Per crisi del terzo secolo si intende il periodo che va dal 235 al 284 d.C e che è stato
segnato da una gravissima crisi che molte volte rischiò di causare la dissoluzione
dell’Impero Romano D’Oriente. Però, prima di analizzare le caratteristiche di questo
periodo di anarchia militare bisogna fare un excursus riguardante ciò che lo ha
causato per capire meglio la situazione.
SLIDE 2
Commodo, imperatore corrotto che ha segnato la fine di un momento di pace
interna (quello della dinastia degli Antonini) morì la notte di San Silvestro del 192
d.C. e i pretoriani nominarono, con l’appoggio del senato, l’anziano senatore Publio
Elvio Pertinace. Il nuovo princeps era pieno di buone intenzioni, cercò di risanare le
finanze pubbliche dopo gli sperperi del predecessore, favorì la produzione agricola e
tentò di ristabilire l’ordine anche mantenendo buoni rapporti con il senato. I
pretoriani, però, gli chiesero somme sempre più elevate e lo uccisero dopo tre mesi
di governo.
Si tratta perciò di un breve periodo di instabilità e lotte feroci fra i pretendenti al
trono segnato anche dall’aumento incontrollabile del potere dell’esercito. Questo
fatto sembra introdurre ciò che succederà durante l’anarchia militare. Infatti, dopo
la morte di Pertinace, le truppe nominarono tre imperatori differenti in tre regioni
dell’impero e i pretoriani riconobbero come imperatore Didio Giuliano. Ne seguì una
guerra civile che, però, terminò nel 193 con la vittoria di Settimio Severo.
SETTIMIO SEVERO
Con Settimio Severo, che regnò tra il 193 ed il 211 dopo Cristo, iniziò la dinastia dei
Severi. Sotto questa dinastia i legionari rafforzarono gradualmente il rapporto con le
province e il loro potere di eleggere e sostituire, spesso uccidendo, gli imperatori.
Settimio Severo era nato in Africa, a Leptis Magna, ed era abile e colto
amministratore. Sotto di lui l’impero tornò ad espandersi. Infatti, saccheggiò la
capitale del regno partico e il sacco della città fruttò un ricchissimo bottino in oro
che permise di blandire per poco la crisi finanziaria dell’impero. Settimio Severo,
inoltre, creò una nuova provincia, la Mesopotamia.
Inoltre in questo periodo la figura dell’imperatore aveva sempre più bisogno di
contare su un esercito sempre più numeroso per respingere i nemici ai confini e per
sostenere il proprio potere personale. Per favorire il reclutamento, Settimio Severo
migliorò le condizioni dei legionari aumentando loro la paga e favorendo la carriera
all’interno delle legioni.
Questi provvedimenti, però, avevano un costo e per pagare tanti uomini era
necessaria una grande quantità di denaro che non era certamente garantita dai soli
bottini di guerra. Allora Settimio Severo moltiplicò il numero delle monete facendo
diminuire la percentuale di metallo pregiato in ciascuna di esse e così aumentando
l’inflazione. Occorrevano, perciò, sempre più monete per acquistare un oggetto e la
percentuale di argento in una moneta di questo materiale pregiato fu ridotta al 25%.
Inoltre, con Settimio Severo Roma e l’Italia hanno sempre meno poteri e privilegi
anche dal punto di vista militare. Infatti, le province vicino alle frontiere dovevano
respingere i popoli che premevano sui confini e per questo furono rafforzate
ovunque le fortificazioni e le linee di comunicazione che già esistevano. Due nuove
legioni vennero installate in Oriente e Settimio Severo, per facilitare l’ingresso di
soldati all’interno di queste legioni, per esempio assegnò ai legionari delle terre
lungo i confini.
Sotto di lui, inoltre, il culto imperiale del sovrano assoluto venne ripristinato e
fortificato e aggettivi come sacro e divino vennero associati sempre più spesso alla
sua immagine. Per questo i cristiani, che diventavano sempre più importanti nella
società romana, visto che non consideravano l’imperatore una divinità, vennero
perseguitati. In effetti è esattamente ciò che era successo sotto Domiziano che
pretendeva di essere chiamato dominus e deus e chi non lo faceva era accusato di
essere ateo e veniva condannato a morte. E appunto i cristiani si rifiutavano di
chiamarlo con questi appellativi perché credevano e ovviamente credono ancora
nell’esistenza di un unico Dio.
Comunque ritornando a Settimio Severo
Nel 208, a causa di alcune scorrerie provenienti dalla Scozia sul confine britannico, si
recò appunto sul confine sperando anche di conquistare nuovi territori, ma si
ammalò e morì nel 211 in un accampamento presso quella che oggi è York.
Il successore di Settimio severo fu Caracalla
Caracalla, figlio di Settimio Severo, regnò per un anno con il fratello Geta, ma poi
uccise lui e i suoi sostenitori. Per guadagnarsi la simpatia dell’esercito aumentò gli
stipendi e perciò fu costretto ad aumentare le imposte e coniare sempre più monete
facendo aumentare, proprio come aveva fatto il padre, l’inflazione. Certamente il
nome di Caracalla è collegato, oltre alle terme a Roma, all’editto del 212 con il quale
concesse il diritto di cittadinanza a tutti gli abitanti liberi delle province romane.
Elagabalo ( 218-222)
Successore di Caracalla fu il quattordicenne Elagabalo. In realtà il suo nome era
Marco Aurelio Antonio, ma a Roma era noto con il soprannome di Elagabalo, che
proviene dalla divinità siriana El Gabal di cui era sacerdote.
Si circondò di orientali raffinati e viziosi, non era né abile né interessato al campo
militare e fece regnare la madre e la nonna. Inoltre ebbe cinque mogli e due mariti.
Il suo disinteresse nei confronti del popolo e dell’impero e la sua, possiamo dire,
albagia causarono una crescente opposizione del popolo e del Senato romano, che
culminò con il suo assassinio per mano della guardia pretoriana e l'insediamento del
cugino Alessandro Severo. Elagabalo fu inoltre colpito dalla damnatio memoriae
(pena che consiste nella cancellazione di qualsiasi traccia riguardante una persona,
come se essa non fosse mai esistita)
SEVERO ALESSANDRO (222-235)
Poi divenne imperatore Severo Alessandro, un uomo mite ed interessato ai suoi
sudditi. Dovette fronteggiare invasioni di Persiani e popolazioni Germaniche.
In entrambi i casi si dimostrò insicuro e le sue campagne non andarono molto bene.
Inoltre, poiché non aveva mai concesso ai soldati particolari concessioni, questi si
ribellarono e lo uccisero con la madre in una tenda in Germania. Severo Alessandro
restituì potere al senato (indebolito dall’esercito sempre più forte), cercò di ridurre
la pressione fiscale e cercò di facilitare la fusione e la convivenza di più religioni
nell’impero.
SLIDE 3
La morte di Severo Alessandro, come abbiamo detto prima, portò all’inizio della vera
e propria crisi del terzo secolo. Si tratta di 50 anni di crisi, dal 235 al 284,
caratterizzata dall’alternarsi di imperatori nominati dall’esercito e dopo poco uccisi
dai loro stessi soldati, quando questi trovavano un migliore candidato. Molte volte vi
erano più imperatori che regnavano simultaneamente e questi spesso non
giungevano neanche a Roma perché costretti a risiedere nelle aree di frontiera in
costante pericolo. Infatti, in questo periodo di anarchia vi erano numerosi ed
incessanti attacchi da più fronti contemporaneamente:
IN ORIENTE BISOGNAVA RESPINGERE L’AVANZATA DEI PERSIANI
IN EUROPA OCCORREVA FERMARE LE TRIBÙ GERMANICHE CHE PREMEVANO
SUI FRONTI DEL RENO E DEL DANUBIO
INOLTRE, ovviamente IL VENIR MENO DELLA SORVEGLIANZA DOVUTA AD
ATTACCHI SIMULTANEI DI PIÙ POPOLI INCORAGGIÒ LA RIVOLTA ANCHE DI
POPOLAZIONI CHE UN TEMPO ERANO ABBASTANZA TRANQUILLE
Inoltre, l’esercito romano, come sappiamo, era diviso in due gruppi: c’era il
comitatus che era l’esercito mobile che doveva spostarsi velocemente in caso di
emergenza e raggiungere i punti caldi dei conflitti; e poi il resto dei contingenti
formava i limitanei e quindi era stanziato lungo i confini. Durante il periodo di
anarchia militare possiamo dire che ci fu un vero e proprio gap, un divario nella
comunicazione di questi due apparati e perciò gli invasori, una volta superata la
linea di difesa, continuavano ad avanzare non trovando alcuna resistenza.
SLIDE 4
Come ho appena detto le inevitabili sconfitte dovute alle pressioni sui confini ed il
potere enorme assunto dalle legioni produssero una grande instabilità politica:
infatti tra il 238 e il 284 si susseguirono 21 imperatori.
Dopo la morte di Severo Alessandro le truppe acclamarono imperatore Massimino il
Trace. Aveva origini barbare e fu un soldato dal carattere brutale. Massimino regnò
per 3 anni (235/238) durante i quali perseguitò i cristiani ed inasprì le imposte
scatenando rivolte. Dopo di lui si succedettero imperatori continuamente impegnati
nella difesa dei confini. Tra questi ricordiamo Filippo l’Arabo (244/249) che non era
ostile ai cristiani e che comprò la pace con la Persia per riuscire a gestire la
situazione in Europa. Venne ucciso dal comandante Quinto Decio Valeriano che
passò alla storia per una durissima persecuzione contro i cristiani. Questo morì
combattendo contro i Goti poco prima dell’avvento di una grave pestilenza. È
interessante notare i differenti approcci degli imperatori nei confronti dei cristiani. Si
passava, infatti, da periodi in cui venivano perseguitati ad altri in cui erano
abbastanza tollerati.
Il momento più difficile si ebbe sotto Valeriano (253- 260). Era di classe
aristocratica, fatto abbastanza raro in quel periodo, e cercò di frenare le
incursioni persiane mentre il figlio Gallieno cercava di gestire la situazione in
Europa. Nel 260 Valeriano fu fatto prigioniero e ucciso
Il successore di Valeriano fu Gallieno che ereditò una situazione disastrosa e
per questo fu costretto a permettere l’indipendenza temporanea di una vasta
area delle Gallie e della regione di Palmira (città della Siria). Nonostante
queste difficoltà, però, cercò di risanare l’impero con un’importante riforma
dell’esercito che premiava l’abilità e la competenza sul campo di battaglia.
Organizzò, inoltre, un tipo di difesa più flessibile concentrandosi sulle retrovie
e sul comitatus creando un’unità mobile basata sulla cavalleria che si spostava
con l’imperatore.
Sotto Gallieno le arti conobbero un periodo di ripresa e splendore, d’altronde
era un uomo molto colto e raffinato. Un esempio di opera di questo periodo è
il sarcofago Ludovisi. Tra l’altro la foto si trova alla terza slide. Vengono
raffigurati dei barbari sottomessi e dei Romani vincitori a cavallo.
Gallieno morì nel 268 ed il suo successore fu Aureliano che regnò tra il 270 ed
il 275 e riuscì durante il suo breve regno a riportare un po’ di ordine
nell’impero. In particolare, riuscì a riannettere nell’impero la regione di
Palmira e l’area delle Gallie che si erano rese indipendenti sotto Gallieno.
Riuscì inoltre a fermare le incursioni dei barbari in Italia e in Pannonia,
regione dell’impero corrispondente circa all’attuale Ungheria, ma fu costretto
ad abbandonare la Dacia, regione conquistata precedentemente da Traiano e
proprio per questa sua conquista era stata realizzata la celebre colonna
Traiana.
Aureliano si occupò di riformare il sistema monetario ritirando le monete di
poco valore ed aumentando la quantità di metallo pregiato in ciascuna
moneta, però questo non permise di diminuire l’inflazione perché ormai
l’impero era in una crisi troppo profonda e diuturna. Per quanto riguarda le
tensioni sociali dell’impero, cercò di blandire le rivolte distribuendo pane
gratuitamente ed abbassando il prezzo del vino. Infine, cercò di far tornare in
auge il mos maiorum ripristinando il culto del sovrano assoluto, ma questo
portò alla decisione di seguire le tradizioni orientali e farsi considerare un vero
e proprio dio. Al nome di Aureliano vengono associate le omonime mura che
ancora oggi circondano Roma. Anche lui venne ucciso in una congiura ed alla
sua morte seguirono nove anni di anarchia militare che terminarono con
l’ascesa di Diocleziano.
SLIDE 5
Tornando agli aspetti che hanno caratterizzato la crisi del terzo secolo, l’instabilità
politica portò ad una profonda crisi economica
Infatti, i barbari, una volta superati i confini, saccheggiavano città e villaggi in
cerca di bottini e ciò che non riuscivano a prendere veniva distrutto. Così
vennero distrutte città, sterminati greggi e raccolti anche a causa di agguati di
briganti che non venivano fermati da alcun legionario perché tutto l’esercito
era impegnato nella difesa dei confini. Per questo i trasporti divennero insicuri
e si ridussero i commerci in modo drastico: in alcune zone si tornò addirittura
al baratto.
Inoltre, tornò in auge la pirateria ed il brigantaggio causò la diminuzione della
produzione agricola che causò a sua volta una diminuzione delle entrate
dell’impero e perciò una crescente pressione fiscale e ingiuste requisizioni di
beni ai ceti più poveri. In particolare, i contadini, sempre più poveri, erano
costretti ad abbandonare o vendere i campi e lavorare in condizioni di semi
schiavitù sotto latifondisti. Questa condizione dei contadini viene chiamata
colonato e nel Medioevo prenderà il nome di servitù della gleba. I
coloni erano tenuti a pagare al proprietario del fondo agricolo canoni in
natura ed un tot di giorni di lavoro gratuito (le cosiddette corvée) in cambio
della possibilità di trattenere una parte del raccolto per sfamare la propria
famiglia. I coloni, inoltre, erano legati al terreno in cui lavoravano e così anche
la propria discendenza.
Non solo i ceti più poveri ne risentirono della crisi, ma anche le persone di più
alto lignaggio che furono infatti costrette ad interrompere gli atti di
evergetismo che spesso erano di grande aiuto alle classi meno elevate. Per
evergetismo si intende l’atto di donare beni al popolo da parte di un privato,
che poteva anche a sue spese finanziare opere pubbliche, per ricavare
prestigio e consenso.
Intanto le esigenze di denaro aumentavano: bisognava pagare la fedeltà delle
legioni, ma anche i ricchi donativi promessi ai «barbari» e ai principati di
confine per impedire ulteriori attacchi. L’inflazione aumentò vertiginosamente
e il sistema monetario giunse al tracollo (la percentuale di metallo pregiato in
ogni moneta fu addirittura ridotta al 2 o 3%
SLIDE 6
La crisi economica portò ad una diversa suddivisione della società: dalle tre classi
tradizionali dei senatori, dei cavalieri e dei plebei si passò a due differeti classi:
senatori e cavalieri formarono la classe privilegiata degli honestiores, mentre
contadini, artigiani e piccoli commercianti erano la classe degli humiliores che
andava man mano perdendo i propri diritti ed era fortemente colpita dalla crisi
economica. Pene diverse erano previste per honestiores e humiliores, e le possibilità
di scalata sociale erano fortemente ridotte. Queste profonde differenze sociali,ora
ricvonosciute ancvhe in ambito giudiziario, causarono il mutamento della società
perché I piccoli artigiani e i commercianti, cominciarono a spostarsi verso le grandi
proprietà della campagna, alla ricerca di cibo e di protezione. Mentre i contadini,
come affermato in precedenza, furono costretti a porsi sotto l’egida dei latifondisti.
Inoltre, a peggiorare la situazione, tra il 250 e il 270 numerose epidemie infuriarono
nell’impero causando una decrescita demografica per la quale la popolazione
diminuì del 30 percento. A causa della diminuzione della popolazione, inoltre,
l’impero fu costretto a ricorrere a soldati mercenari germanici e all’arruolamento
forzato per garantire la difesa degli instabili confini. Ovviamente i mercenari erano
dei soldati di professione e preparati, ma non erano fedeli all’impero e, quando la
situazione peggiorava, spesso fuggivano.
In questo periodo di crisi generale aumentarono le persecuzioni contro i cristiani che
erano considerati la causa della crisi. Infatti i cristiani si rifiutavano di offrire tributi
agli dèi Romani e per questo erano considerati responsabili della furia divina e della
mancata protezione degli dei. In questo periodo Le persecuzioni, come abbiamo
visto, però si alternavano a periodi di tolleranza.
I cristiani erano ormai numerosissimi, la Chiesa cominciava ad essere assai ricca; ma
non si sentivano coinvolti nella crisi dell’impero o nel problema di cooperare a
mantenere l’unità politica. Non volevano perciò combattere ed uccidere e nemmeno
riconoscere l’autorità dell’imperatore divinizzato. A loro stava più a cuore la
religione e la vita nell’aldilà.
In questo periodo, inoltre, si definì in maniera più netta la divisione tra la religione
cristiana e quella ebraica. Fu abolita la circoncisione; il giorno di festa non fu più il
sabato ma la domenica ed infine la Pasqua ebraica fu sostituita dalla Pasqua che
ricorda la vittoria di Cristo sulla morte.
SLIDE 7
Gaio Valerio Diocle era originario della Dalmazia (una regione della Croazia, lungo la
costa orientale dell’Adriatico) e proveniva da una famiglia di umili origini, ma era
riuscito ad avanzare nei ranghi dell’esercito f no a diventare comandante della
scorta imperiale. Nel 284 d.C., dopo che l’ennesimo imperatore era stato ucciso, egli
fu acclamato dai soldati dell’esercito Augusto con il nome di Diocleziano. Per la
prima volta da molto tempo un imperatore riuscì a regnare per più di vent’anni, dal
284 al 305 d.C., un periodo ben più lungo dei suoi predecessori. Pienamente
consapevole della drammatica situazione in cui si trovava l’impero,
Diocleziano cercò di frenare la crisi con una serie di riforme che riguardarono
innanzitutto la figura stessa dell’imperatore. Per prevenire i disordini che
avvenivano ogni volta che c’era un trapasso di poteri da un imperatore all’altro,
Diocleziano volle che la successione diventasse automatica e prevedibile. Decise che
al posto di un imperatore unico funzionasse un collegio di quattro persone,
chiamato tetrarchìa (dal greco tétra, «quattro» e arché, «comando»). Ci dovevano
essere due Augusti, uno per le province d’Oriente e un altro per quelle d’Occidente,
i quali sceglievano subito due Cesari, destinati a sostituire automaticamente gli
Augusti quando questi non si fossero ritirati dal potere (atto previsto dopo 20 anni di
regno) o fossero morti. Nell’ordinamento tetrarchico Diocleziano affiancò a sé
stesso, come Augusto, Massimiano, un suo commilitone, anch’egli di umili origini;
come Cesari furono scelti altri due generali, Costanzo Cloro e Galerio. I vincoli fra i
tetrarchi furono rafforzati dai matrimoni dei due Cesari con le figlie dei due Augusti.
Inoltre Diocleziano diede al potere imperiale un carattere ancora più marcatamente
religioso e assoluto. Sostenne il principio che l’imperatore governava per grazia
divina e partecipava del mondo degli dèi. La vita dell’imperatore era separata da
quella dei sudditi. L’imperatore governava attraverso leggi ed editti e sceglieva
personalmente i funzionari per dirigere la vita pubblica.
Diocleziano spezzò l’unità dell’impero che fu diviso in due parti, Oriente ed
Occidente. Il territorio immenso, la situazione politicamente assai instabile lungo i
confini, richiedevano a volte più interventi nello stesso tempo e in diversi luoghi: un
centro solo non era più sufficiente ed era anche essenziale che le città dove
risiedeva il potere supremo fossero vicine ai confini, per potere spostare
rapidamente le truppe e trasmettere in breve tempo ordini e decisioni. Le capitali
degli Augusti furono perciò rispettivamente Nicomedia (in Asia Minore) e Milano,
quelle dei Cesari Sirmio, nell’odierna Serbia, e Treviri, in Germania. Roma fu
giudicata troppo lontana rispetto alle frontiere: meglio Milano, più a nord. Fu un
cambiamento assai rilevante: Diocleziano tolse a Roma il suo ruolo di centro
dell’impero, anche se Roma rimaneva una città importantissima per i suoi
monumenti e per tanti gloriosi ricordi. Dal punto di vista militare la soluzione scelta
dal nuovo imperatore ebbe gli effetti sperati e raggiunse gli obiettivi fondamentali:
respingere i nemici esterni, sedare le rivolte interne e ricondurre all’ordine i
numerosi usurpatori ancora presenti nell’impero. Massimiano e Costanzo Cloro
riportarono l’ordine in Occidente, nelle Gallie, in Britannia e in Africa. Diocleziano
intervenne sul fronte del Danubio e Galerio pacificò l’Egitto e costrinse i Persiani ad
una pace vantaggiosa per l’impero.
Le riforme militari e amministrative
Per garantire il mantenimento dei risultati raggiunti Diocleziano operò importanti
riforme sia nel settore militare che in quello dell’amministrazione. Diocleziano
attribuiva un’importanza fondamentale alla salvaguardia del confine e per questo
modificò il sistema di difesa e l’organizzazione delle milizie. Intraprese un’opera
sistematica di consolidamento delle protezioni esistenti e fece costruire nuove
fortificazioni in corrispondenza dei lunghissimi confini. Le nuove roccaforti erano più
piccole delle precedenti ma molto numerose. Inoltre, raddoppiò il numero dei
soldati dell’esercito, che divennero 450 mila, ma li volle distribuiti in modo che non
si creassero pericolose concentrazioni di truppe sotto un solo comandante.
Aumentò infatti il numero delle legioni, che passò da 39 a 60, ma ridusse gli ef ettivi
di ciascuna di esse. L’aumento vertiginoso dei soldati pose il problema del loro
reclutamento, per il quale non erano più suf cienti i volontari e i f gli dei veterani
nati e cresciuti negli accampamenti. Diocleziano obbligò allora i grandi proprietari
terrieri a fornire un numero di uomini proporzionale alla dimensione delle loro
terre. Crebbe moltissimo anche la quantità di «barbari» arruolati nelle truppe, con
un inevitabile abbassamento della qualità dei soldati e del livello della disciplina. Dal
punto di vista amministrativo, per ottenere un migliore controllo sul territorio e
soprattutto per garantire una più ef cace riscossione delle imposte, Diocleziano
ridusse la dimensione delle province aumentandone il numero (da 47 a 85) e le
raggruppò in 13 grandi diòcesi; l’Italia venne ridotta al rango delle altre province;
così però aumentarono moltissimo anche i funzionari imperiali. Tutte queste riforme
portarono ad una imponente crescita delle spese dello stato e resero necessari
interventi anche in ambito economico.
Cresce il latifondo
I contadini che non insorgevano o non fuggivano, presi dalla disperazione,
preferivano cedere il loro piccolo campo ai ricchi, ai sempre più ricchi, che
possedevano enormi distese di terre, i latifondi (dal latino latus, «ampio», e fundus,
«fondo, podere»). Meglio consegnarsi ad un potente patrono, mettersi interamente
al suo servizio ed essere sicuri di avere il necessario per vivere. In questo modo però
i padri perdevano la libertà e i f gli l’eredità: sarebbero stati ancora più poveri. Non è
un caso che da patronus, che in origine voleva dire «protettore», sia derivata la
parola «padrone», con tutt’altro signif cato. Il latifondista che possedeva enormi
quantità di terre non aveva bisogno di farle coltivare in maniera intensiva: era più
semplice accontentarsi che crescesse l’erba per i pascoli. Questo sistema signif cava
un impoverimento generale, ma non cambiava il reddito del grande proprietario.
Spesso era tanto potente da riuscire a non pagare le imposte in proporzione dei suoi
possedimenti. Insomma, latifondisti e generali erano diventati i veri padroni di un
impero sempre più disorganizzato e in disfacimento.