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La geografia come campo di indagine antico

Ad Anassimandro di Mileto (610-546 a.C.), filosofo ionico discepolo di Talete, viene


tradizionalmente attribuita una prima mappa del mondo, ma né Erodoto né Aristotele ne
danno notizia. Secondo Diogene Laerzio, il commentatore del secolo III d.C. dal quale
deriviamo molte delle notizie sui filosofi della Scuola Ionica, Anassimandro fu il primo a
tracciare uno schema (perimetron) del mondo, e pure il primo a costruire un globo.
Più tardi Eratostene di Cirene (284-192 c. a.C.), filosofo, matematico e bibliotecario ad
Alessandria, grazie al suo ruolo disponeva di tutte le informazioni relative alle conoscenze
geografiche fino a quel tempo trascritte, così da indurlo a scrivere la sua opera
Geographika, in cui viene utilizzato per la prima volta il termine geografia, sebbene di essa
sia rimasto solo qualche frammento. Effettuò inoltre la prima misura delle dimensioni
della Terra con una approssimazione veramente singolare considerati le tecniche ed i
mezzi all’epoca impiegati.
La riscoperta della cartografia e della geografia
A partire dal XVI secolo, si registrò una rinnovata rifioritura degli studi geografici,
astrologici e cartografici; l’approfondimento e il rinnovato studio di tali materie permise
di riacquistare alla geografia il carattere di universalità avuto nella scienza greca.
L’invenzione della stampa, la scoperta di nuove terre da parte dei grandi navigatori
oceanici, quali Cristoforo Colombo (1451-1506), Amerigo Vespucci (1454-1512), Giovanni
Caboto (1450 circa-1498 circa) e Ferdinando Magellano (1480-1521) nonché il forte
interesse politico venutosi a creare intorno ai nuovi territori crearono l’humus adatto per
lo sviluppo di nuove problematiche inerenti alle tecniche cartografiche allora conosciute.
La sfericità della terra diventò un concetto affermato. La navigazione a stima fu
abbandonata. Crebbe il bisogno di mezzi strumentali e cartografici sempre più precisi. Ed
in questo clima, furono riconsiderati i sistemi di riferimento geografici.
Due differenti sguardi sulla geografia
"Che cos’è un geografo?"
"È un sapiente che sa dove si trovano i mari, i fiumi, le città, le montagne e i deserti".
"Le geografie", disse il geografo, "sono i libri più preziosi fra tutti i libri. Non passano
mai di moda. È molto raro che una montagna cambi di posto. È molto raro che un
oceano si prosciughi. Noi descriviamo delle cose eterne".
Antoine de Saint-Exupery, Il Piccolo Principe, 1943

È l’uomo che conferisce alla Terra un significato, un destino, un motivo per esistere.
Tutti gli aspetti e le forze della Terra diventano geografici soltanto nell’incontro con
l’uomo. La geografia non esiste infatti senza la natura ma nemmeno senza l’uomo. Con
la conoscenza geografica comprendiamo sempre meglio il mondo ma anche noi stessi e
il dovere di ciascuno e di
tutti di operare a beneficio
dell’intera umanità.
Osvaldo Baldacci, Perché la
geografia (1978)

Schema del Patrimonio


Territoriale

L’uomo rientra in questo


campo di studio sotto un duplice aspetto. In primo luogo egli è sensibile – nel modo di
distribuirsi sulla Terra e nella estrinsecazione della sua attività – all’influenza
dell’ambiente fisico in cui vive, dato che questo può essere più o meno ostile alla sua vita
e alla sua diffusione: si ha pertanto un adattamento all’ambiente.
I fattori fisici più rilevanti per l’uomo:
1) clima;
2) idrografia;
3) orografia.
In secondo luogo, i gruppi umani non sono passivi e reagiscono modificando – secondo il
loro tipo di cultura e di organizzazione sociale – l’ambiente in cui vivono. Anzi, divengono
protagonisti di profonde trasformazioni delle “offerte” o possibilità naturali, in quanto le
piegano a soddisfare i loro bisogni: bisogni che sono un prodotto della storia, in quanto
legati a una determinata fase dello sviluppo. La presenza e l’attività dell’uomo si
inscrivono sulla Terra con segni più o meno evidenti.
I campi della geografia
La geografia umana, in particolare studia
anzitutto la varia distribuzione degli uomini e
la dinamica demografica in rapporto alle
risorse disponibili e alle strutture socio-
economiche; questo filone di studi si

denomina
“Geografia della popolazione”.

Poi la geografia umana si occupa dei segni che


gli uomini imprimono sulla Terra. Studia
pertanto i tipi e la distribuzione delle dimore a seconda dei modi di vita e delle forme di
organizzazione economica e sociale; questo filone viene denominato
“Geografia dell’insediamento” .
Matrice delle prospettive geografiche

Geografia delle lingue e geografia linguistica

A partire dalla fine dell’Ottocento in campo linguistico nacque e si rafforzò l’interesse per
la distribuzione e la differenziazione spaziale delle parlate. All’interno degli studi
glottologici, infatti, andò sviluppandosi in quegli anni una reazione contro i metodi seguiti
fino ad allora nello studio delle diversità degli idiomi; reazione che ebbe come bersaglio
soprattutto la scuola tedesca dei neogrammatici ed il suo interesse pressoché esclusivo
per gli aspetti formali e strutturali delle lingue, all’infuori di ogni analisi del contesto
sociale e territoriale.
L’esigenza di collegare in un unico sistema di indagine la lingua e il territorio e di
estendere, dunque, l’ambito degli studi dalla struttura interna di ciascuna parlata al
contorno spaziale in cui le diverse lingue erano adoperate fece sorgere quel nuovo ramo
della glottologia che prendeva in esame anche le caratteristiche del territorio in cui i
fenomeni linguistici venivano osservati.
Sulla scia dei lavori di Ascoli, Gilliéron, Wenker e di altri studiosi
che intrecciarono la prospettiva geografica con quella storica, ricostruendo le vicende
territoriali delle lingue attraverso un metodo sempre meglio definito, la Geografia
linguistica — lo studio, cioè, della distribuzione dei fenomeni linguistici nello spazio, al
fine di descriverne i mutamenti e chiarirne modalità e cause — divenne ben presto un
ramo a sé delle scienze linguistiche. Graziadio I. Ascoli fondò la glottologia, definendo il
termine e la materia di studio, fra linguistica, antropologia, storia e geografia. Jules
Gilliéron fu il primo a utilizzare il termine Geografia Linguistica nella sua opera Etudes de
géographie linguistique del 1912.
La lingua ha, insomma, un suo preciso momento geografico: l’attività costruttiva e
organizzativa dell’uomo trova un riflesso in essa, e il geografo può, attraverso di essa,
individuare la rete di correlazioni che legano un
gruppo sociale agli altri e all’ambiente.
Il geografo considera la lingua come parte fondamentale della cultura; ne indaga la
distribuzione spaziale e i flussi, ne esamina i vettori (gli individui, ma anche i libri e i mezzi
di comunicazione di massa); raccoglie le informazioni statistiche necessarie ad un’analisi
quantitativa. Osserva le diverse situazioni spaziali che incontra: la diffusione più o meno
omogenea, la maggiore o minore espansione, i confini più o meno netti, le
frammentazioni e le isole; è abituato ad individuare le correlazioni con fenomeni umani
di ordine diverso (storici, sociali, economici) e col quadro fisico di riferimento.
Il primo utilizzo del termine Geografia delle Lingue si fa concordemente risalire a un
geografo franco-brasiliano Carlos Miguel Delgado de Carvalho in un articolo del 1943 sul
Boletim Geográfico brasiliano.

"Geografia das línguas" e "Geografia linguística" não me parecem ser expressões


equivalentes. Ambas são do domínio da Geografia Humana, que abrange tôdas as
manifestações culturais diferenciadas pelos meios geográficos. Mas geografia das
línguas supõe a história da formação da área geográfica de certas línguas,
independentemente dos fenômenos linguísticos própriamente ditos, enquanto que
geografia linguística se aplica antes às influências geográficas que modificam as palavras,
os têrmos, as expressões e alteram, no espaço, o seu uso, sua significação ou sua
intonação.
Em suma, a geografia das línguas é uma das partes da geografia humana à qual parece
destinado um desenvolvimento particularmente rápido e decisivo, pelo fato de constituir
um estudo de fenômenos reveladores do substratum humano das sociedades atuais, nas
diferentes regiões; de ligar mais logicamente o presente ao passado; de salientar as
influências que se exerceram e as diretrizes seguidas.
Il Mondo si va appiattendo?
Secondo un orientamento della letteratura scientifica contemporanea, in specie di quella
economica, la geografia ha oggi una minore importanza che in passato. Soprattutto
l’avvento di nuove tecnologie rende accessibili comunicazioni a distanza (ICT), cosicché,
secondo gli autori che seguono tale impostazione, diventa sempre più irrilevante e
ridondante il significato di localizzazione e di luogo. Thomas Friedman scrive nel 2006 il
libro «The World is Flat». Già nel passato diversi autori avevano parlato di «mondo senza
confini», o di «processo di deterritorializzazione» o di «scomparsa della distanza», ma egli
categorizza i fattori determinanti del cosiddetto progressivo «appiattimento» del mondo.
Le «forze» per Friedman che hanno spinto verso l’appiattimento del mondo sono le
seguenti:

Richard Florida su The Atlantic nel 2005 fornisce una prima risposta denotando alcune
situazioni di concentrazione. Lo sviluppo urbano, che concentra popolazione e attività
economiche:
Population density is of course a crude indicator of human and economic activity
But it does suggest that at least some of the tectonic forces of economics are concentrating
people and resources, and pushing up some places more than others.
Still, differences in population density vastly understate the spikiness of the global
economy; the continuing dominance of the world's most productive urban areas is
astounding.
L’innovazione sempre più concentrata: Population and economic activity are both spiky,
but it's innovation—the engine of economic growth—that is most concentrated. So
although one might not have to emigrate to innovate, it certainly appears that innovation.,
economic growth, and prosperity occur in those places that attract a critical mass of top
creative talent.
Perché il mondo sembra piatto secondo Florida
The world today looks flat to some because the economic and social distances between
peaks worldwide have gotten smaller. Connection between peaks has been
strengthened by the easy mobility of the global creative class—about 150 million people
worldwide. They participate in a global technology system and a global labor market that
allow them to migrate freely among the world's leading cities.
Dunque, le rafforzate interazioni sociali permettono, grazie anche ai nuovi mezzi di
comunicazione, di avvicinare le aree “aguzze” del pianeta, ossia le aree di
concentrazione.
Le periferie secondo Florida
Economic and demographic forces are sorting people around the world into
geographically clustered "tribes" so different (and often mutually antagonistic) as to
create a somewhat Hobbesian vision. We are thus confronted with a difficult
predicament. Economic progress requires that the peaks grow stronger and taller. But
such growth will exacerbate economic and social disparities, fomenting political
reactions that could threaten further innovation and economic progress. Managing the
disparities between peaks and valleys worldwide - raising the valleys without shearing off
the peaks - will be among the top political challenges of the coming decades.
Le lingue nel Mondo
Secondo Ethnologue oggi al Mondo si parlano 7.151 lingue. Questo numero è in costante
mutamento, perché ogni giorno impariamo di più sulle lingue del mondo. E oltre a ciò, le
lingue stesse sono in continuo mutamento. Sono vive e dinamiche, parlate da comunità
le cui vite sono modellate dal nostro mondo in rapida evoluzione. Nell’epoca attuale la
diversità linguistica è a rischio: circa il 40% delle lingue è in pericolo, spesso con meno di
1.000 parlanti rimasti. Nel frattempo, solo 23 lingue rappresentano più della metà della
popolazione mondiale.

Secondo Ethnologue ci sono altri dati interessanti da mettere in luce. Nel 2020 le prime 8
lingue concentrano circa 2,8 miliardi di parlanti come prima lingua, pari quasi al 40% della
popolazione mondiale. D’altra parte, circa il 27% delle lingue attualmente censite ha meno
di 1.000 parlanti. Se si considera il numero di parlanti totali, solo due superano il miliardo
di individui, l’inglese e il cinese, mentre altre 8 i duecento milioni.
Distribuzione dei parlanti e delle lingue (2020)

Le principali lingue (2022)


Classifica Lingua Parlanti
1 Inglese 1,452 miliardi
2 Cinese Mandarino 1,118 miliardi
3 Hindi 602,2 milioni
4 Spagnolo 548,3 milioni
5 Francese 274,1 milioni
6 Arabo standard 274 milioni
7 Bengalese 272,7 milioni
8 Russo 258,2 milioni
9 Portoghese 257,7 milioni
10 Urdu 231,3 milioni
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29 Italiano 67,9 milioni

Gli Stati con più lingue parlate (2022)

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