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Vi 

piace la geografia? (Armond Frèmont)


 
PARTE PRIMA: FARE GEOGRAFIA
La geografia contemporanea si caratterizza per alcuni tratti fondamentali;ne scegliamo quattro:
1.un’affermazione: Non esiste geografia senza geografi. Il geografo è una figura della storia,delle
scienze,dell’avventura, della scoperta. Il geografo conserva una distanza critica di fronte agli elementi e agli
oggetti che studia.
2.uno strumento: Il geografo non è nulla senza la sua carta. Il geografo costruisce le sue carte,le utilizza e
comunica attraverso di esse. Le carte sono di diverse tipologie. Fare una buona geografia significa anche saper
leggere e interpretare le carte.
3.un concetto: Sulla superficie della Terra nulla è banale. Gli uomini e le cose hanno generalmente interagito tra
loro tanto che combinazioni più o meno stabili di questi due elementi sono alla base della trama organizzativa
dello spazio.
4.una domanda: La geografia è una scienza?La geografia è un’arte?In realtà è un po’ l’una e l’altra. Da un lato la
geografia è rigida nelle sue classificazioni,rigorosa nelle sue dimostrazioni. La geografia è anche sensibile
 
Capitolo 1. IL GEOGRAFO
 
1.1 La geografia senza geografi
Esiste una geografia senza geografi? “geografia” è l’unione di due vocaboli greci “geo”(la Terra) e “grafia” (la sua
descrizione). Non è possibile immaginare una descrizione senza colui che descrive,
una geografia senza uomini che descrivano. Essi riconoscono lo spazio;danno nome ai luoghi,o meglio ancora,si
orientano,osservano e si osservano. Dello spazio terreste,i geografi hanno una rappresentazione. E così si
costruiscono una geografia su misura. L’Inghilterra è su di un’isola,ma è anche un territorio che gli inglesi e i loro
antenati hanno costruito e riconoscono come loro,e tutto ciò significa che è molto più di un’isola. La storia registra
una prima presenza della geografia,molti secoli prima di Cristo,nell’antica Grecia,e forse anche presso gli egizi,i
fenici;lo testimoniano l’esistenza di racconti,le enumerazioni di paesi,gli abbozzi di carte geografiche. Quando si
parla di scala degli accampamenti si delinea una geografia della preistoria ricostruita scientificamente dagli
studiosi. Ma non è esagerato concludere che anche agli stessi uomini della preistoria è stato necessario, in
mancanza di geografia e geografi,un certo senso geografico. Questo stesso senso geografico gli antropologi ,per
primi,lo hanno riconosciuto nei popoli che studiavano, fra gli indios nei loro accampamenti e lungo gli itinerari
della foresta amazzonica, fra i popoli delle isole dell’ Oceania.

1.2 L’olimpo dei geografi


La geografia nasce con i greci. I greci antichi hanno avuto il senso del racconto e della scrittura;sono navigatori e
abitano in un mondo di isole;di penisole e di mari,i cui confini poco conosciuti incitano al viaggio e all’avventura.
Essi osservano il cielo:sono astronomi e matematici. Essi riuniscono,in definitiva,tutte le condizioni di una
geografia di portata universale nella quale possono identificarsi i geografi contemporanei.
Erodoto(v sec. a.C.) à percorre le città greche,i confini dell’Impero persiano,l’Egitto,l’Asia Minore, e nei suoi
racconti e descrizioni unisce storia,mitologia e geografia
Eratostene( III sec. a.C.) à calcola la misura della circonferenza terrestre e abbozza una suddivisione dei climi.
Tolomeo(II sec. a.C.) à è senza dubbio il più “moderno” di tutti,riconobbe e studiò la sfericità della Terra;compie
dei viaggi,si interessa agli abitanti della Terra;elabora una carte del mondo abitato.
 I veri eredi dei greci sono i geografi arabi. Stupisce il silenzio della geografia medievale durato parecchi secoli,con
la sola eccezione degli arabi. Si tratta,forse,di una nostra ignoranza,sviata dalla prospettiva eurocentrica che ci
condiziona. O forse dobbiamo riconoscervi una certa nostra incapacità. Rinchiusa nel sistema feudale,soffocata
dalle credenze della Chiesa di Roma,radicata in un’economia contadina,l’Europa medievale non ha detto quasi
nulla della sua geografia,se non indirettamente per mezzo delle cronache.
In Cina:
Marco Polo
Yu il Grande(2000 anni fa) à fondatore della dinastia dei Xia. Egli fa misurare la “lunghezza” della Terra,quadrata,a
differenza del cielo,rotondo;stabilisce i confini del suo regno e di quelli che lo circondano;distingue le regioni aride
da quelle umide;dedica particolare attenzione all’idraulica:è da considerarsi il primo dei geografi.
La geografia moderna compare soltanto dopo le grandi scoperte del xv secolo e del Rinascimento.
Le prime figure sono quelle del navigatore e del cartografo,indispensabili per scoprire e per rappresentare il
mondo. Portoghesi,innanzitutto, e poi spagnoli,inglesi,olandesi,francesi,tedeschi,
questi ultimi particolarmente importanti per le loro carte geografiche.
Alexandre von Humboldt(1769-1859) à pratica una geografia d’avventura nel suo viaggio di oltre 10000km
attraverso l’America del Sud,in particolare nel cuore dell’Amazzonia e delle Ande. In modo scientifico egli
annota,compie rilievi,prelievi,misurazioni,abbozza carte geografiche e schizzi di vario genere. Conosce bene la
botanica e la geologia,le forme dei rilievi,le usanze degli indiani o dei neri,il cui sfruttamento suscita la sua
indignazione.
A partire dalla seconda metà del XIX secolo,la geografia entra,accanto alla storia e alle scienze naturali,nelle
università dei grandi paesi industrializzati,e diventa disciplina accademica in Gran Bretagna,negli Stati Uniti,in
Francia,In Germania ecc.
“nuova geografia” à fatta di rigore,di misure,di valori quantitativi, di necessità teoriche
“nuova nuova geografia” à più aperta,più filosofica,più umanistica

1.3 Quattro ritratti per un geografo


1.3.1 Il viaggiatore
Il geografo tradizionale viaggia. Il geografo ha il desiderio di vedere. Fra tutti i sensi la vista è il più prezioso per un
geografo. Quest’ultimo ha voglia di vedere dal vivo anche se utilizza fotografie, scritti, carte, Internet,statistiche e
molti altri strumenti oggi a sua disposizione. Il geografo vuole vedere direttamente i vari paesaggi,i paesi,i
quartieri urbani,gli uomini o i suoi colleghi sparsi per il mondo. Il professore di geografia non cessa mai di
partecipare ai congressi o di esplorare il terreno che è fonte e alimento della geografia contemporanea.
1.3.2 L’ingegnere e il cartografo
Cartografi e ingegneri producono carte e rappresentazioni geografiche,con una precisione sempre maggiore. Gli
ingegneri,i cartografi lavorano perlopiù all’interno di equipes pluridisciplinari,
soprattutto di scienze umane,in collaborazione con giuristi,economisti o sociologi,ma anche agronomi,ingegneri
tout court,amministratori. Hanno dimenticato la grandezza e il servilismo accademici,e prediligono invece
maggiore semplicità,pragmatismo,utilitarismo. Nei loro studi,
devono anche essere ambiziosi.
1.3.3 Il geografo dei numeri
Molti geografi vanno pazzi per i numeri. Tutti gli uomini del grande Olimpo geografico hanno più o meno sempre
avuto a che fare con i numeri. Conferiscono ordine,chiarezza,ragione ai numeri,facendo rabbrividire i geografi
della soggettività. Due grandi fonti hanno dato ai geografi la familiarità con i numeri: 1)la misura dei fenomeni
spaziali  2) i censimenti della popolazione.
Il computer ha permesso poi al ricercatore,nel frattempo diventato professore,di essere oggi un
assoluto competente della geografia quantitativa. Grazie ai numeri,provò interesse per l’astrazione ed elaborò
delle teorie,come mai avevano fatto i geografi,al punto da utilizzare linguaggi oscuri,
riservati a pochi intenditori.
1.3.4 Con i piedi nel fango
Il geografo è di solito di origine modesta e spesso ha ascendenti contadini. Ha fatto esperienza di una trafila di
duri lavori e non di cursus brillanti. Quasi mai appartiene all’alta classe intellettuale corteggiata dai media. Il
geografo garantisce il proprio sapere nel contatto con una materia palpabile, viva e in continua trasformazione.
Deve dunque assumere costantemente su di sé il legame tra il mondo reale e quello intellettuale:da qui il fatto
che spesso abbia i piedi inzaccherati nel fango. Una delle sue parole chiave è il “terreno”,inteso come la terra del
contadino. Il geografo ha bisogno di vedere,ma gli piace anche toccare,sentire,gustare,ascoltare,pagare egli stesso
in prima persona e con il proprio corpo. Uomini e donne che oggi fanno geografia riuniscono in sé,in modi
diversi,un po’ di questa tradizione e di queste innovazioni. Lavorano su carte e computer. Padroneggiano bene i
numeri e producono essi stessi delle carte. Escogitano nuove formule per afferrare meglio le ripartizioni,le
relazioni,le combinazioni. E vogliono anche andare a vedere di persona sul posto,sul campo,gli uomini,le risaie e il
quartiere “difficile”. Usano la macchina fotografica come un terzo occhio.
 
Capitolo 2. LA CARTA GEOGRAFICA
Il bambino ama le carte geografiche,tanto da esserne a volte affascinato. Il bambino viaggia con la fantasia. La
carta gli mostra quel che conosce molto bene,ma anche cose che ignora e che forse un giorno conoscerà. La carta
geografica si colloca nell’universo della prima infanzia,ricco di creatività di immediatezza, di molteplici
interrogativi,a volte quasi metafisici,e in quello dello scolaro che forma la sua razionalità. La carta possiede ancora
i colori sgargianti dei disegni dei bambini,ma stimola anche il ragionamento serrato del ragazzo. La carta ha subito
molte trasformazioni nell’arco di due o tre generazioni. Resta ancora molto spesso appesa vicino alla lavagna nelle
aule scolastiche, il bambino di oggi preferisce la tastiera di un computer. La scoperta della carta rimane
altrettanto densa di stupore,senza dubbio meno avvolta di mistero,ma forse più vertiginosa. La geografia è
cambiata,il mondo è cambiato e anche il bambino di oggi è cambiato.

2.1 Uno strumento


La carta è innanzitutto uno strumento,dai molteplici usi. I greci,matematici impareggiabili,gettarono le
fondamenta della cartografia riconoscendo la sfericità della Terra,inventando le coordinate geografiche
(longitudine e latitudine), inventariando terre e mari del bacino mediterraneo e delle aree limitrofe. Un
considerevole sviluppo della cartografia si ebbe con l’ampliamento delle reti di navigazione. La cartografia doveva
così essere,una scienza fondamentale,con una forte componente matematica. La cartografia si mostrava anche
come una tecnica applicata,nella misura in cui essa doveva realizzare i propri lavori o si rivelava indispensabile per
il navigatore,il viaggiatore,il principe ecc. Nel corso degli ultimi decenni, l’informatica conferisce alla cartografia
una potenza che non era neanche possibile immaginare fino a cinquant’anni fa. La carta,entra nell’area dei
sistemi di informazione geografica(GIS). I GIS sono sistemi informatici di organizzazione dei dati geografici che si
basano su riferimenti geocodificati e consentono la catalogazione,il trattamento e l’edizione di questi dati
secondo i desideri e i mezzi a disposizione degli utenti. La massa delle informazioni disponibili è aumentata in
modo consistente in seguito allo sviluppo del calcolo,della statistica,di tecniche del tutto nuove come la fotografia
aerea e le immagini satellitari. Tutte le professioni traggono beneficio da questa “esplosione cartografica”, a
partire dai militari. Comunque sono i geografi a trarne maggiore profitto. La carta è effimera:appena edita già
superata da nuovi dati o da un’attualità pressante. Essa può pure essere stradale, gastronomica, turistica, degli
alberghi, pubblicitaria ecc. Basata sui GIS,la carta di oggi permette il trattamento e la rappresentazione di dati
molteplici e soprattutto la sperimentazione e la costituzione di modelli. Effimera,incerta,fluida, vertiginosa,dalle
possibilità quasi infinite,come i numeri,la cartografia al computer consente alla geografia l’accesso al XXI secolo.
 
2.2 Una rappresentazione
La carta geografica è diventata oggetto di discussione o persino di contestazione. Che cos’è una carta? Al di fuori
della geografia,oggi sono le scienze sociali a ricorrere alla cartografia,innanzitutto come strumento di ricerca e di
espressione,quindi,come serie di interrogativi sulla carta stessa,su ciò che essa traduce, maschera,oppure
rappresenta. Alcuni contestano l’oggettività della carta,nel senso globale del termine. Alla fine di questo
processo,si interrogano su “come far mentire le carte ossia sullo scorretto impiego della geografia”. La maggior
parte degli specialisti di cartografia concorda oggi sul concetto di “rappresentazione”, di materializzazione grafica
di una rappresentazione. La carta non è un oggetto con un suo valore assoluto,non è sinonimo di pianeta Terra né
di spazio geografico. È la rappresentazione che se ne fanno gli uomini,in una certa epoca e in determinato
luogo,con i mezzi di cui dispongono. La carta come rappresentazione,lungi dall’inficiare la validità della
geografia,la arricchisce dei principi di relatività delle scienze umane e sociali. La carta è insieme una riduzione e
una proiezione,entrambe determinate da chi la elabora. La proiezione deforma: è inevitabile per qualsiasi carta.
La riduzione delle distanze sulla carta introduce la nozione basilare di “scala”. Quanto più la scala è ridotta,tanto
più le deformazioni sono evidenti,le riduzioni importanti,le generalizzazioni e le approssimazioni necessarie. Al
contrario,più la scala è grande,più diventa possibile una rappresentazione nel dettaglio,dei paesi,dei villaggi,delle
case,delle strade e dei sentieri. I simboli della carta possono dire di più di quanto non dovrebbero. Leggendo le
carte,
ciò che in esse non si esprime chiaramente e ciò che esse mostrano,si scopre a poco a poco una sorta di testo
figurato,un’iconografia dai segni molteplici,foriera di significati sulla realtà che rappresenta ma anche su coloro
che ne hanno concepito la rappresentazione e su chi se ne serve. La rappresentazione cartografica è una finestra
aperta sul mondo. Il suo fascino sta nell’essere parte della realtà ma anche altro. La legenda ha un doppio senso.
“Legenda”:ciò che deve essere letto. Assolutamente da leggere,razionalmente,per capire bene la carta,poiché è la
legenda a fornire la chiave di lettura,la suddivisione delle trame e dei colori,la decodificazione dei segni,le
modalità di trattamento dei dati tradotti in cifre. Ma è anche la grande “leggenda” della carta,in un senso
mitico,che trascina il lettore verso altri sogni,altre visioni,verso quel che conosce e non conosce,che immagina,di
cui ha più o meno paura o desiderio,e che lo affascina…
I segni delle carte hanno dunque un doppio significato,un valore polisemico,e questo vale anche per i colori
impiegati,i luoghi rappresentati e gli elementi presenti nella legenda. La legenda di una specifica carta racchiude
informazioni che non si possono generalizzare ed estendere ad altre carte.

2.3 Un punto di forza


Potremmo dire che chi disegna e codifica le carte possiede il mondo. Nei regimi democratici dei nostri governi,di
solito la carta appartiene a tutti.
2.3.1 Un punto di forza militare
Al giorno d’oggi,la carta si presenta innanzitutto come uno strumento per il marinaio e il militare e, di
conseguenza,per il potere politico. La carta geografica della Francia a scala ridotta permette di definire le
strategie,di gestire i grandi spostamenti di truppe,di scegliere i luoghi in cui dispiegare le armi e dove muoversi,di
stabilire la logistica indispensabile della battaglia. A grande scala,serve a orientarsi e a individuare con esattezza il
nemico,è strumento indispensabile per i movimenti della cavalleria,dei carri e della fanteria,dell’artiglieria e degli
aerei. Oggi,la traduzione di questo potere non si ritrova più sulle carte tradizionali,bensì in un complesso
tecnologico fortemente sofisticato,
che riunisce l’osservazione aerea o da satellite,il trattamento informatico dei dati,le coordinate terrestri delle
localizzazioni degli elementi strategici. Tale carta è diventata e tende a essere sempre più monopolio del
Pentagono,cioè dagli Stati Uniti d’America. La geografia universitaria ha ovviamente un accesso solo molto
parziale. Oltre che militare,il punto di forza di una carta geografica è politico. La carta delimita i confini,suddivide
in circoscrizioni,dà un nome a spazi  e luoghi,assicura in questo modo l’appropriazione dello spazio da parte di un
potere sovrano,sia esso proveniente da un dio,dalla forza o dal popolo. Essa rappresenta la trasformazione di uno
spazio indefinito,senza limite né legge particolare,in un territorio che si possiede. L’appropriazione cartografica è
dunque inizialmente quella dei militari,ma riguarda anche amministratori,politici,
ingegneri,architetti,urbanisti,geografi, e ben presto anche commercianti e industriali.
2.3.3 Un punto di forza nell’organizzazione territoriale
L’epoca attuale ha coniato,l’espressione “organizzazione e gestione del territorio”. Gli uomini trasformano i
territori in cui vivono. I grandi lavori di idraulica,la costruzione delle infrastrutture di trasporto,lo sviluppo
agricolo,la creazione di nuove città,l’urbanesimo in generale,la tutela del patrimonio e del paesaggio,la visione
globale di una regione ecc.,tutto questo rientra nell’organizzazione del territorio. La carta ne è lo strumento
indispensabile,sotto tre aspetti: 1) concezione e realizzazione , 2) comunicazione 3) simulazione o finzione.
Concezione e realizzazione giacché tali operazioni non sono pensabili senza il ricorso tecnico a carte di diversa
scala,anche in un’ottica futura. Comunicazione poiché c’è sempre più bisogno di saper convincere gli abitanti dei
luoghi,di coinvolgerli nei progetti,di chiedere loto di far parte di un nuovo territorio prima ancora che questo
esista. Simulazione,finzione quando ci si serve della carta per forzare la dimostrazione. La carta,quasi
figurativa,visualizzata,accessibile più direttamente di un testo,appare come uno strumento di divulgazione più
esplicito,e quindi molto più convincente di un discorso.
2.3.4 Un punto di forza sociale
La carta geografica è infine un forte rilevatore delle disuguaglianze sociali,e dei conflitti sociali presenti su un
determinato territorio. Ma si deve e si può rappresentare tutto su una carta? Un caso limite è quello della
criminalità , che a scala francese si traduce ad esempio in una cartografia che sottolinea i contrasti evidenti tra
alcune regioni “tranquille” e altre molto turbolente. L’oggettività scientifica e il libero gioco della democrazia
esigono la “trasparenza”. La cartografia si mostra bene come punto di forza in bilico tra autorità e libertà. Un
punto di forza,dunque,militare,tecnico,politico ma anche sociale.
 
Capitolo 3. LA COMBINAZIONE GEOGRAFICA
La geografia necessita di un oggetto di studio. Per molto tempo invece non è stata questa la preoccupazione dei
geografi. A loro bastava scoprire il mondo. Ma venendo a contatto con altre discipline universitarie,la storia,la
sociologia,la geologia,la botanica,dovettero senz’altro specializzarsi,per non rischiare di sparire,fagocitati da altre
scienze. Cholley ideò il concetto di “combinazione geografica”à “commistione con interazione di due o più
fenomeni;unione di processo e risultato”

3.1 La combinazione
I geografi sanno studiare la superficie terrestre,i climi,i suoli,l’idrologia marina e continentale,i rilievi,i substrati
geologici,in sintesi quella che per convenzione si definisce geografia fisica. Nel campo della geografia umana,non
devono invece ignorare nulla della popolazione,dell’economia, delle tecniche, della società,il tutto costantemente
in rapporto con uno spazio,una certa porzione o regione della superficie terrestre. Così,da qualche decina
d’anno,si fa una distinzione tra geografi “fisici” e “umani”,climatologi e geomorfologi,geografi demografi o
economisti. Il grande merito di Cholley è di aver spiegato,che l’oggetto della geografia non era questa o quella
componente della superficie terrestre,separata dalle altre,ma la combinazione di alcune di esse o addirittura di
tutte insieme. Per questo i geografi amano presentare la geografia come una disciplina di sintesi. L’approccio di
Cholley non si fonda solo sul ragionamento teorico. Nel corso della dimostrazione egli fa leva su esempi pratici:la
circolazione atmosferica,le industrie contemporanee,la prateria canadese;in tutti questi casi,la combinazione
associa più fattori. Insieme alla combinazione,molte altre espressioni ritornano nelle pagine di Cholley:l’
“ambiente”,il “campo”,la “regione”, all’occorrenza e più raramente il “paese” ecc. In particolare la parola
“regione”,parola chiave della geografia francese tra le due guerre mondiali. Il punto più debole delle sue
dimostrazioni resta il più difficile da risolvere. Le relazioni fra le scienze naturali e quelle umane passano
attraverso due diverse facoltà universitarie,con metodi e obiettivi che spesso non hanno niente in comune e a
volte ospitano due tipi distinti di ideologia. La geografia contemporanea si trova ancora di fronte a numerose
difficoltà.

3.2 I sistemi
Il termine “combinazione” è quasi completamente scomparso dal vocabolario dei geografi
contemporanei;era troppo vago,troppo “molle”,faceva appello più all’intuizione che alla scienza.
Le parole e i termini non sono più gli stessi. Spesso sono definiti meglio,risultano più precisi,ma anche più
astratti,meno emotivi,come si addice a una scienza. Si parla molto meno di “regione”,di “ambiente” o di “paese” e
scompare il termine “combinazione”. Le parole principali appartengono a un altro registro: “spazio”, “territorio”,
“struttura”, “sistema”, “teorema”, “modello” ecc.
Il sistema è l’erede della combinazione. <<L’introduzione della nozione di “sistema” in geografia mette in evidenza
le relazioni strutturali e dinamiche dei diversi elementi che agiscono sull’insieme dei dati di ordine
economico,sociale,culturale,tecnico e politico,relativi a una porzione di spazio e condizionanti le relazioni di
questa con altre porzioni di spazio>>. Rispetto alla combinazione,il sistema risulta superiore in precisione e
soprattutto in riferimenti teorici.

3.3 Quattro modelli:


Questo è solo un abbozzo,che tiene conto dell’evoluzione e della storia,nei quali l’organizzazione dello spazio si
sedimenta e appare evidente. Distinguiamo quattro modelli.
3.3.1 Lo spazio paleolitico
Nel periodo che va dalle origini dell’uomo fino all’inizio della pratica dell’agricoltura e dell’alleva-
mento,lo spazio è caratterizzato da un’assai ridotta densità di popolazioni umane e dalla prevalenza dei fattori
naturali nell’organizzazione dei territori. Gli uomini sono cacciatori,raccoglitori e vivono di pesca,caccia e raccolto.
Si spostano in piccoli gruppi. I loro rifugi sono rudimentali. La loro densità è troppo debole perché possano
operare trasformazioni in profondità su ciò che la natura offre loro:ci sono solo pietre,caverne,piante,animali
selvatici. Sono gli elementi naturali a dominare nell’organizzazione dello spazio:fiumi e guadi,litorali,rilievi,il
geosistema Terra acquisisce un valore quasi assoluto. Spazi del genere esistono anche oggi,per quanto
l’acculturazione che dall’esterno agisce sugli uomini che vi abitano tenda a ridurli. I geografi hanno curiosamente
lasciato questo terreno di studio piuttosto agli antropologi.
3.3.2 Lo spazio contadino
Si tratta di uno spazio caratterizzato da tutt’altra forma di organizzazione. Da qualche migliaio di anni,gli uomini
allevano animali,coltivano piante,si insediano in paesi o città,delimitano i campi, creano domini o Stati.
“Addomesticato” significa che esso ben conserva gli elementi di una vita “naturale”,il ritmo delle stagioni e della
produzione di frutti,ad esempio,che però sono modificati dalla mano dell’uomo e da lui fissati nello
spazio,secondo il grado di sviluppo tecnologico che egli possiede. Questo tipo di spazio,con densità di popolazione
media e talora elevata ha riguardato e riguarda vaste distese del Medio Oriente, dell’Asia detta
“monsonica”,dell’Europa centrale e occidentale,dell’Africa. Ospita alcune delle civiltà più antiche e illustri
dell’umanità. Per molto tempo è stato il campo d’indagine privilegiato dei geografi,e soprattutto di quelli francesi.
3.3.3 Lo spazio città-campagna
Tracciato sin dalla fine del Medioevo e sempre più esteso su tutti i continenti a partire dal XIX secolo,ma
particolarmente in Europa,America del Nord e Giappone. Una è quella dello spazio contadino che sopravvive in
larghissima parte e riguarda ampie estensioni territoriali;l’altra, quella nuova della città in rapido
sviluppo,riguarda non tanto le superfici quanto i siti adatti all’installazione di industrie,di commerci,di servizi del
terziario,alla localizzazione di infrastrutture di trasporto e di reti telematiche fatte di linee,punti e nodi. Nuova
realtà,quella dei sistemi urbani. I primi studi riguardanti le città e le reti urbane appariranno negli Stati Uniti,in
Svezia e in Germania, alla vigilia della Seconda guerra mondiale. In Francia e in Italia ciò avverrà solo nel
dopoguerra. Due differenti tipi di organizzazione dello spazio,quella rurale e quella urbana. L’organizzazione
urbana presenta poi forme e strutture che non sono più di addomesticamento o di simbiosi fra uomo e natura,ma
di puro dominio.
3.3.4 Lo spazio della metropoli
Nelle zone più sviluppate dell’America del Nord,dell’Europa occidentale,del Medio ed Estremo Oriente,si assiste
in effetti all’espansione di vaste metropoli,popolate da parecchi milioni di abitanti, sorrette da un’economia della
comunicazione e dall’estrema mobilità delle popolazioni. Le metropoli e le megalopoli occupano superfici
abbastanza ampie,si ampliano a spese delle aree adiacenti,che hanno ancora un’organizzazione agricola o sono
destinate agli insediamenti periurbani e al turismo. Lo spazio urbano,divenuto dominante,si impone con la sua
logica delle reti e della complessità. All’interno dello spazio urbano la natura appare in forme residuali
opportunamente controllate oppure negli aspetti “nocivi” del degrado,con i suoi rischi,primi fra tutti quelli
derivanti dall’inquinamento atmosferico,o ancora negli spazi abbondanti,dimessi,a densità molto ridotta. Infine la
natura “regolamentata” traspare nelle zone attrezzate per il tempo libero,costruite secondo i gusti e
l’immaginario dei cittadini.
Dal vocabolario…..5 definizioni di “combinazione”
 “Combinazione”à “accostamento di elementi in una disposizione determinata”. La definizione migliore,la più
carica di sapore per quel che ci concerne,è l’ultima: “sistema di apertura di una cassaforte”.
 
Capitolo 4. GEOGRAFIA SCIENTIFICA, GEOGRAFIA SENSIBILE
 
4.1 Una tradizione e un rinnovamento scientifico
La geografia è una scienza? La geografia è un’arte? Come si è già visto a proposito della cartografia,
la geografia è considerata una scienza. I greci devono risolvere il problema della forma della Terra,
dei movimenti del Sole e della Luna,in relazione con l’alternanza regolare delle stagioni,del giorno e della notte.
Per questo sono prima di tutto dei matematici e dei cartografi. Gli arabi e i portoghesi si inseriscono nella stessa
tradizione,ma ampliano le loro indagini e navigazioni. Una volta che il mondo è conosciuto,gli scopritori ed
esploratori restano affascinati dalla varietà delle forme naturali,degli uomini,delle piante,degli animali. La
“rivoluzione quantitativa” avviene a metà del XX secolo,dopo circa un secolo di incertezze e attese,di discussioni
sulle relazioni tra uomo e natura, di descrizioni enciclopediche e accademiche. La “nuova geografia” si presenta
come un vero rinnovamento scientifico. Si sviluppa negli Stati Uniti,la potenza divenuta dominante sullo
scacchiere geopolitico mondiale. Trae ispirazione dalle scienze più sviluppate dell’epoca,la matematica e la fisica,e
successivamente la biologia,la filosofia e le scienze sociali. La “rivoluzione” arrivò più tardi in Francia e in Italia.
Dobbiamo certamente molto alla “rivoluzione quantitativa”. In primo luogo,in ragione dello spirito cui si
ispira,quello di una scienza positiva che non indietreggia di fronte ad alcun interrogativo e che non ha paura di
elaborare teorie,modelli,di utilizzare il ragionamento deduttivo. In secondo luogo,in virtù dei suoi metodi,cui la
quantificazione e il trattamento matematico apportano un rigore prima sconosciuto. Questi studi possono avere
applicazioni immediate in materia di sanità pubblica o di marketing. Geografi e medici,insieme, promuovono la
conoscenza delle aree epidemiologiche, ad esempio dell’AIDS. “Teoria delle località centrali” à le città sono legate
tra di loro in un rapporto gerarchico:esse esercitano sullo spazio circostante una “influenza” proporzionale al loro
peso demografico ed economico. Lo spazio è dunque organizzato in una rete di città,in cui le maglie poligonali e il
reticolato sono più o meno regolari a seconda che lo spazio sia più o meno omogeneo. La teoria si applica sia allo
spazio esistente tra le città sia all’interno dello spazio urbanizzato delle più grandi metropoli.

4.2 Una scienza incerta


Scienza,ma incerta,la geografia lo è senz’altro. Si colloca a volte tra le discipline scientifiche,
talvolta tra quelle umanistiche. In Francia e in Italia essa era tradizionalmente inserita nelle facoltà di
Lettere,mentre nella maggior parte delle università anglosassoni e tedesche si ricercava in contatto con le scienze
naturali. Fra le scienze, la geografia è considerata “molle”,ben lontana dall’alta nobiltà rappresentata dalla
matematica e dalla fisica. La confusione non si ferma al settore dell’istituzione universitaria. Essa dipende in primo
luogo dagli antichi contatti con altre scienze:la cosmografia,la matematica,la cartografia,le scienze
dell’ingegneria,quelle della navigazione e della natura,l’etnologia e l’antropologia, la storia ecc. La geografia
presenta un’estrema eterogeneità nelle sue relazioni con altre discipline. Ogni tematica può essere trattata. Tutti i
metodi e le modalità sono accettabili.

4.3 La geografia sensibile


La geografia è sensibile;i geografi sono sensibili alle bellezze del mondo,ai suoi drammi e anche agli uomini.
Perché le scienze “molli”,cioè le scienze umane e sociali,dovrebbero essere private di queste sensibilità se ne
sono piene fino all’orlo? La geografia è particolarmente sensibile perché direttamente coinvolta dai fenomeni
presenti nel mondo:lo è a livello fisico,idealmente o,ci sia consentito, fenomeno logicamente. In altre parole la
geografia ne è coinvolta in un’ottica transcalare,dal livello globale,quando si occupa di tutto il pianeta,sino a
quella locale,del singolo uomo. I cinque sensi ne sono coinvolti e alterati. La vista,sia chiaro,è il più prezioso dei
cinque sensi. Il geografo vede. E tutto quel che vede è geografia. E meno ancora dobbiamo vergognarci
dell’indignazione dei geografi di fronte a tutte le miserie del mondo:la fame e la paura,la malattia e la guerra,la
morte. Molti geografi non sarebbero mai diventati quello che sono se non avessero avuto tali passioni. La
geografia è una scienza ma è pure sensibile. Entrambe le affermazioni devono essere accolte e accettate.

4.4 Una scelta personale


Ho sceltola geografia sensibile per caso,ma anche con consapevolezza. Avevo immaginato di animare le
introduzioni ai miei corsi di geografia regionale,che lasciavano troppo spazio al mio gusto e a quello degli
studenti,attraverso un’inversione del soggetto,tentando di descrivere “la regione vista dagli uomini”. Ho difeso
con tutte le mie forze una geografia scientifica,senza la quale non vedevo via di uscita né un oggetto per questa
disciplina. Senza tali strumenti e tali strutture la mia piccola geografia sensibile non avrebbe avuto senso alcuno,e
non sarebbe che una bolla senza consistenza. La geografia è una scienza. La geografia è sensibile.

PARTE SECONDA: LO SPAZIO VISSUTO


Gli uomini che vivono in società costruiscono il proprio territorio, il loro spazio geografico, in base alle esigenze
del singolo e della collettività. Non si comportano solo come semplici oggetti spinti dal desiderio di soddisfare i
propri bisogni economici, d’adattamento all’ambiente naturale; essi hanno il loro spazio, di cui si appropriano con
tutto ciò che fa dell’uomo un soggetto in tutto il suo spessore.

Capitolo 5. GLI SPAZI VISSUTI


Dal suo romanzo Madame Bovary, Flaubert ci restituisce tre spazi della vita:la provenienza da un contesto
contadino della campagna; il borgo delle relazioni strette e delle chiusure mentali; la grande città rumorosa e
affascinante, un mondo in divenire. (pezzo del romanzo nel primo paragrafo a pag.85)

5.1 Lo spazio vissuto


Le ricerche sullo spazio vissuto sono iniziata in Francia, all’inizio degli anni settanta. In questo periodo vi erano tre
principali correnti di indagine: quella di alcuni geografi che si confrontavano con l’indebolimento di una geografia
troppo classica (analisi regionale, tropicale e urbana); quella delle scienze sociali che talora si occupavano dello
spazio come i geografi non fanno; quella della geografia anglosassone che si liberava da un neopositivismo puro
per abbracciare le “geografie della mente”. I geografi francesi, con il loro spazio vissuto, sono rimasti fedeli a una
certa tradizione, alla ricerca della complessità, all’analisi delle combinazioni, ma invertendone le prospettive.
L’oggetto diventa il soggetto, gli uomini attori della geografia, e l’osservatore stesso diviene oggetto di
osservazione. La metodologia per trattare gli spazi vissuti consisteva nella precisione di alcune nozioni
fondamentali: le distanze (universalmente misurabili in modo oggettivo, finché non si distingue in:distanza-
tempo, distanza affettiva, distanza ecologica, la distanza strutturale o sociale) e gli spazi (costruito dagli uomini,
definito:spazio di vita, luoghi frequentati con regolarità; e spazio percepito, che comprende spazio sociale e spazio
del vissuto). Le prime indagini sul campo sono consistite in uno studio degli spazi vissuti di individui ben
identificati. Tutto ciò per arricchire la combinazione classica dei geografi con tutto lo spessore degli spazi vissuto
da coloro che li costruiscono. Madame Bovary è un soggetto geografico molto interessante, per il fatto che
Flaubert fa dello spazio una sostanza dell’avventura della vita e dell’eroe il soggetto che lo anima e lo costruisce,
insieme ad altri uomini, in una società, e che lo percepisce con tutta la finezza dei suoi sensi, che lo ama e lo odia.
Tale è lo spazio vissuto.

5.2 Le variazioni personali dello spazio vissuto


Ogni uomo e ogni donna costruisce il proprio spazio vissuto a sua personale misura, e potrebbero quindi esserci
tanti spazi simili. La geografia potrebbe perdersi nel studiare tutti questi infiniti spazi individuali, quindi è meglio
soffermarsi su quattro fattori, quattro modalità di classificazione che contribuiscono alla variazione personale
dello spazio vissuto.
5.2.1 L’età
Lo spazio vissuto non è invariabile per tutta la vita, ma evolve con l’età. Lo spazio vissuto segue in genere quello
della vita: si dilata dall’infanzia fino all’età adulta, qui si può diversificare e cambiare più di una volta, e con la
vecchiaia si ritrae e ritorna ad essere un circolo assai ridotto. Questa è una regola universale, che subisce
numerose deroghe a seconda del contesto e del periodo storico considerato (es. crescente mobilità dei luoghi di
residenza, di lavoro, della composizione delle famiglie..).
5.2.2 Il sesso
A parte qualche sfumatura, lo spazio è sempre binario. In tutte le società si distingue uno spazio degli uomini e
uno delle donne. Benché vi siano connessioni profonde tra questi due spazi, la distinzione dei due sessi tra uno
spazio maschile e uno femminile continua ad esserci (es. società islamiche).
5.2.3 Le classi sociali
Tutte le società, o quasi, ammettono una certa gerarchia sociale. Con il nome classi sociali si indicano i diversi
strati sociali, tra loro più o meno antagonisti, che caratterizzano pressappoco tutte le società contemporanee.
L’accesso a strati progressivamente più estesi varia in linea di massima in funzione dell’appartenenza a classi
sociali più elevate. La ricchezza è nel contempo monetaria e culturale, ma è anche spaziale. Lo spazio vissuto è sia
un prodotto degli altri patrimoni, sia un fattore che contribuisce all’accumulo della ricchezza monetaria e
culturale.
5.2.4 La cultura
La cultura di ciascuno gioca un ruolo importante nel modellamento degli spazi vissuti. Tuttavia esistono anche
culture collettive che sono un notevole fattore di differenziazione. Una stessa regione può essere caratterizzata
dalla sovrapposizione di culture e di spazi vissuti profondamente diversi.

5.3 Il soggetto e l’oggetto


La geografia racchiude in sé sia l’aspetto materiale che quello ideale. Dal lato materiale essa è nutrita fin dalle sue
origini, dalla scoperta della sfericità della Terra e dei diversi continenti all’onnipotenza dell’economia nella
determinazione delle ripartizioni di uomini e cose, passando attraverso la conoscenza dei terreni, dei rilievi, delle
piante, degli animali, dell’ambiente e della sussistenza degli uomini. Dall’ideale ne deriva la scoperta di questo
spazio degli uomini che si costruisce, si sente, si appropria, si fonda su rappresentazioni, immagini, schemi fino a
quel che si può chiamare un’”intelligenza dello spazio”.
5.3.1 Gli spazi della stabilità
Gli spazi della stabilità si inscrivono piuttosto facilmente in un’analisi congiunta delle combinazioni geografiche e
degli spazi vissuti che li compongono. In luoghi stabili da parecchi secoli, vicino a villaggi, piccole città, porti, gli
uomini hanno potuto fissare il proprio spazio a livello tanto individuale quanto collettivo, secondo schemi di
riferimento antichi. Esistono dunque coerenze tra gli spazi vissuti dagli individui e dai gruppi e buone coincidenze
tra quest’ultimi e i territori definiti abitualmente dai geografi, i paesi, le regioni, le nazioni..
5.3.2 Gli spazi della mobilità
Gli spazi della mobilità sfuggono molto di più dalle consuete analisi. La mobilità e l’individualismo rende la lettura
della geografia più difficile. La somma degli spazi vissuti non è più sinonimo di gruppi territoriali continui, ma di
formazioni fluide, di reti di varia natura che si sovrappongono e possono sembrare, a volte, indecifrabili.
5.3.3 Gli spazi della marginalità
La marginalità è comune a tutti coloro che non hanno potuto o voluto integrarsi nelle società contadine. È
marginalità quella degli emigrati, degli tzigani o quella dei senza fissa dimora. La marginalità accomuna tutti
coloro che si integrano male nelle grandi città o che rimettono in discussione la presenza di reti e luoghi nascosti,
sotterranei, invisibili. Gli spazi della marginalità sono alla periferia dei territori conosciuti.

Capitolo 6. L’ABITANTE E IL VIAGGIATORE

6.1 L’abitante
Secondo Lannou un geografo ispirato dalla Sardegna o dalla Bretagna con una metodologia di lavoro tradizionale,
fa derivare la parola “abitare” dal latino habere cioè avere, possedere. L’abitante infatti si appropria dello spazio
in cui vive,l’uomo abitante non si accontenta di avere una casa con la funzione di abitare, ad essa si attribuisce dei
valori ha dei vicini, conosce i luoghi del circondario e ne apprezza i limiti l’uomo stesso fa parte di questo spazio al
quale attribuisce un certo valore e associa una certa identità. Inoltre l’uomo si sente un po’ smarrito quando
oltrepassa i limiti di un territorio che gli appartiene dove ha fatto la sua esperienza di vita.
Abitare implica una certa concezione del tempo, non solo dello spazio; infatti non si abita in un istante in un luogo
effimero occorre una certa stabilità, una percezione del lungo periodo. Quindi si abita il tempo come si abita lo
spazio
L’uomo abitante per eccellenza è quello delle società abbastanza stabili da conferire a spazio e tempo una
comune dimensione questo è l’uomo abitante di La Lannou o l’abitante delle colline di Pierre George. Non è un
essere atemporale e universale, è al contempo prodotto e attore di una storia e di una geografia.
Il modello della geografia contadina è protettivo, esige il lavoro di tutti per tutti i giorni è un modello
conservatore. Lo spazi si riveste di tutte le necessità umane. Inoltre i contadini dovevano dare prova di qualità di
adattamento all’evoluzione storica, al progressivo emergere di nuovi rapporti sociali e territoriali nati dai
progressi del commercio, dell’industria. Il modello contadino non è rigido.
Tra lo spazio oggettivo e gli spazi vissuti le relazioni sono continue. Lo spazio della città è molto spesso quello di
un agglomerato di villaggi chiamati quartieri. I tempi moderni e l’epoca contemporanea trovano i propri spazi in
una gerarchia di territori alle diverse scale, dal villaggio alla nazione ma sempre all’interno di una grande coerenza
territoriale e secondo differenziazioni molteplici. Il modello della geografia contadina non è sopravvissuto nel XX
sec. Le città e le metropoli dominano oggi nel mondo. Accanto a ciò si manifesta una mobilità umana senza
precedenti resa possibile dalla rivoluzione dei mezzi di trasporto. L’uomo contemporaneo ha smesso di abitare ed
è diventato homo mobilis. Ciò ha prodotto un cambiamento di tutta le geografia.

6.2 L’emigrante e il viaggiatore


La mobilità è diventata un fattore fondamentale nella geografia della seconda metà del XX secolo.
Le nuove forme di trasporto molto più rapide accorciano le distanze e i tempi. Sono trasporti di massa poiché lo
sviluppo tecnico richiede mezzi di grande capacità. Tre modalità di trasporto hanno rivoluzionato gli spazi di vita
degli abitanti del pianeta:l’automobile, il treno e l’aereo. Essi si completano su scale differenti e facendosi
concorrenza. La mobilità conferma l’eterogeneità degli spazi, rinnova una geografia delle varietà regionali.
Esistono diversi tipi di nomadi:
6.2.1 Gli emigranti sono generalmente spinti dalla ricerca di una vita migliore, di un lavoro necessario alla
sopravvivenza. Esige una sfida con se stessi, un gusto all’avventura per i più fortunati, la rottura e la lacerazione
per gli altri. La pressione di questa migrazione non è mai stata così forte come oggi, per via della facilità offerta dai
mezzi di trasporto e anche e soprattutto a causa della differenza vertiginosa di ricchezza tra i vari paesi. Non si
tratta effettivamente di nomadi in quanto il loro scopo è la sopravvivenza.
6.2.2 I viaggiatori sono mosse da esigenze diverse, spesso solo dal piacere. Ci sono viaggiatori sulle brevi distanze
e sulle grandi distanze. Questi sono nuovi nomadi per qualche giorno, qualche settimana o più volte all’anno.
6.2.3 I professionisti hanno necessità e motivazioni diverse. L’aeroporto internazionale è divenuto uno dei luoghi
consueti della loro vita, l’aereo una sorta di grande e comodo autobus. I professionisti lavorano nel campo degli
affari, delle multinazionali, nelle banche, nei grandi servizi,… alcuni di essi passano in questi viaggi gran parte della
vita, altri solo qualche giorno.
Inoltre possiamo trovare il viaggiatore esteta :colui che fa del viaggio un’opera personale, una lettura vivente,
un’avventura senza rischio. È un lettore e anche un osservatore molto attento. Preferisce i percorsi liberi,
alternativi a quelli turistici di massa, ricerca il significativo più che il tradizionale, cerca l’eccezionale.

6.3 L’abitante viaggiatore


Oggi noi siamo degli abitanti viaggiatori. I due viaggiatori corrispondono a due pulsioni fondamentali quasi
antitetiche fra le quali ogni individuo deve operare la sua scelta personale. La maggior parte della popolazione dei
paesi sviluppati è soggetta a un’intesa mobilità. A tali movimenti si aggiungono quelli legati al cambio di domicilio.
La mobilità crea dunque una nuova geografia. Nella maggior parte dei paesi ricchi si organizzano in spazi vissuti e
territori della duplice componente: una relativamente coerente, quella della vicinanza, l’altra a dimensioni
variabili, del viaggio e della discontinuità.
Anche quando gli uomini si spostano restano legati al loro paese d’origine. La mobilità trasporta e l’habitat
rassicura.

Capitolo 7. I PAESAGGI

7.1 Il paesaggio
Il paesaggio non è solo un accostamento di forme che caratterizzano un certo spazio (linee, ritmi, luci, colori,
materiali, vegetali, uomo..),ma è anche uno sguardo o una serie di sguardi rivolti a questo insieme. Sono gli
sguardi degli uomini che in esso cercano e trovano alcuni punti di riferimento, di ordine materiale o spirituale.
(vedi e rileggi p.109-110-11)

7.2 Paesaggi della Cina, paesaggi dell’Europa


All’inizio il paesaggio è associato a un sito campestre, a un universo contadino, “paesano”, a un insieme di
territori su cui si stende la vista, e che è conosciuto e riconosciuto. La nozione di paesaggio è apparsa nei due
continenti e paesi dove il radicamento contadino risulta essere più evidente e massiccio: Cina ed Europa
occidentale. In Europa la parola italiana paesaggio appare nel campo della pittura. Anche ai nostri giorni il senso
comune situa il paesaggio in un ambiente rurale, contadino, campestre.
7.2.1 I paesaggi della Cina
La Cina contemporanea è la più grande massa contadina del mondo. Il paesaggio della Cina presenta un’estrema
complessità, tuttavia vi sono degli aspetti che accomunano i diversi paesaggi. Il paesaggio della Cina è
caratterizzata da:canali, dighe, pianura, alberi, campi terrazzati e irrigati, riso, grano, bufali, cani, volatili, anatre. Il
paesaggio che riproducono i pittori cinesi è caratterizzato da: corsi d’acqua, fiumi, montagne. I pittori cinesi, gli
eruditi e i letterati sono stati i maestri della rappresentazione, tanto da cancellare o soltanto abbozzare quanto
essi vedevano ogni giorno. In cinese paesaggio si dice shanshui “montagna-acqua”.
7.2.2 I paesaggi dell’Europa occidentale e centrale
La Francia rappresenta un significativo riassunto dei paesaggi europei modellati dalle civiltà contadine. La
maggior parte dei suoi territori ospita due diversi tipi di paesaggi rurali: da una parte vaste campagne di campi
aperti, con insediamenti raggruppati, foreste ai margini di terreni incolti, larghi orizzonti, campagne coltivate a
cereali (centro e nord-est); e dall’altra campi delimitati da siepi, con appezzamenti più piccoli, alberi, insediamenti
sparsi, chiusi in orizzonti frammentati, campi destinati al pascolo e all’allevamento (ovest). I paesaggi europei, a
differenza di quelli cinesi, hanno superato la fase rappresentata dal declino dei contadini. La campagna europea è
divenuta turistica e residenziale. Attraverso i suoi pittori, filosofi, scrittori e geografi, l’Europa ha scoperto tardi i
propri paesaggi. Gli europei hanno esaltato nel paesaggio la componente più vicina al mondo delle campagne.

7.3 Gerusalemme, Parigi, New York


Il paesaggio della città si è imposto almeno quanto quello rurale. Lo sviluppo delle città ha imposto il paesaggio
metropolitano come tema essenziali di artisti, pittori, architetti, ecc..; i geografi hanno apportato un contributo
meno deciso a questa conoscenza, perché affascinati dai paesaggi rurali o perché, trattando della città,
preferivano altri approcci (economia e sociologia). I paesaggi della città si possono leggere secondo una duplice
interpretazione: da una parte la città costituisce uno straordinario repertorio di segni; e dall’altra la città è un
teatro vivente in cui la concentrazione degli uomini crea incontri e momenti che rappresentano essi stessi un
paesaggio. Tre esempi dimostreranno questi concetti: Gerusalemme, Parigi, New York.
7.3.1 Gerusalemme
Gerusalemme è una città santa. Qui si trovano i segni più forti delle tre grandi religioni monoteistiche del
Mediterraneo (es. tempio di Erode, Muro del Pianto, Golgota, Santo Sepolcro,moschee..). Gerusalemme si
trasforma in un’architettura di pietre ammucchiate, di mura, di archi e di cupole, di distruzioni e ricostruzioni, di
sovrapposizioni. Tutti questi edifici evocano la religione e la storia. Un simbolo che evoca Gerusalemme è il muro,
semplice, di grandi pietre lavorate dall’uomo, scavato, consumato, inciso dalle vicissitudini dei secoli. Al tempo
stesso, Gerusalemme è spettacolo e lotta. Lo spettacolo lo si trova nella città vecchia, nei suoi quartieri, nei suoi
villaggi, in tutti i segni degli edifici. La lotta non ha mai risparmiato la città. A ovest c’è la Gerusalemme ebrea,
all’europea; a est la Gerusalemme di conquista territoriale da parte degli ebrei a danno dei palestinesi.
Gerusalemme è un simbolo costituito da edifici che si innalzano come armi gli uni contro gli altri. Gerusalemme ha
un valore religioso, il suo orizzonte è quello della spiritualità.
7.3.2 Parigi
Parigi è la capitale di uno Stato nazionale, è una di quelle che ha adottato la nozione di “territorio” inteso come
dominio, opportunamente delimitato, gestito, sottomesso. Parigi è caratterizzata da edifici pubblici,
monumentalità delle prospettive e i molteplici segni presenti nei quartieri; è reale, repubblicana e imperiale. A
Parigi si possono trovare boschi, parchi, giardini, lunghi viali. Parigi riunisce tutte le immagini di un potere politico
affermato su un territorio. Parigi è anche festa, spettacolo in ogni momento, aggregazione quotidiana,
agglomerato di limitazioni e conflitti, che variano a seconda degli interessi. È una città che riunisce e oppone. Vi
sono vivaci opposizioni politiche e sociali. Una grande eterogeneità di persone, di gruppi, di accenti, di colori, di
costumi, di odori popolano e animano Parigi. La terrazza del bar è la sintesi dell’intera Parigi. Parigi necessità di
essere collocata all’interno di un preciso territorio da controllare. Il suo orizzonte è quello del potere territoriale.
7.3.3 New York
New York domina il pianeta e ne è consapevole. New York è monumento dell’onnipotenza e delle debolezze di
un’America nuova, immigrata, sempre di frontiera, tollerante, libera, conquistatrice. Lo spirito d’impresa l’ha
forgiata in questo modo, con l’appoggio di tecnica, scienza, industria e finanza. La semplicità geometrica è la
cornice di ogni libertà. I palazzi sono di enorme altezza, adatti per far circolare e lavorare un gran numero di
persone. New York dà l’idea di una potenza assoluta, quando gli uomini incontrano i loro simili, e, attraverso lo
spettacolo di strade, quartieri, villaggi, teatri, musei, scuole, dà pure l’idea di una creatività infinita, insieme
materiale, intellettuale, artistica, ma senza limitazioni e scrupoli. Il suo paesaggio è sensibile, luminoso,
orgoglioso, simboleggia l’invulnerabilità. New York fa capire che anche il paesaggio urbano può morire (es. crollo
delle due torri). L’orizzonte di New York è quello della potenza mondiale.

7.4 I paesaggi della banalità e del dramma


I paesaggi rurali e quelli della città non ricoprono la totalità dei paesaggi del mondo. Sono presenti anche i
paesaggi della banalità (es. vaste periferie di villette che circondano le grandi città europee e nordamericane,
estesissimi spazi rurali dei paesi del sud del mondo..). Questi luoghi banali e comuni si stanno moltiplicando.
L’abitudine banalizza il paesaggio. Ma il dramma ravviva il paesaggio. Il paesaggio urbano è espresso da una
creatività che in parte nasce dai vincoli imposti dalla più stretta necessità e dalla sopravvivenza, e in parte si
traduce nelle forme, nei colori e nei ritmi dell’arte. Per molti la periferia o la bidonville è diventata un nuovo
obiettivo visivo e sensibile, con il brivido della paura e della generosità, il fascino dell’esotico e del pittoresco, i
doveri della scienza o della solidarietà.

7.5 I paesaggi sublimi


Il mare, il litorale, la montagna, il deserto, la foresta, sono luoghi geografici per eccellenza, esercitano un vero
fascino su chi vi abita e sui visitatori. I geografi li hanno studiati ed esplorati, descrivendone i paesaggi, che sono
più vari di quanto non sembra. I paesaggi sono sublimi.
7.5.1 Sublime
Dal latino sublime vuol dire molto grande, molto nobile, molto elevato. Percepito dall’intelletto, il sublime supera
l’immaginazione. Da qui un sentimento che ha carattere di piacere e di terrore.
7.5.2 Il mare
Si è sempre detto che il mare fa paura, è crudele e pericoloso. Il mare è natura per eccellenza, anche quando è
solcato da mari e inquinato. Per molto tempo è stato frequentato solo da pochi avventurieri, e le sue rive erano
deserte. Fu quindi necessario “inventare” la riva, il mare, il litorale. A tutto ciò ha contribuito la progressiva
scoperta del mondo, lo sviluppo della navigazione sui mari, l’emergere di un’economia del tempo libero.
7.5.3 I litorali
I litorali costituiscono oggi il canale del “sublime” più frequentato al mondo. La contemplazione del mare suscita
nello stesso tempo angoscia, pace, paura, vita riposante. La spiaggia è divenuta un luogo di piacevole svago per
eccellenza.
7.5.4 La montagna
La montagna fornisce il sublime per eccellenza, la vetta, la postura e la visione verticali. Offre tutte le possibilità
della distinzione sociale rispetto all’altitudine. Rocce, fuoripista, sport sulla neve, libertà di rischio, cime,
contemplazioni solitarie, infinito tra la vita e la morte, umanità ignorata e osservata dalle sommità.
7.5.5 Il deserto
Il deserto è strano, disabitato, secco, spoglio al massimo, senza acqua, animali, vegetazione e uomini. Luogo da
riscoprire (dune, ghiaia, distese pianeggianti, montagne rosseggianti). Luogo in cui il fascino dei miraggi mischia
l’immaginario, la materia e la luce.
7.5.6 Il fiume, la foresta
Il fiume può incutere paura, ma affascina perché è un possibile punto di riferimento, di relazione, di placida
contemplazione. La foresta spaventa, ma serve da rifugio, è uno spazio naturale. Sono spazi della banalità,
appaiono come spazi minacciati. Tutti i paesaggi “sublimi” sono minacciati. Sono stati “inventati” perché offrivano
la possibilità di dialogare con la natura. Restano ancora incontaminati il cielo e lo spazio, paesaggio supremo.

Capitolo 8. L’ARTE E LA GEOGRAFIA


I geografi mantengono con l’arte delle relazioni di distanza. Non sono meno colti di altri ma a furia di realismo,
positivismo, scientificità sono spinti molto spesso a considerare il sentimento artistico come estraneo a quel che
sono e quel che fanno. Una delle posizioni sostenute in questo libro è quella di considerare l’arte e la scienza
come connesse alla geografia.

8.1 L’arte che crea lo spazio


L’architettura è creatrice dello spazio. L’architetto modella e rimodella la città. L’impronta è tanto più forte
quanto più l’architetto non si accontenta di essere un semplice costruttore. L’architettura moderna è nata negli
Stati Uniti alla fine dell’ XIX secolo, quando si sono imposti i grattacieli come edificio del centro della città, la
pianta quadrangolare come trama di base e lo skyline come atto di potenza e creazione. L’architettura è stato poi
rivista in Europa. È stata standardizzata in un architettura funzionale. Nel corso degli ultimi 20 anni si è imposta
una reazione di ordine estetico per alcuni creatori che hanno rotto con il freddo classicismo del movimento
moderno a vantaggio di tutte le fantasie offerte dalle tecniche di costruzione. Inoltre è una reazione di carattere
urbanistico per meglio inserire il nuovo all’interno della città già esistente. Esiste poi un’architettura individuale e
collettiva non meno potente nel creare spazi e modellare i territori. Verso di essa hanno manifestato grande
interesse soprattutto i geografi del settore rurale. Questa architettura fa sorgere quartieri a margine delle città
contemporanee, lottizzazioni con ampi edifici o modeste dimore oppure quartieri di poveri nelle città del Sud del
mondo.

8.2 L’arte mediatrice


La maggior parte delle pratiche artistiche non crea nuovi spazi nella realtà dei territori. Quando i geografi hanno
cominciato a interessarsi ai rapporti fra lo spazio materiale e gli schemi che lo definiscono o le rappresentazioni
che gli uomini si fanno, la letteratura e le arti figurative sono diventati dei possibili mediatori.
Per comprendere e analizzare i rapporti degli uomini con i luoghi della loro esistenza, il geografo dispone di una
gamma di strumenti piuttosto vasta, ma il mezzo più assolto si trova nell’opera d’arte, quando questa non ignora
lo spazio nella sua creazione. L’opera d’arte, sia essa banale o un capolavoro appare come mediatrice fra lo spazio
della vita e l’immagine che se ne fanno gli uomini, diventa un ponte fra il reale e l’immaginario.
8.2.1 La pittura diventa un eccezionale rivelatore delle rappresentazioni e delle sensibilità. La pittura, crea dei veri
e propri luoghi d’arte inseriti in un paesaggio reale e che hanno assunto una forma mitica grazie a coloro che li
hanno rappresentati.
8.2.2 Il romanzo è foriero di numerose indicazioni per il geografo: lo spazio di vita degli eroi principali, i paesaggi, i
segni,tutte le valenze psicologiche di uno spazio vissuto legato a un’azione e a delle passioni. Altri due mezzi di
comunicazione sono: il cinema in quanto coincide con la vita stessa e rappresenta in movimento degli spazi degli
uomini sotto lo sguardo di una cinepresa e la fotografia che accompagna quasi tutti i lavori dei geografi.

8.3 Una geografia dell’arte


Non c’è una geografia dell’arte, solo alcuni pionieri hanno tentato di abbozzare i lineamenti a proposito della
musica. La musica detta “classica” è di origine europea. Essa è dunque universale, pur essendo sostenuta dalle
classi privilegiate di un villaggio globale le cui distinzioni,il buon gusto, le conoscenze dotte si apprezzano nelle
sale da concerto e dell’opera lirica. La musica ribelle è diventata materia privilegiata poiché può generare la più
ampia diffusione e i più grandi profitti. Lo stesso vale per il cinema, la letteratura, l’architettura, il teatro o la
danza. È dunque grande il rischio di vedere la merce culturale uniformarsi, standardizzarsi soffocando la
creazione. La tesi dell’eccezionalità culturale trova una sua traduzione geografica nella resistenza dei vecchi
centri. La creazione artistica necessita centri di mecenatismo e committenza; ma molto spesso proviene dagli
emarginati, dai sognatori, dai ribelli più che dai palazzi, banche, dai benestanti.

PARTE TERZA: I CAMPI DELLA GEOGRAFIA


La geografia si divide tradizionalmente in tante branche o filoni di ricerca quanti sono i fattori strutturanti su cui si
fonda una combinazione geografica. La principale distinzione è quella tra geografia fisica e geografia umana,
ognuna della quale comprende ulteriori suddivisioni. Inoltre, si distinguono grandi tipologie di spazi e di regioni, e
sono queste tipologie che determinano i principali campi di studio della geografia contemporanea.

Capitolo 9: LA CITTÀ
Che cos’è una città?

9.1 La città nel mondo


La città si evolve e si afferma sempre più nel mondo intero come il luogo in cui vive la maggior parte degli abitanti.
La città si impone progressivamente nella storia dell’uomo. Si sviluppa in Europa contemporanea alla comparsa
del commercio e dello Stato nazionale per ricevere poi impulso decisivo con l’industrializzazione. La città si
impone nel mondo intero nella seconda metà del XX secolo. Le città danno tono e impulso all’economia, alla
politica, alla modalità di vita, all’organizzazione sociale, alla cultura. Oggi nel mondo si conta qualche migliaio di
piccole città, e si sta assistendo a un’evoluzione contemporanea delle città, e in tal modo ci si espone al rischio di
problemi e squilibri sempre più concentrati. Il grado di urbanizzazione varia notevolmente a seconda dei
continenti, sia per valori assoluti che per forme. L’incremento demografico è più marcato nei paesi meno
sviluppati. Nella maggior parte dei paesi sviluppati, esistono delle “regioni urbane” o “megapoli”, composte da
parecchie di decine di piccole, grandi, grandissime città, che dalla loro somma occupano i più grandi insiemi
urbani del mondo (es. Grandi Laghi, Pianura Padana, Tokyo, ..). Invece, in tutti i paesi di recente crescita urbana,
l’urbanizzazione procede a ritmo serrato, con tassi di incremento superiori a quelli dei paesi sviluppati. Le città del
sud, tutt’oggi i meno urbanizzati, hanno le città più popolate del mondo. L’elevato tasso di natalità e la forte
componente giovanile della popolazione, danno forte impulso alla crescita demografica di questi paesi.

9.2 Le città con le sue reti


La città è fondamentalmente un nodo di relazioni dense all’interno della società e dello spazio che queste
occupano, è il nocciolo dei flussi e delle stabilità umane. La rete è espressione di relazioni che assicurano
l’organizzazione dello spazio produttivo e abitato. La rete definisce anche l’insieme delle diverse città, le relazioni
fra esse e lo spazio che occupano. Esistono tre tipi di reti.
9.2.1 La città nella regione
Ogni città è associata a una regione, la “sua” regione, da dove attinge manodopera, clientela, utenti, materie
prime, risorse agricole. Le regioni o “zone d’influenza delle città” sono intersecate le une nelle altre, secondo la
dimensione dei centri che le animano. Fra le città, le relazioni sono molteplici, sulla base di rapporti gerarchici e
degli scambi di complementarietà. L’insieme di queste relazioni disegna una rete urbana (es. rete regolare, rete
irregolare, reti urbane..). L’”area di popolazione urbana” e la città stessa sono i territori e i luoghi degli incontri,
dei matrimoni, delle famiglie, della mobilità ma anche del radicamento. Si appartiene e ci si considera di questo
spazio.
9.2.2 La città senza regione
Le “città senza regione” sono città che vivono su se stesse, nel loro microcosmo e nella loro cittadinanza, quasi
estranee a spazi contadini contigui ma autarchici, che fanno parte di un’altra cultura e di altre forme di
sussistenza. Città di scambi, ma con relazioni molto puntuali. Città industriali sorte soprattutto in aree in cui sono
presenti materie prime ed energia.
9.2.3 La regione nella città
La regione nella città può essere la nuova realtà del futuro, anticipazione della rete mondiale delle metropoli.
Infatti oggi, quel che domina nello spazio terrestre è la città, e con lei la mobilità. Le enormi metropoli che “hanno
dei beni al sole”, cioè ben inserite nelle grandi reti di telecomunicazioni e in quelle dei trasporti mondiali, da sole
hanno il peso più rilevante e stabiliscono le regole per una nuova urbanizzazione del pianeta. Tutto avviene in
città. Si sta assistendo allo sviluppo di vaste metropoli in cui si combinano nuclei centrali o semicentrali, spazi
funzionali di servizio e di produzione e periferie residenziali molte estese. La regione si è adesso calata nella città e
forma un tutt’uno con essa. Le reti si suddividono geograficamente fra quelle interne alla città e quelle che creano
mutui legami fra le metropoli e le altre città, su scala mondiale o nazionale. Metropoli = città molto grandi, che
occupano un vasto spazio urbano, suburbano e perturbano, che comunicano tra di loro a livello mondiale e
costituiscono la rete fondamentale di un’economia mondializzata. “Megalopoli” o “Megapoli” = unità più
importanti che inglobano un vasto territorio urbanizzato per parecchie centinaia di chilometri. “Metapoli” =
spazio che supera e ingloba quello delle metropoli, tanto per estensione quanto per tutte le masse umane e le
funzioni che esso ospita. La metropoli, la megalopoli, la metapoli, ciascuna riunisce popolazioni qualitativamente
assai diverse la cui mobilità disuguale diventa determinante quale criterio principale di differenziazione sociale in
un universo turbolento.

9.3 La città nella città


La città affascina per la sua mobilità interna, le sue dimensioni, gli incontri, la folla. Lo spazio urbano è diversificato
al massimo, persino nelle trame più monotone, per il fatto che concentra in un perimetro ridotto, funzioni molto
varie e un’umanità che ha la particolare prerogativa di omologare tutti nella singolarità di ciascuno. La città è un
mondo a parte.
9.3.1 I quartieri
I quartieri suddividono la città all’interno del suo perimetro. Vi sono diverse tipologie di quartieri: degli affari,
rimodernati, di prestigio, periferie residenziali, ecc.. i fattori di differenziazione dei quartieri si trovano nel sito, nel
costo dei terreni, nella qualità delle funzioni e dei servizi, nell’immagine, nella reputazione.
9.3.2 La mobilità
La mobilità rende dinamico tutto il nostro mondo. Sono necessari i trasporti di massa, i mezzi pubblici, i bus, le
metropolitane, i tram, i treni, i trasporti su acqua per sostenere la mobilità delle persone. Oggi la mobilità è
accresciuta e complicata da un’economia molto più diversificata, dalla dimensione e dalla struttura dello spazio
urbano, dalle qualità di una società più individualista e che accorda peso analogo o anche maggiore ai momenti
non lavorativi, più che alle esigenze del lavoro stesso.
9.3.3 La pianta della città
La pianta dà ordine e rigore a quanto fondamentalmente non può essere ordinato. Tre o quattro tipi di piante
dominano la geometria delle città nello spazio che esse occupano: pianta quadrangolare, a forma di rettangolo e
con una trama di vie o viali paralleli o perpendicolari, è una pianta ortogonale, pratica, limpida, ne è un esempio
New York; pianta circolare, fatta di cerchi successivi che si allargano verso l’esterno, con una trama di vie e viali
circolari e di raggi, volta verso un centro da cui tutto si ordina, ne è un esempio Parigi; pianta “labirinto degli
insiemi”, fatta di giustapposizioni studiate e spontanee di alveoli chiusi, di strade e stradine, ne è un esempio
Tunisi; pianta composita, molto frequente e riunisce elementi presi dalle une e dalle altre piante urbane, ne è un
esempio Los Angeles.
9.3.4 L’architettura e l’urbanistica
L’architettura e l’urbanistica costituiscono le arti più importanti della città. L’architetto deve essere un ingegnere
in grado di impiegare materiali per comporre uno spazio, una società. L’architetto e l’urbanista hanno il compito
di gestire la crescita urbana. L’architetto e l’urbanista contemporanei sono dei creatori soddisfatti ma anche
angosciati, mossi dai bisogni enormi e sempre delusi di fronte alla realtà che schiaccia la loro opera, entusiasti e
tormentati dal problema di possedere una coscienza oltre che una scienza. La città si fa e si disfa, si accresce e si
estende e muore nello stesso tempo, e nel suo sviluppo pone più problemi di quanti non riesca a risolverne. È il
terreno di scontro tra moderni e antichi, idealisti e realisti.

9.4 La città e le sue immagini


Ogni città si inscrive in un sistema di rappresentazioni. La città dà una certa immagine di sé a chi vi abita, ai
visitatori, ai lettori o agli ammiratori “lontani”, ed essa non è sempre la stessa. La città è un mostro; essa divora,
inghiotta, si estende, schiaccia, inquina. La città è una gioia; accompagna il progresso, lo sviluppo e le comodità
materiali, la rivoluzione, è conviviale, luogo di incontro e di festa. La città è un simbolo; della ricchezza, del potere,
della miseria. La città è notturna e sotterranea; giochi, devianze, prostituzioni, traffici illeciti, mafia, criminalità, la
città nascosta indossa una maschera. La città da vendere si impone a tutti; è prodotto per il turismo, per una
promozione economica d’insieme, la metropoli diventano concorrenti sul mercato degli affari. Ma che cos’è una
città? Tutto questo messo insieme.

Capitolo 10. LE PERIFERIE


Le città sono il fulcro del mondo contemporaneo. Esse costituiscono il baricentro economico per il fatto che
ospitano le attività terziarie e quaternarie. Rappresentano il più importante luogo di vita. In esse risiede più della
metà della popolazione del mondo. Il resto del pianeta è diventato una vasta periferia che dioende quasi del tutto
dagli impulsi provenienti dalle metropoli.
Esiste quindi l’opposizione tra rurale e urbano e oggi si parla sempre più spesso di rururbanizzazione. Nella
periferia di ogni città lo spazio è profondamente trasformato dalla vicinanza con l’ambiente urbano. Oltre la
periferia il paesaggio resta per gran parte quello della campagna. La maggior parte della popolazione vive fuori
dalla città spostandosi per raggiungerla quotidianamente; ma la popolazione è urbana nelle sue
professioni,abitudini, modi di vivere, tuttavia vive in campagna per scelta volontaria o per necessità. Lo spazio si
trova compreso fra questi due termini: spazio rurale e insieme urbano. La rururbnizzazione si estende all’intera
Europa occidentale e a una parte di quella centrale secondo modalità proprie a ciascuno Stato. Il paesaggio nei
suoi tratti più generali resta quello della campagna. L’agricoltura è spesso trasformata da progetti di
valorizzazione consentiti dalla vicinanza di una clientela urbana. Antiche fattorie diventano residenze principali o
secondarie, castelli adibiti a luoghi di conferenze o congressi. Tutte le metropoli sono circondate da suburbs di
villette familiari che contrastano con gli altissimi edifici del centro della città, qui vive la maggior parte della classe
media.
La” rururbanizzazione” europea e il “suburbano” rappresentano delle eccezioni dal punto di vista geografico. In
quanto realizzazioni di paesi ricchi richiedono ampi spazi, organizzazioni molto costose specie in materia di
trasporto e reti tecnologiche.
In Europa si prolunga il modello contadino che fa sognare la campagna e la natura, c’è nostalgia patetica e molto
individualismo e senso della proprietà personale.

10.2 Le campagne dei contadini


I contadini allevano piante e allevano animali per il sostentamento personale e degli abitanti. Fino alla fine del XX
secolo hanno modellato i paesaggi di gran parte dei continenti. Radicati nel loro spazio hanno costituito comunità
più stabili delle altre, in ambienti e territori che erano i loro. Conferendo alle città e soprattutto alle metropoli il
primato del mondo in seguito all’industrializzazione, allo slittamento dell’economia verso il settore terziario, alla
rivoluzione dei trasporti e scambi, le società contemporanee hanno del tutto cambiato lo scenario, rimettendo in
discussione l’universo contadino. La produzione agricola è nelle mani dell’agroindustria, degli imprenditori agricoli
più che dei tradizionali contadini.
In Europa le società contadine sono state le principali riserve di manodopera delle varie industrializzazioni. Va
ricordato che i contadini sono coloro che patiscono maggiormente nei periodi di difficoltà come per es delle
carestie. Probabilmente dopo il XX secolo la storia dell’agricoltura e dell’allevamento europeo ha conosciuto un
punto di svolta.

10.3 Le campagne dell’ agrobusiness


Il contadino diventa agricoltore quando le sue tecniche rompono le tradizioni degli antenati per adottare quelle
nate dalla meccanizzazione agricola, delle imprese agroalimentari e dalla ricerca agronomica. Nello stesso tempo,
la sua produzione è interamente consegnata al mercato che si amplia sempre più sino a farsi mondiale.
L’agricoltore diviene imprenditore quando il capitale investito e il suo rendimento finanziario superano ogni altro
fattore. Il territorio, la stabilità della famiglia,l’attaccamento al luogo non sono prioritari. L’imprenditore non è più
necessariamente di origine contadina. Di solito opera all’intero di una società a capitale familiare o extrafamiliare.
La scomparsa dei contadini, oggi, apre la strada all’impresa agricola. I principali mercati su scala globale sono:
-dei cereali
-del caffè
-dello zucchero
-del vino
-della frutta e verdura
-dei prodotti di allevamento per la carne
-dei latticini
Oggi i paesi più ricchi possono fare a meno degli agricoltori, che cedono il passo agli imprenditori dell’agricoltura.
Le campagne sono divenute:
-da un lato uno spazio produttivo sviluppato per alimentare un mercato di parecchi miliardi di uomini
Dall’altro l’espressione della varietà dei territori attraverso i suoi prodotti e i paesaggi richiedono una protezione
indispensabile.

Capitolo 11: IL MARE, IL LITORALE

11.1 Gli oceani e i mari


Il pianeta blu è fatto di mare, più che di terra. Gli oceani e i mari si estendono per il 71% della superficie del
pianeta e si concentrano nell’emisfero boreale. Si può distinguere tra: mari interni (es. Caspio), mari costieri (es.
Mediterraneo), oceani (Pacifico, Atlantico, Oceano Indiano). È dai mari e dai fondali che ha avuto origine la vita.
Nessun’altro pianeta possiede tale quantità di acqua, fonte di vita e indispensabile per la vita. Da molto tempo si è
a conoscenza dei meccanismi del ciclo dell’acqua, dall’oceano all’atmosfera, per ritorna negli oceani attraverso le
perturbazioni. Oggi esistono modelli che permettono di comprendere meglio la circolazione delle acque
oceaniche, e da lì quelle dell’atmosfera, e viceversa (es. modello WOCE..). Il mare affascina l’umanità, riunisce in
un’unica onda la vita e la morte.

11.2 I trasporti marittimi, la gente di mare


Il mare è luogo di traffici intensi. Le rotte marine organizzano una gran parte delle relazioni commerciali fra i
continenti, gli Stati, le regioni. L’apertura dei mari è sempre servita da stimolo allo sviluppo. Esso è stato il
supporto principale dell’avventura coloniale e del capitalismo industriale.
11.2.1 I trasporti marittimi
Attualmente i trasporti marittimi rappresentano una delle basi essenziali della mondializzazione dell’economia. I
trasporti marittimi consentono i trasporti pesanti e le merci, il tutto a costo più bassi rispetto all’aereo e ad altri
mezzi di trasporto. Si possono distinguere quattro grandi traffici, assicurati ognuno da un mezzo differente. Il
petrolio, necessario per soddisfare la richiesta energetica di ogni paese. Il gigantismo, delle compagnie che
dominano il mercato; delle navi, essenziali per la produttività; delle cifre che concernono gli affari e il carico in
tonnellate. I prodotti sfusi, soprattutto minerali, carbone e cereali. I container, consentono di ottenere i costi più
bassi di trasporto per ogni tipo di prodotto, mostrano estrema facilità di manutenzione, permettendo
localizzazioni e delocalizzazioni della produzione, è per eccellenza lo strumento della mondializzazione industriale
e della società dei costumi contemporanea.
11.2.2 Il trasporto di passeggeri
Il trasporto di passeggeri ebbe il suo momento di gloria fino al 1960, con i grandi piroscafi di linea. Oggi,
soppiantato dall’aereo, sopravvive in due forme: le crociere turistiche e le traversate di breve distanza. La gente di
mare è cambiata molto in seguito all’ammodernamento dei porti e delle flotte, alla mondializzazione e alla
specializzazione; costituendo comunque una sorta di comunità in cui prevalgono valori contradditori: viaggio
quasi continuo, attaccamento molto forte ai luoghi d’origine, solidarietà di fronte ai pericoli.. I passeggeri del
porto sono notevolmente cambiati. Infatti, le città e i porti non hanno più il carattere pittoresco di una volta. La
gente di mare oggi svolge le proprie mansioni in maniera assai diversa, dovuto alla presenza nei porti di gru,
container, navi destinate al trasporto di merce..

11.3 I litorali, i piatti di frutti di mare


In Europa occidentale si sta assistendo alla “litoralizzazione” della popolazione; infatti molte popolazioni
occupano i litorali e le loro vicinanze. Sul litorale si trovano i porti, che comportano un grande numero di
professioni specializzate, e una serie di attività. Le località litorali ospitano molteplici attività e offrono impiego:
turismo, navigazione da diporto, pesca, costruzioni navali specializzate. Lo sviluppo del turismo rende possibile
una invasione stagionale dei litorali, che si traduce poi in una serie di impieghi nella pulizia e manutenzione dei
luoghi. Inoltre, l’economia residenziale completa tutte le altre attività sulle coste. Un’altra attrattiva è costituita
dalle isole. Inoltre, tutti i litorali offrono favolosi piatti di frutti di mare e di pesce. Le coste si differenziano a
seconda delle principali attività da esse praticate.

11.4 Un limite fragile


È un limite assai fragile quello che separa la terra dal mare. La linea di costa si modifica senza sosta. O le coste, è
lunga la lista degli eventi naturali e delle possibili "catastrofi”.. bisogna dunque proteggere e salvaguardare la
zona costiera di pertinenza degli Stati nazionali. Il litorale tra mare e terra, confine incerto e che affascina, sarebbe
globalmente modificato per l’azione degli uomini, senza che questi l’abbiano voluto.

Capitolo 12. LA NATURA


La natura è diventata il centro di una delle grandi preoccupazioni del mondo contemporaneo, i geografi devono
infatti tener conto del rapporto complesso che lega natura e attività umane secondo il livello delle loto tecniche e
i dati biologici del pianeta.
La natura:
-costituisce una parte intima del patrimonio della geografia
- fu scoperta e riscoperta nel XVII sec
-procede di pari passo con i viaggi, con quelle scoperte più o meno lontane che invitano gli uomini a spingersi
lontani dai loro nuovi orizzonti.
Ma che cos’è la Natura? La sua scoperta è relativamente recente, notevolmente accresciuta nel corso degli ultimi
decenni del XX secolo negli Stati Uniti e in Europa in particolare. Infine con il nome di ecologia essa può essere
insieme scienza, religione e politica. È cosi che ai giorni nostri si fa differenza tra ecologia scientifica, militante e
politica. Al centro del problema si collocano i rapporti tra l’uomo e quanto li circonda sul pianeta. Occorre quindi
pensare indipendentemente gli uni dagli altri uomini e natura? O sono indissociabili? Questo è uno dei grandi
dilemmi della geografia.

12.2 La natura immobile


L’approccio classico di Vidal de la Blache, distingue molto chiaramente la geografia fisica da quella umana. L’unita
della geografia è invece palese, essa contribuisce alla conoscenza della natura e degli uomini sulla terra. I
“geografi umani” sono uomini di lettere, ma devono pur fare esperienze sul terreno e conoscere la geografia
fisica. Sono dunque i geografi fisici che fanno della natura il proprio terreno di studio. Ma si tratta di una natura
che non pronuncia quasi mai il suo nome, di una geografia fisica che si specializza in settori specifici quali la
geomorfologia, la climatologia,la biogeografia, l’idrologia. La geomorfologia si impone sulle altre. Gli altri settori
non sono stati sviluppati dai geografi se non in epoca piuttosto recente perché già trattati da altre discipline. Oggi
è normale criticare il ruolo della geografia fisica, dominante nella prima metà del XX secolo. Bisogna però
sottolineare anche gli apporti e i meriti. I geografi fisici hanno definito un vero e proprio oggetto di studio il rilievo
della terra da descrivere e spiegare, dalle cime più alte fino alle fosse più oceaniche. Sono stati pluridisciplinari e
hanno sviluppato il rigore scientifico nelle loro analisi.
Tre fattori costituiscono le chiavi di analisi principali:
-la geologia dei rilievi e dei bacini
-la tettonica con i movimenti del terreno
-i vulcanesimo e corrugamenti, le faglie.
La geografia fisica con l’etichetta di geomorfologia, nel corso degli anni 60 ha ignorato il crescere delle
preoccupazioni della società relative all’ambiente e alla natura. Inoltre si parla di geografia fisica anche per
l’assenza di qualsiasi riflessione su se stessa. La geografia fisica di epoca classica postula a suo modo una natura
immobile di cui per moltissimo non si è neanche misurato il tempo.

12.3 La natura dinamica


La geografia fisica ha conosciuto un forte dinamismo dopo la seconda guerra mondiale. L’evoluzione
contemporanea di una geografia consacrata in parte alla conoscenza della natura può riassumersi in tre tendenze
fondamentali e indissociabili:
1- La natura è resa dinamica. Al pari delle forme sono prese in considerazione le evoluzioni, i processi. Il
tempo è misurato e reintrodotto in tutte le sue dimensioni.
2- La natura si apprezza nel suo complesso e non per segmenti. Sono si necessarie delle specializzazioni ma
devono convergere in uno steso territorio per una conoscenza globale in cui le interrelazioni contano
tanto quanto i singoli fattori.
3- La natura è antropizzata. Gli uomini l’hanno trasformata più o meno a seconda dei loro bisogni, dello
loro scienze, delle loro culture, delle loro pulsioni. Gli uomini ano un sentimento e una rappresentazione
della natura. La natura fa parte della loro coscienza.
È lo spazio terrestre nella sua globalità ad esigere la convergenza di molteplici analisi prima di cercare di fornire
una sintesi. La geografia grazie alla sua comprensione della natura e secondo i suoi propri criteri che sono quelli
delle ripartizioni spaziali, ritrova tutto il un significato.

12.4 La natura temuta e protetta


La crescita delle città e della civiltà industriale nel corso degli ultimi due secoli ha suscitato per reazione il risveglio
di un nuovo romanticismo della natura. Il movimento a fatto la sua apparizione negli Stati Uniti durante gli anni 60
e in Francia negli anni 70. Nel 1971 in Canada è stato fondata l’associazione “Greenpeace” che è conosciuta per
particolari manifestazioni contro gli esperimenti nucleari, l’energia atomica e l’inquinamento.
Le risorse sono divenute essenziali e indispensabili alla vita. Gli autori distinguono quelle che sono:
- rinnovabili (acqua,aria, terreni)
- non rinnovabili (petrolio, carbone, gas, uranio)
- materie prime di origine minerale
Alla nozione di risorsa si aggiunge quella di Rischio, i rischi sono molteplici e divenuti sempre più evidenti. I rischi
associano quasi sempre catastrofi naturali con le condizioni geografiche e sociali nelle quali si sviluppano:
tempeste, siccità,alluvioni,sismi,…
Il rischio maggiore è quello dell’evoluzione del clima e del contemporaneo riscaldamento del pianeta il quale
dipende dal buco nello strato di ozono che circonda e protegge la terra e dall’effetto serra prodotto dalla
crescente emissione di ossido di carbonio.
Di fronte a queste crisi possibili e probabili, la protezione della natura appare la prevenzione più efficace. Per
esempio per quanto riguarda il rischio di alluvione sono state create dighe, bacioni la creazione di bacioni di
deflusso nelle sezioni iniziali dei fiumi sono alcune delle prevenzioni. Bisogna dunque proteggere la natura (vedi
pag 191 per esempi di sistemi di protezione). Gli ecologisti puri si dichiarano a favore di una protezione della
natura quasi assoluta, facendo la salvaguardia della biodiversità.
12.4.3 Il posto della geografia
La geografia si trova ad essere completamente rinnovata dall’emergere di questa idea di natura nel mondo
contemporaneo. Ancora oggi non ha armi sufficienti per risolvere i grandi problemi dell’evoluzione del clima. La
geografia è una scienza della natura o una scienza dell’uomo? Per evitare le derive del passato è preferibile
affermare che si tratta di una scienza dell’uomo e della società con un suo posto preciso fra le altre scienze
umane, non dimenticando una reale competenza del geografo in conformità con le sue proprie tradizioni sulla
natura, sul pianeta vivente,climi, animali,piante foreste.

PARTE QUARTA: LA GEOGRAFIA SOCIALE


La geografia sociale fa riferimento alla società. Questa disciplina è comparsa in Europa e negli Stati Uniti, solo
dopo la Seconda guerra mondiale, in particolare negli anni settanta. La geografia sociale studia i rapporti sociali in
relazione agli spazi che li determinano o che essi determinano; analizzano cioè la dialettica dei rapporti sociali e
dei rapporti spaziali. Essa dà un importante contributo alla conoscenza dei problemi contemporanei.

Capitolo 13: LE DISUGUAGLIANZE

13.1 L’uguaglianza, le disuguaglianze, gli squilibri


Ogni uomo, nel suo essere particolare, è diverso da un altro per statura, peso, muscolatura, abilità, intelligenza..,
e ciò è evidente nell’uso dello spazio che si procura o che gli è riservato. L’individualità, come la coscienza di
questa individualità, sottolineano queste disuguaglianze e queste particolarità. Ma questo uomo è simile agli altri,
è eguale, in ciò che ne costituisce l’umanità, dalla nascita fino alla morte. Il tema delle disuguaglianze è ricorrente
nella geografia sociale, poiché gli uomini sono ineguali in molteplici aspetti e vivono in condizioni molto diverse
secondo le varie possibilità che offre la Terra. Il rapporto uguaglianza/disuguaglianza deve essere confrontato con
altri concetti: libertà, identità, fraternità (o solidarietà), equità.

13.2 Una disuguaglianza planetaria


I geografi hanno preso coscienza degli squilibri che interessano l’intero pianeta solo dopo la Seconda guerra
mondiale. Lo squilibrio si riscontra soprattutto a livello economico, tra ricchezza e povertà. Non solo, lo squilibrio
è anche demografico. E inoltre, lo squilibrio è evidente e presente in tutte le attività umane (es. salute,
educazione, alimentazione, consumi..); e questi elementi, attività, si intrecciano tra di loro, sono strettamente
legate. Si assiste a un sistema di squilibri molteplici e combinati. Uno squilibrio fondamentale è quello che divide il
mondo tra Nord e Sud. Oggi i rapporti tra ricchezza e povertà tra Nord e Sud si sono molto evoluti e complicati. A
sud si possono distinguere tre tipologie di paesi: quelli che accedono allo sviluppo, alla ricchezza, attraverso
l’industrializzazione o grazie a capitali derivati da rendite petrolifere (es. ex URSS, parte dell’America Latina..);
quelli più poveri che ricchi, sensibile a tutte le scosse finanziarie o politiche (es. Indonesia, maggior parte
dell’America Latina..); quelli più poveri del pianeta, per i quali non è al momento pensabile uno sviluppo, si
trovano nella più grande difficoltà e miseria, spesso in condizione di costante assistenza (es. Africa sub sahariana,
Asia centrale..). Invece, tra i paesi ricchi, motori della globalizzazione, il peso di ognuno è cambiato.

13.3 Gli squilibri regionali e le disuguaglianze sociali


La geografia delle disuguaglianze si manifesta a piccola come a grande scala. Le disuguaglianze tra stati
permangono nel sistema mondiale e lo complicano. Le ineguaglianze tra regioni, o tra unità più piccole, riempiono
le carte ciò che è forte e ciò che è meno, ciò che è ricco e ciò che non lo è, testimoniando evoluzioni rapide o
lente, ma anche ciò che persiste. La combinazione di alcuni fattori e il sistema sociospaziale delle disuguaglianze si
impongono, costituendo da una parte spazi “virtuosi” dove tutto concorre a una miglior riuscita, in altre parti
formando segregazioni in cui le crisi si accentuano e possono trasformarsi in contesti negativi. Due grandi spazi
mantengono attualmente uno sviluppo costante e, di conseguenza, delle disuguaglianze evidenti: la metropoli, in
cui vi sono fattori che favoriscono la crescita, ma che al tempo stesso sono spazi molto complessi e di difficile
gestione; e la città di media o piccola grandezza, con insediamento sparso nello spazio, con imprese di dimensioni
modeste. Le ineguaglianze tra gli uomini sono una regola,malgrado tutti gli sforzi messi in atto per correggerli.
Profonde ineguaglianze persistono ovunque nel mondo, sfidando la morale e il buon senso. La geografia permette
di cogliere le componenti spaziali delle ineguaglianze e di capire come si sono costituite.

Capitolo 14. LA SEGREGAZIONE


A seconda del luogo in cui si trovano, alcuni uomini possono godere o non godere di un determinato diritto,avere
o no il permesso di soggiorno, essere o meno discriminati. Queste discriminazioni e questi limiti possono essere
estremamente reali o immateriali, espliciti o impliciti e creare barriere tra le persone.
La segregazione è letta in due modi:
-può essere il risultato di un determinato politica,che mira a separare un gruppo da un altro,con costrizione
per esempio neri e bianchi;
-può essere un risultato geografico,secondo parametri dominanti ma non assoluti, manifestarsi come
separazione di uomini nello spazio, in base alla vita di tutti i giorni,alle condizioni sociali, alla ricchezza o
povertà.
Questi due significati devono essere presi in considerazione e confrontati.

14.1 La segregazione democratica


La democrazia è il governo del popolo. La segregazione invece divide. Le due parole sembrano incompatibili. La
segregazione esiste la dove non ce lo si aspetterebbe a priori in forma attenuate naturalmente, mai esplicite. In
un regime democratico, la prima segregazione dettata dal denaro.
La lotta di classe, secondo Marx dalla prima rivoluzione industriale ad oggi, si capisce anche attraverso la geografia
sociale. Essa permette di riconoscere senza ambiguità lo spazio proletario e quello dei padroni divisi dal gioco
economico e sociale, dalla proprietà del capitale. Questo tipo di segregazione tra classi, spazi, culture non è
scomparsa. Almeno 3 fattori che implicano questa situazione:
- l’opposizione tra quartieri proletari e borghesi
-la supremazia contemporanea dell’urbanizzazione e della metropoli e delle classi medie lascerebbe supporre
una certa omogeneizzazione sociale e una sorta di standardizzazione dello spazio.
Le segregazioni contemporanee non hanno confini ben precisi, è tuttavia evidente la presenza di una
segregazione sociale e spaziale persino nelle classi medie. La città contemporanea confonde le diverse condizioni
senza una netta opposizione tra ricchi e poveri, ma in un puzzle complesso dal quale emergono alcune regole.
-il reddito e il patrimonio. La ricerca della sicurezza, dell’accessibilità ai mezzi di trasporto, la qualità
dell’istruzione scolastica è diventata una motivazione fondamentale.

14.2 La segregazione determinata dall’identità


Altre scissioni si sovrappongono o si affiancano a quella del reddito. Possiamo chiamarle dell’identità nella misura
in cui, in uno stesso gruppo,si traducono in un senso di appartenenza comune,che associa principalmente la
lingua, la storia,l’origine geografica, la religione, la cultura e magari un certo aspetto fisico e la distinzione o anche
il rifiuto degli altri.
Nell’organizzazione dello spazio, una divisione in base all’identità si aggiunge molto spasso a quella delle classi
sociali,più evidente perché gli elementi irrazionali si confondono con fondamenti oggettivi.
- La progressiva demarcazione degli spazi attraverso le frontiere, ha in teoria risolto il problema delle
identità geografiche. Un unico popolo, un’unica lingua, spesso anche solo una religione in un unico spazio.
Un po’ ovunque sopravvivono delle minoranze che le frontiere non hanno permesso di assimilare, ciò si è
verificato in modo particolare dove gli imperi avevano riunito più popoli senza riuscire a fonderli tra loro.
- Diversi tipi di soluzione sono messi in atto per tentare di risolvere il problema di questi mosaici geografici
spesso diventati il territorio dell’odio.
La soluzione peggiore è la pulizia etnica: creando il terrore essa elimina l’oggetto del conflitto attraverso la
cancellazione delle minoranze.
La seconda soluzione è il muro che in mancanza di un accordo divide due comunità.
La terza soluzione chiama in soccorso l’ONU

La segregazione data dall’identità trova le sue forme più compiute nella maggior parte delle metropoli
contemporanee dei 5 continenti, ovvero nel cuore del geosistema mondiale. Le metropoli sono luoghi di forte
immigrazione. L’immigrazione si organizza secondo filiere e itinerari dai luoghi di partenza fino alle aree di arrivo.
Le famiglie, le clientele, i gruppi della stessa identità collettiva si ritrovano dando vita ai quartieri degli immigrati
che mostrano di possedere una doppia cultura, quella delle città che li ha accolti e quella del paese d’origine.
Questo meccanismo, crea segregazioni più o meno visibili. Gli immigrati hanno la tendenza a riunirsi intorno alla
loro comunità trovando rifugio e protezione quando non si sentono molto a loro agio nel nuovo ambiente fisico e
sociale. Quelli che li hanno preceduti nel popolamento della città li considerano a priori degli stranieri, mentre
molto spesso gli immigrati sono, dei poveri di cultura diversa,a volte aggressivi, che si creano un proprio spazio
nella città. La divisione è tanto più marcata quanto si tratta di gruppi con una forte identità e quasi sempre con
una condizione sociale molto al di sotto della media. In Europa l’integrazione è considerata un antidoto alla
segregazione determinata dalla diversa identità. In un modo o nell’altro ogni Stato ha costruito la propria identità
attraverso l’integrazione delle sue componenti in un unico popolo.
La forza dell’immigrazione contemporanea, il periodo di disoccupazione,le tappe della storia coloniale,
l’emergenza dell’islam, l’urbanizzazione sono probabilmente all’origine di queste nuove segregazioni.

14.3 La segregazione totalitaria


La segregazione trova la sua espressione più completa quando la costrizione politica, con la violenza, si aggiunge a
tutte le altre e consacra la supremazia di un popolo dominatore. Forme principali di segregazione totalitaria:
- ghetto ebreo figura urbana più compiuta di segregazione ebrea. Si tratta di spazi ben identificati e limitati dove
la comunità ebrea stessa si organizza intorno a rabbini e sinagoghe, con la sua lingua, la propria attività, a sotto la
sorveglianza/minaccia della maggioranza della popolazione musulmana e cristiana.
Per uso improprio il termine ghetto è spesso usato per indicare quartieri di segregazione sociale o divenuta
all’identità quando queste appaiono con maggior chiarezza.
- l’apartheid sudafricano è un caso esemplare di segregazione geografica estesa a un vasto territorio, l’intera
Unione sudafricana. Si tratta di segregazione applicata a un’intera nazione. L’apartheid sudafricano si basava sulla
superiorità di bianchi. Si esprimeva in una geografia che separava con precisione le comunità o meglio le razze.
Questa politica e questo sistema sono crollati negli anni 80 e più precisamente nel 1990 sotto la crescente
pressione di una popolazione nera sempre più numerosa in seguito al progressivo mutamento di un’ideologia che
non potava soddisfare tutti i bianchi. In seguito al suffragio universale, l’African Natinal Congress sotto l’impulso di
Nelson Mandela ha sostituito il sistema dell’apartheid a quello di una società integrata. Da allora la questione è
stata più oggetto di studio degli storici che dei geografi. Da ciò si possono cmq trarre almeno 3 lezione di
geografia:
- l’ African… fu un modello oggetto di numerosi interessi per i problemi reali che affrontava e sistematicamente
risolveva, a vantaggio di una minoranza;
- ha lasciato tracce profonde nella stessa Africa del sud, infatti l’apartheid fu sin dalle origini un regime di violenza
poliziesco e militare;
-là dove i contrasti sono più crudeli, l’apartheid sudafricano può essere una tentazione e un sogno inconfessato.
-la shoah forma che si verifica attraverso il massacro e il genocidio. Lo sterminio degli ebrei ad opera dei nazisti
durante la seconda guerra mondiale, resta il riferimento più estremo e drammatico. In una società sviluppata essa
superò il ghetto tradizionale passando da una forma di segregazione primitiva a una forma moderna.
Ma i massacri di massa sopravvivono ancora oggi nella geografia contemporanea dell’orrore (es. Cambogia,
Bosnia, Ruanda) gli uomini hanno trovato mille soluzioni per organizzare lo spazio di vita comprese le forme più
violente.

Capitolo 15: IL POTERE


1982, Maurice Godelier, La produzione di grandi uomini, è un libro sul potere in una società senza Stato. L’autore
prova a capire che cos’è un “grande uomo”, uno di quelli che esercitano il potere sul gruppo. L’insieme di tutti i
poteri presenti in una società, sono elementi che cementano l’organizzazione sociale. Egli si era confrontato con il
potere del suo tempo. Noi possiamo quindi porci una domanda: dove si trova il potere e come si definisce?

15.1 I territori del potere dello Stato


Nel mondo contemporaneo lo Stato, Stato-nazione, costituisce la forma più evidente di un potere esercitato su un
territorio. Dal XX secolo il numero di stati non ha smesso di aumentare. Ma che cos’è uno Stato? È
un’organizzazione, dotata di un governo, esercitante un potere riconosciuto, all’interno e all’esterno, su una
popolazione e un territorio determinati con la massima precisione. Il potere dello Stato a lungo ha combinato il
potere temporale con un riconoscimento di tipo religioso. Ma il consenso mondiale è oggi assicurato dal patto tra
i governanti e dalla rappresentanza democratica del popolo attraverso libere elezioni, da un governo che ne è
l’emanazione, dai diritti dell’uomo sanciti nella dichiarazione dell’ONU. Tuttavia, la geografia degli Stati del mondo
continua a essere molto differenziata; esistono grandi e piccoli stati, stati molto popolati. La storia molto diversa
degli stati ci mostra una grande diversificazione dell’esercizio del potere e delle forme territoriali; il contratto
sociale tra governanti e chi è governato è rispettato in modo molto ineguale nel mondo. Il potere di uno Stato si
manifesta su un territorio debitamente identificato e organizzato. Vi si riconosce la capitale, la frontiera,
l’amministrazione territoriale.
15.1.1 La frontiera
La frontiera delimita il territorio dello Stato senza alcuna ambiguità. Attualmente il liberalismo economico e la
mobilità degli uomini portano alla cancellazione dei limiti; al contrario, il controllo delle migrazioni, i problemi
ambientali e la lotta contro il terrorismo rafforzano la realtà delle frontiere.
15.1.2 La capitale
La capitale è politicamente, storicamente, simbolicamente ed etimologicamente la testa dello Stato. È qui che si
esercita il potere superiore.

15.2 I notabili, i territori e il potere


C’è sempre qualcosa di spiacevole nell’esercizio del potere; infatti, vi possono essere numerosi contrasti tra
“quelli che stanno in alto” (chi decide) e “quelli che stanno in basso” (chi è governato). Per questo vi sono i
notabili, che sono degli intermediari, e che svolgono un ruolo molto importante nella gestione dei territori un po’
ovunque nel modo, secondo modalità diverse. Il notabile è allo stesso tempo vicino a quelli che stanno in alto e a
quelli che stanno in basso. Egli informa il potere superiore di ciò che conosce meglio degli altri, sia riguardo ai
problemi sia alle voci che girano; ma al tempo stesso oppone resistenza al potere, guidando lentamente e
trasformando a modo suo ciò che proviene dall’alto ma non conviene al popolo. Attualmente molteplici elementi
di intermediazione s’interpongono tra il cittadino che si trova alla base e il potere superiore. La società civile
produce poco a poco un nuovo vivaio di notabili, che si occupano di territori diversi. Le associazioni e le
organizzazioni non governative costituiscono un nuovo reticolato di territori in cui si ritrova la vita a partire dal
paese e dal quartiere per arrivare al più alto livello di rappresentazioni mediatiche.

15.3 Le reti del potere economico


La logica spaziale dei gruppi industrializzati è completamente trasversale al potere degli Stati. Le imprese
internazionali devono obbedire alla logica dei flussi e delle reti. Il potere economico diventa sempre più
indipendente dai territori nazionali, li supera e in buona parte li nega. Tuttavia, questo capitalismo oligarchico
internazionale è ben lungi dall’essersi totalmente affrancato dalle esigenze nazionali, dai grandi stati. Tutte le
grandi imprese sono affiancate o completate da una miriade di imprese subordinate, che hanno una forte
connotazione nazionale. Il nuovo potere economico si colloca nell’intersezione tra i flussi internazionali e i
territori nazionali. Il presupposto di un’economia globale è quello di lavorare per un mercato più ampio,
diffondersi e innovare per rinnovarsi, inserirsi per una competizione mondiale in cui l’unica cosa che conta è
diventare grandi; tutto ciò riconduce a una ridistribuzione degli spazi destinati alla direzione, alla ricerca, allo
sviluppo. I nuovi spazi economici sono: Stati Uniti, Europa, Russia, Giappone, Africa del Sud, Australia, Oceano
Indiano, Cina. Tutte queste “potenze” si appoggiano a reti di trasporti e di informazione di grandi capacità. Esse
costituiscono un potere dominante, capace di creare ricchezze, sviluppando luoghi e spazi dal punto di vista
economico e sociale; ma anche costretti a imporre licenziamenti, ristrutturazioni, abbandonare territori, causare
crisi e sgomento.

15.4 Le metropoli
La metropoli è il luogo privilegiato di tutti questi poteri trasversali e transazionali che creano un nuovo ordine
mondiale a complemento di quello degli Stati. Una metropoli per eccellenza è New York. Le metropoli sono i
luoghi del potere mondiale, nel quadro della rete mondiale. In base alla loro potenza possono essere suddivise in:
quelle che dominano il pianeta e in cui si riscontrano tutte le attività superiori (es. New York, Londra, Tokio);
quelle meno potenti e dotate di una gamma di attività meno completa (es. Chicago, Los Angeles, Toronto,
Amsterdam..); quelle con grandi scambi mondiali relativi a un’attività specifica o a una forte impresa nazionale
(es. San Paolo, Milano, Séoul, Torino..). La maggior parte di queste metropoli non sono anche capitali; da qui ne
deriva che il potere economico si polarizza in America del Nord, in Europa occidentale, in Estremo Oriente. Altre
caratteristiche importanti da non tralasciare sono: la religione, in cui la loro geografia non sfugge alla dialettica del
territorio e della rete; e la sessualità, che in qualche modo è sempre presente quando si parla di potere e di
territorio.

Capitolo 16. LA GUERRA


La guerra è un’espressione manifesta del cristallizzarsi delle passioni umane, delle ineguaglianze, della
segregazione, del nazionalismo, del potere. Mette in azione mezzi umani e materiali, propri dell’intelligenza e
della crudeltà. La guerra è anche geografia, perché il terreno sul quale si svolge ha un ruolo fondamentale in tutte
le sue componenti umane, sociali, climatiche,economiche. La geografia ha un ruolo determinante nelle cause
della guerra, nell’elaborazione della strategia e della tattica. Anche il termine “geopolitico” è oggi di uso corrente
perché associa politica e geografia. Per molto tempo i geografi si sono mostrati piuttosto discreti riguardo al loro
interesse per la guerra, infatti la guerra è parte della storia e della geografia degli uomini.

16.1 Le guerre tra nazioni


Le grandi Nazioni Europee e gli Stati Uniti hanno inventato la guerra contemporanea. La formazione delle nazioni
in Europa è accompagnata, nei secoli, da ripetuti conflitti che le hanno viste in continua opposizione tra loro. Si
può così leggere tutta una geografia della guerra sui campi di battaglia dell’Europa. Distruzioni,
ricostruzioni,musei, luoghi della memoria costituiscono i segni distintivi.

16.2 Le guerre di posizione


La guerra di posizione è prima di tutto difensiva, mira a proteggere le frontiere acquisite. Per esempio gli
andamenti delle catene montuose e i tracciati dei fiumi hanno un ruolo di primo piano nei confini diversificati e
spesso scoscesi del vecchio continente europeo. Oggi questa strategia di difesa ha meno valore perché la maggior
parte dei conflitti è fuori dal continente.
16.3 La guerra di movimento
La guerra di movimento si caratterizza per la mobilità dei mezzi impiegati, l’intelligenza strategica e tattica, la
velocità di esecuzione, l’effetto sorpresa. La prima guerra mondiale ha segnato l’inizio di questo modello di
guerra. La forza militare si concentra nella mani di un piccolo numero di nazioni che ne hanno i mezzi in
proporzione alla loro potenza industriale. La guerra di movimento contemporanea, infatti esige nello stesso
tempo fabbricazioni sempre più sofisticate, una logistica e un rifornimento perfetto, in particolare di carburante,
tecniche qualificate e un’organizzazione di tipo militare.
16.3.2 La guerra rivoluzionaria
La guerra rivoluzionaria è l’antitesi di quella che sviluppano oggi le grandi potenze. Ha bisogno di armi e se
possibile delle migliori a condizione che siano leggere. La guerra rivoluzionaria sovverte tutti i principi degli
eserciti classici. Si è manifestata in Europa durante la seconda guerra mondiale nei movimenti di resistenza al
nazismo. La guerra rivoluzionaria lascia traccia in tutti i conflitti in corso in particolare in Medio Oriente dove sullo
stesso territorio si oppongono ideologie contrapposte. La potenza dominante occupa il terreno, lo controlla per
zone, chiude le frontiere dell’ordine e del diritto. L’altra forza sovverte il territorio, ignorando i fronti,le frontiere
del possibile. La guerra rivoluzionaria è una delle più geografiche che ci siano. Questo tipo di guerra privilegia due
terreni d’azione:
-le posizioni non identificabili
-le aree marginali e di difficile accesso
Soprattutto negli ultimi anni la guerra rivoluzionaria o sovversiva è diventata principalmente urbana ed è praticata
dagli abitanti delle città più che dai contadini.

16.4 La guerra in Medio Oriente


Alla fine degli anni 80 è cessata la guerra fredda, ci si è accorti subito che i punti caldi del globo non si trovavano
più nelle aree di contatto con l’URSS e i suoi paesi satellite, ma si concentravano da tempo in una vasta zona ai
limiti dell’Europa, dell’Asia e del Medio Oriente.
Dall’India, alla Libia, al Maghreb, Una gran parte delle guerre prima del 1990 si svolgevano in quei territori. A
partire da questa data i conflitti in quella zona raddoppiano in numero e in intensità e costituiscono il più vasto
insieme di scontro dall’inizio del XX secolo. A primeggiare sono la potenza delle armi di Stati Uniti e Israele. In
Medio Oriente si trova la zona più pericolosa del pianeta. Tutto il mondo ne è coinvolto. Con molta discontinuità
nel tempo e nello spazio, il teatro delle operazioni si estende dalle rive del Mediterraneo orientale fino al mare
d’Oman, dal Caucaso al Golfo persico e al mar Rosso. Si tratta di una delle zone più aride del mondo a livello
globale. Accanto ai beduini dei deserti, ai contadini delle pianure, ai montanari dei margini settentrionali la massa
principale della popolazione è un po’ dovunque costituita da commercianti, artigiani,letterari, funzionari, ma
soprattutto da un numero molto elevato di poveri dalle risorse precarie e ridotte. Il Medio Oriente presenta
l’immagine del sottosviluppo. Vi sono grandi ricchezze: il petrolio, l’agricoltura, il commercio locale e
internazionale. Gravi contrasti sociali oppongono le classi agiate a una massa con condizioni di vita molto povere a
causa di uno sviluppo globale squilibrato e scarsa industrializzazione. Questa opposizione è evidente a livello di
Stati.
La suddivisione in Stati-Nazione contribuisce a frammentare il Medio Oriente un po’ come è stato e come lo è
ancora per l’Europa con le sue divisioni fisiche che si intrecciano con le eredità storiche, le aree linguistiche ed
etniche, i conflitti religiosi. La maggior parte della zona è sostanzialmente terra dell’Islam, ma questa religione è
divisa secondo le sue ascendenze e le sue scuole di pensiero. Gli stati produttori di petrolio del Golfo Persico
appaiono coperti di ricchezza ma anche molto vulnerabili e il mosaico dei popoli frammentati e mescolati è a
regola. Il Medio Oriente è fondamentalmente una zona di contatto, un luogo di formidabile impatto della
tettonica delle grandi placche rimane. Quest’area è il cuore di diverse civiltà e area di incontri, pressioni e
confronti. Sempre nel XX sec. il Medio Oriente è stato oggetto di interessi successivi o simultanei degli inglesi, dei
russi prima e dei sovietici poi e, infine, degli americani. Ogni grande potenza trova in questi luoghi delle pulsioni a
misura dei propri interessi.
Ma i problemi del Medio Oriente si esportano anche nella più lontana periferia, dai Balcani alle Filippine, così
come nelle metropoli del Mondo sviluppato, compresi gli Stati Uniti.
La guerra in Medio Oriente è presente dappertutto in tutte le sue forme e in molteplici episodi, a partire dalla
seconda guerra mondiale. Durante la Guerra Fredda è rimasta limitata intorno ad Israele. Dal 1990 si è allargata in
tutta la regione medio orientale, nella sua parte centrale, in Afghanistan e soprattutto in Iraq ma anche ai suoi
margini (come in Cecenia) e anche più lontano con il terrorismo. La guerra impegna da una parte le potenze
occidentali e dall’altra forze di opposizione nazionali o regionali che rifiutano questa egemonia. Per capire questo
scontro si intrecciano due interpretazioni: scontro ideologico e scontro religioso.
Il controllo delle risorse petrolifere, fondamentale per lo sviluppo economico ed il profitto dei più potenti è l’altro
punto nevralgico della guerra. Appare vitale per tutti i paesi sviluppati, in testa gli USA (primi consumatori
mondiali di energia), ma anche per le potenze emergenti come india e Cina.
Il primo produttore mondiale è l’Arabia saudita (12% della produzione mondiale). Nel suo insieme il medio oriente
produce 1/3 del petrolio mondiale.
Quindi sia per i paesi produttori che per quelli consumatori è fondamentale assicurarsi il controllo di queste
risorse.
In realtà lo scontro ideologico e la guerra per il petrolio si sono strettamente legati.
Sul territorio, la guerra può assumere 3 forme principali:
-guerra episodica e breve;
-guerriglia in ambiente montano e contadino;
-guerra urbana che caratterizza i conflitti del medio oriente contemporaneo.

16.5 La pace dei continenti


Nel corso degli ultimi 20 anni tutti i paesi della zona del medio oriente son stati interessati dalla guerra.
16.5.2 L’Africa
Ancora profondamente sottosviluppata è costantemente teatro di conflitti etnici, soprattutto intorno al bacino del
fiume Congo.
Queste guerre dimenticate uniscono scontri tribali a interessi materiali che hanno ramificazioni sin nei paesi
sviluppati e che riguardano risorse preziose come i diamanti, l’avorio e l’uranio. A questo contesto si aggiungono
contrasti religiosi. Nel mondo si trovano simili conflitti quando le minoranze si sentono oppresse.
16.5.3 L’America Latina
È teatro tradizionale di rivoluzioni,colpi di stato, conflitti sociali, violenze razziali,..
l‘instabilità attuale è accompagnata da scontri violenti in paesi come il Cile, l’Argentina e il Venezuela. L’elemento
nuovo è la trasformazione di molte guerre in zone di illegalità dove può svilupparsi la produzione di cocaina. Ben
saldi sul commercio di droga, sulla prostituzione, sul riciclaggio di denaro sporco verso investimenti legali, i sistemi
mafiosi non sono solo appannaggio dell’America latina. Hanno tradizionalmente interessato anche i paesi
sviluppati, soprattutto negli ultimi periodi; sono così emersi 3 fenomeni:
-il commercio clandestino della droga
-il moltiplicarsi delle piazze finanziarie nei paradisi fiscali in tutti i continenti
-il liberismo selvaggio.
16.5.4 L’America del Nord, l’Europa, il Giappone, la Cina, l’Africa del Sud, l’Oceania
La maggior parte della umanità contemporanea è forse risparmiata dalla guerra e dalla violenza? Così può
sembrare a prima vista ma la miseria è sempre presente, la società è divisa tra chi sta meglio e tutti gli altri.
Lo sciopero, la forma più pacifica di conflitto, ha i suoi significati geografici e sociali quando scuote tutta la nazione
o accompagna la fine di una attività con pesanti risvolti sociali.
Il mondo contemporaneo è violento e la violenza è espressa con armi distruttrici e con rappresentazioni non
meno impressionanti così che ognuno è coinvolto.
I media ogni giorno consolidano l’immagine di un mondo violento. La guerra contemporanea non è più mondiale
ma mondializzata.

PARTE QUINTA: I TERRITORI, IL GEOGRAFO E IL CITTADINO


I territori sono diventati materia specifica della geografia. Il territorio permette di circoscrivere una parte della
superficie terrestre con tutte le sue componenti, non omettendo di comprendere una certa appropriazione dello
spazio da parte di un gruppo di uomini e di donne sia dal punto di vista materiale che psicologico. Il territorio si
declina in tutte le scale. E gli uomini vivono in un incastro preciso di territori. Il ruolo del geografo è quello di
riconoscerli, descriverli e analizzarli. Per rendere così la geografia non solo un insegnamento ma anche una sfida.

Capitolo 17: L’ORDINE DEL MONDO

17.1 L’ordine della natura


L’ordine della natura è davanti agli occhi del geografo e lo stupisce. La superficie terrestre è quasi immobile se
misurata con il tempo di una vita umana. La geografi è appunto costruita sull’ordine della natura, che si traduce
nel rilievo, nel clima, nella vegetazione, nei mari e nei fiumi.. Vi è stata però un’evoluzione con il passaggio da una
natura considerata immutabile a una sua concezione evolutiva e dinamica, per via della presenza al suo interno di
fenomeni di origine antropica. L’ordine della natura si è imposto a noi, seguendo il percorso rettilineo delle
filosofie religiose o laiche che l’hanno ispirato. La natura si iscrive nella storia del pianeta, in evoluzione costante;
e negli ultimi millenni gli uomini vi giocano un ruolo crescente attraverso l’agricoltura prima e l’industrializzazione
e l’urbanizzazione poi. Tutto ciò avviene con alcuni rischi, con le catastrofi, attraverso discontinuità e
cambiamenti. L’ordine della natura è fatto anche di molto disordine.

17.2 L’ordine della civiltà


È più difficile individuare ordine e stabilità nel perpetuo movimento degli uomini in cerca della loro sopravvivenza,
rispetto alla grandiosa continuità della natura. Infatti la natura è eterna, gli uomini sono mortali. Ma anche le
civiltà lo sono? I geografi usano poco questo termine. Nel passato due autori l’hanno usato nelle loro opere.
Pierre Gourou, il quale associa tutti gli elementi dell’ambiente geografico, delle tecniche, degli usi, delle maniere
di socialità collettive o delle influenze esterne per classificare i gruppi umani che vivono su un territorio e con una
certa continuità, e quando le aree di ripartizione sono abbastanza estese e le coerenze abbastanza forti, si parla di
civiltà. E Fernand Braudel, che sostiene che le civiltà hanno una loro durata , che si trasformano, evolvono, e
possono anche morire, ma che lasciano un’impronta quasi permanente, sia materiale che negli spiriti, là dove
sono sbocciate. Inoltre, Braudel dice che le civiltà sono degli spazi, sono delle società, delle economie, delle
mentalità collettive, delle continuità, una storia. Il mondo può dividersi in grandi aree di civiltà. Le civiltà non
stanno di certo scomparendo. La definizione più semplice di civiltà è azione del civilizzare; e civilizzato è colui che
fa parte della città, che ne ha i diritti e i doveri, gli usi e i costumi, i modi di vivere, contrapposto a chi non li ha. C’è
dunque un ordine di civiltà per chi ne usufruisce. E l’ordine si traduce più spesso in una gerarchia, esempio Roma
e Atene. Invece, la Civiltà unica che nel XVI si è imposta è l’Europa occidentale, e dal XX secolo si sono imposti gli
Stati Uniti. Il geografo non può far fronte al suo modo di guardare il mondo, perché esso fa parte di lui ed è il
prodotto della sua civiltà.

17.3 L’ordine globalizzato


A partire dagli anni novanta, gli studiosi (scienziati, geografi, economisti, sociologi..) scoprono un nuovo ordine del
mondo, unificato, con compiacimento o spirito critico: la mondializzazione o globalizzazione, lo spazio
globalizzato, l’ordine globalizzato.. Lo spazio, e di conseguenza la geografia, è mondializzato; ovvero l’insieme del
pianeta, uomini e cose insieme, appartiene ormai a uno stesso sistema. È un sistema economico di produzione, di
servizio, di scambio, di finanza, di informazione. È un sistema culturale, politico e amministrativo. Il cammino della
globalizzazione inizia con la storia degli uomini, anche se si devono riconoscere due fasi essenziali: formazione dei
grandi imperi coloniali nel XIX secolo e periodo attuale. La globalizzazione è resa possibile da alcune innovazioni
tecniche importanti: la rivoluzione dei trasporti e della comunicazione, il perfezionamento dei processi di
fabbricazione. Le reti, i mercati, i capitali finanziari, le industrie tendono a diventare mondiali. Questo sistema
appare ai nostri occhi con due facce: per i liberali è un sistema ideale, ineguagliabile, senza pari, di pace sociale, di
progresso, e quindi porta ordine nel mondo; per molti altri è incontrollato, incontrollabile, da dove viene tutto il
male, e quindi porta disordine nel mondo. Anche se la globalizzazione obbedisce a una logica d’insieme, la sua
geografia è fatta di asperità, particolarità, contrasti, opposizioni violente, similitudini. La mondializzazione
funziona come un movimento di crescita globale, incontestabile, come un sistema di dominio. Esso è un sistema
di relazioni nell’insieme del pianeta che potenti tecnologie hanno permesso di attuare; ed è sostenuta e
amplificata dal liberalismo.

Capitolo 18. L’IMPEGNO DEI GEOGRAFI

18.1 Elisèe Reclus


Elisèe Reclus è diventato negli anni ’70-’80 una figura emblematica della geografia francese e mondiale. È il
simbolo di una geografia impegnata, è autore di un’opera importante in molti volumi.

18.2 Accadimento e impegno


Ogni geografo prova una qualche simpatia per il territorio che studia e per gli uomini che vi vivono. L’uomo che si
impegna cerca legami, si affeziona, prende dei rischi personali. L’uomo contemporaneo impegnato lo è x una
causa. L’impegno intellettuale prevale quando il cittadino utilizza la sua competenza professionale e scientifica x
intervenire nell’azione e nella riflessione pubblica, mentre il suo appartenere alla città stimola il progredire delle
conoscenze. Nemmeno i i geografi saprebbero sfuggire a una simile problematica perché sono anch’essi cittadini
dei territori in cui vivono e che studiano, membri di una città, di un paese, di una regione, cittadini del mondo.
Questo è il messaggio di Reclus, secondo il quale l’accademismo non stimola l’impegno. A confronto l’opera di
Vidale de la Blanche è accademica.
Lo sviluppo della geografia universitaria è avvenuto nel periodo dei nazionalismi europei e fu inevitabile
proclamare una certa neutralità della disciplina in un periodo di bruciante attualità.
Un altro atteggiamento dei geografi consiste nel disimpegno in nome della scienza, della sua neutralità,
razionalità, universalità che non ammettono interferenza del quotidiano e del politico. Vidal indica un altro tipo di
impegno rispetto a Reclus, mette la scienza a servizio del principe, cioè della Repubblica. Contribuisce allo
sviluppo dell’insegnamento della geografia dalle elementari all’università attraverso canali da lui istituiti e la
produzione delle sue carte geografiche , atlanti e manuali. L’accademismo di Vidal è impegnato.

18.3 David Harvey


Nato in Inghilterra, la maggior parte della sua carriera si svolge negli Stati Uniti, nell’università di Baltimora. Con
lui, l’universo della geografia sembra essersi spostato, la sua concezione della geografia è globale, dal locale al
mondiale, in una riflessione teorica sui fondamenti marxisti. È Harvey che riassume al meglio successo
istituzionale e impegno. È in una sola persona Vidal e Reclus. Ha sempre espresso un’esigenza di giustizia sociale e
non ha mai temuto di affiancarsi ai più deboli nelle loro lotte, pagando volontariamente e fisicamente di persona.

18.4 Geografia radicale, geografia applicata, geografia attiva


Gli anni 1960-’70 sono stati segnati dalla crisi della geografia che portò ad una nuova presa di coscienza
disciplinare. Negli Stati Uniti si sviluppò la geografia radicale che privilegiò lo studio delle minoranze, dei ghetti,
dei conflitti sociali e anteponeva lo sviluppo delle lotte a quello delle conoscenze propriamente dette, fino al
sacrificio della geografia. In America la geografia radicale ha segnato una critica della società sempre attenta; in
Europa ed in Francia questa geografia non ha avuto lo stesso successo. L’impegno dei geografi doveva esprimersi
in direzioni più silenziose. Era normale dedicarsi agli studi dove l’insegnamento e la ricerca non erano i soli
sbocchi professionali. La geografia poteva anche “servire”. Le diverse forme di pianificazione regionale e urbana, il
controllo dei bacini fluviali, la protezione dell’ambiente richiedevano delle competenze alle quali i geografi
potevano contribuire. In Francia una geografia “applicata” apparve agli inizi degli anni ’60 cin Michel
Philipponneau. La competenza dei geografi poteva essere applicata alle previsioni demografiche, allo studio dei
suoli, alla cartografia,…
La difficoltà di questa geografia è che il controllo pubblico o privato turba la serenità della ricerca universitaria,
per la priorità degli interessi immediati che impone a scapito delle problematiche generali.
Pierre George, a partire dal 1964, faceva appello ad una geografia “attiva” piuttosto che “applicata”, attiva sui
problemi del sottosviluppo, dell’industria, dei consumi,…
Inoltre la disciplina si è arricchita di temi nuovi più al passo col presente; da qui, dal termine “spazio” si è passati
al “territorio”.

18.5 Sylvie Brunel


È rappresentativa di una nuova generazione di geografi molto impegnati, si è specializzata nella geografia del
sottosviluppo e della fame nel mondo.
Unisce una tripla formazione geografica, economica e politologica. Ha una aspirazione multidisciplinare pur
rimanendo fedele alla geografia come disciplina iniziale.

18.6 Tropicalismo, terzomondismo, no global


In Europa i geografi contemporanei sono fortemente orientati verso l’impegno sui territori locali ma anche alla
scala mondiale.
I terzomondisti rifiutavano il termine “tropicale” perché sviava l’attenzione dai veri problemi e metteva l’accento
sull’ambiente e non sui rapporti sociali.
Ai giorni nostri si è imposta una globalizzazione che si è originata negli ultimi 20 anni, in quanto non si può fare a
meno di una visione mondiale in cui interagiscono gli stati, le grandi industrie agroalimentari o farmaceutiche,
l’azione dell’ONLUS e, infine, le politiche delle grandi organizzazioni internazionali (banca mondiale, ONU).
I geografi non possono ignorare le relazioni che si instaurano sul pianeta.

Capitolo 19. LA PIANIFICAZIONE DEL TERRITORIO


Sin dal neolitico gli uomini organizzarono lo spazio della loro vita secondo le loro possibilità e necessità.
Labasse preferì la definizione di “organizzazione dello spazio” dando alla parola “organizzazione” un’accezione
volontaristica.
Gli Stati Uniti appaiono a priori come l’antitesi della pianificazione del territorio. Lo spazio è molto vasto e gli
autoctoni erano poco numerosi così da rendere indisturbate tutte le azioni di acculturazione e trasformazione.
La trasformazione degli spazi nel XX secolo sono l’esatto contrario di una pianificazione del territorio. Si deve
comunque ammettere una ferma pianificazione del territorio su alcuni punti: la divisione dello spazio secondo una
trama rettangolare, l’organizzazione attorno ad istituzioni importanti,…
La creazione dei parchi nazionali è un’altra iniziativa degli USA, che proteggono con questi spazi i tratti più
significativi di una natura e una storia grandiosa; l’organizzazione di questi parchi è considerata modello di
organizzazione.
L’URSS ha in comune con gli USA la risorsa di un territorio immenso ma, i governi sovietici non hanno nessuna
volontà affermata i pianificazione dello spazio.
L’antimodello sovietico sfida sia l’uomo sia l’ordine della natura.
Le colonie furono anch’esse territorio di sperimentazione. Furono inizialmente vessate dalla conquista europea
ed organizzate a partire dai porti. In seguito, si configuravano come regioni più strutturate che presentavano
realtà più complesse ed elaboravano piani di sviluppo in vista dell’indipendenza.
La posizione dell’Europa nell’elaborare e realizzare la panificazione del territorio è importante quanto il ruolo
della geografia.
negli altri continenti molto più vasti e meno densamente popolati, la pianificazione del territorio è abbastanza
sommaria ed appena abbozzata nei paesi più poveri.
L’Europa invece dispone di uno spazio limitato, densamente popolato, ricco di storia e vicende; tuttavia questi
fattori non sarebbero sufficienti x giungere alla necessità di una pianificazione dello spazio, se non prevalessero in
Europa principi di giustizia sociale che tentano di tradursi in equità territoriale. La pianificazione è nata
dall’esigenza di combinare la geografia e la democrazia su uno spazio denso, complesso e finito.
Due criteri di approccio alla pianificazione:
-importanza delle disuguaglianze e delle correzioni necessarie x superarle
-la ripartizione delle competenze tra stato e amministrazione locale.
MODELLO FRANCESE: è il più schematico. Concezione centralizzata del territorio nazionale, delle suddivisioni
amministrative e politiche.
MODELLO TEDESCO: è federale. Sono gli stati a disporre le competenze essenziali in materia di pianificazione
regionale.
MODELLO ITALIANO: stato ad autonomie regionali.
MODELLO BRITANNICO E OLANDESE: modelli consolidati da una lunga esperienza. Stato centralizzato che legifera
ma le comunità locali e provinciali dispongono di poteri estesi x avviare sul terreno quanto espresso a livello più
alto. C’è gerarchia delle competenze.

PUÒ DUNQUE ESISTERE UN’UNICA EUROPA DELLA PIANIFICAZIONE DEL TERRITORIO?


È necessaria una pianificazione in Europa e si sta cercando di porre le fondamenta sulla base di alcuni principi che
tutti condividono, x esempio problemi dell’ambiente, inquinamento atmosferico, nucleare, trasporti,… tutti gli
stati cercano il consenso presso le popolazioni e praticano una democrazia territoriale, spesso con 3 protagonisti:
stato, comunità di base, provincia o regione.
La pianificazione dell’unione europea è basata su 3 fattori:
-predilige regioni alle quali dà legittimità attraverso la politica regionale comunitaria
-selezione territoriale accordando sovvenzioni ai progetti dei paesi in ritardo di sviluppo
-si impegna in una riflessione globale sulla pianificazione del territorio adottando il primo schema di sviluppo dello
spazio comunitario.

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