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Manuale di geografia

Cap 1.
Alla scoperta del sapere geografico

Dimentichiamoci la geografia classifica che viene insegnata a scuola ovvero


dimentichiamoci l’idea che associa un lungo elenco di cose da imparare a memoria.
Geografia viene dal greco e significa "descrizione della terra”. Se noi prendiamo alla lettera
l’etimologia, siamo tratti in inganno su quello che è la geografia di questo corso. Ci sono
elementi importanti come capitali, fiumi e laghi che sono dei parametri utili per le analisi che
faremo e non costituiscono il nocciolo della questione. La geografia moderna ci aiuta a
capire come funziona il mondo,come gira il mondo secondo quelli che sono i fenomeni che
andremo a studiare che l’uomo produce sul territorio. Abbattiamo il pregiudizio della
disciplina statica perché la geografia è dinamica che mette al centro del suo oggetto di
studio il rapporto tra uomo e territorio. Possiamo affermare che senza uomo non vi è
geografia tanto che si parla di geografia umana. Le nostre azioni modificano fortemente il
territorio e il territorio influenza e modifica in parte le azioni dell’uomo. Questo avviene sia da
un punto di vista quotidiano sia a livello ampio di potere che incide sullo sfondo
internazionale. Spesso, soprattutto in ambito scolastico, si confonde la geografia con quelli
che sono gli indici.
Lacoste, uno dei più grandi geografi europei parla di differenza tra significato e significante.
Egli afferma che troppo spesso e in maniera errata viene definita geografia ciò che essa
descrive. Noi definiamo la geografia come una disciplina trasversale che impone un
contenuto trasversale = significa che occupandosi dell’azione dell’uomo sul territorio e del
rapporto di influenza tra i due elementi, questo porta i geografi a spingersi in diverse
direzioni e per necessità abbraccia molte altre scienze umane come la politologia, le scienze
statistiche perché tutti questi elementi ci aiutano a descrivere, nel senso intrinseco, il
territorio. Il territorio inteso anche come azione dell’uomo. La difficoltà del metodo geografico
è analizzare con una prospettiva completa sulla questione abbracciando gli altri dati di altre
materie. Per questo motivo si parla di geografia come scienza metodo.
eg. Immaginiamo che si registri nell’area di pergusa un’intensa fase di spopolamento.
Secondo la vecchia concezione descrittiva, il compito del geografo sarebbe constatare che
in una parte del territorio si registra un significativo flusso di spopolamento. Questo è un
grave errore perché la presa di coscienza è solo la prima fase, una fase preliminare perchè
una volta preso atto del tipo di problema, il compito del geografo è quello di comprenderne le
cause di questo evento per poi trovare delle soluzioni.
La geografia è presenta nella scuola italiana fin dai primi anni d’istruzione eppure c’è molto
da scoprire sulle sue potenzialità formative e professionalizzanti. La disciplina oltrepassa il
puro nozionismo il quale fa parlare i media di ignoranza geografica diffusa, Le nozioni, infatti,
non costituiscono per la geografia un traguardo ma sono mezzi per raggiungere specifici
obiettivi d’indagine, mattoni per la costruzione dell’edificio del sapere. Si tratta di uno spazio
complesso e disomogeneo, oggetto specifico e qualificante di indagine da parte della
geografia definibile come la scienza che studia i processi di antropizzazione del pianeta,
ovvero i rapporti che associano tra loro gli esseri umani, comunità, popoli e culture. Tali
processi si sviluppano fino a minare le stesse forme di vita presenti sulla terra.
L'accelerazione dei cambiamenti fisici e biologici costituisce un’evoluzione che reclama
un’inversione di rotta data anche la globalizzazione che ha modificato tutto il pianeta. E’
quindi essenziale includere nello studio dello spazio sociale il riferimento alle
disuguaglianze, analizzandole e quali sono fondamentali per comprendere il destino
dell’umanità. La ricerca deve quindi includere la dimensione etica, l’equità sociale, la
solidarietà, la sostenibilità etc.. si tratta di finalità rilevanti che riguardano il funzionamento
del mondo dal punto di vista spaziale ovvero il progetto di abitare il sistema terra nella sua
interezza tenendo in considerazione elementi come l’atmosfera, la litosfera, la biosfera
ovvero elementi tra loro interconnessi e che costituiscono il sistema terra.
Le scienze della natura e quelle matematiche sono parte costitutiva della speculazione
filosofica del mondo antico. Possiamo dire che lo stesso vocabolo geografia si accosta alla
geometria, all’astronomia e alla filosofia perché mira a collegare fenomeni terrestri con
fenomeni celesti.
L’introduzione alla geografia scritta da Tolomeo nel 160 dc si compone di 8 libri nei quali
l’autore tratta le definizioni e le differenze tra geografia e corografia. Si deve a lui la base
della cartografia scientifica e il conseguimento del massimo progresso dell’indirizzo
matematico-geografo dell’antichità. Nell’azione di ricerca per individuare le leggi e i segreti
dell’ambiente, il metodo sperimentale è l’aspetto centrale dell’evoluzione del 600. I saperi
geografici in questo periodo si possono giovare delle informazioni sulle nuove terre scoperte
che vanno ad aggiungersi a quelle del secolo precedente, formando così un vastissimo
materiale.
Verso la fine del 700, gli studi geografici fanno registrare un progresso in Germania. Kant è
la figura più importante del periodo e prefigura la globalizzazione inquadrata nei termini di un
cosmopolitismo al quale l'umanità tenderebbe abitando in un paese che avvicina gli uomini
tra loro. Poco dopo nascono Humboldt e Ritter, i più noti geografi della prima metà dell’800.
In questo contesto si sviluppa il movimento filosofico del positivismo che comincia a
diffondersi nel 1830. Il nuovo quadro di riferimento è costituito da una concezione
meccanicistica, chiave interpretativa del mondo che viene divisa in 4 entità: spazio, tempo,
materia e movimento. Le leggi della meccanica sono in grado di fornire la spiegazione di un
fenomeno con l’accettazione del determinismo. Tale principio rimanda all’idea di una legge
per cui in natura tutto avviene secondo una relazione di causa-effetto. L’opera di geografi di
formazione storica produce un ridimensionamento dell’influenza ambientale sull’uomo. I
rapporti tra società e ambiente non sono univoci perché quest’ultimo produce opportunità tra
cui scegliere e non condizioni inderogabili e determinanti. Una gamma di possibilità di
adattamento induce gli esseri umani a modificare con il loro intervento la superficie terrestre.
E’ nel rinnovamento dell’impianto scientifico che nasce una nuova geografia dopo la
seconda guerra mondiale ed in seguito allo sviluppo di modelli, schemi concettuali, formule e
metodi matematici tratti dalle scienze dure. Tali procedure prendono avvio negli stati uniti,
regno unito e paesi scandinavi ma divengono in breve tempo rilevanti ovunque. Il nuovo
approccio, che utilizza il ragionamento deduttivo, intende circoscrivere i fatti geografici entro
una misurazione espressa in termini quantitativi, ricercando leggi generali regolatrici dei
meccanismi naturali, sociali ed economici. In questo modo avanza il processo di
legittimazione scientifica della disciplina e da questa geografia teorico-quantitativa, ispirata
ai principi neopositivisti, sono elaborate teorie e modelli. Il trattamento dei dati può
considerarsi un contributo importante e ha introdotto tra i geografi le tecniche di rilevazione e
di calcolo statistico con risultati come la cartografia tematica computerizzata e i GIS ovvero i
sistemi informativi geografici che hanno aperto strade alla ricerca innovativa.
Negli ultimi decenni del 900 si impone con maggiore forza la questione ambientale e quindi
c’è una maggiore sensibilità al tema dell’ambiente e all'ecologia. L’indirizzo ecologista della
geografia si allaccia alla teoria del sistema generale che intende fornire visioni olistiche
relative alla reciprocità società-ambiente ricollegandosi al paradigma dello sviluppo
sostenibile. Nello stesso periodo riscuotono grande successo la geografia della percezione,
del comportamento e quella umanistica. La matematica e la statistica, la psicologia, la
filosofia e varie altre espressioni artistiche contribuiscono a fornire importanti apporti ai
saperi geografici. C’è un problema, lo vedo, allargo la mia prospettiva ed è come se vedessi
oltre, dal macro al micro e viceversa. L’abilità sta nel metodo interscalare.
Una volta che capisco la crisi economica, cosa posso fare? Devo riuscire a capire l’entità di
quel problema.
La geografia era considerata una scienza retrospettiva che considerava ciò che si ha già ma
oggi quella geografia non è più la geografia degli esploratori e si è esaurita. A partire
dall’800 in poi, la geografia ha avuto una evoluzione e si è trasformata sempre più in una
scienza metodo evolvendo in una scienza di prospettiva perché attraverso la pianificazione
territoriale si possono evitare problemi.
Possiamo dire che la geografia è saper pensare lo spazio → la geografia è il confluire di tanti saperi e
solo così questa scienza metodo può superare il livello dell’interpretazione retrospettiva evolvendo in
una scienza di prospettiva. I quadri di rappresentazione devono essere sintetici, rappresentando al
meglio solo gli aspetti più rilevanti della realtà.
Molto spesso i caratteri del territorio venivano ben descritti in questi racconti poi però ci
siamo imbattuti spesso e abbiamo ereditato la narrazione che spiegava determinati
fenomeni naturali che allora venivano riferiti a interventi dividi e mitologici.
eg. travagliato itinerario di ulisse da troika a itaca è un mirabile esempio perchè quando
ulisse attraversa lo stretto di messina lui incontra i mostri scilla e cariddi che, in realtà, si
tratta delle correnti contrapposte dello stretto di messina.
Molto spesso c’è una grande differenza tra la geografia che viene studiata all’università e
quella che viene studiata a scuola. Spesso la geografia viene insegnata come un lungo
elenco di cose da ricordare e viene dato un marchio alla disciplina che non è quello.

Intersezioni di livelli spaziali


Ritorniamo a LaCoste che parla di differenza tra significato e significante. Per capire ciò
bisogna sottolineare che, contrariamente ad un'opinione pubblica e diffusa, tutti quelli che
sono gli elementi fisici non sono che una piccola parte delle molteplici categorie che
possono essere prese in analisi durante uno studio geografico. Ciascuna di queste categorie
rappresenta una scienza particolare come la geografia, la demografia a secondo degli
elementi che stiamo inserendo nel nostro ipotetico database, ipotetico Gis. Importante è
ricordarsi che ogni fenomeno cartografabile deriva comunque dalla geografia,sia che si tratti
di dati geologici, di giacimenti petroliferi,di tracciamento di corsi d’acqua, etc. E tutti questi
elementi sono strumenti al servizio di quelle che sono le tesi di studio geografiche o
geopolitiche e tutti questi dati ci servono solo ad avere una visione di insieme che ci
consente di rappresentare dei quadri sintetici di cui parlavamo.
Distinzione tra geografia fisica e quella umana.

La geografia umana ha come fine ultimo il rapporto tra uomo e la terra e al centro non ci
sono elementi fisici.
Perchè a scuola viene insegnata quel tipo di geografia? Ce lo dice l’etimologia “descrizione
della terra”. Questo compito dai geografi è stato già assolto e messo per iscritto. Il geografo
non è un ragioniere ma deve avere la capacità di analizzare la parte naturale del pianeta.
Ecco perché la geografia diventa metodo geografico, una scienza metodo. La geografia è
una scienza trasversale, una disciplina cerniera perché non si occupa solo di un campo.
L’azione dell’uomo è trasversale e occupa vari ambiti e allora il geografo non può guardare
tutto da solo una prospettiva, e allora mette insieme tutto e crea dei quadri di
rappresentazione che mirano a descrivere tutto secondo diverse prospettive e solo così
riesce a capire com’è lo spazio.
Prima i geografi lavoravano su quello che già c’era, adesso si parla di scienza di prospettiva
perché si studia il mondo per capire dove sta andando, fare delle premonizioni.
Grande rilevanza ha la cartografia, realizzazione dello studio delle mappe.
Il bisogno di conoscere l’ambiente che ci circonda della propria vita è alla radice di tutto. E’
un bisogno di tutti gli esseri che hanno la capacità e opportunità di scegliere dove vivere in
base alle caratteristiche, in base alla proprie condizioni di vita.
Nel corso della storia si è manifestata l’esigenza di descrivere l’ambiente in cui si vive. Qual
è la prima forma di rappresentazione che l’uomo ha dato dello spazio? I graffiti sono la prima
rappresentazione di cartografia,le prime mappe, rappresentazione grafica, esprimono il
desiderio di rappresentare le conoscenze dell’uomo di quel tempo. Questa descrizione ha
avuto nel tempo molteplici attori e destinatari e quindi se siamo partiti da una grezza
rappresentazione di quello che era lo stretto ambiente, nel tempo poi sono arrivate le prime
vere e proprie mappe.
eg. una delle applicazione pratica era di tipo catastale e servivano per stabilire i tributi che i
proprietari terrieri dovevano elargire ai signori.
Da dove deriva il concetto di “territorio”? Deriva da “ter” inteso come terrone, nella
manifestazione di esercizio del potere. Un territorio per essere tale deve manifestare
l’esercizio politico di chi lo amministra.
Queste elaborazioni rappresentative da parte dell’uomo del suo ambiente circostante
hanno subito una grande evoluzione sono state sempre più funzionali all’uomo pensate
alla via della seta che non era altro che la rappresentazione di un reticolato di terreni
terrestri e marittimi lungo il quale si manifestava il commercio tra due mondi: occidentale e
orientale.
Le applicazioni che le descrizioni di queste conoscenze sono molteplici:
eg. in ambito militare la conoscenza del territorio porta vantaggio, abbatte l’avversario.
Questa esigenza ha portato a questa evoluzione e ad una serie di benefit a quelle che
erano le attività degli uomini che hanno fruito.
Quando la geografia pensa all’analisi del territorio abbinata alle comunità dell’uomo allora
si inizia a parlare di scienza moderna e di prospettiva. Inizia ad interrogarsi sul rapporto tra
uomo e territorio, cerca di decodificare le azioni sociali dell’uomo e come queste vengono
influenzate dal territorio.
In maniera elementare possiamo dire che l 'albero geografico si divide in fisica e umana.
La geografia fisica comprende :
morfologia: le varie forme del paesaggio
geologia: studio dei terreni.
idrografia: studio delle acque.
climatologia: studio del clima
sismografia: studio dei movimenti geologici della terra (maremoti e terremoti)
vulcanologia: studio dei vulcani
fitogeografia: distribuzione delle piante a livello terrestre geo astronomica: origine
dell’universo.
zoogeografia: distribuzione degli animali
A livello teorico potremmo inserire anche la geografia astronomica che studia l’origine e
l’evoluzione dell’universo e che, pur rimanendo una branca della geografia fisica, a livello
universitario e didattico è diventata una scienza a sé stante.

La geografia umana invece comprende solo delle sottobranche:


economica
storica
culturale
della popolazione
medica
emozionale
geopolitica

Cap 2
Luogo, spazio, territorio
Servono a transitare tra la geografia fisica e la geografia umana.

Luogo=

Dal un punto di vista fisico e cartografico un luogo è un'area identificata da coordinate


precise, elementi oggettivi: latitudine rispetto all’equatore , longitudine rispetto al
meridiano di greenwich , altitudine su livello del mare. Questa tridimensionale
ubicazione definisce la PGA: posizione geografica assoluta, una tridimensionale
ubicazione delimitata da elementi oggettivi (le coordinate).

Secondo voi la PGA di un luogo subisce l’elemento temporale? Varia nel tempo? No, la
PGA non subisce variazioni temporali.
Dal punto di vista della geografia umana, subentrano anche degli elementi soggettivi, i
geografi considerano i luoghi come spazi emotivamente vissuti. Cosa significa?
eg. Nel momento in cui ci capita di conoscere per la prima volta una persona, qual è la
prima domanda che reciprocamente vi scambiate?Naturalmente “come ti chiami” e la
seconda “di dove sei?”. Perché la seconda domanda mostra un interesse per il luogo di
provenienza?
Seppur in maniera inconscia tendiamo ad associare l’identità di un individuo con il luogo
da cui proviene, ciò è soggettivo poiché il nostro giudizio su quel luogo sarà differente per
ciascuno. Nell’ambito della geografia umana prevale l’elemento soggettivo che determina
gli spazi emotivamente vissuti. Questo senso di identità scaturisce dalle nostre
esperienze legate a quel luogo perché potenzialmente lo conosciamo, lo abbiamo visitato
etc. Questo determina in noi ciò che definiamo SENSO DEL LUOGO, indica quello stato
emozionale che gli uomini sviluppano nei confronti di determinate località. Molto spesso a
questo senso del luogo emerge avvolte in maniera simbiotica il senso di appartenenza,
legato alle radici
eg. se fossi di Agira, per me quel luogo evoca senso di appartenenza, le mie radici mi
riportano lì.
Questo può essere anche un senso di appartenenza ad un gruppo sociale
eg.un posto in cui si va sempre in vacanza → i cosiddetti amici del mare
Questo contribuisce a sviluppare il senso del luogo che cambia da persona a persona ed
è soggettivo. Potrà capitare di avere delle esperienze didattiche e soprattutto nel mondo
che viviamo un insegnante deve tenere conto che magari all’interno della classe può
ritrovare in ogni bambino delle profonde differenze determinate dal destino geografico.
Quindi, la posizione geografica relativa è il ruolo che i diversi luoghi possono esercitare
su di noi e questi sono destinati a modificarsi del tempo.
Proviamo a transitare dal concetto di luogo a quello che è lo spazio
Spazio=
Concetto superiore a quello di luogo. Intanto proviamo a dare una definizione perchè lo
spazio è un’ estensione della superficie terrestre di dimensioni non definite. Siamo
nell’ambito di una definizione teorica ed astratta.Il termine viene utilizzato nell’ambito di
molteplici saperi: fisica, geometria, filosofia. Noi ovviamente facciamo riferimento allo
spazio geografico. Questo è da intendersi come insieme di luoghi appartenenti
concretamente alla superficie terrestre. Siamo ancora in una fase di transizione tra i due
tipi di geografia.
Questa concezione è simile allo spazio geometrico e di luoghi geometrici ovvero
appartenenti ad un’entità astratta e identificati attraverso coordinate come l’ascissa e
l’ordinata.
Lo spazio geografico si divide in 3 sottocategorie per comodità didattiche:
- assoluto → è del tutto simile al concetto di luogo nell’ambito di geografia fisica, quindi
un’area che riusciamo a delimitare tramite elementi oggettivi. Per spazio assoluto si intende
l’area astratta che noi descriviamo come uno spazio identificabile tramite coordinate
geografiche.
eg: le dune esclusivamente modellate dal vento possono considerarsi uno spazio? SI.
Quest’area desertica può essere uno spazio assoluto? Si, è identificabile come uno
spazio assoluto. Un esempio di spazio assoluto per eccellenza sono le carte
geografiche.
Cerchiamo di capire qual è il passaggio tra quello assoluto e relativo.

- relativo → a differenza del primo è definibile come spazio soggettivo e come tale subisce
l’elemento temporale.
eg: lo spazio assoluto della città di Roma è diverso da quello assoluto di Enna perchè ci
sono altre coordinate. Ma lo spazio che intercorre tra due luoghi non è unicamente uno
spazio assoluto ma anche relativo, che subisce cambiamenti in base allo strumento di
percorrenza.
eg. se anni fa io per raggiungere Roma da Enna ci mettevo due giorni con il treno a
vapore, ora ci metto un’ora con l’aereo.
Il mezzo di trasporto prescelto evolve nel tempo e caratterizza quello che è llo spazio
relativo. Ma non si tratta solo di questo perché quello dove siamo adesso seduti è uno
spazio assoluto? Si, perchè ovunque posso identificare uno spazio con delle coordinate.
Ma è anche questo uno spazio relativo? Cioè si tratta di uno spazio a cui l’uomo assegna
una funzione? L’uomo ha assegnato una funzione? Questa subisce l’elemento temporale?
eg. l’AULA universitaria, non è detto che nel tempo rimanga sempre la stessa funzione.

- relazionale → è una sub categoria dello spazio relativo. Si tratta di uno spazio all’interno
del quale si manifestano/definizioni delle interazioni interne o esterne che modificano la
funzione di quello spazio.
eg: due stati che stabiliscono accordi commerciali, danno vita a uno spazio relativo e
relazionale che subisce l’elemento temporale.
Uno spazio non esclude l’altro, è un concetto insito nell’uomo.
Tutto è in primis uno spazio assoluto.
eg. l’aula abbiamo detto che è assoluta e relativa ma non appena termina la lezione e si
attraversa la porta l’atteggiamento cambia perché si crea una relazione tra attori diversi
che hanno dato vita allo spazio relazionale. L’aula quindi evolve da spazio assoluto, a
relativo quando ci siamo all’interno a spazio relazionale quando si crea l’interazione tra i
soggetti
eg. quando i potenti della terra si danno appuntamento per il g7, danno vita a uno spazio
relazionale di tipo politico
eg. i social network come Facebook rappresentano uno spazio assoluto? Si, tramite le
coordinate ovvero il DNS che è un codice numerico che rappresenta le coordinate di quel
sito. Tuttavia, Facebook è uno spazio relativo perché ha una funzione specifica, quella
delle inter-relazioni sociali. Inoltre, si tratta di uno spazio relazionale perché si creano
relazioni interne alla piattaforma.
LO SPAZIO
Il quando e il dove forniscono le prime chiavi interpretative per vivere sulla terra dal
momento che ogni esperienza si svolge nelle due universali categoria di tempo e dello
spazio. Le varie forme di movimento costituiscono parte integrante della storia dell’umanità e
dello spazio terrestre tanto che le stesse trasformazioni dello spazio naturale hanno sempre
distinto il lungo cammino delle generazioni sulle superfici del pianeta.
La geografia non può prescindere dal tempo esperienziale tanto che da questa dimensione
trae diverse capacità di leggere e interpretare fenomeni vari. Un’analisi dimostra che il
passato aiuta a comprendere meglio il presente anche se la dinamicità si coglie in pieno in
una visione prospettica attenta all’evoluzione territoriale da approfondire proprio per le
responsabilità conseguenti a scelte effettuate nel presente. In definitiva non è possibile la
geografia dell’immobilità e della staticità, al contrario si tratta di una disciplina
cronospaziale volta alla ricerca delle motivazioni dei fatti antropologici, alla comprensione
dei rapporti di interdipendenza, alla valutazione critica dell’organizzazione del territorio e
degli interventi che lo modificano. La recente evoluzione conseguente alla costituzione di
una rete informatica globale ha determinato delle trasformazioni nella mobilità infatti ogi,
attraverso l’utilizzo di questa rete, si può accedere a tantissimi servizi e nuovi spazi di
conoscenza. L’opportunità di trasmettere notizie ovunque e in tempo reale ha permesso di
agire all’interno dello spazio stesso tanto che le coordinate spazio-temporali assumono
accezioni diverse rispetto al passato.
Lo spazio locale è il più coinvolgente per gli esseri umani perché si tratta del riferimento alla
quotidianità. La forma,le dimensioni e i movimenti della terra sono da sempre stati oggetto di
curiosità e interesse e oggi le nuove tecniche di misurazione e di calcolo mostrano con
evidenza la configurazione della terra e la sua forma a sfera. Tuttavia, la terra presenta un
leggero schiacciamento ai due poli, si avvicina all’ellissoide di rotazione ottenuto dalla
rotazione di una semiellisse intorno al suo asse minore, coincidente con l’asse terrestre.
Bisogna considerare che la superficie del pianeta appare piuttosto regolare in quanto anche
i rilievi più elevati o le fosse più depresse incidono poco nella sua configurazione generale
rappresentando variazioni molto ridotte.
La determinazione della posizione di un punto sulla superficie terrestre è resa possibile
all’interno di un sistema di linee di riferimento che si impostano a partire dal movimento di
rotazione dell’ellissoide terrestre intorno al suo asse minore, i cui estremi sulla superficie
terrestre individuano due punti: polo nord e polo sud. Il piano perpendicolare all’asse polo
nord-polo sud si incontra con la superficie terrestre lungo una circonferenza massima detta
equatore che divide il mondo in due emisferi.
I circoli massimi tagliano perpendicolarmente l’equatore e sono chiamati meridiani; e le
circonferenze che tagliano perpendicolarmente i meridiani sono detti paralleli.
Meridiani e paralleli sono infiniti e idealmente concepiti per avvolgere tutta la terra. Sul
reticolato geografico si impostano le coordinate geografiche per la cui misura si è resa
indispensabile l’individuazione di un parallelo e di un meridiano 0 da cui calcolare il tutto.
La conformazione plano-altimetrica della superficie terrestre rende necessaria anche la
misurazione delle altitudini rispetto al livello del mare. Da alcuni decenni ha trovato larga
diffusione il global positioning system (gps) ovvero uno strumento che si avvale di una
rete di satelliti in grado di leggere in continuazione tutta la superficie terrestre dando
capacità di localizzazione.
Riprendendo il primo esempio sull’area desertica. Quell’area desertica presa come
esempio didattico è anche un territorio?
Ecco che allora dobbiamo parlare del concetto di
Territorio =
si tratta di una porzione di spazio geo trasformato, controllato e governato da parte della
comunità umana, è quell’ambito definito da parte di un potere politico.
Infatti, quando in geografia si parla di territorialità, si fa riferimento sempre alla specie umana
e all’uomo e alla sua capacità di controllare, trasformare anche attraverso infrastrutture
l’ordinario spazio geografico.

IL TEMPO
Strumenti esistenti già nel mondo antico hanno svolto un ruolo importante che però è
diventato insufficiente e hanno richiesto una sincronizzazione nelle frequenze e nei tempi di
percorrenza. Il vocabolo meridiano deriva dal latino e significa mezzogiorno, attimo
cronologico individuato dalla culminazione della traiettoria del sole, nel momento in cui
nell’arco delle 24 ore, raggiunge la sua massima altitudine all’orizzonte. In pratica, il
meridiano è la linea che unisce tutti i punti della terra che registrano il mezzogiorno nnel
medesimo istante. Sin dall’antichità, la misurazione del tempo è stata collegata al
movimento uniforme e continuo di un corpo nello spazio. Non a caso le principali unità di
misura del tempo derivano da 2 fondamentali movimenti.
- moto di rotazione terrestre → il giorno → ha come conseguenza più evidente l’alternarsi del
giorno e della notte. Questo è calcolato dall’intervallo di tempo compreso tra due successivi
allineamenti di una stella sullo stesso meridiano e si chiama giorno sidereo ed è uguale a 23
ore, 56 min e 4 secondi. Quando si fa riferimento all’intervallo di tempo fra due successivi
allineamenti del sole sullo stesso meridiano, la durata si allunga di 4 min ed è per questo che
si parla di giorno solare, visibile all’occhio umano perché le giornate sono più lunghe in estate
rispetto che in inverno.
- moto di rivoluzione → anno → ha come risultato principale l’alternarsi delle stagioni ed è il
percorso compiuto dalla terra intorno al sole.
Suddividendo la circonferenza terrestre per le 24 ore del giorno solare, si ottiene che ogni
ora corrisponde a uno spicchio. Il meridiani di 180° che attraversa l’oceano pacifico divide il
fuso in 2 parti e questo meridiano si chiama linea internazionale del cambiamento di
data.
Giorni e anni sono collegati ai movimenti di rotazione e di rivoluzione della terra. L’anno
sidereo misura ail periodo di una completa rivoluzione della terra corrispondente all’intervallo
di tempo tra due passaggi consecutivi del sole nella stessa posizione. L’anno solare è il
periodo di tempo compreso tra due passaggi successivi del sole allo zenit dello stesso
tropico e non equivale a un numero intero di giorni.
Tra le varie forme convenzionali la più significativa per contare i giorni è il calendario. Il
calendario giuliano è la continuazione del calendario romano creato da giulio cesare:
l’anno è suddiviso in 12 mesi, di 365 giorni per 3 anni consecutivi, il quarto anno è bisestile
ed è formato da 366 giorni. Con il calendario gregoriano si stabilì di considerare gli anni
bisestili solo quelli in cui il gruppo di cifre precedenti fosse 00 divisibile per 4
eg. 1900 non è bisestile // 2000 è bisestile
Gli stati europei cattolici adottarono il calendario gregoriano mentre gli altri che avevano
aderito alla riforma protestante furono più restii.
eg, in uk, si adottò solo nel 1875
La varietà delle culture ha dato luogo ad un’estrema diversità di calendari
eg. il calendario musulmano che si basa su un anno lunare, suddiviso in 12 mesi di 29 e 30
giorni per un totale di 354 giorni.
eg. calendario iraniano → l’anno solare parte dall’equinozio di primavera
eg. calendario ebraioco → prevede l’anno lunisolare
eg. calendario copto → impiegato in etiopia prevede 12 mesi ciascuno di 30 giorni, oltre a 5 giorni
supplementari, che diventano 6 negli anni bisestili.
Qualunque persona ha l’esigenza di conoscere la propria posizione e la direzione verso cui
sta andando. E’ importante quindi sapersi orientare e lo si fa tramite i punti cardinali ovvero
elementi fissi di orientamento determinati dall’apparente percorso diurno compiuto nella
volta celeste dal sole. In tutti i giorni dell’anno, il sole determina il mezzogiorno (sud) alla sua
massima altezza nel cielo (culminazione) sull’orizzonte. La linea virtuale che unisce sorgere
e tramontare, est ed ovest, interseca perpendicolarmente il mezzogiorno e la mezzanotte
ovvero sud e nord detto linea meridiana, definendo così il quadro dello spazio.
Il riferimento ai punti cardinali offre una prima indicazione sulla direzione di un luogo.
LA CARTA GEOGRAFICA
Le conoscenze dei luoghi e delle posizioni sono fondamentali per la sopravvivenza degli
esseri umani. Tuttavia, gli spazi dovevano essere rappresentati, disegnandoli. Forma e
dimensione della terra costituiscono i presupposti della carta geografica ma il primo grande
problema riguarda la sfericità della terra che è riproducibile in piano solo con una
deformazione. La carta geografica p di conseguenza approssimata per definizione.
L’operazione essenziale è costituita dalla riproduzione in piano del reticolato geografico
terrestre, riducendo al minimo possibile le deformazioni attraverso le proiezioni geografico o
cartografiche. Queste sono sisteni costruiti su procedimenti geometrici o matematici che
intervengono du 3 proprietà:
1. equidistanza
2. equivalenza
3. isogonia o conformità
Solo il globo geografico include tutte e tre le proprietà.
Nell’uso comune è spesso confuso con il mappamondo che è il disegno cartografico
dell’intera superficie terrestre, divisa in due emisferi.
Oltre a essere approssimata, la carta geografica è una rappresentazione ridotta mediante
scala che esprime il rapporto tra le distanze lineari disegnate sulla carta e le rispettive
distanze nella realtà. Al numeratore presenta sempre il numero 1 e al denominatore il
numero per il quale si deve moltiplicare la distanza misurata sulla carta per ottenere la
corrispondente lunghezza nella realtà.
Ci sono diversi tipi di carte.
- mappe catastali
- piante
- carte topografiche
- carte corografiche
- planisferi
Ogni carta geografica deve riportare il valore della scala che è fondamentale e ci deve
essere anche la scala grafica.
Quindi si qualifica una carta geografica in genere si precisa che p approssimata, ridotta e
simbolica. I simboli sono molto importanti in geografia e sono riportati e spiegati in una
legenda. Di grande utilità sono i colori e i diversi tratteggi utilizzati ma non mancano i numeri
e i toponimi ovvero i nomi di un luogo.
Nel corso dei secoli sono stati vari i tentativi di rappresentare rilievi e depressioni:
- nel passato si parlava dei mucchi di talpa ovvero ombreggiature sul lato destro delle
alture
- poi si è parlato delle isoipse o curve di livello → linee che congiungono tutti i punti con
uguale altitudine sul livello medio del mare. Le curve di livello subacquee sono dette isobate
La varietà di simboli consente letture e interpretazioni diverse e complesse: attraverso il
linguaggio cartografico si possono individuare vari elementi fisici e antropici, condizioni e
situazioni non visibili infatti le info che se ne ricavano non sono traducibili in altri linguaggi.
La carta è una rappresentazione che ha dei limiti:
- la superficie curva del pianeta non può essere riprodotta
- si parla del principio di riduzione che evidenzia come gli oggetti nella carta non
hanno le reali dimensioni
- forma degli oggetti che inevitabilmente varia con la scala
La carta rimanda all’universo di riferimento dell’ambiente culturale che l’ha prodotta, alle
norme e ai valori della tradizione sociale.
La cartografia è particolarmente importante ma allora qual è l’utilità primordiale della carta
geografica?
Possiamo dire che la carta geografica è una rappresentazione ridotta, approssimata e
simbolica della superficie terrestre che serve in primo luogo a comunicare le conoscenze
spaziali. Inoltre, serve a trovare una città, un corso di un fiume, un porto etc. Inoltre, serve in
ambito marittimo, agli ingegneri e ai progettisti, agli imprenditori per localizzare un’area
idonea per il loro business, assume valenza dal punto di vista sociale, economico, delle
influenze politiche.
eg. lo strumento del catasto è uno strumento di molti uffici urbanistici. Ma cos’è? Sembra
google maps ovvero un visualizzatore di immagine dall’alto. Tuttavia, è uno strumento molto
più complesso, è come se fosse il padre. E’ un GIS (geographic information system,
acronimo inglese) o SIT (sistema informativo territoriale, acronimo italiano). Si tratta di un
software, strumento informatico dotato di molteplici potenzialità che rappresenta lo stato
dell’arte della cartografia digitale. E’ uno strumento potente che riesce a archiviare,
organizzare e gestire un'enorme mole di dati quantitativi e qualitativi al fine di realizzare una
cartografia digitale che sia capace di riprodurre e simulare scenari che possono essere di
supporto, ad esempio, alla pianificazione territoriale strategica.Rappresenta lo stato dell’arte
della cartografia digitale. ha il fine di realizzare una cartografia digitale capace di riprodurre e
simulare scenari che possono essere di supporto alla pianificazione territoriale strategica.
Sono software open source oppure a pagamento. Gli ambiti in cui possono essere utilizzati
sono per esempio
-urbanistico: evoluzione dei vari comuni
-evidenziare l’area idrica
-le scuole
SCALA GEOGRAFICA VS SCALA CARTOGRAFICA.
I geografi lavorano per scale: è vero che mi sto approcciando come caso studio ad una
zona che viene abbandonata. Lo geografo deve sforzarsi di guardare altrove per capire il
problema. Lavorare su scala significa cambiare il punto di osservazione perché solo così
posso capire dove risiedono le cause. Si può verificare se all'interno della zona studiata c’è
stato un evento che ha potuto determinare l’abbandono. Lo geografo deve verificare se
nell’area circostante si registra la crisi di un particolare polo lavorativo
eg. nell’arenesse i poli principali di occupazione sono due: la Kore e l’outlet. Immaginiamo
una crisi dell’outlet che chiude e quindi molte persone perdono il lavoro e sono costrette a
migrare. Questo può essere la causa dell’abbandono di quel quartiere.
La scala cartografica è la rappresentazione ridotta di un territorio su un piano cartaceo.Si
esprime attraverso una frazione numerica:
- al numeratore sempre 1
- al denominatore un numero variabile che determina la riduzione della realtà di quella
mappa
eg. se io dico scala 1 a 100.000 = significa che 1 cm sulla mappa rappresenta 1 km nella
realtà.
Nell’ambito del territorio nazionale, la mappa di riferimento è la cosidetta carta d’italia che
viene prodotta dall’ IGM (istituto geografico militare che ha sede a Firenze ed è uno degli
istituti più antichi d’europa) ed è rappresentata in diverse scale ma quella più canonica è 1 a
cento mila ed è composta da 286 fogli allegati .
Invece, la scala geografica è qualcosa di diverso che verrà più spesso utilizzata da noi
perché è il nostro zoom di analisi ed indica il livello di analisi adottato durante uno studio
geografico.Vi ricordate l’esempio del quartiere ennese soggetto a spopolamento? Abbiamo
detto che se le cose le osserviamo da dentro riusciamo ad avere solo una determinata
prospettiva, se invece ci spostiamo e cambiamo scala geografica possiamo scorgere
elementi, problematiche oppure opportunità che viceversa non vedremmo.
Infine abbiamo la scala grafica che è rappresentata sulla mappe per segmenti
L’ATLANTE
e’ una raccolta sistematica e organica di carte geografiche utilizzata per lo studio e la
consultazione. il primo atlante è quello del fiammingo Oertel costituito da una serie di carte
geografiche di tutto il mondo. Nel 1595, appare per la prima volta il termine atlante nell’opera
di Kremer riferito al personaggio mitologico, al quale era stato imposto il faticoso compito di
sorreggere il cielo. Tanti sono i tipi di atlanti che si distinguono per contenuti e finalità:
- generali → fisiche, politiche, fisio-politiche
- speciali → per rispondere a obiettivi precisi
- tematiche → dedicate a un fatto o un tema specifico, trovano larga diffusione per la notevole
quantità dei fenomeni in uno spazio determinato per cui si hanno cartine meteorologiche e
climatiche
Gli atlanti sono usati a scuola, negli stati ma anche a livello internazionale e quelli pià diffusi
osservano criteri uniformi con un determinato ordine, che aiuta nella ricerca della carta da
leggere.
Un indice toponomastico elenca in ordine tutti i nomi geografici sulle carte geografiche e ha
lo scopo di facilitare la ricerca dei luoghi.
Negli ultimi tempi la cartografia si è sviluppata grazie alla tecnologia, all’informatica e al
telerilevamento costituito dal complesso di tecniche e modalità attraverso cui è possibile
acquisire, registrare ed elaborare info importanti sulle proprietà spaziali di una superficie
lontana dallo strumento di rilevamento.
Il progetto Landsat avviato nel 1972 è importante e nasce con l’obiettivo di lavorare per
almeno 5 anni in orbita polare a oltre 705 km di distanza. i dati vengono corretti e resi
disponibili per l’analisi.
Tuttavia, il confronti tra carta geografica e foto aerea è diversa:
1. la carta geografica valuta gli oggetti da riprodurre secondo i criteri e i temi da
sottoporre all’attenzione del lettore; la foto non discrimina gli oggetti ma registra tutto
2. la foto è più completa e ricca; la carta fa uso di simboli
L’utilità delle immagini è importante ed è per questo che si diffondono sempre di più i
visualizzatori di immagini dall’alto che stanno diventando dei mappamondi virtuali. Potenti
capacità di innovazione si possono riscontrare nei GIS ovvero i sistemi informativi geografici
che permettono di organizzare e gestire geodatabase con l’obiettivo di realizzare cartografia
digitale ed elaborati tridimensionali, relativi agli aspetti sia fisiologici che morfologici e
antropici.

Cap 4
Atmosfera: il respiro del mondo

Un involucro gassoso, chiamato atmosfera avvolge completamente la terra. Le interazioni


con tutte le altre sfere sono intense:
- la litosfera contribuisce a modellare e trasformare la morfologia terrestre
- l’idrosfera assicura il particolare compimento del vitale ciclo dell’acqua
E’ fondamentale inoltre il peso che l’atmosfera esercita sul mondo biologico, vegetale e
animale.
L’atmosfera si distingue in fasce sovrapposte:
1.troposfera → il settore più denso per l’alta concentrazione dei gas presenti, dove avviene la
grandissima parte dei fenomeni metereologici
2. stratosfera → è cruciale la presenza di uno strato di ozono che filtra la maggior parte delle
radiazioni ultraviolette del sole che sono nocive per la salute umana, per le piante e per i pesci
3. mesosfera → subisce un notevole abbassamento della temperatura fino a -90°
4.termosfera → la temperatura aumenta di molto con una vigorosa ionizzazione delle particelle
presenti, che rendono visibili le aurore polari
5. esosfera → parte più esterna dell’atmosfera.
La composizione dell’atmosfera è uniforme fino a 100 km di altezza. In sospensione si
trovano particelle minuscole che insieme formano il pulviscolo atmosferico che è naturale e
artificiale, presente soprattutto in aree urbane e industriali e dipende da attività dell’uomo e
dall’inquinamento.
L’intensa vivacità dell’atmosfera si rivela con precipitazioni, nubi,vento ed evaporazione.
Nell’atmosfera si sviluppano vari fenomeni che attraggono l’attenzione per la forza e la
rapidità di movimento. Negli ultimi decenni i progressi scientifici hanno accresciuto le
conoscenze sul clima e sui cambiamenti del tempo; infatti le previsioni metereologiche
hanno assunto una rilevanza crescente interessando tutti gli aspetti delle attività antropiche.
Tempo e clima sono due soggetti differenti:
- tempo = stato delle condizioni atmosferiche in un determinato momento ed è oggetto
di studio della meteorologia
- clima = andamento tipico annuale delle varietà del tempo atmosferico considerato su
una regione in un periodo di tempo sufficientemente lungo ed è oggetto di studio
della climatologia
I principali elementi che costituiscono i due soggetti sono: temperatura, pressione e venti,
umidità e precipitazioni.
Il trasferimento di calore nell’aria restituisce una grandezza fisica ovvero la temperatura che
viene misurata con il termometro. La sua rappresentazione avviene tramite le isoterme
ovvero delle linee che uniscono tutti i punti della superficie terrestre con la stessa
temperatura. Sebbene non si avverta, l’aria esercita sulla superficie terrestre un peso detto
pressione e viene misurato con il barometro. La pressione può essere:
- alta → fredda, secca e pesante
- bassa → calda, umida e leggera
La distribuzione della pressione si evidenzia sulle carte climatiche e metereologiche con le
isobare ovvero delle linee che uniscono tutti i punti con uguale pressione ridotta al livello del
mare e agli altri parametri.
La differenza tra alta e bassa pressione crea il vento la cui intensità è direttamente
proporzionale alla differenza di pressione tra due aree contermini ed è più forte quanto più
ravvicinate sono le aree di alta e bassa pressione. La direzione del vento si misura tramite
gli anemoscopi ovvero le banderuole o le maniche a vento; mentre, la velocità si rileva con
l’anemometro.
L’aria in movimento svolge un ruolo fondamentale perché va a mantenere quell'equilibrio
termico che è essenziale nel mondo. L’umidità nell’aria e le precipitazioni derivano dal ciclo
dell’acqua. L’aria tuttavia può contenere una quantità definita di vapore acqueo ovvero limite
di saturazione oltre la quale avviene la condensazione di vapore o il brinamento. Il rapporto
tra quantità di vapore presente in un dato volume di aria e il limite massimo è detto umidità
relativa ed è calcolata in percentuale e misurata con l’igrometro.
Le nubi o le nuvole si formano quando il vapore acqueo diviene visibile e la percezione delle
loro infinitesimali è riscontrabile attraverso la nebbia. Se la riduzione della visibilità è
compresa tra 1 e 10 km si è in presenza della foschia. Le nubi possono essere classificata in
base alla loro altezza e l'estensione in verticale dà luogo alla formazione di cumuli; mentre,
l'estensione in orizzontale caratterizza gli strati. I cirri sono invece nuvole bianche, molto
alte, di forma irregolare e filamentosa e costituiti da sottili aghi di ghiaccio. Le quantità delle
precipitazioni si calcolano in millimetri con il pluviometro, uno strumento a imbuto che in un
recipiente raccoglie l’acqua. La quantità di precipitazioni varia da luogo a luogo e la loro
distribuzione geografica è rappresentata sulla carta dalle isoiete ovvero delle linee che
uniscono i luoghi con uguale quantità di precipitazioni. Il regime pluviometrico indica la
distribuzione delle precipitazioni ma è importante la frequenza di quest’ultime ovvero il
numero di giorni dell’anno con precipitazione e l’intensità ovvero la quantità di precipitazione
nell’unità di tempo. Gli eventi meteorologici avversi si stanno moltiplicando in tutte le parti del
mondo.
Per numerose attività antropiche e per tutti gli esseri viventi risultano essenziali le condizioni
del tempo e la distribuzione dei climi sulla terra. Questi dipendono da fattori atmosferici che
determinano la situazione dell’atmosfera negli strati più bassi. Tra i fattori troviamo:
- la latitudine→ influisce sulla temperatura
- la distribuzione delle terre e dei mari → influisce sull’umidità e sulla temperatura
-l’altitudine
- le correnti marine → sono spostamenti lenti di masse d’acqua che risentono degli impulsi dei
venti, delle differenze fisico-chimiche delle acque e degli effetti della rotazione terrestre e svolgono la
funzione fondamentale di dare equilibrio termico nel pianeta terra
-l’esposizione→ ha un effetto sulla temperatura, sulla ventilazione e sulla luce
- la vegetazione→ svolge un’azione mitigatrice grazie al vapore acqueo prodotto e al
fogliame e ai rami che si sovrappongono ai raggi solari.
E’ assai difficile scegliere un sistema valido per la classificazione dei climi. Un criterio
importante si basa sulla vegetazione naturale dato che le piante sono reattive rispetto a
determinate soglie di caldo, freddo, umidità e siccità.
Importante è la classificazione proposta dal climatologo Koppen che divide i climi in 5
categorie:
● tipo A → megatermici o tropicali umidi, si trovano nei tropici e hanno una
temperatura media mensile che non scende mai sotto i 18°. Nella fascia più vicina
all’equatore troviamo i climi equatoriali che sono contraddistinti da molta pioggia e
temperature elevate tutto l’anno. Variante di questo clima è il monsonico che vede
la diffusione di pioggia non in maniera omogenea. Il clima della savana, invece,
presenta minori precipitazioni tanto che si segna l’alternanza delle stagioni in base
alla pioggia (clima africano)
● tipo B → si distinguono in climi desertici dove l’evaporazione potenziale è maggiore
delle piogge e quindi non si originano fiumi a carattere permanente. Troviamo in
questa categoria anche i climi semiaridi o pre desertici che hanno un maggior
apporto idrico ma insufficiente per lo sviluppo di una copertura arborea.
● tipi C → tre sono le principali tipologie
- clima mediterraneo → inverno mite ed estate calda
- clima sinico → maggiori precipitazione, no siccità
- clima temperato fresco → inverni miti e le precipitazioni sono ben distribuite
● tipo D → sono contraddistinti da un inverno lungo e gelido mentre l’estate è calda ma ricca di
precipitazioni. Due sono le manifestazioni di questo clima: il freddo umido o il freddo con
inverno asciutto
● tipo E → sono i climi nivali ovvero quelli senza estate, con un freddo molto intenso,
senza la luce del sole. Le precipitazioni sono scarse. In questo gruppo rientrano a far
parte
- clima della tundra → con muschi e licheni
- clima del gelo perenne → calotte glaciali
A queste tipologie vanno aggiunti i climi di alta montagna che sono molto simili a quelli nivali.
L’italia è considerata un paese dal clima favorevole anche se la coincidenza dei mesi più
caldi con quelli più secchi non è una situazione ottimale. Negli ultimi tempi la situazione sta
peggiorando dato che siamo in presenza del surriscaldamento globale che fa estendere
verso il settentrione del climi tropicale che rende l’italia calda e secca ma con precipitazioni
estreme e talvolta dannose. Infatti, con sempre maggiore frequenza ci stiamo abituando a
vivere cicloni tropicali mediterranei ovvero le medicate caratterizzate da piogge torrenziali e
venti fortissimi.
Non è stato finora possibile produrre volontariamente dei cambiamenti sul tempo
atmosferico come ad esempio provocare la pioggia; artificialmente, però, si possono creare
delle condizioni con condizioni ambientali più limitati permanenti o in periodi dell’anno
eg. climatizzatore in casa durante l’inverno per riscaldare l’ambiente
Una complessità aggiuntiva nelle relazioni tra società e clima è dovuta ai cambiamenti e alle
alterazioni nelle proprietà dell’aria prodotti dalle attività dell’uomo. Le contaminazioni da
attività agricole, industriali e militari vanno ad aggiungersi agli inquinamenti naturali in misura
rilevante incidendo sulla salubrità dell’aria fino a renderla causa di molte malattie
respiratorie. Le emissioni da combustione sono all’origine del maggiore degrado
atmosferico, sia per il numero dei mezzi che per la loro diffusione, considerando anche il
carbone, un elemento molto contaminante, utilizzato tutt’ora per produrre energia.
L’inquinamento genera sia lo smog (nebbia scura fatti da particelle derivate dalla
combustione) sia le piogge acide ovvero il risultato dell’emissione si ossidi di zolfo e azoto
che reagendo con l’acqua formano l’acido solforico nitrico.
Un esito locale delle modificazioni del clima risiede nel fenomeno dell’urbanizzazione
soprattutto nelle grandi città. La crisi climatica costituisce, quindi, il problema che desta
maggiore preoccupazione per l’umanità che dovrà affrontarne gli effetti in futuro. Da
tantissime situazione problematiche si è giunti a un coinvolgimento planetario perché il
sistema terra si sta avvicinando a un punto di svolta che portano sempre più a parlare di
surriscaldamento globale, di periodi di siccità, fenomeni esterni, acidificazione degli oceani,
scioglimento dei ghiacciai etc. Questo è l’esito di tutto ciò che sta succedendo negli ultimi
anni e non va trascurato che i paesi colpiti da queste tragedie sono quelli economicamente
più poveri e che non hanno i mezzi necessari per porre fine ai disastri. Il mondo si trova di
fronte ad una crisi climatica senza precedenti le cui cause derivano dalle attività umane e dai
gas serra. La comunità internazionale cerca di mobilitarsi e di reagire nel quadro della
convenzione delle nazioni unite sui cambiamenti climatici, approvata nel giugno del
1992. L’organo decisionale è la conferenza delle parti che si svolge annualmente dal 1995.
Un passaggio importante si è registrato grazie al protocollo di Kyoto che ha registrato una
riduzione dei gas serra. Inoltre, l’accordo di Parigi intenderebbe dare una risposta globale
alla minaccia dei cambiamenti climatici nel contesto delle sviluppo sostenibile e degli sforzi
mirati a sradicare la povertà. Da una incapacità di volgere in azioni politiche concrete ciò che
si promette, molti sono i giovani che protestano per gli effetti che il clima avrà sulle
generazioni future. Tra le regioni a rischio abbiamo
- le aree polari → a causa dello scioglimento dei ghiacci
- Africa subsahariana → il rialzo delle temperature, poca pioggia, cibo che scarseggia e persone
che sono obbligate ad abbandonare il loro paese. Stiamo parlando dei cosiddetto profughi
climatici.
Se è vero che i venti possono raggiungere velocità intense è anche vero che riescono a
esercitare la loro energia in maniera continua e su ampie estensioni dando origine
all’energia eolica. Il vento modella il terreno generando forme caratteristiche che troviamo
specialmente in zone con climi aridi. Il principale deserto è il sahara che si è amplificato del
10% negli ultimi anni a causa del fenomeno della desertizzazione.
Due sono le principali azioni esercitate dal vento:
- deflazione → quando l’azione eolica rimuove e solleva nell’aria particelle minute e asciutte
di coltre superficiale in precedenza alterata. Questa si esercita in maniera selettiva perché i
granelli vengono alzati facilmente e portati anche a grandi altezze e distanze. Questo
fenomeno lascia dei segni visibili tramite le conche che non risultano però profonde.
- corrasione → avviene in seguito all’urto delle particelle fra loro e sulla roccia è un’azione
abrasiva, di smerigliatura e levigatura che determina conche, archi naturali, fori. Le
dimensioni di questi effetti derivano dalla rifferente resistenza opposta dalle rocce che
possono essere più o meno compatte. La corrasione può dare origine a cavità di dimensioni
diverse che spesso costituiscono monumenti attrattivi. Il trasporto delle particelle avviene per
sospiensione ovvero quando particelle molto piccole sono sollevate dal vento e trasportate
lontano prima di toccare il suolo.I granelli di sabbia possono anche essere trasportati per
rotolamento o per saltazione.
Il materiale trasportato dal vento genera vari tipi di depositi tra cui le dure che possono
essere vive o fisse. Una duna molto comune è quella a forma di luna crescente o a ferro di
cavallo. Il profilo delle dune varia in funzione delle caratteristiche del vento e dal materiale
da cui sono formate.

Cap 6.7
Il paesaggio

Argomento fondamentale nell’indagine geografica è il paesaggio che si rivale sempre di


straordinaria attualità. Si integra bene con i numerosi percorsi interdisciplinari imboccati dalla
geografia, in particolare con quella ecologista, quella psicologica. Il paesaggio è un modo di
vedere il mondo, ma nello stesso tempo rappresenta una sfera di valori e non solo un
insieme di masse e forme, suoni e colori che individuano uno spazio circoscritto. Nel
paesaggio il tempo si concretizza nello spazio, per cuci nel presente si manifestano tutte le
scale del passato anche se lontanissimo. Nella sua sinteticità assume un significato di primo
piano anche in ambito politico. La convenzione europea del paesaggio afferma che questo è
una determinata parte di territorio il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e umani
e delle loro interrelazioni. Questo svolge importanti funzioni di interesse generale, sul piano
culturale, ecologico, ambientale e sociale e rappresenta un elemento chiave del benessere
per cui la salvaguardia e la sua gestione comportano diritti e responsabilità per ciascuno. In
realtà, la conservazione della natura e della biodiversità dovrebbero costituire obiettivi
fondamentali da inquadrare in operazioni strategiche come la pianificazione del territorio e la
progettazione ambientale ma in piena consapevolezza che il paesaggio piò andare incontro
ad alterazioni. Dopo la seconda guerra mondiale, gli stati e le organizzazioni internazionali si
erano mossi per proteggere il paesaggio. La decisione di costruire il Egitto la diga di Assuan
fu l’occasione per intraprendere un percorso che portò alla convenzione per il patrimonio
mondiale culturale e naturale, adottata dall’UNESCO nel 1972. Secondo la convenzione
fanno parte del patrimonio culturale i monumenti, gli agglomerati e i siti e si menziona anche
il patrimonio naturale rappresentato da monumenti naturali prodotti da formazioni fisiche,
biologiche, geologiche e fisiografiche. La convenzione va a sottolineare la tutela e la
valorizzazione di un passaggio che attrae turisti da tutto il mondo. L’ISPRA, istituto superiore
per la protezione e la ricerca ambientale, dal 2002 agisce a livello nazionale un inventario
dei geositi, quale mezzo utile sia per la conoscenza geologica del teritorio italiano e per la
tutela ambientale.

Cap 7
Umanità sulla terra: popolazione e dinamiche demografiche

Se la geografia studia i processi di antropizzazione del pianeta, una specifica attenzione va


posta alla vita socio-economica e cultura delle comunità che lo popolano. Sono le persone e
le società che svolgono un ruolo centrale nel costruire e configurare luoghi e territori, nel
trasformare e nell’organizzare gli spazi fisici della terra sviluppando collegamenti reali e
virtuali. Le molteplici manifestazioni dell’attività antropica sulla terra entrano in contatto con
diverse discipline e questa forte interdisciplinarità si incontra con le scienze della terra e
quelle biologiche. Tuttavia, risulta difficile affrontare fatti e fenomeni antropogeografici senza
un riferimento alla dimensione areale e al quadro fisico e naturale in cui questi si collocano.
L’ecumene è lo spazio terrestre dove la comunità è in grado di abitare e svolgere le sue
attività. A questo termine si affiancano altri vocaboli come l’anecumene che non è altro che
il contrario di ecumene. Tuttavia, è stato anche coniato il termine subecumene per indicare
la fascia territoriale di transizione abitata periodicamente. I tre vocaboli fanno tutti riferimento
alle terre ma lo sviluppo della navigazione ha permesso la creazione del vocabolo ecumene
marittimo riferito alla zona marittima dove si naviga. Nell’ambito delle ricerche
sull’ecumene, un filone molto attrattivo è stato sviluppato impostato sul concetto della
frangia pioniera ovvero l’esplorazione e la conquista di nuovi territori strappati ad aree non
abitate destinate all’agricoltura. Si tratta, in breve, di zone aride e sub aride o fittamente
alberate.
Secondo questa ripartizione le terre anecumeniche rappresentano ⅕ della superficie
terrestre.
La parola chiave del concetto di ecumene è quindi abitare e l’abitante non è altro che colui
che si appropria di quel determinato spazio nel quale vive.
Tutto è iniziato con il concetto di antropocene ovvero il periodo storico nel quale la terra
diventa tutta ecumene.
Insieme con abitare abbiamo il termine distribuzione. La distribuzione del popolo riguarda la
disposizione sulla superficie terrestre del carico demografico, diversamente concentrato o
disperso fino alla sua completa assenza. L’attuale quadro demografico mondiale deriva da
cause di ordine fisico, climatico o geomorfologico e dai processi storici che abbiamo subito
nel tempo
eg. pensiamo alle aree montuose che ad alte latitudini rendono difficoltosa la permanenza.
Nel corso degli ultimi secoli, la rivoluzione industriale e i processi di industrializzazione, il
progresso nelle comunicazioni e i consistenti flussi migratori hanno comportato flussi di
popolazione a scala planetaria causando quindi delle modifiche nel quadro demografico
della terra.
eg. le principale concentrazioni demografiche si trovano in asia e nella fascia atlantica degli
stati uniti
Gli abitanti della terra si stanno avvicinando agli 8 miliardi soprattutto nella zona
settentrionale dove le zone sono più popolose. In italia la distribuzione demografica ha
prodotto trasformazioni profondissime nelle relazioni tra società e ambienti naturali. i più
significativi cambiamenti sono avvenuti nelle zone rurali e in quelle collinari e montani che
fino alla metà dell’800 hanno vissuto un periodo caratterizzato da consistente peso
demografico. In quel periodo le pianure costiere acquitrinose ostacolano la presenza
antropica a vantaggio di zone montane dove l’assoluta necessità di cibo e terre da coltivare
ha causato il disboscamento. Successivamente, l’industrializzazione, la comunicazione e
l’urbanizzazione hanno favorito l’esodo dalle aree interne e montane verso le pianure e le
coste. Lo spopolamento però può divenire causa di desertificazione e di dissesto
idrogeologico.
La popolazione viene rilevata attraverso le stime, effettuate dagli stati, e attraverso i
censimenti con rilevazione diretta. In italia se ne occupa l’ISTAT ovvero l’istituto nazionale di
statistica che ha l’obiettivo di condurre ricerche metodologiche e applicate per contribuire
alla conoscenza della realtà ambientale, economica e sociale dell’italia.
Il concetto di densità implica molti significati: aspetto di un liquido o di un gas o di persone e
cose. La geografia lo utilizza legandolo al concetto di popolazione e infatti la densità della
popolazione è un rapporto che si ottiene dividendo il numero di abitanti per la superficie di
un territorio. E’ un parametro che ha il merito di essere un semplice impiego e di porre in
diretta relazione popolazione e spazio e indica un valore medio senza considerare i livelli di
concentrazione o dispersione territoriale della popolazione
eg. ci sono delle zone affollate in molti spazi ma disabitate in altre aree contigue → è questo il caso
dell’egitto che vede una concentrazione di popolazione nel delta del nilo
Un parametro di densità più attendibile e calibrato è definito dalla densità fisiologica. Tuttavia
i calcoli necessari per valutare questo indice presentano alcune criticità dovute alla diversa
produttività delle terre coltivate e al peso della popolazione urbana.
I principali parametri demografici riguardano la natalità e la mortalità. per calcolare l’indice
di natalità occorre moltiplicare per mille il numero dei nati in un anno in una determinata
area e si divide il prodotto per il numero totale della popolazione lì residente. Lo stesso
accade per l’indice di mortalità.
La natalità dipende da diversi fattori:
- ruolo della donna
- condizioni economiche
- tradizione socio culturali
- politiche demografiche adottate da quello stato
Essa può essere in un certo senso governata ed è per questo che si registra una grande
diversificazione tra i vari stati. Per capire come possa evolvere la natalità bisogna tenere in
considerazione il tasso di fecondità ovvero il numero medio di nati per donna di età
compresa tra i 15 e i 50 anni. La situazione più prolifera si registra in africa dove il numero di
nati per donna è pari a 4,6.
Pure per il tasso di mortalità c’è una sostanziale differenza tra gli stati e il fattore più
importante è il tasso di età che influenza il valore di base: più si è giovani più diminuisce
l’indice che risulta minimo quando a tale caratteristica demografica si associa una
soddisfacente situazione igienico-sanitaria e alimentare.
Da non confondere con il tasso di mortalità è la speranza o aspettativa che indica la durata
media della vita prevista alla nascita. La speranza di vita è un indice demografico ma rileva
anche la situazione socio sanitaria della popolazione di un paese; infatti, ad una elevata
speranza di vita corrisponde un tasso di mortalità medio alto. I due dati non sono in
contraddizione perché una popolazione che vive a lungo ha in genere una struttura
invecchiata con basso tasso di natalità.
Ancora più significativo è il tasso di mortalità infantile grazie al quale possiamo
interpretare bene il livello di sviluppo e benessere di un determinato stato. La salute dei
bambini sente molto della situazione igienico sanitaria, socio economica e ambientale di un
paese. Un dato positivo è determinato dalla progressiva e sensibile diminuzione della
mortalità infantile. Ciò dovrebbe mobilitare gli stati e le organizzazioni affinchè l’attuale
divario possa ancora di più ridursi. Un segnale importante è stato lanciato dall’OMS che ha
creato un vaccino per sradicare la malaria ovvero una malattia che provoca tantissimi morti
ogni anno.
Per una valutazione più raffinata, l'Unicef ha scelto un tasso di mortalità sotto i 5 anni ovvero
un indice relativo al numero annuale di bambini sotto i 5 anni che muoiono ogni 1000 nati
vivi. Questo indice deriva da una combinazione complessa di fattori che sono visibili quando
il bambino risente di patologie dovute alle condizione igieniche, all’alimentazione
insufficiente o non adatta e all’inquinamento dell’ambiente che lo circonda.
Dalle dinamiche demografiche relative alla natalità e alla mortalità dipende la struttura della
popolazione per età, la cui ripartizione in fasce incide rispetto agli effetti sociali ed economici
che produce. Per analizzare la configurazione della popolazione quest’ultima si divide in
classi d’età visualizzabili attraverso la piramide dell’età. In molti paesi, soprattutto in quelli
industrializzati, sono cresciuti i processi di senilizzazione che sono analizzabili attraverso
l’indice della vecchiaia. Alcune fasce di età sono più significative per analizzare il quadro
demografico ed è per questo che si utilizza l’indice di dipendenza strutturale che si calcola
moltiplicando per 100 tutta la popolazione in età non attiva e dividendo il prodotto per la
popolazione in età lavorativa. Valori superiori al 50% indicano delle anomalie e quindi uno
squilibrio generazionale che ha cause ed effetti diversi nella società, per cui si impiegano gli
indici di dipendenza giovani e di dipendenza anziani.
Il rapporto demografico tra maschi e femmine non è determinato al momento della nascita
anche se i maschi sono più elevati delle femmine. Tuttavia, già dai primi anni di vita si
riscontra una mortalità maschile più alta di quella femminile. Procedendo con gli anni però la
sex ratio muta a favore delle donne che sono più longeve.
Il movimento naturale di una popolazione è determinato dal rapporto tra nati e morti da ciò
dipende il carico demografico a scala planetaria. Il movimento naturale della popolazione si
può esprimere sia in termini assoluti che come tasso di incremento naturale che corrisponde
al rapporto fra questa differenza e il numero complessivo degli abitanti, moltiplicato per 100.
In genere il numero delle nascite è superiore a quello dei decessi. Condizioni diverse hanno
prodotto questa trasformazione demografica, tra queste ricordiamo le epidemie. Negli ultimi
decenni un forte incremento demografico ha coinvolto tutti i continenti anche se questo
avviene con ritmi assai diversi
eg. africa → arrivata al miliardo di abitanti in quanto l’altissimo tasso di crescita naturali si è ridotto
in maniera esigua. Nel 2050, l’africa potrebbe vedere circa 2,3 miliardi di persone
Possiamo quindi capire come l’andamento demografico si sia caratterizzato da passaggi
progressivi che hanno visto l’alternarsi di picchi di natalità e mortalità. Tra il primo stadio, che
ormai non si registra in alcune parti del mondo, e l’ultimo si osserva una transizione
demografica dove la natalità rimane sostenuta a fronte di una riduzione drastica dei tassi di
mortalità. In questo passaggio avvengono gli incrementi naturali più elevati.
Cap 8
Mobilità e dinamiche migratorie

La storia della terra è contraddistinta dal movimento che si manifesta nelle interazioni
complesse e variabili tra le varie sfere. Il movimento segna il lungo cammino delle
generazioni succedutesi sulla faccia del pianeta, sempre più sollecitate dalla globalizzazione
delle attività economiche a produrre nuove forme di mobilità. La mobilità offre diverse
opportunità di spostamenti per rispondere a esigenze di maggiore efficacia e velocità. La
tendenza all'accelerazione pone alcuni interrogativi relativi ai rischi sociali, ambientali dovuti
alle trasformazioni delle società contemporanee che transitano verso una ipermobilità. Le
accresciute possibilità di muoversi si accompagnano ai danni sull’ambiente e
all’inquinamento. Negli ultimi decenni, grazie al progressivo sviluppo della tecnologia si parla
di motilità che testimonia una mutazione concettuale nel passaggio dal movimento fisico a
quello virtuale. La rapidità e l’efficienza della rete dei trasporti e di quella digitale
costituiscono le fondamenta operative del sistema della mobilità che attraversa le
innumerevoli attività di ordine economico, sociale e culturale. Un caso emblematico è quello
dell’apartheid, una forma di segregazione praticata fino agli inizi degli anni 90 nella
repubblica sudafricana a danno della popolazione nera, sottoposta a misure restrittive.Ecco
perchè risultano sempre più frequenti delle politiche di sicurezza che pongono forti limiti alla
libertà di movimento.
Lo stesso popolamento della terra è dovuto a percorsi plurimi. Per un arco temporale
lunghissimo l’umanità ha condotto una vita da pedone, caratterizzata da viaggi limitati per
raggio spaziale. Tuttavia, ci sono state migrazioni di popoli che hanno preso avvio dal
sistema della Rift Valley dove è iniziato il primo cammino degli eseri umani. In questa area,
infatti, si sarebbero elaborate strategie di sopravvivenza e si sarebbe diversificata l’umanità
negli ultimi milioni di anni.
Le prime popolazioni si spostarono alla ricerca di nuove risorse alimentari o per via del
cambiamento ambientale
eg. la valle del nilo fu emblematica
Tuttavia, il cambiamento fu molto lento e ha coinvolto vari periodi storici.
Per migrazione si intende lo spostamento di una singola persona o di un’intera popolazione
dal luogo di origine per stabilirsi in un altro territorio. Il fenomeno fa riferimento:
- flussi in entrata = immigrazione
- flussi in uscita = emigrazione
Il saldo migratorio risulta positivo quando le immigrazioni sono più delle emigrazioni,
negativo in caso contrario. Come per le nascite, anche qui troviamo il tasso di emigrazione e
di immigrazione. La mobilità migratoria riveste una rilevanza fondamentale e segna
l’evoluzione di una determinata area, il suo profilo socio economico e la sua struttura per età
e sesso. Hanno da sempre occupato un posto di particolare rilievo negli studi geografici e lo
studioso Ravenstein propose nel 1880 una teoria della migrazione umana nella quale
prospettava alcune leggi improntate ai principi allora prevalenti del determinismo. I punti
salienti sono:
- movimenti migratori si sviluppano a breve distanza
- le donne migrano più all’interno del loro paese che all’estero
- le persone sono disponibili a percorrere lunghe distanze per arrivare in zone
scarsamente popolate
- i flussi principali vanno dalle campagne alle città.
Fino alla metà del secolo scorso il fenomeno migratorio veniva associato a scompensi
economici o demografici o a traumi bellici quindi si considerava la migrazione una sorta di
bilanciamento per un ritorno allo stato normale e per equilibrare la densità della popolazione
alle risorse economiche. L’approccio però è cambiato e adesso la politica è sempre più
interessata a parlare e a risolvere il fenomeno migratorio. Questo ci porta a parlare della
combinazione dei tanti fattori di repulsione e di attrazione:
- di repulsione → derivano dalle condizioni di estrema povertà o insicurezza o dalle condizioni
ambientali avverse in una determinata zona
- di attrazione → si impostano sul desiderio e sulla aspettative di vita migliori, sulle
informazioni ricevute e sulle reti sociali e personali
Abbiamo diversi tipi di migrazione:
● migrazioni interne → il cittadino conserva il proprio diritto e si esprime spesso nella sua
lingua madre
● migrazioni internazionali → il cittadino deve affrontare varie politiche di migrazione e un
nuovo mondo
● migrazione permanente → per un lungo periodo di tempo
● migrazione temporanea
● migrazione pendolare → area a breve raggio e per una durata temporale definita in genere
quotidiana e riguarda spesso lavoratori e studenti
● migrazione frontaliera → che vede l’attraversamento di un confine politico
● migrazione di massa → spostamento di un gruppo massiccio di persone o di interi popoli
● migrazione per infiltrazione → spostamento di singoli individui, nuclei familiari o piccoli
gruppi
● migrazione spontanea→ atto compiuto per libera iniziativa dopo una valutazione attenta di
vantaggi e svantaggi. Le spinte motivazionali possono includere
- situazioni economiche da migliorare
- povertà estrema
- fame
● migrazione organizzata
● migrazione forzata → emblematico è il caso della tratta degli schiavi quando decine di
milioni di persone vennero catturate in africa per lavorare nelle piantagioni di cotone, caffè e
canna da zucchero in amercia, antille e brasile. Questa mobilità coatta avvenuta nel 16 secolo
si rafforzò nei secoli successivi. Vaste aree furono colpite da questa piaga. Un passo
importante fu nel 1807 quando il parlamento inglese approvò lo slave trade act che avrebbe
posto fine a questa pratica.
La ricerca dovrebbe interessarsi ai possibili ostacoli nel viaggio migratorio: spesso si tratta
del gioco dell’oca, un lungo percorso in cui l’immigrato procede con accelerazioni, frenate e
retrocessioni dovute a leggi migratorie. La comunità internazionale non è in grado di
affrontare un simile problema anzi delle decisioni politiche hanno aggravato la situazione
rendendo ancora più instabile alcuni assetti politici. Non a caso si parla spesso di rifugiati
ovvero quei fuggitivi che sono costrette a scappare dal loro paese di origine per sfuggire a
persecuzione, minacce alla vita e costrette.
Due sono i continenti caratterizzati dall’emigrazione europea:
- america → fu colonizzata da spagnoli e portoghesi che, all’inizio del 500, si spostarono in
america e furono i primi migranti detti conquistadores spinti dalla voglia di arricchirsi.
Molteplici erano i motivi di questa corsa:
● disoccupazione
● conflitti
● carestie ricorrenti
- australia
Di grande rilievo è stato il trasferimento in apposite riserve dei nativi americani privati delle
loro terre che venivano suddivise fra i colori immigrati dall’Europa. Queste aree considerate
non modernizzate venivano sottratte ai nativi. Nella colonizzazione hanno avuto un ruolo
importante i trasferimenti forzosi delle popolazioni native e i nuovi venuti, gli immigrati,
hanno praticamente sottomesso gli autoctoni.
Lo scoppio della prima guerra mondiale pose termine alle grandi migrazioni oltreoceano. In
ogni caso il ruolo giocato dall’emigrazione in italia è stato di enorme impatto poiché dall’unità
in poi hanno lasciato il paese 27 milioni di italiani. Il cosiddetto miracolo economico ha
mutato il volto dell'Italia e ha convertito la sua economia da agricola a industriale. E’ stato un
periodo caratterizzato da flussi migratori interni ma con mutevole intensità, notevoli correnti
migratorie interne da sud a nord. Ma a partire dagli anni 60 si è registrato il passaggio da
italia vista come paese di emigrazione a italia come paese di immigrazione che hanno
prodotto una vera e propria lacerazione. Secondo l'Istat, in Italia risiedono circa 5 milioni di
cittadini stranieri.
Numerose sono le frontiere dell’emigrazione nel mondo
eg. italia spagna, grecia, malta e cipro, rotta balcanica (soprattutto per i libici, iracheni,
pakistani, somali) che superati i confini della macedonia si dirigono verso la francia,
germania, svezia etc
Per mettere fine a questi flussi l’UE ha siglato un accordo con la turchia nel 2016 che ha il
compito di controllare le frontiere in cambio di consistenti finanziamenti. Per quasi un
trentennio, il muro di Berlino ha rappresentato il simbolo di barriera culturale segnando la
cortina di ferro nonché linea di confine tra stati uniti e zona sovietica. I muri realizzati per
impedire o ostacolare i flussi non sono solo in europa
eg. il mure tra usa e messico
Il muro si snoda per aree in gran parte desertiche anche se attraversa sezioni urbane del
confine, dove maggiore è il numero dei clandestini. La logica di edificare sempre nuovi muri
porta sempre più ad una politica di chiusura.
Il fenomeno migratorio ha assunto valenze nuove e viene regolamentato sul territorio. In
italia sono attivi i centri di permanenza per i rimpatri al fine di raccogliere gli immigrati
irregolari.
Una distinzione cruciale riguarda le diverse procedure legislative adottate dai governi nei
confronti della migrazione.
Sono in genere considerati regolari quei migranti che hanno visti e permessi e i richiedenti
asilo; sono irregolari, invece, irregolari e clandestini coloro i quali non hanno l’autorizzazione
da parte del governo a risiedere nel paese di destinazione.
Le convenzioni che regolano la materia sono la convenzione di Ginevra e il protocollo di ny.
L’emigrazione è stata considerata anche la conseguenza della sovrappopolazione, ovvero
un carico demografico superiore alle possibilità. Malthus, un demografo inglese afferma che
l'aumento demografico causerebbe il blocco della crescita economica perché la popolazione
sarebbe aumentata in progressione geometrica, mentre la disponibilità delle risorse in
progressione aritmetica. Questo avrebbe causato carestie ed epidemie. Sebbene la teoria
sia stata smentita, un dibattito sui limiti dello sviluppo è importante e tuttora aperto in cui
centrale è la questione ambientale.
Proprio allo scadere del secolo scorso è stato introdotto il termine di impronta ecologica che
traduce in termini spaziali molteplici parametri energetici e ambientali. Tale indicatore calcola
uno spazio/tempo che le attuali generazioni starebbero erodendo attraverso il prelievo di
risorse ereditate da quelle precedenti. Possiamo quindi affermare che l’umanità danneggia
le sue prospettive per il futuro.

Cap 10
Geocultura: il contesto geografico

L’ambiente di vita di una comunità umana riflette le specifiche soluzioni che essa ha
concepito per meglio conformarsi al quadro naturale e adattarlo alle proprie esigenze. Il
modo che la comunità ha individuato per rapportarsi alla natura fa parte della cultura della
comunità; possiamo dire infatti che la cultura amalgama la componente naturale e quella
antropica che insieme vanno a formare l’ambiente di vita di un gruppo umano.
I fenomeni geografici hanno:
- dimensione verticale → fa riferimento al legame tra cultura e natura in un luogo. Studiare
la cultura di un popolo ci porta a capire meglio la società
- dimensione orizzontale → riguarda gli scambi culturali tra luoghi ed esalta il carattere
della geografia come scienza delle differenze.
Diverse sono le correnti che si sono interrogate sul rapporto tra geografia e cultura:
● determinismo ambientale → sviluppato durante l’ottocento. Secondo questa ottica c’è un
rapporto di causalità unidirezionale tra zona fisica e forme d’uso del territorio.
eg. una comunità che vive su un’isola è indotta a dedicarsi alla pesca
● possibilismo→ corrente che si sviluppa agli inizi del 900 e afferma che si tratta di un
fenomeno di causalità bidirezionale ovvero che non ci sono strutture invarianti
dell’ambiente naturale che producono gli stessi effetti ma il ruolo centrale è giocato
dalla comunità che, in base alla propria cultura, esercita scelte. Dunque, l’azione
umana non solo è autonoma rispetto alla natura ma influisce su di essa adattandola
ai propri bisogni
Si può dire quindi che la geografia studia le manifestazioni della cultura sulla superficie
terrestre e ne indaga la distribuzione. Le domande sono tante rispetto alla dinamica dei
processi e in sintesi possiamo affermare che si distinguono due tipi di processi:
1. omologazione culturale → rafforzano l’identità del gruppo
2. frammentazione → indeboliscono l’identità del gruppo
La geografia culturale sta vivendo oggi una fase molto intensa. La sua storia risale all’800
quando nel mondo tedesco si iniziò a fare riferimento all'antropologia nell'ambito della
geografia. Un pensiero molto importante fu quello offerto dalla corrente del darwinismo che
favorì l’interesse per le relazioni ecologiche.
Diversi furono gli studiosi che si interessarono alla materia:
- Ratzel afferma che la mobilità delle popolazioni nasce a causa del bisogno dello
spazio e che l’ambiente naturale esercita specifiche forme di influenza sulla vita delle
comunità umane. Egli, in sostanza, sosteneva che i popoli non subiscono
necessariamente lo stesso effetto ma mediano in base al proprio spazio, ossia
all’intensità del radicamento nel proprio territorio e all’identificazione con esso.
- Sauer pensava, invece, agli equilibri naturali e all’attitudine di gestire l’ambiente che
circondava le comunità. Da lui prese avvio un’inquietudine ecologica che continua
ancora adesso nella società americana e occidentale.
A metà del 20 secolo, la geografia perse fama: tutti gli argomenti trattati apparivano superati
e la descrizione della realtà culturale rurale perdeva importanza. Era necessaria una
rivoluzione ed un’attenzione agli stili di vita delle società contemporanee urbane. Fu così che
si sviluppò un nuovo filone che poneva attenzione sul senso dei luoghi e sull’importanza del
vissuto. Il territorio venne letto in stretta connessione con il contesto storico culturale e le
indagini adesso esaminano il paesaggio urbano concentrandosi sui valori estetici e
assegnando rilevanza all’universo dei simboli che lo connotano. L’attenzione alla ricerca
tende a spostarsi sulla visualità e sull’immaginazione considerando centrale la cultura.
Le forme di relazione con l'ambiente circostante dipendono dal concetto di territorialità
ovvero l’attitudine alla valorizzazione e allo sfruttamento dell’ambiente da parte di un gruppo
umano. E’ per questo che l’uomo sente un bisogno costante di adattare il proprio
comportamento all’ambiente in cui vive; infatti lo spazio geografico non è altro che lo
specchio della società che lo abita. Il concetto di territorialità aiuta a capire che i segni della
presenza umana sul territorio non sono disposti a caso ma rispondono a processi di
territorializzazione propria di ogni cultura. Il paesaggio è l’insieme di una serie di relazioni e
riflette, quindi, il modo di rapportarsi all’ambiente circostante di una comunità. Le dinamiche
territoriali producono incessanti fasi che sono in genere di due tipi: deterritorializzazione e
riterritorializzazione. In sintesi, il rapporto tra comunità e territorio si realizza attraverso tre
attività:
1. intellettuale → pensare a un preciso territorio
2. materiale → lasciare tracce sul territorio
3. relazionale → ricevere sollecitazioni dal territorio e quindi la comunità umana accoglie e fa
proprie specifiche spinte all’adattamento proveniente dall’ambiente
eg. le migrazioni hanno sempre richiesto ai gruppi umani di adeguare le loro tecniche
allo sfruttamento del nuovo territorio
Se da una parte il principio di territorialità accomuna tutti i popoli, dall’altro esso è alla radice
della varietà tra le culture perché personalizza l’evoluzione richiedendo nuove strategie da
applicare per affrontare le sfide di un determinato ambiente. L’esito è una progressiva
divergenza dei profili culturali che non riguarda solo i bisogni di base ma anche tutti i prodotti
della cultura. La presenza di una pluralità di culture non deve far pensare a un unico sentiero
ma ad evoluzioni che seguono traiettorie differenti e non consentono di stabilire una
gerarchia.
Questo tema impone di assegnare molta attenzione alla distribuzione delle culture. Ognuna
di esse ha conosciuto momenti di espansione e momenti di contrazione, alti e bassi- Un
concetto centrale è quello di area culturale ovvero una specifica porzione di territorio
contraddistinta da una comunità residente che ha dei caratteri culturali in comune. La vera
caratteristica è il taglio dell’indagine che è centrato sul rapporto con il territorio e sulla
spazialità dei fenomeni a cui la cultura dà vita. Attraverso la ricognizione della distribuzione
delle culture, dei centri di irradiazione e delle logiche di propagazione, la geografia cerca di
dare il proprio contributo per la comprensione della diversificazione del mondo. La ricerca
geografica ha vari obiettivi:
- individuare aree culturali coerenti
- capire le incessanti trasformazioni subite da ongi cultura
- capire che la cultura non è omogenea ma diversa da tutte le altre
In genere è possibile stabilire gradazioni a partire da un centro di irradiazione originario, con
periferie dove una cultura si ibrida con altre ma vi sono anche i salti spaziali ovvero quando
una cultura non si distribuisce tra le aree contigue e si distribuisce lontano dal focolaio
originario. Queste due caratteristiche si presentano a qualsiasi scala e vanno sempre tenute
in considerazione per evitare un uso banale della geografia.
Per molto tempo della storia, gli scambi culturali sono stati limitati e se c’erano erano molto
lenti
eg. confini politici chiusi, differenze linguistiche erano dei limiti
Eccezioni si potevano verificare nel caso di migrazioni di massa ovvero quando un popolo si
spostava in maniera organizzata e compatta in una zona già abitata. In questo caso erano 4
i possibili scenari:
- distruzione completa della cultura locale
- sostituzione della cultura locale con quella degli invasori
- fusione delle due culture → transculturazione
- coesistenza di due culture distinte sullo stesso territorio → è una situazione difficile da gestire
perchè dettata spesso dall’intolleranza della coabitazione di due popoli
Dato che gli scambi culturali erano limitati, c’era una basa di isolamento che si è protratta
fino all’inizio del 900 quando finalmente diverse aree del pianeta hanno iniziato a collegarsi
tra loro creando relazioni efficaci, organizzate e reciproche che hanno permesso lo scambio
culturale e la comunicazione. Oggi la comunicazione è efficace grazie alla nuova tecnologia
e ad internet.
La geografia culturale postula un rapporto biunivoco tra il territorio e la cultura dove
la cultura costruisce, mantiene e trasforma il senso di attaccamento a un’area che
diviene il referente geografico di un’identità collettiva.
Le manifestazioni di autoidentificazione con un’area geografica si esprimono sotto varie
forme e tendono a ricorrere alla demarcazione di confini per agevolare la distinzione del
territorio rispetto alle due comunità. Occorre ricordare, però, che le espressioni di
supremazia sono artificiali e non naturali e quindi contestabili.
Nel passato i condizionamenti locali sui caratteri culturali dei singoli individui erano molto
forti
eg. la maggiorparte delle persone usava il dialetto e adottava abitudini diverse rispetto ad
ore per cibo e vestiti
Oggi, gli scambi culturali hanno permesso l'estensione di determinati fenomeni che da un
piccolo territorio si sono estesi fino a tutto il mondo. E’ per questo che oggi si parla di
globalizzazione. Da questo fenomeno potente ne derivano geografie in contrapposizione che
potrebbero causare anche minore omogeneità e bisogno di ogni individuo di sentire un
riferimento territoriale sicuro e stabile. Oggi lo stile di vita sembra permeato dalla
penetrazione di gusti che provengono dall’esterno. L’intensificazione degli scambi culturali
non deve però condurre all’idea che l’unica forma possibile sia “ scala globale superiore a
scala locale”. Gli studi non dimostrano che le identità locali verranno a poco a poco
eliminate.

Cap 11
Geocultura: etnia, lingua e religione

Nella tradizione dell’antropologia un’etnia viene definita come una comunità di persone
unita da affinità culturali. Questi legami sono funzionali a distinguere i membri del gruppo,
detti autoctoni e chi non fa parte del gruppo considerato come allogeno. Dal concetto di
etnia, la geografia sottolinea la presenza di uno specifico territorio originario indagando i
reciproci effetti di questo rapporto. Tuttavia, l’identità etnica non si mostra intransigente nel
prendere tutti questi elementi al massimo grado
eg. un gruppo etnico può fare a meno dell’individualità linguistica
I tratti culturali sono quindi dinamici e soggetti a influenze e contaminazioni esterne.
Analogamente, l’etnia può rinunciare alla sua individualità territoriale unica
eg. parliamo dei gruppi in diaspora → tartari di crimea e gli istriano-dalmati di cultura italiana oppure
gli ebrei e gli armeni che conservano la loro identità pur abitando in posti diversi dal loro territorio di
origine.
Occorre però distinguere bene il concetto di etnia dal concetto di razza. La razza si basa
sull’idea che è possibile distinguere gli umani in raggruppamenti in base a condizioni fisiche
comuni. Naturalmente si tratta di un’idea assolutamente sbagliata che causa pregiudizi.
Condannabile è infatti il razzismo che individua una inconsistente gerarchia naturale tra le
razze in base a determinate criteri e causa comportamenti discriminatori.
Diverso è
- il concetto di fenotipo = aspetto esteriore degli umani, varia all’interno di una stessa
specie
- concetto di genotipo = il dna, non varia all’interno di una stessa specie
Il concetto di etnia può tornare però utile per capire lo stesso concetto di razza in quanto
favorisce l’analisi dei caratteri biologici e delle strutture culturali. Le diverse pigmentazioni e
caratteristiche fisiognomiche non sono il risultato di condizioni genetiche e non sussistono
geni solo di una razza. La genetica ha infatti dimostrato che tali differenze sono dovute alla
concentrazione relativa di particolari geni nei tre grandi gruppi della specie umana vissuti
isolati in 3 zone diverse.
Gli studi post coloniali hanno proposto una rivisitazione delle categorie di identità etnica e di
minoranza perché l’appartenenza etnica sarebbe arbitrariamente indotta al fine di produrre
rappresentazioni funzionali a contrapporre un ipotetico noi a un ipotetico loro.
Dopo un periodo di scarso interesse, il tema delle etnie è tornato attuale in geografia grazie
alla mobilità delle popolazioni che hanno reso il territorio molto multiculturale.
Un fattore fondamentale dell’etnia è l’autoconsapevolezza ovvero il sentimento di
appartenenza individuale che può indebolirsi o rafforzarsi soprattutto grazie alle tradizioni, al
folklore o al paesaggio etnico. Una percezione di minaccia dell’integrità di gruppo è vissuta
dalle minoranze etniche ovvero quei raggruppamenti che si trovano in posizione non
dominante e numericamente inferiore sul territorio dove risiedono. Le minoranze devono
tenere alto il livello di solidarietà tra i propri membri e la maggioranza e ciò porta alla
creazione di inevitabili disuguaglianze che possono produrre la marginalizzazione e la
segregazione della minoranza fino all’estinzione. Questa eventualità estrema si può
manifestare in più modi:
- incidentale → lenta e progressiva assimilazione da parte della maggioranza
- naturale → estinzioni per ragioni demografiche
- provocata → tramite pulizia etnica, assimilazione forzata, esplusione, trasferimento coatto,
massacro etnico, genocidio.
eg. il genocidio è qualcosa di organizzato, di programmato e di strategico → un caso noto è
l’olocausto dei rom e e degli ebrei, l’eccidio di tutsi a opera degli hutu nel 1994 in ruanda o lo
sterminio degli armeni a opera dei turchi durante la 1 gm.
Ai fini di uno studio geografico occorre parlare della distribuzione geografica delle lingue alle
diverse scale ovvero della geolinguistica. L’utilità di un simile approccio sta nel fatto che la
conoscenza dell’area di estensione delle lingue costituisce un utile indicatore delle relazioni
tra i gruppi umani e i percorsi migratori. La geografia delle lingue è funzionale a capire le
relazioni tra i gruppi umani ed è per questo che gli studiosi hanno coniato 3 concetti
fondamentali in questa ottica:
- substrato → lingua diffusa in una data area prima che un’altra si sovrapponesse a essa
- superstrato → una lingua che si sovrappone a quella in uso in una data area
- adstrato → due lingue dall’origine distinta ma in contatto culturale
Al tema della lingua come forma di contatto tra culture sono legati anche gli alfabeti. Quello
più diffuso è quello latino che ha conosciuto una progressiva espansione. Le lingue non
hanno solo funzione di comunicazione ma sono fondamentali per costruire il pensiero e il
discorso. Ogni cultura impiega determinati codici di comunicazione che creano determinate
strutture di pensiero e quindi risulta impossibile immaginare una esatta sovrapposizione dei
contenuti di due lingue. Si capisce bene come siano risultate fallimentari le creazioni di
lingue artificiali come l’esperanto. Ogni lingua si configura come un tassello del patrimonio
culturale dell’intera umanità e quindi pensiamo bene a quanto danno possa fare l’estinzione
di una lingua.
E’ utile la distinzione che usa la linguistica storico-comparativa tra famiglie linguistiche,
gruppi e sottogruppi. Il numero delle lingue è variabile, si estendono in vari ambiti e sono
anche frutto di contaminazioni e influenze. L’analisi delle lingue è condizionata da vari fattori
come la politica:
eg. la lingua parlata dai serbi e dai croati è stata alternativamente considerata come unica
oppure come forme dialettali distinte seppur appartenenti al medesimo ceppo.
Bisogna quindi considerare se la lingua sia autonoma, abbia un’entità politica indipendente
in grado di incoraggiare o portare alla creazione di un’unità culturale. Inoltre, la diffusione di
una lingua può anche non essere in aree contigue. Per effetto soprattutto dei flussi migratori
si sono creati degli arcipelaghi linguistici e delle isole linguistiche.
Il numero dei parlanti di una determinata lingua può variare e la dinamica è molto più rapida
di ciò che si pensa. Tutto dipende da fattori come:
- la demografia
- le migrazioni → i flussi migratori generano interessanti casi di multilinguismo
eg. in francia ci sono molte persone che conservano la loro lingua madre e
continuano a parlare l’armeno o il turco, ad esempio
- storia politica → le conquiste sono state da sempre causa della propagazione di lingue e
anche della scomparse della lingua del conquistato
- diritto → le lingue minoritarie possono subire la sopraffazione della lingua della
maggioranza per questo quelle minoritarie vanno difese e tutelate per evitarne l’estinzione
- i mezzi di comunicazione → una lingua è viva quando dispone di mezzi utili a diffondere
il proprio messaggio
- la religione
- il turismo → le mete turistiche inducono la popolazione locale a comprendere la lingua dei
turisti
- il commercio
- il fascino → rispecchia anche quello della cultura che rappresenta
eg. pensiamo alle lingue morte
Ormai l’inglese è una delle lingue più parlate al mondo e il suo successo va ricercato nella
combinazione dei fattori che producono l’egemonia linguistica. Tuttavia, l’inglese non è la
sola lingua superiore perchè ci sono aree plurilingui dove gli abitanti sono forzati a usare una
doppia lingua in base alla specifica situazione. E’ il caso degli slavi dell'istria a inizio 900 che
usavano l’idioma slavo nella sfera privata e l’italiano in quella pubblica.
L’italia offre un caso esemplare della difficoltà di capire quante persone parlano una lingua
perché c’è un’alta presenza dei dialetti imparentati con l’italiano o di lingue diverse
dall’italiano e lontane da quest’ultimo. La geografia dei dialetti italiani è erede di una
stagione medievale segnata dalla compresenza nella penisola di una pluralità di idiomi
volgari. Possiamo distinguere 5 aree dialettali:
1. area gallo italica
2. area veneta
3. area centrale
4. area alto meridionale
5. area meridionale estrema
Accanto ai dialetti vi sono le lingue delle minoranze parlate da gruppi etnici concentrati in
determinate zone del paese. La loro capacità di sopravvivenza dipende dall’economia e
dalla politica del popolo che la parla.
Lo studio delle religioni è anche importante ai fini della geografia culturale e piò essere utile
per capire le società contemporanee. In passato ci si limitava a capire come erano distribuire
le religioni nel mondo; adesso, invece, si è capito che la religione ha degli effetti sul
paesaggio
eg condiziona l’agricoltura o l’allevamento nel Maghreb perchè dato che la religione islamica
vieta l’uso di carne di maiale, questo animale non viene allevato e quindi l’allevamento
predilige capre e pecore.
Gli effetti della religione producono anche degli effetti sul paesaggio urbano, pensiamo alla
divisione tra quartieri e la separazione tramite i quartieri ghetto destinati alle comunità
ebraiche.
Come detto in precedenza, i geografi guardano alla distribuzione delle religioni e alla loro
distinzione in:
- religioni universali → con ambizioni ecumeniche e possono estendersi all’intera comunità
eg. cattolicesimo
- religioni etniche → con una natura introversa
eg. ebraismo
- religioni tribali → culti con numero ridotto di fedeli e legati a un sistema culturale
localizzato
Possiamo notare come determinate religioni vedono una frammentazione interna e la
creazione di sette o sottogruppi
eg. questo è il caso delle chiese protestanti che vedono una frattura a causa di una struttura
non accentrata o gerarchizzata. Un esempio di richiesta con struttura interna non accentrata
è quella della chiesa ortodossa dove le componenti sono autocefale ovvero che si
autogovernano.
La situazione opposta, quindi il potere spirituale migliore di quello temporale, è nelle
teocrazie dove le autorità ecclesiastiche svolgono la funzione religiosa e anche quella
politica. La religione qui detta la condotta morale e fissa le leggi. Si tratta di fondamentalismo
religioso ovvero la fede deve modificare il comportamento di un individuo.
eg. iran
Anche qui, come nelle lingue, i dati cambiano velocemente e subiscono variazioni
interessanti
eg. i cristiani nel medio oriente sono di meno rispetto al passato a causa delle vicende
politiche recenti in quella zona che ha visto un aumento della popolazione musulmana ed
ebraica.
Lo studio delle religioni può essere affrontato con strumenti importanti dalle analisi sul
potere. Ne sono oggetto le politiche di proselitismo oppure le persecuzioni religiose.

Cap 12
Geopolitica: il potere di uno spazio

Il rapporto tra geografia e politica fa riferimento a una dimensione verticale e ad una


dimensione orizzontale. I segni del potere sul territorio e la presenza dei confini statli sono
degli esempi. Ogni territorio è ricco di manifestazioni del potere e ciò è facilmente visibile in
quei luoghi che hanno un ruolo istituzionale
eg. la città di roma che ospita le sedi autorevoli della vita politica italiana
Vi sono poi espressioni connesse all'esercizio del potere che sono immancabili in quanto
esso richiede una struttura spaziale interna. Nel complesso, troviamo i segni che rivelano
esplicitamente l’appropriazione del territorio da parte di un soggetto politico
eg. bandiere, presidi delle forze dell’ordine.
Tutte queste manifestazioni del potere sul territorio lo rendono uno spazio politico sottoforme
a forme di
- appropriazione
- gerarchizzazione
- rappresentazione
Dato che l’uomo ha un’influenza sul territorio, il territorio stesso è il prodotto della politica
umana, non è un dato fisso ma un processo in continua evoluzione. Tuttavia,anche la realtà
politica può risentire il peso simbolico del territorio. Si capisce così che i luoghi esercitano
retro effetti sulla vita politica e che, in ogni caso, l’autorità vi presta attenzione.
I luoghi dimostrano quindi di condizionare la vita politica sia nella scala urbana che in scala
internazionale. Nella conflittualità internazionale, i fattori alla base del comportamento dei
soggetti politici sono condizionati dalla variabile localizzativa e ciò accade quando vi sono
interessi materiali o immateriali. Dal punto di vista politico, il territorio non è isotropo ovvero
uguale in tutte le sue parti ma anzi è differenziato. Inoltre, la relazione tra il territorio e la vita
politica è biunivoca perché la realtà politica influenza i luoghi e i luoghi costituiscono una
parte attiva della politica.
eg. questo ci porta a pensare al confine politico considerato come prodotto e fattore della
dinamica politica.
Dall’osservazione della relazione biunivoca tra territorio e attività umana, la geografia ricava
il postulato di interazione permanente tra i quadri geografici e la dinamica sociale. Quindi,
ogni soggetto politico si confronta con un mondo che è esterno a esso. L’invito del pensiero
geografico è a considerare che l’azione di un attore politico si confronta con quella dei suoi
avversari e contempli anche lo spazio geografico. Quando si guarda il mondo, non ci sono
fattori solo tipicamente umani
eg. superiorità militare, capacità tecnologiche di un sistema -paese o qualità della classe
dirigente
ma occorre anche prevedere la presenza del dato geografico.
eg. uno sbocco sul mare → è importante perchè è un vantaggio commerciale e strategico rispetto a chi
non lo ha
eg. la bolivia, stato interno, dopo aver rivendicato senza successo un proprio sbocco
all’oceano pacifico, tende a conservare buoni rapporti con il cile e il perù con cui ha stipulato
accordi per l’accesso al mare
Il quadro geografico può provocare situazioni che richiedono risposte politiche e conseguenti
azioni di politica estera. Tuttavia, non bisogna considerare i caratteri geografici come la
causa unica delle vicende politiche, non bisogna generalizzare e dare connotati specifici al
loro contesto di vita. La dinamica politica non è il frutto esclusivo dell’agire degli esseri umani
perché la classe dirigente di uno stato opera scelte ma si muove all’interno di un quadro
complessivo di cui deve tenere conto che la condiziona e la vincola.
Se i segni del potere sul territorio lo vedono come il soggetto destinatario, possiamo
rovesciare la prospettiva e possiamo analizzare i canali attraverso cui il territorio esercita il
proprio peso sotto forma di vincolo o di rendita. Ci sono 3 modi:
1. dotazione di risorse naturali → per esempio le foreste che sono ricchezze assegnate ad
un paese che potrà valorizzarle per il benessere dei cittadini
2. posizione relativa → è una condizione mutevole nel tempo → il libano per esempio risente
dell’instabilità della regione in cui si colloca ovvero il medio oriente che è pieno di turbolenze
3. posizione assoluta → ad esempio l’islanda, data la sua latitudine, non può avere una
produzione agricola differenziata e utile a garantire una dieta alimentare equilibrata ai suoi
cittadini ed è costretta a contare sulle importazioni.
Ciò influenza sia le scelte di politica estera sia quelle di politica interna. E’ chiaro che
i governi possono differenziare i modi in cui si ottimizzano tali costrizioni ma è chiaro
che qualsiasi siano le loro inclinazioni, esse rimangono
Possiamo però affermare che i condizionamenti dell’ambiente geografico non sono eterni
ma possono variare. Questo accade per scelte generali di politica economica e ambientale
eg. la scoperta del petrolio in Arabia saudita è stata molto importante. Semmai un giorno il
petrolio perdesse di valore a seguito della transizione ecologica, la domanda calerebbe e
con essa il peso politico dell’arabia saudita.
In ogni caso, la tecnologia e le scelte generali di politica economica agiscono sul
lunghissimo periodo e quindi i condizionamenti della geografia rappresentano un dato
sostanzialmente stabile. Questi fattori possono mutare il quadro di fondo ma comunque lo
riproporranno sempre
eg. pensiamo all’apertura del canale di suez e a come la tecnologia e la volontà politica
hanno giocato un ruolo fondamentale tanto che si è arrivati alla creazione di nuove periferie
e nuove centralità. Si aggiungono nuove cose, ma il quadro di fondo rimane sempre lo
stesso
Quando si parla di geografia culturale dobbiamo tenere in considerazione anche lo spazio
che non è altro che il prodotto cognitivo, astratto e impalpabile, regolato da dispositivi
simbolici e discorsivi. Una buona espressione riferita agli spazi immateriali è quella di
immaginario geografico con cui si intende una visione e interpretazione collettiva in
dotazione a ogni comunità umana, il modo in cui essa concepisce la propria e altrui
collocazione nel mondo. Le storie nazionali hanno prodotto una auto rappresentazioni in cui
un popolo tende a concepirsi per la sua prossimità a un ingombrante vicino e altre in cui si
percepisce come centrale.
La geografia si interessa delle percezioni e rappresentazioni che una popolazione ha di sé e
di altre comunità nazionali
eg. il popolo giapponese sarebbe segnato dall’ossessione della chiusura all’esterno, di cui
porta una responsabilità anche la natura del paese, aperta solo con forza dagli occidentali a
metà 800.
Si possono individuare diversi spazi o ambienti dove si dispiega il divenire politico.
- terra → spazio familiare all’essere umano
- mare
- aria → si divide in spazio atmosferico e spazio cosmico
- spazio cibernetico → dimensione della rete internet che è molto originale e dà luogo a diverse
strategie e forme di conflittualità. Ha natura ibrida , artificiale, naturale, digitale, fisica,
soggetta a proprietà, accessibile anche da soggetti individuali e dotata di risorse finanziarie
minile, è ambiente soggetto a mutamento continuo e anonimo, è un ambiente eterogeneo e
gerarchico ed è altamente differenziato a causa di:
1. diversa qualità e possibilità di accesso alle infrastrutture
2. concentrazione dei dati presso pochi grandi soggetti
3. diverso grado di alfabetizzazione informatica dei popoli
4. dominio dell’inglese tra le lingue in uso sulla rete
Ognuno di questi spazi prevede proprie strategie di competizione e proprie regole
d'ingaggio, specifici vincoli e opportunità per i soggetti politici e spetta agli attori cogliere le
potenzialità di ogni spazio.
In geografia, lo stato è un ente spaziale ovvero un sovrano su uno spazio intenzionato a sfruttare,
controllarlo, difenderlo. La spazialità dello stato è evidente in quanto il territorio è per definizione uno
dei suoi tre elementi fondamentali (territorio, popolo e governo). Ci sono circa 200 stati ma è
impossibile stabilire l’esatto numero perché alcuni affermano che ci sono organizzazioni politiche che
in realtà non esercitano un’autorità completa ad esclusiva sul loro territorio in quanto menomati nelle
loro prerogative concrete → si tratta per esempio degli stati falliti o a sovranità limitata.
Bisogna considerare la forma dello stato:
- forma circolare → romania
- forma allungata → cile
- forma frammentata → indonesia con le sue isole
Per i deterministi di fine 800, lo stato doveva infatti avere come forme ideale quella circolare
dove al centro stava la sua capitale. A quel tempo, la forma irregolare poteva costituire un
limite allo sviluppo, ai trasporti e alla coesione interna
La forma oggi assume però un valore scarso.
Strettamente legato al concetto di forma, troviamo il concetto di stato polimerico ovvero lo
stato composto da territori di consistente estensione separati tra loro
eg. stati uniti per l’effetto dell’alaska, separato dal nucleo principale a causa del canada
Altre espressioni da ricordare sono:
- enclave → unità amministrative interamente circondate da un’altra → stato di san marino per
l’italia
- exclave → territori che appartengono a un soggetto politico ma non confinano con i suoi
territori → gibilterra, nel sud della spagna
Il concetto di stato nasce in Europa ma le prime realtà politiche evolute non facevano parte
dell’europa. Ricordiamo per esempio l’egitto, la cina, la mesopotamia dove sorsero delle
realtà politiche che non erano stati ma imperi.
Gli imperi hanno caratteristiche fondamentali:
- il potere è legittimato dalla derivazione divina → ha una natura astorica ma ha una struttura
tendenzialmente accentrata garantita da un controllo militare
- gli imperi possono incorporare popoli diversi e sono culturalmente più eterogenei
rispetto agli stati e devono accettare le diversità tollerando e prevedendo dei
meccanismi che le salvaguardino.
- non hanno un preciso territorio di riferimento e possono estendersi in modo non
predefinito dando luogo ad un articolazione geografica composta da territori non
necessariamente contigui.
Dopo gli imperi e prima degli stati è apparsa una nuova forma ovvero la città- stato. Si tratta
di un’entità autonoma e sovrana strutturata su un territorio di ridottissima estensione. Fu
questa l’organizzazione tipica della grecia classica che non diede vita a un’organizzazione
nazionale unica e geograficamente si presentava molto frammentata, priva di contiguità
spaziale tra le diverse comunità.
Oggi però l’organizzazione politica più avanzata è lo stato moderno ovvero una forma
specifica di ordinamento politico sorta in europa e poi diffusa in tutto il mondo. Questo
modello si fonda su un esteso apparato amministrativo e sull’unicità del comando che si
concentra nelle mani delle istituzioni repubblicane.Dal punto vista geografico-politico, lo
stato moderno trova nel territorio un suo elemento imprescindibile ed è infatti indispensabile
per esercitare il requisito della sovranità.
Durante lo sviluppo, lo stato moderno ha acquisito un carattere nazionale e quindi il collante
tra i suoi membri è rappresentato dal condividere una coscienza e un orgoglio basati sul
senso di appartenenza. Tuttavia, occorre ricordare che per la teoria i soli stati veri sono
quelli multinazionali e non quelli composti da solo una nazione. Possiamo quindi dire che la
composizione culturale eterogenea non è un fattore di instabilità interna per un soggetto
politico, esso può giocare un ruolo decisivo nei processi di indebolimento del sentimento
unitario e di disgregazione dello stato ma di certo non è l’innesco delle tensioni. Ciò che
invece può provocare ansie e può affievolire il senso identitario della popolazione di uno
stato è la differenza economica tra ceti sociali e regioni.
Ogni stato è dotato di un modello organizzativo e bisogna focalizzare l’attenzione sulla
localizzazione del comando. Bisogna fare una differenza tra:
- sistemi centralizzati → si caratterizzano per la concentrazione del potere nelle mani del
governo nazionale e le autorità locali hanno competenze amministrative → francia e cile
- sistemi federali→ prevedono una coesistenza equilibrata tra potere centrale e locale dove il
potere locale ha organi elettivi, capacità di creare delle leggi e attuare politiche autonome →
il canada e gli stati uniti
Tuttavia, ci sono stati federali solo sulla carta e che nella realtà non vedono questa
divisione tra centro e periferie
eg. molti paesi africani avevano adottato costituzioni federali ma non sono riusciti a dare
effettivo seguito ai loro propositi → kenya e uganda
Nonostante le difficoltà, oggi vediamo la diffusione del modello federale sulla base dell’idea
che le federazioni resistono meglio alle forze centrifughe, rispondono meglio alle istanze dei
cittadini rispetto agli organi centrali dello stato ed esprimerebbero un’identità culturale non
meno sentita.
Esiste una grande varietà di forme intermedie tra lo stato centralizzato puro e quello
puramente federale e in definitiva ogni soggetto statale deve contemperare una doppia
esigenza:
- assicurare l’unità dello stato
- tutelare la tradizioni locali
La progressiva diffusione di sistemi federali e la constatazione di segnali di indebolimento
della capacità dello stato hanno avviato un intenso dibattito sulla possibile evoluzione di tale
classica forma organizzativa e ci si chiede se determinati segnali sono sintomi di una
profonda crisi irreversibile. La lista di manifestazioni di difficoltà degli stato è molto lunga ma
potremmo escludere un prossimo esautoramento degli stati. Gli stati del futuro potrebbero
adattarsi ad una situazione nuova, con la trasformazione verso entità post nazionali capaci
di rinunciare una volta per tutte all’illusione dell’omogeneità etno nazionale. Dal punto di
vista geografico, possiamo anche immaginare una diversa relazione con il territorio oppure
una sorta di recupero dell’esperienza medievale con il ritorno come protagonisti di categorie
sociali e professionali. Sul piano geopolitico, la crisi della sovranità dello stato
comporterebbe uno stravolgimento del sistema politico internazionale.
Tuttavia, gli stati sono i protagonisti del sistema politico.
Per lo stato moderno quello di nazione è un concetto chiave e ogni nazione non può
immaginarsi priva di territorio su cui risiedono i propri membri. Il territorio è così un fattore
imprescindibile e costitutivo, legittima dello stesso progetto di convivenza comune. Alla
comunità non può quindi mancare una chiara percezione dell’importanza di possedere un
radicamento territoriale stabile e il territorio viene considerato esclusivo. Non si tratta di un
territorio qualsiasi ma del sacro suolo della nazione, un’entità spaziale distinta da tutte le
altre e che ha dei caratteri unici. Identità sociale e territorio vanno a coincidere e generano
un doppio attaccamento dell’individuo alla comunità e allo spazio.
Il concetto di nazione è oggetto di studio di varie discipline ed è ancora di grande attualità. I
tanti studi hanno creato una varietà di definizioni che considerano la nazione un gruppo
umano che condivide:
- tratti culturali come lingua e religione
- vicende storiche
- aspirazioni politiche
- autoidentificazione dei membri e quindi senso di appartenenza alla comunità
alimentato da rituali e simboli
- territorio → funzionale a dare un radicamento territoriale alla comunità e a rafforzare quel
sentimento connotando il paesaggio con richiami alla nazione
Storicamente ci sono state due strade nell'evoluzione del rapporto tra nazione e territorio:
- territorializzazione → ovvero un processo per il quale la nazione si forma solo quando essa si
dota di una base territoriale. Da qui scaturisce una forma del rapporto tra i due da cui derivano
specifici diritti e doveri: il diritto di considerarlo proprio in esclusiva e il dovere di garantire
la cittadinanza a tutti coloro che vi sono nati = ius soli
- nazionalizzazione del territorio → percorso alternativo e opposto, caratteristico dei casi
italiani, turchi, greci. Quindi qui la nazione preesiste alla propria istituzionalizzazione. Esiste
una coscienza nazionale quando si procede a identificare e occupare un territorio quindi il
diritto di cittadinanza avviene per via di discendenza = ius sanguinis
Questo processo è più suscettibile di produrre rivendicazioni e scatenare violenze, il
separatismo e il secessionismo che esprimono rivendicazioni di una comunità
nazionale per una maggiore autonomia o anche la piena indipendenza.
La nazione è quindi un prodotto culturale e non dato in natura. La contesta per un territorio è
pericolosa in quanto infiamma gli animi e legittima atti politici rivendicativi, persino nella
forma dell’aggressione diretta. Queste espressioni prendono il nome di nazionalismi che si
fondono sull’idea che l’umanità sia divisa naturalmente in nazioni e che gli individui
appartengono a queste nazioni senza possibilità di forme identitarie ibride. Il principio sta in
un presunto diritto naturale delle nazioni, mentre il suo effetto produce l’azione attiva di
rafforzamento dell’identità nazionale e l’inasprimento della rivalità.
Effetti simili può averli il patriottismo che fa riferimento al sentimento di attaccamento al
senso di fedeltà a uno stato.
Ci sono tre prospettive di analisi allo studio della nazione
1. La corrente di studi detta primordialista è una delle tre prospettive di analisi della
nazioni insieme a quella modernista e a quella etno-simbolista. La nazione è
un’estensione della famiglia, della tribù e sarebbe insita nella natura umana.
2. La corrente modernista problematizza il concetto di nazione che è considerata come
un’invenzione culturale sorta durante il passaggio da società tradizionali a società
moderne. I movimenti nazionali precedono la vera e propria formazione della nazione
e tutto ha inizio con la prima rivoluzione industriale che innesca fenomeni che
richiedono strumenti che stabilizzano la società e rendano gestibile la conflittualità
sociale. Lo stato nazione si sviluppa su un territorio esteso e deriva dagli interessi
della borghesia. Questo concetto di nazione come fenomeno storico implica che tale
forma di aggregazione collettiva possa un giorno sparire al venir meno delle
esigenze che l’hanno prodotta.Una tale crisi si rifletterebbe nella perdita di forza dei
dispositivi retorici e comunicativi che la alimentano. Inoltre, i nazionalismi sono stati
facilitati dall’avvento di canali di omologazione sociale come la stampa e la scuola e
si sono diffusi dall’alto verso il basso. Questa nuova estetica della politica con le sue
specifiche strategie di mercato si è estesa anche ai partiti e ai movimenti non
nazionalisti inducendo a studiare le loro narrazioni
3. questa corrente è quella etno-simbolista il cui caposcuola è Smith il quale afferma
che la nazione nasce in uno specifico contesto storico ed usa tradizioni e legami
etnici preesistenti. Questo approccio afferma che le nazioni si manifestano in età
moderna ma risalgono al passato e affondano le radici in situazioni storiche e
culturali condivise. Il passaggio da etnia a nazione è un processo che si realizza
quando i membri acquistano consapevolezza della loro appartenenza.
La presenza di un confine è indispensabile per ogni stato perché senza un confine, la sua
esistenza è messa in discussione. La sovranità, in epoca moderna, si definisce in forma
territoriale infatti il territorio si carica di significato giuridico-politico ed è un'area controllata
da uno specifico potere. Con la definizione del confine, la posizione geografica è il principale
mezzo per capire i diritti e i doveri. I confini delimitano l’area geografica entro cui hanno
validità la sovranità e le leggi di uno stato. La geografia e il diritto si combinano perché la
geografia usa le leggi del diritto per esercitare potere di territorialità, per sfruttarlo e
concepirlo; mentre il diritto si rende efficace nella territorialità, si materializza e prende corpo.
La relazione tra geografia e diritto si trova nei trattati di confine, nelle norme dello stato e
nelle prerogative assicurate dalla legge ai proprietari terrieri.
Non dobbiamo però pensare che il confine naturale sia ben segnato e questo può infatti
causare delle controversie
eg. cile e argentina non hanno definito ancora oggi tratti del loro territorio
Nella realtà non esistono discontinuità naturali e rigide perché i fenomeni sociali non
conoscono confini netti. Non bisogna considerare l’ambiente naturale che alle volte può
mostrare delle brusche interruzioni. In fondo tutti i confini sono artificiali perché decisi
dall’uomo anche se all’apparenza sembrano naturali.
eg. il portogallo non ha veri e propri confini naturali che lo separano dalla spagna eppure per
secoli è stato un paese saldamente unificato
Queste considerazioni usano il concetto di confine naturali che fa leva sull’antica
convinzione che il confine abbia funzioni difensive e dunque ragioni strategiche e militari
spingerebbero a considerarlo un buon confine.
Lo spazio definito dal confine lineare è uno spazio omogeneo all’interno di uno stato ma
diverso rispetto all’esterno. Il confine è proprio l’elemento discriminante che segna il
passaggio da un sistema statale ad un altro e conseva un’accezione di tipo repulsivo, non
attrattivo, fondamentalmente ancora percepito come elemento di difesa, da militarizzare e
presidiare.
Ci sono varie funzioni del confine:
- DIFENSIVA → oltrepassando il confine, fai un’azione ostile. A differenza dei conflitti di
oggi, le mura del passato erano uno spazio marginale inservibile allo sfruttamento economico
e all’insediamento, si trattava di semplici fasce di territorio attrezzate per la difesa, con
postazioni e fossati inaccessibili alla popolazione ordinaria
- COMMERCIALE → l’autorità può effettuare un controllo e una migliore regolazione del
mercato interno. Occorre evidenziare la tendenza alla defunzionalizzazione dei confini ovvero
a renderli meno impermeabili e rigidi rispetto al passato
- IDENTITARIO →il territorio è entrato a far parte dell’identità collettiva in quanto elemento
posseduto in forma esclusiva da ogni nazione. Questo fenomeno ha generato l’illusione che i
confini potessero separare gli stati e le culture. La stessa coscienza di identità nazionale trova
nel territorio un proprio riferimento simbolico
eg. gli italiani e il loro stivale
Permane ancora oggi l’idea che i confini possano essere lo sviluppo di un’idea che
porta a raggruppare le persone appartenenti allo stesso popolo e a dividere quelli
appartenenti a popoli diversi così da considerare i confini come strutture spaziali che
operano come agenti di ordine nella distribuzione dei popoli. In quanto struttura di
discontinuità politica, il confine produce un effetto di disparità spaziale e tende ad
amplificare le differenze
Il confine implica sempre una relazione
- pacifico → denso di strutture funzionali e forme ininterrotte di cooperazione transfrontaliera
(ue)
- conflittuale → espressioni di controllo e militarizzazione (le due coree)
- confine interamente pacifico o interamente militarizzato → è il caso di un confine in cui due
lati presentano situazioni diverse
eg. il confine che separa il messico dagli stati uniti → se sono in messico, per me sarà difficile
entrare negli stati uniti; se sono negli stati uniti, non avrò problemi ad andare in messico
La rigidità di un confine dipende molto dal lato in cui mi trovo ma questa non è una
situazione stabile perché si tratta di condizioni in continua evoluzione
il confine lineare rigido è solo un tipo di confine tra gli altri possibili. Nel passato si
concepivano gradienti spaziali della sovranità in cui la capacità di esercitare il potere,
l’influenza e il controllo sul territorio era diversificato: man mano ci si allontanava dal centro, i
confini diventavano meno rigidi. La frontiera è tutta l’intera regione di confine, l’area dove si
riverberano gli effetti del confine, la fascia ibrida dove si mescolano gli elementi e ha una
natura mobile e fluida che richiama all’apertura degli scambi e alla conquista. La frontiera è
uno spazio di confronto e il paesaggio di frontiera spicca per la sua eterogeneità: non ha un
canone da rispettare, è uno spazio libero, fluido, auto-organizzato, restio
all’istituzionalizzazione e definito dalle pratiche del popolo della frontiera.
Tra le forme di confine troviamo quelle forme che non si trovano ai limiti del territorio dello
stato ma all’interno dei paesi stessi ovvero i centri di accoglienza per migranti o gli aeroporti,
si tratta di modalità alternative ai confini tradizionali.
Cosa accade però al mare? In mare non esistono insediamenti permanenti ma si parla di
territorializzazione del mare che è sempre meno barriera e sempre più posta in palio. Il
fenomeno non è nuovo perché da tempo il diritto internazionale marittimo ha fissato un
sistema di spazi in successione su cui gli stati esercitano prerogative proprie:
- acque interne → laghi, fiumi dove si gode di una sovranità assoluta
- acque territoriali → fino a 12 miglia dalla linea di base
- fascia contigua → fino a 24 miglia dalla linea di base, dove uno stato può esercitare il diritto
di ispezione e far valere le proprie leggi in materia doganale e sanitaria
- zona economica esclusiva → entro le 200 miglia dalla linea di base, le cui risorse vengono
considerate solo di uno stato che può sfruttarle e esplorarle
- mare aperto → libero
Da sempre i diritti sul mare hanno avuto un forte valore politici e sono stati al centro di
dispute molto accese
eg. il fiume schelda, chiuso dagli olandesi per danneggiare il porto di anversa e favorire
quello di amsterdam
Le ragioni che giustificano la ricerca di uno stabile sbocco sul mare sono importanti perchè
possiamo capire bene come questo possa avere vantaggi sul commercio ed è anche un
punto di forza per lo stato. Oggi sono molti gli stati che rivendicano estensioni di maggiore
sovranità sul mare.
Anche i confini sono stati il risultato di violenti conflitti armati
eg. pensiamo a quelli in israele
La fissazione di un confine si conferma l’esito di un fatto bellico e non di un accordo tra
stati.L’ambiente terrestre più preoccupante è quello marino.
Tuttavia, oggi tende ad affermarsi un uso più esteso dei confini nell’esercizio del potere e si
impone la necessità di considerare logiche meno meccaniche e meno formalizzate. Gli stati,
infatti, controllano i confini e ne filtrano il passaggio tramite strumenti tecnologici. Queste
nuove prassi suggeriscono di rivolgere l’attenzione ai flussi che attraversano i confini che
anche a tutte quelle forme non istituzionalizzate che fungono da confine.
Le previsioni sul futuro dei confini secondo la previsione cosmopolitica sono diverse:
- prospettiva globalista → la globalizzazione causerà il superamento dei conflitti
- cosmopolitismo plurale → si sottolinea la diversificazione dei confini
- prospettiva critica → nuove forme di confine di vario aspetto e sottolinea la funzione dei
confini strumentali a interessi economici neoliberisti finalizzati alla libera circolazione delle
merci. I confini non sono riducibili a una linea rigida ma si differenziano a seconda di contesti
e situazioni e sono funzionali al cosmopolitismo selettivo a beneficio di una classe di facoltosi
Il discorso sui confini ci porta a sottolineare come questi a livello individuale non vivano solo
nell’ambiente fisico ma anche nell’ambiente mentale delle persone ed esprimono e
alimentano il bisogno di dare unitarietà a ciò che è all’interno e marcarne l’alterità rispetto
all’esterno.
La geografia si occupa delle competizioni elettorali come manifestazione demografica di una
contesa tra soggetti pubblici. Importante è la distribuzione delle scelte di voto, gli effetti di
vicinato e il ritaglio delle circoscrizioni elettorali: si tratta di interpretare la distribuzione degli
esiti elettorali traendone indicazioni utili alla comprensione della società e della politica.
eg. una irregolare distribuzione dell voto evidenzia le disuguaglianze
Un secondo aspetto riguarda gli effetti del vicinato ovvero evidenze geografiche circa
l’andamento regolare delle tendenze di voto in una certa area
eg. l’italia ne è il simbolo con i suoi colori rosso e bianco per indicare la contrapposizione e
la presenza di partiti comunisti e democristiani
Un terzo aspetto è il disegno delle circoscrizioni elettorali che sono necessarie per
assicurare una giusta rappresentanza e tenere conto dei dati demografici. E’ un tema
sensibile e necessario per capire l'andamento della democrazia. La geografia elettorale
nasce con Siegfried che per comprendere le diverse tendenza di voto ricorreva a fattori
esplicativi e ne scaturivano temperamenti politici che spiegavano gli orientamenti
dell’elettorato e i fattori geografici rivestivano un ruolo chiave
eg. il suolo granitico della vandea meridionale favoriva la siccità della società dove
predominavano le forze politiche conservatrici. Al contrario il suolo calcareo della porzione
settentrionale della regione dava vita a un’economia caratterizzata dalla piccola proprietà
animata da una borghesia e quindi di orientamento politico profressista.
In ambito accademico, egli fu avversato dai suoi colleghi del possibilismo francese i quali
affermavano che la cultura e i sentimenti identitari provenivano da una pluralità di fattori che
il dato naturale impediva di cogliere adeguatamente.
Ad oggi il suo approccio non è adeguato e si suggerisce di considerare una ricchezza del
campo partitico, una diminuzione dell’omologazione sociale. Bisogna inoltre tenere in
considerazione tutti quelle interferenze che creano distorsioni nei risultati.

Cap 13
Geopolitica: la proiezione del potere all’esterno di uno spazio

Accanto alla dimensione verticale del potere ce n’è una orizzontale che riguarda le proiezioni
di un potere all’esterno del proprio spazio ordinario. Questa investe le relazioni tra diversi
spazi e tra i soggetti che li occupano e li controllano. Il singolo spazio analizzato non deve
coincidere per forza con quello dei singoli stati e assume una propria soggettività, analoga
con gli attori politici che vi operano.
-dimensione verticale → individuare i caratteri peculiari, l’estensione e i militi, le sottoaree, gli
squilibri interni, il centro, le periferie, le forze centripete e centrifughe, le risorse materiali e
immateriali e i protagonisti interni
-dimensione orizzontale → si indagano le relazioni con altri spazi e altre scale che costituiscono
fattori di innesco di nuove spazialità.
L’applicazione di un approccio geografico a temi politici ci porta a parlare di 2 termini
- geografia politica → disciplina consolidata negli studi accademici che tratta delle
differenze e delle somiglianze tra i caratteri politici dei territori e si concretizza in analisi delle
configurazioni politiche in essere e cioè nello studio di quelle entità geografiche di cui si
compongono le istituzioni.Si muove dunque da un problema ovvero dalla genericità per la
collettività di darsi un’organizzazione per giungere ad un assetto amministrativo
realizzato .Essa non viene negata ma risulta semplificata in quanto è limitata alle dispute tra
diversi poteri dello stato.Tiene in considerazione il contesto regolato delle stato Le entità
vengono analizzate con un duplice obiettivo:
1. capire come esse definiscono le ripartizioni amministrative e come potrebbero
essere più efficaci a partire dalle comunità e dalle storie
2. muovendo dagli assetti istituzionali, come essi incidono sulla vita degli
individui e delle comunità locali
- geopolitica → va da una condizione a una analisi. Tiene in considerazione il deregolamento
dei grandi spazi internazionali e privilegia le reciproche interferenze tra politica interna e
internazionale.La conflittualità assume una molteplicità di caratteri ed espressioni di cui la
guerra armata ne è solo una. La geopolitica non intende sostenere che la conflittualità sia la
modalità di relazione più frequente tra i soggetti politici ma sicuramente è quella più
preoccupante in quanto fonte di criticità. La conflittualità è endemica per quanto con intensità
variabile da un periodo all’altro e da una zona all’altra. Questa condizione si deve al mondo
che è uno spazio:
● finito
● anarchico
● differenziato
La geopolitica estende ai soggetti politici la condizione esistenziale di tutti gli esseri umani
ovvero la necessità di fare i conti con lo spazio. Pensare l’uomo nello spazio è una teoria
che viene applicata nella geopolitica e ai soggetti politici presupponendo che essi elaborino
e mettono in pratica strategie di tipo spaziale. Essa si configura come un metodo di
osservazione delle differenze nello spazio al fine di trarne conclusioni utili all’analisi delle
relazioni internazionali in quanto il potere non è etereo ma si esercita in uno spazio. La
geopolitica immagina il territorio come uno specchio delle relazioni di potere ovvero un
registro degli equilibri di forma e delle sue trasformazioni. Una sua manifestazione è la
variazione dei confini tra due stati che va ad indicare un mutamento nei loro equilibri di
potere a favore di quello che ha acquisito territorio.
La geopolitica prende atto che la realtà materiale è condizione necessaria affinché tale
azione possa estrinsecarsi. L’ambiente offre un contesto indispensabile per lo svilupparsi
della dinamica politica ed è per questo che la geopolitica si interroga su questioni come le
condizioni nelle quali il fattore geografico agisce e quelli in cui non agisce, senza dimenticare
la dimensione storica che si sta analizzando.
I fattori direttamente connessi alla geografia offrono all’analisi il pregio di conservare i loro
effetti nel lungo periodo
eg. il peso sugli squilibri politici di una risorsa naturale quale il petrolio non verrà meno
all’improvviso
La disponibilità di una risorsa offre rendite geopolitiche stabili la cui considerazione vede
un’analisi meno imprevedibile o meno soggettiva rispetto ad un’analisi che mette al centro i
fattori umani.
Proprio il quadro geografico fissa alcuni obiettivi per un soggetto politico che risultano
invariabili o soggetti a variazioni solo nel lunghissimo periodo. Quello geografico si proprone
come un fattore stabile nella politica internazionale.
eg. in un confronto tra le due grandi potenza USA e Cina, l’osservazione delle variabili
geografiche metterebbe in luce una serie di vantaggi per l’USA:
1. USA si affaccia su due oceani e ha un’estensione maggiore di Cina
2. le coste degli USA sono profonde e idonee per la costruzione di porti
3. la natura ha dotato gli USA della rete di vie d’acqua navigabili più estese del mondo
che li attraversa longitudinalmente
4. la cina presenta degli spazi non sfruttabili a causa del clima
Per molto tempo la geografia ha considerato come attore dominante lo stato. Più di recente
però questo monopolio è stato messo in discussione e ciò è dovuto soprattutto alla
constatazione del declino relativo al potere dello stato e a favore delle entità sovranazionali,
delle entità pubbliche o dai soggetti privati. Lo stato, però, non può certamente esaurire le
manifestazioni politiche della socialità umana. Pertanto, altri raggruppamenti esprimono
comportamenti politico spaziali
eg. attori geopolitici sono le nazioni e le etnie in quanto tali istanze e azioni sono
imprescindibilmente collegate ad un territorio e possiedono una chiara percezione
dell’importanza del territorio ed elaborano strategie conseguenti.
Il soggetto geopolitico per essere tale deve essere formato da:
- territorio → da cui si può formulare una definizione di potere in geopolitica
- coesione tra i membri della comunità→ rientra nella categoria delle risorse intangibili (risorse
rappresentate da elementi immateriali propri, come la coesione e la percezione di sè, oppure
altrui come la reputazione internazionale) diverso dalle risorse tangibili ovvero fattori
materiali quali esercito, popolazione numerosa etc..
Un soggetto economico come un’impresa multinazionale non può essere considerato un
attore geopolitico perché i suoi interessi sono limitati alla sfera economica e non perseguono
una linea politica di potenza e i suoi membri cambiano disinvoltamente comunità mentre, per
esempio, i fedeli normalmente non cambiano religione.
Ciò non toglie che anche i soggetti economici possano venire considerati in un’analisi
geopolitica e ciò può accadere per esempio perché il soggetto economico, usando risorse
naturali, interviene sulle dotazioni presenti sullo spazio terrestre modificando la disponibilità
complessiva oppure quando un soggetto economico interferisce sulle dinamiche
geopolitiche interagendo con quelli politici.
La geopolitica è stata spinta a considerare sia i poteri formali dei detentori ufficiali di
prerogative politiche sia espressioni meno attese ed evidenti quindi ha preso gusto a
estendere più possibile il campo dei soggetti della politica che possono:
- possedere una pluralità di forme organizzative
- ricorrere a criteri diversi per conservare l’unità tra i propri membri
- scegliere modalità di azioni diverse
- esprimersi attraverso momenti di visibilità pubblica oppure bandire le aggregazioni
aperte
Come il tempo ha più scale, anche lo spazio le ha e abbiamo per esempio il quartiere, lo
stato, la città, la regione, il continente. Abbiamo quindi diverse tipologie di scale:
- scala globale → considera l’intero sistema politico internazionale come un insieme dove
prevale l’interdipendenza tra aree anche molto lontane tra di loro e si premia
l’interconnessione. Si utilizza per parlare di fenomeni mondiali come il cambiamento
climatico
- scala macroregionale → fa riferimento ad aree molto estese e l’elemento indispensabile è
che tutti i paesi che compongono la macroregione devono avere in comune un fattore chiave
- scala del quadrante → riguarda un livello sovrastatale che il sapere geografico ha definito
come unificato. Un esempio è il golfo persico, il corno d’africa e l’america centrale
- scala statale → gli stati sono le unità più note. Preso singolarmente, questo livello non fa
distinzioni in base all’estensione geografica, alla struttura politica o ad altri caratteri dello
stato ma è chiaro che questi elementi sono importanti
- scala substatale → è quella interna allo stato che guarda sia gli elementi ufficiali che
quelli non ufficiali e fa riferimento a fattori centripeti e centrifughi
- scala del singolo luogo → considera quei luoghi che hanno la capacità di indurre processi
a distanza e ad altri scale e devono la loro importanza a specifici aspetti strategici o identitari.
Pensiamo a Gerusalemme
- scala locale → è quella dei micro conflitti in contesti specifici come la realizzazione di un
parco pubblico e quindi vengono mobilitati specifici interessi da parte di diverse istituzioni.
La scala locale fa, infatti, emergere il peso di attori non istituzionali in grado di instaurare
relazioni di potere con quelli istituzionali.
Un’analisi geopolitica quindi deve osservare anche più scale ed è per questo che è dunque
multiscalare. Ma va aggiunta un’altra categoria che è la transcalarità perchè la geopolitica si
deve interessare della relazione che si stabilisce tra le scale: va a superare la logica
internazionale e preferisce una logica transnazionale che travalica spontaneamente i confini.
In questa analisi non si considerano in maniera distinta ordini spaziali diversi ma processi
che attraversano più scale: ogni livello è aperto a relazionarsi con gli altri.
Se la multiscalarità fa riferimento ad un’analisi che si limita ad una scala ; la transcalarità va
oltre l’ambiente descrittivo aggiungendo che ci possono essere soggetti e fenomeni
comprensibili solo collegando insieme i loro molteplici ambiti di svolgimento e piani di
azione.
Quando si pensa alla geografia vengono anche in mente le terre emerse che sono
considerate una risorsa preziosa e insostituibile che può causare conflitti. Gli elementi da cui
partire per un’analisi generale sono 3:
1. sperequazione delle dotazioni → la condizione che permette al ciclo idrologico di
preservare le disponibilità è che i ritmi di sfruttamento siano inferiori a quelli di
rigenerazione. Se accade il contrario, ci sono enormi problemi. Inoltre, bisogna considerare
l’inquinamento e la dannosa alterazione dei cicli chimici e biologici dei fiumi che causa un
terreno che non è in grado di depurare la sua acqua. Questo porta a sottolineare il fatto che
tutto ciò accade nei paesi poveri e non in quelli ricchi che, tramite la tecnologia, riescono a
depurare l’acqua
2. ritmi crescenti di consumo → che oggi sono triplicati rispetto al passato e riguardano
anche gli usi igienici a seguito del miglioramento dei tenori di vita nei paesi ricchi dove
l’acqua viene molto utilizzata anche per usi domestici.
3. logiche di sfruttamento → ispirate a precetti neoliberisti secondo cui il prezzo di vendita
deve essere in grado di garantire il recupero del costo di produzione e la migliore gestione
prevede l’affidamento a un organo indipendente dalla politica. L’acqua viene così considerata
un bene collettivo e non individuale. Questa logica ha portato alla diffusione di concessioni
per lo sfruttamente e la trasformazione di società di gestione da pubbliche e private che
possono causare sprechi e politiche a danni di paesi poveri. Le scelte sull’acqua dovrebbero
ricordare che essa è un bene collettivo e comune.
Risultano evidenti come l’acqua possa portare a conflitti: pensiamo ad un paese a monte di
un fiume, che ha una posizione favorevole rispetto ad un paese a valle che ha costante
bisogno di acqua e quindi il paese a monte ricatta il paese a valle. E’ il tipico esempio della
Turchia , dell'Iraq e della siria.
Oggi la concezione prevalente sembra essere quella della sovranità limitata, secondo la
quale tutti gli stati rivieraschi formano una comunità di interessi e gli stati a monte non
devono pregiudicare lo sfruttamento di quelli a valle .

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