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L’archeologia dei paesaggi è quella disciplina che tenta di ricostruire i paesaggi del
intendere con il termine paesaggio. È questo un dibattito assai acceso, che inizia
dall’accezione del termine e passa alla funzione che gli si vuole attribuire.
dei caratteri fisici del territorio e nella soggettività dei modi con cui tali caratteri vengono
1
Cfr. M. Venturi Ferriolo: Etiche del paesaggio relazionato, nell’ambito del convegno La morte del paesaggio naturale,
Bologna, 24-29 giugno 2002
1
riconoscere il paesaggio nel suo valore estetico, svincolato dal territorio e dalle ragioni
«Area problematica dei luoghi plurali della terra, in cui si concentrano la crescente
europea risorsa economica creatrice di posti di lavoro e legata allo sviluppo di un turismo
sostenibile”.
paesaggio2:
of the action and interaction of natural and/or human factors (Convenzione europea del
designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle persone, il cui
carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni).
2
La convenzione europea del paesaggio è stata stipulata fra gli stati membri dell’Unione Europea il 20 ottobre 2000;
offre la definizione di paesaggio, dispone provvedimenti in tema di riconoscimento e tutela, viene riconosciuta la sua
importanza culturale, sociale, storica e ambientale.
2
Ma non è sempre stato così: nella costituzione dell’idea moderna di paesaggio
esiste una forte relazione tra idea di paesaggio e le sue immagini. Giorgio Bertone ha
culturale di vedere qualcosa non direttamente, ma con la mediazione di una cornice, vera
o finta»3. Da qui le due principali forme di rappresentazione: quella pittoresca (dalla veduta
successioni non troppo dissimili fra le varie età storiche: in epoca romana era più legata al
concetto di mirabilia oppure alla utilitas. Per il primo caso non possiamo dimenticare Tito
Livio4, che nel descrivere i laghi presso Mantova, paragona il loro colore a quello del
sangue. Per quanto riguarda l’utilitas, possiamo ricordare autori latini come Polibio5 o
Strabone6 che nel commentare la pianura Padana ne sottolineano, oltre alla vastità, la
grande ubertosità. È quindi un’ottica opportunistica, che si concentra sulle fertili pianure,
paesaggio diventa un interlocutore con cui confrontarsi nel momento in cui si devono
dato antropico.
Nelle epoche successive, la vera novità nella rappresentazione del paesaggio sta
nella scoperta della prospettiva e del maggior dettaglio: da Giotto a Leonardo si è passati
da una pars pro toto ad uno studio dettagliato del particolare attraverso l’aria e la luce, ma
il significato recondito non mutava rispetto a quella meraviglia che rimarrà nella pittura
Humboldt, una delle figure decisive per la formulazione del moderno concetto di
paesaggio. Nel suo diario del viaggio compiuto ad inizio Ottocento in Sudamerica7, vi sono
accenni di un interessamento alla geografia, alla zoologia, alla botanica, alla geologia. La
descrizione del mondo fisico fa ancora ricorso all’estetica, ma l’immagine pittoresca, quella
coesistono. Von Humboldt chiamò "paesaggi" degli insiemi di elementi naturali e umani
comprendenti terre, acque, piante e animali, intuendo la presenza di una "logica" che ne
“Tristi Tropici” sancisce l’addio allo sguardo sul paesaggio, a favore di un discorso
sull’invisibile. Scrive: «Fra qualche secolo, in questo stesso luogo, un altro esploratore
altrettanto disperato, piangerà la sparizione di ciò che avrei potuto vedere e che mi è
sfuggito. Vittima di una doppia incapacità, tutto quel che vedo mi ferisce, e senza tregua
Vale la pena a questo punto fare una distinzione fra paesaggio, ambiente e
quali i fattori naturali, anche fra aree geograficamente separate; l’ambiente indicherebbe la
e con limiti spaziali ben definiti; il territorio sarebbe invece il risultato di una particolare e
7
A.von Humboldt, Voyage aux régions équinoxiales du Nouveau Continent.
8
C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, Milano: Il Saggiatore, 1960; n. ed. Mondadori, Milano, 1988
4
stretta dialettica all’interno dell’ambiente, ma è anche un’area più o meno ampia, afferente,
Non dobbiamo dimenticarci delle diverse concezioni del termine paesaggio secondo
Paesaggio come immagine artistica, legato alla percezione visiva diretta, di chiaro
stampo estetico.
Paesaggio come fattore fisico, che interviene nell’evoluzione delle proprie forme
precipue.
Paesaggio come risorsa estetica, che favorisce una migliore qualità della vita.
Paesaggio come ecologia, cioè l’insieme delle componenti fisiche e biotiche, causa
Ai giorni nostri i criteri di approccio e lettura del territorio risultano del tutto
rivoluzionati rispetto all’hic et nunc dei secoli passati: si è capovolto il processo conoscitivo
antico, che presupponeva realtà tangibili per ricavarne codici di lettura. Odiernamente si
preferisce il codice, per ottenere in un secondo momento concreti riscontri sul terreno.
paesaggio, il quale, può essere identificato come il punto d’incontro fra questa materia e
9
G. Rosada, Linee preliminari per lo studio della topografia antica, Aa 2004-05
5
l’archeologia stratigrafica: gli attori che intervengono in un ambito a piccola scala, ad
esempio la costruzione di muri, buche, le cui azioni vengono definite Unità stratigrafiche,
su una scala più ampia sono gli stessi attori che recinsero campi, costruirono case, villaggi
e città, cioè compirono quei gesti che possono essere definiti come Unità topografiche.
6
Capitolo 2: Breve storia degli studi ragionata.
entrare nel vivo della materia. Il mio obiettivo sarà quello di tracciare delle metodologie
operative che nel corso dei secoli si sono succedute e che possono essermi d’aiuto.
Anche se non si può parlare di archeologia dei paesaggi andando troppo indietro nel
tempo, è comunque importante ravvisare dei metodi d’approccio ai paesaggi antichi, che
raffiguranti resti romani. Tra i primi autori di questo genere possiamo ricordare il Vasari,
7
La visibilità dei singoli monumenti era data dalla vicinanza ai tracciati viari, che
insistevano ancora in larga misura, come del resto accade tutt’oggi, sulla rete stradale
romana, in quanto si è notato che la prospettiva dei vari disegni era generata dall’asse del
percorso dei viaggiatori antichi. L’interesse primo di Michelangelo e del Vasari era lo
studio delle tecniche architettoniche romane; quando, qualche tempo dopo, alla
Era iniziata l’epoca dei Grand Tour, il viaggio era divenuto necessario alla
formazione dei rampolli dell’aristocrazia europea. Tra questi possiamo ricordare i francesi
che fondarono nella seconda metà del Seicento l’Accademia di Francia. Essi, fra i quali il
sulla diversa crescita del grano. Ciò era già stato teorizzato da W.Camden nel primo
Seicento e messo in pratica un secolo dopo dalla Society of Antiquaries. Si erano poste le
basi per la moderna foto interpretazione tramite delle sperimentali tecniche interpretive di
crop-marks.
dell’archeologia illuminista.
10
F. Cambi, N. Terrenato, Introduzione all’archeologia dei paesaggi, Roma, NIS, 1994
11
J.C.R. de Saint-Non, Voyage pittoresque ou Description des Royaumes de Naples et de Sicile. 1782
8
2.2 Dall’Ottocento al fascismo: la cartografia.
L’archeologia del paesaggio vera e propria ha avuto natali in Gran Bretagna, dove
riguardanti i vari insediamenti e il loro rapporto con il terreno che li circondava. In Italia
questa branca dell'archeologia ha avuto uno sviluppo tardo, dovuto alla ricchezza dei
materiali di epoca classica, che ha fatto sì che lo studio dell'arte, della topografia,
I primi tentativi di costituire una carta archeologica risalgono alla prima metà del XIX
per la ricostruzione del paesaggio antico, basato sulla raffigurazione di monumenti, strade,
confini e opere idriche. Questi tentativi si instaurano come prosecuzione della grande
Nella seconda metà dell’Ottocento, nel clima di tensione e coscienza civile seguito
all’Unità, nasce il progetto della Carta archeologica d’Italia, per la quale i promotori, G.F.
cui erano presenti tutte le testimonianze rinvenute sul suolo italiano. Ne furono pubblicati
soltanto due volumi relativi all’Etruria, alla Sabina e all’agro Falisco. L’impostazione è
nuova: in primo luogo si pone sui dati archeologici la base per la ricostruzione storica del
principalmente le fonti per dare una precisazione topografica, con l’ausilio limitato della
12
O. Gerhard, Rapporto intorno i vasi vulcenti, Annali dell’Istituto di Corrispondenza Archeologica, 1831
13
E. Westphal, Topografia dei contorni di Tarquinii e di Vulci, Annali dell’Istituto di Corrispondenza Archeologica, 1830
14
G. F. Gamurrini et al., Carta archeologica d'Italia (1881-1897). Materiali per l'Etruria e la Sabina, Firenze 1972.
15
A. Cozza - A. Pasqui, Carta archeologica d'Italia (1881-1897): materiali per l'agro Falisco, Firenze 1981.
9
testimonianza archeologica. In secondo luogo è da sottolineare l’integrità della ricerca a
Si arriva a questo punto alla figura di Thomas Ashby, direttore della British School
of Archaeology di Roma, con la quale pubblicò una serie di articoli sulla campagna
presenti. Sono questi gli anni in cui va diffondendosi l’agricoltura meccanizzata, in luoghi in
cui le rovine erano ancora ben presenti. Le ricognizioni eseguite da Ashby e da Rodolfo
Lanciani offrono, attraverso un ampio archivio fotografico, testimonianze non solo della
campagna romana, ma anche di buona parte del centro-sud Italia, sia a carattere
topografia antica finì per divenire esclusivo studio di edifici e dell’urbanistica, tralasciando
quale R. Bianchi Bandinelli e O. Marinelli17 introdussero la proposta per una nuova carta,
modificando i fogli dell’IGM. In questo progetto possiamo ravvisare la novità di una visione
storica, ponendo la carta come strumento conoscitivo e operativo; è stata pensata in modo
16
Il più importante è sicuramente The Roman Campagna in Classical Times, Tonbridge, 1927.
17
R. Bianchi Bandinelli, O. Marinelli, Carta archeologica d'Etruria - Proposta di una edizione archeologica della Carta
d'Italia al 100.000, in Studi Etruschi, I, Firenze 1927.
10
2.3 Dal primo al secondo dopoguerra: L’aerofotografia.
sviluppa attorno alla seconda metà del XIX secolo; le macchine fotografiche del tempo
erano molto pesanti e necessitavano di lunghi tempi d’esposizione, quindi poco adatte ad
archeologici si deve a F. Stolze18, che la utilizzò per una documentazione sugli scavi di
Persepoli. In Italia fu Giacomo Boni che, a fine secolo, utilizzò un pallone aerostatico per
La prima guerra mondiale, che iniziò pochi anni dopo, diede un notevole impulso
allo sviluppo tecnologico sia dell’aereonautica che della fotografia a fini strategici. Finito il
conflitto, un buon numero piloti con capacità osservative, si accorse delle potenzialità
dell’aerofotografia a fini archeologici. Il primo di questi O.G.S. Crawford che nel 1924
fotografie verticali, l’articolazione agraria antica nei dintorni di Winchester19. Ne seguì una
indipendentemente un programma regolare di fotografie oblique nella valle del Tamigi, che
18
F. Stolze, Persepoli, die achaemenidischen und sasanidischen Denkmäler und Inschriften von Persepolis, Istakhr,
Shâpûr, Berlin, 1882
19
O.G.S. Crawford, Air Survay and Archaeology, Ordinance survey professional papers, 7, London, 1924.
20
O.G.S. Crawford, Air Survay and Archaeology, Ordinance survey professional papers, new series, 7 (second edition),
London, 1928. O.G.S. Crawford, Air photography for Archaeologist, Ordinance survey professional papers, new series,
12, London, 1929.O.G.S. Crawford, A. Keiller, Wassex from the air, Oxford, 1924.
11
permisero di individuare 150 nuove evidenze. Allen eseguì ripetizioni delle ricognizioni
sullo stesso sito in diverse stagioni e con differenti condizioni meteorologiche; questo ebbe
riscontrate, che venivano successivamente riportate su una carta allo scopo di ricostruire
apprendimento del metodo e da leggi restrittive. Per quanto riguarda il primo elemento,
soltanto nel 1938 Giuseppe Lugli iniziò un esame su fotografie verticali21, ma venne
fermato dallo scoppio del secondo conflitto mondiale. La legge in materia di riprese aeree
del 1939, invece, rese quasi impossibile ottenere i permessi necessari per effettuare
strategiche da parte della RAF, che formarono uno straordinario archivio. Su questo si
basarono molti studiosi come Ferdinando Castagnoli, Nereo Alfieri e Vitale Valvassori, il
primo impegnato nell’identificazione delle centuriazioni romane22, gli altri scopritori della
non acquisito per fini archeologici. È da ricordare negli anni successivi la sistematica
realizzazione di una copertura totale del territorio italiano da parte dell’IGM, pianificata con
21
G. Lugli, Saggi di esplorazione archeologica a mezzo della topografia archeologica, Roma, 1939. G. Lugli,
l’importanza del rilievo eareo negli studi di topografia archeologica, in Atti del V Congresso Nazionale di Studi Romani,
Roma, 1940.
22
F. Castagnoli, Contributi della fotografia aerea agli studi di topografia antica in Italia, in Atti del VII congresso
Internazionale di Archeologia Classica, Roma, 1961.
23
N.Alfieri, V.Valvassori, La scoperta dell’abitato di Spina, apparecchi e tecnica relativi alle prospezioni che hanno
portato alla scoperta della città etrusca di Spina, Inedita, vol.2, 1957
12
È giunto ora il momento di parlare di colui che G. Barker24 definì il “creatore
dell’archeologia del paesaggio come disciplina nel senso moderno”, riferendosi all’Italia:
John Ward-Perkins, direttore della British School at Rome dal 1946 al 1974. In quasi
pascoli venivano trasformati in terreni coltivabili, a seguito della riforma fondiaria del 1950.
Alla ricognizione superficiale, seguì una rapida serie di scavi per ottenere le sequenze
che diede vita ad indagini paleoecologiche25. In seguito furono compilate una serie di
diventa una metodologia facente parte dell’archeologia dei paesaggi, utile ad individuare
modelli insediativi.
anni ’60 del secolo scorso in ambiente anglosassone, portò alla feroce critica da parte di
Binford & Co.26 del principio secondo il quale ciascun fenomeno culturale era unico ed
irripetibile, negando quindi ogni valore ai procedimenti comparativi fra contesti etnici e
ricostruzione del passato pareva agli archeologi processualisti più immediata, facendo
24
G. Barker, L’archeologia del paesaggio italiano: nuovi orientamenti e recenti esperienze, in Archeologia Medievale,
Firenze, 1986
25
J.B. Ward-Perkins, Landscape and History in Central Italy, Oxford, J. L. Myres Memorial Lecture, 1964. E. BONATTI,
Stratigrafta pollinica dei sedimenti postglaciali di Baccano, lago craterico del Lazio, in Atti della Societ‡à Toscana di
Scienze Naturali, Ser. A., 70, 1964. G.D.B. JONES, Capena and thè Ager Capenas, Pari II, in Papers of the British School
at Rome, 31, 1963.
26
Binford L.R. - Binford S. R., New Perspectives in Archaeology, Chicago 1968
13
ricorso a generalizzazioni, identificando delle tendenze nei comportamenti umani
riscontrate in diversi contesti storici. L’obbiettivo era quello di far distaccare l’archeologia
dai vecchi studi di “antiquaria” e farla traslare verso una scienza esatta, a cui poter
applicare il modello scientifico per cui leggi generali venivano riscontrate tramite l’analisi
scientifica.
tecniche proprie delle scienza (fisica, chimica, geografia, ecologia, statistica…) proprio
“dall’apertura di queste nuove porte” si possono riscontrare una serie di analisi territoriali
che in modo più o meno analitico, tentarono di ricostruire l’ambiente arcaico facendo
spesso ricorso a modelli. Alla base di questi stava la convinzione che tutte le comunità
differenti scale, dalla micro (di un sito) alla macro (di una regione), dello studio della
definendone le varie dipendenze. Il fine era quello di studiare dei “punti” nello spazio di
una carta.
insegnamenti, in modo da capire cosa ed in che misura poter applicare al mio studio.
14
2.4.1 Regression analysis.
rapporto fra una data variabile (dipendente) e una o più variabili (indipendenti). A
ritrovamenti di particolari materiali provenienti da precise località (in questo caso Oxford)
rinvenute in contesti altri, viene applicata la variabile della distanza dal centro di
produzione. Ne è risultata una, seppur ovvia, relazione inversa fra la distanza del
ritrovamento dal centro produttivo e la quantità di ritrovamento. Nel grafico 1, sulla retta
distanza (in miglia) dal luogo di produzione. Nel grafico 2 è stata applicata un’ulteriore
variabile data dalle località raggiungibili tramite vie di comunicazione fluviali (pallini neri) e
terrestri (pallini bianchi); ciò dimostra che tramite il trasporto via acqua, più economico e
veloce, le distanze dal centro di produzione hanno inciso in modo minore sul decrescere
delle esportazioni28.
27
I. Hodder, C.R. Orton, Spatial Analysis in Archaeology, Cambridge, 1976
28
P. Moscati, Archeologia e Calcolatori, Giunti Barbera, Firenze 1987
15
2.4.2 Trend surface analysis.
attraverso carte su cui vengono segnati, attraverso dei limiti, le percentuali di presenza del
dato oggetto. Osservando la semplice distribuzione in forma di punti su una carta, non è
esatta e quantificabile, i rapporti all’interno della maglia, è la surface trend analysis, che
16
ricercatori dell’università di Siena29, applicato a pievi di epoca medievale. Nelle prime
immagini possiamo vedere i singoli punti riferiti alle pievi e delle isolinee indicanti
l’influenza di ognuna sul territorio circostante; nell’ultima, i risultati sono stati messi a
confronto con i confini delle diocesi della regione. Ciò che emerge è che le chiese si
concentrano in modo copioso lungo i confini, lasciando pensare a probabili conflitti tra i
diversi episcopi.
all’interno di un’area.
quadrati ed inserire nelle celle così formate, dei simboli indicanti ciò che è d’interesse. Si
potranno formare in questo modo quadrati con dei raggruppamenti di materiali (clustered
patterns), oppure una distribuzione pressoché regolare (regular patterns). Questo metodo
offre il vantaggio di poter individuare concentrazioni, magari anche di materiali diversi. Uno
bordo).
29
G. Macchi, Il problema della misurazione delle distanze fra insediamenti umani nella ricerca archeologica, in
Archeologia Medievale XXVII, 2000.
17
I distance methods, invece, sono basati sul calcolo della distanza fra i punti
punto dal più vicino, con la media della distanza tra i punti. Ne risulta un indice di vicinato
Solitamente gli strati sono scelti in base alla geologia, pedologia, idrografia e altimetria, a
densità nei siti presenti e rintracciare possibili confini ambientali rappresentativi. C’è da
ricordare che la scelta insediativa umana dipende in molti, se non nella totalità dei casi
socioeconomica dei fondatori, ma anche sulla loro mentalità e concezione paesistica. Uno
dei limiti è la scala, che deve preferibilmente comprendere un discreto numero di siti; un
18
altro è che con il metodo della stratificazione ambientale è possibile individuare il punto
preciso in cui si trova il sito, tralasciando il potenziale produttivo delle zone limitrofe, che
Con la new geography, movimento, per certi versi, parallelo alla new archaeology,
utilizzano un raggio di 2/3 km attorno al sito per ricavarne la maggior parte della
sussistenza. L’analisi del bacino d’approvvigionamento (SCA) consiste proprio nello studio
del contenuto di un sito rintracciandoli delle zone limitrofe, raggiungibili in massimo due
ore, tempo oltre il quale diventa antieconomico: più lontana è l’area delle risorse, meno
probabilmente sarà sfruttata. I risultati vengono poi portati in una carta, tracciando un
cerchio attorno al sito che risulterà distorto a causa dell’altimetria o percorribilità dell’area;
ogni tipo di terreno verrà diversificato in base alle sue possibili utilizzazioni. Per quanto
riguarda l’utilizzo per scopi agricoli del terreno, sarà necessaria un’attenta analisi
geomorfologica, per capire il potenziale utilizzo del suolo nelle varie epoche, applicando gli
di ogni bacino, potendo poi trarre conclusioni circa la natura e le funzioni del sito.
30
C. Vita Finzi e E.S. Higgs, Prehistoric economy in the mount Carmel area of Palestine: site catchment analysis, in
Proceedings of the Prehistoric Society, 36
19
Un’altra interessante applicazione è stata svolta da K Flannery e M. Joice31 a San
Josè Mogote, nella valle di Oaxaca; l’analisi si concentrò sulle reali risorse reperibili nel
utilizzo delle risorse attorno al sito. Così facendo divenne possibile calcolare il potenziale
31
M. Joyce; K.V. Flannery, Zapotec Civilization: How Urban Society Evolved in Mexico's Oaxaca Valley. Thames and
Hudson, London 1996.
20
2.4.6 I poligoni di Thyssen.
considerare i siti come punti nello spazio che verrà suddiviso geometricamente in zone di
ogni singolo sito. L’idea di base è che con l'aumentare della distanza da un centro,
diminuisca la sua influenza sul territorio, fino ad incontrare la zona di influenza di un altro
centro. Tramite questo modello teorico si possono analizzare ampie porzioni di spazio,
assolutamente non vicine alla realtà in quanto viene tralasciato l’aspetto geografico
a siti politicamente omogenei, in caso contrario si deve spostare il confine verso i centri
minori, allargando quelli dei maggiori. È inoltre necessaria una conoscenza totale degli
limitrofi.
limitrofo: le attività produttive attorno a questi sono fortemente condizionate dalla distanza
riscontrare attorno ai nuclei principali degli anelli concentrici, trovando nella zona limitrofa
che avranno meno costi di trasporti, si stanzieranno nelle zone più distanti (agricoltura
32
J. H. Von Thünen, Der isolierte Stadt in Beziehung auf Landwirtschaft und Nationaloekonomie, Amburgo, 1826
21
intensiva, agricoltura estensiva, pastorizia). Questo modello è applicabile a città isolate,
Sviluppata dal geografo tedesco W. Cristaller33 negli anni Trenta del secolo scorso
gerarchici nel sistema e sul numero dei siti minori per ogni centro egemone. Questo
33
W. Cristaller, Le località centrali della Germania meridionale, Jena, 1933
34
A. Lösch, The economics of location, New Haven, 1954
22
2.4.9 Rank-size.
Questo modello, ideato per lo studio di sistemi sociali e politici, è utilizzato per
distribuzione dei siti. È stato ideato da F. Auerbach35, ad inizio ‘900, dopo aver svolto delle
(rank); moltiplicando il prodotto della popolazione per il rank, si ottiene un coefficiente pari
(con scala semilogaritmica), risulta una retta inclinata di 45° sulle ascisse. Prendiamo ad
siti. Di notevole interesse risulta lo studio dello scostamento dalla linea ideale, utilizzato
per ricostruire il sistema insediativo e sociale: se la retta risulta con un profilo concavo ci
troviamo dinanzi ad una società con pochi centri di maggiori dimensioni, rispetto ad una
costellazione di centri molto minori, quindi una società giovane ed in via di sviluppo. Se
l‘andamento risulta vicino alla retta ideale, possiamo parlare di una società matura, con
una capitale e gradualmente dei centri minori. La risultante convessa si riscontra in società
allo stesso territorio, prendendo in considerazione tempi diversi, potendo in questo modo
notare l’evoluzione di una società. Ed è quello che è stato fatto ad esempio da A. Guidi36
35
F. Auerbach, Das gesetz der bevolkerungskonzentration, in Pattermann’s Mitteilungen, 59, 1913.
36
A. Guidi, An application of the Rank-Size Rule to Protohistoric Settlements in the Middle Tyrrhenian Area, in C.
Malone - S. Stoddart (a cura di), Papers in Italian Archaeology, IV. The Cambridge Conference. Part III; Patterns in
Protohistory, Oxford 1985
23
2.5 Gli anni recenti.
Eccoci giunti verso fine del nostro percorso storico, alla scoperta degli uomini e
donne che hanno lasciato un segno tangibile nell’archeologia dei paesaggi. Lo faremo
paesaggi, dagli anni del dopoguerra fino a noi; per semplicità verranno individuate delle
disomogenee, ponendo particolare attenzione alla georeferenziazione dei vari dati relativi
37
L. Capuis et al.(a cura di), Carta archeologica del Veneto, 4 voll.,Modena, 1988
24
a ritrovamenti, su una carta con scala 1:25.000. Le emergenze di varie epoche vengono
evidenziate sulla carta con colori differenti e numerate, rimandando alla schedatura che
comprensione delle modalità insediative tramite un modello comune relativo alle varie
epoche. È inoltre un valido strumento per una progettazione territoriale mirata alla
l’importante collaborazione, per la realizzazione del progetto, fra enti che spesso tendono
centro orientale; i cinque volumi, suddivisi per province di Brescia, Bergamo, Lecco e
Como e città di Brescia, sono stati redatti negli anni ’90 da vari autori come Filli Rossi nel
caso della provincia di Brescia o Raffaella Poggiani Keller per quanto riguarda la provincia
di Bergamo. Per il prosieguo del mio lavoro la carta archeologica della provincia di Brescia
sarà senza dubbio un ottimo “alleato”, contenente, oltre alla documentazione di 1800
della X regio Venetia et Histria, in particolar modo per ciò che concerne la ricostruzione
38
F.Rossi (a cura di), Carta archeologica della Lombardia, vol.1 Provincia di Brescia, Panini, Modena 1991.
39
G. Rosada, La viabilità nella decima regio (Venetia et Histria). Strade di collegamento e strade di sfruttamento
territoriale, III Congresso di Topografia antica (La viabilità romana in Italia. Bilanci e aggiornamenti), in JAT, IX, 1999. G.
Rosada, Dal mare alle montagne: aspetti territoriali e viabilità per una economia di allevamento tra Altinum e
Feltria/Vom Meer zu den Bergen: Raumordnung und Straßen im Dienste der Viehwirtschaft im Gebiet zwischen
Altinum und Feltria, in I territori della Via Claudia Augusta: incontri di archeologia/Leben an der Via Claudia Augusta:
archäologische Beiträge, a cura di G. Ciurletti, N. Pisu, Trento 2005.
25
Il prof. A. De Guio si è dimostrato molto più attento a ciò che concerne, da una
medio Polesine41 o più recentemente all’Altopiano di Asiago, che esula dai modelli analitici
proposti fino a metà degli anni ’80 (ad esempio i modelli di Thiessen e von Thunen, rank
size rule, site catchment analysis), di estrazione per lo più geografica, ma propone “la
risoluzione critica […] di non perdere troppe energie di percorso nel soffice, accattivante
specifico con un progetto di lavoro”.42 Ed è quello che tenterò di fare il prima possibile…
La scuola senese, negli ultimi anni si è trovata a fare da capofila nella ricerca ad
ampio raggio spaziale, grazie all’applicazione di tutte le nuove tecnologie oggi disponibili,
per fini archeologici. Questo tipo di approccio è già attivo all’inizio degli anni ’90 con il IV
Ciclo di Lezioni sulla Ricerca Applicata in Archeologia, tenutosi alla Certosa di Pontignano
(Si) nel 199143, interamente dedicato all’archeologia del paesaggio, divenuto uno degli
incontri che ha dato una certa formalizzazione metodologica. Negli anni recenti, grazie alle
possibile attingere ad un buon numero di articoli che presentano, come uno dei temi
accesso alle pubblicazioni di una delle istituzioni più attive nell’ultimo ventennio. Grazie a
G. Rosada, Altino e la via della transumanza nella Venetia centrale, in Pecus. Man and Animal in Antiquity, Proceedings
of the conference at the Swedish Institute in Rome, September 9-12, 2002, ed. B. Santillo Frizell.
40
A. De Guio, Archeologia della complessità e calcolatori: un percorso di sopravvivenza fra teorie del caos, attrattori
strani, frattali e... Frattaglie del postmoderno, in m. Bernardi, ( a cura di), 1992, Archeologia del paesaggio, IV Ciclo di
Lezioni sulla Ricerca Applicata in Archeologia (Certosa di Pontignano, Siena, 14-26 gennaio 1991), Firenze.
41 A. De Guio, R. Whitehouse, J. Wiekins (a cura di), Progetto Alto-Medio Polesine: quarto rapporto, Quaderni di
Archeologia del Veneto, VI, 1990
42
A. De Guio, R. Whitehouse, J. Wiekins (a cura di), Progetto Alto-Medio Polesine: quarto rapporto, Quaderni di
Archeologia del Veneto, VI, 1990
43
M. Bernardi ( a cura di), Archeologia del paesaggio, IV Ciclo di Lezioni sulla Ricerca Applicata in Archeologia (Certosa
di Pontignano, Siena, 14-26 gennaio 1991), Firenze, 1992
44
http://www.bibar.unisi.it/
26
un’ampia visione sulle applicazioni informatiche adottate dall’archeologia: dal
lavoro.
2.4.2 La Spagna:
ricerca a cui fa capo l’università di Santiago. Questo insieme di ricercatori, la cui figura di
riferimento è il prof. Felipe Criado Boado, adotta un’attenzione particolare per il contesto in
secondo il Prof. Crido Boado, permette di ricostruire i principi organizzativi delle società
strumento utilizzato per tentare di comprendere la relazione instaurata tra uomo e natura.
sull’ambiente”. Quindi l’archeologia del paesaggio diventa lo studio dei processi e delle
mentre secondo Criado Boado è dovuto a un modello di razionalità, configurato con forme
regolari spaziali. Dallo studio di queste ultime è possibile risalire a dei codici, cioè un
La metodologia adottata dalla scuola gallega può essere riassunta individuando tre
diversi livelli del paesaggi: lo spazio fisico e ambientale, lo spazio sociale e lo spazio
simbolico.
27
Inoltre i loro studi spesso interessano i petroglifi, di cui è ricca la Galizia, soprattutto
del neolitico e dell’età del bronzo. L’approccio per lo studio dei petroglifi posti in un
abbastanza ampia, all’interno della quali le rilevanze si dispongono in modo simile nei
Fábregas45, in cui viene effettuata un’attenta lettura non tanto delle tematiche delle
incisioni, ma della loro posizione, a segnare ad esempio linee di transito, zone di interesse
vario. Gli autori sono giunti alla conclusione che sussiste una certa interdipendenza tra la
localizzazione dei petroglifi e quella delle risorse circostanti, in modo da lasciare un segno
raffigurazione di cervidi e la posizione dei massi in zone centrali, mentre armi vengono
studio della composizione dei petroglifi e la disposizione areale delle singole figure nel
contesto del masso istoriato. Durante alcuni studi46 si è notata la posizione dominante di
scene di guerra, animali selvatici e maschi, mentre nella parte inferiore scene domestiche
animali addomesticati. Ciò secondo Santos Estevez potrebbe essere il riflesso del modello
45
R. Bradley, F. Criado Boado, r. Fábregas, Rock art research and landscape archaeology: a pilot study in GALICIA,
northwest Spain, World Archaeology, 25, 1994
46
M. Santos Estevez, Los espacios de arte: el diseño del panel y la articulatión del paisaje en el arte rupestre gallego,
Trabajos de preistoria, 55/2, 1998
28
insediativo contemporaneo, con abitati in altura che rimandano alla loro rappresentazione
In questo caso possiamo parlare di vera e propria rivoluzione, che si inserisce nella
più generale rivoluzione informatica47 in atto negli ultimi trent’anni, in quanto ha modificato
I primi calcolatori utilizzati per scopi bellici, alla fine della seconda guerra mondiale,
lancio nel 1957 dello Sputnik, la NASA riuscì a sviluppare il principio del moderno sistema
GPS, impiegando le onde radio emesse da un satellite posto su un’orbita definita, in grado
satelliti in orbita.
L’applicazione ad ambiti civili non tardò: esempi si videro a Chicago e Seattle nel
1959, legati al controllo del traffico. La prima comparsa sotto il nome G.I.S. si vide nei
primi anni ’60 con il Canadian Department of Forestry and Rural Development, più che
una nuova forma di cartografia, concepito per più ambiti d’applicazione. La principale
caratteristica è quella di poter associare ad una base dati georeferenziata, una quantità di
analisi.
47
Y.Veneris, The Informational Revolution, Cybernetics and Urban Modelling, PhD Thesis, University of Newcastle
upon Tyne, UK, 1984
Y. Veneris, Modeling the transition from the Industrial to the Informational Revolution, Environment and Planning A
22(3), 1990
29
Nel 1969 l’Università di Harvard predispose un laboratorio proposto allo sviluppo del
Negli anni ’70, lo sviluppo di agenzie private, come la ESRI (Environmental System
Research Institute), permise lo sviluppo di software, che renderà, negli anni successivi,
permesso la gestione degli oggetti geometrici, delle loro relazioni spaziali e delle
Gli anni ’90 hanno visto la diffusione capillare della metodologia G.I.S. grazie alla
modo da essere competitivi, sia a livello tecnologico che a livello economico, grazie anche
diverse dorsali, non sono mai state indagate intensivamente a livello archeologico. Va
cancellato la seppur minima traccia antropica presente sul territorio. In ultimo la mentalità
locale, poco attenta a ciò che riguarda la propria storia e sempre più impegnata
nell’avanguardia economica.
seguito di lavori stradali o edili in genere. Pochi gli scavi eseguiti sul territorio, soprattutto
per ciò che riguarda l’archeologia pre-protostorica. L’interesse maggiore dal XV secolo fino
30
al ‘900 è stato quello per le epigrafi romane, molto diffuse nelle vallate ed in genere nel
del 1875. Il catalogo della mostra è stato pubblicato nei Commentari dell’Ateneo di Brescia
eccezionali rilevanze che proprio in quegli anni si stavano scoprendo nella Valle
Gavardo, nato da quattro amici (Alfredo Franzini, Alberto Grumi, Piero Simoni e Silvio
Frate di Prevalle e l’anno successivo con l’indagine del Buco del Coalghès sul Monte
Magno. Nel 1962 si vide la prima pubblicazione degli Annali del Museo, utilissimo
seguente si arrivò alla fondazione ufficiale dell’ Associazione Civico Museo Gruppo Grotte,
che trovò la propria sede espositiva in due sale nell’edificio cosiddetto “Castelletto”, che
aumenteranno negli anni successivi, fino ad un trasferimento definitivo a fine anni ’80. Al
museo di Gavardo si deve la grande opera di ricerca, che può svolgere soltanto un organo
Altra importante Istituzione è il Museo Civico di Scienze Naturali di Brescia che dal
1965 pubblica Natura Bresciana, che ha reso possibile la diffusione delle indagini in
Nel ’64 si forma il Centro Camuno di Studi Preistorici (CCSP), con lo scopo di
Studi Preistorici (BCSP) in cui trovano spazio le ricerche effettuate nella zona del Sebino).
deve ad una serie di volumi dedicati ad ogni settore della provincia, editi come Atlanti dalle
Edizioni Grafo nella prima metà degli anni ’80. Per le zone di nostro interesse, la
Valtrompia è stata trattata da Clara Stella48 nel 1982, il Sebino è stato studiato da Luisa
Bezzi Martini49 l’anno successivo. Un’altro lavoro di notevole interesse è quello edito nel
1986 nella serie dei Quaderni Camuni, la cui autrice, Fulvia Abelli Condina50, inserisce la
Da ricordare le indagini estensive compiute da Paolo Biagi tra gli anni ’70 e ’80 che
hanno riguardato l’intero territorio bresciano e che lo pongono nel ruolo di maggiore
48
C.Stella, Schede per una carta archeologica della Valle Trompia, in AA.VV. Atlante Valtrumplino, Edizioni Grafo,
Brescia, 1982.
49
L.Bezzi Martini, Schede per una carta archeologica del Sebino e Franciacorta, in AA.VV. Atlante del Sebino e della
Franciacorta, Edizioni Grafo, Brescia, 1983.
50
F.Abelli Condina, Carta archeologica della madia e bassa Val Camonica, in Quaderni Camuni, VIII, Brescia, 1986.
51
Preistoria Alpina, numeri: 8, 1972; 9, 1973; 12, 1976; 14, 1978; 16, 1980. Museo Tridentino di Scienze Naturali
52
Rivista di Scienze Preistoriche, numeri: XXV, 1970; XXVI, 1971; XXXII, 1977; XXXIII, 1978; XXXIV, 1979. Istituto
Italiano di Preistoria e Protostoria.
53
Natura Bresciana, numeri: 7, 1970; 8, 1971; 12, 1975; 13, 1976; 22 1985; 24, 1987. Museo Civico di Scienze Naturali
di Brescia.
54
AA.VV., Archeologia in Lombardia, Silvana, Milano, 1982.
55
AA.VV., Preistoria nel Bresciano, La cultura materiale. Edizioni Grafo, Brescia, 1979.
32
Capitolo 3: L’ambiente.
umana, lo spazio entro cui l’uomo antico e moderno si muove, caccia, sfrutta le risorse,
costruisce le proprie case, insomma vive. Per poterlo fare in modo adeguato, è a mio
avviso indispensabile avere una conoscenza approfondita di tutte quelle fonti che ci
descrivere in modo esaustivo le nostre vallate alpine in epoca precedente alla conquista
romana. Dovremo dunque appellarci a tutto ciò che non è di così facile interpretazione, in
distante dal nostro, ma che a tratti lo si può ritrovare congelato sotto uno spesso strato di
33
archeologica, sotto il segno di un olismo metodologico, che potrebbe essere necessario
Il modello che tenterò di utilizzare è in parte ripreso da Fernand Braudel, il quale nel
1953 pubblicò la sua opera più importante56, che analizza il Mediterraneo all’epoca di
Filippo II. In questo caso il protagonista diviene il Mediterraneo che viene indagato sotto
ogni suo peculiare aspetto, dal clima all’economia, dal colonialismo alla transumanza.
Viene data molta importanza all’interazione uomo/natura, in linea con la cosiddetta scuola
della Sorbonne, il cui capostipite, Vidal De La Blanche, afferma che: “l'uomo compie delle
scelte tra le varie possibilità offerte dal territorio, con la tecnologia e la civiltà riesce
addirittura ad aggirare gli ostacoli della natura, il tutto lasciando la sua impronta
nell’ambiente di vita”57. Quindi il rapporto uomo/ natura è visto in modo biunivoco, in cui
l’uomo riesce a modificare i condizionamenti che la natura gli impone. Ovviamente questo
3.1.Aspetti geologici
della vallate prealpine bresciane e in generale delle Alpi, è legata ai fenomeni glaciali
territoriale. Attori principali nella storia delle nostre valli sono i fiumi e i laghi: i moderni
insediamenti della Valtrompia e della Valsabbia si sviluppano lungo il lento scorrere dei
fiumi che le hanno formate: il Mella per la prima e il Chiese per la seconda; mentre i laghi,
56
F.Braudel, Civiltà e imperi del Mediterraneo nell'età di Filippo II, Einaudi,Torino, 1953.
57
P.Vidal De La Blanche, Atlas général: histoire et géographie, 1894.
34
Garda, Iseo e Idro vedono un popolamento diffuso là dove è possibile, là dove le pareti
rocciose lasciano tregua, aprendo brevi spazi, ma sempre ben protetti. Infatti questi laghi
hanno trovato un facile letto dove i ghiacciai hanno letteralmente scavato il paesaggio,
grande pianura. Tutti i laghi bresciani (oltre 150), hanno un’origine esclusivamente glaciale
predisposte. Le grandi masse trasportate dall’azione dei ghiacciai hanno portato con sé
una grande quantità di detriti, sia in modo diretto per effetto di pressione ed erosione, sia
in modo indiretto provocato dalle grandi alluvioni negli intervalli interglaciali o quelle post-
glaciali. Attraverso questi depositi di sedimenti si è formata buona parte della pianura
hanno portato con sé anche massi erratici, frequenti in tutte le vallate del bresciano. Un
altro fenomeno conseguente alle ere glaciali che si possono trovare nel territorio sono le
colline moreniche,: depositi di massi, ciotoli, arenarie, sabbie, disposti nella parte terminale
del fronte del ghiacciaio che hanno dato luogo a sistemi collinari posti a semicerchio fra il
lago e la pianura. Il maggiore che possiamo trovare è l’anfiteatro morenico del Garda,
alimentato dal ghiacciaio dell’Adige, il quale raggiunse una notevole potenza (1000m a
Riva per scendere a 800m a Tremosine, 600m a Gargnano, 400m a Salò e Manerba).
Attorno a 10.000/8.000 anni fa, si stima il termine della presenza di ghiacciai nei solchi
vallivi bresciani.
35
36
La Val Camonica è una lunga valle, chiusa a sud dal lago d’Iseo che nel suo punto
risalendola diventa sempre più angusta. È solcata dal fiume Oglio58, al quale affluiscono
numerosi torrenti che scendono dalle valli laterali. Ad ovest è chiusa del gruppo delle
Prealpi Orobie, mentre ad est è il Gruppo dell’Adamello fino al Massiccio delle Tre Valli
che le fa da sponda. Montagne imponenti che superano i 2000 m fino alla cima
glaciali, precisamente le colate provenienti dal plateau del Gavia, quelle provenienti dal
geomorfologica compiuta; le rocce venivano lisciate e pronte per essere utilizzate come
supporto delle raffigurazioni di epoche successive. Tutto ciò ci interessa in quanto la Val
Camonica è a monte e quindi è estremamente legata alla genesi del Sebino. Superato il
lago d’Iseo, il ghiacciaio, della potenza stimata di 1000m, si è spinto per altri 9-10 km
ma si è formata per la lunga opera erosiva svolta dal fiume Mella in tempi relativamente
di origine marina, del resto come buona parte del territorio montuoso bresciano. Più
(150/190 M.A.), mentre se si risale la vallata si arriva fino a Collio, la cui formazione è fatta
58
Oi in dialetto locale.
37
risalire all’inizio del periodo Permiano, nell’Età Paleozoica (280 M.A.), a seguito di
Collio e Bovegno si trovano ai piedi della parte centrale del Massiccio cristallino
delle Tre Valli; formazione montuosa che fa da testata alla Val Trompia e la divide dalla
Val Camonica a nord; è il più antico territorio di tutta la provincia di Brescia che sia
sicuramente databile attraverso le testimonianze della flora e della fauna fissili. Gran parte
gelate; ne sono testimonianza le rocce striate che si possono trovare nella zona di
Dasdana.
L’ evoluzione nel Quaternario della Valle Sabbia non è troppo dissimile da quello
della Valle Camonica: il flusso glaciale proveniente dalla Val Rendena si unì al ghiacciaio
del fiume Chiese, raggiungendo il lago d’Idro. Secondo Habbe59, la potenza del ghiacciaio
a Ponte Caffaro era di 950m, ad Anfo raggiungeva 800m, ad Idro di 650m. Il fronte
terminale si sarebbe fermato alla stretta di Barghe dopo aver passato la stretta di Idro-
Lavenone. In modo simile il ghiacciaio dell’Adige, sia la parte che scende dalla valle che
da Arco arriva a Riva, sia la parte che proviene dalla sella di Loppio e Mori, andò a
scavare il bacino del Garda, raggiungendo ragguardevoli potenze: 1100m a Riva, 800m a
S.Felice. La cerchia morenica più esterna è fatta risalire alla terza glaciazione (Mindel) che
59
K.A. Habbe, die Wurmzeitliche Vergletscherung des Gardasee-Gabietes, Frieburg, Schulz, 1969.
38
possibile trovarne traccia soltanto in quelle zone che non furono toccate dalla coltre
glaciale, rimaste come isole circondate da flussi glaciali e quindi abbastanza indisturbate,
Figura 1: schema geocronologico della provincia di Brescia, da G. Berruti, Geologia del Territorio bresciano, Grafo Edizioni,
Brescia, 1981.
39
3.2 Cambiamenti climatici.
Secondo Penk60 il limite delle nevi perenni nel corso dell’era quaternaria nelle Alpi
Meridionali bresciane, si collocava a quota 1700/1800 mslm. Più recentemente tale limite
è stato abbassato da Habbe61 a 1400/1500 mslm. Nelle vallate alpine circondate da alti
rilievi, il livello delle nevi perenni è un fattore decisivo, in quanto determina la presenza o
imponente strato di ghiaccio, fino alla fine del Pleistocene (12.000/8.000 BP), momento
terminale dell’era glaciale di Würm. Con la fine del Pleistocene dobbiamo immaginarci una
situazione con versanti ancora rocciosi e numerosi torrenti che rendevano il fondovalle
acquitrinoso e trascinavano massi erratici. Con lo svilupparsi di alghe e arbusti, uno strato
di humus rese più atto alla vegetazione il fondovalle. La grande quantità di acqua derivata
dallo scioglimento dei ghiacciai, invase le pianure, rendendole grosse paludi solcate da
arborei come il lupo e il cervo, mentre le acque sia del lago che dei fiumi, dovevano
risultare pescose. Si erano inoltre spinte le coperture arboree di foreste di abeti, ontani,
querce, mentre più a valle, noccioli e querce; nelle zone a quota più elevata erano diffuse
un clima più temperato e umido con l’introduzione di specie del clima più temperato e poi
60
A. Penk, E. Bruckner, Die Alpen im eiszeitalter, Tauchmitz, Leipzig, 1909.
61
K.A. Habbe, Die Wurmzeitliche vergletscherung des Gardasee- Gebietes, Schulz, Freiburg, 1969.
40
termofile. Attorno a 6000 anni fa si nota un aumento di temperatura, il cosiddetto optimum
climatico con la diffusione del querceto misto (quercia, tiglio e olmo) in pianura e in collina,
mentre abete e faggio in zone più elevate. Successivamente il clima si fa più fresco e
secco fino ad arrivare a 4000 anni fa con un clima simile a quello attuale. Con il Neolitico
(dalla seconda metà del v millennio in Italia settentrionale), alla caccia e raccolta si
sostituisce gradualmente, talvolta con una coesistenza delle due economie, l’allevamento
e l’agricoltura.
intervenute negli ultimi 12.000 anni in Valcamonica. Tale indagine si è basata sull’analisi
62
A. Horowitz, Holocene pollen diagrams and paleo-environments of Valcamonica, Northern Italy, in BCSP, XII, 1974
41
Figura 2: tabella delle variazioni climatiche avvenute negli ultimi 12.000 anni, da A. Horowitz, Holocene pollen diagrams and
paleo-environments of Valcamonica, Northern Italy, in BCSP, XII, 1974.
Studi più recenti hanno confrontato numerose serie palinologiche lacustri della zona
alpina63, posti a diversa altitudine. I risultati indicano che già tra 16-15,5 mila anni Cal BP,
le principali valli alpine e i versanti esposti a sud fino a oltre 2000 mslm erano sgombri da
63
C. Ravazzi et al., L’ultima transizione glaciale-interglaciale sul versante meridionale delle Alpi e in Pianura Padana, in
Clima e Cambiamenti Climatici: le attività di ricerca del CNR, CNR, 2007.
42
1500mslm) l’ambiente si presentava come una distesa arida, colonizzata qua e là da rada
Per una più corretta lettura del territorio e del popolamento che si compì su di esso,
è a mio avviso indispensabile delineare delle linee guida riguardanti le epoche antecedenti
al periodo di nostro interesse. Non mi dilungherò nella critica a posizioni espresse da altri
3.3.1 Il Paleolitico.
un intervallo temporale fra i ritrovamenti a volte molto ampio (200.000 anni); è quindi
impossibile delineare un quadro organico del popolamento per tale epoca. Ritrovamenti si
sono susseguiti nell’arco morenico gardesano Mindeliano, il più antico, in cui in stazioni
sulle colline di Carpenedolo, è stata ritrovata industria litica del Paleolitico inferiore (Monte
S.Giorgio65 e Monte Rotondo I66). Sempre ad un momento antico del paleolitico sono da
64
M.L. Filippi et al., Evoluzione paleoambientale dal Tardoglaciale a oggi ricostruita attraverso lo studio dei sedimenti
del Lago di Lavarone (Altopiano di Folgaria e Lavarone, Trentino), Studi Trententini Scienze Naturali, Acta Geol., 82,
2005.
65
66
67
C.Baroni, M.Cremaschi, C.Peretto, Ritrovamenti paleolitici nel Bresciano, in NSAL 1983, Milano, 1984; e C.Baroni,
M.Cremaschi, C.PerettoRecenti ritrovamenti paleolitici in Lombardia, in Atti del 2° Convegno Archeologico regionale
(1984), Como, 1986.
43
protolevalloisiana. Della stessa epoca è pure una scheggia proveniente dalla cavernetta
punte e schegge di tecnica Levallois, raccolti nel loess superiore all’età würmiana. Ciò
principale fonte di sussistenza dei gruppi umani. Dello stesso arco temporale è il
una punta a dorso marginale ritrovata nella località epigravettiana del Büs dei Lader sul
3.3.2 Il Mesolitico.
superiori: importanti sono le serie di ricognizioni svolte da P.Biagi71 sui laghetti alpini posti
sul Massiccio delle Tre Valli, ad un’altezza di poco inferiore ai 2000 m, sella naturale,
punto di incontro e quindi di passaggio tra la Valle Camonica a est, la Val Trompia a sud e
la Val del Caffaro, tributaria della Val Giudicarie, a nord-ovest. Il fenomeno della presenza
di bivacchi stagionali nei pressi di laghi alpini situati a breve distanza dai passi è assai
68
P.Biagi, Scavi nella cavernetta Cà dei Grii (66 Lo-Bs), in Bollettino del gruppo Grotte Brescia,2, Brescia, 1980.
69
C.Baroni, M.Cremaschi, C.Peretto, Ritrovamenti paleolitici nel Bresciano, in NSAL 1983, Milano, 1984; e C.Baroni,
M.Cremaschi, C.PerettoRecenti ritrovamenti paleolitici in Lombardia, in Atti del 2° Convegno Archeologico regionale
(1984), Como, 1986; e Baroni, Biagi, 1987, Rinvenimento di manufatti mesolitici sulla collina di Ciliverghe (Brescia), in
Natura Bresciana, 24, Brescia, 1987
70
P.Biagi, Strumento litico del Paleolitico superiore nella caverna Büs dei Lader, in Natura Bresciana, 13, 1976.
71
P.Biagi, Le più antiche presenze umane, in AA.VV., Laghi alpini del Bresciano. Paesaggio, Natura, Archeologia,
Antiche descrizioni, Brescia, 1985.
44
frequente in tutto l’arco alpino e nell’Appennino ligure e tosco-emiliano. Il sito meglio
documentato è quello del lago Ravenole72, dove sulla sponda sud sono stati raccolti
materiali di selce scheggiata inquadrabile nel Mesolitico Antico (tra l’ 8500 e il 7500 BP),
degli strumenti tratti da arnioni importati sul posto. Diviso dal passo di Ravenole, in una
valle sospesa si situa il lago Dasdana73, sulla cui sponda nord si sono raccolti manufatti di
selce scheggiata. Più scarsi i ritrovamenti sulle sponde dei laghi Bruffione74, Vaia75 e Val
Fredda76; mentre ai laghetti del Crestoso77, gli scavi hanno restituito elementi strutturali
(focolari e pozzetti) datati 7770-7550 cal BP e una buona quantità di industria litica. Questi
ritrovamenti sono ascrivibili al Complesso a Triangoli. Confronti con i tipi litici sembrano
ricondurre ai ritrovamenti trentini del Colbricon, inquadrabili nel periodo di tempo Boreale.
estivo dei capi selvatici. I laghetti servivano probabilmente per l’abbeveraggio degli
ungulati che in questo momento diventavano facile preda dei cacciatori mesolitici. La selce
ritrovata sulle sponde lacustri, non è di origine locale, ma importata forse dalle colline
moreniche del lago d’Iseo. Ed è proprio in questa zona e in generale nei fondovalle
dell’Oglio e del Chiese, che si pensa debbano essere localizzati i campi base da cui
72
73
P.Biagi, Lago ovest di Ravenole (Bs), in Rivista di Scienze Preistoriche, XXXIII, fasc.2, 1978.
74
P.Biagi, Lago di Bruffione (Bagolino, Bs), in Preistoria Alpina, 12, Trento, 1976.
75
P.Biagi, Le più antiche presenze umane, in AA.VV., Laghi alpini del Bresciano. Paesaggio, Natura, Archeologia,
Antiche descrizioni, Brescia, 1985.
76
P.Biagi, Le più antiche presenze umane, in AA.VV., Laghi alpini del Bresciano. Paesaggio, Natura, Archeologia,
Antiche descrizioni, Brescia, 1985.
77
P.Biagi, Le più antiche presenze umane, in AA.VV., Laghi alpini del Bresciano. Paesaggio, Natura, Archeologia,
Antiche descrizioni, Brescia, 1985 e P.Biagi, Dorsale fra media Val Camonica e alta Val Trompia, in NSAL 1986, Milano,
1987.
45
In riva al lago d’Iseo, sono documentate due stazioni: alla Torbiera di Iseo e a
Provaglio d’Iseo78, le quali hanno fornito una gran quantità di nuclei e manufatti non
ritoccati, il che ha fatto pensare che gli arnioni venissero sbozzati in loco per produrre poi
manufatti. L’ipotesi è quella che i campi base fossero dislocati nei fondovalle, mente le
stazioni di alta quota fossero utilizzate stagionalmente per il procacciamento del cibo;
Del momento di transizione fra i Complessi dei Triangoli e quelli dei Trapezi è la
78
P.Biagi, Introduzione al Mesolitico della Lombardia, in Atti del 1° Convegno Archeologico Regionale (1980), Brescia
1981.
79
P.Biagi, Il giacimento sopra fienile Rossino sull’Altopiano di Cariadeghe (Serle,Bs), in Preistoria Alpina, 8, Trento,
1972.
46
1000 m, nelle immediate vicinanze del passo che conduce verso le Coste di S.Eusebio;
47