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INSEGNAMENTO DI
GEOGRAFIA ECONOMICO POLITICA
A cura di
Giuseppe Terranova
Geografia economico politica Modulo 1° - Teorie della Geografia politica
SOMMARIO MODULO 1°
1.1. Introduzione
1.2. Storia del pensiero
1.3. Contenuti
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Geografia economico politica Modulo 1° - Teorie della Geografia politica
1.1. Introduzione
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Geografia economico politica Modulo 1° - Teorie della Geografia politica
Gli studiosi da terreno ricavano i dati dalle dirette osservazioni dei luoghi. Lo
studioso da tavolino analizza il mondo attraverso gli scritti altrui. I grandi
geografi da terreno appartengono alla storia delle esplorazioni e rappresentano
coloro che hanno avuto voglia, curiosità e desiderio di capire cosa c’è oltre
quello che già si conosce.
Il mondo dei grandi viaggiatori non vede mai fine: il mondo è sempre
rivedibile e, oggi, è cambiato il modo di osservarlo. Una volta ci si muoveva
per cercare ricchezza, per conquistare nuove terre in nome di un imperatore o
di un re; oggi ci si sta liberando dai concetti coloniali e si comprende meglio
come ognuno rivendichi la libertà di vivere la propria cultura, lingua e
religione. La conoscenza geografica è legata alla storia della colonizzazione,
delle invasioni e delle guerre.
Oggi il geografo che trae la propria competenza da ciò che vede è un rilettore
dei luoghi con rispetto delle culture locali. La parola indigeno, selvaggio, nel
suo significato anche dispregiativo, è scomparsa; si vuole dialogare, capirsi,
l’approccio è molto complesso ma rispettoso. Si tratta di superare le enormi
differenze di concepire il tempo e lo spazio, di entrare nella logica di una
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Geografia economico politica Modulo 1° - Teorie della Geografia politica
Il geografo viaggiatore di oggi rilegge luoghi già visti e già scoperti; lo muove
il proprio il desiderio di rileggere, di rivedere e di ripulire il mondo dagli
stereotipi. Il geografo che viaggia affronta molte difficoltà, si trova a doversi
confrontare con altre lingue che sono contenitori culturali di difficile
traduzione perché, spesso, la traduzione passa per vari interpreti intermedi.
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Geografia economico politica Modulo 1° - Teorie della Geografia politica
La Geografia politica nasce nel 1897 con la pubblicazione del libro Politische
Geographie da parte di Friedrich Ratzel. Tuttavia, la materia è nata in
seguito a un lungo percorso che affonda le sue radici nell’antichità e che,
grazie all’opera dei proto-geografi, è giunto sino alla fine del XIX Secolo
(Giordano, 2010).
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Geografia economico politica Modulo 1° - Teorie della Geografia politica
Nel Medioevo emergono, invece, nuove proto-geografie diverse tra loro che
rispecchiano le società in cui sono prodotte. Oltre alle esperienze dei
Vichinghi e delle Crociate, che lasciano poche tracce, è il viaggio di Marco
Polo in Cina a rappresentare un evento epocale. Dal 1271-1295 il mercante
veneziano compie un’impresa senza precedenti attraversando la Persia, l’Asia
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Geografia economico politica Modulo 1° - Teorie della Geografia politica
centrale fino ad arrivare in Cina e, al ritorno, il suo viaggio lo porta sulle coste
dell’Indocina, della Malesia e dell’India. Uno dei risultati di questo grandioso
viaggio è la realizzazione de Il Milione, considerato un monumento di proto-
geografia politica, in cui Marco Polo descrive le caratteristiche dei popoli che
ha incontrato durante la sua impresa, soffermandosi sull’impero mongolo
(Giordano, 2010). Quest’ultimo si basa su un apparato amministrativo
organizzato dal centro verso la periferia, di cui Polo analizza la vastità del
potere cosmopolita. Ancora, il mercante veneziano effettua una comparazione
tra lo status della donna mongola e quello della donna musulmana. Il Milione
rappresenta a tutti gli effetti la prima documentazione etnografica e politica
sui paesi e sui popoli orientali.
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Geografia economico politica Modulo 1° - Teorie della Geografia politica
All’inizio del XVI secolo, Tommaso Moro scrive L’Utopia, un’opera politica
e sociale in cui descrive l’isola di Utopia, una sorta di stato modello di cui
delinea tutte le caratteristiche relative all’organizzazione economica, sociale,
politica e culturale. L’opera di Moro può essere considerata come un primo
esempio di Geografia politica del territorio ideale, in cui Utopia ha una forma
circolare (idea del cerchio come forma perfetta) e, pertanto, le periferie sono
ugualmente distanti dal centro in cui è posta la capitale. In tal senso, la
coesione è massimizzata e, grazie alla mancanza di ostacoli fisici, la capitale
può esercitare il proprio controllo su tutti i punti del territorio.
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Geografia economico politica Modulo 1° - Teorie della Geografia politica
Altra figura di spicco è quella di Montesquieu, che nella sua opera Lo spirito
delle leggi presenta un’analisi del rapporto tra le leggi e una serie di temi
centrali per la geografia e la politica, ovvero il clima, il terreno, gli usi e i
costumi di una nazione, il commercio, il numero degli abitanti e la religione
(Raffestin, 1975). Il pensiero di Montesquieu si pone in una via di mezzo tra
determinismo e possibilismo, pertanto l’autore, se da un lato riconosce che
l’ambiente naturale e il clima abbiano una forte influenza sull’organizzazione
sociale, dall’altro afferma che nazioni omogenee e con un governo capace
possono superare i limiti imposti dall’ambiente. Il pensiero di Montesquieu si
fonda sul concetto dello spirito generale di una nazione, uno spirito che
migliora quando una società cresce e diviene complessa.
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Geografia economico politica Modulo 1° - Teorie della Geografia politica
1.3. Contenuti.
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Geografia economico politica Modulo 1° - Teorie della Geografia politica
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Geografia economico politica Modulo 1° - Teorie della Geografia politica
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Geografia economico politica Modulo 1° - Teorie della Geografia politica
La fine delle Grande Guerra e i successivi trattati di pace portano alla nascita,
tra il 1919-20, di tre nuove branche della Geografia politica: la Geografia delle
frontiere, la Geografia della pace e della guerra e la Geografia degli affari
internazionali (Pagnini e Sanguin, 2015).
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Geografia economico politica Modulo 1° - Teorie della Geografia politica
La terza branca della Geografia politica che si sviluppa nel periodo tra le due
guerre è la Geografia degli affari internazionali, che ha in Charles Colby,
professore di Geografia all’Università di Chicago, il principale esponente.
Colby pubblica un saggio dal titolo Geographic Aspects of International
Relations, in cui raccoglie il pensiero dei principali geografi politici americani
contemporanei e presenta tre tesi. Nella prima, discute della mancanza di vasti
territori da esplorare e conquistare, sui quali si possano riversare le grandi
migrazioni e di come questo aspetto abbia una forte influenza sulle relazioni
internazionali. Le grandi migrazioni via mare appartengono ormai al passato e
pertanto i nuovi flussi migratori non si indirizzano più verso ampie terre libere
ma, necessariamente, verso terre già occupate. La seconda tesi riguarda
l’intervento statale nella vita economica e le conseguenze di questa pratica
nelle relazioni tra gli Stati. La terza concerne le conseguenze internazionali
delle politiche interne adottate da alcuni Stati. A tal proposito, Colby sostiene
che, nella pianificazione e nell’implementazione di politiche nazionali, sia
doveroso tener conto non solo delle possibili conseguenze sul piano interno,
ma anche sugli effetti a livello internazionale.
Dopo il silenzio che l’aveva caratterizzata negli anni del secondo conflitto
mondiale, torna in auge anche la Geografia politica francese, grazie al
contributo di Jean Gottmann. L’indagine dell’autore si concentra sul
rapporto tra geografia e politica nell’ambito delle regioni-Stato e, in
particolare, sulle c.d. iconografie. Per iconografie si intendono quei sistemi di
resistenza al movimento o al cambiamento, più astratti che materiali. Secondo
Gottmann sono queste iconografie a determinare alcune attitudini delle
popolazioni nei confronti dell’ambiente fisico o a favorire il mantenimento di
determinate strutture sociali. Sono sempre le iconografie a far sì che le nazioni
rifiutino le influenze straniere, limitando contatti e comunicazioni. Quindi,
secondo Gottmann, la ripartizione politica dello spazio è il risultato
dell’interazione tra circolazione e iconografia.
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Geografia economico politica Modulo 1° - Teorie della Geografia politica
Paul Claval propone, invece, un’analisi geografica della relazione tra potere e
spazio incentrata sui concetti di area e informazione. Claval considera l’area
un elemento primario, il cui studio consente di comprendere quanto una
società sia radicata e distribuita su un determinato territorio. Maggiore sarà la
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Geografia economico politica Modulo 1° - Teorie della Geografia politica
Da quanto osservato sinora, la Geografia del potere appare come una branca
disciplinare piena di spunti che si dirigono in varie direzioni. Raffestin tenta
una sistematizzazione della materia. Secondo il geografo svizzero di origini
francesi, il potere coincide con il lavoro, considerato come il prodotto delle
relazioni tra popolazione e territorio. Pertanto, chi mira a detenere il potere
politico, cerca dei mezzi attraverso i quali controllare il lavoro e sfruttarlo per
i propri fini. Dalla Rivoluzione Industriale in poi, il potere economico è
esercitato attraverso il potere industriale; cambia il modo di produrre e di
lavorare e, nelle loro attività, gli uomini sono sostituiti o affiancati dalle
macchine. Da questo momento in poi, è il potere industriale a controllare il
lavoro, ed è sul primo che il potere politico cerca di estendere la propria
influenza (Raffestin, 1979).
Uno dei meriti della Geografia del potere è quello di aver permesso una
rilettura dei concetti tradizionali della Geografia politica, così il territorio non
è più il tema centrale della disciplina, l’elemento che condiziona la vita degli
individui, ma ad esso viene riconosciuta una doppia valenza. Esso rappresenta
il supporto all’attività tecnico-economica dell’uomo e, al contempo, il risultato
del lavoro della popolazione. Anche il ruolo svolto da quest’ultima cambia. La
popolazione è riconosciuta come la vera fonte del potere, non è più
considerata come un mero dato numerico ma diviene un fenomeno da
analizzare da vari punti di vista, tenendo conto dei valori, di rapporti di potere
e dei legami che la riguardano (Bresso, 1979).
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Geografia economico politica Modulo 1° - Teorie della Geografia politica
BIBLIOGRAFIA
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Geografia economico politica Modulo 1° - Teorie della Geografia politica
Pagnini M., Sanguin, A., Storia e teoria della Geografia politica: Una prospettiva
internazionale, Roma, Edicusano, 2015.
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Corso di Laurea in Scienze della Formazione
INSEGNAMENTO DI
GEOGRAFIA ECONOMICO-POLITICA
Modulo 2° - Geopolitica
A cura di
Giuseppe Terranova
Geografia economico-politica Modulo 2° - Geopolitica
SOMMARIO MODULO 2°
Geopolitica
2.1. Introduzione
2.2. Storia del pensiero
2.3. Contenuti
1
Geografia economico-politica Modulo 2° - Geopolitica
2.1. Introduzione
Un importante sostegno alle trasformazioni concettuali e alle novità in campo
teorico negli anni che vanno dal 1990 al 2010 è dovuto all’attività del
geografo statunitense John Agnew. Egli sottolinea l’importanza di una
revisione della Geografia politica in chiave interdisciplinare, tenendo conto
dei reciproci benefici che possono scaturire dal legame della materia con la
storia diplomatica, le scienze politiche e le relazioni internazionali.
Negli anni successivi al primo decennio del XXI Secolo, la Geografia politica
torna a occuparsi con rinnovato interesse della Geografia della pace e della
guerra. Ma oltre ai conflitti classici tra Stati, e all’esame delle loro cause e
conseguenze, i geografi si soffermano sulle guerre civili e sui conflitti religiosi
o culturali, focalizzandosi sul ruolo delle donne nelle guerriglie sudamericane
o asiatiche o sulle motivazioni religiose dei combattenti.
Collegato a queste tematiche è sicuramente il fenomeno della pulizia etnica,
che i geografi politici analizzano, studiando le ripercussioni a livello
geografico e politico.
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Geografia economico-politica Modulo 2° - Geopolitica
Un altro dei grandi temi affrontati dalla Geografia politica riguarda i mari e gli
oceani, in particolare, le conseguenze geografiche frutto del differente utilizzo
del mare da parte degli Stati. La differenza principale con le dinamiche
continentali risiede essenzialmente in tre punti: la superficie oceanica è
continua, le risorse oceaniche sono mobili e alcuni Stati non hanno un accesso
al mare.
Nello stesso periodo, gli studi frontalieri che rappresentano un altro dei temi
classici della Geografia politica vengono riletti in un’ottica transdisciplinare,
che include il diritto internazionale, la storia, l’etnologia, la psicologia e le
scienze politiche. Le pubblicazioni attuali denotano come le frontiere mentali
siano diventate più forti di quelle territoriali; infatti, nonostante, in alcuni
paesi, le frontiere geografico-politiche abbiano gradualmente perso il proprio
significato territoriale, restano ancora ben impresse nella memoria dei
cittadini, grazie alla forte influenza della cultura nazionale. Ancora, il periodo
in esame è caratterizzato dal sorgere di nuove frontiere dovuto alla nascita di
super-spazi come l’Unione Europea o il complesso USA/Canada. In questo
settore, i cambiamenti più evidenti sono quelli accorsi nell’Unione Europea,
dove nel giro di pochi anni, dalla nascita dello spazio Schengen in poi, le
vecchie frontiere tra gli Stati membri sono state completamente rivoluzionate.
Tutto ciò ha portato gli studiosi a concentrarsi sulla rivalutazione spaziale e
sulla risistemazione territoriale della nuova Europa.
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Geografia economico-politica Modulo 2° - Geopolitica
Un altro filone della Geografia politica di genere si occupa degli spazi gay e
lesbici. Si tratta di luoghi caratterizzati da una triplice dicotomia come
afferma la geografa Gill Valentine: tolleranza/intolleranza,
uguaglianza/disuguaglianza, inclusione/esclusione. Si parla di comunità
omosessuali come territori dissidenti, in cui si svolgono quotidiane battaglie
contro i poteri pubblici, considerati la causa delle condizioni di
discriminazione in cui gli omosessuali vivono. Le comunità omosessuali
manifestano e rivendicano i propri diritti attraverso i gay pride, che
rappresentano il loro spostamento dalla periferia verso il centro e denotano il
loro grado di organizzazione a livello internazionale.
Nel caso della Geopolitica, invece, non si parla di scienza accademica bensì di
un particolare approccio alla politica, basato sull’analisi del peso che i fattori
geografici ricoprono, in particolare, sulle decisioni di politica estera e
internazionale. La sua natura è pertanto prescrittiva, spesso soggettiva e
rappresentante la visione di una parte, e perciò definibile come una geografia
di stampo nazionalistico. Attraverso le sue teorie, la Geopolitica mira, dunque,
a determinare le scelte di strategia politica nazionale, spesso basandosi sui dati
che le provengono dalla Geografia politica. Dovrebbe esser chiaro, quindi, che
la Geopolitica proviene dalla Geografia politica, anche se per un certo periodo
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Geografia economico-politica Modulo 2° - Geopolitica
è stata rigettata dai geografi per l’approccio poco scientifico che avrebbe
portato, in alcuni casi, a esiti pratici poco felici, come nel caso della presunta
base teorica che avrebbe fornito al Nazismo.
Il termine Geopolitica entra a far parte del lessico accademico nel 1899, grazie
a Rudolf Kjellen, scienziato politico svedese, che decide di fondere i termini
geografia e politica all’interno di un’unica parola, sottolineando le radici
geografiche dello Stato, ovvero ponendo l’accento sulle dotazioni di risorse
naturali, considerate uno dei principali fattori della potenza statale. Nelle sue
opere, Kjellen si ispira al pensiero di Ratzel e alla sua visione determinista
(Giordano, 2010).
I primi autori che saranno analizzati in questo paragrafo tengono conto degli
aspetti peculiari della fase fondativa della geopolitica. Le loro teorie hanno
come principale obiettivo quello di tutelare e favorire l’interesse dei rispettivi
paesi di appartenenza e per questo motivo prendono il nome di Geografie
nazionali. Le teorie degli autori che appartengono a questo filone possono
essere suddivise, in base ai loro contenuti, in: teorie del potere marittimo, del
potere continentale, del potere peninsulare, del potere aereo, del potere
regionale.
Una delle prime figure di spicco nel panorama della Geopolitica è quella
dell’ammiraglio statunitense Alfred Thayer Mahan, il quale elabora la teoria
della potenza marittima, in base alla quale l’egemonia del mondo si può
ottenere esclusivamente mediante il potere marittimo, inteso come quel
complesso derivante da: marina militare, capacità di proiettare a terra la
potenza navale, basi navali strategiche e importanza dei traffici marittimi per
l’economia di un paese (Jean, 2003). Mahan considera mari e oceani non
come barriere tra i popoli ma arterie sulle quali proiettare lo sviluppo degli
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Geografia economico-politica Modulo 2° - Geopolitica
Sebbene la sua scelta sarà rivista più volte, inizialmente Mackinder individua
l’Heartland nel centro geografico dell’Eurasia. Si trattava di un’area
inaccessibile alle potenze navali e, di conseguenza, alla Gran Bretagna. La
difficoltà di accesso all’area, unita alla ricchezza di risorse presenti nella
regione e alla costruzione già in atto di una fitta rete ferroviaria, avrebbero
portato l’Heartland a esercitare un potere militare ed economico senza pari,
una minaccia dalla quale la Gran Bretagna avrebbe dovuto difendersi (Painter,
2009). Sul piano pratico, Mackinder temeva una possibile alleanza tra la
Germania e la Russia.
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Geografia economico-politica Modulo 2° - Geopolitica
La sua attività si concentra principalmente sul ruolo degli Stati Uniti ma, a
differenza di Mackinder che incentra le sue idee attorno al concetto di
Heartland, per Spykman la zona perno è rappresentata dal Rimland, ovvero
dalle terre che compongono la fascia esterna dell’Eurasia: l’Europa costiera, i
deserti dell’Arabia e del Medio Oriente, e l’Asia dei monsoni. E’ in questa
zona che avvengono i principali scontri tra la potenza marittima e quella
continentale in quanto, se da un lato, il Rimland è esposto alle minacce
provenienti dal fronte marino e da quello continentale, dall’altro, chi riesce a
controllare tali regioni si assicura il dominio sia sul mare che sulla terra.
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Geografia economico-politica Modulo 2° - Geopolitica
Una ulteriore visione geopolitica è legata al potere aereo del quale uno dei
principali esponenti è l’italiano Giulio Dohuet. In realtà, già sul finire del
XIX Secolo, in anticipo rispetto ai primi voli, effettuati nel primo decennio del
XX, non mancarono le figure che si cimentarono nell’immaginare i risvolti
che l’impiego del mezzo aereo avrebbe di li a poco avuto, nel settore bellico
come in quello civile. Si ipotizzarono così scenari in cui fortezze volanti
volavano sulle città seminando terrore e distruzione. In realtà mongolfiere e
poi aerostati si liberavano in cielo già da parecchio tempo, trovando i primi
impieghi bellici già in epoca napoleonica. Resta il fatto che, rispetto a
quest’ultimi, l’aeroplano aveva introdotto qualità come robustezza, velocità e
maggiore autonomia (nonché potenza di fuoco) soppiantandoli quasi del tutto.
Anche nelle moderne guerre è possibile notare come l’utilizzo di potenza di
fuoco dall’aria rientri nella prima opzione praticabile prima dell’eventuale
conflitto diretto sul territorio.
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Geografia economico-politica Modulo 2° - Geopolitica
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Geografia economico-politica Modulo 2° - Geopolitica
2.3 Contenuti.
Dal 1945 al 1975, si assiste a un oblio della Geopolitica dal punto di vista
accademico e teorico. Il dibattito geopolitico torna in primo piano nel periodo
che segue la conclusione della Guerra Fredda, grazie alle teorie e alle
pubblicazioni, tra gli altri, di tre importanti autori: Fukuyama, Huntington e
Brzezinski.
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Geografia economico-politica Modulo 2° - Geopolitica
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Geografia economico-politica Modulo 2° - Geopolitica
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Geografia economico-politica Modulo 2° - Geopolitica
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Geografia economico-politica Modulo 2° - Geopolitica
Tra le altre correnti si noti l’Antigeopolitica, il cui nome trae origine dal
concetto di antipolitica utilizzato da Konrad, dissidente ungherese, per
descrivere l’attività politica “di coloro che non vogliono essere politici e
rifiutano di condividere il potere”. La prospettiva antigeopolitica prende
spunto dalle teorie femministe e da questo punto di partenza si muove per
evidenziare i limiti sia della Geopolitica classica sia della Geopolitica critica.
Innanzitutto si contesta il carattere prettamente maschile di entrambe le
discipline.
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Geografia economico-politica Modulo 2° - Geopolitica
BIBLIOGRAFIA
Pagnini M., “Introduzione alla storia della Geografia politica”, in Corna Pellegrini
G., Dell’Agnese E., Manuale di Geografia politica, Roma, La Nuova Italia
Scientifica, pp.229-264, 1995.
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Corso di Laurea in Scienze della Formazione
INSEGNAMENTO DI
GEOGRAFIA ECONOMICO POLITICA
A cura di
Giuseppe Terranova
Geografia economico politica Modulo 3° - Evoluzione della Geoeconomia
SOMMARIO MODULO 3°
Geoeconomia
3.1. Introduzione
3.2. Storia del pensiero
3.3. Contenuti
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Geografia economico politica Modulo 3° - Evoluzione della Geoeconomia
3.1. Introduzione
Lo sviluppo regionale che, come detto, si basa sulla distribuzione delle attività
economiche, dipende sia da elementi interni sia da elementi esterni. Del primo
gruppo fanno parte le caratteristiche degli impianti produttivi e le strategie
delle singole imprese. Nel secondo gruppo sono ricomprese, invece, le
condizioni dei mercati in cui le aziende operano. Ma mentre le scienze
economiche vedono queste condizioni come “esterne” ignorando la
complessità dei contesti geografici nei quali si inseriscono, questi ultimi sono,
invece, di primaria importanza per la Geografia economica.
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Geografia economico politica Modulo 3° - Evoluzione della Geoeconomia
Da queste teorie localizzative sono stati elaborati dei modelli generali che
spiegano il funzionamento dei processi di localizzazione e di concentrazione
spaziale. Tra i tanti possibili modelli semplificativi della realtà alcuni
rappresentano pietre miliari della conoscenza nel campo della Geografia
economica: i modelli semplificati nel campo dell’attività primaria (von
Thünen), dell’attività secondaria (Weber) e dell’attività terziaria (Christaller).
Questi modelli fanno parte di scuole di pensiero lontane nel tempo che portano
dalla Geografia qualitativa alla Geografia quantitativa.
L’autore immagina come spazio uno Stato isolato, costituito da una sola città
situata al centro di una pianura, che rappresenta lo spazio di produzione. Tale
spazio presenta una serie di caratteristiche: a) è perfettamente percorribile in
ogni direzione; b) è fertile in maniera uniforme; c) poiché circondato da
un’area non coltivabile, non è espandibile. Le altre condizioni di partenza
sono costituite dalla città come unico mercato di sbocco, da costi di trasporto
unitari e costanti nello spazio per tutte le produzioni e dalla domanda di
prodotti illimitata.
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Geografia economico politica Modulo 3° - Evoluzione della Geoeconomia
Il costo del trasporto è l’elemento importante per stabilire il prezzo dei beni
poiché è l’unico elemento di differenziazione dei costi. E’ quindi la distanza
dal centro a determinare la convenienza nel localizzare i vari prodotti nelle
aree attorno alla città e, dato l’assunto dell’uguale percorribilità, le varie
produzioni si localizzano su anelli concentrici. Alla periferia si localizzano i
prodotti che per il loro basso costo di produzione possono sopportare la
maggiore spesa di trasporto; al centro i prodotti di maggior valore o quelli che
devono essere consumati freschi.
È bene notare che Von Thünen complica il suo modello tenendo anche conto
di possibili variazioni di clima e studia, in particolare, gli effetti della presenza
di un corso d’acqua navigabile che fa diminuire le spese di trasporto e porta a
una deformazione conseguente degli anelli che diventano fasce parallele al
fiume. Successivamente von Thünen tiene conto dell’innovazione
rappresentata dalle ferrovie che consente aumenti di velocità e di capacità nei
trasporti. In uno sforzo di adeguarsi alla realtà viene anche studiata la
disposizione e la distribuzione delle città nello Stato isolato, prima dottrina
economica sulla localizzazione urbana.
Pur essendo un modello che risale a quasi duecento anni fa, quello di Von
Thünen risulta ancora valido, anche se con alcune limitazioni. Oggi, infatti,
con le mutate logiche di trasporto, la possibilità di refrigerazione, il diverso
uso del legname, la teoria trova applicazioni soprattutto nei paesi in via di
sviluppo oppure a scala locale in aree marginali ad economia di sussistenza.
Tuttavia, il suo impianto teorico, il concetto di distanza e di rendita di
posizione continuano a rappresentare concetti validi ancora oggi.
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Geografia economico politica Modulo 3° - Evoluzione della Geoeconomia
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Geografia economico politica Modulo 3° - Evoluzione della Geoeconomia
Come gli altri modelli già descritti, anche questo si basa su una serie di ipotesi
di partenza. Innanzitutto, lo spazio è rappresentato da una pianura omogenea
percorribile in tutte le direzioni con costi di trasporto proporzionali alle
distanze e a carico del consumatore. La popolazione è distribuita in maniera
uniforme e gli agenti economici hanno un comportamento razionale, per cui i
consumatori tendono a ridurre il più possibile i costi di trasporto, acquistando
beni e servizi nelle località più vicine; i fornitori mirano a massimizzare i
profitti e per farlo scelgono di localizzarsi sul territorio in modo tale da
disporre del mercato più vasto possibile, ponendosi il più lontano l’uno
dall’altro. Tutte le zone dell’ipotetica pianura devono essere servite da una
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Geografia economico politica Modulo 3° - Evoluzione della Geoeconomia
La struttura delle aree di mercato risulta avere una forma circolare, ma ciò
comporta la presenza di spazi vuoti, non serviti. Per colmare tali vuoti e
soddisfare uno degli assunti di partenza (tutti gli spazi sono serviti), Christaller
ipotizza una particolare tendenza nella distribuzione dei servizi, ovvero quella
di coprire il mercato il più possibile. In questo modo, le varie aree di mercato
finiranno con il sovrapporsi e con lo spartirsi equamente gli spazi residui. Le
aree di mercato diventeranno degli esagoni e, di conseguenza, il territorio
assumerà la forma di un alveare composto da tante celle esagonali che
delimitano le aree di mercato. Tali aree sono organizzate gerarchicamente in
base ai servizi forniti. Al vertice della gerarchia urbana vi sarà il centro di
livello più alto, che offre molte funzioni specializzate oltre a quelle ordinarie;
alla base, invece, si troverà un gran numero di piccole località centrali che
offrono servizi più banali e servono piccoli hinterland rurali.
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Geografia economico politica Modulo 3° - Evoluzione della Geoeconomia
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Geografia economico politica Modulo 3° - Evoluzione della Geoeconomia
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Geografia economico politica Modulo 3° - Evoluzione della Geoeconomia
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Geografia economico politica Modulo 3° - Evoluzione della Geoeconomia
Invece la periferia collimerebbe con le economie meno sviluppate dei PVS, sia
in termini di reddito, sia perché privi o con limitate risorse naturali e,
frequentemente, pesantemente indebitati. In ultima istanza si tratta di paesi
con una struttura produttiva poco diversificata, con esportazione di materie
grezze e importazione di manufatti, caratterizzati da tecnologie e processi
produttivi più o meno sorpassati e, comunque, con una forte dipendenza
dall’estero per mercati e finanziamenti. Spesso i governi di questi paesi si
dimostrerebbero non democratici, la popolazione avrebbe salari al di sotto del
livello di sussistenza con una sostanziale assenza di servizi di welfare.
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Geografia economico politica Modulo 3° - Evoluzione della Geoeconomia
3.3 Contenuti
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Geografia economico politica Modulo 3° - Evoluzione della Geoeconomia
centri, oggi, nei paesi del Nord del mondo, si è giunti alla separazione fisica
tra luogo di produzione e luogo di consumo.
Nella società dell’informazione, sia la vita delle persone che l’intero ciclo di
funzionamento dell’impresa sono legati a un sistema di comunicazioni. In tal
senso, le informazioni diventano uno dei fattori di produzione. La necessità di
comunicare in modo sempre più rapido ed efficiente sta producendo una
rivoluzione delle telecomunicazioni che consente di migliorare, sempre di più,
la trasmissione di dati abbattendo le distanze funzionali e portando, assieme
alle innovazioni e all’abbassamento dei costi nei trasporti, alla cosiddetta
compressione spazio-temporale individuata dal geografo David Harvey
(1991).
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Geografia economico politica Modulo 3° - Evoluzione della Geoeconomia
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Geografia economico politica Modulo 3° - Evoluzione della Geoeconomia
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Geografia economico politica Modulo 3° - Evoluzione della Geoeconomia
La politica regionale europea può contare su una serie di strumenti politici con
i quali l’UE tenta di realizzare i tre principali obiettivi; tali strumenti sono: il
Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), il Fondo sociale europeo (FSE)
e il Fondo di coesione.
Il FESR rappresenta l’intervento più consistente dal punto di vista economico
ed è finalizzato al raggiungimento di tutti e tre gli obiettivi attraverso il
finanziamento diretto alle imprese e la fornitura di strumenti tecnici e
finanziari per lo sviluppo economico e regionale. La gestione di tali fondi può
avvenire mediante i c.d. programmi operativi (PO), ovvero piani dettagliati in
cui gli Stati membri definiscono le modalità di spesa. Nello specifico, si
distingue tra programmi operativi regionali (POR) che riguardano una
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Geografia economico politica Modulo 3° - Evoluzione della Geoeconomia
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Geografia economico politica Modulo 3° - Evoluzione della Geoeconomia
BIBLIOGRAFIA
Bignante E., Celata F., Vanolo A., Geografia dello Sviluppo, una prospettiva critica
e globale, Torino, UTET, 2014.
Dematteis G., Lanza C., Nano F., Vanolo A., Geografia dell’economia mondiale,
Torino, UTET, 2010.
Harvey D., The Condition of Postmodernity: An Enquiry into the Origins of Cultural
Change, Oxford, Blackwell Pub., 1991. The National Interest, n° 20, pp. 17-23,
1990.
Luttwak E., Pelanda C., Tremonti G., Il fantasma della povertà, Milano, Mondadori.
19
Corso di Laurea in Scienze della Formazione
INSEGNAMENTO DI
GEOGRAFIA ECONOMICO POLITICA
A cura di
Giuseppe Terranova
Geografia economico politica Modulo 4° - Conflitti e Relazioni Internazionali
SOMMARIO MODULO 4°
1
Geografia economico politica Modulo 4° - Conflitti e Relazioni Internazionali
2
Geografia economico politica Modulo 4° - Conflitti e Relazioni Internazionali
la cultura; UNICEF, Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia, per la difesa dei
diritti dei bambini, etc.
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Geografia economico politica Modulo 4° - Conflitti e Relazioni Internazionali
Nel periodo che va tra il 1945 e il 1949 si costruì un Nuovo ordine mondiale
postbellico sulla base dei miti, dei valori e degli orientamenti politici ed
economici degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica. Il punto di vista liberale
degli Stati Uniti si contrapponeva nettamente a quello marxista dell’Unione
Sovietica ed entrambi si contrapponevano alla precedente visone del mondo
diviso in Stati. Il conflitto bipolare rese netta la contrapposizione, la evidenziò
con un confine impermeabile che prese il nome di cortina di ferro; richiese
una netta scelta di campo ai paesi alleati e ai nuovi paesi diventati
indipendenti dopo la colonizzazione.
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Geografia economico politica Modulo 4° - Conflitti e Relazioni Internazionali
degli Stati Uniti. Un altro geografo politico che si adeguò al clima dell’epoca
fu R. Hartshorne che si occupò dello studio della “regione” vista da lui come
un collegamento tra geografia umana e geografia fisica. Come altri colleghi
statunitensi, per evitare contrasti col governo, Hartshone evitò di occuparsi di
prospettive geopolitiche.
Agli inizi della guerra fredda gli Stati Uniti furono affascinati dalla prospettiva
comportamentista nella politica e nelle relazioni internazionali. La norma era
il comportamento individuale e collettivo americano: il resto del mondo
veniva comparato a questa norma-normalità che acquistava valore di assoluto
e rendeva difficile ogni diversa spiegazione storica o istituzionale. Furono la
guerra del Vietnam – così simile a una guerra civile piuttosto che alla lotta tra
comunisti e democratici - e la lotta per i diritti civili ad aprire la possibilità
anche per gli studiosi di geografia politica che, già dagli anni ‘60, si erano
dedicati a ricerche territoriali (Pagnini, 1995).
Per gli Stati Uniti si trattò della guerra del Vietnam alla fine degli anni ‘50, per
l’URSS fu l’intervento in Afghanistan del 1979. Seguì un periodo di
distensione e di maggiore cooperazione tra le due potenze che iniziò già negli
anni ’70. La Guerra Fredda finì tra il 1989 e il 1992 con il collasso dell’URSS
dovuto a cause molteplici: prevalentemente economiche ma anche legate alla
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Geografia economico politica Modulo 4° - Conflitti e Relazioni Internazionali
B. Buzan, un politologo inglese, pubblica nel 1985 “People, States and Fear”
inserendosi in un filone teorico che mette in discussione l’assoluta libertà di
azione concessa agli Stati; fornisce un correttivo ai paradigmi del realismo e
del neorealismo e crea un originale collegamento con il transnazionalismo.
Buzan constata come i paradigmi definiti dai grandi teorici, quali le leggi
oggettive o i bisogni fondamentali, la sicurezza, il potere, la pace o la
giustizia, si configurano più come un pregiudizio soggettivo che come una
base oggettiva per l’analisi e sono più fonte di domande che di risposte. Il suo
esame si concentra in modo particolare sul tema della sicurezza. Buzan
affronta prima il modo nel quale gli individui concepiscono la loro sicurezza
rispetto allo Stato, poi il modo in cui gli Stati interagiscono per sostenere la
sicurezza ed, infine, il modo nel quale la società di Stati partecipa alla
sicurezza.
Nel 1989 F. Fukuyama pubblica un articolo dal titolo “The End of history?”
che fu seguito, tre anni dopo, dal volume “La fine della storia e l’ultimo
uomo” (Milano, Rizzoli 1992). Fukuyama asserisce che la democrazia è il
punto finale dell’evoluzione ideologica dell’umanità e la forma ultima di
governo. L’evoluzione avrebbe permesso, anche se non immediatamente, al
mondo un’era di pace perché l’esplosione della democrazia toglie legittimità
all’uso della forza.
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Geografia economico politica Modulo 4° - Conflitti e Relazioni Internazionali
A. Minc, nel 1993, pubblica “Il nuovo Medioevo”(Milano, Sperling & Kupfer
1994) prevedendo con grande pessimismo la scomparsa di qualunque centro,
l’assenza di un sistema organizzato e l’apparizione di solidarietà fluide.
L’autore immagina un ritorno all’oscurantismo del Medioevo (Pagnini, 1995).
4.3. La globalizzazione
A fare da contraltare allo scontro delle civiltà c'è una tendenza apparentemente
opposta in quanto mira non a dividere ma a unire il mondo, soprattutto ai fini
dell’organizzazione di un mercato mondiale sicuro: la globalizzazione. Il
termine globalizzazione e il suo antagonista, l’antiglobalizzazione, hanno due
accezioni. Il dibattito accademico mette a confronto chi ritiene che la
globalizzazione stia veramente avvenendo, i “globalisti; e gli scettici, quelli
che ritengono che la discussione sulla globalizzazione sia una montatura.
I due schieramenti sono divisi al loro interno a seconda dei punti di vista
relativi alle linee di tendenza sulla disuguaglianza globale e sulle sue cause
fondamentali. Ci sono interpretazioni liberiste e interpretazioni radical-
trasformazionaliste. Per le prime il divario di reddito tra stati più ricchi e più
poveri del mondo va studiato in termini di reddito relativo che dimostra come
la povertà assoluta e la disuguaglianza globale siano in declino; per le seconde
la globalizzazione produce un quadro distorto della condizione umana globale.
I loro indicatori segnalano che povertà e disuguaglianza stanno aumentando e
non diminuendo all’interno degli Stati. Gli squilibri della globalizzazione
creano aree di polarizzazione della ricchezza e della povertà e generano una
frammentazione dell’ordine mondiale che si esprime nel moltiplicarsi delle
crisi economiche, nel terrorismo transnazionale, nella critica del
fondamentalismo, del crimine organizzato e dei conflitti etnici (Pagnini,
1995).
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Geografia economico politica Modulo 4° - Conflitti e Relazioni Internazionali
Gli esecutivi non sono pronti ad affrontare il fenomeno, lo stesso vale per le
istituzioni economiche internazionali che non hanno ancora messo a punto
strumenti di regolamentazione efficaci. La condizione delle moderne
economie, caratterizzata dall'internazionalizzazione dei mercati, da una
conseguente competitività globale e da un sistema di strutture decisionali
oligocentriche, tende a dislocare i poteri al di fuori delle realtà nazionali e a
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Geografia economico politica Modulo 4° - Conflitti e Relazioni Internazionali
Questo spiega perché gli imprenditori sentono sempre meno obblighi nei
confronti del proprio paese, dal quale traggono invece vantaggi che derivano
dalla ricerca tecnologica, dal progredire delle comunicazioni, dalla creazione
di infrastrutture: sono pronti, in nome della globalizzazione, a trasferire le loro
produzioni in paesi in cui la manodopera è più a buon mercato secondo gli
ormai consolidati schemi di delocalizzazione di impresa. La naturale
conseguenza dei fenomeni descritti è che il potere politico ed amministrativo
effettivo tende a trasferirsi verso istituzioni sovranazionali come l' Unione
Europea oppure verso regioni ed enti locali (Pagnini, 1995).
Secondo Saskia Sassen la globalizzazione è centrata più che sugli Stati su una
rete complessa di città globali che sono punti di controllo, centri della finanza
e luoghi dotati di presupposti sociali e materiali relativi al ruolo globale. Sono
città collegate, anche solo in modo virtuale, con punti remoti della terra nei
quali si svolge la produzione, il consumo e la finanza. Le grandi città del
mondo sono il luogo nel quale i processi di globalizzazione assumono forme
concrete e localizzate; in qualche modo sono la stessa sostanza della
globalizzazione. Esse configurano una nuova geografia della centralità che
taglia trasversalmente i confini, che forma una Geografia politica del potere
parallela e uno spazio trasnazionale per la formazione di nuovi diritti del
capitale globale. Si materializzano nuove gerarchie globali e regionali di città
e di distretti industriali ad alta tecnologia e ad esse si affiancano vasti territori
sempre più periferici, sempre più esclusi dai grandi processi economici e,
quindi, dall’economia globale.
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Geografia economico politica Modulo 4° - Conflitti e Relazioni Internazionali
4.4. Conflitti.
Il termine conflitto indica un contrasto personale, sociale, tra Stati ecc.; ma ciò
non implica necessariamente che si generi uno scontro violento, al contrario
molti conflitti possono essere risolti senza il ricorso alla forza oppure rimanere
latenti per molti anni. Ormai, però, tale termine viene sempre più spesso
interpretato nella sua accezione di conflitto armato, per cui è divenuto nell’uso
corrente un sinonimo, in tutto e per tutto, della parola guerra (Unimondo,
2018).
Dalla fine della seconda guerra mondiale si è assistito allo scoppio di centinaia
di conflitti armati benché l’espressione guerra fredda potrebbe portare a
pensare che la seconda metà del XX secolo sia stata caratterizzata da una certa
staticità. In realtà il terrore atomico ha sì impedito che le due superpotenze si
affrontassero in un conflitto aperto, ma non ha proibito loro di confrontarsi
attraverso guerre per procura sull’intero scacchiere mondiale, soprattutto nei
Paesi in via di sviluppo che, proprio negli anni ’60 e ’70, iniziavano il loro
percorso di decolonizzazione.
Non è facile stimare quante guerre siano state combattute dal 1945 ad oggi o
quante siano state le vittime militari e civili. Questo, innanzitutto, perché la
prassi di dichiarare ufficialmente le ostilità è stata abbandonata da tempo ma,
soprattutto, perché negli ultimi decenni sembra essersi modificata la natura dei
conflitti: la maggioranza delle guerre non può più, infatti, essere considerata
interstatale ma intrastatale. Secondo il programma di ricerca statunitense
Correlates of War negli ultimi sessant’anni andrebbero conteggiate almeno 25
guerre tra Stati e ben 127 conflitti civili, i quali in totale sono costati circa 20
milioni di morti, per la maggior parte appartenenti alla popolazione civile.
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Geografia economico politica Modulo 4° - Conflitti e Relazioni Internazionali
Nazioni Unite, spesso ostacolato nella sua azione dal divieto di ingerenza
negli affari interni di un Paese.
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Geografia economico politica Modulo 4° - Conflitti e Relazioni Internazionali
Dal XIX secolo anche i conflitti armati sono sottoposti a particolari norme di
diritto internazionale, il cui contenuto essenziale venne codificato nella
Conferenza di Bruxelles del 1874 e successivamente sviluppato in quelle
dell’Aja del 1899 e del 1907. La natura delle guerre del tempo era molto
diversa da quella attuale, così le stesse norme giuridiche che regolano i
conflitti hanno subito negli ultimi cento anni una rapida evoluzione. All’inizio,
infatti, il diritto tradizionale disciplinava soltanto i conflitti armati tra Stati,
applicava la clausola si omnes (ossia ciascuna convenzione poteva trovare
applicazione solo se tutti i belligeranti erano parti contraenti), considerava
legittimi combattenti esclusivamente i membri degli eserciti regolari, mentre
le milizie, i corpi volontari e la popolazione civile che spontaneamente
imbracciava le armi all’avvicinarsi del nemico, per essere considerati tali,
dovevano soddisfare alcuni requisiti fondamentali come quello di portare un
distintivo di riconoscimento o essere sottoposti a un capo.
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Geografia economico politica Modulo 4° - Conflitti e Relazioni Internazionali
L’elemento più debole del diritto tradizionale, e che è rimasto tale anche nel
nuovo diritto, riguarda invece gli strumenti atti a garantire l’osservanza delle
norme stesse. Oggi essi sono costituiti soprattutto dalle rappresaglie belliche
(che però le Convenzioni di Ginevra hanno proibito contro “persone
protette”), dal sistema delle potenze protettrici (che però è sostanzialmente
fallito) e dalla repressione delle violazioni del diritto umanitario attraverso
tribunali nazionali e internazionali.
Per ciò che riguarda i conflitti armati interni, le lacune del diritto
internazionale sono ancora più marcate, dal momento che i governi hanno
cercato di mantenere la maggior libertà possibile nei confronti dei diversi
gruppi ribelli ai quali, ad esempio, non è concesso lo status di legittimi
combattenti. Tuttavia è anche vero che, negli ultimi anni, si stia estendendo la
tendenza a giudicare le norme che disciplinano i conflitti interstatali altrettanto
valide per quelli interni. Nella sentenza del 2 ottobre 1995 sul caso Tadic si
può leggere infatti che “ciò che è disumano e quindi vietato nelle guerre
internazionali non può che essere altrettanto disumano e inammissibile nelle
guerre civili.”
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Geografia economico politica Modulo 4° - Conflitti e Relazioni Internazionali
4.5. Terrorismo.
In ogni caso, sia pur in via teorica, è possibile sostenere che col termine
terrorismo si intende qualunque azione compiuta da persone o gruppi
organizzati, con violenza o senza violenza, contro persone o cose, al fine di
provocare una situazione permanente di terrore tra la popolazione civile, con
l’obiettivo di destabilizzare il paese, o di conquistare il potere, o di abbattere il
potere democraticamente costituito, o di costringere le istituzioni a scendere a
patti e a fare determinate concessioni. Il terrorismo si concretizza, in generale,
in omicidi, stragi, sequestri di persona, dirottamenti aerei; tuttavia presenta
anche aspetti politici, sociali, di sicurezza, militari e ideologici che
convergono nella stessa attività. Il terrorismo, per finanziarsi, può contare sul
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Geografia economico politica Modulo 4° - Conflitti e Relazioni Internazionali
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Geografia economico politica Modulo 4° - Conflitti e Relazioni Internazionali
Per ciò che concerne lo spazio europeo, nel 1975 viene istituito a Roma il
gruppo TREVI (Terrorismo, Radicalismo, Eversione, Violenza Internazionale)
composto dai ministri competenti. Nel 1976 vengono costituiti gruppi di
lavoro che prevedono la collaborazione tra le diverse polizie: da questo
organismo deriva l’agenzia EIDU per lo scambio di informazioni sul traffico
illecito di droga che in seguito porterà alla nascita di EUROPOL, l’ufficio
europeo di polizia. La lotta al terrorismo viene prevista espressamente, per la
prima volta in sede istituzionale, da un articolo del trattato di Maastricht
dell’ambito GAI (il Pilastro della Giustizia e degli Affari interni), ove si
propone di incentivare la cooperazione nella giustizia e negli affari interni in
diversi settori, tra i quali quello in analisi. Il Consiglio Europeo di Cardiff del
1998 conferisce mandato alla Commissione e al Parlamento per elaborare un
piano d’azione che attui al meglio le disposizioni di Amsterdam; ne consegue
il rafforzamento dell’Europol, della rete giudiziaria europea e della
cooperazione di polizia.
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Geografia economico politica Modulo 4° - Conflitti e Relazioni Internazionali
Occorre inoltre aggiungere che gli attentati di matrice islamista, che hanno
colpito molte città europee negli ultimi anni, hanno obbligato le istituzioni di
Bruxelles ad approvare nuove iniziative normative contro il terrorismo. Di
seguito una sintesi realizzata grazie al materiale reso disponibile online dal
sito ufficiale del Parlamento Europeo.
Nell' aprile del 2017 sono stati introdotti controlli sistematici alle frontiere
esterne dell’UE su tutti gli ingressi, anche di cittadini europei, per garantire la
sicurezza dell’area Schengen.
Il 30 novembre 2017 il Parlamento europeo e i ministri dell’UE hanno
stabilito un nuovo sistema di registrazione delle entrate e delle uscite per
tenere traccia degli spostamenti dei cittadini non europei nell’area Schengen e
velocizzare le procedure di controllo. Questi nuovi controlli alle frontiere
esterne dell’UE dovrebbero diventare pienamente operativi entro e non oltre il
2020.
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Geografia economico politica Modulo 4° - Conflitti e Relazioni Internazionali
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Geografia economico politica Modulo 4° - Conflitti e Relazioni Internazionali
L’Unione europea fa tutto ciò che è in suo potere per evitare che le armi più
pericolose finiscano nelle mani delle persone sbagliate. Con la revisione
della direttiva sulle armi da fuoco si chiudono le scappatoie giuridiche che
consentivano ai terroristi di utilizzare armi riconvertite, come era stato fatto
negli attentati di Parigi del 2015. La direttiva richiede che gli stati membri
dispongano di un sistema di monitoraggio adeguato mantenendo pur sempre le
eccezioni per cacciatori, musei e collezionisti.
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Geografia economico politica Modulo 4° - Conflitti e Relazioni Internazionali
2020 e ha lo scopo di facilitare la cooperazione tra gli stati membri nella lotta
al terrorismo, al crimine organizzato e alla criminalità informatica.
Negli ultimi anni sono state adottate diverse politiche europee per la lotta al
terrorismo e oggi il sistema prevede molti soggetti, un'infinità di strategie e, di
conseguenza, sovrapposizioni. Il Parlamento europeo ha stabilito una
commissione speciale che suggerisca i modi per migliorare l’efficienza e
l’efficacia della risposta europea al terrorismo.
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Geografia economico politica Modulo 4° - Conflitti e Relazioni Internazionali
BIBLIOGRAFIA
Bowman I., “Geography Versus Geopolitics”, The Geographical Review, vol. 32,
n° 4, pp. 646-658, 1942.
Fukuyama F., La fine della storia e l’ultimo uomo, Milano, Rizzoli, 1992.
Pagnini M., “Introduzione alla storia della Geografia politica”, in Corna Pellegrini
G., Dell’Agnese E., Manuale di Geografia politica, Roma, La Nuova Italia
Scientifica, pp. 229-264, 1995.
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Corso di Laurea in Scienze della Formazione
INSEGNAMENTO DI
GEOGRAFIA ECONOMICO POLITICA
A cura di
Giuseppe Terranova
Geografia economico politica Modulo 5° - Unione Europea
SOMMARIO MODULO 5°
Unione Europea
1
Geografia economico politica Modulo 5° - Unione Europea
L’idea dell’Unione Europea fin dagli inizi degli anni ’20 del secolo è legata
alla figura del conte Richard Coudenhove-Kalergi (1894-1972). Già nel 1923
espone il suo programma nel Manifesto Paneuropa e successivamente nel
1925-28 nei tre volumi “La battaglia per la Paneuropa”. Nello stesso anno
fonda l’Unione Paneuropea, un’associazione internazionale che propugna
l’unione di tutti gli Stati europei, esclusi Russia ed Inghilterra, e che pubblica
“Paneuropa”, una rivista in lingua tedesca, per diffondere le sue idee. Nel
1929, stimolato dal conte, il grande statista Aristide Briand presenta alla
Società delle Nazioni un progetto di federazione europea. L’iniziativa, vista
l’avanzata dei nazionalismo, non ha successo, ma attira Churchill e altri
esponenti politici della sua caratura.
Con la conferenza di Messina del 1955, i ministri degli Esteri dei sei paesi
della CECA avviano trattative per ampliare le basi della cooperazione
economica. Le trattative portano ai due Trattati di Roma del 1957, istitutivi
della Comunità Economica Europea (CEE) e della Comunità Europea per
l'energia atomica (EURATOM). Con l’istituzione della CEE, firmata da
Belgio, Francia, Italia, Lusssemburgo, Olanda e Germania Ovest, si avvia una
strategia sopranazionale come primo passo per una successiva unità politica
degli Stati membri. Si prevede l'eliminazione, entro dodici anni, delle barriere
doganali tra gli Stati membri, il libero movimento di beni, servizi, lavoratori e
capitali e lo sviluppo di politiche congiunte relative allo stato sociale,
agricoltura, trasporti e commercio estero. Nel 1967 CEE, CECA ed
EURATOM confluiscono in un'organizzazione denominata Comunità Europea
(CE). Sta intanto maturando l’idea di un ampliamento della Comunità: nel
1973 Danimarca, Gran Bretagna e Irlanda entrano a far parte della CEE
portando gli Stati membri a nove. Nel 1981 la CEE si amplia nuovamente con
l'ingresso della Grecia e, nel 1986, è la volta di Spagna e Portogallo.
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Geografia economico politica Modulo 5° - Unione Europea
Nel 1993 viene completato il mercato unico con libertà di circolazione di beni,
servizi, persone e capitali. Nel 1995 aderiscono all’UE tre nuovi Stati membri:
Austria, Finlandia e Svezia.
Tra il 1989 e il 1990 altri due passi importanti vengono compiuti in direzione
dell'integrazione europea: l'adozione di una Carta comunitaria dei diritti
sociali dei lavoratori e la rimozione delle restrizioni ai trasferimenti di
capitale.
Nel 2004 entrano in Europa Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia,
Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Slovenia e Ungheria, nel 2007
Bulgaria e Romania.
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Geografia economico politica Modulo 5° - Unione Europea
L'Atto unico europeo (AUE), firmato a Lussemburgo nel 1986 dagli Stati
membri, costituisce la prima modifica sostanziale del trattato che istituisce la
Comunità economica europea (CEE). L'AUE entra in vigore il 1° luglio 1987
e consente il passaggio dal mercato comune al mercato unico.
5
Geografia economico politica Modulo 5° - Unione Europea
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Geografia economico politica Modulo 5° - Unione Europea
diritto di veto per sfere molto importanti come ad esempio: revisione dei
trattati, ammissione di nuovi stati membri, difesa, politica estera comune,
accordi internazionali, politiche fiscali.
7
Geografia economico politica Modulo 5° - Unione Europea
5.2. Allargamento
La data dalla nascita ufficiale dell’Unione Europea è l’1 novembre del 1993,
mentre nel 1994 si costituisce lo Spazio economico europeo volto a creare un
Mercato unico tra l’UE e i Paesi dell’Associazione europea di libero scambio
(EFTA – Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera con lo status di
osservatore) che prevede la libera circolazione di merci, persone, servizi e
capitali. L’anno successivo entrano nell’Unione Austria, Finlandia e Svezia,
completando il processo di integrazione dell’Europa dei 15.
Dopo la firma del Trattato di Maastricht, l’aspetto più rilevante della storia UE
è il processo di integrazione di 10 nuovi paesi: Slovenia, Repubblica Ceca,
Slovacchia, Ungheria, Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta e Cipro. Ai
quali si aggiungeranno Bulgaria e Romania.
9
Geografia economico politica Modulo 5° - Unione Europea
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Geografia economico politica Modulo 5° - Unione Europea
12
Geografia economico politica Modulo 5° - Unione Europea
Sembra che, come è già accaduto in passato, per evitare ulteriori resistenze e
divisioni tra i partner delle due rive del Mediterraneo, si sia deciso di non
perseguire obiettivi più impegnativi e sostanziali. Una impasse dovuta alle
divisioni tra gli Stati del Nord e del Sud e alle contrapposizioni interne alle
due parti coinvolte. Al vertice di Parigi del luglio 2008, infatti, non era
presente Sua Maestà il re Mohammed VI del Marocco perché alla diplomazia
multilaterale predilige quella bilaterale e, inoltre, non avrebbe mai accettato di
Per queste ragioni, aggravate dalla Primavera Araba che dal dicembre 2010 ha
destabilizzato lo scenario geopolitico della Sud del Mediterraneo, il
partenariato euro-mediterraneo è, oggi, in stallo, lasciando irrisolte, tra le altre,
due questioni: la libera circolazione delle persone nello spazio euro-
mediterraneo e il protezionismo europeo in campo agricolo. Ad approfittarne è
stata la Cina che sta scalzando gli europei dal ruolo di primo piano che hanno
sempre avuto in Africa.
E’ questo uno dei contesti che mettono l’Europa unita davanti alle logiche e ai
mutamenti globali e a confronto con le grandi potenze mondiali. Le relazioni
con gli Stati Uniti in questo contesto occupano il primo posto. È molto
probabile che esse continueranno a rimanere in una situazione di carattere
precario essendo radicate in alcune realtà geopolitiche: nella fine della guerra
fredda e nella differenziazione fra le priorità dell’Europa e quelle degli USA,
nell’evoluzione dell’UE e nell’adozione di un atteggiamento di maggior
indipendenza dall’alleato oltreoceano, finalizzato a raggiungere una più
ragguardevole influenza nel quadro mondiale.
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Geografia economico politica Modulo 5° - Unione Europea
Non meno rilevanti i rapporti che l’UE trattiene con la Cina: il loro relativo
successo trova la sua origine nella mancanza di conflitti di interesse e,
soprattutto, nella comune strategia negli affari internazionali. L’Europa non ha
interessi militari e strategici nel sud-est asiatico, perciò i rapporti sono
essenzialmente di natura economica. Bruxelles e Pechino stanno rafforzando
la loro collaborazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione ed, inoltre,
hanno dato l’avvio al più vasto programma al mondo di cooperazione nella
ricerca scientifica e tecnologica denominato “EU-China Framework
Program”.
Da quanto esposto, diventa chiaro che l’Unione Europea debba dotarsi degli
strumenti istituzionali idonei a rispondere alla sempre crescente “domanda
d’Europa” proveniente dal Mondo e in tal modo evolvere da Europa-spazio
(economica e commerciale) a Europa-potere (forte soggetto politico, forza di
attrazione e aggregazione) ed, infine, a Europa-potenza (ordine militare a
scopi coercitivi). È dalla credibilità politica che dipenderà il futuro
dell’Unione, che dovrà sapersi muovere nei nuovi contesti geopolitici,
garantendo all’interno un tipo di integrazione e prospettando all’esterno un
modello d’azione, entrambi basati su quei valori politici, economici e culturali
che l’hanno resa indispensabile attore sulla scena internazionale.
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Geografia economico politica Modulo 5° - Unione Europea
BIBLIOGRAFIA
Pagnini M., “Introduzione alla storia della Geografia politica”, in Corna Pellegrini G.,
Dell’Agnese E., Manuale di Geografia politica, Roma, La Nuova Italia Scientifica,
pp.229-264, 1995.
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Corso di Laurea in Scienze della Formazione
INSEGNAMENTO DI
GEOGRAFIA ECONOMICO POLITICA
A cura di
Giuseppe Terranova
Geografia economico politica Modulo 6° - Spazio euro-mediterraneo
SOMMARIO MODULO 6°
Spazio euro-mediterraneo
1
Geografia economico politica Modulo 6° - Spazio euro-mediterraneo
Una vera e propria duplice natura. Un’ambiguità che, dunque, non nasce oggi.
Tuttavia, rispetto al passato, negli ultimi anni - volendo indicare una data
precisa si potrebbe dire dalla caduta del muro di Berlino - l’evoluzione dei
rapporti socio-economici e politici tra le due rive del Mediterraneo presenta
nuove e ben più complesse criticità.
molto più ampio: da 70 a 275 milioni. Ciò vuol dire che, a livello aggregato,
nel 1950 si contavano in tutto il bacino più o meno 220 milioni di individui,
mentre nel 2010 si è arrivati a circa 480 milioni. Ma è la lettura di questi dati
in termini relativi a darci una reale percezione del mutato equilibrio tra le due
sponde. Se, infatti, nel 1950 circa il 68% della popolazione risiedeva nella
parte Nord e, approssimativamente, il 32% in quella Sud-Est, nel 2010 la
situazione cambia radicalmente. Tanto da far registrare un sorpasso della
sponda Sud-Est, che conta nel nuovo millennio più o meno il 57% della
popolazione, nei confronti di quella Nord, che scende invece a circa il 42% del
totale.
I dati fin qui enunciati risultano tanto più sorprendenti se si tiene conto che,
come si evince dalla seguente tabella, osservando la struttura per età della
popolazione della sponda Nord e Sud si scopre che gli europei non solo sono
sempre meno, ma sono ben più anziani dei nord-africani. Basti pensare, ad
esempio, che il 31,6% della popolazione dell’Africa Settentrionale è composto
da under 15, percentuale che è pari al doppio di quella che si registra nel
Vecchio Continente.
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Geografia economico politica Modulo 6° - Spazio euro-mediterraneo
4
Geografia economico politica Modulo 6° - Spazio euro-mediterraneo
1Quella che ex-post è stata definita «Primavera araba», infatti, è cominciata nella cittadina di Sidi Bouzid.
Dove Mohamed Bouazizi, uno dei tantissimi venditori ambulanti del paese, giovane e laureato, il 17
dicembre 2010 in segno di protesta contro la polizia che gli aveva sequestrato la merce (frutta e verdura), ha
deciso di darsi fuoco come una torcia umana nel centro della città tunisina. È morto il 5 gennaio 2011, con
ustioni sul 90% del corpo.
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Geografia economico politica Modulo 6° - Spazio euro-mediterraneo
La novità sta nel fatto che, come già anticipato in precedenza, in virtù dei
processi di globalizzazione, la sponda Nord e Sud del Mare Nostrum si sono
ritrovate, come mai accaduto nella storia, tanto vicine, quanto diverse. Una
sorta di vera e propria cohabitation che è diventata complessa per l’Europa,
soprattutto sul fronte immigrazione.
Una realtà, si potrebbe sostenere, non così dissimile da quella che si registra,
ad esempio, Oltreoceano, nella frontiera che divide il Messico dal sogno
americano. Con una differenza, però, niente affatto secondaria: gli Stati Uniti
sono paesi di immigrazione, l’Europa no.
Ciò spiega perché di fronte a queste rilevanti novità le nazioni del Vecchio
Continente sono in difficoltà. In particolare quelle dell’Europa Mediterranea
(Grecia, Italia, Portogallo e Spagna), perché si sono ritrovate, quasi da un
giorno all’altro, da terre di emigrazione a mete di ingenti flussi migratori, con
tutte le difficoltà del caso.
Alla fine degli anni Ottanta si tentò, infatti, di stabilire una consultazione
periodica tra le nazioni rivierasche attraverso i cosiddetti Summit 5+4
(diventati 5+5 con il successivo ingresso di Malta). In sostanza, Francia, Italia,
Portogallo e Spagna avevano provato ad instaurare un regolare dialogo ad
ampio raggio con Algeria, Libia, Marocco, Mauritania e Tunisia 2. Una vera e
La prima riunione si tenne a Roma nell’ottobre del 1990. Senza però portare
nessun rilevante risultato. Esito che ha accumunato tutte le conferenze che
hanno visto come protagonista quello che è stato ribattezzato il gruppo dei
5+5. Il secondo Summit, infatti, organizzato nel 1991 ad Algeri, venne
interrotto dalla prima guerra del Golfo.
Un fallimento, quello del Mediterrean Forum, prima, e del Summit 5+5, dopo,
favorito, tra le altre cause, dalla repentina dissoluzione dell’Unione del
Maghreb Araba (UMA). Il 17 febbraio del 1989, infatti, a dimostrazione di
una ritrovata pax intramaghrebina, con il Trattato di Marrakech, era nata
l’UMA. Una vera e propria Unione politica tra Algeria, Libia, Marocco,
Mauritania e Tunisia. Una novità assoluta che gli europei vedevano di buon
occhio, auspicando così di trattare e dialogare con un soggetto unico, piuttosto
che con più stati dagli interessi spesso divergenti. Tali auspici, e con essi le
iniziative fin qui descritte, si infransero nel rapido fallimento dell’UMA che,
ad appena tre anni dalla sua nascita, cessò di esistere nel 1992. Complice la
crisi algerina e l’adozione da parte della comunità internazionale delle
sanzioni a carico della Libia.
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Geografia economico politica Modulo 6° - Spazio euro-mediterraneo
A Barcellona erano presenti i quindici ministri degli Esteri degli stati membri
UE e i loro omologhi di dodici paesi della sponda Sud del Mediterraneo:
Algeria, Cipro, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Malta, Marocco, Siria,
Tunisia, Turchia e l’Autorità Palestinese.
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Geografia economico politica Modulo 6° - Spazio euro-mediterraneo
come strategico per una nuova politica dello sviluppo della regione – è rimasta
scritta sulla carta ed altre iniziative similari non sono mai decollate.
In breve, l’obiettivo era quello di creare una più forte coesione socio-culturale
affidata ad azioni comuni atte a promuovere, in particolare, la ricerca e la
formazione del capitale umano. In effetti, questa parte del processo ha avuto
qualche significativa realizzazione o, comunque, non ha incontrato veti o
disattenzioni paralizzanti come quelle che, invece, hanno ostacolato il
raggiungimento degli altri due obiettivi.
A conti fatti, però, non vi è dubbio che il Processo di Barcellona sia stato un
vero e proprio fallimento. Ha mancato quello che era l’obiettivo principale: la
creazione di un spazio comune euro-mediterraneo per almeno due ragioni.
Un dato niente affatto secondario visto che sui diritti umani, sul fenomeno
migratorio, sul rispetto della diversità e del pluralismo sociale, non esiste certo
un’unanimità di intenti fra le due sponde del Mediterraneo. Di fatto, dunque,
come aveva notato fin dall’inizio il politologo francese Rémy Leveau, il
progetto non è stato altro che uno specchietto per le allodole.
Tant’è che - e qui arriviamo alla seconda ragione, che concerne i contenuti – a
Barcellona tanto la libera circolazione delle persone, quanto la possibilità per i
paesi della sponda Sud di sfruttare il vantaggio comparato esistente in campo
agricolo, sono stati appositamente ignorati dagli stati membri UE.
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Geografia economico politica Modulo 6° - Spazio euro-mediterraneo
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visto che, storicamente, gli interessi delle parti in causa si sono rivelati, come
abbiamo notato nei precedenti paragrafi, fin troppo divergenti fra loro.
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Geografia economico politica Modulo 6° - Spazio euro-mediterraneo
di dilagare nel resto del Mediterraneo. Per rafforzare quei principi e quelle
politiche che riguardano la collaborazione economico-sociale tra i molteplici
attori regionali, i quali a loro volta sperimentano differenti fasi di sviluppo e di
crescita, il processo di Barcellona fornisce una visione del partenariato che
non considera più la sola collaborazione est-ovest, ma privilegia quella nord-
sud. Sebbene i responsabili politici associno ad essa aspetti positivi, come ad
es. l’incremento degli standard di vita, l’innalzamento della ricchezza media,
l’avvio delle riforme strutturali ed il balzo in avanti degli investimenti diretti
esteri, il processo di Barcellona non sembra aver mantenuto le promesse
iniziali, né per l’ Europa, né per Italia e nemmeno per i paesi rivieraschi della
sponda sud. Lo stesso è avvenuto con il progetto di una Unione per il
Mediterraneo, sponsorizzato nel 2008 dall’allora Presidente francese Nicolas
Sarkozy.
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Geografia economico politica Modulo 6° - Spazio euro-mediterraneo
La storia della cooperazione tra Tripoli e Roma è assai controversa per delle
motivazioni storiche e politiche che affondano le loro radici nel passato
coloniale dell’Italia, nella figura del tutto peculiare del leader libico Muammar
Gheddafi, nelle specificità dello stato libico e nell’enorme disponibilità di
giacimenti petroliferi di cui dispone Tripoli.
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Geografia economico politica Modulo 6° - Spazio euro-mediterraneo
3 Si ricordi a tal proposito che il 28 agosto 2008, proprio alla vigilia della firma dello storico accordo di
amicizia e cooperazione con l’Italia, Muammar Gheddafi è stato nominato “re dei re, dei sultani, dei principi,
degli sceicchi e dei sindaci d’Africa” in occasione di un incontro inedito a Bengasi con oltre 200 capi tribu’
africani. In tale occasione il leader libico ha tenuto a sottolineare la necessità di favorire un processo di
unificazione dell’Africa, con l’obiettivo di creare gli Stati Uniti d’Africa.
4 Soltanto a partire dal 1934 il regime di Mussolini ribattezzò i governatorati di Fezzan, Cirenaica e
Dal 1951 la Libia ottiene l’indipendenza e viene instaurata una monarchia con
a capo Sua Maestà il Re Idris. In questi anni l’Italia, proprio riconoscendo i
danni causati durante il periodo coloniale, decise di versare 5 milioni di
sterline alla Libia e trasferì la proprietà degli immobili demaniali e delle
infrastrutture al legittimo governo di re Idris.
In virtù di questi gesti, nel 1956 Italia e Libia siglarono un accordo che
esplicitava la fine di ogni contenzioso sul passato coloniale tra i due paesi.
In realtà gli sforzi fatti da parte italiana si rivelarono ben presto inutili. La
monarchia di re Idris, nel corso degli anni, si dimostrò sempre più debole al
punto che, nel 1969, la Rivoluzione guidata dal giovane colonnello Muammar
Gheddafi si risolse in pochi giorni, senza alcun spargimento di sangue.
Nei mesi successivi alla presa del potere, Gheddafi definì una mera ipocrisia il
compenso economico versato, a suo tempo, dall’Italia al re Idris. Per
rafforzare la propria immagine di baluardo dell’anti-colonialismo, Gheddafi
decise, già nel 1970, il rimpatrio forzato di oltre ventimila italiani presenti in
territorio libico e la relativa espropriazione dei loro immobili e delle loro
imprese.
5 Dal termine arabo jamahir che significa masse: dunque Repubblica delle masse.
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Geografia economico politica Modulo 6° - Spazio euro-mediterraneo
Non sorprende, dunque, che già nel 1974, dopo solo quattro anni dal rimpatrio
forzato degli italiani presenti in territorio libico, i dirigenti dell’Ente Nazionale
Idrocarburi (ENI) e il sottosegretario libico al Petrolio Muntasser convenivano
sulla concessione all’Agip di quattro nuove aree di ricerca, tra cui il ricco
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Geografia economico politica Modulo 6° - Spazio euro-mediterraneo
Così come i due Paesi superarono la grave crisi del 19866, una crisi che non
aveva origini interne alle relazioni tra i due paesi ma, piuttosto, era stata
indotta dall’atteggiamento degli Stati Uniti, anche successivamente
all’accaduto, pur nel rispetto delle sanzioni internazionali 7 da parte italiana, il
nostro paese lavorò per un progressivo reinserimento della Libia nella
comunità internazionale.
In sostanza, per molti anni, dall’ascesa al potere del Colonnello Gheddafi fino
a buona parte degli anni Novanta, nonostante le alterne crisi politiche, la
costante retorica anti-italiana e le continue richieste di risarcimento per i danni
coloniali 8 , è rimasto costante il rapporto privilegiato dal punto di vista
economico tra Italia e Libia, in virtù di quel nesso di reciproca indispensabilità
sopra descritto.
Dalla fine degli anni Novanta il rapporto politico-economico tra i due paesi ha
subìto una progressiva evoluzione in virtù di un insieme di cambiamenti a
livello internazionale che hanno contribuito a rafforzare il regime di
Muammar Gheddafi.
6 Il lancio di missili dalla Libia a Lampedusa. Circostanza poi smentita dalla nostra marina.
7 Si ricordi che la Libia rimase sostanzialmente isolata a livello internazionale, a causa del suo determinante
supporto al terrorismo internazionale, per circa 15 anni: dal 1984 al 1999.
8 Interpretate dai diversi governi italiani sempre più come un’arma negoziale adottata nelle relazioni
Se a questi elementi si aggiunge il ritrovato rapporto con gli Stati Uniti 9, frutto
dell’abile politica di Gheddafi che all’indomani della strage delle Torri
Gemelle si era premurato a condannare pubblicamente l’accaduto e
successivamente di bloccare, nel 2003, il suo programma di proliferazione
nucleare, si intuisce quanto si fosse rafforzato il potere negoziale del
Colonnello nei confronti dell’Italia.
Allo stesso tempo il nostro paese necessitava, e necessita, più che in passato,
di un rapporto privilegiato con il vicino libico, per almeno due ragioni. A
differenza di altre nazioni europee non ha sviluppato né un lungimirante
progetto di investimento nel settore dell’energia alternativa né, tanto meno, ha
mai investito nel settore nucleare, di conseguenza continua a dipendere
totalmente dalle forniture petrolifere estere e libiche in particolare.
Inoltre, negli ultimi anni si è rivelata sempre più difficile la gestione dei flussi
migratori illegali. Dunque, anche in questo settore, la collaborazione del
Colonnello era essenziale per trovare una soluzione.
9Sancito dalla visita ufficiale del 5 settembre 2008 del Segretario di Stato Usa Condoleezza Rice. Un evento
epocale nei rapporti Usa-Libia, considerando che l’ultima visita risaliva al 1953 quando l’allora Segretario di
Stato John Foster Dulles incontrò il re Idris, rovesciato dal colpo di Stato di Gheddafi.
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Nel 1998, quando era ancora in vigore l’embargo delle Nazioni Unite, l’allora
Ministro degli Esteri Lamberto Dini firmava a Roma un accordo bilaterale con
cui l’Italia rinunciava: a pretendere il rispetto del trattato del 1956, violato
dalla Libia con la confisca dei beni degli italiani residenti in territorio libico e
la loro espulsione ordinata nel 1970; si impegnava alla bonifica dei campi
minati; si impegnava alla restituzione delle opere d’arte trafugate durante il
colonialismo; si rendeva disponibile ad un futuro gesto di riparazione per gli
anni del colonialismo.
Gli impegni che si era assunta la parte libica non sono stati mantenuti.
Nonostante ciò, il 2 dicembre 1999, l’allora Primo Ministro Massimo
D’Alema si recò a Tripoli in visita ufficiale, - la prima di un capo di governo
europeo dopo l’inizio dell’embargo Onu del 1992 - rendendo al Colonnello la
Venere di Leptis Magna 11, ottenendo in cambio solo molte premesse.
10 Si ricordi, infatti, che gli italiani espulsi dalla Libia nel 1970 non possono ottenere un visto, salvo abbiano
compiuto 65 anni di età.
11 Portata a Roma da Italo Balbo.
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Geografia economico politica Modulo 6° - Spazio euro-mediterraneo
Dopo mesi di continue minacce e offensive anti-italiane, nel corso del 2007
arrivò l’ennesima schiarita con un tè nel deserto offerto da Muammar
Gheddafi a Massimo D’Alema, Ministro degli Esteri dell’allora governo di
centro-sinistra. Fu così che, improvvisamente, si riaprì la strada del dialogo
italo-libico. Nell’ottobre del 2007 l’Eni ottenne un accordo per il rinnovo delle
concessioni per 25 anni 13 e, in novembre, il ministro degli Esteri D’Alema
raggiunse un’intesa preliminare con il leader libico per la compensazione dei
danni coloniali, comprendente l’impegno italiano a costruire un’autostrada
litoranea dal confine libico con la Tunisia fino a quello con l’Egitto.
12 Febbraio 2006.
13 Circa 20 miliardi di investimenti programmati per i prossimi 10 anni.
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Geografia economico politica Modulo 6° - Spazio euro-mediterraneo
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Geografia economico politica Modulo 6° - Spazio euro-mediterraneo
14Per tale ragione era stata nominata una Commissione congiunta ad hoc con l’incarico di dirimere il
contenzioso.
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Geografia economico politica Modulo 6° - Spazio euro-mediterraneo
Basti pensare che, nel febbraio del 1974, dopo solo quattro anni dal rimpatrio
forzato degli italiani presenti in territorio libico, il Primo Ministro Jallud si recò
in visita ufficiale a Roma. In quell’occasione Jallud e il Presidente del
Consiglio italiano Rumor siglarono un accordo-quadro di cooperazione
economica, tecnica e scientifica. Un accordo che, in sostanza, prevedeva un
aumento delle forniture di petrolio per l’Italia che, a sua volta, si impegnava,
15Siglato non casualmente proprio alla vigilia dei festeggiamenti per il 39° anniversario della «Rivoluzione
dei Colonnelli».
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Geografia economico politica Modulo 6° - Spazio euro-mediterraneo
Certo rimangono, al contempo, non pochi punti deboli. Il governo italiano non
è stato in grado di imporre a Gheddafi l’esborso di tre miliardi di euro che
l’Airl (Associazione italiana Rimpatriati dalla Libia) rivendica per le perdite e
le confische subìte dai 20 mila italiani cacciati forzatamente dalla Libia nel
1970.
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Geografia economico politica Modulo 6° - Spazio euro-mediterraneo
Inoltre, la storica guida del popolo libico avrebbe potuto sempre giustificare il
persistere di sbarchi di clandestini nelle coste italiane a causa della forte
pressione esercitata sulla Libia dalle migliaia di candidati all’immigrazione
provenienti dall’Africa sub-sahariana, costretti a fuggire dalle loro terre a causa
del solito Occidente che, per decenni, ha depredato il continente africano.
Quanto alle ragioni interne, non si può dimenticare che la storia della Libia
rivoluzionaria si basava su una logica ben precisa: quella del sogno
movimentista e rivoluzionario di Gheddafi e dei suoi più stretti alleati. É il
sogno dell’unità araba16, della realizzazione di una società che incarni i valori
beduini di uguaglianza, consenso, lealtà che ha guidato il regime nella
demolizione delle strutture borghesi e occidentali stabilite dalla monarchia e
dalla lunga tradizione di paese colonizzato. Dunque, se è vero che Gheddafi
non rappresentava più una minaccia per la comunità internazionale ed era
realmente interessato ad un riavvicinamento con l’Occidente, era altrettanto
16Anche se negli ultimi anni il leader libico era arrivato alla conclusione che il panarabismo era una chimera,
decidendo quindi di uscire dalla Lega Araba si è dedicato a un’altra causa, quella dell’unità africana.
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Geografia economico politica Modulo 6° - Spazio euro-mediterraneo
vero che tale avvicinamento non poteva andare oltre un certo limite; altrimenti
il Colonnello rischiava di minacciare le fondamenta ideologiche del suo stesso
regime.
A partire dai primi mesi del 2011, però, lo scenario politico e sociale della
Libia è repentinamente e radicalmente cambiato. Le rivolte popolari scoppiate
in tutto il paese, infatti, e la risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza delle
Nazioni Unite che ha autorizzato “all necessary measures to protect civilians”,
hanno portato al definitivo crollo del regime, suggellato dalla morte del suo
leader il 20 ottobre 2011.
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Geografia economico politica Modulo 6° - Spazio euro-mediterraneo
BIBLIOGRAFIA
S. Andò, Cervelli non più in fuga, in «Medidea Review», Roma, n.1, 2009.
31
Corso di Laurea in Scienze della Formazione
INSEGNAMENTO DI
GEOGRAFIA ECONOMICO POLITICA
A cura di
Giuseppe Terranova
Geografia economico politica Modulo 7° - Sovranismo e populismo
SOMMARIO MODULO 7°
Sovranismo e populismo
1
Geografia economico politica Modulo 7° - Sovranismo e populismo
Una frattura sfruttata, più che procurata, dai partiti anti establishment o
populisti, per drenare consenso (e voti) tra gli elettori di destra e, soprattutto,
di sinistra, con due mosse che hanno consentito loro di uscire dal ghetto
politico del vecchio populismo e mietere successi considerati, fino a poco
tempo fa, assolutamente proibitivi.
La prima:
hanno modificato parti consistenti del vecchio armamentario ideologico. Una
modernizzazione culturale che, nella strategia del revisionismo neopopulista,
rappresenta la chiave di volta per conquistare il consenso che finora era stato
negato dall’area, elettoralmente decisiva, dell’anticonformismo libertario dei
giovani e del ceto medio. Che tenendosi a debita distanza si erano, fino a oggi,
rifiutati di dare ascolto alla sirena populista proprio per l’irricevibilità iper
reazionaria, tradizionalista e oscurantista del suo messaggio.
Ragioni per le quali, ad esempio, Marine Le Pen per sostituire il volto nero,
razzista, antiebraico, maschilista e omofobo del vecchio Front National con
uno più attuale, antimusulmano, laico e amico di Israele ha deciso, come
prima cosa, di mettere da parte il padre Jean-Marie. Un cambio di strategia,
discutibile quanto si vuole, ma innegabile che molti hanno invece
sottovalutato o, peggio ancora, fatto finta di non vedere. Un errore di pigrizia
intellettuale prima ancora che politico. Per la semplice ragione che le mosse
politiche neopopuliste partono dal presupposto, come ha sostenuto Dominique
Reynié, che i conflitti di natura culturale determinano tensioni che toccano
l’identità di una nazione.
La seconda:
hanno puntato sulle tensioni, diffuse nella società, sull’immigrazione. Un
obiettivo da sempre presente nel repertorio politico populista che però, nel
caso, i neo-populisti hanno, se così si può dire, rivisto ed aggiornato.
Scegliendo come target centrale della aggressiva mobilitazione politica non
più, come in passato, l’immigrato come persona e la sua diversità etnico-
razziale. Ma il fenomeno immigrazione in quanto tale cavalcando non tanto le
tensioni economico-sociali ma quelle politico-culturali che essa provoca. Con
la richiesta che a pagarne il conto più che gli immigrati fossero i responsabili
di governo e le élite che li usano.
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Geografia economico politica Modulo 7° - Sovranismo e populismo
Una teoria che potremmo sintetizzare in tre punti: 1) gli elettori dei partiti neo
populisti non vengono, né tutti né sempre, dall’estrema destra. Anzi, è vero in
molti casi proprio il contrario; 2) i legami con l’eredità del fascismo,
certamente riscontrabili in alcuni di questi partiti, non rappresentano la loro
regola generale; 3) la lotta dei neo populisti non è finalizzata al sovvertimento
dello Stato, se mai, al suo iper rafforzamento. Propugnano una democrazia
illiberale e anti-istituzionale perché nemici di qualsiasi forma di mediazione
frapposta tra il popolo e l’esercizio effettivo, diretto del potere. Criticano la
democrazia rappresentativa in nome e per conto di quella diretta. Le loro
posizioni non sono anti-sistema ma di protesta, anche estrema, contro il
funzionamento difettoso dei meccanismi della democrazia rappresentativa.
Per dirla con Halbert O. Hirschman i neo populisti hanno una posizione di
tipo voice che non sfocia nell’exit. Come invece fanno i partiti che si
collocano agli estremi dello spettro politico e, in genere, le forze extra
parlamentari. Per concludere, è bene anche ricordare che il neo populismo non
è anti mercato ma favorevole a un capitalismo assistenziale-corporativo. I suoi
veri nemici sono i burocrati di Bruxelles.
7.2. Brexit
Quando nel 1963 gli inglesi chiesero di aderire alla CEE, i francesi, storici
rivali, si opposero fermamente e dovettero aspettare il 1973 per farne parte
ma, due anni dopo, rischiarono di uscirne. Nel 1975, infatti, il governo
d’Oltremanica indisse un referendum per dire Sì o No alla permanenza del
Regno Unito nella Comunità Economica Europea. All’epoca, a differenza di
quanto accaduto nel 2016, la maggioranza degli elettori (67%) rispose
positivamente.
Nel 2007, dopo il fallito tentativo di approvare una Costituzione europea, gli
Stati UE, Gran Bretagna inclusa, firmarono il Trattato di Lisbona che dava
maggiore potere alle istituzioni di Bruxelles, ma il nuovo Premier laburista
Gordon Brown fu l’unico dei 26 Stati membri a mancare la cerimonia ufficiale
per la sigla dell’accordo.
Nel 2013, con l’obiettivo di difendere gli affari finanziari britannici, il Premier
conservatore David Cameron annunciò che se alle successive elezioni
politiche il suo partito avesse conquistato la maggioranza parlamentare,
avrebbe rinegoziato i termini della membership inglese nell’UE. A
condividere, ma con toni più duri e accesi, la posizione anti-europeista di
Cameron fu il Partito per l’indipendenza del Regno Unito (UKIP) guidato da
Nigel Farage che, approfittando della diffusa avversione degli inglesi nei
confronti degli immigrati dall’Est Europa, cominciò a registrare un crescente
consenso popolare.
Alle elezioni del 2015, David Cameron viene riconfermato Premier e, come
promesso in campagna elettorale, oltre ad avviare le procedure per rinegoziare
i termini della partecipazione britannica nell’UE, indice per il 23 giugno 2016
un referendum per chiedere ai sudditi di Sua Maestà Sì o No alla permanenza
della Gran Bretagna nell’Unione. Con sorpresa del Premier inglese, che
voleva trattare ma non abbandonare la membership nell’UE, la maggioranza
degli elettori (51,9%) ha votato a favore dell’uscita della Gran Bretagna
dall’Unione (Evans, Menon, 2017).
Questo spiega perché, all’indomani del Sì inglese alla Brexit, David Cameron
si è dimesso, lasciando il posto alla collega di partito Theresa May che, il 29
marzo 2017, come indicato dall’art. 50 del Trattato UE, ha formalmente
avviato la procedura biennale di uscita dall’Unione prevista per il 30 marzo
2019. Un iter complesso, è la prima volta che accade nella storia dell’Unione
Europea, che ha già diviso sia la Gran Bretagna che i partner europei, tra i
sostenitori di una soft o hard Brexit. Per i primi, gli inglesi dovrebbero uscire
soltanto dalle istituzioni politiche di Bruxelles, mentre i secondi chiedono di
rinunciare al mercato unico, cioè quell’insieme di accordi che fa sì che nello
spazio europeo si possa commerciare senza barriere tariffarie e doganali.
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Geografia economico politica Modulo 7° - Sovranismo e populismo
7.3. Visegrad
Il leader più conosciuto e discusso, fra quelli del gruppo di Visegrad, è Viktor
Orban, Primo Ministro dell’Ungheria. Al potere dal 2010 è accusato da più
parti di autoritarismo, soprattutto per le modifiche illiberali introdotte alla
Costituzione ungherese. Vicino, in politica, alla Russia di Vladimir Putin, ha
conquistato fama e consensi per le sue iniziative anti-immigrati. Nel 2015 ha,
infatti, costruito un muro lungo il confine con la Serbia per arginare la
pressione migratoria che arrivava soprattutto dalla Siria, attraverso Turchia,
Grecia e il cosiddetto corridoio balcanico. Nel 2018 ha, invece, promosso
7
Geografia economico politica Modulo 7° - Sovranismo e populismo
I rapporti di Orban con l’Italia sono stati a lungo difficili perché ha guidato il
gruppo di Visegrad nel tentativo di boicottare la decisione, presa nel settembre
2015 dalla Commissione UE, di redistribuire tra gli Stati membri 160 mila
rifugiati arrivati in Italia e Grecia a causa della guerra in Siria e della
Primavera Araba. Contro questo meccanismo di solidarietà, l’Ungheria e la
Slovacchia hanno fatto ricorso alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea
che, con una sentenza del 2017, lo ha respinto e ha rigettato le due obiezioni,
di metodo e di merito, avanzate dai ricorrenti. Vediamo di capire il perché.
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Geografia economico politica Modulo 7° - Sovranismo e populismo
Oggi è possibile affermare che i rischi di una invasione della Russia da parte
di altri stati, come avvenuto in passato, risultano particolarmente bassi. Ciò
però non ha sostanzialmente modificato le priorità in tema di sicurezza
interna. Se in precedenza il rischio era una penetrazione militare, quello che
oggi Mosca cerca di evitare è che le potenze esterne (Stati Uniti, Nato e
Unione Europea in primis) possano espandere in maniera eccessiva la loro
influenza politica ed economica nella regione, proprio in quegli stati che in
passato avevano rappresentato la “zona cuscinetto”. La volontà della Russia di
mantenere in questi paesi una presenza ed un ruolo importante ha determinato
diverse situazioni di tensione e conflitto più o meno intensi. In alcuni gli
interessi contrapposti si sono manifestati apertamente, in altri si sono tradotti
in un sostegno indiretto ad altri attori o parti in causa, come ad esempio partiti,
leader politici o altre forze politiche.
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Negli ultimi decenni, Mosca ha dovuto affrontare una nuova sfida alla stabilità
e alla sicurezza interna: quella del terrorismo. Anche il territorio russo negli
anni è stato oggetto di attentati terroristici, che hanno causato un alto numero
di vittime. Già alla fine degli anni novanta la Russia ha dovuto fare i conti con
la minaccia islamica, che ha trovato terreno fertile in particolare nelle
repubbliche caucasiche e durante il sanguinoso conflitto in Cecenia. Qui
l’estremismo religioso ha saputo legarsi con alcune delle istanze
indipendentiste. Bisogna sottolineare come in tale regione storicamente vi
fosse una presenza di un Islam moderato, vicino alla corrente sufista e in
disaccordo con le interpretazioni radicali. Nel tempo però, anche in questa
area si sono formati diversi gruppi estremisti o vi hanno trovato rifugio
combattenti jihadisti di ritorno dall’Afghanistan, dall’Iraq, dalla Siria o dalla
Libia. Tra la fine degli anni novanta e i primi anni del duemila questi gruppi
realizzano diversi attentati che provocano un alto numero di vittime: stragi
come quella del teatro Dubrovka di Mosca del 2002 (definito da Putin "il
momento più difficile della mia storia politica"), di Nazran e Beslan (2004) e
della metropolitana di Mosca (2010) hanno scosso il paese e causato più di
500 morti e oltre mille feriti. Negli ultimi anni il Cremlino sembra essere
riuscito a infliggere un duro colpo alle organizzazioni terroristiche, soprattutto
attraverso una strategia basata sul controllo del territorio, la prevenzione e
l’eliminazione dei terroristi. La prevenzione è basata su un’infiltrazione e un
controllo capillare del territorio, con eventuali azioni che vanno a stroncare sul
nascere qualsiasi tipo di input radicalizzante; nel frattempo le autorità
provvedevano a chiudere tutte quelle ONG straniere sospettate di supporto ai
jihadisti, tagliando così i canali di finanziamento. Una volta colpito nei suoi
punti vitali e privato del suo appoggio internazionale, il terrorismo islamista
del Caucaso settentrionale non è più stato in grado di coordinarsi e organizzare
attacchi di grandi dimensioni come in passato. Ad indebolire queste
organizzazione non è stata solamente l’azione del Cremlino, ma anche una
serie di fattori legati al contesto internazionale: la nascita dell’Isis ha portato
molti jihadisti ad abbandonare il Caucaso per unirsi ad allo Stato Islamico e
combattere in Siria.
La volontà di difendere gli interessi della Russia e dei suoi alleati rappresenta
la bussola che ha orientato la politica di Putin e che ha determinato la
crescente presenza di Mosca nello scenario internazionale. Una presenza che
aveva ed ha tuttora lo scopo di mostrare il ruolo fondamentale che il paese
pretende di giocare nel campo geopolitico, economico e militare. Così diversi
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Geografia economico politica Modulo 7° - Sovranismo e populismo
interventi messi in atto da Putin negli ultimi anni possono essere letti secondo
un’ottica comune: la Russia non esita ad intervenire, politicamente e
militarmente, laddove considera in pericolo i suoi interessi o quelli dei suoi
alleati, anche qualora questi interventi non siano condivisi dalla comunità
internazionale o suscitino la reazione di altri stati. Le vicende relative a
Georgia, Ucraina e Crimea ben esemplificano questo orientamento.
Nell’agosto del 2008 scoppia un breve ma duro conflitto tra la Georgia, ex
repubblica sovietica e la Russia. Mosca interviene in difesa dell’Ossezia del
Sud e dell’Abkhazia, regioni separatiste all’interno del territorio georgiano,
affermando di dover salvaguardare l’incolumità dei cittadini russi presenti
nell’area. La Russia ottiene una rapida vittoria militare e riconosce
unilateralmente l’indipendenza delle due regioni, a differenza dei paesi
occidentali che, invece, sostengono le ragioni del governo di Tbilisi. Per molti
autori l’intervento della Russia è da interpretarsi anche come una reazione al
riconoscimento, nei mesi precedenti, da parte di molti stati europei e degli
Usa, dell’indipendenza del Kosovo, una indipendenza, al contrario, osteggiata
da Mosca, da sempre legata alla Serbia.
Con la sua enorme estensione e la sua posizione strategica tra la Russia e
l’Europa, l’Ucraina ha sempre rappresentato un territorio verso il quale si sono
diretti gli interessi di Mosca. Come altre ex repubbliche, una volta parte
dell’URSS, anche l’Ucraina con l’indipendenza ha iniziato a volgere il proprio
sguardo verso i paesi europei e gli Stati Uniti. Già nel 2004, un grande moto di
protesta, conosciuto come la “Rivoluzione Arancione” si era scagliato contro
il governo considerato troppo filorusso, favorendo l’ascesa di una classe
politica più propensa ai rapporti con Usa e Ue. Questo interesse si è tradotto
nel 2013 in una trattativa volta a firmare l’Accordo di Associazione con
l’Unione Europea. La decisione del governo ucraino di sospendere
improvvisamente la trattativa ha scatenato proteste contro il governo, che
diedero vita a scontri violenti e combattimenti che portarono alla caduta del
governo in carica e causarono numerosi morti e feriti. Lo scontro politico
rifletteva le profonde differenze etniche linguistiche ed economiche che
dividono l’Ucraina, in particolare lungo l'asse ovest/est. La crisi si è andata
trasformando così in un conflitto armato tra l’autorità di Kiev e le regioni
orientali filo russe del Donetsk e del Lugansk. In seguito, nell’aprile del 2014 i
leader delle regioni separatiste proclamarono la nascita delle Repubbliche
Popolari di Donetsk e Lugansk e la creazione della confederazione della
Novorossiya, con l’annunciato obiettivo futuro di unificarsi alla Russia. A
questo Kiev rispose con una vasta offensiva militare che ha causato migliaia di
morti e sfollati. La situazione si è andata aggravandosi con il coinvolgimento,
in maniera più o meno diretta, degli Usa e degli stati Ue (in particolare quelli
dell’Europa orientale) a supporto di Kiev e della Russia, a sostegno delle
regioni indipendentiste. Nel febbraio del 2015 un accordo sul cessate il fuoco
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Geografia economico politica Modulo 7° - Sovranismo e populismo
Per molto tempo la situazione economica in Russia è stata uno dei problemi
più gravi per il governo di Putin. Dal 2014 infatti il paese ha vissuto alcune
fasi di recessione. L’economia russa aveva subìto il primo colpo con il crollo
del prezzo del petrolio, la cui vendita rappresenta una buona fetta delle
esportazioni russe. La situazione era peggiorata con l’imposizione delle
sanzioni economiche internazionali per l’intervento russo nella crisi in
Ucraina e per le sue presunte interferenze nella campagna elettorale
presidenziale del 2016 negli Stati Uniti. La crisi, comunque, non era stata
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Geografia economico politica Modulo 7° - Sovranismo e populismo
Con la vittoria alle elezioni dell’8 novembre 2016, Donald Trump è diventato
il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti. Candidato del Partito
Repubblicano ha battuto l’avversario del Partito Democratico Hillary Clinton.
A settant’anni è diventato il più anziano e il primo senza nessuna esperienza
politica o militare ad essere eletto alla presidenza degli USA.
Pochi avevano previsto la sua vittoria alle primarie del Partito Repubblicano,
nessuno alle elezioni per la Casa Bianca. Il successo della candidatura di
Trump era considerato improbabile sulla base di dati che fin qui avevano
spiegato efficacemente i meccanismi della politica americana:
l’importanza dell’organizzazione sul territorio, degli spot televisivi, di andare
bene ai dibattiti, di costruire delle convention ben funzionanti e, naturalmente,
anche l’efficacia dei sondaggi, che però nella politica americana avevano una
tradizione di affidabilità. Fattori di cui si discuterà a lungo, compresa la
debolezza della candidatura di Hillary Clinton.
durante la campagna elettorale: dalle tasse federali non pagate per vent’anni al
video in cui diceva di poter molestare le donne, dalle donazioni benefiche
promesse e mai effettuate alle accuse di eccessiva vicinanza con Vladimir
Putin, dalle molte affermazioni razziste e sessiste che ha detto fino alle teorie
del complotto sostenute sui vaccini o sul riscaldamento globale (Il Post, 2017).
Tra febbraio e aprile 2016 le fake news legate ai due candidati hanno coinvolto
poco meno di 3 milioni di persone, nei quattro mesi precedenti al voto il
numero è triplicato, arrivando a quasi 9 milioni. Il tutto a discapito delle fonti
ufficiali, il cui engagement su Facebook (ovvero la somma di condivisioni,
reazioni e commenti) è passato da 12 a 7 milioni di persone.
Questi dati sono calcolati a partire dalle 20 notizie false più diffuse che, da
sole, avrebbero superato le top-news elettorali di quotidiani come Washington
Post, New York Times, Huffington Post, e altri.
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Geografia economico politica Modulo 7° - Sovranismo e populismo
Molti siti web aggregatori di notizie false su Trump e Clinton erano gestiti da
utenti singoli, spesso molto giovani. Ad esempio, indagini realizzate
separatamente da BuzzFeed e dal Guardian hanno ricostruito che oltre 100 di
questi siti erano proprietà di un adolescente originario di Veles, una piccola
città della Repubblica di Macedonia.
Una strategia che, sul lungo periodo, potrebbe mostrare tre limiti.
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Geografia economico politica Modulo 7° - Sovranismo e populismo
Il terzo: dai flussi elettorali USA, come appurato nel caso del voto inglese,
emerge un serio problema relativo al voto dei giovani che, per colpa
diretta (astensione) e per quella indiretta, legata all'invecchiamento della
popolazione, sono quelli più penalizzati dalle conseguenze delle scelte fatte
nell'urna da chi, più avanti nell'età, di fatto impone le sue convenienze sul
futuro di chi ha più anni di vita davanti a sé.
Nei primi cento giorni del suo mandato, il nuovo inquilino della Casa Bianca
ha provato, ma non è riuscito, a inasprire la politica migratoria USA. I suoi
provvedimenti sono stati, grazie al sistema di check and balances americano,
edulcorati o cassati dalle Corti di giustizia federali e statali. Tuttavia, il neo-
Presidente degli Stati Uniti è stato in grado di lanciare a livello globale il
messaggio che col suo insediamento per gli immigrati sia diventato molto più
difficile l’ingresso e il soggiorno negli USA. Un proclama che ha avuto come
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Geografia economico politica Modulo 7° - Sovranismo e populismo
Il nuovo ordine impedisce per novanta giorni l’ingresso negli Stati Uniti ai
cittadini di Sudan, Siria, Iran, Libia, Somalia e Yemen che non abbiano un
regolare permesso di soggiorno. Rispetto alla lista precedente, cioè quella del
27 gennaio, è stato rimosso l’Iraq, secondo alcuni osservatori per via di
un’intensa pressione del governo iracheno e di diversi funzionari della stessa
amministrazione. Secondo altre fonti, invece, l’ordine precedente poteva
creare problemi agli iracheni che avevano collaborato con l’esercito
americano nella guerra contro lo stato islamico e che intendevano trasferirsi
negli Stati Uniti. Sono state inoltre eliminate le restrizioni sui richiedenti asilo
siriani, che ora sono stati equiparati a tutti gli altri. I possessori di green card –
cioè il permesso di residenza permanente negli Stati Uniti – e di altre forme di
permesso potranno invece entrare negli Stati Uniti, anche se sono cittadini dei
sei paesi interessati. Il nuovo ordine esecutivo inoltre non contiene più
riferimenti alle minoranze religiose, presenti nella prima versione del 27
gennaio e molto criticati perché, secondo le accuse, avrebbero favorito i
richiedenti asilo di religione cristiana rispetto a quelli musulmani.
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Geografia economico politica Modulo 7° - Sovranismo e populismo
Come per il vecchio ordine esecutivo, c’è scetticismo sull’efficacia dei nuovi
divieti: Trump aveva motivato la sua decisione definendola necessaria per la
sicurezza nazionale e per garantire maggiori controlli ai confini, ma il
divieto aveva ricevuto dure critiche da parte di funzionari, esperti di
immigrazione e diritti umani e provocato diverse manifestazioni di piazza e
accuse di razzismo.
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Geografia economico politica Modulo 7° - Sovranismo e populismo
alla “mano invisibile” del mercato una camicia di forza burocratica stile
sovietico. L’altra basata sull’innalzamento del salario minimo fissato per legge
che, mandando in rosso i conti e la produttività delle aziende, farebbe però
venire meno, almeno nell’area del lavoro legale poco qualificato, il vantaggio
competitivo del minor costo degli immigrati rispetto ai nazionali (Terranova,
2017).
Per Donald Trump sarebbe, forse, consigliabile cercare col vicino messicano,
non lo scontro come ha fatto fino a oggi, ma di stringere e tessere alleanze
politiche ed economiche per contrastare il crescente flusso migratorio che
arriva dal Sud del Messico.
1Hipsman F., Meissner D., In-country refugee processing in central America. A piece of the puzzle, Migration Policy
Institute, Washington, August 2015, pag. 7
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Geografia economico politica Modulo 7° - Sovranismo e populismo
BIBLIOGRAFIA
Fukuyama F., La fine della storia e l’ultimo uomo, Milano, Rizzoli, 1992.
Pagnini M., Sanguin, A., Storia e teoria della Geografia politica: Una
prospettiva internazionale, Roma, Edicusano, 2015.
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Corso di Laurea in Scienze della Formazione
INSEGNAMENTO DI
GEOGRAFIA ECONOMICO POLITICA
A cura di
Giuseppe Terranova
Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
SOMMARIO MODULO 8°
Questioni geoeconomiche
8.1. Ambiente
8.2. Land grabbing
8.3. Sicurezza energetica
8.4 Fame nel mondo
8.5 Tecnologia e innovazione
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
8.1. Ambiente
Nel 1972 il MIT pubblicava un libro (The limits to growth) che conteneva la
prima descrizione globale del sistema mondo attraverso la teoria sui limiti
dello sviluppo: il sistema mondo veniva descritto passando attraverso cinque
elementi strategici che esprimono la pressione del genere umano
sull’ecosistema terrestre: popolazione, produzione di alimenti,
industrializzazione, inquinamento, uso delle risorse naturali.
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
Le COP sul clima si dividono in due categorie: quelle che danno origine a un
nuovo corso di azioni e quelle che limano aspetti operativi dell’accordo.
Esempi della prima categoria sono Kyoto 1997 e Parigi 2015.
Ad esempio la COP 23 non sfugge a questa logica: può essere definita una
conferenza procedurale, prevede limiti temporali troppo lontani nel tempo,
dato che la scienza è concorde nel sostenere che le emissioni di gas serra
dovrebbero essere ridotte entro il 2020, e non a partire dal 2020.
L’impressione è che alcuni governi abbiano interpretato l’Accordo di Parigi
come un traguardo finale, anziché come un punto di partenza. Scopo della
riduzione è il cercare di contenere l’aumento delle temperature medie terrestri
entro i 2 °C, il limite massimo dell’accettabilità delle conseguenze climatiche
sul nostro globo (anche se c'è chi sostiene che l'obiettivo dovrebbe essere
collocato al massimo a +1,5 °C di crescita della temperatura media terrestre
rispetto all'era pre-industriale), ma questo ritardo fa razionalmente ritenere
però che si rischi seriamente di arrivare ad un aumento anche fino a +3°C dato
che, per non superare la concentrazione in atmosfera di 450 ppm di CO2eq
(concentrazione coerente con la soglia dei + 2 °C), le emissioni di anidride
carbonica nel 2020 dovrebbero essere sullo stesso livello di oggi.
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
climatici. Gli impegni assunti finora, infatti, coprono soltanto un terzo di ciò
che è necessario per mantenere la crescita della temperatura media globale ad
un massimo di due gradi centigradi, entro la fine del secolo, rispetto ai livelli
pre-industriali.
La Cop 21 a Parigi aveva fatto emergere che non dovevano misurare indicatori
fisici, chimici, ambientali ma scegliere procedure e regole da imporre a tutti i
paesi, creare cioe’ una governance.
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
Per tutta la seconda metà del Novecento, i prezzi delle derrate agricole si sono
mantenuti molto bassi. Tra il 2007 e il 2008, invece, una serie di eventi
concatenati, come la scarsità dei raccolti, le cattive condizioni climatiche e le
limitate scorte di prodotti agricoli in alcuni paesi, ha determinato una forte
impennata dei loro prezzi. Questo aumento, unito al costante incremento della
popolazione (si prevede che nel 2050 la Terra sarà abitata da 9 miliardi di
persone), ha fatto scattare l’allarme in alcuni paesi fortemente importatori di
materie prime agricole: quelli del Golfo Persico, l’Arabia Saudita, ma anche la
Corea del Sud e il Giappone. Da qui è iniziata la corsa all’accaparramento dei
terreni negli Stati più poveri.
Molto limitati sono stati finora gli interventi per arginarne l’espansione.
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
Non è stato solo l’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli a risvegliare
l’interesse per la terra. Anche il business degli agrocarburanti, cioè i
carburanti derivati dalla trasformazione di prodotti agricoli, e la recente crisi
finanziaria hanno contributo al dilagare del land grabbing. Aspetto sul quale è
necessario soffermarsi.
Vale la pena di ricordare, però, che l’idea di produrre carburante, per così dire
ecosostenibile, risale almeno agli anni Settanta. Quando i due shock petroliferi
e la conseguente crisi economica internazionale, la più grave dal dopo guerra,
indussero il governo brasiliano a investire sulla produzione di propellente
derivante dalla lavorazione della canna da zucchero, ovvero il bioetanolo.
Un’idea a suo tempo bizzarra che oggi permette al Brasile non solo di
soddisfare parte della domanda interna di carburante, ma anche di essere il
principale esportatore mondiale di bioetanolo.
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
In realtà, non è difficile prevedere che nel medio periodo, quando la domanda
di agrocarburanti aumenterà, le aziende coltiveranno la Jatropha anche nelle
zone fertili per massimizzare i profitti. Un fenomeno, peraltro, già in atto in
molti Stati africani e documentato da alcune Ong che operano nella regione.
Il tema della sicurezza energetica ha acquisito rilevanza dagli anni ’60 e ’70,
quando vennero effettuati i primi studi relativamente alle possibilità di
esaurimento delle risorse energetiche nazionali e, soprattutto, quando si
produssero le conseguenze e gli effetti degli shock degli anni ’73 e ’79. La
questione della sicurezza energetica si è riproposta in maniera pressante dai
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
primi anni di questo secolo ad oggi. La formula che si rivela sempre più
necessaria per affrontare le sfide che si presentano alla comunità
internazionale consiste nell’affrontare questo tema, che è sempre stato
considerato di esclusivo interesse nazionale, in maniera internazionale,
concertata, cooperativa e congiunta.
Sono gli Stati Uniti i primi consumatori mondiali e il loro bilancio energetico
è in deficit crescente: il 34% dell’energia consumata a livello nazionale è
importata, e sul totale del fabbisogno di petrolio, il 56% proviene da fonti
estere. La dipendenza europea supera il 56% dei consumi totali di energia, e il
60% del petrolio necessario proviene da giacimenti extraeuropei. Le economie
e la correlata domanda di energia di Paesi quali India, Brasile e, soprattutto
Cina, nell’ultimo decennio sono cresciute a ritmi molto elevati: dall’inizio del
secolo ad oggi il consumo di petrolio in Cina è andato aumentando del 7%
annuo.
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
E poi c’è la geopolitica: sia Russia che Arabia Saudita trarrebbero vantaggio
dall’aumento dei prezzi, ma a beneficiarne ancor più sarebbe Riad. L'IPO
(offerta pubblica iniziale di titoli azionari con cui una società colloca parte dei
titoli per la prima volta sul mercato borsistico,) di Saudi Aramco dovrebbe
avvenire tra meno di un anno e i sauditi hanno bisogno che il prezzo del Brent
sia di 80 USD/bbl per pareggiare il bilancio pubblico (contro i 55 USD/bbl
circa per Mosca). Inoltre la Russia, interessata all'IPO ma storicamente alleata
con l'Iran, nemico di Riad, ha un atteggiamento ambivalente nei confronti di
Saudi Aramco.
Su una cosa Mosca e Riad concordano: servono prezzi più bassi per
contrastare la crescente concorrenza americana. Con prezzi del WTI superiori
ai 70 USD/bbl anche i più costosi pozzi shale diventano redditizi. I fornitori di
servizi petroliferi stanno inviando un numero crescente di squadre
di fracking nei giacimenti di petrolio di scisto. Nell’immediato, l'industria
deve solo affrontare il problema dei trasporti e della carenza di manodopera.
Il calo dei prezzi del petrolio rischia di danneggiare alcuni produttori texani
ma andrebbe a vantaggio dei consumatori americani. In questo modo l'Arabia
Saudita aiuterebbe Trump a mantenere alta la pressione sull'Iran, senza paura
di compromettere i benefici economici derivanti dal suo intempestivo stimolo
fiscale. Sembra che gli Usa abbiano chiesto all’OPEC di aumentare le
forniture di circa 1 milione di barili al giorno. Questo spiega perché i sauditi
abbiano annunciato di voler aumentare la produzione durante un incontro con
i loro omologhi russi a fine maggio a San Pietroburgo. Il ritiro di Washington
dall'accordo sul nucleare rischia di destabilizzare la geopolitica del Medio
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
Secondo il World Food Program, soffre la fame chi per settimane, addirittura
mesi, assume meno delle 2,100 calorie necessarie a condurre una vita sana.
Ogni anno, quasi 11 milioni di bambini muoiono prima di raggiungere i 5
anni; la malnutrizione è la concausa del 53 per cento di queste morti (fonte
World Food Program).
In realtà, negli ultimi venti/trenta anni del XX secolo gli sforzi per combattere
questo problema sembravano aver raggiunto dei buoni risultati. A partire dal
1970 e fino alla fine del millennio, il numero di persone affamate è calato da
959 a 791 milioni, soprattutto grazie agli incredibili progressi nella riduzione
della malnutrizione in India e in Cina. Eppure, dalla fine degli anni 90, il
numero degli affamati cronici nei paesi in via di sviluppo è tornato a salire a
un ritmo di quasi 4 milioni di persone all' anno. Tra il 2001 e il 2003, il
numero di persone malnutrite nel mondo è arrivato a 854 milioni. Qualche
miglioramento si è registrato a partire dal 2009, quando, per la prima volta
dopo 15 anni, il numero di persone che soffrono la fame nel mondo è
diminuito, calando da 1,02 miliardi nel 2009 agli 805 milioni del 2013-2014.
Negli ultimi tempi però la cifra è tornata ad aumentare: secondo i dati
dell’ultimo rapporto della FAO (Food and Agriculture Organization, agenzia
dell’ONU) "The State of Food Security and Nutrition in the World 2018",
sono 821 milioni le persone sottonutrite nel mondo, cifra che corrisponde al
10,9% della popolazione globale, in crescita rispetto agli anni precedenti.
Questa inversione in atto, dopo i progressi degli ultimi decenni, mette
seriamente a rischio il raggiungimento dell’obiettivo dell'azzeramento della
fame nel mondo entro il 2030, come prevede L’Agenda 2030 per lo Sviluppo
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
Con 515 milioni di persone che soffrono la fame, l’11,4 per cento dell’intera
popolazione, l’Asia si conferma la regione con il più alto numero di persone
denutrite nel mondo. Una cifra in aumento, dopo che nel decennio scorso i
progressi raggiunti in questa area avevano fatto diminuire il numero delle
persone in tale condizione. Uno sguardo più approfondito al contesto asiatico
rivela come la regione sud orientale e quella occidentale siano le aree più
colpite dalla fame. L’Asia sud orientale è stata colpita da condizioni
climatiche avverse (alluvioni e monsoni) che hanno avuto un impatto sulla
disponibilità e sui prezzi delle risorse alimentari. Mentre per l’Asia
occidentale i motivi vanno ricercati nei prolungati conflitti armati che hanno
attraversato la regione.
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
L’analisi dei dati raccolti dalla FAO in più di 140 paesi rivela che, in Africa,
Asia e America Latina, la prevalenza della grave insicurezza alimentare è
leggermente più diffusa tra le donne rispetto agli uomini, con la più grande
differenza tra generi riscontrata in America Latina
Negli ultimi anni sono stati compiuti scarsi progressi nella lotta agli effetti
della malnutrizione infantile sullo sviluppo dell'infanzia. Nel 2017 sono stati
151 milioni i bambini sotto i cinque anni affetti da ritardo nell'altezza dovuto
alla malnutrizione, rispetto ai 165 milioni del 2012.
Per quanto riguarda le donne, una donna su tre in età fertile, nel mondo, è
affetta da anemia. Nessuna regione del pianeta ha mostrato negli ultimi anni
un calo nella diffusione dell'anemia femminile, e l'incidenza del fenomeno fra
le donne africane e asiatiche è quasi tripla rispetto alle donne nord-americane.
Uno scarso accesso a un cibo nutriente a causa del suo costo più elevato, lo
stress e gli adattamenti fisiologici alla privazione del cibo aiutano a spiegare
perché le famiglie con insicurezza alimentare possano avere un maggiore
rischio di sovrappeso e obesità.
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
I motivi alla base della persistenza del problema della fame nel mondo sono
diversi e spesso collegati fra loro. Proviamo ad esaminare i principali:
Povertà:
Le persone che vivono in povertà non possono permettersi cibo nutriente per
sé e per le loro famiglie. Ciò le rende deboli e meno capaci di lavorare,
studiare, apprendere e spostarsi. Le rende cioè incapaci di dotarsi di quegli
strumenti e quelle competenze necessarie per sottrarsi alla povertà e, quindi,
alla fame. Nei paesi in via di sviluppo, gli agricoltori spesso non possono
permettersi l’acquisto di sementi, perciò non possono piantare le colture in
grado di sfamare loro e gli altri membri della famiglia. È possibile che
debbano coltivare i campi senza la strumentazione e i fertilizzanti necessari. In
altri casi, è la terra, l’acqua o l’istruzione a mancare. Il risultato è lo stesso: i
poveri soffrono la fame, e la fame li intrappola nella loro condizione di
povertà. Il problema non ha solo conseguenze di breve termine: quando i
bambini soffrono la malnutrizione cronica, o il ‘deficit di sviluppo’, ciò può
compromettere le loro capacità, condannandoli a una vita di povertà e stenti.
Guerre e conflitti:
Nel mondo, i conflitti compromettono sistematicamente l’agricoltura e la
produzione alimentare. I combattimenti, inoltre, costringono milioni di
persone ad abbandonare le loro case e producono vere e proprie emergenze
alimentari, poiché gli sfollati dal conflitto si ritrovano senza i mezzi per
sfamarsi. Esempio recente di questa dinamica è la guerra che, negli ultimi
anni, ha riguardato la Siria e che ha determinato l’esodo di 6 milioni di
persone in fuga da violenze e persecuzioni. Persone per le quali era, ed è
tuttora, necessario rimediare un tetto, ma anche cibo e acqua.
Durante le guerre, il cibo diventa talvolta un’arma di guerra. I militari sono
determinati ad affamare i nemici fino alla capitolazione attraverso
l’accaparramento e la distruzione di cibo e bestiame, assieme alla
devastazione dei mercati locali. I campi vengono spesso minati e i pozzi
d’acqua contaminati, costringendo gli agricoltori ad abbandonare le loro terre.
Nel corso degli ultimi dieci anni, i conflitti sono aumentati drasticamente e
sono diventati più complessi e di difficile risoluzione. Questo è un campanello
d'allarme che non si può ignorare: non porremo fine alla fame e a tutte le
forme di malnutrizione entro il 2030 se non affrontiamo tutti i fattori che
minano la sicurezza alimentare e l'alimentazione. Degli 821 milioni di persone
che soffrono la fame, circa 500 milioni vivono in paesi colpiti da conflitti e la
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
prevalenza della fame nei Paesi colpiti dal conflitto è di 1,4 - 4,4 punti
percentuali superiore a quella di altri Paesi.
Agli inizi del 2017, per diversi mesi, la carestia ha colpito alcune parti del Sud
Sudan e c'è il rischio che possa riapparire nel Paese e in altre zone colpite da
conflitti, vale a dire nel nordest della Nigeria, in Somalia e nello Yemen.
Clima:
Disastri naturali come alluvioni, tempeste tropicali e lunghi periodi di siccità
sono in aumento – con conseguenze drammatiche per chi soffre fame e
povertà nei paesi in via di sviluppo. La siccità è una delle cause più comuni
della scarsità di cibo nel mondo. Nel 2011, fenomeni di siccità ricorrenti
hanno vanificato il raccolto e provocato gravi perdite di bestiame in aree
dell’Etiopia, della Somalia e del Kenya. Nel 2012, una situazione simile si è
verificata nella regione del Sahel nell’Africa occidentale. In molti paesi, il
cambiamento climatico sta aggravando condizioni naturali già avverse.
Sempre di più, i terreni fertili nel mondo sono minacciati dall’erosione, dalla
salinizzazione e dalla desertificazione. La deforestazione per opera dell’uomo
sta accelerando l’erosione di suoli che potrebbero essere utilizzati per la
coltivazione.
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
Spreco alimentare:
Un terzo di tutto il cibo prodotto (1,3 miliardi di tonnellate) non viene mai
consumato. Lo spreco alimentare rappresenta un’opportunità mancata per
migliorare la sicurezza alimentare globale in un mondo dove una persona su
nove soffre la fame. Produrre questo cibo richiede l’utilizzo di risorse naturali
preziose di cui abbiamo bisogno per nutrire il pianeta. Ogni anno, il cibo
prodotto ma non consumato assorbe un volume d’acqua equivalente al flusso
del fiume Volga, in Russia. Produrre cibo, inoltre, incrementa l’emissione di
gas serra nell’atmosfera di 3,3 miliardi di tonnellate, con conseguenze per il
clima e, in ultima analisi, per la produzione alimentare.
Cambiamenti climatici:
Tra le diverse cause appena elencate, meritano un particolare approfondimento
le problematiche ambientali. Il cambiamento climatico e i fenomeni
ambientali violenti stanno già influenzando la capacità produttiva agricola e la
disponibilità di cibo e ciò renderà difficile raggiungere quegli obiettivi
necessari per eliminare il problema della fame nel mondo: assicurare la
sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere una agricoltura
sostenibile.
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
Al termine dell’analisi sulla diffusione e delle cause della fame nel mondo, il
rapporto della FAO “The State of Food Security and Nutrition in the World”
evidenzia gli interventi necessari per affrontare tali problematiche e fare in
modo che in futuro si possa invertire il trend che ha visto aumentare negli
ultimi anni le persone colpite dalla fame e dall’insicurezza alimentare.
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
Nel mondo esistono casi molto significativi come quello della Cina. Dal 1985,
anno di istituzione del primo PST, lo Shenzhen Science and Industry Park,
sono stati avviati decine di PST che stanno attivamente sostenendo la crescita
industriale nel campo delle nuove tecnologie.
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
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Geografia economico politica Modulo 8° - Temi e Questioni Geoeconomiche
BIBLIOGRAFIA
Pagnini M., Sanguin, A., Storia e teoria della Geografia politica: Una
prospettiva internazionale, Roma, Edicusano, 2015.
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Corso di Laurea in Scienze della Formazione
INSEGNAMENTO DI
GEOGRAFIA ECONOMICO POLITICA
A cura di
Giuseppe Terranova
Geografia economico politica Modulo 9° - Casi studio
SOMMARIO MODULO 9°
Casi studio
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Geografia economico politica Modulo 9° - Casi studio
Verso la fine del diciannovesimo secolo incomincia a emergere tra gli ebrei
residenti in Europa centrale ed orientale un movimento politico internazionale,
il Sionismo. Il fine ultimo di tale movimento era l’affermazione del diritto
all’autodeterminazione del popolo ebraico mediante la creazione di uno stato
ebraico in Palestina. Ai primi del ‘900 gli ebrei in Terra Santa erano pochi,
non più di 50-60 mila, concentrati soprattutto a Gerusalemme e nelle
immediate vicinanze.
Intanto, in seguito alla sconfitta dell’Impero ottomano durante la I Guerra
Mondiale, nel gennaio del 1916, Francia e Gran Bretagna firmano il Trattato
di Sykes-Picot. Con questo accordo, le due potenze definirono le proprie sfere
di influenza in tutto il Medio Oriente. Alla Gran Bretagna venne riconosciuta
influenza esclusiva nel basso Iraq e in tutti i territori della Mezzaluna Fertile,
dalla Palestina al golfo Persico. Mentre alla Francia venne concesso un
territorio che si estendeva dalla Siria al Libano sino a Mosul, nell’alto Iraq.
Le potenze europee hanno sempre avuto un ruolo centrale nel modellare il
futuro di questa regione. A tal proposito, rispetto alle vicende che porteranno
alla nascita dello Stato d’Israele, è opportuno ricordare anche la dichiarazione
di Balfour. Nel 1917 il ministro degli Esteri britannico, Arthur James Balfour
indirizzò una lettera al presidente onorario della Federazione sionista, lord
Lionel Rothschild, nella quale dichiarava che “Il governo di Sua Maestà vede
con favore la fondazione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo
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Geografia economico politica Modulo 9° - Casi studio
Nel 1925 gli ebrei immigrati in Palestina erano già 122 mila. Nel corso degli
anni Venti iniziarono i primi episodi di violenza tra i nuovi coloni e gli
abitanti storici di quella regione, che mostrarono così la complicata situazione
che si stava andando a innescare già agli inizi degli anni Trenta, in
concomitanza con l’avvento del nazismo in Europa. Infatti, le persecuzioni
hitleriane fecero registrare i massimi picchi storici di arrivi ebraici in Terra
Santa. Inizia così a diffondersi nelle cancellerie europee l’idea di dividere la
Palestina in due stati, uno arabo e uno ebreo, ma la popolazione ebraica
respinse la proposta.
La prospettiva di una guerra tra Gran Bretagna e Israele spinse gli americani
ad intervenire per un cessate il fuoco. Da quel momento l’allora ministro della
difesa israeliano ordinò la conclusione delle operazioni militari. Gli israeliani
si erano aggiudicati il Negev, tranne l’area che presto fu chiamata “striscia di
Gaza”. In quel preciso momento si crearono le condizioni per lo svilupparsi di
una questione palestinese. Come sostenne lo storico francese Maxime
Rodinson: “La causa profonda del conflitto è l'insediamento di una nuova
popolazione su un territorio già occupato, insediamento non accettato dalla
popolazione del luogo. Il conflitto ci appare così, essenzialmente, come la
lotta di una popolazione indigena contro l'occupazione straniera del suo
territorio nazionale”.
Questo nuovo stato di cose pose le due popolazioni di fronte ad una situazione
completamente nuova che presto divenne un serrato confronto tra due
nazionalismi. I nuovi confini dello Stato furono quelli raggiunti dai soldati
israeliani nel 1949, l'immigrazione non ebbe più limiti e, nel 1950, la Knesset
(il parlamento israeliano) promulgò una legge considerata fondamentale, la
Legge del Ritorno, in base alla quale: “Ogni ebreo ha diritto di stabilirsi in
Israele come immigrato”. Questa Legge, dunque, garantì la cittadinanza
israeliana ad ogni ebreo del mondo, sulla base dell'appartenenza religiosa,
purché si trasferisse in Israele con l'intenzione di viverci e di rimanervi a
condizione (se ancora in età) di compiere il servizio militare che per gli
uomini dura tre anni e per le donne un anno. La situazione dei palestinesi alla
fine della guerra apparve assai complicata, aggravata dal problema dei
profughi che, da allora, divenne un problema mai risolto. Nel tempo, i
palestinesi disseminati nei territori confinanti diventarono circa 922 mila, la
maggior parte (512 mila) in Giordania, 216 mila nel territorio con epicentro a
Gaza, 102 mila in Libano, 90 mila in Siria.
Si chiuse così la fase del coinvolgimento diretto degli Stati arabi in guerre
dichiarate contro Israele, mentre nella lotta per la liberazione della Palestina
assunse un peso sempre più rilevante l'Organizzazione per la Liberazione della
Palestina (OLP), che nel 1974 fu ammessa all'assemblea generale dell'ONU
con lo status di "osservatore", in qualità di rappresentante del popolo
palestinese. L’OLP si apprestò a diventare il soggetto protagonista della storia
politica palestinese, insieme ad una delle figure storiche: Yasser Arafat, capo
del movimento Al Fatah.
Il 17 settembre 1978 il Presidente egiziano Sadat e il primo ministro israeliano
Begin sotto la supervisione del presidente americano Jimmy Carter firmarono
gli accordi di Camp David. Gli accordi prevedevano di istituire una autonoma
autorità auto-disciplinante in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, ed attuare
pienamente la Risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza ONU, che
prevedeva un ritiro militare israeliano ed il reciproco riconoscimento tra gli
stati.
Nel dicembre del 1987, un incidente che portò la morte di 4 giovani del campo
profughi di Jabaliyya fu la scintilla per lo scoppio di quella che è nota come
“prima Intifada”, una rivolta spontanea che, come è noto, culminò nell’evento
simbolo dell’uccisione da parte dei soldati israeliani di un giovane palestinese,
il fatto ebbe un effetto-rete che fece da detonatore per altre rivolte. La “rivolta
delle pietre” nacque e si espanse in maniera spontanea. Le immagini dei
rivoltosi palestinesi disarmati che scagliavano pietre contro l’esercito più
addestrato del mondo scosse sia Israele che l’opinione pubblica internazionale.
In concomitanza con lo scoppio della prima Intifada, infatti, nacque un nuovo
movimento islamico che prese parte all’Intifada senza riconoscersi nell'OLP.
Si trattava di Hamas, il cui obiettivo dichiarato consisteva nella creazione di
uno Stato islamico palestinese, escludendo qualsiasi possibilità di una
mediazione con Israele. Intanto ad Algeri, nel novembre del 1988, si tenne una
riunione dell’OLP che, con il riconoscimento della risoluzione 338, proclamò
la rinuncia al terrorismo e la fondazione dello stato arabo di Palestina,
riconosciuto successivamente da 90 paesi.
In questo clima di tensioni, sia interne che esterne, si arrivò all'estate del 1993,
grazie a uno scambio di lettere tra Yasser Arafat e Yitzhak Rabin
supervisionato dal ministro norvegese degli Affari Esteri Johan Joergen Holst,
alla formalizzazione del reciproco riconoscimento di Israele e dell'OLP, come
preliminare alla firma di una dichiarazione di principi. Gli Accordi di Oslo
furono la conclusione di una serie di intese segrete e pubbliche messe in moto,
in particolare, dalla Conferenza di Madrid del 1991, e dai negoziati condotti
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tenutosi nel luglio 2000, Barak offrì ad Arafat uno Stato palestinese sul 90%
della Cisgiordania e il ritorno dei rifugiati palestinesi nello Stato palestinese,
ma non in Israele. Tuttavia, Barak non riuscì a convincere con le sue proposte
il suo antagonista Arafat sui termini definitivi della pace e le trattative
conobbero così un cocente fallimento.
Il fallimento del tentativo degli accordi di Oslo di portare alla nascita di uno
Stato palestinese provocò un aumento delle tensioni. Dalla firma degli accordi,
gli insediamenti israeliani erano continuati ad aumentare, raddoppiando la
popolazione di coloni israeliani in Cisgiordania. La scintilla che fece
precipitare la situazione fu, il 28 settembre 2000, la visita di Ariel Sharon, di lì
a breve nuovo primo ministro di Israele, al Monte del Tempio, sacro sia per gli
ebrei, sia per i musulmani. In breve scoppiò una nuova rivolta palestinese,
nota come seconda intifada, più violenta della prima e caratterizzata da un
aumento degli attentati suicidi palestinesi. Le tensioni e la violenza si
intensificarono fino a quando Sharon scatenò un'ampia offensiva militare
(detta Operazione Scudo difensivo) nelle principali città della Cisgiordania.
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Gli ultimi sviluppi sul piano internazionale non sembrano andare nella
direzione di una risoluzione pacifica né, tantomeno, di possibili passi in
avanti. Le affermazioni del presidente americano Trump sulla condizione di
Gerusalemme come legittima capitale dello Stato di Israele hanno scatenato
diverse proteste, scaturite spesso in scontri tra la popolazione palestinese e le
forze di polizia israeliane. Una situazione di tensione costante, che sembra
potersi riaccendere in ogni momento.
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considerano uno stato indipendente, altri (tra cui Usa, Germania e Regno
Unito) un insieme di territori sotto l'occupazione israeliana.
- I profughi: sono 7 milioni circa. La Palestina chiede che sia concesso loro
di tornare nella terra che fu dei padri, nell'attuale Israele, e godere di pieni
diritti. Tel Aviv si oppone perché, nel caso in cui questo accadesse, la
popolazione ebraica sarebbe in netta minoranza.
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Geografia economico politica Modulo 9° - Casi studio
Nei primi anni del novecento l’Italia provò a rientrare in scena con una
politica di riavvicinamento all’Etiopia da cui scaturì un Trattato di commercio
e amicizia, datato 21 luglio 1906. Questo accordo ebbe l’importanza politica
di costringere Francia e Inghilterra ad ammettere la presenza di interessi
italiani nella regione. In base a questo scenario, nel dicembre del 1906
Inghilterra, Francia e Italia firmarono il patto tripartito, per una eventuale
spartizione del territorio etiopico, nel caso in cui fosse scoppiato l’impero
africano, ma ciò non accadde. La propaganda fascista utilizzò la sconfitta
subìta ad Adua nel 1896, come una giustificazione all’occupazione in Etiopia
e, dopo anni, i capi del fascismo volevano una rivincita per recuperare l’onore
nazionale. Nel 1935/1936, Mussolini riuscì a far accantonare il patto del 1906,
riuscendo così ad ottenere mano libera in Etiopia. La scusa, che passerà alla
storia come la causa scatenante della guerra tra Italia ed Etiopia, fu l’incidente
ad Ual, il 5 dicembre 1934, ovvero lungo la linea di frontiera tra l' Etiopia e la
Somalia italiana, in cui ebbe luogo uno scontro armato che vide truppe
etiopiche attaccare il presidio italiano, occupato dalle truppe coloniali, per il
possesso della omonima località di confine.
L’avanzata sul territorio etiope avvenne da due lati. Dall’Eritrea, sul fronte
nord, varcano la linea di confine tre corpi di armata, uno dei quali composto
da ascari, guidati da De Bono; dal fronte sud, sul confine con la Somalia
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Nella prima fase alla guida delle forze italiane vi era Emilio De Bono, in cui
Mussolini si aspettava una vittoria che non ci fu; nella seconda fase ci fu la
sostituzione di De Bono con il generale Pietro Badoglio e la terza fase vide
Badoglio che riuscì ad ottenere lo sgretolamento delle linee avversarie
attraverso delle battaglie campali fino alla conquista di Addis Abeba.
Mussolini inviò il comandante De Bono (senatore e poi ministro delle
Colonie) in Eritrea con il compito di portare l’aggressione in Etiopia. Nel
momento in cui il comandante iniziò le operazioni per la conquista
dell’Etiopia decise di oltrepassare, il 3 ottobre, il Mareb (che segnava all’epoca
il confine tra Eritrea, colonia italiana, e l’impero etiopico) e ordinò ai tre corpi
di armata di iniziare il primo salto, il cui obiettivo era la linea Adigrat- Adua-
Axum. Il concetto di De Bono era di dirigersi contemporaneamente verso la
posizione Adigrat – Adua per essere pronti ad un eventuale attacco ma,
invece, le truppe italiane, il 15 ottobre, penetrarono nel territorio etiopico
senza alcuna resistenza da parte di essi. Nel frattempo sul fronte sud Graziani
era avanzato per modificare un vantaggio al confine. A metà ottobre, tanto a
nord quanto al sud, il primo salto era compiuto. Mussolini incitò i due
comandanti ad ottenere obiettivi più avanzati, ma si trovavano in situazioni
diverse, poiché Graziani era interessato ad un’offensiva strategica al fronte sud
(fronte secondario), ma aveva pochi uomini e mezzi a disposizione. Invece De
Bono aveva molti uomini e decise di rafforzarsi sulle proprie posizioni
aspettando le forze etiopiche per batterle. Mussolini sollecitò De Bono per la
conquista di Macallè. Il piano di De Bono era quello di far avanzare due corpi
d’armata su Macallè, ovvero il primo e il gruppo d’armata indigeno.
L’operazione iniziò il 3 novembre e la città venne occupata l’8 novembre.
Così facendo venne sbilanciato al sud, il lato sinistro dello schieramento
italiano. La guerra d’Etiopia, oltre ad aver avuto carattere fascista, fu una
anche una battaglia costosa, poiché il duce decise di non porre un limite alle
spese coloniali, tutto ciò per raggiungere i propri obiettivi di prestigio
internazionale e interno.
Sul fronte sud (somalo) vi era Rodolfo Graziani che, inizialmente, dovette
rimanere sulla difensiva, principalmente a causa della carenza di mezzi
necessari per poter lanciare l’offensiva. Graziani fu un generale particolare per
l’esercito italiano e fece la domanda per prestare servizio in Africa soprattutto
in Eritrea e poi in Libia e, proprio qui, dimostrò la sua spietatezza. Egli era un
uomo ambizioso, pieno di enfasi e popolare soprattutto tra i giovani. Il
Generale, sul fronte sud, temeva un’azione sul lato sinistro e alle spalle del
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Geografia economico politica Modulo 9° - Casi studio
Dallo scontro tra truppe italiane ed etiopiche nascono della grandi battaglie
che prendono il nome dei luoghi in cui furono combattute e in ognuna delle
quali fu sconfitto un gruppo. Come quella del Tembien, dove furono assaliti i
primi etiopi; poi quella dell’Endertà o dell’Amba Aradam. Successivamente
Badoglio lanciò la seconda battaglia del Tembien e, infine, con il conflitto
dello Scirè furono annientati tutti i ras. In seguito a queste vittorie, l’Etiopia
settentrionale non aveva più una protezione, infatti il fronte nord si liberò di
tutti i maggiori corpi etiopici, a parte quello del negus. Gli italiani si
organizzarono per l’assalto finale: il 24 aprile iniziò l’avanzata sulla capitale
che Badoglio volle chiamare “la marcia della ferrea volontà”, definita cosi
poiché durò dieci giorni, giorni di enfasi e di sforzi. La marcia fu organizzata
in tre colonne, ovvero un’autocarrata con tutti i corpi di tutte le armi
combattenti e due di truppe indigene, che vennero messe su tre strade parallele
dirette ad Addis Abeba. Il 2 maggio una colonna della brigata indigena era
arrivata sulle sporgenze della capitale, intanto il negus era fuggito dal paese.
Successivamente Mussolini e Badoglio concordarono sul fatto che non
potevano essere questi soldati africani ad entrare trionfalmente nella capitale
che, dunque, fu lasciata nel caos per tre giorni. Nei disordini di Addis Abeba
morirono 14 europei e 500 etiopici. Questa vicenda venne sfruttata dalla
propaganda fascista per sottolineare il fatto che l’Etiopia era barbara e in
grado di creare solo caos. Infine, il 5 maggio del 1936, Badoglio entrò nella
capitale etiopica. Mussolini e il fascismo avevano debellato Hailé Selassié e il
suo impero etiopico.
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del Governo Francese che assegnò l’arcipelago allo Yemen. Nell’anno in cui
si risolse la controversia con lo Yemen, peggiorarono i rapporti con l’Etiopia
che finirono in una guerra. Prima di giungere allo scontro, il neo stato eritreo
ebbe degli ottimi rapporti economici con l’Etiopia, infatti l’Eritrea divenne lo
sbocco sul mare preferito dall’Etiopia con il porto di Assab. Le prime
avvisaglie di crisi tra i due paesi, si verificarono proprio su questioni daziarie
riguardo il porto di Assab. Il peggioramento dei rapporti tra Etiopia ed Eritrea
fece venir fuori il problema della definizione dei confini tra di loro e, tutto
questo, portò alla famosa guerra del 1998 a cui si susseguirono altri conflitti
ed altri morti.
scoppio della guerra tra i due paesi. Questo ha avvicinato i due governi e
facilitato l’intesa. Con le recenti visite di una delegazione eritrea ad Addis
Abeba e del Primo Ministro etiopico Abiy Ahmed ad Asmara si completa il
processo di riavvicinamento fra Eritrea ed Etiopia, avviato alcuni mesi fa con
l’accettazione da parte etiopica dei confini decretati dall’Eritrea – Ethiopia
Boundary Commission dopo l’accordo di Algeri del 2002. Ci sono volute
poche settimane per arrivare alla dichiarazione di pace che ha portato alla fine
dello “stato di guerra” che da vent’anni turbava le relazioni fra Etiopia ed
Eritrea. Attraverso un incontro avvenuto il 9 luglio 2018 ad Asmara, i leader
di Etiopia ed Eritrea, Abiy Ahmed e Isaias Afwerki, hanno dato vita ad un
cambiamento radicale dei rapporti fra i due paesi.
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L’acronimo ISIS sta per “Islamic State of Iran and Al Shām” e ha incluso
quei territori che vanno tra Siria e Iraq sunnita. “ Al Shām” è la parola che
comprende tutta la zona tra Siria, Libano, Israele, Palestina e Giordania. Ma vi
è anche un secondo nome (meno conosciuto) che indica il gruppo dei
combattenti come ISIL (the Islamic State of Iraq and the Levant), che
controlla quei luoghi che si dispongono da Raqqa a Tkrit, Ramadi e Mosul.
Il 29 giugno 2014, diverse fazioni jihadiste che avevano già operato in Libia,
decisero di giurare fedeltà ad Al Baghdadi, portando così alla creazione in
Libia del califfato islamico. Alla fine del 2016 le forze degli Stati Uniti e del
Governo di Accordo Nazionale Libico hanno liberato dallo Stato islamico la
città libica di Sirte (roccaforte dell’ISIS in Libia).
Gli attentati più gravi che sono stati attribuiti allo Stato islamico sono quello
di Parigi del 7 gennaio 2015, quando due miliziani del califfato penetrarono
nella sede del giornale satirico Charlie Hebdo, uccidendo dei redattori in
risposta ad alcune vignette satiriche su Maometto. Sempre a Parigi, un
commando dell’ISIS entrò in azione nella sera del 13 novembre 2015, in cui
vennero attaccati il teatro Bataclan, lo Stade de France e anche diversi locali
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Geografia economico politica Modulo 9° - Casi studio
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Geografia economico politica Modulo 9° - Casi studio
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