliere gli esiti futuri dei comportamenti in atto.
Il paesaggio, osservato e descritto come una fotografia, immobile in un momento preciso della
sua evoluzione, Dematteis critica ad un simile approccio l’incapacità di entrare nella dinamica
del presente per analizzare le potenzialità latenti e i suoi possibili sviluppi.
Alla geografia non deve mancare l’attenzione al futuro, di cui il presente può costituire il punto
di partenza.
Il presente infatti, allaccia nel flusso temporale incessante passato e futuro.
L’ambiente plasmato nel passato, attuale scenario nel quale tutti agiamo, costituisce
simultaneamente materia essenziale per l’esame del futuro.
Lo spazio diventa quasi un poema che narra gli eventi umani nel loro svolgimento, passato,
presente e futuro.
Una geografia aperta al tempo è fondamentale per una geografia attenta ai valori,
fondamentale in ambito scolastico (Transformative geography e Active geography).
SINCRONIA E DIACRONIA: TEMPI PLURIMI
Un altro aspetto del tempo, è quello del “tempo relativo” nell’ottica spaziale.
I percorsi spaziali e quelli temporali si annodano e si sciolgono, si confondono e si complicano.
Non è solo il suo presente, ma pure quel labirinto di tempi e di epoche diverse che si
intrecciano in un paesaggio e lo costituiscono.
E’ possibile leggere i paesaggi come un mosaico di compresenze sincroniche, e insieme come
uno stratificato palinsesto diacronico.
I segni della contemporaneità possono essere ravvisati ad esempio nei cellulari utilizzati da
persone con redditi al limite della sopravvivenza.
Le distanze, allungandosi o riducendosi, agiscono in profondità nello spazio e diventano
sempre più flessibili come sono i tempi.
Un riferimento particolare in questo senso va ad alcuni piccoli paese produttori di petrolio,
come gli Emirati Arabi uniti che in quarant’anni sono passati dal Medioevo al post-moderno,
con una velocità di trasformazione che deve essere apparsa miracolosa e strgonesca: qui il

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telefonino è arrvato prima dell’acqua potabile, l’aereo prima della ferrovia, il computer prima
dell’uso della forchetta.
Anche un brano tratto del romanzo I lavoratori del mare, di Victor Hugo parla dello scorrere del
tempo in relazione al rapporto uomo-natura.
CAMBIAMENTO E COMPLESSITA’ DELLO SPAZIO GEOGRAFICO
L’accelerazione del tempo merita appropriata riflessione nella didattica geografica. Viene
spontaneo chiedersi se il Pianeta sia in grado di assorbire le nuove alterazioni, sempre più
profonde e rapide.
Questo interrogativo essenziale può trarre non pochi spunti da un discorso geografico.
Se fino alle Rivoluzioe industriale le onde della trasformazione interessavano solo parti
circoscritte della superficie terrestre, all’interno delle singole civiltà, in seguito il
coinvolgimento è diventato planetario e la presenza umana può esprimere intese e armonie,
ma anche disaccordi e conflittualità in relazioni sempre più articolate.
Un insegnamento integrato di storia e geografia insieme , potrebbe promuovere prospettive
molto innovative per la didattica.
Il compito tradizionale della geografia è quello di dare un ordine spaziale alla realtà, e per
questo le è stata ttribuita l’etichetta di scienza di sintesi. La geografia deve essere
un’educazione alla complessità, ovvero il sapere geografico e il suo insegnamento devono
essere orientato verso il destino ormai planetario del genere umano e la presa di coscienza di
tale identità terrestre, identità complessa e in comune con tutti gli altri esseri viventi.
In un pianeta in cui biosfera e sfera socio culturale interagiscono come componenti di un unico
sistema complesso, scelte sbagliate ai vari livelli territoriali possono alterare le condizioni
biologiche e sociali del pianeta stesso.
La dimensione storica è un punto di vista essenziale per affrontare le nuove sfide del
cambiamento e della complessità.
La geografia non si deve limitare a spazializzare i fenomeni, quasi a prospettare l’immutabilità
dell’ordine esistente; non si deve esprimere attraverso spiegazioni di tipo strettamente
causale, predeterminate da fattori neturali inveriabili, assoluti e permanenti.
E’ determinante l’importanza dei valori, perchè una delle conseguenze della complessità è la
manifestazione del disorientamento e della confusione, che di fronte alla perdita di finalità
condivise, si traduce nella chiusura nel privato, come unica scelta plausibile, anche se
incomprensibile in un mondo popolato da un’umanità sempre più planetaria.
La pedagogia interculurale opera per la formazione di un cittadino predisposto alla globalità,
capace di integrare differenti punti di vista sul mondo e cosciente della uguale dignità delel
espressioni culturali.
Decentrare significa rinunciare al mito della propria centralità, legittimare la versione dell’altro.

GLOBALIZZAZIONE
LE COORDINATE SPAZIO-TEMPORALI
La riflessione che si trova nell’introduzione della Geografia fisica di Immanuel Kant, espone il
concetto di sistema tra il tutto ( il globo) e le sue parti (le regioni). Questa è una delle
caratteristiche fondamentali della geografia che per sua natura sviluppa ragionamenti su scale
diverse.
L’interesse maggiore consiste nella preminenza data da Kant al globo, dal quale deve
cominciare la descrizione del mondo. Tale espressione oggi si traduce in “pensa globale, agisci
locale”.
La visione transcalare consente di cogliere ai diversi livelli scalari più proprietà di uno stesso
fenomeno territoriale, dal dettaglio locale al contesto regionale fino alle reti e dalle reti al
globo, al quale occorre rportarsi sempre.
Franco Farinelli colloca nel 1969 il momento in cui lo spazio e il tempo della fisica classica,
meridiani e paralleli, sono all’improvviso entrati in crisi saegnando la “fine della modernità” a
causa della della nascita di Arpanet, la prima forma della Rete negli USA.
Con la globalizzazione le coordinate spazio-temporali assumono accezioni diverse per diversi
fattori quali la separazione del luogo dallo spazio, dello spazio dal tempo, l’esistenza di non-
luoghi e di tempi simultanei.spazio e tempo stanno assumendo dimensioni nuove con effetti
straordinari e non sempre facilemte valutabili.
Il luogo oggi è leggibile secondo paradigmi spazio-temporali diversi da quelli considerati nel
recente passato, così come è possibile comunicare senza spostamenti nello spazio fisico ed
esercitare azioni indipendenti dalla condivisione dello stesso spazio. Lo spazio viene
virtualemente soprpesso.

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La globalizzazione provoca un aumento progressivo del divario tra ricchezza globalizzata e
povertà localizzata.
L’UOMO ABITANTE DEL TEMPO
“l’uomo abita il tempo, così come abita lo spazio” così afferma Mario Pollo sostenendo che i li
miti della condizione umana sono definiti oltre che dallo spazio dal tempo. Infatti proprio grazie
all’accettazione del limite del territorio le comunità riescono a cogliere meglio le possibilità di
quel luogo.
Si parla di geografia soggettiva, ovvero il percepire che quel luogo è nostro, perchè è la nostra
storia.
Questo tipo di geografie rafforzano le proprie identità, equilibrandole con quelle altrui.
Il territorio è tempo lungo e sedimentato e perciò, quando l’accelerazione dei tempi, con i
mutamenti rapidi che comporta, prevale sullo spazio, è il senso stesso dei luoghi che è
scardinato. E in questo caso prevalgono disorientamento e smarrimento (es. Lo smarrimento
dell’emigrante).
Il calendario è lo specchio dell’organizzazione spazio-temporale, modulo per mezzo del quale
viene dato assetto al tempo a cui l’uomo cerca di riprodurre ciclicità e ricorrenze della natura
e adattarvisi in modo attivo.
Oggi però stanno diventando sempre più minacciosi i contrasti dei tempi della natura con i
tempi dell’uomo, da rendere difficile il rapporto società-ambiente, che si era mantenuto stabile
fino alla Rivoluzione industriale, momento in cui ha iniziato a infrangersi.
I comportamenti degli uomini possono disturbare i ritmi della natura, con risvolti convolgenti
nei confronti dell’equilibrio idrogeologico, climatico, biologico e indirettamente
dell’organizzazione sociale.
Per questo è importante un’educazione geografico-ambientale attenta alla valutazione dei
tempi, dei cicli e dei ritmi della natura.
L’UOMO ABITANTE DELLO SPAZIO
La geografia umana poggia le sue basi sull’uomo che abita lo spazio e se ne appropria.
Questo spazio diventa espressione di valori e affetti.
La stabilità nello stesso spazio e la mobilità producono oggi combinazioni molto diverse
rispetto al passato e delineano scenari orignali, che possono essere interpratati a scuola.
Il tasso di crescita naturale è molto vario a seconda delle regioni e per questo la distribuzione
della popolazione è destinata a cambiare profondamente nel giro di pochi decenni.
I trasporti invece hanno abbattuto le distanze e permesso un’enorme flusso migratorio, mai
visto prima con storie di dolore, sofferenza ma anche speranza. Ma oltre ai flussi migratori, la
mobilità coinvolge le popolazioni del mondo economicamente avanzato, che è in continuo
progressivo movimento.
L’UOMO ABITANTE DELLO SPAZIO RAPPRESENTATO
Lo spazio rappresentato è il mondo disegnato e cartografato, che assume un grande peso per
la conoscenza del mondo.
Ma la carta geografica non deve essere confusa con la realtà ,essendo essa una
rappresentazione e un’approssimazione di questa.
I segni e i simboli della carta geografica danno certezza e insieme però possono offrire spazio
all’immaginazione, favorendo sogni che consentono di viaggiare per terre misteriose ed
emozionanti e per dare nuovi ordini spaziali alle cose.

STORIA E GEOGRAFIA: MEMORIA CONSERVAZIONE, TRASFORMAZIONE


L’accostamento tra storia e geografia è antico. Già ne era convinto John Locke (1693).
Basta considerare che sulla terra si trovano insieme, accostati, elementi lontanissimi in termini
di età, di valenze e di significati.
La conservazione e la trasformazione pongono le radici della memoria, che a sua volta
testimonia il legame fra una comunità e il suo passato.
La dimensione storiza deve essere incorporata nella geografia, perchè la perdita della memoria
non consente la piena espressione di tutte le potenzialità derivabili da politiche territoriali
attente ai due poli della conservazione e della trasformazione, che non devono essere
antinomici ma armonici.
La memoria si sviluppa bene anche in aspetti non direttamente visibili, ma che si possono
fissare nello spazio in maniera corretta, cioè la memoria che si avvale della lingua in tutte le
sue forme espressive.
La varietà di termini geografici di origine dialettale offre un’iimmagine dello spazio a misura
storica d’uomo, che prende ancora più consistenza e delinea i suoi contorni, proprio perchè il
termine viene ancorato al terreno.

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Il territorio si carica di sentimenti, di piccole e grandi storie, di miti e leggende locali e la
ricostruzione toponomastica diviene un efficace mezzo di comunicazione sociale che coinvolge
direttamente lo spazio.
Per gli studi storico-geografici le applicazioni derivate dalla toponomastica risultano utili per la
ricostruzione storica del popolamento rurale e delle trasformazioni del paesaggio rurale, come
integrazione ausiliaria delle informazioni ricavabili dalle fonti scritte e dagli scavi archeologici.
Il paesaggio geografico è il grande contenitore di tutte le memorie, visibili e invisibili, anche
nella loro proiezione futura.

DISCORSI INTERDISCIPLINARI TRA SPAZIO E TEMPO


GEOGRAFIA COME SCIENZA DI SINTESI
Ciascuna scienza è contigua alle altre, perchè grazie a questa si arricchisce il patrimonio
scientifico di tutte.
E’ pragmatico il modo in cui si sviluppa il metodo di queste scienze, intese come processo di
formazione secondo cui una disciplina non sta accanto ad un’altra ma può essere compresa
solo attraverso l’altra.
La geografia non sfugge a questa regola di raccordi, anzi al contrario.
L’unità di tutte le scienze è trovata nella geografia- Pedagogista Dewey.
La geografia pur non potendo credere di svolgere un ruolo privilegiato di sintesi, e quindi
arrogarsi questo privilegio delal sintesi sulle altre scienze, funge comunque da cerniera fra
altre scienze, avendo come oggetto di studio l’uomo nel suo ambiente.
La geografia è pluridisciplinare per struttura e bisogna evitare il rischio di una sua possibili
frammentazione, di una scomposizione in mille rivoli di conoscenze, che fa perdere alla
disciplina la sua unitarietà, la sua anima profonda.
L’approccio interdisciplinare agevola la diversificazione delle fonti da utilizzare, aiutando
l’insegnante a proporre confronti critici.
GEOGRAFIA DIFFUSA
La funzione tradizionale di abituare l’alunno, fin dalla scuola primaria, a guardarsi intorno, a
osservare l’ambiente che lo circonda è da tempo inserita in una più ampia riflessione
ecologica.
La geografia si presenta come una materia di raccordo tra le altre insegnate a scuola, senza
diluirsi in nessuna di esse.
Se gli oggetti di studio della geografia, disgregati e assegnati ad altre discipline, si
disarticolano e, staccati dalla loro impostazione originaria che li relaziona e li collega, perdono
gran parte delle loro potenzialità didattiche, perchè perdono di vista il territorio e i fatti ad esso
collegati.
Senza geografia tutto accade in uno spazio astratto, mentale, mentre la conoscenza è
localizzata, cambia la vita dei popoli e i destini dei territori, gli scenari della natura e le città
dell’uomo.
GEOGRAFIA DIVERSA E PREZIOSA
Geografia diversa e preziosa è il titolo di un bel libro di Giacomo Corna Pellegrini che incontra
grandi personaggi del passato e del presente che in qualche modo hanno realizzato della
“buona geografia” nel tentativo di scoprire il pensiero geografico in altri saperi umani.
Le varie manifestazioni artistiche possono trovare riscontri didattici importanti con la
geografia, e il paesaggio può essere un tema essenziale capace di favorire l’approccio
interdisciplinare.
Tullio Visioli ha invece evidenziato i rapporti tra geografia e musica, ricordando lo stretto
rapporto di scambi tra uomo, suoni, musica e ambiente, tra lo spazio e i suoni che lo popolano.

STRUMENTI APPLICATIVI DELLA GEOGRAFIA MODERNA- CAPITOLO V

L’IMPORTANZA DEGLI STRUMENTI


La geografia deve essere insegnata in modo da essere resa “accattivante” e per questo è
importante che il docente faccia uso dell’ausilio di strumenti adeguati.
Tuttavia questo tipo di approccio, teorico e operativo, concettuale e concreto, fatica ad essere
realmente applicato (ad esempio soltanto l’11% degli studenti fa un uso abituale di strumenti
per la visualizzazione dall’alto, come Google Earth; il 44,9% afferma di usare con consuetudine
le carte geografiche in classe).

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Indispensabile deve essere considerato l’utilizzo durante la lezione della cartografia,
tradizionale e digitale, affiancata dai dati statistici, che rende lo studio della geografia
piacevole, impegnativo e gratificante.

DATI STATISTICI ED ELABORAZIONI GRAFICHE


L’importanza dei dati statistici è talmente rilevante che non si può fare a meno del loro
impiego.
Le informazioni numeriche permettono di evitare approssimazioni e di giungere a valutazioni
oggettive, di effettuare misurazioni, di ottenere risultati originali, spingono a operare secondo
un metodo d’indagine scientifico e analitico, favoriscono confronti spazio-temporali e
pluriscalari.
Oltre al dato stesso è fondamentale che gli alunni sappiano come interpretarlo e perchè
protendere per un certo tipo di grafico piuttosto che per un altro, altrimenti perderebbero la
loro utilità.
Tra i compiti della geografia moderna vi è quello di esaltare il potenziale valore aggiunto del
linguaggio della numericità, così da diventare materiali di supporto per analisi geografiche di
una certa robustezza.

DOVE REPERIRE I DATI


Le fonti sono davvero numerose, ma bisogna conoscerne l’esistenza, sapere come accedervi e
saper leggerle e consultarle. Una prima fonte, ormai fondamentale, è il web, purchè si
consultino solo dati ufficiali: sito internet dell’ISTAT per l’Italia, ricchissimo di informazioni
anche recentissime.
Ad esempio si possono trovare indicatori socio-sanitari regionali, movimento degli esercizi
ricettivi, capacità degli esercizi ricettivi, reddito e condizioni di vita, consumi delle famiglie,
inidicatori ambientali urbani.
Utile e facile da cosultare è la pagina “Demografia in Cifre”, dove si possono ottenere dati sulla
popolazione residente e sugli stranieri per età e sesso, fino a livello comunale.
Per un contesto internazionale invece va sempre tenuto presente il Calendario Atlante De
Agostini che fornisce una grande mole di dati su tutti i paesi del Mondo, dando modo di
effettuare analisi particolareggiate e confronti spazio-temporali riguardanti numerosissimi
indicatori (demografici, economici, lavorativi, sociali, di povertà, ambientali, di energia
elettrica, di telecomunicazioni).
Altra fonte fondamentale è quella dell’UNICEF, dal cui sito si possono scaricare la condizione
dell’infanzia nel mondo annuale, e tutte le relative tavole statistiche in excel.
Altri siti affidabili a cui fare riferimento per delle ricerche sono: i siti delle regioni, delle province
e dei ministeri, per approfondimenti sulle specifiche realtà e problematiche oggetto di studio,
dell’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, dell’Istituto Superiore di
Sanità, dell’Istituto nazionale di ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, dell’Istituto Nazionale di
Geofisica e Vulcanologia, della Fao, della Banca Mondiale e delle Nazioni Unite.

QUALI GRAFICI COSTRUIRE E COME


La rappresentazione deve risultare comunicativa, esploicativa del fenomeno in oggetto,
semplice da interpretare e commentare, analitica e sintetica insieme.
Può favorire ciò l’uso di software, più o meno specialistici, o programmi, quali Excel; essi
permettono di realizzare grafici senza difficoltà.
I grafici appartengono ad alcune categorie fondamentali:
- i diagrammi cartesiani
- gli istogrammi a barre verticali oppure orizzontali ( se i fenomeni presi in considerazione sono
più di uno si parla di istogrammi composti e le barre si dicono giustapposte)
- i diagrammi a settori circolari o grafici a torta
- i diagrammi radiali (i fenomeni vengono studiati in base ad una variabile temporale, espressa
ciclicamente)
- i grafici a dispersione (mettono in evidenza un rapporto di interdipendenzaa tra due
fenomeni, che possono avere relazione diretta, inversa o nulla; excel semplifica notevolmente
il processo che permette di misurare la significatività della correlazione)

CARTOGRAFIA TRADIZIONALE E COMPUTERIZZATA


CARTOGRAFIA TRADIZIONALE

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Distinzione in cinque grandi categorie di cartografia tradizionale: carte mentali, classiche,
speciali, metacarte e tematiche.
Le carte mentali sono rappresentazioni mentali dello spazio che con il tempo vengono
progressivamente perfezionate. Esse dipendono da vari fattori, quali la cultura, l’età, il sesso,
la classe sociale di appartenenza, e in base alle esperienze vissute.
Le carte geografiche classiche variano in base a svariati criteri qualitativi, per questo si parla di
carte fisiche, politiche4, fisico-politiche e in base a criteri quantitativi quali la scala di
riferimento (piante o mappe, carte topografiche, carte corografiche e carte generali.
Le carte topografiche sono utilissime per le ricerche geografiche e gli studi sul campo pur non
essendo di semplice reperibilità, se non in librerie e in punti vendita specializzati, oppure sul
sito Internet dell’Istituto Geografico Militare in cui possono scaricare numerosi stralci di carte
topografiche.
Le carte speciali identificano una gamma sofisticata di rappresentazioni, che sottintendono una
competenza avanzata e molto settoriale, sia per anlizzarle che per interpretarle. In termini
didattici possono essere utilizzate a partire dalla scuola secondaria di secondo grado. Es. Carte
geologiche, meteorologiche, sisimiche.
Le metacarte sono rappresentazioni volontariamente e ragionevolmente distorte, nel senso
che non rispecchiano le effettive dimensioni delle aree riprodotte, ma tali aree sono
proporzionali alla consistenza del fenomeno in oggetto, che risultano quindi deformate rispetto
alla loro reale estensione.
Questo tipo di carta fa emergere le differenze con grande efficacia comunicativa (es. Reddito
pro capite).
Le carte tematiche riproducono uno o più fenomeni e hanno quindi diversi gradi di complessità.
La carte tematiche vere e proprie si basano su temi qualitativi mentre i cartogrammi su temi
quantitativi ma in entrambi i casi sono le cartografie classiche a fare da base ( es. di carte
tematiche: uso del suolo, aree protette, aspetti vegatazionali, macrosistemi di paesaggio; es. di
cartogrammi: densità di popolazione, speranza di vita, variazioni demografiche, numero di
esercizi ricettivi).
Vanno incentivate nell’uso didattico per la loro semplicità , sia in termini di lettura-
interpretazione, sia in termini di costruzione e tale processo è fondamentale per almeno cinque
ragioni: per ricondurre un fenomeno al luogo in cui avviene, per abituarsi a ragionare
geograficamente, per riconoscere tendenze evolutive e realzioni tra elementi ed eventi, per
illustrare dimostrare e comunicare un fenomeno in manienra efficace, per sviluppare
l’attitudine dell’analisi spaziale, da compiere con spirito critico.

CARTOGRAFIA COMPUTERIZZATA
La cartografia computerizzata può essere prodotta tramite dei Sistemi informativi geografici
(GIS), che consentono di archiviare, organizzare e gestire un’enorme mole di dati quantitativi e
qualitativi.
Essi esmplificano notevolmente i passi necessari per elaborare banche dati e carte tematiche
e cartogrammi di differente complessità.
E’ inoltre possibile caricare nel sistema numerosi strati informativi, sovrapponibili
automaticamente, agevolando così la lettura comparata dei fenomeni.
I GIS permettono di soddisfare due requisiti cruciali: trasformare l’alunno da lettore a
costruttore e sviluppare la tecnica della correlazione cartografica, fondamentale per ogni
ricerca geografica.
Le carte tematiche e i cartogrammi possono far parte di almeno tre categorie che possono
essere: parlanti e capaci di colloquiare fra loro, parlanti ma non capaci di colloquiare fra loro
oppure muti (nel caso in cui siano stati utilizzati criteri erraqti per eseguire le elaborazioni
oppure si è operato meccanicamente, producendo rappresentazioni che non riescono a rivelare
alcunchè)
E’ importante per questo la produzione ragionata di rappresentazioni utili per interpretare
fenomeni e problemi.
I GIS aiutano a compiere studi a piccola e a grande scala, rendono più piacevole e dinamico lo
strudio della geografia e permettono di acquisire competenze e abilità spendibili anche a livello
professionale.
Il GIS nella didattica va utilizzato innanzitutto per le potenzialità che offre nella visualizzazione,
gestione e analisi dei dati geografici; per l’efficacia nel produrre e modificare cartografia; per la
versatilità nella produzione di output, per la capacità di integrare banche dati diverse, ma
soprattutto pe4r l’efficacia nell’educare a organizzare il pensiero e la ricerca.
Tuttavia il GIS non deve sostituire la cartografia tradizionale.

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Nuovamente importante per schede di cartogrammi digitali è Calendario Atlante De Agostini.

VISUALIZZATORI DI IMMAGINI DALL’ALTO


La letteratura internazionale oggi si sofferma molto sull’importanza di alcune opere letterarie
nel trasmettere il desiderio di esplorare il mondo e di conoscerlo con cognizione e chiavi di
lettura geografiche (es. Il giro del Mondo in ottanta giorni di J. Verne).
I visualizzatori di immagini da aereo e da satellite, quali Google Earth e Google Maps, possono
dimostrarsi supporti di grende efficacia nel ripercorrere le tappe descritte da Verne, con tutti i
cambiamenti che il mondo ha subito negli ultimi 180 anni.
Questi visualizzatori di immagini dall’alto forniscono un validissimo supporto durante lo studio
degli aspetti fisici e geomorfoloogici molto dettagliati.
Inoltre essi facilitano molto l’analisi degli aspetti urbani, infrastrutturali, abitativi, culturali e
artistici, mostrando le caratteristiche dello spazio di vita quotidiana, avvicinando realtà lontane
e rivelandone gli aspetti distintivi.
Per la loro semplicità d’uso sono adatti fin dalla scuola primaria e per la possibilità di
concentrarsi su qualsiasi elemento che in quel momento stiamo studiando.
Questi strumenti risultano molto efficaci sai per l’osservazione indiretta, rendendo più proficuo
lo studio di paesaggi e località che non si possono esaminare de visu, sia per quella diretta,
nella fasi di preparazione e di rielaborazione che rispettivamente procedono e seguono il
lavoro sul campo.
Essi potrebbero favorire un riavvicinamento di massa alla geografia purchè non vengano
utilizzati per dare occhiate furtive, ma metodicamente per svolgere ricerche di peso, condotte
in base a ragionamenti di tipo spaziale.
Ai visualizzatori di immagini dall’alto va comunque sempre accostato l’uso di altri strumenti
come quelli letterario- linguistici, statistico-quantitativi e cartografici: sono indispensabili
conoscenze teoriche già acquisite

I VALORI DELL’EDUCAZIONE GEOGRAFICA- CAPITOLO VI

GEOGRAFIA? NULLA DA COMPRENDERE, BASTA LA MEMORIA


Pensieri divergenti si scontrano in merito alla geografia. Esiste una concezione classica e
tradizionalista, scientifica, che spiega gli aspetti salienti ma non entra nel merito e nella qualità
delle questioni e di conseguenza non interroga nè l’uomo nè la natura. Se così fosse, la
geografia risulterebbe molto semplice, perchè basta studiare a memoria, non c’ è nulla da
capire.
Ma la memoria riporta ancora una volta al nozionismo, all’enciclopedismo.
Esponenti di questa idea sono Yves Lacoste e Lenglet Dufresnè, che ritengono che la geografia
sia necessaria che richieda memoria ma non riflessione nè giudizio.
Secondo tale pregiudizio, questa disciplina avrebbe l’esclusiva funzione di fornire alcuni
rudimenti descrittivi del mondo, da imparare in maniera nozionistica e magari da dimenticare
presto

I VALORI: INTERIORIZZARE E CONDIVIDERE


VALORI E DISVALORI
Le discipline insegnate a scuola hanno sempre giocato un ruolo importante nella formazione
degli studenti e la geografia non sfugge a questa regola.
La geografia è adatta a perseguire obiettivi anche contrastanti fra loro, rinforzando il
nazionalismo oppure il cosmopoloitismo e la fratellanza fra i popoli, il libero scambio o il
protezionismo, la guerra o la pace; quindi scelte soprattutto del contesto socio-culturale e
politico.
La geografia succube del regime ( Fascismo), tendente ad esaltare le bellezze d’Italia, le opere
del regime, l’espansione coloniale, la presenza dell’Italia nel mondo, in cui non emergevano in
alcun modo i problemi e le contraddizioni della società italiana.
Un regime può avere fortissima influenza sull’insegnamento scolastico.
Proprio per questo possiamo dire che la geografia rappresenta molto di più e anche di diverso
di una semplice e fredda memorizzazione di nomi.

PER UNA GEOGRAFIA ATTIVA E FORMATIVA


La geografia per i temi che le concernono, si confronta necessariamente con il problema dei
valori.

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E’ per questo importante dare forza alla geografia dei valori sia per finalizzare a grandi obiettivi
sociali le ricerche disciplinari, per arricchire conoscenze e competenze e per coinvolgere strati
sociali sempre più ampi, a partire dalla scuola. Bisogna riflettere sui contenuti che trasmette la
geografia.
La didattica deve fare in modo che le conoscenze disciplinari risultino veramente utili agli
alunni e formulare progetti in cui concetti e obiettivi educativi di carattere general, immessi in
una riflessione affettivo-relazionale ed etico- sociale, siano efficaci e coordinati con quelli
didattici.
In questo la coerenza e l’equilibrio tra il momento scientifico e quello educativo-didattico sono
di nuovo sostanziali. E’ proprio il collegamento a precisi obiettivi didattici che consente di
aggiungere concretezza alle finalità scientifiche, evitando così il pericolo di rimanere a un
improduttivo stadio di astrattezza.
Gli insegnanti scendono nel campo dei valori e caricano ogni disciplina di valenze educative; si
tratta di un’operazione difficile perchè la disciplina non deve essere utilizzata come veicolo
subordinato di trasmissione alle nuove generazioni di alcuni valori dominanti fino a perdere le
sue doti di disciplina scientifica.
Se l’obiettivo è una geografia attiva e formativa deve essere orientata a ricercare tematiche
forti, quali la cultura del territorio e del paessaggio, del confronto e della responsabilità, la
rivalutazione della diversità ambientale e culturale...
A queste tematiche è bene fare riferimento per individuare i valori portanti della geografia.

RICONOSCERE E RISPETTARE LE DIGNITA’ DEGLI UOMINI


E’ fondamentale che sin da piccoli si prenda consapevolezza che esistono modi di essere
diversi dal proprio, per abbandonare concezioni etnocentriche e monoculturali.
Secondo Reclus, a differenza di Rousseau, non vi può essere educazione se non in quanto
esiste una relazione tra più individui, poichè ogni essere umano si arricchisce della diversità
degli altri.
La didattica interculturale ha un potenziale rivoluzionario: una società multiculturale non è più
soltanto un problema e un rischio ma anche risorsa e opportunità.
Questo è diventato sempre più necessario dal momento che la società sta diventando sempre
più multietnica. E da questo è fondamentale una seria reimpostazione dei contenuti geografici
disciplinari e dei progetti formativo-didattici.
La cultura, sistema di valori e di segni, esprime una disposizione e un confronto nelle relazioni
dialettiche fra società e ambiente.
Negli ultimi anni le ultime riforme della scuola secondaria di secondo grado hanno previsto una
penalizzazione della geografia e con essa anche della conoscenza delle diversità, perchè la
geografia è la sola disciplina che fa conoscere i popoli o capire le motivazioni culturali, sociali,
politiche e geofisiche che portano alle migrazioni, agli scontri tra etnie, alle guerre.

GLI SPAZI SOCIALI: EDUCARE PER UNA CITTADINANZA

GEOGRAFIA E CITTADINANZA
Le capacità di leggere, percepire e interpretare il territorio costituisce presupposto
fondamentale per l’acquisizione di quei traguardi formativi che la geografia può offire per la
formulazione di progetti legati all’educazione alla cittadinanza attiva.
Nel passaggio bidirezionale, da vicino a lontano e da lontano a vicino, attraverso le diverse
scale geografiche, assumono grande rilevanza i livelli spaziali intermedi, che consentono di
mettere a fuoco gradualmente prospettive e orizzonti.
L’appartennza territoriale trova nel ragionamento geografico molti spunti per riflessioni
didattiche legate alla cittadinanza, che danno risposte a fenomeni in espansione quali
l’individualismo, l’egoismo spaziale e il geocentrismo.
La distanza è essenziale nella riflessione sullo spazio e sul mondo e l’effetto della memoria,
influisce fortemente sulle percezioni della distanza.
La distanza sembra accrescersi quando si tratta di una persona o di un oggetto caro e
viceversa.
Su questo bisogna riflettere: se il mondo piccolo e unitario tende a scomparire, i confini politici
diventano sempre più permeabili e aperti, lasciando, purtroppo spesso, spazio alle nuove
frontiere della marginalità e del degrado.

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L’obiettivo per la scuola deve essere quello di formare dei cittadini italiani, che siano al
contempo cittadini dell’Europa e del mondo. La scuola deve essere il luogo in cui il presente è
elaborato nell’intreccio tra passato e futuro, tra memoria e progetto.

APPARTENENZE PLURIME
Ciascun individuo appartiene ad una comunità locale, come prima appartenenza, e ad un
livello maggiore, vi è un’identità nazionale, che è politica e culturale allo stesso tempo, e che
molto dipende dalla forza unificante dei processi attraverso i quali si è costituita. Da
quest’identità nasce il sentimento di appartenere ad una comunità più vasta.
Comunità più ampie e plurali sono quelle come L’unione Europea. Questa dimensione
sovrannazionale può rappresentare la chiave iniziale a imprescindibile in grado di aprire gli
spazi locali verso orizzonti più ampi, dove si colloca la cittadinanaza mondiale, ancora non
sempre facile.
La scuola deve trovare il modo giusto per dare risposte soddisfacenti agli interrogativi relativi
a questo mondo “globalizzato”.

EDUCARE PER L’AMBIENTE


La consapevolezza dei problemi ecologici ha suscitato la necessità di un’educazione
ambientale, improntata sulla valorizzazione e la tutela della natura.
L’ambiente stesso si è arrcchito come concetto, allargandosi all’ordine economico, sociale e
culturale in una visione olistica.
Il concetto di ambiente è oggi trasversale, e la scuola attribuisce un ruolo significativo
all’educazione ambientale.
Formare cittadini che sappiano convivere con l’ambiente, valutando l’impatto delle loro azioni
su di esso e operando le necessarie correzioni di rotta per la conservazione del patrimonio
naturale e culturale, è uno dei compiti fondamentali della scuola di oggi.
Vi è l’esigenza di inseire nel curricolo la trattazione dei diversi temi ambientali, in particolare in
realzione all’acquisizione delle competenze richieste nell’insegnamento di Cittadinanza e
Cotituzione.
L’ambiente è lo spazio di vita per gli uomini ed è in continua trasformazione, anche per la
relazione ambiente- cultura: è sede del cambiamento.
La nuova teconologia moderna può essere un veroe proprio attentato alla vita della natura;
serve quindi un tipo di intervento che prevede che l’ambiente non sia solo oggetto ma anche
soggetto.
L’uomo è abituato a preoccuparsi dell’ambiente soltanto nel momento in cui ne subisce
personalmente le conseguenze negative, non curandosene altrimenti.
Una rielaborazione dell’originario riconosciimento sacrale dell’ambiente può essere indirizzato
verso la scoperta dello spirito e della storia dei luoghi, della loro essenza più profonda, che
porta ad aprirsi in maniera critica verso la conoscenza dell’ambiente e delle culture, che nel
tempo hanno contribuito a costruirlo.
Il concetto base è quello della responsabilità verso l’ambiente, patrimonio comune
del genere umano, che dalle esigenze del presente si deve estendere a quelle del
futuro.

LO SVILUPPO SOSTENIBILE
L’integrità dell’ecosistema costituisce la risorsa naturale di base per cosrtuire sistemi
economici efficienti, per impostare buone strategie di sviluppo e per contribuire al
benessere generale; ma a questa considerazione teorica non corrispondono politiche
ambientali conseguenti.
Il degrado ambientale ha tuttavia portato a nuove riflessioni. Una prima spinta in
questo senso è stata data dal disastro nucleare di Chernobyl, in Ucraina del 1986, i
cui effetti sono giunti anche in aree molto lontane.
Si è così aperto un dibattito in merito all’energia nucleare: chi sosteneva che
andassero chiuse tutte le centrali e chi invece lo riteneva inutile per la presenza di
esse nei paesi vicini.
Gli incidenti di Chernobyl e di Fukushima (Giappone, 2011) hanno dimnostrato che
l’inquinamento nucleare può pregiudicare pesantemente il futuro, producendo guasti

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ambientali enormi, che per alcuni elementi radioattivi possono durare per millenni,
facendo confliggere sempre di più i tempi dell’uomo con quelli della natura.
Il Rapporto Brundtland, 1987, introduce ufficialemente il concetto di sviluppo
sostenibile, definito come uno strumento in grado di soddisfare i bisogni delle attuali
generazioni, enza compromettere la possibilità di quelle future.
Tali principi vennero poi ripresi nella conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e
sullo sviluppo, Rio de Janeiro, 1992.
Per attuare ciò però sarebbe indispensabile un profondo cambiamento del modello
economico globale, che si trova in situazione di fortissimo squilibrio, in cui il Sud è
sempre penalizzato.
Il paradigma per lo sviluppo sostenibile apre una sfida per la ricerca geografica. Un
progetto geografico di educazione allo sviluppo sostenibile, può avvalersi di numerosi
concetti chiave, che appaiono in grado di riorganizzare la disciplina, cercando di
integrare la tradizione con l’innovazione. Anche l’innovazione diviene essenziale,
perchè questi concetti chiave non soltanto implicano contenuti nuovi, ma esigono
nuovi punti di vista, nuovi presupposti per la comprensione della realtà.
Ecco alcune nozioni e concetti geografici, con importanti impegni scientifici per la
ricerca e la didattica geografica:
• la diversità pone attenzione alle varietà biologiche fondamentale a scuola
• l’ecosostenibilità indica che lo sviluppo non deve essere inb contrasto con
l’ambiente e non deve essere un pretesto per la distruzione di risorse naturali
essenziali. L’ambiente deve essere soggetto e non oggetto dello sviluppo. Rispetto
non significa passività da parte dell’uomo ma consapevolezza della sensibilità di un
bene insostituibile, perchè unico
• la permanenza presuppone la dimensione temporale; lo sviluppo sostenibile
per definizione dovrebbe essere in grado di sostenersi in modo prolungato.
• La partecipazione risulta essenziale nel discorso dello sviluppo, a cui devono
concorrere tutti i diretti interessati
• La reciprocità è collegata ai processi di sviluppo, che implicano formazioni di
reti di relazioni sempre più complesse, non imperniate soltanto su interessi
economici. Ciascuna regione va considerata come un sistema integrato
L’obiettivo dello sviluppo dev’essere il miglioramento della qualità della vita.
Sviluppo e ambiente coinvolgono il pianeta nel suo insieme e proprio per questo
dovrebbe crescere la consapevolezza degli effetti che le decisioni adottate in un
luogo possono produrre su altri territori e società.

PER UNA CULTURA DEL TERRITORIO


EDUCARE AL PAESAGGIO
Vi è una scarsa cultura del territorio diffusa fra la popolazione, alla preparazione della
quale dovrebbe porre rimedio un’adeguata formazione, proprio a partire dai giovani,
che dovrebbero essere abituati a vedere e a pensare geograficamente lo spazio per
viverlo in maniera responsabile, e un insegnamento geografico corretto potrebbe
fornire un valido contributo educativo.
Il nucleo fondante della cultura del territorio è costituito dal paesaggio, la cui visione
deve essere data da visioni integrate, in grado di sviluppare le capacità conoscitive,
psicologiche e morali.
Ad esempio possiamo vedere come descrive Stendhalm, due opposti punti di vista di
fronte a stesse realtà paesaggistiche, a un paesaggio soggettivo che rimane scenario
emotivo, privo di competenze interpretative, si contrappone un’analisi scientifica e
senza anima.
LA CONVENZIONE EUROPEA DEL PAESAGGIO
La Convenzione Europea del Paesaggio e altri enti si muovono molto affinchè si
comprenda che la salvaguardia e la gestione del paesaggio e dell’ambiente
comportano diritti e responsbilità per ciascun individuo.

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La Convenzione pone l’accento sulla necessità di un forte impegno per accrescere la
sensibilizzazione della società civile, delle organizzazioni private e delle autorità
pubbliche al valore dei paesaggi, al loro ruolo e alla loro trasformazione.
I deocenti dovrebbero essere sostenuti in questo compito di sensibilizzazione e uno
studio di questo tipo permette di analizzare il paesaggio facendo riferimento alle
componenti sociali, religiose, etiche ed estetiche.
E’ auspicabile che la raccomandazione esplicita nella Convenzione riguardo a
Formazione ed educazione, trovi riscontri concreti.
Anche per l’Identificazione e valutazione dei paesaggi la Convenzione stabilisce degli
obblighi precisi.

SCENARI PER UN FUTURO POSSIBILE


L’attenzione esclusiva agli aspetti economici, trascura altri aspetti, pure molto
importanti, come quelli socio-culturali ed ecologici.
Cambiare significa considerare valori diversi da quelli prevalenti, con conseguente
esigenza di sviluppare la dimensione etica.
In questa prospettiva il ruolo dell’educazione risulta essenziale anche se il compito
può risultare difficilissimo per gli insegnanti, i primi a doversi confrontare con valori
diversi da quelli con i quali sono cresciuti e si sono formati.
Il futuro oggi non appare facilmente scrutabile, perchè dominato da politiche
impostate sotto la spinta dell’emergenza che faticano a guardare a lungo termine e
che spesso non tiene in considerazione tutta la sfera dei diritti (civili, politici, sociali),
non sempre e dovunque garantiti.
Nei paesi più poveri non sono assicurati neppure i bisogni fondamentali, quali cibo,
acqua, abitazione, salute, istruzione primaria.
E sulla base di questo bisogna educare al fatto che il rispetto dei diritti umani, della
comune dignità e delle diverse identità culturali rappresenta un momento essenziale
della pace tra gli uomini e tra gli stati.
In ambito scolastico anche in questo caso l’incontro tra ricerca e didattica dovrebbe
portare alla formulazione di progetti validi.

LA GEOGRAFIA, DALLA SCUOLA PRIMARIA ALL’UNIVERSITA’- CAPITOLO VII


UNO SGUARDO AL PASSATO

LA SCUOLA PRIMARIA
Nei programmi del 1945 la geografia era abbinata alla storia e prevedeva la semplice
trasmissione e memorizzazione di nozioni.
I programmi del 1955 che si protraggono per circa trent’anni associano la geografia
non solo alla storia ma anche alle scienze; vi è un’altra novità: la geografia antropica,
ovvero le opere dell’uomo che hanno modificatogli elementi naturali del paesaggio.
Persiste l’approccio nozionistico, seppur mitigato da una serie di innovazioni, come
l’osservazione diretta e il metodo della ricerca.
Decisi stimoli innovativi sono quelli che caratterizzano i programmi del 1985, nei
quali gli elementi naturali non costituiscono più l’oggetto principale di studio, che ora
rivolge più attenzione al paesaggio e ai rapporti uomo-ambiente, organizzato in
gruppi sociali, avvicinandosi così agli studi sociali. Anche l’approccio diventa più
stimolante, finalizzato alla possibilità di evidenziare i problemi e le soluzioni adottate
e da adottare.
La novità del 2004 si focalizza soltanto sull’Italia, seppur ne sia stato accennato
qualcosa in precedanza, si inizia a parlare di “cercare e proporre soluzioni a
problemi”. Inoltre anche nella scuola dell’infanzia iniziano a comparire i primi
elementi di geografia e in particolare si richiede che i bambini di quest’età
riconoscano le dipendenze esistenti e operanti nella concretezza del loro ambiente

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naturale, siano capaci, in tele contesto, di orientarsi in maniera personale, si aprano
alla scoperta, all’interiorizzazione e al rispetto pratico dei valori dell’ambiente.

LA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO


Nel 1962 viene introdotta la scuola media unica che consente l’accesso a tutte le
scuole superiori.
I programmi del 1979 segnano una svolta nella scuola secondaria di primo grado in
quanto il percorso formativo proposto non prevede una rassegna di regioni e stati, nè
il tradizionale metodo nozionistico, ma una geografia impostata sui grandi temi e
problemi. L’insegnamento dovrebbe essere impostato sul processo attivo della
ricerca geografica.
Tuttavia un’ultima parte, con qualche contraddizione rispetto a quanto detto finora,
riporta ai tradizionali schemi di geografia regionale. A questa impostazione s’ispirano
i libri di testo.
I nuovi piani di studio per questo livello di scuola del 2004 hanno portato delle
conferme e delle novità. Fra queste ultime vediamo: lo studio prevalente dell’Italia
nella scuola primaria, mentre dell’Europa e del Mondo nella secondaria di Primo
grado, si passa così da un procedimento ciclico a uno progressivo. Un tema del tutto
innovativo: sviluppo umano, sviluppo sostenibile e processi di globalizzazione.

LA SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO


Tutto il Novecento è stato segnato dagli schemi dettati dalal Riforma della Scuola di
Giovanni Gentile che prevedeva la divisione della scuola in due grandi comparti: i
licei e gli istituti tecnici, a cui si aggiugeranno gli istituti professionali.
Con l’bbligatorietà della scuola media unica, anche la scuola superiore avrebbe
necessitato di una profonda ridefinizione, che però non avvenne.
Un tentativo di riforma significativo fu quello di Brocca in cui la geografia trovava una
collocazione in ambito scientifico, con punti veramente significativi, anche se
considerata disciplina di indirizzo e non di area comune. Tra i vari aspetti presenti
nelle indicazioni metodologiche due rappresentavano una novità per questo grado
scolastico: l’interdisciplinarità (il collegamento fra le varie discipline) e l’attenzione
nei riguardi dell’osservazione diretta e dell’indagine sul terreno.
Nei primi anni del Duemila Letizia Moratti tenta senza riuscirci la riforma della scuola
secondaria di secondo grado. Secondo il progetto Moratti, gli istituti dell’istruzione e
formazione professionale promuovono sapere e cultura attraverso le conoscenze e le
abilità necessarie per impadronirsi di determinate competenze tecnico professionali
più o meno consolidate mentre i licei intendono raggiugere la medesima finalità
attraverso le conoscenze e le abilità necessarie per esercitare le competenze
teoretiche funzionali per preparare all’università e per l’acquisizione di competenze
tecnico-professionali complesse.

LE SPERIMENTAZIONI NELLA SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO


La scuola Secondaria Superiore ha puntato a lungo su varie forme di progetti di
sperimentazione, per lo più disorganizzata. In realtà la sperimentazione avrebbe
potuto costituire il momento di propulsione per raggiugere nuovi traguardi, e non il
modo inidretto di rinnovamento dei programmi, come in parte si è verificato.
Tra le sperimentazioni più diffuse, e di maggior interesse per la geografia si possono
segnalare: 1) il progetto IGEA (Indirizzo giuridico economico aziendale), nato nel
1983, ha subito una revisione globale per l’anno scolastico 1990-1991. Tale progetto
prevedeva l’insegnamento della geografia economica soltanto nel triennio, mentre
quella fisica, abbinata alla biologia, entrava a far parte di una nuova disciplina
“scienze della Terra”
2) il progetto ERICA è nato nel 1989 ed è rivolto agli istituti tecnici per periti aziendali
e per corrispondenti in lingue estere. Nel progetto si era ritenuto indispensabile

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inserire lo studio della geografia per comprendere la realtà in cui si sono sviluppate
lingue e culture diverse, anche se la visione di sviluppo che si dava era già allora
superata.
La situazione di generale disagio per la mancanza di una seria riforma ha coinvolto
più o meno tutte le discipline, penalizzando le loro potenzialità. La geografia ne ha
sofferto in grande misura.
Nell’insieme le sperimentazioni non sono state propizie alla geografia, a
testimonianza di un indebolimento progressivo della sua immagine.
Ha corso inoltre il rischio della frammentazione della disciplina laddove alcune
sperimentazioni scolastiche hanno attribuito competenze geografiche ad altre
discipline quali Scienze della Terra, storia, economia, studi sociali.

IL PRIMO CICLO D’ISTRUZIONE


IL QUADRO DI RIFERIMENTO
Nelle indicazioni del 2007, la geografia viene accostata direttamente alla storia in
un’unica area.
La dimensione sociale e l’apertura all’attualità permettono alla geografia di aprirsi
agli altri spazi e alle altre culture, in un processo che dallo spazio più vicino, si apre
sempre di più verso il mondo.
In realtà le Indicazioni cercano di superare questo scoglio, perchè ritengono che la
geografia, già dalla scuola primaria, debba abituare gli alunni ad analizzare ogni
elemento nel suo contesto spaziale, a partire da quelllo locale fino ad arrivare ai
contesti mondiali. E questo è possibile soltanto attraverso la continua comparazione
di spazi, letti e interpretati a scale diverse.
Sempre nella scuola primaria si ribadisce l’importanza del linguaggio della geo-
graficità, il cui studio deve essere affiancato sin dai primi anni dalla carta, che attiva
la memoria visiva e agisce così da facilitatore per la memorizzazione e la
localizzazione di nozioni.
Storia e geografia vengono accostate anche per l’importanza del tempo.
Rispetto all’educazione ambientale, le Indicazioni assegnano un ruolo fondamentale
alla geografia.
La geografia studia le culture specialmente nella loro capacità di improntare il
territorio, che viene ad assumere i valori della cultura lì prodotta.

LA SCUOLA PRIMARIA
Il quadro proposto non trascura la conoscenza di base che ciascun alunno deve
avere.
Per quanto concerne la Geo-graficità, sappiamo che le carte mentali sono il risultato
di un processo in continua evoluzione che inizia sin dall’infanzia.
Alla fine della scuola primaria gli alunni dovranno avere una carta mentale più nitida
possibile dell’Italia, inquadrandola con riferimenti a contesti areali progressivamente
più ampi, fino al mondo intero al termine del primo ciclo d’istruzione.
Lo studio del vicino si acquisisce soprattutto attraverso l’osservazione diretta.

LA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO


Il legame geografia-storia per la scuola secondaria di secondo grado rappresenta
un’importante novità più che per la primaria.
Inoltre per il fatto che lo studio si allarghi all’Europa e al mondo, si può adempiere a
uno dei grandi obiettivi della geografia: quello di consentire la lettura e
l’interpretazione del territorio alle varie scale spaziali.
Nelle attuali Indicazioni il nucleo Paesaggio trova il giusto risalto nei suoi aspetti
interdisciplinari con la storia, l’arte e le scienze.

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Inoltre nelle Indicazioni vi è la raccomandazione dell’uso della Carta Geografica
costante, che attiva la memoria visiva e agisce da facilitatore per la localizzazione di
nozioni.
Il linguaggio della geo-graficità ne esce molto rafforzato perchè è fondamentale
leggere e interpretare vari tipi di carte geografiche, leggere e comunicare
consapevolmente in relazione al sistema territoriale.
Le Indicazioni inoltre promuovono l’uso della cartografia computerizzata.

LA SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO


IL QUADRO DI RIFERIMENTO
La riorganizzazione del secondo ciclo del sistema educativo d’istruzione ha preso
avvio con l’anno scolastico 2010-2011, con il ministro Mariastella Gelmini.
Tuttavia, a causa della forte crisi economica, il governo ha optato per una forte
riduzione di risorse finanziarie anche nel comparto della scuola, che ha comportato
anche una riduzione consistente delle ore di lezione impartite.
La geografia è così scoparsa da tutti i tecnici e dai professionali, e notevolmente
ridimensionata nei licei.
Per capire la preparazione dei ragazzi in questa disciplina, basta ancora riprendere la
riforma Moratti che prevedeva che sull’Italia ci si dovesse soffermare nella scuola
primaria e quindi all’età di 9-11 anni e non più.
La geografia nella scuola secondaria di secondo grado dovrebbe rivestire una forte
rilevanza formativa, in continuità con il primo ciclo d’istruzione e un altrettanto forte
valenza professionale.
Vedi pag. 145-146 per l’importanza della geografia.

LA GEOGRAFIA NEI LICEI


Artistico, classico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico e delle scienze umane
costituiscono il sistema dei licei. Tutti di durata quinquiennale, si sviluppano in due
bienni e in un quinto anno.
La geografia è presente soltanto nel primo biennio dei licei, associata alla storia per
tre ore settimanali.
Il fatto che le ore di geografia e storia da quattro, siano diventate tre, costituisce una
riduzione grave.
Tra l’altro ciò è ancora più incomprensibile se si pensa che alla geografia, considerata
nell’area storico-umanistica, si fa chiaro riferimento nel Profilo educativo e
professionale dello studente che costituisce il preambolo alle Indicazioni (vedi
pag.147 NB).
Ciò riconduce alla contraddizione segnalata tra le conoscenze geografiche proposte
e il tempo orario lasciato alla disciplina.
Per quanto riguarda l’associazione di storia e geografia in un’etichetta unica, si può
dare una valutazione positiva.
E del resto la geografia, interdisciplinare per eccellenza, può trovare nei collegamenti
con la storia e la dimensione temporale strategie didattiche molto feconde. Tuttavia
la non continuità di questa esperienza, ne ostacola fortemente i possibili sviluppi.
Rendendosi conto di ciò la Commissione ministeriale, inserisce tra gli obiettivi di
storia dell’ultimo anno dei licei, alcuni temi di geografia.

I LICEI: OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO


Nelle Indicazioni la storia e la geografia sono considerate come insegnamento
unitario, ma sono distinte negli obiettivi di apprendimento. Non c’è alcun curricolo
geografico-storico condiviso, che non sarebbe possibile perchè la presenza della
geografia si limita al primo biennio.
Altro richiamo alla geografia, si riscontra come ricordato, negli obiettivi della storia
del quinto anno.

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Gli obiettivi per la geografia, le Indicazioni accolgono in buona parte le basi
concettuali della disciplina: dal paesaggio all’urbanizzazione, dalle migrazioni e dalla
questione demografica alla globalizzazione.
Per questo tipo di analisi, lo studente prenderà familiarità con la lettura e la
produzione degli strumenti statistico-quantitativi e con le diverse rappresentazioni
della terra e le loro finalità, dalle origini della cartografia fino ai GIS.

GLI ISTITUTI TECNICI E PROFESSIONALI


Gli istituti tecnici si articolano in due settori (economico e tecnologico), suddivisi in
undici indirizzi. Nel primo ve ne sono due: amministrazione, finanza e marketing;
turismo.
Il secondo invece ne comprende nove: meccanica; meccatronica ed energia; trasporti
e logistica; elettronica ed elettrotecnica; informatica e telecomunicazioni; grafica e
comunicazione; chimica, materiali e biotecnologie; sistema moda; agraria,
agroalimentare e agroindustria; costruzioni, ambiente e territorio.
Il quadro orario pure in questa scuola è fortemente penalizzante per la geografia, e in
certi casi ciò risulta davvero inspiegabile.
Le sedi istituzionali, accorgendosi di ciò, ricordano, a proposito di Cittadinanaza e
Costituzione, che è opportuno che i docenti di storia che insegnano nei percorsi del
settore tecnologico affrontino tali aspetti anche in una prospettiva geografica.
La geografia è presente come disciplina autonoma nei bienni degli istituti tecnici del
settore economico ma solo nel settore Turismo è presente anche al triennio.
Negli istituti professionali la geografia non è presente e anche qui ciò risulta
inspiegabile in istituti come Servizi per l’Enogastronomia e l’ospitalità alberghiera che
prevede obiettivi quali vslorizzare il patrimonio delle risorse ambientali, artistiche,
artigianali, culturali del territorio e si parla di cultura del territorio.
Negli istituti professionali avviene che conoscenze geografiche e abilità geografiche
siano fatte rientrare nella disciplina “tecniche professionali dei servizi commerciali”.
Nel profilo educativo, culturale e professionale dello studente è attestata
l’importanza della geografia, alla qual si assegna un rilevante ruolo, formativo e
professionale, anche se poi manca l’insegnamento.
GLI ISTITUTI TECNICI E I RISULTATI DI APPRENDIMENTO IN GEOGRAFIA
Riguardo al’impianto geografico, le Indicazioni per gli istituti tecnici non si discostano
molto dal biennio liceale, anche se in questi è accentuato il richiamo alla dimensione
economica.
Vedi elenchi pag. 152-153

L’UNIVERSITA’
IL QUADRO DI RIFERIMENTO
Trasformazioni profonde , sia sul piano della gestione sia su quello più propriamente
didattico, si sono verificati e al momento le università rilasciano i seguenti titoli:
laurea (L); laurea magistrale (LM); diploma di specializzazione (DS); dottorato di
ricerca (DR).
La trasformazione coinvolge, innanzi tutto, i rapporti e gli equilibri tra ricerca e
didattica; non a caso molti addetti ai lavori parlando di “liceizzazione” dell’università,
attribuendo al termine un’accezione negativa per intendere una riduzione di
condizione e di livello qualitativo, piuttosto che un potenziamento della didattica.
Il rapporto tra l’impegno destinato alla ricerca e quello destinato alla didattica
costituisce uno dei nodi più delicati. Questo non è tuttavia un problema nuovo, dato
che da sempre ricerca e didattica rappresentano le due funzioni essenziali del
professore universitario, docente e allo stesso tempo ricercatore.
L’attuale sistema è imperniato sui crediti formativi universitari (CFU), che
costituiscono la nuova unità di misura, con la quale si quantifica il carico di tempo
necessario allo studente per conseguire conoscenze e competenze ritenute
indispensabili in una determinata disciplina e nell’insieme del corso. Venticinque ora

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complessive dell’impegno a lezione e di quello a casa per il conseguimento di un
credito.
L’introduzione dei crediti ha stravolto la vecchia impostazione imperniata sulla
singola disciplina, i cui criteri erano stabiliti in primo luogo dal docente, che stabiliva
autonomamente programma e testi di studio.
Nel vecchio sistema, lo studente si trovava in una posizione subalterna rispetto al
soggetto che era il docente- ricercatore.
In ciascun corso di laurea non si opera più su discipline rigide, ma su moduli flessibili
all’interno dei settori scientifico-disciplinari di riferimento, distribuiti secondo
apposite tabelle ministeriali distinte per classi di laurea, nelle seguenti attività
formative di base, caratterizzanti, affini o integrative.

GEOGRAFIA E DIDATTICA UNIVERSITARIA


Nell’università tradizionale, per quanto rigurda l’insegnamento della geografia, come
del resto le altre discipline, si colloca nella correlazione esistente tra ricerca e
didattica, seppur il legame fra questi due momenti è asimmetrico.
Il docente- ricercatore aveva il compito di trasmettere agli studenti i risultati dei suoi
studi ed eventualmente alcune metodologie per l’acquisizione; ciò, tuttavia, esclude
relazioni più complesse di tipo formativo.
Il problema della didattica universitaria ha qualche legame con la continuità didattica
tra scuola secondaria e università. Nel passato questi due settori erano meno distinti
e distanti di quanto non lo siano oggi.
Diverse persone si sono battute perchè ci fosse una continuità nelle geografia
scolastica e quella universitaria e perchè l’università diventasse in grado di produrre
da un lato geografi e dall’altro insegnanti di geografia.
La geografia, nel pecendente assetto universitario, era presente in un gran numero di
facoltà e in un numero ancora maggiore di corsi di laurea, e poteva essere
tradizionale o con un attributo preciso e qualificante.
Per le discipline geografiche vi sono due settori specifici, che dovrebbero
unificarsi,geografia e geografia economico-politica, a cui si può aggiungere geografia
fisica e geomorfologia.
E’ naturale perciò che le situazioni possano variare, anche considerevolmente, da
ateneo ad ateneo.
I CORSI DI LAUREA IN GEOGRAFIA
In ambito accademico vi è una lunga tradizione relativa al corso di laurea in
geografia, il rpimo dei quali risale al 1936, istituito presso la Sapienza di Roma, anche
se fino alla recente riforma soltanto le sedi di Roma e Genova avevano attivato
questa tipologia di corso.
I dcreti ministeriali assegnano alla Geografia una classe specifica, sia nelle lauree
universitarie, sia in quelle magistrali.
Nella classe delle lauree triennali in Geografia sono indicati i seguenti obiettivi
formativi qualificanti (vedi pag. 158 NB).
Nella classe delle lauree magistrali in Scienze geografiche invece sono indicati i
seguenti obiettivi formativi qualificanti (vedi NB pag. 158)

LA CONTINUITA’ DIDATTICA
UN PROBLEMA ANNOSO
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento un problema molto dibattuto è stato
quello relativo al metodo progressivo (continuità tra i vari livelli di scuola, non si
riprende mai ciò che è già stato fatto) e il metodo ciclico (ogni corso di studi riprede
da capo e tratta tutti gli argomenti, via via più complessi).
Oltre alla geografia è stata coinvolta la storia, che tratta l’Età antica nella primariae
dal Medioevo a oggi nella secondaria di primo grado.

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Negli ultimi decenni questo dibattito si può dire sia stato superato, poichè il
principale interesse della didattica si è spostato dai contenuti alle strategie
didattiche, dall’insegnamento all’apprendimento.

CONTINUITA’ E PROCESSI DI APPRENDIMENTO


Data la possibile difficoltà di integrazione per uno studente nel passaggio da un
grado scolastico a un altro, vi è l’esigenza sempre più sentita, di intese tra istituzioni
e docenti appartenenti ai diversi comparti scolastici.
Il dialogo tra docenti è possibile nella piena consapevolezza dell’unicità del processo
di formazione dell’allievo.
Gli istituti comprensivi ( scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado)
hanno agevolato ancora di più il raggiungimento di obiettivi tesi al miglioramento
della continuità verticale.
La necessità di una continuità didattica era però già presente nei programmi del
1985.
Continuità del processo educativo non significa nè uniformità, nè mancanza di
cambiamento; al contrario consiste nel considerare il percorso formativo secondo una
logica di sviluppo coerente, che valorizzi le competenze già acquisite dall’alunno e
riconosca le specificità e la pari dignità educativa dell’azione di ciascuna scuola, nella
dinamica della diversità dei loro ruoli e funzioni.
L’accordo su obiettivi, contenuti, strategie può essere conseguito pienamente
soltanto con un impianto riformatore unitario, che punti a un insieme organico e
logico, con una struttura entro la quale ogni elemento sia dotato di senso.
Lo scollegamento che si presenta nel passaggio di livello scolastico pone il pericolo di
lasciar cadere, e perdere forse definitivamente, ciò che costituisce il bagaglio
culturale degli alunni, poco o tanto che sia, acquisito nella precendente esperienza.
E’ inoltre importante anche il fatto che la discontinuità didattica verticale produce
una serie di implicazioni sfavorevolisul piano orizzontale dell’interdisciplinarità.

GEOGRAFIA E CONTINUITA’ DIDATTICA


La didattica generale e quelle disciplinari in particolare hanno il compito di facilitare il
passaggio dagli studenti nei vari gradi della scuola attraverso la formulazione di
percorsi curricolari, che considerino insieme discontinuità e continuità.
Per quanto riguarda la Geografia, occorre partire ancor prima della scuola primaria,
cioè dalla scuola dell’Infanzia, con le prime esperienze ludiche di scoperta dello
spazio.
Il caso più macroscopico di carenza di raccordi , è stato quello tra la terza media da
una parte e e quarto, quinto ginnasio dall’altra, dove si registrava un’inutile
sovrapposizione di contenuti, gicchè in ambedue i contesti si studiavano gli stessi
spazi geografici
Le strategie didattiche dovrebbero trovare in valide sequenze verticali i loro
riferimenti essenziali.

GEOGRAFIA E INSEGNANTI: IL RUOLO DELLA FORMAZIONE – CAPITOLO VIII

L’ANNOSA QUESTIONE DELLA FORMAZIONE E DELL’AGGIORNAMENTO


Nonostante qualche passo avanti rispetto alla formazione iniziale, oggi non è ancora presente
in Italia una piena consapevolezza dell’importanza cruciale della figura del docente, e non
sembrano sempre chiari nè il ruolo, nè la necessità di un continuo aggiornamento.
Sarebbe opportuno fornire ai docenti formazione iniziale e in servizio, ma diversi ostacoli si
frappongono alla realizzazione di questo cammino di formazione e le proposte innovative, non
sempre trovano i docenti pronti, e soprattutto disposti psicologicamente ad affrontare nuove
esperienze e nuove sfide.
Certo è che dalla legge Casati del 1859 fino alla riforma Gentile del 1923, il problema
dell’aggiornamento non era neppure accennato vista la portata di problemi ben più gravi da
risolvere.

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Con la Riforma Gentile si vararono le prime incerte disposizioni amministrative, volte ad
aggiornare la cultura professionale dei docenti, ma soltanto dopo la Seconda Guerra Mondiale
si è delineato sempre con maggiore chiarezza il problema dell’aggiornamento dei docenti,
divenuti nel frattempo molto numerosi in seguito agli intesi processi di scolarizzazione.
La formazione dovrebbe essere continua, dal momento che i contenuti scientifici sono in
evuluzione incessante, così come del resto evolvono i modelli pedagogico-didattici: di qui la
necessità di organizzare un efficace impianto di aggiornamento dei docenti. Ma anche sotto
questgo aspetto la situazione italiana presenta numerosi problemi, sia qualitativi sia
quantitativi.
Inoltre si tende a fare costante riferimento all’università, ma qui non sosno state realizzate
strutture indirizzate all’espletamento di finalità relative all’aggiornamento.

I PROBLEMI DI FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO


Le questioni legate alla formazione e all’aggiornamento dovrebbero rappresentare
un’occasione essenziale per agevolare la messa in sintonia del docente con la programmazione
scolastica e con i ritmi dell’informazione e della ricerca, oltre che per rafforzare il dialogo da
instaurare con gli alunni, attraverso una consapevole gestione dei processi di comunicazione.
Negli ultimi anni la ricerca geografica italiana, condotta in sede universitaria, ha subito una
forte accelerazione, accentuando il distacco dal mondo della scuola. Questa circostanza
dovrebbe costituire un nuovo stimolo e soprattutto dovrebbe far comprendere meglio quanto
sia vitale la funzione dell’aggiornamento.
Cesare Scurati ricorda tre modelli per la preparazione e la realizzazione dei corsi di
aggiornamento, che possono così riassumenrsi: sapere per sapere (lezione frontale
tradizionale), sapere per fare ( modello pratico che può insegnare nuove tecniche), sapere per
cambiare (privilegia il dibattito).
L’aggiornamento se ben organizzato può rappresentare un mezzo significativo per partecipare
alla ricerca pedagogica e a quella didattico-disciplinare e in tale prospettiva viene anche a
mutare in concreto il ruolo dell’nsegnante, al quale si richiede di concorrere a interpretare
didatticamente nuove acquisizioni, confrontandole con le realtà sociali.

I LUOGHI ISTITUZIONALI PER LA FORMAZIONE DEI DOCENTI


DUE IMPORTANTI INNOVAZIONI PER LA FORMAZIONE
La formazione iniziale per i docenti è profondamente mutata negli ultimi tempi.
Ciò che ha portato a corsi di studi destinati alla formazione dei docenti, è stata la presa di
coscienza dell’importanza per tutti i docenti, senza distinzioni, di una robusta preparazione
relativa alle scienze dell’educazione e alle didattiche disciplinari.
Così secondo una legge del 1990 sono stati istituiti un corso di laurea specifico per la
formazione culturale e professionale degli insegnanti della scuola dell’infanzia e primaria e una
scuola di specializzazione per la formazione, anche attraverso attività di tirocinio.
Soltanto otto anni dopo però è stato attivato il primo corso di laurea in Scienze della
formazione primaria, mentre l’anno successivo è partita la scuola di specializzazione per
l’insegnamento secondario ( poi sostituita dalle specifiche lauree magistrali per l’insegnamento
secondario).
I due corsi hanno costituito una buona occasione per consentire all’università di venire fuori da
quella posizione di autoreferenzialità, quasi sempre deprecata a parole, ma salvaguardata nella
prassi.
Il rapporto tra scuola e università, che si può realizzare in fruttuose integrazioni tra ricerca e
didattica, grazie ai nuovi ordinamenti potrebbe articolarsi meglio e arricchirsi di nuovi apporti,
con ricontri positivi in ambito scolastico.

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA


Le nuove norme, in vigore dall’anno accademico 2011-2012, prolungano di una anno il
percorso per l’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, con un corso di
laurea magistrale quinquiennale, a ciclo unico e a numero programato con prova d’accesso.
L’obiettivo di tale corso di laurea è quello di fornire la preparazione pedagogica necessaria ada
affrontare la delicatezza del compito educativo nei confronti dei bambini dai tre agli undici
anni, coniugando riflessione teorica, competenza disciplinare e impegno pratico attraverso le
attività di alboratorio e tirocinio, che anno inizio dal secondo anno per seicento ore e
ventiquattro crediti formativi.
A chiudere il corso sono la tesi e la relazione finale di tirocinio.

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Secondo gli obiettivi formativi qualificanti, i laureati nel corso di laurea magistrale devono
possedere conoscenze disciplinari relative agli ambiti oggetto di insegnamento (linguistico-
letterari, matematici, di scienze fisiche e naturali, storici e geografici, artistici, musicali e
motori). Inoltre tale corso prevede accanto alla maggioranza delle discipline uno o più
laboratori pedagogico-didattici, volti a far sperimentare in prima persona agli studenti la
trasposizione pratica di quanto appreso in aula.
Al tutto si aggiunge inglese, pedagogia, sociologia, psicologia, didattica, antropologia, diritto,
neuropscichiatria infantile, igiene, psicologia clinica.
Nei crediti formativi di ogni insegnamento disciplinare deve essere inclusa una parte di
didattica della disciplina stessa (ad esempio didattica della geografia fa parte degli otto crediti
riservati a tale disciplina).

PER UN COORDINAMENTO DEI CORSI DI LAUREA IN SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA


Un gruppo di geografi, impegnati nei corsi di laurea in scienze della formazione primaria, ha
presentato un documento con osservazioni, raccomandazioni, suggerimenti per una migliore
organizzazione dei crediti formativi riservati alla geografia (8+1).
Viene suggerito un corso unico, abbinato ad attività laboratoriali, suddiviso in un modulo che
sviluppa la parte di teoria riguardante le conoscenze e i concetti fondamentali e un modulo di
didattica, nel quale presentare gli stumenti, i metodi e i valori educativi della geografia.
Vedi consigli pag. 173-174 NB.

LA SCUOLA DI SPECIALIZAZIONE PER L’INSEGNAMENTO SECONDARIO


La scuola di specializzazione per l’insegnamento era stata istituita per collocarsi su un piano di
grande attenzioneper gli aspetti didattici ed educativi, poichè i contenuti relativi alle discipline
si davano per acquisiti, avendo lo studente già sostenuto i relativi esami nella precedente
formazione universitaria.
Anche nel momento in cui tale scuola venne soppressa non venne messa in discussione la sua
importanza.
Essa si articolava in quattro aree: formazione per la funzione docente, contenuti formativi degli
indirizzi, laboratorio e tirocinio
Per quanto riguarda i contenuti formativi degli indirizzi, sono emersi alcuni problemi, primo fra
tutti: la carenza di docenti veramente competenti nelle didattiche disciplinari, ad esempio
mancava la copertura di insegnamenti di didattica della geografia.

LE LAUREE MAGISTRALI PER L’ INSEGNAMENTO


La Scuola di specializzazione venne sostituita dalle lauree magistrali per l’insegnamento a
numero programmato. In questo modo per avere l’abilitazione all’insegnamento alla scuola
secondaria di primo e secondo grado, è necessario un corso biennale di laurea magistrale (cui
si accede dal precedente corso triennale) e un successivo anno di tirocinio formativo attivo
(TEA), a cui deve seguire una relazione.Vedi NB pag. 175.

LA SPECIFICITA’ DELLA GEOGRAFIA: CHI LA PUO’ INSEGNARE?


L’assegnazione delle cattedre per l’insegnamento è problema strettamente collegato alla
professionalità dei docenti, all’articolazione della materia, ai raggruppamenti fra discipline. I
geografi hanno sempre sostenuto che nella scuola secondaria di secondo grado il docente di
geografia dovesse essere uno specialista, fornito di adeguata preparazione nella disciplina.
Tuttavia spesso accade che, data la scarsa presenza della geografia negli istituti superiori, il
singolo docente che deve insegnare più materie, possiede proprio nella geografia la
preparazione meno solida, almeno nella gran parte dei casi.
Ad esempio al ginnasio, l’ampio raggruppamento di discipline (italiano, latino, greco, storia,
geografia), fa sì che ci siano generali ricadute negative, gravi soprattutto per la geografia, non
certamente la privilegiata tra le discipline prescelte da un docente laureato in Lettere
classiche.
Una buona soluzione potrebbe essere l’abbinamento di storia e geografia, in una piattaforma
coerente, sviluppando un progetto comune e risolvendo il problema della formazione
universitaria dei docenti, che dovrebbero acquisire in ambedue le discipline un congruo
numero di crediti formativi.

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