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VI PIACE LA GEOGRAFIA?

Armand Frèmont
Il termine Geografia è l’unione di due vocaboli greci “geo” che significa Terra e “grafia” che
significa Descrizione. E’ impossibile immaginare la descrizione della Terra senza colui che la
descrive, ossia senza uomini che la descrivono, perché essi danno nome ai luoghi, descrivono lo
spazio, osservano e si orientano e ne traggono benefici. La storia registra la presenza della geografia
molti secoli prima di Cristo, nell’antica Grecia e forse anche presso gli Egizi e i Fenici; ciò è
testimoniato dal ritrovamento di abbozzi di carte geografiche. I Greci antichi avevano il senso del
racconto e della scrittura, erano dei navigatori, erano astronomi e matematici, infatti i loro calcoli
erano sorprendentemente giusti. Tolomeo fu un grandissimo studioso della sfericità della terra,
viaggiò moltissimo, in particolare nel Sahara ed elaborò una carta del mondo abitata. I veri eredi dei
greci sono i geografi arabi. Anche’essi erano dei grandi matematici e navigatori. La geografia
medievale, invece rimane in silenzio: l’Europa medievale era rinchiusa in un sistema feudale
soffocato dalle credenze della chiesa di Roma e radicata in un’economia contadina. La geografia
moderna compare soltanto dopo le grandi scoperte del XV secolo e del Rinascimento. In quel
momento si apre un mondo in cui si conosce la configurazione generale ma dove tutto resta da
scoprire, dai Poli ai Tropici, dalle isole alle montagne più elevate. Le prime figure sono quelle del
geografo e del cartografo indispensabili per scoprire e per rappresentare il mondo. Queste prime
figure provengono da quelle nazioni europee che si lanciarono alla conquista del mondo con il
commercio e con la scienza: portoghesi, spagnoli, olandesi… le grandi spedizioni scientifiche
furono effettuate tra l’epoca dei Lumi e l’età del Colonialismo e avevano una forte volontà di
conquista. Tra il secolo 18° e 19°, emerge un geografo particolarmente rappresentativo e di spirito
illuministico, Alexandre von Humboldt, che praticò una geografia d’avventura nel suo viaggio
attraverso l’America latina. Egli annota, compie rilievi, misurazioni, abbozza carte geografiche.
Conosce bene la botanica e la geologia e le usanze degli indiani e dei neri, il cui sfruttamento
suscita la sua indignazione. Karl Ritter proseguì l’opera di Humboldt, conferendo maggiore
importanza alla geografia umana, infatti teorizzò lo spazio umano con la tendenza a considerarlo
determinato da condizioni naturali. Questo atteggiamento concettuale ed epistemologico farà
parlare di “determinismo”. In Francia, si impose la grande personalità di Paul Vidal de la Blanche:
docente universitario, studioso di storia e scienze naturali, pedagogo e scrittore.
Frèmont esistono quattro tipi di geografo.
Il Viaggiatore: il geografo tradizionalmente viaggia. Mentre prima i viaggi erano lunghi e
interminabili, densi di avventure e di molteplici osservazioni, nel corso dell’ultimo cinquantennio, il
jet ha cambiato la vita del geografo. Il geografo vuole vedere direttamente i vari paesaggi, i paesi, i
quartieri urbani e gli uomini.
L’ingegnere e il cartografo: questi appartengono a tutt’altra categoria, producono carte e
rappresentazioni geografiche, con una precisione sempre maggiore.
Il geografo dei numeri: tutti gli uomini del grande Olimpo geografico hanno più o meno avuto a che
fare coi numeri, alcuni perché ne possedevano la scienza, come i greci. Due grandi fonti hanno dato
ai geografi la familiarità con i numeri: la misura dei fenomeni spaziali e i censimenti della
popolazione.

LA CARTA GEOGRAFICA
La carta è uno strumento dai molteplici usi. Le prime carte conosciute sono quelle Egizie e
Babilonesi. Un primo esempio di carta viene riconosciuto in una tavoletta che rappresentava
Babilonia. I Greci che erano dei grandi matematici , gettarono le fondamenta della cartografia
riconoscendo la sfericità della terra e inventarono le coordinate geografiche (longitudine e
latitudine). La Cartografia si sviluppò con l’ampliamento delle reti di navigazione e la delimitazione
degli Stati nazionali durante l’Illuminismo ad opera di arabi, portoghesi e britannici. I Cartografi si
trovarono a risolvere problemi, come quello della rappresentazione di un oggetto sferico, ossia la
Terra, su una superficie piana, o ancora quello della raffigurazione su carta dei rilievi e della
profondità dei mari e degli oceani. La Cartografia si mostrò una scienza con una forte componente
matematica, allo stesso tempo si mostrava anche una come una tecnica applicata, nella misura in cui
si rivelava indispensabile per il navigatore o viaggiatore.
La Carta raffigura la riduzione di una porzione dello spazio terrestre, secondo una data scala. Fu
concepita per i militari, ingegneri o marinai, ma è indispensabile per il geografo moderno, perché
questi posso orientarsi e analizzare le sue osservazioni. La Carta è uno strumento imperfetto, perché
è una riduzione e una proiezione, ma tuttavia è rispettosa di regole rigorose, indicate dalla scala e
dalla legenda. Nel corso degli ultimi decenni, l’informatica da alla cartografia molta importanza,
infatti, la carta entra nei sistemi di informazione geografica (GIS). I GIS sono dei sistemi
informatici di organizzazione dei dati geografici che consentono l’acquisizione, la registrazione,
l’analisi, la visualizzazione e restituzione di informazioni derivanti da dati geografici. Le
informazioni sono aumentate in seguito alla sviluppo del calcolo, della statistica e delle tecniche del
tutto nuove come per esempio la fotografia aerea e le immagini satellitari. In poco tempo si è passati
da una fase in cui la carta veniva disegnata a mano ad un’era di informazione postindustriale, con
elaborazioni senza limiti. Tutti i mestieri traggono beneficio da questa esplosione geografica, a
partire dai militari, come testimoniano le recenti guerre. La Carta è un oggetto molto diffuso,
illustra le guerre, le lezioni, le epidemie , le spiagge ecc… La Carta è effimera, appena edita è già
superata. Esistono carte di vari tipi: stradale, gastronomica, turistica e pubblicitaria. Negli ultimi
tempi la Carta è oggetto di discussione, poiché viene messa in discussione la sua oggettività; alcuni
sostengono che questa non abbia alcun valore. La maggior parte dei cartografi sostengono il
concetto di “Rappresentazione”: la carta non ha un valore assoluto, non è sinonimo di pianeta Terra.
La Carta è sia una riduzione che una proiezione, entrambe sono determinate da chi la elabora. La
proiezione deforma e ciò è inevitabile per qualsiasi Carta.
La proiezione cartografica di Mercatore è una proiezione cilindrica. Per spiegare la carta di
Mercatore dobbiamo immaginare un cilindro avvolto intorno alla sfera terrestre, dove i meridiani
sono rappresentati come rette parallele perpendicolari all’equatore, egualmente distanti l’una
dall’altra, mentre i paralleli sono disegnati sempre maggiori via via che ci si avvicina ai poli. In
questo modo, le forme sono dilatate man mano che ci si avvicina ai Poli. La riduzione delle distanze
sulla carta introduce la nozione di “Scala”. Quanto più la scala è ridotta, tanto più le deformazioni
sono evidenti. Es. piccola scala: 1:50.000.000, dove 1 mm corrisponde a 50 km.
Al contrario, più la scala è grande 1:25.000, più è possibile una rappresentazione dettagliata. Di un
atlante bisogna saper leggere la scala e la proiezione, ma anche i colori, i segni, gli sfondi e la
legenda. Questa fornisce la chiave di lettura, la suddivisione dei colori e la decodificazione dei
segni. La carta geografica è divenuta nel tempo un punto di forza di assoluta importanza, infatti si
presenta come strumento indispensabile per il potere politico. Lacoste sosteneva che la geografia
serve a fare la guerra: a scala ridotta questa permette di definire strategie, di gestire grandi
spostamenti di truppe e di scegliere i luoghi in cui muoversi. A grande scala, essa serve ad orientarsi
ed a individuare con esattezza il nemico. Oggi questo potere non si ritrova più nelle Carte
tradizionali cartacee, ma bensì in un sofisticato complesso tecnologico, basato sull’osservazione
aerea e satellitare e il trattamento informatico dei dati. Tale Carta è monopolio del Pentagono, gli
altri paesi hanno accesso solo parziale. Oltre che militare, il punto di forza della Carta è anche
politico. La Carta politica delimita i confini, suddivide in circoscrizioni, da un nome ai luoghi, in
questo modo un potere politico si assicura l’appropriazione dello spazio. Infatti, oggi, le nazioni
europee si assicurano il dominio su un territorio non solo con le armi e altri mezzi, ma anche con la
Carta.
La Carta è uno strumento indispensabile per l’organizzazione del territorio: gli uomini trasformano
il territorio in cui vivono, attraverso grandi lavori di idraulica, sviluppo agricolo, costruzione di
infrastrutture e la creazione di grandi città, ecc… tali operazioni non sono possibili senza l’uso delle
carte di diversa scala. E’ necessario comunicare con gli abitanti dei luoghi, al fine di coinvolgerli
nei progetti. La Carta geografica è un forte rilevatore delle disuguaglianze sociali su un determinato
territorio, è per questo motivo, anche, un punto di forza sociale.

LA COMBINAZIONE GEOGRAFICA

Per non rischiare di sparire, la Geografia ha dovuto cercare un oggetto di studio, come tutte le altre
discipline universitarie. Il pensiero geografico iniziò a fare dei progressi negli anni 50 con il
geografo, specialista in geografia fisica, Andrè Cholley, il quale ideò il concetto di “Combinazione
geografica”. Il suo merito fu quello di spigare che l’oggetto della geografia era la combinazione di
varie componenti della superficie terrestre. Infatti, non è possibile conoscere i suoli senza conoscere
i climi o comprendere le tecniche agricole senza conoscere il suolo o i rilievi. Il suo studio non fu
solo un ragionamento teorico, ma cercò di spiegarlo con esempi pratici: la circolazione atmosferica,
la Lorena, la prateria canadese e le industrie contemporanee. Cholley mostrò che in tutti questi casi
la combinazione geografica associa più fattori, i quali sono tutti interdipendenti tra loro. Egli supera
i vecchi concetti deterministi, secondo i quali un fattore determina tutti gli altri. Egli anticipò i
concetti contemporanei sui “Sistemi”: composti di molteplici elementi strettamente legati gli uni
agli altri e con reazioni gli uni sugli altri. Queste combinazioni non sono le stesse nelle varie regioni
della Terra, perché ogni luogo ha i propri fattori che cambiano. Oltre al termine combinazione,
Cholley cita altre espressioni, “ambiente”, “campo”, “regione”; quest’ultimo termine indica un
territorio che serve da sostegno alle combinazioni scelte o realizzate dall’uomo. Il termine “regione”
è la parola chiave della geografia francese, infatti, per i geografi francesi la geografia si fonda sulla
ricerca delle combinazioni. L’obiettivo era quello di definire l’unità di misura dello spazio
geografico, partendo dal concetto di combinazione , per poi spiegare cosa è una regione, un campo
e un ambiente. Cholley non arrivò alla conclusione, così l’interesse regionalistico fu sostituito da
una geografia strettamente fisica e naturalistica.
Lo Spazio Geografico: Secondo Brunet, lo spazio geografico è la distesa terrestre utilizzata e
organizzata dalle società in vista della loro riproduzione. E’ meglio parlare di organizzazione dello
spazio, perché questo non serve solo per nutrirsi e trovare riparo, ma a supportare tutta la
complessità degli atti sociali. Con il termine “struttura” definiamo la modalità di organizzazione
dello spazio. Brunet chiama “Coremi” le strutture elementari dell’organizzazione dello spazio.
L’erede della combinazione è il sistema, il quale risulta più preciso; Pierre George e Fernand Verger
ne danno una definizione perfetta: il sistema mette in evidenza le relazioni strutturali e dinamiche
dei diversi elementi che agiscono sull’insieme dei dati di ordine economico, sociale, culturale,
tecnico e politico, relazioni ad una porzione di spazio e condizionanti le relazioni di questa con altre
porzioni di spazio. La teoria dei sistemi si confronta con la realtà geografica. La Corematica
inventata da Brunet è una nuova geografia generale, una geografia dell’organizzazione dello spazio,
dai livelli più elementari al mondo nel suo insieme. Si distinguono 4 modelli di spazio: 1) lo spazio
paleolitico: caratterizzato da una ridotta densità di popolazione e dalla prevalenza di fattori naturali
nell’organizzazione del territorio. Gli uomini sono cacciatori, agricoltori e pescatori. Sono nomadi,
si spostano in piccoli gruppi. Gli elementi naturali dominano sull’organizzazione dello spazio. I
geografi hanno preferito lasciare questo campo di studio agli antropologi.
2) lo spazio contadino: da qualche migliaio di anni gli uomini allevano animali, coltivano e si
insediano in paesi e città, delimitano i campi, creano Stati ecc… La permanenza in un luogo e
l’estensione di questo trasformano l’organizzazione dello spazio, che diventa “addomesticato”,
ossia, conserva gli elementi di una vita naturale, che però sono modificati dalla mano dell’uomo,
secondo il grado di sviluppo tecnologico che egli possiede. Questo tipo di spazio ha una densità
media e qualche volta elevata, riguarda vaste distese del medio Oriente, dell’Asia monsonica,
dell’Europa centrale e occidentale e di una parte dell’Africa. Nel contesto dei paesi industrializzati,
come Francia e Italia, questa civiltà rurale e questo modo di organizzazione dello spazio sono
sopravvissute più a lungo. 3) lo spazio città campagna: questo modello spaziale si riferisce a due
logiche che hanno ben poco in comune, una è quella dello spazio contadino, l’altra è quella della
città, spazio in rapido sviluppo con le sue industrie, i commerci, le infrastrutture e le reti telematiche
fatte di linee, punti e nodi. I geografi devono studiare una nuova realtà, quella dei “sistemi urbani”: i
primi studi compariranno negli Stati Uniti, in Svezia e in Germania alla vigilia della 2° guerra
mondiale. La geografia contemporanea nasce dalla combinazione di due tipi diversi di
organizzazione dello spazio, quella rurale e quella urbana. I rapporti tra questi due tipi di
organizzazione sono difficili da stabilire, perché la sovrapposizione di un sistema urbano, costituito
da reti e flussi sulla organizzazione territoriale contadina è molto complessa.
4)lo spazio della metropoli:diffuse in tutti i continenti le metropoli sono popolate da parecchi
milioni di abitanti. Le metropoli e le megalopoli occupano superfici abbastanza ampie e si ampliano
a spese delle aree adiacenti che hanno ancora un’organizzazione agricola. E’ all’interno delle
megalopoli che si decide l’organizzazione dello spazio; le sue strutture sono sono sociospaziali a
causa della complessità derivante dal gran numero di abitanti e dalla mobilità delle merci. La natura
appare di rado e traspare nelle zone attrezzate per il tempo libero, gli spazi dismessi sono molto
diffusi.

GEOGRAFIA SCIENTIFICA, GEOGRAFIA SENSIBILE


La geografia è considerata una scienza fin dai suoi inizi, infatti i suoi orizzonti e obiettivi sono
cambiati nel tempo. I greci cercarono di risolvere il problema della forma della terra, dei movimenti
del sole e della luna e l’alternanza delle stagioni e del giorno e della notte. Contemporaneamente
ambirono ad allargare i propri orizzonti al di là del mediterraneo, per questo motivo furono dei
matematici e cartografi. Gli arabi e i portoghesi si inserirono nella stessa tradizione, ma ampliarono
le loro indagini. Il geografo del XVIII e XIX secolo frequenta naturalisti, botanici e geologi. In
seguito ci fu la “rivoluzione quantitativa” nel XX secolo, che si sviluppa negli Stati Uniti e trae
ispirazione dalle scienze più sviluppate del periodo, la matematica e la fisica. In Italia e in Francia
arrivò più tardi e in modo confuso. La rivoluzione quantitativa si ispira ad una scienza positiva che
elabora teorie, modelli e utilizza il ragionamento deduttivo, la sua grande innovazione è la messa a
punto di modelli di diffusione spaziale: si tratta di modelli costruiti a partire dalla realtà osservata.
Nel mondo in movimento, la diffusione spaziale concerne campi assai vari, come le migrazioni di
popolazione, la diffusione di nuove tecniche agricole, industriali o terziarie, quella delle idee, delle
mode d’abbigliamento e delle abitudini alimentari. Questi studi hanno permesso di comprendere la
diffusione di nuove tecniche agricole, ma sono difficili da applicare negli spazi frammentati. Una
novità della nuova geografia è la teoria “delle località centrali”, la quale si diffonde molto
velocemente dagli anni cinquanta e sessanta nelle università anglosassoni e anche in Francia.
Secondo questa teoria, le città sono legate tra di loro in un rapporto gerarchico ed esercitano sullo
spazio circostante un’influenza pari al loro peso demografico ed economico. Lo spazio è
organizzato in una rete di città, dove le maglie poligonali e il reticolato sono più o meno regolari a
seconda che lo spazio sia più o meno omogeneo.
Una dimensione della geografia è la sensibilità, poiché è direttamente coinvolta dai fenomeni del
mondo.

PARTE SECONDA

LO SPAZIO VISSUTO
Lo spazio vissuto o spazio geografico è il territorio che si costruiscono gli uomini che vivono in
società, in base alle esigenze del singolo o quelle della collettività. Essi si appropriano del loro
spazio, con i loro percorsi, le loro percezioni, le loro rappresentazioni, le loro pulsioni. A partire dal
concetto di spazio vissuto, la prima lezione da trarre è quella dell’opposizione di due geografie, una
è legata ai luoghi conosciuti (radicamento), l’altra va oltre e cerca di superare gli orizzonti abituali
(mobilità), quindi anche tra abitante e viaggiatore vi è un’opposizione. La nozione di spazio vissuto
arricchisce notevolmente il tema del “paesaggio”, inteso come proiezione per i diversi individui. Lo
spazio vissuto riconcilia arte e geografia: il paesaggio è quello dei pittori, ma la descrizione è quella
dei romanzieri e dei geografi. Le ricerche sullo spazio vissuto avviate in Francia all’inizio degli
anni settanta si ispirano a tre correnti di indagine: una è quella di alcuni geografi che si
confrontavano con l’indebolimento di una geografia troppo classica, specie nei campi dell’analisi
regionale, quella tropicale e urbana, quella delle scienze sociali e infine la geografia anglosassone
che abbracciava “la geografia della mente”. Secondo Piaget, lo spazio si costruisce a poco a poco
nel bambino per stadi successivi. La metodologia per trattare gli spazi vissuti, all’inizio consisteva
nel precisare alcune nozioni fondamentali: le distanze e gli spazi. Le distanze sono misurabili in
modo oggettivo, kilometri o in metri, ma queste si complicano quando si prendono in
considerazione delle varianti: distanza affettiva, che modifica l’impressione di lunghezza; la
distanza ecologica, che mette in risalto i colori, aspetti e peculiarità dell’ambiente circostante e
infine la distanza sociale, che tiene conto delle divisioni, delle rotture o delle affinità tra gli uomini.
Lo spazio è costruito dagli uomini come spazio di vita. Le prime indagini sul campo si sono basate
sullo studio del romanzo “Madame Bovary”, poiché è un soggetto geografico molto interessante,
per il fatto che Flaubert, inserisce i personaggi in uno spazio del tutto reale, che è parte integrante
del romanzo in cui appaiono. Lo spazio di Madame Bovary è costituito da tre tappe: l’infanzia , la
passione e la morte. La prima tappa è quella della giovinezza, la vita nella fattoria e il convento che
ospita Emma e il paese di Caux contribuiscono a rendere la sua infanzia felice ma anche frustrata.
La seconda tappa è quella che la conduce a Yonville, luogo reale (Francia), un borgo popolato da i
discendenti dei piccoli signorotti di campagna di un tempo: il borgo è il centro del suo spazio
vissuto. La terza tappa della vita di Madame Bovary si svolge a Rouen, a teatro, nelle viuzze e nella
sua camera. Lo spazio di Madame Bovary è connotato da una geografia delle grandi corti di
campagna, da una geografia delle piccole piazze, da una geografia di Rouen, una sorta di Babilonia
in bilico tra perdizione futuro positivo. Lo spazio vissuto non è un dato invariabile, ma evolve con
l’età, infatti Piaget ad altri geografi hanno mostrato questo progresso nel bambino: dallo spazio
immediatamente vicino del neonato, si passa ad uno spazio più elaborato dello studente della scuola
media, che scopre il paese, il quartiere e i suoi primi viaggi. Lo spazio quindi si dilata dalla prima
infanzia fino all’età adulta, fino a ritornare un circolo assai ridotto fino alla morte. Il criterio dell’età
apporta agli spazi vissuti una grandissima variabilità e queste fasi dello spazio legati all’età mettono
in evidenza alcune geografie come quelle della scuola, del lavoro, delle migrazioni, del turismo
ecc… Lo spazio è sempre binario, infatti in tutte le società si distingue uno spazio degli uomini e
uno delle donne, nonostante tra questi ci siano connessioni molto profonde, questa distinzione
continua ad esserci. Un esempio è quello delle società islamiche, dove la separazione tra i due spazi
è una regola. Alla donna appartiene l’interno, ossia la casa, i bambini, la famiglia e le uscite
sorvegliate. All’uomo spetta l’esterno, gli amici, gli affari, il lavoro, l’emigrazione e l’istruzione.
Tutte le società ammettono una gerarchia sociale, in modo particolare quelle industriali,
postindustriali, coloniali e postcoloniali comportano grandi differenze di reddito, potere e beni
patrimoniali. L’accesso a spazi più estesi varia in funzione all’appartenenza a classi sociali più
elevate. Lo spazio sociale dell’Avvocato Agnelli è ovviamente profondamente diverso da quello di
un barbone che vive nella stazione della metropolitana, tra lui e l’avvocato esistono molteplici spazi
vissuti dei gruppi sociali. Anche la cultura di ciascuno contribuisce a modellare lo spazio vissuto. Il
geografo Jean Gallais ha dimostrato, come una stessa regione potesse essere caratterizzata dalla
sovrapposizione di diverse culture e di di diversi spazi vissuti. Ha preso come esempio il delta
interno del Niger, dove numerose etnie si ripartiscono lo sfruttamento del delta, traendone profitto:
pastori, agricoltori, pescatori, commercianti, barcaioli. Nessuna di queste etnie è dominante, anche
se lingue e culture sono profondamente diverse. Per dare un nome ad un determinato luogo non
utilizzano la stessa parola, non gli danno la medesima importanza e neppure lo stesso impiego: a
seconda delle culture la percezione del fiume è diversa.
Il determinismo sostiene che l’ambiente fisico determini il comportamento e l’opinione degli
uomini. Nell’analisi delle combinazioni geografiche e degli spazi vissuti vengono collocati gli spazi
della stabilità, i quali si sono affermati soprattutto all’interno delle società contadine che occupano
luoghi stabili da parecchi secoli. Al contrario, gli spazi della mobilità sono quelli dove domina la
metropolizzazione, la mobilità permanete degli uomini in luoghi vicini o su scala intercontinentale.
Esistono anche gli spazi della marginalità, collocati in condizioni molto difficili. La marginalità
riguarda tutti coloro che non hanno potuto o voluto integrarsi nelle società contadine: gli uomini
delle foreste tropicali, i nomadi delle steppe e dei deserti e gli inuit del Polo Nord. E’ marginalità
quella degli emigranti stagionali occupati nei lavori agricoli, ma anche quella degli tzigani o quella
dei barboni. Gli spazi marginali sono alla periferia dei territori conosciuti.

LA GEOGRAFIA SOCIALE

La geografia sociale non può essere concepita senza fare riferimento alle società. I geografi studiano i
rapporti sociali in relazione agli spazi che li determinano. Uno dei temi ricorrenti nella geografia
sociale è la misura delle disuguaglianze. Poiché gli uomini vivono in condizioni molto diverse,
secondo le possibilità che offre la terra e sono diverse in molteplici aspetti, il geografo deve
riconoscere queste disuguaglianze e classificarle, cartografarle e individuare le caratteristiche
dominanti.

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