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Introduzione
La geografia aiuta a comprendere le dinamiche territoriali (es. globalizzazione) e come le relazioni
tra uomo e ambiente siano cambiate. Non a caso la nostra geografia è detta umana. Il geografo
non studia dai libri, ma legge i segni del mondo e interpreta il paesaggio. Studiare geografia
implica il riconoscere i rapporti di causa ed effetto tra fenomeni naturali ed antropici. Per ogni
fenomeno è necessario chiedersi come, quando, dove e perché. Durante il corso, ogni concetto
verrà analizzato da un punto di vista oggettivo e soggettivo (es. lo spazio può essere assoluto, ma
può anche variare a seconda della percezione delle persone; es. una strada può essere percepita
più lunga se considerata meno sicura). La geografia percettiva è stata ad esempio sfruttata per
l’urbanistica di diverse città americane.
La geografia si dirama in trascrizione e descrizione. Un esempio di trascrizione può essere ad
esempio una carta geografica, quindi un segno grafico (non sempre la cartografia è una
rappresentazione oggettiva. Da una carta possono essere dedotte informazioni diverse da quelle
che il geografo voleva comunicare in base alla formazione di ciascuno). La descrizione è invece un
segno scritto e consiste in un commento. Il punto di partenza è ad ogni modo l’individuare il dove.
Ma la geografia può essere anche interpretazione, cioè tentare di rispondere alla domanda perché.
Ad esempio la presenza di serre può essere determinata da condizioni climatiche avverse e ci si
può domandare se ci siano sempre state o meno. Oppure ci si può fare domande su di una diga,
sul perché essa è stata costruita. Con interpretazione intendiamo dunque la ricerca delle cause
(perché) e lo studio dei processi (come). Geografia etimologicamente è descrizione della terra. Ma
la geografia non è solo questo. La geografia fisica (studio delle caratteristiche naturali) riprende di
fatto l’etimologia, ma la geografia umana tiene conto anche di processi umani, politici e
ambientali. La geografia dunque studia l’ambiente, che è una realtà complessa. Quando parliamo
di ambiente trattiamo sia di componenti naturali, come morfologia, idrografia, clima, flora e fauna,
sia di componenti antropiche, come popolazione, forme d’insediamento (es. villaggi, città ecc.),
strutture economiche, dinamiche sociali (es. ghettizzazioni di gruppi etnici, integrazione ecc.),
religione, organizzazione del territorio e paesaggi (il paesaggio non è per forza bello, ma è la
fotografia di una situazione). Il paesaggio è un insieme di segni, cioè di elementi indici di processi (i
simboli sono segni rivestiti di importanza e significato).
Terminologia
La geografia solitamente riadopera parole comuni con significati più precisi (es. spazio). Essa
concerne lo studio dello spazio e ciò che agisce in esso. Lo spazio assoluto è quello della fisica,
mentre lo spazio relativo è quello che si instaura nelle relazioni tra uomo e ambiente/substrato
fisico (es. insediamenti, migrazioni). Il substrato fisico è l’oggetto di studio della geografia fisica,
cioè morfologia, idrografia, clima, flora e fauna. Anche la parola luogo acquisisce un significato
specifico, che è quello di spazio vissuto. Esso riguarda anche in questo caso la sfera della
percezione e della mappa mentale. Il luogo ha un’ubicazione, una direzione e una distanza. Esso
ha una connotazione soggettiva. Al contrario i non-luoghi sono quelli caratterizzati da anonimato
(es. hall di alberghi, aeroporti, centri commerciali). I non-luoghi sono caratterizzati da un eccesso
di ego e individualità e manca di senso di comunità. Ci sono però anche non-luoghi che pian piano
sono diventati luoghi. Ad esempio un cinema può diventare punto di incontro per delle persone ed
essere abbracciato da un senso di comunità. I luoghi a causa della globalizzazione tendono a
vedere appiattiti i propri aspetti culturali (al contrario del precedente modello del villaggio
globale). La stessa Napoli mantiene a spada tratta la propria identità, perché ha dei punti forti e
risorse culturali (il bene culturale è qualunque elemento rappresenti l’identità culturale; es.
Vesuvio, piazza del Plebiscito) in cui i napoletani si ritrovano. Non valorizzare i beni culturali, può
portare alla perdita della memoria storica di una comunità. Il luogo ha una struttura fisica e un
contenuto culturale. Il contenuto dei luoghi è strutturato e spiegabile. I luoghi possono essere
raggruppati in unità regionali, cioè territori che condividono somiglianze. La regione è un
territorio, in quanto in esso esiste un gruppo umano che lo struttura in base alle proprie esigenze.
In questo senso possiamo parlare di regione in base alle caratteristiche naturali o di regioni
territoriali (territoriale perché organizzato dall’uomo).
L’ubicazione assoluta definisce la posizione di un punto sulla superficie terrestre, cioè è definito ad
esempio dalle coordinate geografiche. L’ubicazione relativa è la posizione che tiene conto del
contesto (un luogo può avere posizione centrale o periferica). L’antitesi centro/periferia in
geografia è un concetto relativo, che non è per forza topografico, ma può anche dipendere dallo
sviluppo.
Anche la direzione può essere assoluta (es. verso Nord) o relativa (es. avanti e indietro).
Allo stesso modo abbiamo una distanza assoluta (es. chilometrica) e una distanza relativa (in base
alla percezione).
L’accessibilità è la possibilità di accedere ai servizi principali ed è legata all’idea di connettività dei
luoghi (es. geografia dei trasporti, integrazione delle comunità). La connettività è un fattore
importante non solo per le relazioni umane, ma anche per lo spostamento delle merci.
L’integrazione spaziale è il valore che indica la mancanza di barriere tra luoghi.
Tober pronunciò la prima legge della geografia: “Ogni cosa è correlata a ogni altra cosa, ma le cose
vicine sono più correlate tra loro di quelle lontane”. L’attrito della distanza è l’ostacolo per la
separazione temporale e spaziale tra i luoghi.
La diffusione spaziale è il processo mediante il quale un fenomeno si diffonde nello spazio dal
centro di origine. La globalizzazione ha ad esempio comportato un aumento delle connessioni.
Dispersione e contrazione sono concetti che si usano in più ambiti, come nelle forme di
insediamento (che può essere disperso o concentrato e quindi legato all’idea di densità
demografica). Ma questi concetti possono essere legati anche alle attività economiche. In questo
senso adoperiamo dispersione e concentrazione soprattutto in ambito economico (quando
parliamo di luogo disperso intendiamo un’area lontana da grandi centri economici e non bisogna
pensare alla periferia).
Le scuole geografiche
Le regioni sono zone della terra che mostrano elementi significativi di uniformità interna ed
efficienza esterna rispetto ai territori. Il concetto di regione è però cambiato nel corso del tempo.
Tant’è che parliamo di differenti scuole geografiche. L’evoluzione del concetto di regione va di pari
passo con l’evoluzione dei paradigmi scientifici che si sono susseguiti nel tempo. Kuhn definisce il
paradigma come il modo di interpretare la realtà che alberga nella mente del ricercatore di una
determinata epoca. I paradigmi possono però perdere di esaustività ed essere sostituiti. In
geografia il paradigma scientifico è disciplinare. Ad ogni paradigma scientifico corrisponde uno
disciplinare.
Nel Settecento il paradigma scientifico è quello della meccanica razionale, che cerca la relazione
tra causa ed effetto. La realtà è vista dunque come una macchina che risponde al determinismo
ambientale (cioè è l’ambiente naturale che determina la regione). Siamo in un periodo in cui la
rivoluzione industriale non ha ancora sconvolto l’umanità. Questa scuola geografica di matrice
tedesca fa si che la regione abbia confini che coincidono coi confini naturali e fisici. I nomi
principali di questa scuola furono quelli di Ritter e Ratzel.
La meccanica razionale viene nell’800 sostituita dalla termodinamica, che non vede la realtà come
causa ed effetto, ma come risultato di un’aggregazione di molecole dettata dal calore. Si approda
ad una sorta di possibilismo. Nasce dunque una scuola geografica di possibilismo o di ecologismo
umanistico (l’uomo inizia ad essere considerato un fattore geografico). Esiste quindi un rapporto
bidirezionale: da un lato la natura che offre vincoli e possibilità, dall’altro l’uomo con le nuove
tecnologie. Questa scuola è anche detta classica, perché il concetto di regione (che ha come
confini i generi di vita ed è dinamica e non più statica) non è cambiato poi molto da allora. Si crea
anche l’idea di paesaggio, insieme di segni impressi dall’uomo. Due regioni con stesso substrato
possono distinguersi per le caratterizzazioni umane. Questa scuola è di matrice francese e i nomi
principali furono quelli di Blache e Febvre.
Altra scuola è di matrice inglese, americana e tedesca (per la maggiore presenza di carbon fossile).
È infatti una scuola dettata da un processo di sviluppo industriale e di urbanizzazione (fenomeno di
sviluppo delle città preesistenti e di nascita di nuove). Il paradigma scientifico in questo caso è
quello dello strutturalismo. In questo senso la geografia ruota intorno soprattutto all’urbanistica e
all’organizzazione delle città. La regione è funzionale o polarizzata e diviene l’area di gravitazione
di una località centrale (non in senso topografico), che crea intorno a sé un’area di gravitazione
(determinata dalle funzioni di rango elevato, come la funzione istruzione). Questa geografia viene
detta funzionalista. Le funzioni sono le attività economiche, cioè beni e servizi che una città offre ai
suoi cittadini (es. l’università risponde alla funzione istruzione). La rete urbana si fonda su funzioni
(non è lo schema delle strade). Si parla anche di analisi spaziale, poiché si studiano gli elementi
orizzontali.
La scuola del nostro periodo (XX-XXI) è quella sistemica. La regione è considerata un modulo
bimondulare, cioè naturale e sociale. Lo strutturalismo parlava di struttura in evoluzione, qui si
parla di sistema in cambiamento. Il paradigma scientifico è quello della teoria sistemica. Il modello
è quello del villaggio globale, che molto si fonda sull’omologazione. L’omologazione può essere un
aspetto positivo nell’ambito dei trasporti, negativo per la diffusione di mode, che appiattiscono le
connotazioni delle singole località.
Gli aspetti culturali
Oggi vedremo come la cultura si diffonde nello spazio. Come si sono venute a creare le culture?
Esse sono state originate da migrazioni e successive cristallizzazioni. Alla base di tutto c’è quindi un
movimento nello spazio. La geografia si interessa a queste dinamiche, perché i tratti culturali che si
diffondono imprimono caratteristiche uniche nel paesaggio.
Con tratti culturali intendiamo dei mattoni che messi insieme formano l’edificio cultura (es. lingua,
credenza, allevamento) o meglio la struttura culturale. L’allevamento ad esempio per le
popolazioni nomadi della Tanzania è un tratto culturale importante. Esso determina valori: una
famiglia è considerata ricca in base ai capi di bestiame detenuti. E ancora può influenzare la dieta e
porta gli uomini a mangiare carne e latte. La cultura quindi influisce sulle modalità con le quali
l’uomo interagisce con la natura (i generi di vita, cultura e tecnologia, col substrato fisico). A
seconda della risonanza dei tratti culturali si può avere una regione culturale o un complesso
culturale regionale (uno dei campi interessati è quello economico). La diffusione di una cultura
parte da focolai culturali, cioè centri di innovazione e invenzione. Tutto ha sempre inizio dalla
preistoria: in primo luogo gli uomini abitavano solo luoghi con clima favorevole, poi con le
migrazioni cambiarono le abitudini. Il periodo neolitico con la sedentarizzazione porta con sé
l’agricoltura. Nel momento in cui si creano villaggi separati si vengono a creare sistemi culturali
diversi. Ma ci sono stati anche ritrovamenti di utensili simili a grandissima distanza. La prima teoria
è quella della diffusione multilineare: l’adattamento a luoghi con caratteristiche simili porta gli
uomini a creare utensili simili. Altra teoria è quella del diffusionismo, che spiega il ritrovamento
con degli spostamenti (es. mercanti). Quando i gruppi umani creano sistemi culturali diversi si
parla di divergenza culturale, quando abbiamo tratti culturali condivisi si parla di convergenza
culturale.
L’innovazione è un mutamento che deriva da nuove idee create all’interno della cultura e che
comporta un miglioramento tecnologico.
La diffusione è un processo per il quale un’idea o un’innovazione si diffonde da un sistema
culturale ad un altro. Esistono diverse tipologie di diffusione: di spostamento (es. colonizzazioni
americane), per espansione (quando i territori di arrivo iniziano a mutare la propria cultura), per
contagio (diffusione per espansione su larga scala) e diffusione gerarchica (quando un’innovazione
viene recepita prima dalle grandi città e poi da lì dai centri più piccoli).
La transculturazione è un flusso di scambi bidirezionali tra culture (es. scambio tra Romani e
Greci).
Il sincretismo è un processo di fusione del vecchio col nuovo (es. si smussano i tratti di una
religione per far convertire più persone).
In merito a interazione spaziale e comportamento spaziale la geografia si chiede:
1. Quali considerazioni influiscono sul comportamento degli uomini nello spazio?
2. In che modo la distanza incide sull’interazione umana?
3. Come superiamo le conseguenze della distanza nello scambio di beni e informazioni?
4. Come si giunge alla decisione di spostarsi e migrare?
L’interazione spaziale si misura col movimento di popoli, idee e prodotti all’interno di aree
geografiche e tra di esse. Ma in base a che si sceglie di andare oltre la regione di appartenenza?
Ullmann sottolinea che l’integrazione spaziale (cioè lo spostamento) avviene in base a tre principi:
complementarietà (cioè la mancanza di un qualcosa nella propria regione, che si trova però
in un'altra, cioè complementarietà tra domanda e offerta; anche le città grandi oggi si
spogliano di servizi, al contrario del modella della gerarchizzazione urbana. Quando una
città ha un gran numero di servizi, si accumula popolazione e nascono problemi. La
delocalizzazione delle funzioni volta al raggiungimento della complementarietà venne ad
esempio perseguita da Londra tempo addietro. Questo tipo di pensiero nasce nelle
strutture urbane più mature. Al contrario il Mezzogiorno italiano è stato per lungo tempo
caratterizzato da una forte gerarchizzazione urbana),
trasferibilità (un bene deve essere trasferibile. Ci sono varie condizioni che determinano la
trasferibilità, cioè deperibilità, dimensioni e peso, costi di produzione, cioè costi delle
materie prime, dei trasporti e del suolo),
opportunità interposta (fonti alternative di offerta o domanda più attraenti, più a portata di
mano o meno costose).
Esiste un effetto decrescente della distanza, cioè un calo di un’attività o di una funzione
all’aumentare della distanza dal suo punto di origine. Entra in gioco il modello gravitazione che
riprende la legge di Newton. Secondo la legge di Newton le cose di grandi dimensioni si attraggono
reciprocamente più di quanto accada per quelle di piccoli dimensioni. Quindi l’attrito della
distanza viene superato tra centri di grandi dimensioni (con grandi dimensioni parliamo sempre di
popolazione). Altra legge è quella di Carey, che riguarda l’integrazione dei centri urbani (scambi di
attività economica). Essa ipotizza che l’interazione può essere calcolata sostituendo alla massa
fisica del modello di Newton le dimensioni della popolazione e alla distanza lineare la variazione
del tempo o del costo di percorrenza. Quindi l’interazione tra uomini diminuisce con la distanza,
ma aumenta se i luoghi sono grandi. Una città demograficamente grande lo è perché è
economicamente grande. Una città con funzioni importanti abbatte il fattore distanza. La legge di
Reilly dice che due città richiameranno attività economiche da località intermedie in maniera
direttamente proporzionale alla popolazione delle due città e inversamente proporzionale al
quadrato della loro distanza rispetto al luogo intermedio. Una persona che da una città intermedia
tra due città per una funzione mancante nella sua sceglierà la città più grande a parità di funzioni,
anche se si trova in una posizione precisamente a metà tra le due città maggiori, perché rientra
nell’area di gravitazione della città più grande (la rottura di carico è il confine dell’area di mercato
di una città).
Migrazioni
La mobilità indica tutte le tipologie di spostamento (es. migrazione, turismo, pendolarità). Ma quali
fattori influenzano lo spostamento? Età, mezzi di mobilità, esigenze e opportunità nelle attività
quotidiane. La migrazione è uno spostamento permanente o a lungo termine dal luogo di
residenza. Le azioni e le decisioni si basano sulla percezione dei luoghi, ossia sulla consapevolezza
che abbiamo dei luoghi. I fattori delle direzioni possono essere una maggiore conoscenza di luoghi
collocati in alcune direzioni piuttosto che in altre. Molto viene influenzato dalle mappe mentali
(immagini mentali determinate dalla percezione). Meno desiderabili sono i lunghi percepiti come
meno familiari, sgradevoli o rischiosi. Le migrazioni si in base a spazio (migrazioni interne, come da
campagna a città, e internazionali), movente (migrazioni spontanee, obbligate o coatte e
organizzate), durata (migrazioni temporali e permanenti) ed entità (migrazioni di massa e per
infiltrazione). Ora prendiamo in considerazione città, territori urbanizzati, e campagne, aeree rurali
(cioè che non hanno carattere urbano). Nell’ambito dei movimenti migratori possiamo distinguere
tutte le combinazioni possibili (da città a campagna e viceversa, da città a città e da campagna a
campagna). Quando il passaggio va dalla campagna alla città si parla di un’inversione di tendenza
nel processo di industrializzazione (decentralizzazione). In questo caso si vengono a creare aeree
suburbane. Intorno agli anni ’90 questo è accaduto molto a Napoli (sono nati Varcaturo, Baia
Domizia ecc.). Gli spostamenti da campagna a campagna sono per lo più stagionali e legati ad
attività periodiche (es. allevamento). Spesso si analizzano anche i fattori di spinta e di attrazione,
che fanno capo al livello di soddisfazione percepito da un soggetto rispetto ad una data ubicazione
residenziale. Si può inoltre distinguere migrazione graduale, migrazione a catena e migrazione di
ritorno. La tipologia di migrazione è dettata anche dall’etnia del gruppo. In generale all’inizio la
migrazione è graduale. Poi con le comunicazioni tra i gruppi, i gruppi diventano più numerosi
(migrazione a catena). Le migrazioni di ritorno sono invece movimenti inversi.
Geografia della popolazione
La geografia della popolazione parte dai censimenti, abitudine molto antica. Il primo censimento
italiano è del 1861, poi si è proceduto di 10 anni in 10 (con battute di arresto durante le guerre). I
censimenti servono a comprendere la struttura della popolazione. Prima si procede per sex ratio
(distinzione per sesso) e per età, poi per struttura professionale (professione/istruzione). I
censimenti possono essere utili a comprendere anche l’economia di un paese (es. se si è un paese
di contadini per esempio). La geografia della popolazione si basa sull’ampiezza della popolazione,
sulla distribuzione degli individui e sul tasso di crescita. Con densità demografica si intende la
relazione tra il numero di abitanti e l’area da essi abitati. Ci sono poi la densità fisiologica (rapporto
tra popolazione e terreno potenzialmente coltivabile) e la densità agricola (rapporto tra
popolazione rurale e terreno agricolo; l’aggettivo agricolo fa direttamente riferimento
all’agricoltura e in geografia non è un sinonimo di rurale; agrario fa riferimento ai sistemi agricoli
da un punto di vista economico). Il tasso di natalità indica il numero di bambini nati vivi in un anno
ogni mille abitanti. I fattori della natalità sono: livello di sviluppo socio-economico-culturale di un
paese, aborto, politiche (es. politiche nataliste), religione dominante. La riduzione del tasso di
natalità è spesso connessa all’urbanizzazione, all’industrializzazione e all’invecchiamento della
popolazione. Il tasso di mortalità è il numero dei morti in un anno su 1000 abitanti. Il tasso di
mortalità infantile è il numero di morti di età pari o inferiore in un anno su 1000 abitanti. La
mortalità è influenzata a sua volta dallo sviluppo socio-economico-culturale di un paese (maggiore
è lo sviluppo, minore è il tasso). La situazione demografica di un paese è dinamica e segue delle
fluttuazioni. Il saldo totale è dato da una somma algebrica (che tiene conto di saldo naturale, cioè
natalità e mortalità, e saldo migratorio, immigrazione ed emigrazione). Consideriamo negativi tutti
i movimenti in uscita, che vanno a ridurre il numero della popolazione, positivi quelli che portano a
movimenti in entrata. La piramide demografica o piramide delle età ci dà una fotografia
immediata della popolazione. Essa è l’istogramma a canne orizzontali che esprime la dimensione
demografica in base a genere ed età di un paese (i grafici conciliano sintesi e immediatezza). Si
chiama piramide, perché se la popolazione avesse un andamento naturale la fora risultante
sarebbe una piramide. Si possono avere varie forme di istogramma (es. ad accento circonflesso).
Parliamo di dinamica demografica, perché la popolazione è una realtà dinamica, esistono rapporti
di natalità e mortalità che varia nel tempo a seconda di condizioni storiche, politiche, sociali e
culturali. Ecco perché esiste una teoria, LA TEORIA DELLA TRANSIZIONE DEMOGRAFICA, che
analizza come fluttua questa dinamica nel tempo in base al rapporto che cambia tra natalità e
mortalità. Quindi, in base al periodo storico, possiamo individuare varie fasi delle transizioni, che
rispecchiano il contesto.
Con l’introduzione di nuove tecniche in campo agricolo e medico cambia il rapporto tra natalità e
mortalità, quindi la dimensione totale della popolazione e il numero degli abitanti. Individuiamo 4
fasi della transizione demografica in Italia.
La teoria della transizione: un modello per descrivere nell’Europa occidentale il passaggio da una
società rurale a una moderna e industrializzata.
1 fase: società rurale. FASE ALTOSTAZIONARIA. Stazionaria significa che il numero di individui è
più o meno stazionario, perché è alto il tasso di natalità e alto il tasso di mortalità. (L’agricoltura ha
bisogno di braccia, ecco perché la natalità è alta, dal punto di vista culturale non ci sono quei
fattori ‘antitetici’ alla natalità, quindi questa è elevata; nello stesso tempo anche la mortalità è
elevata perché non si sono diffuse quelle tecniche e conoscenze che permetterebbero una qualità
della vita migliore e una speranza di vita più alta.)
2 fase: coincide con l’industrializzazione cioè con il calo del tasso di mortalità accompagnato da un
tasso di natalità in continua crescita.
3 fase: FASE DELLA TRANSIZIONE VERA E PROPRIA: riduzione del tasso di natalità mentre il tasso
di mortalità rimane basso. Cambiano le strutture sociali, il ruolo della donna e tanti aspetti che
hanno il sopravvento e determinano un calo della natalità.
4 fase: BASSOSTAZIONARIA. Questa volta abbiamo una popolazione stazionaria però con bassi
tassi di natalità e mortalità. Quindi abbiamo un SALDO NATURALE stazionario, perché si
equilibrano i numeri negativi. Questo significa che nella piramide delle età questo si rispecchia con
‘il grafico in declino,’ avremo cioè una base stretta (pochi nati) e una parte superiore più grande
(quindi nelle fasce di età centrali abbiamo pochi morti).
LA DISTRIBUZIONE DELLA POPOLAZIONE MONDIALE: la cartina è quella presente sul libro.
Diciamo che la popolazione mondiale è distribuita irregolarmente, abbiamo delle aree scure che
sono quelle più densamente popolate, le più chiare sono meno popolate, le bianche sono deserte
per motivi climatici (Polo, deserto). Cosa emerge dalla carta? Che le aree più densamente popolate
sono le aree, a parità di superficie, di più antico popolamento (il bacino del Mediterraneo, quindi
tutta l’Europa, l’India e la costa orientale degli Usa, il Nord America). La popolazione europea
conta più o meno quanto la popolazione degli USA ma ha una dimensione territoriale molto
ridotta. Perché abbiamo una densità pari? Per via dell’antichità del popolamento: quanto più un
territorio è caratterizzato da un’antichità del popolamento, tanto è più oggi si presenta abitato e
denso. Il DETERMINISMO AMBIENTALE (cioè quell’approccio geografico che vede l’uomo soggetto
ai vincoli presentati dalla natura) è sempre stato determinante nella diffusione del popolamento
nelle aree del nostro Pianeta. Ci sono poi i continenti più popolati anche perché ci sono state delle
condizioni storico-culturali che lo hanno determinato. Il 90% della popolazione si concentra
intorno alle aree urbane, quindi, questa carta ci fa vedere come i fattori di natalità e mortalità
siano corrispondenti alle aree geografiche valutate anche dal punto di vista culturale.
Siamo soliti fare una distinzione per le aree stabilmente occupate dall’uomo e le aree in cui questo
non accade.
ECUMENE: l’insieme dei territori stabilmente occupati
ANECUMENE: insieme delle aree che non sono abitate (per motivi perlopiù ambientali, i ghiacciai, i
deserti, le aree estreme). Possono essere aree esterne o interne.
SUBECUMENE: quella fascia di transizione tra ecumene e anecumene (tra aree abitate e non
abitate).
PERIECUMENE: raggruppa tutte quelle aree che sono popolate solo per brevi periodi (per es., le
stazioni di ricerca al Polo Sud).
La capacità di carico: questo concetto ritornerà molto spesso quando parleremo della città, delle
attività e dell’industria. È “il numero massimo di abitanti o di attività che un ecosistema
territoriale può sopportare senza vedere compromessi i propri equilibri”.
Esiste un limite oltre il quale non riesce più a sopportare una certa pressione. In geografia
parliamo di pressione ambientale: questo rende bene l’idea del fatto che ci sono delle condizioni
che possono determinare degli squilibri e delle alterazioni.
Abbiamo, dunque, un numero di abitanti massimo, oltre il quale un sistema va in tilt. Questa
capacità varia.
Quando parliamo di superamento della capacità di carico, parliamo di SOVRAPPOPOLAZIONE o
SOVRAPPOPOLAMENTO: condizione nella quale il numero di abitanti supera la capacità di carico
sia da un punto di vista naturale, cioè delle risorse, sia dal punto di vista economico, cioè delle
possibilità di occupazione. Nella società industrializzata, ovviamente, la sovrappopolazione non ha
molto a che fare con le risorse naturali; in questo caso parliamo di una società prevalentemente
agricola, quando, per es., parliamo di una AGRICOLTURA DI SUSSISTENZA (un’agricoltura che
soddisfa i bisogni delle famiglie che la praticano, non è un’agricoltura di mercato). In una società
industrializzata, un carico demografico troppo ampio può essere eccedente rispetto alle possibilità
offerte dal territorio, portando per esempio ad un alto tasso di disoccupazione.
SOTTOPOPOLAZIONE: condizione nella quale la densità demografica è troppo bassa sia da un
punto di vista economico, cioè per lo sfruttamento delle risorse, sia da un punto di vista naturale
(questo porta, per es., all’ENDOGAMIA).
TEORIA DI MALTHUS (economista inglese): LA CRESCITA ESPONENZIALE DELLA POPOLAZIONE.
È l’Inghilterra il primo paese in cui le conseguenze della industrializzazione si fanno sentire in
maniera evidente.
La teoria di Malthus dice che c’era una sorta di preoccupazione per questa crescita demografica
che, secondo lui, avrebbe portato a una sovrappopolazione, dal punto di vista delle risorse. Le
risorse seguono un ritmo di sviluppo ‘lento’, mentre la popolazione cresce in modo esponenziale
(cioè al quadrato, non +1 come le risorse), quindi questo, con il tempo, avrebbe portato a una
scarsità di risorse, non più sufficienti a soddisfare le esigenze della popolazione.
Bisognava dunque abbassare il tasso di natalità. Questa tesi fu poi abbastanza sconfessata, perché
l’industrializzazione creò delle condizioni perché la situazione ipotizzata da Malthus non si
verificasse: l’industrializzazione portò anche al POTENZIAMENTO dello sfruttamento delle risorse
proprio in vista di una crescita demografica.
Fu quello che venne intuito dai CORNUCOPIAANI: corrente di studiosi americani che sostiene che
la crescita demografica rappresenta non un deterrente ma uno stimolo allo sviluppo (delle
risorse).
MOMENTUM DEMOGRAFICO o INERZIA DEMOGRAFICA: le strutture per età della popolazione cui
è strettamente connesso il tasso di fecondità. Tornando con la mente alla fase basso-stazionaria
(bassa natalità e bassa mortalità), vediamo una popolazione vecchia, quindi con meno donne
fertili. Si abbassa così il tasso di fecondità e questo con il tempo porterebbe alla fine del genere
umano. C’è però la tesi di INERZIA DEMOGRAFICA che sostiene che il genere umano è destinato
comunque alla sopravvivenza, poiché esistono società più giovani che immetteranno individui
giovani e abbasseranno l’età media. Se si fa riferimento al genere umano nella sua interezza, vi
sarà sempre un’inerzia, grazie ai tassi di fecondità è più elevato altrove, che permetteranno di
mantenere il TASSO DI SOSTITUZIONE (sostituire ai morti, i vivi).
LINGUA E RELIGIONI SONO TRATTI DISTINTIVI DI UNA CULTURA. Questo rientra negli studi
geografici, perché studiare la diffusione dei tratti culturali di un gruppo etnico, rappresenta la
possibilità di comprendere le dinamiche territoriali. Lingua e religioni sono I PRODOTTI MENTALI,
OSSIA COMPONENTI DEL SOTTOSISTEMA IDEOLOGICO DI UNA DATA CULTURA. Se andiamo a
Gerusalemme, ci rendiamo conto che le zone (ebraica, cristiana ed ebrea) hanno delle
caratteristiche differenti, a cominciare, per es., dalla disposizione delle strade (la parte islamica
avrà delle viuzze per la volontà quasi di disorientare lo straniero, le case hanno cortili interni; nel
quartiere ebraico le caratteristiche saranno molto diverse, ecco perché la geografia studia questi
aspetti).
La stessa circolazione delle lingue ci fa capire molto (si pensi ai pidgin, alle lingue dei mercanti).
Ecco perché studiamo la geografia delle lingue, delle religioni e delle etnie (capitolo che un tempo
si chiama RAZZA, ETNIA E RELIGIONI, partendo dallo studio scientifico vero e proprio delle razze,
da un punto di vista anche prettamente fisico).
Lo studio della diffusione, dell’adozione e della scomparsa di una lingua serve a comprendere
parte dell’evoluzione della geografica culturale storica.
La LINGUA è un sistema organizzato di parole e termine medianti i quali gli esseri umani
comunicano. Abbiamo diversi linguaggi: quello verbale (con le parole), quello cartografico (con
simboli), linguaggio gestuale, linguaggio dei tatuaggi (una moda, oggi, ma che in realtà affondano
le radici nelle società tribali, in cui il tatuaggio aveva un significato più profondo, di appartenenza e
ritualità).
NUMERO DELLE LINGUE PER CONTINENTE:
Africa 2050
Asia 2200
Europa 230
Pacifico 1300
Americhe 1000
Le lingue sono raggruppate in famiglie linguistiche, cioè ci sono gruppi di lingue che appartengono
a un singolo idioma originario, definito PROTOLINGUA. Esistono circa 100 famiglie. La protolingua,
nel caso delle lingue romanze, è il LATINO.
La lingua più parlata è il mandarino, la seconda è l’inglese, ma stiamo parlando di lingue più
parlate, non più diffuse! Il mandarino è al primo posto perché la Cina è il paese più popolato del
mondo.
I FATTORI DI PROPAGAZIONE LINGUISTICA sono:
Le conquiste
costi fissi (es. salari), che non hanno una grande importanza nella localizzazione, poiché
non sono variabili;
costi spazialmente variabili (es. costi di trasporto);
massimizzazione dei profitti e minimizzazione dei costi di produzione;
la localizzazione in aree industriali (per le industrie che costituiscono una filiera). In questo
caso ci riferiamo alle teorie di agglomerazione delle imprese industriali, che si riuniscono
per ridurre i costi (questo avviene anche per i centri commerciali).
Nell’industria di base i principi di localizzazione si basano spesso sui costi di trasporto della materia
prima (se la materia prima costa tanto l’industria si localizzerà più vicino ad essa). Anche le fonti di
energia possono rappresentare un fattore di localizzazione (le industrie si localizzano vicino ai
luoghi di estrazione, come per il carbon fossile). Anche la manodopera può essere un fattore di
localizzazione se qualificata (cosa che non vale più grazie alla mobilità della nostra epoca). Altra
variabile è la vicinanza al mercato (che dipende dai costi di trasporto e del suolo). Inoltre esistono
città nate intorno alle industrie (es. Manchester è nata intorno a un antico stabilimento e ha
continuato poi a svilupparsi). Altre città invece, nate intorno a un centro industriale, sono
scomparse alla chiusura dello stabilimento intorno al quale sono nate.
Poi ci sono le industrie ubiquitarie, cioè unità inseparabili dai mercati e distribuite intorno ad essi.
La rivoluzione industriale ha certamente avuto un apporto sui trasporti in merito a miglioramento
tecnologico, ampliamento dell’interazione spaziale, sviluppo economico integrato e
specializzazione territoriale. Anche nell’industria esiste specializzazione. Le fabbriche tendono a
non coprire l’intera filiera di produzione ed è pertanto necessaria l’integrazione territoriale. In
passato pochi prodotti erano realizzati in grande numero. Oggi invece i prodotti sul mercato sono
in grandissimo numero (c’è un’ampia scelta). La produzione oggi è dunque flessibile e la
produzione è just in time (es. la macchina la producono dopo l’ordine).
Sui costi invece gravano:
L’aria è completamente uniforme dal punto di vista fisico, politico e culturale (principio di
pianura uniforme e isotopica). Weber parte da una pianura isotopica (costi di percorrenza
uguali).
Le attività manifatturiere riguardano un solo prodotto da trasportare verso un unico
mercato, la cui ubicazione è nota.
Le materie prime provengono da più fonti conosciute situate in luoghi diversi.
La manodopera è disponibile in maniera illimitata ma immobile sul posto.
I percorsi di trasporto sono fissi, ma collegano punto di origine e destinazione per la via più
breve.
Egli immagina che in questa pianura isotopica vi sia un triangolo, i cui vertici sono il punto di
estrazione della fonte di energia, punto di stazione della fonte di energia e mercato. Nel caso in cui
una fabbrica necessiti di due materie prime (100 tonnellate di ferro e 100 tonnellate di alluminio)
e ne perda la metà alla fine della lavorazione, Weber spiega che alla fabbrica conviene trovarsi in
prossimità di uno dei vertici del triangolo indifferentemente (stando attenti ai costi del suolo del
mercato). Se invece non c’è un’industria di base, ma una più rivolta al mercato, allora si considera
il punto dove la somma di pesi, distanza e costi di trasporto sia la minore possibile. Il principio di
sostituzione è quello per cui un'industria preferisce un costo ad un altro (es. un’industria paga un
costo del suolo più alto per stare vicino al mercato dimezzando i costi di trasporto). Ovviamente ci
sono aziende che godono di una maggiore libertà organizzativa, dette libere o delocalizzate (es.
industria dei computer). L’industria high-tech ha vincoli localizzativi diversi:
Scarsità di risorse? Certamente no, molti paesi sottosviluppati hanno un gran numero di
risorse. Il problema è la scarsa l’internazionalizzazione, cioè la mancanza di forza interna al
paese. L’esternalizzazione è la presenza di forze/investimenti esteri (che di solito non
giovano al paese, che diviene serbatoio di manodopera a basso prezzo). Per questo si parla
di processo circolare cumulativo: un povero diventa più povero, perché non sperimenta
mai un salto di qualità.
Sovraffollamento e sovrappopolazione? Aree sovrappopolate o sottopopolate sono
ugualmente ricche.
Passato coloniale? Il passato coloniale a tutti gli effetti può determinare una mancanza di
audacia nello sviluppo, poiché le colonie nascono come volte all’arricchimento della
madrepatria.
Secondo l’Harvard Institute for international Development:
ci sono fattori che influiscono sui modelli globali: cresciuta, geografa fisica, livello
economico di partenza, politica governativa e il cambiamento demografica.
Il sottosviluppo è determinato da: l’economia di mercato, politiche fiscali prudenti, assenza
di norme contro la rottura dei contratti, ed esproprio.
Un buon governo che rispetta il diritto di proprietà è la priorità massina per combattere il
sottosviluppo.
All’interno di molti sistemi spaziali esistono contrasti territoriali tra il nucleo economico centrale e
le zone periferiche (modello centro-periferia). Nel modello globale il centro è costituito da Europa
occidentale, Giappone, USA, mentre la periferia è il quarto mondo (il terzo mondo ora è costituito
dai paesi in via di sviluppo).
La ricchezza di un paese deve considerare anche un’altra variabile: il potere d’acquisto della
moneta in uno stato (con un euro in un posto posso compare un panino, da un’altra parte un chilo
di pane). Altri indicatori di sviluppo sono: consumo energetico, forza lavoro, i senza terra, i livelli di
nutrizione, la disponibilità di scorte alimentari. La FAO ha stabilito che 1350 kcal sono il livello di
consumo minimo necessario giornaliero.
Esiste una causalità tra fattori economici e quelli sociali (es. istruzione, condizione femminile,
accesso all’acqua). Nei paesi sviluppati sono solitamente garantiti i diritti sociali. ISU è l’indice dello
sviluppo umano, indicatore complessivo dello sviluppo umano. Questo indicatore combina:
Il territorio viene diviso in aree di mercato non concorrenziale dove ogni cittadino ha un
monopolio delle vendite.
Tali aree di mercato assumono la forma di una serie di esagoni che coprono tutta la pianura
senza sovrapposizioni (prima sono cerchi, poi esagoni).
Al centro di ogni area di mercato è presente una località centrale.
Le località centrali più grandi con aree di mercato più grandi assicurano l’offerta di tutti i
beni e servizi.
Nelle aree di mercato più grandi o ai margini di esse vi sono località centrali che servono
una popolazione minore e offrono una gamma di servizi più ridotta.
Un numero di aree di mercato di un certo ordine è contenuto nell’area di mercato di
ordine immediatamente superiore.
Christaller ipotizza 7 tipologie di aree di mercato e la settima sta al centro. Immagina queste città
con forma circolare. Nel primo modello rimangono delle aree scoperte, così Christaller prova con
una sovrappopolazione, che portava però a una rivalità di mercato. Pertanto cambiò le aree di
gravitazione in esagoni. Questo modello tende ad individuare la disposizione ideale delle città.
Ogni esagono piccolo per Christaller ha un lato di 4 km (un’ora di cammino). Si tratta della distanza
minima che un utente è disposto a percorrere per raggiungere il centro maggiore a piedi (per
tanto il modello è antiquato). Il sistema dei centri è interdipendente: ogni centro di rango inferiore
dipende da quello di rango superiore. Il modello presupponeva spostamenti a piedi ed è
inadeguato dinanzi ai progressi di comunicazione di oggi. Oggi le relazioni tra le città non si basano
più su questa gerarchia così accentuata, perché ci sono processi di delocalizzazione. Questa
modernizzazione ha portato alla scomparsa di centri di fisionomia agricola. Oggi prevalgono i
modelli reticolati, nati in seguito all’industrializzazione (decentralizzazione).
Ci sono vari modelli di uso del suolo urbano (zooning). Le principali variabili che hanno plasmato le
citta anglosassoni sono state: accessibilità, mercato concorrenziale e tecniche di trasporto. L’uso
del suolo è la distribuzione del suolo in base alla destinazione di quest’ultimo. Primo modello è
quello di Burgess (modello
ad aree concentriche). Il
centro è il CBD, poi
seguono: la zona di
transizione (la zona a
ridosso del quartiere
centrale è spesso
degradata), la zona delle residenze degli
operai, villette familiari ecc. Il secondo
modello è quello a settori di Hoyot che
prevede una distribuzione del suolo urbano
per settori demandati ad usi specifici (es. residenziale). Ultimo modello è quello per nuclei multipli
di Harris e Ullmann (Napoli rientra in questo modello). Il ciclo di vita della città risponde a quattro
fasi: urbanizzazione (crescita del nucleo, anello invariato, l’agglomerazione minore),
suburbanizzazione (meno nucleo, più anello e agglomerazione), disurbanizzazione (tutto in
negativo) e riorganizzazione o nobilitazione del centro (più nucleo, meno anello, agglomerazione
invariata). Nelle città anglosassoni il centro è il core, l’anello è l’innercity, l’agglomerazione è
l’intercity.
La suburbanizzazione negli USA è legata anche alla flessibilità dei trasporti. Negli anni 90 le aree
periferiche divennero meno dipendenti dalla città centrale e questi borghi presero forma di outer
cities, generatrici di occupazione e reddito. All’esterno di queste conurbazioni si trovano i
sobborghi periferici (exurbs). Il fenomeno di espansione incontrollata è detto spread city, cioè città
sparpagliata. Non c’è una vera città, perché manca un centro, ma non è un sobborgo, perché non è
il satellite di un’altra città. Si parla di controurbanizzazione, trasferimento in aree rurali di attività e
residenze (fenomeno generale rispetto alla disurbanizzazione).
Geografia politica
La geografia politica studia le relazioni internazionali e incontra l'area di competenza della
geografia economica.
Lo Stato: Unità politica indipendente che occupa un territorio ben definito e stabilmente abitato
ed è dotata della piena sovranità sui suoi affari interni ed esteri. I termini della sua politica non
possono essere contestati a meno che non si sfoci in violazioni del diritto internazionale.
La nazione: Gruppo di individui che condividono una cultura comune e occupano un determinato
territorio e che sono legati da un forte senso di unità, frutto di un patrimonio comune di costumi
e credenze (lingua, religione, identità culturale).
Stato-nazione: Stato in cui l’estensione territoriale coincide con l’area occupata da una nazione o
da un popolo distinto che condivide valori. Entità i cui membri si sentono naturalmente legati fra
loro perché condividono la lingua, la religione (es. Giappone, la Polonia). Non ci sono grosse
presenze di comunità che sono differenti dalla comunità sovranazionale.
Stato multinazionale: Stato che comprende al suo interno più di una nazione, come il Belgio diviso
nelle due nazioni vallona e fiamminga. Esso comprende unità culturali che convivono.
Nazioni senza stato: Popolo che non ha un proprio Stato riconosciuto come i Curdi.
Esistono poi due tipologie di stati: unitari e federali. I primi sono paesi con governi fortemente
centralizzati, conflitti interni limitati, forte senso di identità nazionale. I secondi includono regioni
con maggiore autonomia con città capitali che assolvono la funzione amministrativa (in Italia le
regioni amministrative sono una forma di federalismo; es. la sanità è gestita dalla regione. Alcune
funzioni invece sono gestite da entità sovranazionali, come la corte europea sui diritti umani.
I confini di uno stato sono riconosciuti dalla comunità internazionale e al loro interno lo Stato
applica leggi, riscuote imposte, provvede alle attività di difesa ed espleta le funzioni di governo.
Applica il proprio codice giuridico, impone una lingua nazionale e favorisce la diffusione di una
religione. La sovranità dello Stato viene anche esercitata sul sottosuolo e sullo spazio aereo. Essi
possono essere possono essere:
naturali, cioè basati su caratteristiche fisiografiche,
o geometrici (come in Africa), spesso segmenti di paralleli o di meridiani,
o etnografici, tracciati per delineare differenze religiose, linguistiche o economiche
esistenti fra due o più paesi.
Forze centripete sono quelle che promuovono l’unità e la stabilità nazionale. Esempi
ne sono:
• Nazionalismo: tendenza a identificarsi con lo Stato e ad accettare gli obiettivi
prefissati al livello nazionale (rafforzato da simboli come la bandiera, l’inno patriottico,
richiami alla tradizione culturale);
• Istituzioni con funzione unificatrice, come la scuola, dove i bambini imparano la storia
del proprio paese, o altre istituzioni come le forze armate con la funzione di difendere
lo Stato da quelli che sono percepiti come nemici.
• la religione, che può diventare un elemento di coesione
• Organizzazione dello Stato che fornisce protezione dalle aggressioni
• Trasporto e comunicazione che favoriscono l’interazione tra aree diverse quindi la
loro unione da un punto di vista economico e sociale.
Organismi sovranazionali: sono associazioni di Stati indipendenti dai singoli stati. Ad esempio
l’ONU riunisce diverse nazioni per promuovere la pace nel mondo e la cooperazione
internazionale attraverso diverse agenzie, come l’organizzazione mondiale della sanità (OMS),
l’organizzazione per l’alimentazione (FAO) e l’organizzazione per l’educazione, la scienza e la
cultura (UNESCO).
Quando dei paesi rinunciano a una parte della propria indipendenza per partecipare a sistemi
multinazionali di dimensioni più piccole formano delle alleanze come l’Unione Europea. Quindi si
rinuncia a parte della propria indipendenza di scelta politica. Le alleanze possono anche essere
militari e politiche, come accade nella Nato (North Atlantic Treaty Organization), un’alleanza a
scopo difensivo composta da molti paesi europei e degli Stati Uniti per contrapporsi ai paesi del
patto di Varsavia che riunivano l’ex Unione Sovietica e alcuni paesi dell’Europa orientale. La Nato
fu creata per difendere l’Europa occidentale e il Nordamerica dalla minaccia militare sovietica
Geografia dell’ambiente
La geografia dell’ambiente si occupa della protezione delle aree protette o parchi nazionali,
diffuse a partire dagli USA. L'istituzione di un parco nazionale ha come obbiettivo la salvaguardia
di quel determinato territorio. Si parla di zonazione quando il parco è suddiviso in zone diverse a
seconda della conformazione delle aree in vari livelli di tutela (es. nel parco del Vesuvio l’ area del
cratere è una zona di protezione integrale immodificabile e poi nelle altre il grado di rigidità va via
via diminuendo). Il parco nazionale implica criteri di protezione gestiti da determinati enti statali,
poiché non si possono compromettere gli equilibri ambientali. Nel caso del Vesuvio la situazione è
complessa perché dobbiamo considerare l'edificazione del territorio.
La biosfera o ecosfera è l’involucro costituito da aria acqua e suolo in cui viviamo. È costituita da:
• L’atmosfera, un leggero strato di aria che avvolge la Terra;
• L’idrosfera, l’insieme delle acque superficiali e sub-superficiali di oceani, fiumi, laghi, ghiacciai;
• La litosfera: la parte superiore della crosta terrestre contenente i suoli.
La struttura della biosfera è in continuo cambiamento. Molti di questi cambiamenti sono
riconducibili all’azione umana, che esercita impatti sui biomi, grandi comunità di piante e animali
che occupano la superficie terrestre e che contengono a loro volta gli ecosistemi.
Gli studi della geografia del turismo rientrano nelle branche della:
Geografia economica,
Geografia politica,
Geografia umana,
Geografia ambientale,
Geografia percettiva, basata sull’immagine turistica nella nuova società post-industriale che
considera la realtà geografica non come oggettiva, ma nell’immagine soggettiva sia di chi la
percepisce o la usa sia di chi la presenta. Oggi tutto è gestito attraverso l'immagine mediatica che
"corre" veloce sul web, legata a come suscitare il desiderio di visitare determinati luoghi. La
geografia percettiva studia i comportamenti degli individui in base al loro bagaglio culturale, che
genera determinate aspettative e preferenze (questo può determinare delle mete preferenziali
per delle certe nazionalità). Il territorio di arrivo realizza un'infrastrutturazione turistica per poter
accogliere gli ospiti (una serie di servizi fondamentali per i visitatori). L'impatto turistico va
studiato anche nelle strutture di partenza: una località che non è mai stata struttura di partenza lo
diventa perché si alza il reddito (es. paesi occidentali), ma anche questa si deve munire di
strutture di partenza (mezzi di trasporto) e lo stesso sarà per le stazioni di transito, che vedono
trasformare la loro struttura paesaggistica per il turismo.
Il problema è quello di capire se esistono limiti allo sviluppo turistico per non superare la capacità
di carico e quindi di pressione ambientale che una località può sopportare, non solo sull'ambiente
naturale (immediatamente percettibile mediante depauperamento della flora marina e terrestre,
sovraffollamento, accumulo di rifiuti ecc.), ma anche urbano e sociale (il turismo porta lavoro e
denaro, ma ci sono degli effetti non immediatamente percettibili: la "purezza" di una cultura
viene inquinata e perde la propria autenticità venendo a contatto con culture diverse;
scompaiono per esempio le piccole produzioni di prodotti tipici e la memoria delle tradizioni
potrebbe essere persa se non si gestisce il fenomeno turistico come risorsa per potenziare questa
identità).
Il fenomeno turistico è uno spostamento non permanente e richiede strutture fisiche negli spazi
che gli sono propri non solo nelle località di arrivo, ma anche in quelle di partenza e in quelle di
transito. La geografia del turismo studia dunque tutti questi spazi con le profonde trasformazioni
impresse dal fenomeno turistico.
Turismo ed economia
Le prime forme di turismo sono di età classica (turismo religioso o sportivo) ed erano un
fenomeno elitario. Questa caratteristica è stata conservata fino agli anni 50. Nell'antica Roma
c'era l'usanza di passare l'inverno al sud per il clima mite. Le condizioni di poca sicurezza dopo il
crollo dell'impero romano resero difficile ogni spostamento tranne per i mercanti e i pellegrini (ma
è improprio parlare di turismo). Il grand tour è esempio eclatante di turismo culturale nel ‘700.
Nel Novecento solo durante il dopoguerra il turismo si trasforma da fenomeno elitario a
fenomeno per tutti. Solo a questo punto si innescano i primi studi che possano analizzare i flussi
turistici e questo non solo per la portata sempre maggiore di questo fenomeno, ma anche
ovviamente per i grandi capitali mossi di conseguenza da questi continui viaggi.
Oggi il turismo dei grandi eventi rappresenta un esempio significativo di come esso sia
responsabile di transazioni di denaro verso una regione di arrivo. Non solo flusso di
denaro ma anche di beni, servizi e manodopera rientrano in questa categoria. Per
questo motivo c’è competizione tra le città per ospitare i grandi eventi (Giubileo,
Olimpiadi, Expo, capitale europea della cultura; con l’attribuzione del titolo di capitale
europea della cultura si intendeva creare un luogo di incontro per artisti, intellettuali e
scienziati capace di stimolare la vita culturale in Europa e di sviluppare in tutti i cittadini
una coscienza comune).
Indotto: l’insieme delle attività che vengono incrementate con la crescita di un settore
(turismo o industria), anche se non direttamente collegate a queste. L’indotto turistico è
molto importante: non solo determina crescita economica, ma anche tecnologica e
sociale (circolazione di capitali, lavoratori, merci e servizi).
Domanda e offerta:
La domanda si può esprimere nel numero di turisti (arrivi e presenze) e nel valore
(ammontare della spesa turistica). Il rapporto tra le presenze e gli arrivi dà il tempo medio di
permanenza. La permanenza media dipende anche dalla qualità dei servizi offerti. Si valuta
poi la provenienza dei turisti distinguendoli tra nazionali ed esteri. Per presenze si intendono
le persone che si fermano almeno una notte; tra gli arrivi si comprendono i pendolari che non
apportano vantaggi economici al luogo di arrivo. Il turismo inoltre può essere stagionale (es.
località balneari affollate d’estate), qualora non sia molto forte il turismo culturale A volte
sono promossi eventi non legati a condizioni metereologiche per aumentare e distribuire i
flussi al di fuori della stagione turistica (es. congressi, iniziative gastronomiche).
L’offerta turistica viene espressa attraverso il numero delle attrezzature ricettive
(pernottamento), para ricettive (ristorazione) e complementari (cultura, sport, divertimento).
Le attrezzature ricettive si distinguono in esercizi alberghieri (alberghi e pensioni) ed extra
alberghieri (campeggi e b&b). In base al periodo di apertura si dividono in annuali e
stagionali, in base alla gestione in individuali, societarie e industriali, in base alla dimensione
in grandi, medie e piccole, in base alla categoria per le stelle.
Particolarmente interessante oggi per il mercato turistico sono quelli che rispondono al
paradigma della sostenibilità come gli alberghi sostenibili e gli alberghi diffusi.
Alberghi sostenibili: poco consumo energetico, riduzione dei rifiuti, promozione del trasporto
pubblico o di biciclette, cibi sani e beni culturali.
Alberghi diffusi: Esercizio ricettivo situato in un centro storico o comunque in un’area di pregio
caratterizzato da una comunità viva, dislocato in più stabili vicini tra loro con una gestione
unitaria in grado di offrire servizi alberghieri identici a tutti gli ospiti
In una località il numero totale dei posti letto sia alberghieri che extra alberghiere costituisce la
capacità ricettiva totale della località.
Indice di attività turistica: un rapporto calcolato durante la stagione turistica in aree soggette a
stagionalità dei flussi. Si calcola dividendo il numero dei turisti con il numero di abitanti autoctoni
Indice di densità turistica: si calcola dividendo il numero delle presenze turistiche relative a un
determinato arco di tempo per la superficie del territorio.
Indice di funzione alberghiera: si ottiene dividendo il numero delle strutture alberghiere per il
numero dei residenti per cento.
Il fattore di impatto turistico e ottenuto dal rapporto tra la spesa turistica pro capite e il reddito
pro-capite.
Il fattore di produzione turistica è dato dal rapporto tra la spesa totale sostenuta per viaggi in un
determinato Stato e il pil dello stesso Stato: se il pil è elevato l'abitudine di viaggiare è più alta.
L’indice di carico turistico: Nelle località di turismo balneare è il rapporto tra la superficie degli
arenili il numero degli stabilimenti balneari o dei posti spiaggia.
Tasso di funzione residenziale turistica: percentuale di residenze secondarie sul totale delle
abitazioni.
Altro effetto del turismo: si rivoluziona la distribuzione della popolazione nei settori economici
all’interno della stessa area (aumentano gli addetti al terziario). Si formano le nuove
professionalità legate al turismo: nuova qualificazione di professionisti dello sviluppo locale (nella
gestione delle strutture, delle pubbliche relazioni). Si dà importanza dell’accessibilità (trasporto e
di comunicazione) e la distanza viene intesa sia in termini di tempo che di prezzo che si deve
pagare per coprirla. L’attuale diminuzione dello spazio-tempo ha fatto sì che località molto distanti
che non avevano mai fatto concorrenza a regioni di turismo passivo più vicine si siano invece
imposte sul mercato nazionale e internazionale. Le migliorate condizioni di trasporto in termini
spazio-tempo hanno anche fatto sì che nascesse un turismo dei weekend. Negli ultimi decenni si è
dunque ridisegnata la geografia del turismo con nuovi centri e nuove periferie.
Per coesione si deve intendere la capacità delle varie componenti, naturali, antropiche e
istituzionali di un territorio di cercare e trovare compattezza e proposte unificanti pur in
presenza di spinte centrifughe. ln questo caso la competizione può ostacolare la fruizione di
servizi nel sistema. Si tratta di stabilire l'esclusiva di vari campi a vantaggio di certi imprenditori o
enti per garantire la salvaguardia delle loro attività senza arrivare al mutuo ostacolo. Il turismo
viene considerato nelle politiche di coesione territoriale sotto due diverse prospettive: come
oggetto di una politica di coesione (azioni di governo dell’attività turistica per coordinare e
integrare l’offerta esistente) oppure come strumento di una politica di coesione (azioni che
intendono promuovere nuove iniziative dove lo sviluppo locale si presenta carente).
Cooperazione internazionale allo sviluppo: creare partnership tra organismi internazionali ed
enti locali per costruire reti territoriali che alimentano legami fra culture solidarietà tra i popoli.
Turismo e geopolitica
Molti sono i fattori politici che influenzano i flussi turistici:
Il sistema politico ed economico,
I conflitti armati e gli attentati terroristici così come le tensioni tra le diverse potenze,
Le scelte politico-amministrative (insediamenti militari, per esempio, sono incompatibili con
l’insediamento turistico),
Il cambio più o meno favorevole di una moneta nazionale con un’altra,
Le scelte politiche circa i visti di entrata necessari per accedere ad uno Stato
Turismo sociale: insieme delle relazioni e dei fenomeni che scaturiscono dalla partecipazione al
movimento turistico degli strati della popolazione con reddito modesto ai quali tale partecipazione
è resa possibile da provvedimenti di carattere sociale. È l’insieme delle agevolazioni rivolte a quella
fetta di popolazione coinvolta e soggetta a svantaggi di carattere sociale che rendono accessibile il
costo anche per chi non può permettersi quell'offerta. Dal punto di vista della domanda il turismo
sociale tende a eliminare ostacoli alla fruizione dei servizi turistici da parte di alcune fasce della
popolazione (es. terza età, soggetti diversamente abili). Dal punto di vista della offerta esso aiuta
la comunità locale a riattivare strutture ricettive in crisi e promuovere lo sviluppo locale. Il turismo
sociale necessita di alta professionalità per cui l’operatore turistico deve possedere formazione
idonea per mettere in contatto i turisti con i siti e gli eventi “minori“ e bisognosi di sviluppo che
però sappiano stimolare l’utente ad intraprendere un viaggio.
I sistemi turistici locali sono partizioni territoriali per ridistribuire le funzioni tra Stato e regioni alla
luce dei mutamenti sociali ed economici attuali per la gestione della politica turistica. La logica dei
sistemi turistici locali si basa sulla volontà di dare spazio ad approcci “dal basso“ attribuendo
progettualità turistiche agli attori stessi che dovranno agire attraverso forme coordinate di
collaborazione fra loro e con gli enti preposti (rescaling). Gli elementi essenziali sono tre:
Il territorio, da intendersi nella sua globalità (es. economia, cultura ecc.), diventa esso stesso
un prodotto turistico;
La comunità locale, che è costituita non solo da imprenditori ma anche da istituzioni, enti e
associazioni pubbliche e private chiamate a fare il sistema in quanto attori di sviluppo locale
(gestione partecipativa; es. sondaggi per la popolazione);
Il progetto di sviluppo che si basa sulla gestione condivisa delle finalità progettuali sulle quali è
fondato (stabilire degli obiettivi di crescita per la popolazione locale).
Un esempio di politica nazionale sul turismo è il piano strategico di sviluppo del turismo 2017-
2022 (questa legge quadro ha permesso alle regioni di occuparsi del turismo). La principale
finalità del piano consiste nella promozione di una modalità di fruizione turistica del patrimonio
del nostro paese basata sulla valorizzazione di nuove mete e nuovi prodotti per accrescere il
benessere economico, sociale e sostenibile e rilanciare la leadership dell’Italia sul mercato
turistico internazionale. Gli strumenti di cui si avvale sono:
Innovare, specializzare e integrare l’offerta nazionale,
Accrescere la competitività del sistema turistico,
Sviluppare un marketing efficace e innovativo,
Realizzare una governance efficiente e partecipata nel processo di elaborazione e definizione
del piano e delle politiche turistiche (gestione partecipativa).
Le linee di intervento derivate sono:
Promuovere la valorizzazione integrata delle aree strategiche di attrazione turistica e dei
relativi prodotti (geografia economica);
Promuovere la valorizzazione integrata delle destinazioni turistiche emergenti (geografia dello
sviluppo);
Adeguare la rete infrastrutturale per migliorare la mobilità e l’intermodalità (geografia dei
trasporti);
Accrescere la cultura dell’ospitalità e sviluppare competenze legate alle evoluzioni del mercato
(geografia umana);
Rafforzare i posizionamenti e le attrattività del brand Italia e facilitare azioni di promozione sul
mercato interno (geografia della percezione);
Promuovere la gestione integrata e partecipata, l’aggiornamento del piano e le scelte degli
operatori in direzione della sostenibilità e dell’innovazione (geografia dell’ambiente).
Turismo e geografia umana
L’evoluzione del pensiero geografico ha portato ad un ampliamento del significato della parola
turista. Non si studia il turista in maniera oggettiva, ma si indaga su chi si sente un turista. Si
studiano inoltre le motivazioni del turista (si cerca di organizzare il territorio in base alle
preferenze di quest’ultimo). Il turista si muove per esigenze di evasione. Si possono distinguere
varie tipologie di turismo: naturalistico (nato nell’Ottocento con lo spirito romantico), etnologico,
balneare (si afferma dopo le guerre mondiali), rurale (già in voga nell’antichità: otium nelle
residenze fuori porta. Esso è soprattutto a carattere familiare e lo si ritrova nell’esperienza
dell’agriturismo), religioso, terapeutico (es. turismo termale), culturale, enogastronomico (si basa
principalmente sul marchio di qualità), esperienziale (es. Amsterdam), sportivo, sociale e della
memoria (es. Auschwitz).
Parola chiave è identità. Si mira ad evitare un impoverimento identitario. Il turismo può essere un
rischio per l’identità. Il turista può sia rafforzare la sua identità cogliendo le differenze con la
cultura che lo accoglie, ma può anche acquisire qualcosa di essa e contemporaneamente cambiare
l’identità del luogo. Anche la vendita di souvenir permette di acquisire aspetti di una cultura e di
valorizzazione l’artigianato locale. Il viaggio è sempre un processo di auto-acquisizione da ambo le
parti (turisti e locali). La perdita di identità locale si verifica maggiormente nelle comunità più
piccole (es. isole). Al contrario, talvolta avviene un fenomeno di enviromental bubble (bolla
ambientale): il turista non cerca il contatto con ma cultura locale, scelta che genera una mancanza
di arricchimento.
Anche gli studi sul turismo risentono dell’influenza dell’attenzione all’ambiente dalla conferenza di
Rio de Jainero del 1992. Si è iniziato a pianificare un turismo sostenibile (ecologicamente,
economicamente, eticamente e socialmente). Più recentemente si è affermata anche l’importanza
dei beni culturali, risorse non rinnovabili come borghi e centri storici. Lo stesso ministero dei beni
culturali è stato istituito in Italia negli anni ’70.
Oggi si parla di spazio turistico come spazio vissuto, organizzato e consumato. Lo spazio
organizzato coinvolge la volontà della comunità locale o degli imprenditori esterni di costruire uno
spazio turistico (scoperta dello spazio e conseguente infrastrutturazione territoriale). La
strutturazione dello spazio turistico è un attore di trasformazione ambientale ed ha un impatto
importante nelle fase iniziali. Lo spazio turistico deve considerarsi una risorsa non rinnovabile e
come tale viene consumato (anche fino all’esaurimento delle sue risorse). Consumazione può
avere una doppia accezione: utilizzo e depauperamento. Lo spazio turistico è quindi gestito
(organizzato e rimodellato) e consumato (degradato). La pianificazione turistica scongiura un
turismo incontrollato.
Secondo l’OCSE il turismo può consumare l’ambiente con:
Inquinamento,
Perdita di terreni agricoli o dediti alla pastorizia,
Distruzione di flora e fauna,
Degradazione del paesaggio,
Congestione di tempo e spazio,
Conflitti,
Concorrenza.
Se si considera l’ambiente non solo dal punto di vista fisico, ma anche sociale, il turismo ha un
impatto anche sulla regione di partenza.
La regione turistica attraversa un ciclo di vita. Consideriamo in modello di Miossec:
la presenza di vip,
il richiamo letterario (es. parchi letterari),
Le guide turistiche,
i mass media (reality, cinema, stampa),
La cartografia,
L'etica (pacchetti di viaggi sostenibili).
Valorizzazione dei beni culturali
L’Italia è il primo paese bel mondo per numero di beni culturali, ma l’articolazione del patrimonio
non è omogenea tra Nord e Sud. Nel centro-nord esistono gestioni più pratiche, al sud non molte.
Il sud è caratterizzato da: Abruzzo, Molise, Basilicata, Campania, Calabria, Sicilia, Sardegna, Puglia.
In queste regioni la regione del patrimonio non è adeguata. Si parla pertanto di una questione
meridionale (a causa di criminalità, logica clientelare, economia arretrata, emigrazione ecc.). Nel
nord c’è una variegazione dell’industrializzazione (piccole, medie e grandi imprese), perché vi è
una tradizione imprenditoriale antica, mentre nel sud spesso si sono venute a creare grandi
imprese esterne (che producevano posti di lavoro, ma non ricchezza del territorio) A questi
problemi si sono poi aggiunte globalizzazione e omologazione identitaria.
Negli anni 50 Perroux elaborò la teoria del polo industriale: l’economia di una regione arretrata
può esser vivacizzata dalla presenza di un’industria motrice che produce un indotto (insieme delle
economie esterne che gravitano intorno a questa industria). Per la tutela del patrimonio culturale
sono stati creati dei distretti culturali.
La teoria di Throsby è un modello di circoli concentrici dell’industria culturale. Il patrimonio
culturale può implementare l’economia o con la vendita del patrimonio o con la valorizzazione
turistica. Throsby ipotizza che al centro vi siano le principali arti creative (letteratura, musica ecc.),
intorno a quali ruotano
1. le altre arti creative (film, musei, fotografia),
2. le industrie collegate (industrie che sfruttano i prodotti creativi per offrire servizio; es.
design, moda ecc.),
3. le altre industrie collegate (tv, stampa ecc.).
L’industria culturale ha più prodotti: uno pubblico e uno privato. Il prodotto privato può essere
venduto (da una singola persona o più persone) ed ha un copyright. Il prodotto pubblico non può
essere venduto, ma inserito in offerte turistiche.
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Il museo è un edificio circoscritto nel quale sono esposti i manufatti ed è visitato dai turisti.
L’ecomuseo non è circoscritto, ma include tutti gli aspetti del territorio e i fruitori sono i locali (la
comunità locale è un attore fondamentale e guida i turisti). L’ecomuseo non è una realtà statica,
ma dinamica perché include aspetti della cultura in continua evoluzione. Esso rappresenta culture
del passato ed attuali.
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Beni culturali
I beni culturali sono espressione dell’identità locale e possono essere sia risorse materiali che
immateriali. Ogni bene ha una forma, detta significante, e un significato. Il muro del pianto a
Gerusalemme ha una forma e un significato simbolico, che fa sì che il significante diventi un
simbolo. Il bene culturale è un significate al quale viene attribuito un significato. I beni culturali
sono componenti del sistema locale e sono veicolo di conservazione e arricchimento di valore
(aspetto economico e materiale) e valenze (aspetto economico, culturale, sociale ecc.).
Rispetto allo sviluppo sostenibile, il patrimonio culturale subisce delle trasformazioni quantitative
(crescita economica) e qualitative (equità sociale e tutela dell’ambiente).
Lo sviluppo economico è uscire dalla scala locale (esternalità). Quando entra in connessione con
altre aree, il territorio diventa più competitivo.
La cartografia
L’uomo ha sempre sentito la necessità di rappresentare i fenomeni spaziali a lui circostanti. La
rappresentazione cartografica può essere considerata punto di partenza e di arrivo di un lavoro
geografico. La cartografia è la contestualizzazione di un’area di studio. Essa è punto di partenza se
aiuta lo studio di un fenomeno, punto di arrivo nel caso di una GIS (una rappresentazione
informatizzata). La cartografia è la rappresentazione di un fenomeno nello spazio.
Inizialmente la cartografia non ha una vera funzione, poiché non esisteva nemmeno il
concetto di confine (pensa alle pitture nelle caverne). La cartografia è caratterizzata da
simboli caricati di significati (una linea blu è un fiume). I segni sono convenzionali. Il loro
significati dell'ottocento in poi viene esplicitato nella leggenda. La carta geografica veicola
contenuti di carattere spaziale. La complessità aumenta con l’evoluzione del linguaggio e
delle società umane. La cartografia di fatto è un linguaggio allegorico. Nel periodo del
Paleolitico abbiamo rappresentazioni semplice, perché semplice era la vita.
Successivamente i gruppi di sedentarizzano e nasce il concetto di confine. Già nella civiltà
assiro-babilonese abbiamo rappresentazioni spaziali più articolari di carattere astronomico.
Solitamente al centro delle rappresentazioni c'è il centro più rappresentativo. I Greci
furono certamente più avanzati: Eratostene di Cirene riuscì a calcolare la circonferenza
terrestre. Prima di lui Anassimandro realizzò la prima mappa terrestre. Anassimandro la
rappresenta come un cilindro con al centro la Grecia. Il primo a realizzare un mappamondo
fu però Eratostene, che inserì anche i primi paralleli (es. una linea che univa colonne
d’Ercole e Asia Minore; i meridiani si avvicinavano ai lati della mappa per la sfericità della
terra). A Tolomeo dobbiamo la prima proiezione conica (che appartiene alle proiezioni per
sviluppo). Nel mondo romano si parla di tabula peutingeriana, che rappresentava l’Italia in senso
longitudinale (l’est si mette in alto). Le mappe medievali invece spesso sono pregne di allegorie:
molto viene influenzato dalla religione. Ci ritroviamo davanti a una cartografia più scientifica nel
periodo delle esplorazioni dall’umanesimo in poi. La cartografia inizialmente è una produzione
elitaria: pochi ne usufruiscono. La fruizione di massa dovrà aspettare lo sviluppo della stampa. In
un primo momento le mappe sono pezzi unici ed hanno un cartiglio (una descrizione). Prima i
rilievi erano rappresentati con la pittura. Ci si aiutava col lumeggiamento: si immaginava che il
rilievo venisse investito da una fonte luminosa proveniente dall’alto o da nord-ovest. Con questa
modalità la campitura era però piena e impediva di inserire altre informazioni. Oppure si usava la
tecnica del punteggio di Lehmann (puntinato più o meno fitto in base alla pendenza). La pendenza
era divisa in 9 classi. Il metodo di Lehmann è quindi più scientifico. Manca ancora la leggenda, nata
solo con una commissione francese nell’1842 con la standardizzazione delle isoipse (linee per la
rappresentazione del rilievo). All’inizio la leggenda aveva prerogative fisiche e naturali (non
politiche ad esempio). Le isoipse sono curve di livello ancora oggi adoperate. I rilievi sono
solitamente di colore marrone. Le curve di livello sono di tre tipi: