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1GUERRA ILLIRICA

Abbiamo 4 guerre illiriche

PREMESSA - Ancora una volta, la difficolta storica sta nel cercare di liberarsi dai pregiudizi delle fonti, ricavando una
visione il più oggettiva possibile. Le fonti sono evidentemente dal lato romano e pregiudicano il comportamento degli
avversari - Linderski osserva, ad es. che noi siamo abituati a una letteratura che adotta il punto di vista romano e quindi
condanna la pirateria illirica ma potremo semplicemente vederlo come il tentativo di conquistare altre terre. Già
parlando di “pirateria” si pone su una luce negativa un comportamento che, in fondo, non sembra essere meno
aggressivo di quello Romano.

In generale, comunque, le guerre illiriche, consentono un “protettorato” a Roma, al di la del mare, in Macedonia.

Prima guerra illirica

Nel 229 a.C, con Agrone (considerato il Re dell’Illiria più potente), vi è una forte intensificazione della pirateria illirica.
Agrone aveva incrementato la potenza militare illirica, spinto da Demetrio II (padre di Filippo V). I Re illiri* avevano
dunque rapporti di alleanza. Al ritorno dei soldati con il bottino fatto con la vittoria sugli Etoli, Agrone sarebbe morto
dopo pochi giorni dalle bevute e i festeggiamenti (testimonianza di fonti che presentano i nemici di Roma in maniera
molto negativa). La pirateria illirica comunque vede grande successo in questa epoca. L’esercito Illirico conquista la
città di Fenice. Dopo la presa di Fenice aumenta il timore delle città Greche della costa, che teme attacchi da parte degli
Illiri. Gli Epiroti avrebbero dunque concluso un trattato con gli Illiri. Il che significa che gli Illiri si stavano
comportando diciamo allo stesso modo dei Romani (se leggiamo rinunciando ai pregiudizi anti-barbari delle fonti).
Comunque Roma decide di intervenire su quest’espansione Illirica per arrestarla. Nel 230 Argone morì e sua moglie
Tetua continuò la politica del marito. Roma ritenne di non poter subire questa espensione, decise dunque di inviare
un’ambasciata di protesta alla regina Teuta (successore di Agrone). Teuta fa assassinare uno dei romani e ciò basta
come dichiarazione di guerra. (Nel 229 l’esercito passò da Brindisi in Illiria su duecento navi. I Romani sbarcarono ad
Apollonia e liberarono la città di Epidammo e di Issa, un’antica colonia Siracusana. Teuta fu costretta a chiedere la pace
nella primavera del 228. Fu Demetrio di Faro, tradendo la regina Teuta, a far da guida ai romani nel territorio illirico. Al
termine della guerra, a Demetrio di Faro è assegnata una grossa parte di terra. Roma conquista in breve tempo molto
territorio e la simpatia di alcune città greche. Ma nel 220 /219 Demetrio è costretto alla fuga per infrazioni nell’accordo
con Roma, così poi diventerà uno dei consiglieri del Re di Macedonia.

Passo di Polibio sulle cause dello scoppio della prima guerra Illirica; è una guerra importante perché è la prima guerra
che porta i romani al di là dell’Adriatico, nella penisola Balcanica.
Abbiamo commercianti italici che navigano verso oriente, verso il mondo greco, che vengono attaccati dagli Illiri,
dalla pirateria illirica. Sembrerebbe che c’è un’intensificazione negli anni 30 di queste attività piratesche degli illiri. I
romani inviano un’ambasceria sostanzialmente su pressione dei mercanti italici, che anciano accuse contro gli Illiri.
L’ambasceria arriva presso la regina Teuta, moglie che succede al re Agrone.

Siamo in una fase di espansione degli Illiri verso sud, nell’area dell’Epiro; questa espansione Illirica è presentata da
Polibio in temi estremamente negativi. A noi non perviene il punto di vista dei nemici di Roma, ma perviene un punto
di vista ostile agli illiri, che vengono rappresentati come un elemento di perturbazione dei commerci, come dei pirati.
Teuta, presa dall’avidità alla vista del bottino che i suoi uomini avevano ottenuto in Epiro, vorrebbe intensificare queste
azioni nei confronti dei greci, ma ne è impedita perché c’erano disordini locali. Volontà di prendere Issa -> siamo di
fronte a un tentativo da parte degli Illiri, prima con Agrone e poi con Teuta, di ampliare il loro dominio. In questo
momento arrivano gli ambasciatori romani, che presentarono le lamentele dei commercianti italici; Teuta afferma di
non esercitare il monopolio sulle azioni violente dei suoi sudditi; essi possono muoversi in libertà e lei non è in
condizione di porre un limite alle loro azioni.

In questo passo di Polibio vediamo una certa ostilità, misoginia e non sappiamo quanto sia fedele questa versione dei
fatti. La guerra, in definitiva, scoppia su pressione dei mercanti dell’Italia meridionale, che si lamentavano degli
attacchi pirateschi. Il senato decide di inviare a Roma questa ambasceria, dalla regina Teuta, vedova del re Agrone.

Domenico Musti e Emilio Gabba -> confronto sullo scoppio della Guerra Illirica.
Musti nel libro del ’78 Polibio e l’imperialismo romano, libro importantissimo per l’individuazione di motivazioni
economiche dell’imperialismo romano, sottolineò come il passo di Polibio che abbiamo letto mostrerebbe la
disponibilità romana alla guerra in difesa dei mercanti italici. Si tratta di motivazioni economiche anche un po’ più
complesse della semplice avidità di bottino, terra e schiavi, su cui insisteva Harris.
Alla posizione di Musti replicò Gabba, e lo fece sostenendo che alla guerra si sarebbe arrivati per l’omicidio
dell’ambasciatore -> no motivi economici, ma causa politica.
Effettivamente è proprio questo che riporta Polibio, tuttavia questa posizione nasconde il fatto che il motivo per cui
Teuta fece uccidere l’ambasciatore è la minaccia di far guerra, qualora non fossero state soppresse le azioni
piratesche. L’intenzione alla guerra risulta evidente già da prima dell’omicidio.
All’epoca per un liberale come Gabba, ammettere che l’espansione Romana fosse stata dettata da motivazioni di stampo
economico, avrebbe significato una sorta di rischio di contaminazione con posizioni marxiste. Qui emergono interessi
economici di stampo diverso da quelli esclusivamente predatori ammessi da Harris.

Al termine di questa prima guerra Illirica, i Romani affidano una certa parte del territorio a Demetrio di Faro, che è un
greco al servizio della monarchia illirica. Demetrio all’arrivo delle navi romani si era affrettato a tradire la regina
Teuta, consegnando ai Romani Corcira e guidandoli nella spedizione.
Agli Illiri viene imposto di non superare un certo limite -> non navigare verso sud oltre Lisso.
Proprio Demetrio di Faro, al quale i romani assegnano un ampio dominio in Illiria, in realtà violerà ripetutamente
questo trattato, recandosi con la flotta oltre Lisso e nel 220-219 i Romani interverranno contro di lui, costringendolo alla
fuga, nella Seconda Guerra Illirica. Demetrio di Faro troverà rifugio presso il giovane re di Macedonia Filippo V.

TRA UNA GUERRA ILLIRICA E L’ALTRA.


Nel frattempo le popolazioni celtiche della pianura Padana, cioè i Galli sottomessi o in via di sottomissione dai romani,
approfittano della presenza di Annibale per passare dalla parte dell’invasore, che a loro appare come liberatore.
218 -> i romani avevano fondato le due colonie latine di Placentia (Piacenza) e Cremona, una a sud e una a nord del Po.
La fondazione di queste città è un ulteriore simbolo di come la pressione romana in quest’area si faceva sempre più
grave. Non sorprende quindi che le popolazioni celtiche abbiano deciso di passare dalla parte di Annibale e questo
avviene anche con gruppi di celti che già erano stati assimilati con i romani. Abbiamo detto che la caratteristica del
rapporto tra Roma e i suoi alleati (popolazioni sottomesse) è il fatto che Roma non impone un tributo, ma impone la
fornitura di contingenti militari. Una dinamica di questo genere era stata avviata anche nell’Italia settentrionale e
Polibio ci riferisce del fatto che una bella notte, un contingente di questi alleati celti schierati con i romani, decide di
passare dalla parte di Annibale e dunque uccide nel sonno i loro commilitoni (erano stati costretti a servire dalla parte
dei Romani) e abbandonano l’accampamento per passare dalla parte di Annibale. Il programma di Annibale era quello
di sfruttare le contraddizioni interne ai rapporti tra Roma e i suoi alleati Italici. Annibale intendeva presentarsi
come un liberatore non solo ai celti, con i quali ha successo immediatamente, ma a tutti gli alleati italici dei Romani.
Non è venuto in Italia a combattere contro i Romani, ma è venuto a combattere contro i romani per liberare gli italici.
Annibale è penetrato nella Pianura Padana e ora nell’inverno la guerra si sospende. Annibale dava ai romani lo stretto
necessario per la sopravvivenza; pronuncia una sorta di discorso di esortazione, in cui spiega le motivazioni per cui è in
Italia: fare guerra con i romani, ma in favore degli Italici -> “per riguadagnare la libertà agli Italici”. Il rapporto di
alleanza tra Roma e gli Italici viene letto da Annibale come un rapporto di soggezione degli italici. È importante che si
ponga l’accento anche sul recupero del territorio: i Romani, infatti, avevano l’abitudine di sequestrare il territorio ai
vinti e di farlo diventare ager publicus. I prigionieri vengono lasciati liberi e invitati a recarsi nelle loro città. Il
riferimento alle città e al territorio e ora anche ai porti è un riferimento alle conseguenze economiche del dominio
romano. I Romani occupano il territorio e in qualche modo controllano anche le attività economiche degli alleati,
prendendo controllo dei porti. Annibale si presenta dunque come il liberatore, colui che restituirà agli Italici, se loro
accetteranno di allearsi con lui, la loro libertà. Questa mossa di Annibale in un primo momento non ha successo, perché
soltanto i celti si schierano con lui. Tuttavia, ancora nel 217 Annibale riporta una clamorosa vittoria sull’esercito
romano, guidato da Gaio Flaminio (nel 232 plebiscito e nel 223 da console successi contro i Galli), al lago Trasimeno.
La notizia della sconfitta Romana al Trasimeno raggiunse Filippo V, il quale la comunicò a Demetrio di Faro.
Quest’ultimo era già stato in rapporti con i romani, positivi nella prima guerra Illirica e meno positivi nella Seconda
guerra Illirica. Demetrio di Faro suggerisce a Filippo di chiudere la guerra con gli Etoli e di guardare ad occidente,
approfittando di quanto stava accadendo in Italia. Quello che sta più a cuore a Demetrio è di recuperare l’Illiria, ma
magari la guerra in occidente avrebbe aperto anche prospettive in Italia e Filippo avrebbe avuto la possibilità (lui erede
di Alessandro Magno) di affermare il proprio dominio.

217 -> Filippo V e gli Etoli stringono la pace di Naupatto. Questa data ha una forte importanza nella prospettiva
storica di Polibio -> a partire dalla pace di Naupatto si realizza l’interconnessione tra le vicende del Mediterraneo
orientale e quello occidentale.
La pace tra Filippo V e i suoi alleati con gli Etoli, sarebbe stata motivata da quello che stava accadendo in Italia. Questo
è il primo caso di intreccio -> vicende che in precedenza avevano camminato ognuno per proprio conto, ora si
intrecciano. Etoli e Filippo V stringono una pace preoccupati di quello che stava accadendo in Italia.

Applicazione unilaterale dell’analisi sistemica di Eckstein -> non bisogna guardare solo al militarismo di Roma, ma
alle caratteristiche del sistema internazionale in cui Roma operava -> sistema anarchico che impone a tutti gli stati che
ne fanno parte di assumere caratteristiche analoghe -> propensione alla guerra della società romana, non peculiarità di
Roma, ma caratteristica imposta dal sistema internazionale.

Questa pace di Naupatto è dettata dal timore delle “nubi da occidente”; di tutte le trattative che portarono alla pace,
Polibio scelse di riportare solo il discorso di un politico etòlo, Agelao di Naupatto. Questo avrebbe sostenuto la
necessità della costrizione di un fronte panellenico, cioè una unità dei greci per prepararsi a un probabile attacco da
parte dei barbari. Chiunque avesse avuto la meglio nella guerra in Italia, era chiaro che non si sarebbero accontentati
dell’Italia e avrebbero esteso le loro ambizioni anche alla Grecia e alla Macedonia. L’immagine del discorso di Agelao
di Naupatto è questa immagine delle nubi da occidente. Questo discorso di Agelao di Naupatto potrebbe giustificare e
confermare l’idea di Eckstein. La consapevolezza delle caratteristiche di questo sistema, non si collega molto bene con
l’idea di Eckstein di una politica aggressiva di Filippo V nei confronti di Roma. Dopo la pace di Naupatto, infatti,
Filippo V inizia a tentare di riguadagnare terreno in Illiria, a spese dei romani e dei loro alleati.

Secondo Eckstein questa è una politica aggressiva, in qualche modo condannata.


Se noi però ammettiamo che la guerra in Italia, poteva forse rappresentare una minaccia alla quale bisognava reagire
politicamente, ha poco senso condannare come aggressive le mosse con cui Filippo V cerca di prepararsi ad affrontare
questa minaccia. Se noi accettiamo in tutta la sua estensione l’idea di un sistema anarchico che impone certe
caratteristiche a tutti gli stati, allora ogni mossa non ha soltanto una dimensione aggressiva, ma anche difensiva,
preventiva.

216 -> in Italia Annibale sconfigge i Romani nella disastrosa battaglia di Canne. Questa battaglia segna una svolta
anche sul piano della solidità dell’alleanza tra Roma e i suoi socii in Italia. Fino a questo punto ai Romani era riuscito di
mantenere unito il fronte dei socii -> nessuno a parte i celti della Pianura Padana era passato dalla parte di Annibale.
Dopo Canne, le cose cambiano: Annibale si stabilisce nell’Italia meridionale e raccoglie la progressiva adesione di
molte aree, popoli e città importanti -> Capua, Siracusa, più tardi Taranto.

La guerra Annibalica (seconda guerra punica) è importante perché in realtà si combatte su più fronti e sin dall’inizio
si era combattuta anche in Spagna, perché per i Romani era essenziale strappare la Spagna ad Annibale, perché dalla
Spagna l’esercito cartaginese in Italia poteva sperare di ricevere rifornimenti, approvvigionamento, rincalzi. La guerra si
era combattuta fin dall’inizio, ma dopo Canne i teatri di guerra si moltiplicano e si apre un fronte in Sicilia per la
defezione di Siracusa.

A Siracusa nel 215 era morto Ierone II (alleato dei Romani) e il suo posto era stato preso dal nipote Ieronimo, giovane
rappresentato ostilmente dalla tradizione (difetti di impulsività che Polibio attribuiva ai giovani), che passerà dalla parte
dei Cartaginesi nell’illusione e nella speranza di poter ottenere da loro il riconoscimento del controllo dell’intera Sicilia.
Soprattutto, Filippo V di Macedonia apre trattative con Annibale e conclude con lui un trattato in funzione antiromana. I
Romani ne vengono a conoscenza, si preoccupano e inviano una flotta a controllare i movimenti di Filippo.

212 -> i Romani riescono a indurre gli Etoli a riprendere le armi contro Filippo V e suoi alleati. Il progetto
dell’alleanza panellenica quindi fallisce.
Prima guerra di Macedonia -> dal punto di vista romano solo una fase della Prima guerra Punica. È la guerra
Annibalica combattuta nella penisola balcanica. I romani combattono con la flotta, gli Etoli per via di terra. Il trattato
prevedeva che le città prese sarebbero andate agli Etoli, il bottino (anche popolazioni) ai romani. Questa guerra non
tocca il territorio dei macedoni, ma tocca gli alleati greci dei macedoni e li mette e dura prova. La flotta romana
conquista una serie di città, come Dyme, Egina -> tutte località di cui i romani riducono in schiavitù la popolazione. Il
popolo di Dyme venduto in schiavitù da Sulpicio Galba viene riscattato e riportato in patria da Filippo V.

211 -> Claudio Marcello riconquista Siracusa al termine di un assedio durissimo. La città viene saccheggiata, presa
in parte a tradimento. Il patrimonio artistico di questa splendida città greca, che aveva vissuto periodi di splendore
(politica di alleanza tra Ierone e Roma aveva garantito un 50ennio di prosperità economica), che non doveva essere
inferiore a quello di nessuna altra città greca, viene portato a Roma.

Lo stesso anno però in Spagna i comandanti romani (Publio Cornelio Scipione e Gneo Cornelio Scipione) vengono
sconfitti separatamente dagli eserciti Cartaginesi e perdono la vita entrambi. A succedere nel comando in Spagna al
padre e allo zio è il giovane Publio Cornelio Scipione, il futuro Africano (cognome ex virtute che acquisirà dopo aver
sconfitto Annibale); ottiene un comando straordinario, senza ricoprire alcuna magistratura.
Già nel 209 si impadronirà di Cartagine nuova, trarrà dalla sua parte le popolazioni indigene spagnole; nel 208 riporterà
una vittoria sui cartaginesi, al punto che Asdrubale porterà l’esercito in Italia, abbandonerà la Spagna per unirsi a suo
fratello -> gli riuscirà di superare le Alpi ma nel 207 verrà sconfitto nella battaglia del Metauro.

La guerra annibalica mette a dura prova anche la nobilitas -> dopo la guerra, ci si trova davanti alla necessità di
ricostruire il senato -> prospettiva di carriera per i giovani che possono prendere il posto di questi magistrati morti in
battaglia.
(un caso di una carriera favorita da questo è quello di Tito Quinzio Flaminino)

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