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Scorsa lezione

Stavamo parlando dell'espansione del III secolo a.C. di Roma oltre all'Italia, (io intendo Italia perché il
concetto di Italia nell'antichità era abbastanza relativo, però Sicilia Sardegna Corsica non erano parte del
concetto di Italia, le isole, almeno la Sicilia sicuramente, veniva Intesa sempre come un territorio extra,
infatti la Sicilia rimase una provincia di Roma per tanto tempo, un territorio oltre quello soggetto a Roma
tra virgolette di Roma stessa). Stavamo parlando semplicemente dell'espansione di Roma e della prima
guerra punica.

Abbiamo introdotto e dato un’immagine diciamo della inimicizia fra Roma e Cartagine che ormai affondava
le sue radici nel mito stesso, nello scontro, nell'odio che derivava da un amore non corrisposto di una
regina cartaginese Didone, nei confronti di Enea, in viaggio da Troia verso il Lazio, ma poi abbiamo visto
che c'erano anche ragioni oltre al mito, ragioni storiche che portarono in qualche modo le due città poi a
scontrarsi, semplicemente ragioni storiche come sempre sono esistite nel corso della storia antica,
medievale, moderna, semplicemente due grandi potenze si trovano a condividere lo stesso spazio nello
stesso momento e quindi entrano in conflitto, così come avevamo ad esempio ipotizzato per quanto
riguardava il conflitto tra Sparta e Atene.

Abbiamo poi parlato dei Trattati che c’erano tra Roma e Cartagine, che erano dei Trattati di Alleanza e
abbiamo parlato anche del casus belli, cioè di che cosa ha fatto scattare la scintilla per lo scoppio di questa
prima guerra punica nel 264 cioè il caso di questi mercenari di origine Italica, i Mamertini, la questione
relativa a Messina e anche l'intervento di Siracusa, poi di Cartagine, quindi tutta la lunga discussione per
l'intervento di Roma in questa nuova guerra, che l'avrebbe sicuramente impegnata, poiché era una guerra
rischiosa. Abbiamo letto quello che ci dice Tito Livio, ovvero il popolo di Roma accetta Anzi vuole
intervenire, quindi Roma interviene; le prime sono tutte operazioni che si concludono in maniera felice per
Roma, addirittura anche la città greca di Siracusa guidata dal Re Ierone prima si allea con Cartagine (ma è
un'alleanza innaturale), e poi si allea con Roma e diventerà un'alleata fondamentale in questa prima guerra
punica, perché anche grazie a Siracusa Roma riesce ad espugnare Agrigento, un'altra Roccaforte
cartaginese. Abbiamo poi detto che era necessario per Roma non solo vincere le battaglie che stava
affrontando in quel momento, ma era necessario anche e soprattutto dotarsi di una flotta, perché Cartagine
era una importantissima potenza navale nel Mediterraneo; quindi sconfiggere Cartagine soltanto sulla terra
non significava vincere la guerra, ma bisognava sconfiggere Cartagine anche sul mare e impedire inoltre a
Cartagine di rifornire costantemente le sue roccaforti dal mare e quindi costantemente alimentare la
guerra.

Quindi c’è questo lungo periodo in cui Roma si dota di una flotta, inizia la costruzione di una flotta che
finalmente viene messa in mare, una poderosissima flotta 100 quinqueremi e venti triremi circa, un bel
numero di navi che vengono messe in mare nell'anno 260 a.C.

Qui finiamo il ripasso e iniziamo gli argomenti della nuova lezione.

Che cosa succede nell'anno 260 a.C.?

In quest'anno come al solito c'erano due Consoli, uno era a capo della flotta e un altro era a capo delle forze
terrestri, tutti e due impegnati nella guerra contro Cartagine. A capo della flotta era un certo Gneo Cornelio
Scipione (la famiglia Gens Cornelia, la famiglia degli Scipioni saranno poi i protagonisti della seconda guerra
punica) e a capo delle forze terrestri c’era un certo Gaio Duilio.

Scipione viene presto battuto presso le isole Lipari (sopra la Sicilia) in una prima battaglia navale e il
comando della flotta viene poi trasferito a Gaio Duilio che capisce che forse Roma ancora non era in grado
di sostenere una vera e propria battaglia navale, era ancora inesperta sulle manovre delle navi e su come
doveva essere affrontata. Capisce invece che era utile per i romani provare a trasformare una battaglia
navale in una battaglia “terrestre”.

Come ci riesce? Ha l'intuizione di creare quelli che verranno detti cosiddetti Corvi, che erano una sorta di
ponti all'estremità dei quali erano agganciati dei ganci. Da ogni nave si faceva ribaltare questa sorta di
ponte che si andava ad agganciare sull'altra nave, e quindi era possibile combattere sui ponti delle navi
(quindi diciamo che i soldati romani erano sulle barche ma in realtà combattevano come se stessero
combattendo sulla terraferma; si agganciavano le navi e la battaglia diventava all’improvviso da navale a
terrestre). O grazie all’effetto sorpresa, o grazie al coraggio dettato anche dalla l'incoscienza, la battaglia di
Milazzo (nella Sicilia del Nord, nelle acque antistanti Milazzo) fu la prima battaglia navale nel 260 che i
romani riuscirono a vincere. A Gaio Duilio poi vennero fatti dei bei riconoscimenti, ebbe anche una bella
carriera nel corso della storia, diventò anche censore, poi diventò anche Princeps Senatus, ma non gli
vennero più affidati comandi militari. Con il suo nome, con il nome di Gaio Duilio vengono intitolate anche
navi moderne, qualche cacciatorpediniere. È un personaggio così di una certa di una certa importanza e
rilevanza per Roma, quindi grossa vittoria dei romani a Milazzo.
Un’altra grande vittoria che riescono a conseguire i romani è sempre un'altra Vittoria navale, qualche anno
più tardi nel 256 a.C. a Capo Ecnomo. Roma praticamente ha sempre vinto fino a questo momento con i
Cartaginesi, tranne per l'episodio di Lipari o qualche altro piccolo episodio isolato. I consoli in questo
momento, durante la battaglia di Capo Ecnomo erano Marco Attilio Regolo e un certo Vulsone.

Marco Attilio Regolo è esaltatissimo da questa vittoria e decide, con il consenso del popolo naturalmente, di
portare la guerra in Africa: era il momento, stavano vincendo, avevano vinto prima a Messina, poi ad
Agrigento, poi a Milazzo, a Capo Ecnomo, avevano accumulato un bel numero di vittorie. Attilio Regolo
quindi porta la guerra in Africa, sposta l'esercito in Africa, sbarca nella zona di Capo Bon, e le cose stavano
andando anche bene, addirittura al punto tale da portare Cartagine a chiedere una sorta di trattativa; Attilio
Regolo fa un po’ il gradasso e pone delle condizioni molto dure, delle condizioni di resa molto pesanti per
Cartagine, che non si sente di accettare.

Quindi Attilio Regolo perde un po’ il vantaggio che aveva perché Cartagine diciamo viene spinta a
rinvigorirsi, nel senso che non accetta le condizioni di resa quindi decide di continuare a combattere con
maggiore vigore; infatti Attilio Regolo viene duramente battuto l'anno dopo, nel 255 a.C. e stento si riesce a
riportare una parte dei romani a casa; il 255 è un anno di travaglio per Roma: non solo l'esercito viene
sconfitto in Africa, in più buona parte dell'esercito che era riuscito a salvarsi prova a fuggire imbarcandosi
sulle navi e viene colto da una tempesta, così Roma perde anche quella parte di esercito

Nel 249 Roma subisce un'altra grande importante sconfitta a Trapani (nella zona dove adesso c’è Marsala,
le isole Egadi, Favignana); quindi gli anni dal 255 al 249 sono costellati un po' da una serie di sconfitte e
perdite per Roma, perdite anche importanti anche sul piano delle perdite proprio delle navi che avevano
iniziato a costruire nel corso degli anni. Queste navi le perdevano un po’ per le sconfitte che subivano, un
po’ anche perché spesso e volentieri facevano errori banali, o anche la sfortuna che ogni tanto beccavano la
tempesta o una mareggiata. Quindi vuoi la sfortuna, cuoi anche l’inesperienza navale, Roma in quegli anni
non se la stava vedendo bene, quindi da che la guerra aveva preso una piega favorevole a Roma, dopo
l'arrivo dopo aver portato la guerra in Africa le cose non stavano andando benissimo, e i romani quindi non
riuscivano ancora a dare il colpo di grazia Cartagine, che è anche lei stanca naturalmente della guerra
(infatti la guerra si trascina per tanti anni). In più Ripeto Roma era stata sconfitta nella zona di Trapani
quindi la zona a Occidente della Sicilia era tutta zona cartaginese. Non riuscendo a sconfiggere Cartagine in
questa zona, quindi non riuscendo a strappare via l'ultimo pezzo di Sicilia, Cartagine continua a rimanere in
piedi perché le zone venivano costantemente rifornite dalla madrepatria.

Che cosa succede? A Roma decidono che era il momento di provare ad allestire una nuova flotta, quindi
chiedere un oneroso sforzo ai cittadini più ricchi Romani, che investirono tanto in quel momento nella
costruzione della flotta, con poi delle garanzie di ricevere naturalmente delle dei rimborsi (per come poi
andranno le cose questi cittadini ci guadagnarono). Venne costruita una nuova flotta di circa 200 navi,
anche queste quinqueremi (a cinque ordini di remi), era anche questo un numero bello consistente, quella
di prima era stata di 100/130/150 navi quindi abbiamo anche aumentato di gran lunga il numero.

L'ultima grande battaglia che vede protagonisti Roma e Cartagine, entrambe ormai stremate un po' dalla
guerra (erano ormai da 264 che si andava avanti quindi insomma erano un po' di anni) è proprio nel punto
cruciale dove Roma voleva vincere assolutamente, proprio nei pressi delle isole Egadi. Console che guidava
la flotta era Caio Lutazio Catulo e questa è la grande vittoria per Roma, perché finalmente vince Cartagine
sul mare ma vince in quella zona dove Cartagine ancora rimaneva nella zona delle isole Egadi.

Battaglia delle isole Egadi, finalmente Roma vince e Cartagine, ormai stremata, ha perso anche nell'ultimo
suo pezzettino, l'ultima Roccaforte che le era rimasta in Sicilia; quindi Cartagine chiede la pace.

Questi sono i termini della pace che riporta lo storico greco Polibio; vediamo un po' quali sono queste
condizioni di pace che Cartagine riceve da Roma:

Il Console Lutazio Catulo fa un patto con i Cartaginesi e stringe la pace.

-Amicizia tra cartaginesi e romani, se anche il popolo dei romani dà il suo consenso; naturalmente i Consoli
avevano facoltà di fare patti anche all'estero, nel momento in cui si trovavano fuori, però poi queste
dovevano essere confermate dal Senato, dal popolo, da entrambi. Quindi lui fa questi patti che però poi
devono trovare il loro consenso nel Senato e nel popolo di Roma SPQR.

-i cartaginesi si devono ritirare da tutta la Sicilia (quindi totale sgombero della Sicilia) e non devono fare
guerra a Ierone, né impugnare le armi contro i Siracusano né contro gli alleati dei siracusani; quindi la città
di Siracusa riceve un trattamento importante proprio perché aveva aiutato Roma e quindi Roma la tutela in
questo patto.

- i cartaginesi restituiscano ai romani senza riscatto tutti i prigionieri; quindi tutti i romani che erano stati
fatti prigionieri durante questi anni, dovevano essere e restituiti e i cartaginesi devono versare ai romani in
20 anni 2200 talenti euboici d’argento, quindi un bell'indennizzo di guerra.

Quindi quali sono le condizioni?

-Ritirarsi dalla Sicilia e non dichiarare più guerra ai siracusiani e agli amici dei siracusiani;

-la restituzione dei prigionieri;

-il pagamento di un indennizzo.


Quando a Roma vengono riferite queste condizioni il popolo non accetta i patti perché voleva inviare 10
uomini per esaminare la situazione, e una volta arrivati non cambiarono nulla nell’insieme, ma imposero ai
cartaginesi condizioni un po' più dure:

-dimezzare il tempo a disposizione per pagare il tributo, quindi non più 20 anni ma pagarlo in 10 anni;

-aggiungere altri mille talenti;

Quindi più soldi in meno tempo.

-imposero inoltre che i cartaginesi si ritirassero da tutte le isole che si trovavano tra l'Italia e la Sicilia, quindi
uno sgombero totale del mare praticamente in quel momento.

A queste condizioni alla fine i cartaginesi, obtorto collo, accettano.

Quale conseguenza ha lo sgombero della Sicilia da parte dei cartaginesi? Cioè che se ne fanno i romani
della Sicilia una volta che i cartaginesi vanno via? Siracusa e altre città hanno un trattamento di favore e
restano libere, autonome e indipendenti, non diventano soggette a Roma; altre città che un tempo erano
cartaginesi invece dovevano pagare un tributo annuo. Ma l'intero territorio della Sicilia (tranne
naturalmente queste poche città tipo Siracusa che restano indipendenti, autonomi) diventa una provincia,
così Roma ha un’intera Isola, che viene trasformata dai Romani nella prima provincia di Roma.

Che cos'era una provincia per Roma? Il termine provincia sarà un termine che poi rimarrà. Se volessimo
definire ad esempio una provincia possiamo dire che è un insieme di comuni limitrofi, ma è comunque
soggetta al controllo di un “governatore” (es. la regione Calabria ha un insieme di province, ognuna dele
quali ha una sorta di presidente che a un certo tipo di margine di autonomia in alcune decisioni riguardanti
la provincia, ma comunque è soggetto all’autorità di Roma, quindi fa capo a Roma e allo Stato romano per
tutto il resto; quindi ha un ruolo amministrativo diciamo della provincia che però è sotto la tutela
naturalmente sotto il vertice dello Stato italiano). Roma adotta proprio questo tipo di amministrazione di
questo nuovo territorio conquistato, la provincia, che sarà poi il modo in cui Roma gestirà tutti gli altri
territori che andrà a conquistare nel corso dei secoli oltre l'Italia.

Ogni volta che Roma conquista un territorio (la Gallia, la Francia, la Spagna, la Siria, la Giordania, la
Macedonia ecc.) attua questo, trasformare quel territorio in una provincia di Roma; essere una provincia di
Roma significava semplicemente che l'amministrazione della Giustizia era a capo di un magistrato romano,
che veniva mandato lì annualmente, quindi la giustizia e anche la difesa erano a capo di un governatore
della provincia Romano (as. solitamente all'inizio erano questori, poi piano piano vengono create delle
figure apposite proprio per andare a fare il governatore nelle province). Questi luoghi erano amministrati e
gestiti da questi magistrati romani annualmente inviati lì, e che poi in qualche modo dovevano rispondere a
Roma delle loro azioni.
Roma ricevette nel corso degli anni un sacco di lamentele da parte dei provinciali, che venivano mal gestiti
e vessati da questi magistrati romani, però puntualmente Roma diciamo che faceva orecchie da mercante.
Spesso e volentieri questi magistrati, sì venivano giudicati per le loro malefatte all’interno delle province,
spesso e volentieri magari si comportavano in maniera vessatoria nei confronti di questi, rubavano denaro
magari alle famiglie più ricche, intentavano nelle cause e magari si prendevano i soldi di queste famiglie,
queste si lamentavano con Roma; poi Roma a volte dava ragione, ma nei casi più estremi, ma il più delle
volte diciamo che questi magistrati Romani godevano di una sorta di “immunità”.

Questi magistrati inviati annualmente nella gestione dell'amministrazione di queste province esageravano
un po’, quindi non erano tanto contenti i provinciali spesso e volentieri per come Roma gestiva la cosa.
Infatti nella storia sappiamo di rivolte contro Roma. Ci sono costanti rivolte contro l'autorità romana e
contro il magistrato romano che era lì. Però sicuramente “l’invenzione” di questo nuovo modo di
amministrare un territorio è un modo innovativo che Roma utilizzerà sempre nel corso degli anni; quindi
ogni volta che il territorio era posto sotto controllo, era stato conquistato, veniva trasformato in provincia.

Che cosa succede fra la prima e la seconda guerra punica? C'è un Intermezzo di qualche anno, circa una
trentina d'anni, qualcosina in meno, dal 241 al 218; c’è un periodo di tempo che intercorre fra la prima e la
seconda guerra punica ed è un periodo fondamentale che porta le due città a scontrarsi di nuovo; quindi c'è
in questi anni una riacutizzazione della prima guerra punica. Cartagine non era in grado subito di pagare ad
esempio tutti i mercenari di cui si era servita nel corso della Prima guerra punica per combattere contro
Roma. Quindi già doveva pagare la forte indennità di guerra, in più aveva perso soldati, armi ecc., quindi era
in una condizione di una città che ha appena perso una guerra, in più doveva dare un contributo a quei
mercenari che combattevano per soldo naturalmente; non riusciva a pagare questi mercenari, non aveva i
soldi per poterlo fare.

Questi mercenari, naturalmente, danno avvio a delle ribellioni perché loro combattono per denaro e
cinicamente, quando finisce vogliono essere pagati; se non riesci a pagarmi io mi ribello, ti do filo da
torcere, ti do problemi. Ad esempio alcuni mercenari erano stanziati in Corsica in Sardegna, lì si ribellano,
chiamano Roma, Roma interviene, Cartagine non può difendersi, non riesce a difendersi, non ha le forze
per poterlo fare e nel 237 a.C. anche Corsica e Sardegna entrano a far parte delle provincie di Roma, quindi
sono la seconda provincia di Roma la provincia di Corsica e Sardegna.

C'è questa prima situazione di Cartagine molto indebolita. Roma invece nel frattempo che cosa stava
facendo? Stava subendo problemi al nord, nella zona dei Galli, della cosiddetta Gallia Cisalpina, sotto le
Alpi. Qui la popolazione dei galli che come abbiamo già detto erano divisi in numerose tribù, alcune di
queste tribù dei Galli, gli Insubri ad esempio e i Boi, (ricordare non è necessario) che stavano dando filo da
torcere stavano creando dei problemi alcuni dei quali si erano spinti anche un po' sotto, erano arrivati
molto vicini anche a Roma nella zona dell'etruria a Talamone; vengono tuttavia sconfitti dai romani, però i
romani si preoccupano perché questi Galli stavano cominciando a dare problemi. (Qualche secolo prima, un
secolo e mezzo prima, forse un po’ di più, i Galli erano arrivati fino a Roma e avevano, insomma avevano
dato a Roma quello che avevano dato)
Roma decide di intervenire subito contro i galli per evitare una nuova incursione, una nuova invasione, e
quindi affronta i galli e li vince entrambi nella battaglia di Casteggio e a Mediolanum (l'attuale Milano).
Quindi Roma mette un piede in Gallia cisalpina, siamo intorno al 222 a.C., e si sposta anche un po' verso
nord, inizia a “rinforzare” la sua presenza anche nella Gallia cisalpina, inizia la costruzione di numerose
strade che collegavano Roma al nord. Attraverso la costruzione di strade, di piccole colonie inizia a
mantenere sotto controllo il territorio; non era un controllo sicuro, certo, che ormai era consolidato nel
corso degli anni. C’era la presenza di Roma in Gallia, in alcuni punti, ma era una presenza ancora labile, non
sicura. Questa presenza di Roma in Gallia Cisalpina e soprattutto questa presenza di Roma malvista anche
dai galli stessi, quindi una presenza insicura in Gallia cisalpina è una di quelle cose che diventerà anche
importante nel corso della seconda guerra punica; quindi Roma mette lo zampino in Gallia cisalpina, inizia
ad allargare le maglie della sua presenza lì, ma non è una presenza stabile.

Cartagine nel frattempo che stava facendo? Piano piano nel corso degli anni Cartagine aveva spostato la
sua aria di influenza in Spagna dove già aveva dei suoi possedimenti, e lì si stava rinforzando, quindi
Cartagine aveva iniziato la sua attività di occupazione, quindi guadagnare delle posizioni, in Spagna,
soprattutto grazie alla ferma volontà di una famiglia importante cartaginese: la famiglia dei Barca. Amilcare
Barca era stata un'importante Condottiero Cartaginese della prima guerra punica, e la sua famiglia, lui
anche suo genero Asdrubale erano lì in Spagna decisi a riguadagnare posizioni e a rinforzare anche
Cartagine che infatti, dopo il primo periodo in cui aveva avuto difficoltà nel pagare i mercenari ecc., si era
ripresa abbastanza bene addirittura riuscendo a pagare anche tutta l'indennità di guerra che Roma le aveva
imposto.

Verso il 225/226 a.C. che cosa succede? Succede che la città di Marsiglia, che era una città greca che aveva
buoni rapporti con Roma, era preoccupata da questa presenza di Cartagine in Spagna, perché aveva ottimi
rapporti commerciali con le popolazioni che abitavano qui in questa zona e non vedeva di buon occhio la
presenza di un concorrente così potente come Cartagine, e così chiede l’intervento di Roma.

Roma e Cartagine e fanno un accordo; Cartagine ancora non era in grado di sostenere un'altra guerra in
quel momento. E quindi stipulano un accordo con entrambe Cartagine e Roma, stipulano un accordo che si
chiama il cosiddetto Trattato del fiume Ebro (un fiume che si trova in questa zona qui che divide più o
meno la Spagna dalla Francia, Spagna e Francia per intenderci perché all'epoca non si chiamavano così).

Questo trattato che cosa prevedeva? Prevedeva una sorta di rispetto delle arie di espansione e di
influenza, cioè a ovest del fiume Ebro potevano estendersi i cartaginesi, la zona invece a est del fiume Ebro
doveva rimanere di pertinenza Romana; In sostanza quello che prevedeva era una sorta di limitazione delle
aree di influenza dei cartaginesi in Spagna, quindi il fiume Ebro faceva da una sorta di confine delle aree di
influenza, a est i romani, a ovest i cartaginesi.
Poi la città di Sagunto decide di firmare un trattato, non meglio specificato di che tipo, con la città di Roma
quindi diventa una sorta di città protetta da Roma, e quindi entra sotto il protettorato di Roma pur
trovandosi in una zona come a ovest del fiume Ebro, quindi una zona di pertinenza cartaginese.

QUINDI: il trattato del fiume Ebro riguarda Cartagine e Roma, limita praticamente le aree di influenza; fin
dove possono arrivare? Fin dove può arrivare Cartagine, fin dove può arrivare a Roma?

Poi Sagunto e Roma hanno un altro trattato, ripeto, di natura non chiarissima, cioè non si sanno proprio i
termini precisi di questo trattato, però quello che è quasi sicuro e che Sagunto diventa una città protetta di
Roma, pur trovandosi in area cartaginese.

Questo trattato, questa limitazione delle aree di influenza e in principal modo la condizione della città di
Sagunto, sono la goccia che fa traboccare il vaso. Ed è proprio a causa di questo trattato e della violazione
di questo trattato, che scoppia la seconda guerra punica.

Questa questione è proprio il casus belli della seconda guerra punica, perché nel corso degli anni fra la fine
della prima guerra punica e l’inizio della seconda, nei cartaginesi era invalso un sentimento di rivincita, di
rivalsa nei confronti dei romani; non avevano accettato i cartaginesi questa sconfitta e non vedevano l'ora
di fargliela pagare ai Romani; questo sentimento di rivalsa era incarnato perfettamente da un giovane
cartaginese appartenente alla famiglia dei Barca, che era il figlio di Amilcare che aveva combattuto durante
la prima guerra punica. Questo giovane, che si chiama Annibale; era praticamente cresciuto a pane e odio
nei confronti dei nei confronti dei romani. Abbiamo un breve ritratto di Annibale dipinto dallo storico greco
Livio, giusto per capire i Romani contro chi vanno a combattere.

Quindi Livio nel XXI libro della del suo della sua opera Ab urbe condita ci presenta questo ritratto di
Annibale, un giovane infaticabile, dalla forza inesauribile, che sopportava ogni tipo di condizione, climatica,
caldo, freddo, e sicuramente un ragazzo, un giovane non avvezzo ad essere essere coccolato, ma anzi era
quello che dormiva nel fra i soldati ai posti di guardia, era uno che scendeva per primo in battaglia ed era
l'ultimo a tornare; quindi sicuramente un personaggio dalla forte aura carismatica, sicuramente per i suoi
soldati che con lui combattevano, perché lo vedevano combattere per primo.
Livio naturalmente non può che parlare male anche di Annibale, lo dipinge come un grande soldato, come
un grande condottiero, e sicuramente Annibale lo è stato. È stato anche un grande stratega militare e
perché naturalmente, più è potente il tuo nemico, maggiore sarà la tua gloria nel momento in cui tu lo
sconfiggi. Quindi oltre ad avere queste grandi virtù, pare che fosse anche disumano e crudele, sleale come
normalmente i romani amavano dipingere i cartaginesi, sleali, che non mantenevano gli accordi, non aveva
nessun rispetto dei giuramenti; il vizio più grande, il difetto più grande che Annibale aveva era quello di non
di non avere paura degli dei, non avere senso del sacro. E questo per i romani era il difetto maggiore.

È lui che decide effettivamente poi le sorti della guerra non da solo naturalmente, ma in qualche modo
appoggiato anche dai cartaginesi, dal Senato. Essendo cresciuto come abbiamo già detto a pane e odio nei
confronti dei romani capisce che l’unica soluzione che può attuare per sconfiggere Roma è portare la guerra
a Roma stessa, cioè: capisce che i cartaginesi forse hanno perso la prima guerra punica perché in fondo
Roma non era stata mai toccata. Il teatro di guerra della prima guerra punica e la Sicilia, ma Roma lì non
aveva nulla, non aveva interessi, il resto del territorio non è stato mai interessato da battaglie da invasioni o
altro. Si era tutto combattuto fra la Sicilia, in quella zona circostante e Cartagine, e quindi Annibale capisce
che la strategia per provare a vincere contro Roma era quella di portare la guerra a Roma stessa, provando
anche a togliere a Roma i suoi alleati, perché Roma era potente, era una città che stava crescendo tanto in
quel secolo, anche grazie soprattutto alle popolazioni italiche, he nel frattempo, nel corso del dei secoli,
aveva portato dalla sua parte: i greci, i sanniti, i latini, che oramai da più di qualche anno che erano dalla
parte di Roma; quindi tutti gli alleati di Roma potevano essere una grande risorsa per Roma, ma al
contempo potevano essere anche una un'arma a doppio taglio. Quindi Annibale attua una strategia:

Parte dalla città di Nuova Cartagine (che era una città che era stata fondata da Cartagine nel territorio
dell'odierna Spagna) e attacca Sagunto nel 218 a.C. nella primavera, quella città che si era posta sotto il
dominio di Roma, e ciò significava quindi un attacco a Roma stessa, perché Sagunto era città protetta dai
romani.

Inizia così, con l’attacco di Annibale a Sagunto, la seconda guerra punica.

La città viene immediatamente attaccata, evita lo scontro con i romani, attacca, attacca Sagunto e parte
subito; attraversa in maniera fulminea anche i Pirenei e quindi arriva dritto dritto, attraversa anche le Alpi,
non incontrando nessun romano, o meglio, evitando lo scontro anche con gli eserciti romani che nel
frattempo erano stati mandati lì, in quella zona, per provare a bloccarlo attraverso le Alpi. In pochissimo
tempo, qualcuno dice addirittura in una decina/quindicina di giorni, riesce a passare le Alpi intorno a
settembre del 218, poco prima che, inizi il periodo invernale, anche Livio racconta l'attraversamento di
queste Alpi in maniera epica, che era stato possibile anche grazie soprattutto a quelle popolazioni di tribù
galliche che in quella zona vivevano che conoscevano bene anche la zona e che non vedevano l'ora di e non
vedevano l'ora che arrivasse qualcuno a dare una lezione ai romani. Quasi tutti i Galli passano dalla parte e
di Annibale e gli danno gli danno anche man forte. E un primo scontro finalmente, non tanto per i romani,
quanto per Annibale. Un primo scontro si ha presso il fiume Ticino (uno dei tanti affluenti del Po, affluente
dalla parte sinistra, cioè del Nord, dalla parte sopra del Po).

Un primo scontro dove i romani perdono contro Annibale. Perché i romani perdono contro Annibale? I
romani perdono contro Annibale perché Annibale sapeva combattere, sapeva gestire il combattimento e le
strategie militari come nessun altro fino a quel momento, era un grandissimo condottiero. Quindi, oltre ad
avere doti, come abbiamo già visto, aveva anche eccezionali doti di strategia militare, probabilmente pari a
quelle di Alessandro Magno; quindi vince i romani sul fiume Ticino, che erano comandati lì da Publio
Cornelio Scipione, che aveva un figlio omonimo, che si chiamava come il padre.

Altra importante poderosa sconfitta dei romani presso il fiume Trebbia (altro affluente del Po dalla parte di
giù e quindi dalla parte destra). Passa, gli Appennini, e anche lì ci mette pochissimo, e altra sconfitta e
presso il lago Trasimeno (attuale zona del lago Trasimeno, siamo in Umbria). Qui c'era il console Gaio
Flaminio che era stato mandato per contrastare Annibale. Muore addirittura anche il console in questa
battaglia contro Annibale che vince presso il lago Trasimeno.

Quindi Annibale attraversa i Pirenei, attraversa le Alpi, arriva, sconfitta presso il fiume Ticino, sconfitta
presso il fiume Trebbia, sconfitta presso il lago Trasimeno per i romani; quindi tre sconfitte di seguito per i
romani, che si vedono Annibale prossimo ad arrivare a Roma. Siamo in Umbria, e siamo non molto distanti
dal Lazio e da Roma stessa poi.

Quindi Roma in quel momento è in stato di allerta e quando Roma è in stato di allerta. Aveva un
importante esercito che è era lì a pochi chilometri dalle sue spalle. Quindi stato di allerta: dittatura e viene
nominato dittatore un ex console che si chiama Quinto Fabio Massimo.

Quinto Fabio Massimo e capisce che al momento Roma non era in grado di affrontare Annibale in una
ulteriore battaglia e pensare di uscirne vincitrice. Ne aveva già prese tre bastonate e quindi la strategia di
Quinto Fabio Massimo era una strategia attendista, che vuol dire? Non entriamo in diretto scontro con
Annibale, perché non è cosa nostra. Evidentemente non siamo in grado di sconfiggere un esercito guidato
da Annibale.

Tant'è che è vero, Annibale rimane imbattuto sul territorio italiano.

E quindi Quinto Fabio massimo dice, creiamo azioni di disturbo ad Annibale, non entriamo in diretto
scontro con con Annibale, limitiamoci a disturbarlo, e a controllare quello che Annibale fa senza e entrare in
contatto con lui.

Che cosa significava disturbare Annibale? Significava evitare che Annibale ricevesse, ad esempio aiuti dalla
Spagna, dove ancora c'era Cartagine e dove ancora Cartagine rimaneva potente, o ricevesse aiuti da
Cartagine stessa. Quindi evitiamo che Annibale riceva aiuti, controlliamo quello che fa, non entriamo in
diretto scontro con Annibale e quindi evitiamo di perdere nuovamente; Roma stava perdendo gente, stava
perdendo soldati, sta perdendo cavalli, anche importanti condottieri, anche Consoli erano morti per
combattere contro Annibale. Questa di questa strategia funzionava ma ha un piccolo grosso difetto:
permette ad Annibale di scorrazzare libero per il territorio italiano. Annibale evita di arrivare a Roma, ci
passa vicino nel frattempo scorazzando tranquillamente, forse quasi indisturbato per Roma e per il centro
dell’Italia.

Questa strategia attendista, e infatti Quinto Fabio Massimo per questo verrà chiamato cunctator, cioè il
temporeggiatore, ha il grosso difetto di non considerare l'elemento diciamo in cui i romani sentono che non
stanno facendo nulla, si sentono scoraggiati da questa cosa e quindi hanno voglia di andare a combattere
contro Annibale

Ma vediamo che cosa succede e questa cosa la vediamo nella prossima lezione.

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