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Storia

Adriano e Antonino Pio


Un principe letterato
Alla morte di Traiano succedette al trono il cugino Publio Elio Adriano, precedente governatore della
Siria. Adriano non fu mai stato apprezzato dall'oligarchia senatoria, dato che egli concentrò la sua
politica sulle province orientali, con un particolare interesse sulla Grecia. Adriano governerà dal 117 al
138. Adriano aveva origini spagnole, era colto ed aveva una grande cultura: era un letterato e un
poeta.
Fine della politica espansionistica
La politica espansionistica di Traiano non fu portata avanti dal cugino, infatti quest’ultimo preferì
concentrarsi solo sulla fortificazione dei confini. Adriano aveva inoltre cambiato il sistema di
reclutamento dell’esercito ai confini, infatti con la sua riforma molti residenti delle zone da difendere
vennero arruolati come soldati. Inoltre decise di trattare pace con i Parti, con la quale ritirava le sue
truppe dalla Mesopotamia e trasformò l’Armenia in uno stato vassallo (ovvero in subordinazione
dell’impero romano).
Il Vallo di Ariano
Il Vallo di Adriano consiste in una fortificazione in pietra lunga 118 km, che ai tempi di Adriano
tagliava a metà la Britannia. Quest’opera fu costruita per isolare il territorio Romano dalle tribù
barbare. In futuro però ci sarà un'invasione barbarica su territorio Romano.
Un principe illuminato
Adriano proseguì un’intensa urbanizzazione, fondando nuove città in tutto l’impero. Fu
particolarmente attento ai problemi economici e finanziari delle province, nelle quali viaggiò per
circa 12 anni.
Villa Adriana
La Villa Adriana si trova a Tivoli, nel Lazio, a 30 km da Roma e fu costruita tra il 125 e 135. Per la
costruzione Adriano si era ispirato alle ville ellenistiche. Riguardo al suo carattere, nelle sue opere
Adriano si definisce umile e fragile.
L’uniformazione del sistema giuridico
Adriano istituì il consiglio del principe, di cui facevano parte esperti di diritto e si occupava di
uniformare la legislazione romana nelle province. Inoltre tutti i decreti emanati fino ad allora dai
magistrati furono raccolti in un unico resto, l’editto perpetuo. Infine costituì un gruppo di funzionari
imperiali che sostituì i liberti imperiali allo scopo di limitarne la prepotenza. Tra 132 e 135 si ebbe la
terza guerra Giudaica, ovvero l’ultima grande rivolta ebraica contro il dominio dell’impero Romano.
La guerra fu vinta dai Romani e poco dopo Adriano morì per scompenso cardiaco.
Antonino Pio
Antonino Pio, il cui vero nome è Tito Aurelio Antonino, fu il successore di Adriano, di cui fu il genero.
Antonino salì al trono nel 138 all’età di 52 anni, governerà fino al 161. Era di origine Gallica ed
intraprese una politica di pace e difesa dei confini. Dalle fonti viene ricordato come un esempio di
saggezza e moderazione.
Una politica estera attenta al sociale
Particolare attenzione dedicò all’amministrazione dello Stato, incoraggiò l’istruzione pubblica e
promosse l’equità sociale. Antonino fu molto bravo a gestire l’erario, dove vi aveva riversato parte del
suo patrimonio personale.

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L’insorgere della crisi
Un principe filosofo
Nel 161, morto Antonino, salì al trono Marco Aurelio, che era stato adottato dal defunto imperatore.
Egli era un uomo colto e sensibile, noto ai più per i suoi studi di filosofia. Marco fu molto attento alle
prerogative dei senato e associò il trono al fratello Lucio Vero. Il principato di Marco durò dal 161 al
180, ma dal 161 al 169 governò insieme al fratello Lucio, bensì la figura di Marco spiccasse di più.
La pressione lungo i confini
L’impero, durante il regno di Marco e Lucio, era attaccato da due fronti: a Settentrione dai Germani e
ad oriente dai Parti. La guerra contro i Parti durò dal 161 al 165, alla fine della quale questi ultimi
furono sconfitti in Siria da Lucio. Nel frattempo, nel 166, alcune tribù barbariche dell’Europa centrale,
ovvero i Quadi e i Marcomanni, invasero la Dacia e, superato il Danubio, giunsero ad Aquileia, nel
Veneto. Il primo che provò a contrastarli fu Vero, ma morì e così nel 175 Marco, con le sue truppe
orientali, li sconfisse ad Aquileia.
La fine del principato adottivo
Nel 180 Aurelio morì a Vienna, a Vindobona, dopo la partenza per una spedizione contro i
Marcomanni, pochi anni dopo la vittoria ad Aquileia. Il suo successore era Commodo, suo figlio,
designato da Marco stesso. Quest’ultimo era più simile a Nerone, a Domiziano o a Caligola, che al
padre.N daCommodoo iniziò a regnare a 19 anni. Era molto popolare tra la plebe e i soldati, ma a
confronto del padre era quasi del tutto privo di cultura. Commodo cercò l’appoggio dei pretoriani e
delle masse popolari prendendo diversi provvedimenti. Commodo calmierò i prezzi per i beni di
prima necessità, fece elargizioni alla plebe, oltre che ad organizzare spettacoli circensi, e in più trattò
la pace con i Marcomanni (contro i quali il padre si era scontrato con ferocia) e si scontrò con il
Senato, dato il suo governo autoritario. Commodo avviò una persecuzione e vendette personali e per
questo nel 192, dopo innumerevoli attentati, fu ucciso da un’alleanza tra senato ed esercito.
Una fase di anarchia
Dopo la morte di Commodo il problema principale era risanare le finanze e per farlo, il nuovo
imperatore, eletto dal Senato, di cui ne faceva parte, ovvero Publio Elvio Pertinace tagliò
drasticamente i donativi ai pretoriani, dai quali - dopo soli 87 giorni di regno - fu eliminato. In seguito
la guardia pretoriana elesse un ricchissimo imperatore, Didio Giuliano. Dopodiché giunse Settimio
Severo, che era il generale a comando delle legioni della Pannonia. Didio fu decapitato dopo 60
giorni di regno e così Settimio Severo diventò il nuovo imperatore, ma non era finita qui. Infatti
Pescennio Nigro, comandante delle legioni in Siria, e Clodio Albino, comandante delle legioni della
Britannia, furono segretamente interpellati dal Senato. Entrambi furono eliminati da Settimio Severo
nel 193; ciò diede iniziò ad un nuovo periodo di tranquillità.

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La dinastia dei Severi
Settimio Severo e la riforma dell’esercito
Settimio Severo voleva liberare lo stato dalla soggezione degli eserciti. Per farlo riorganizzò l'esercito,
agevolando i gradi inferiori di origine provinciale, a cui furono concessi donativi e possibilità di
carriera e concesse ai soldati di unirsi in matrimonio con le donne locali. Invece i pretoriani
responsabili per la morte di Pertinace, vennero congedati, con però la concessione di ampi terreni
confiscati ai nemici. Questi ultimi furono sostituiti con 15.000 soldati delle legioni della Germania.
Il fiorire delle province
La Germania e l’Africa vissero un periodo di particolare fioritura, a scapito dell'Italia e della capitale,
che erano destinate al declino. Molte città dell’Africa diventarono municipi e ottennero lo ius
italicum (ovvero particolari privilegi). Grazie alla moglie Giulia Domna (di origine siriana) si
introdusse nell’impero la cultura di Baal e Settimio accettò il Critianesimo, sebbene ci fossero alcune
intolleranze.
Una società in crisi
Severo sconfisse i Parti e riguardo il confine Germanico riorganizzò la legione che era lì stanziata e
arruolò soldati locali, promuovendo così una barbarizzazione dell’esercito. Il problema principale
erano i banditi che attaccavano le popolazioni locali e le carovane dei mercati. Lo stato riorganizzò
brigate di polizia imperiale, che era oppressiva e violenta, per questo il numero di banditi aumentò.
La riforma del diritto
Settimio Severo insieme ad alcuni illustri giuristi dell’epoca consentirono alle province (in particolare
a quella Africane) l’uso delle lingue locali nei documenti ufficiali. Per questo motivo venne così a
formarsi una nuova classe dirigente tutta di matrice provinciale. Venne anche introdotta una nuova
distinzione tra gli honestiores (cioè i funzionari, senatori, decurioni, magistrati delle città) e gli
humiliores (tutte le altre figure sociali).
Caracalla al potere
Alla morte di Settimio Severo, avvenuta in Britannia nel 211, gli succedettero i figli Caracalla e Geta.
Nel 212 Caracalla uccise il fratello il fratello minore. Caracalla si liberò di fidati collaboratori del padre e
grazie ad aumenti di paga e privilegi riuscì ad avere il consenso dell’esercito. Caracalla aveva un
temperamento dispotico e non godeva di buona salute, per questo motivo molto spazio al governo
fu lasciato alla madre. Caralla aveva aumentato la paga ai soldati e per questo i benefici fiscali
derivati dall’organizzazione sociale diminuirono. La percentuale di oro nelle monete venne ridotta e
per questo nacque l’Antoniano, ovvero una nuova moneta d’argento.
La Constitutio Antoniniana
Per aumentare l'incasso fiscale, nel 212, Caracalla emanò la Constitutio Antoniniana, con la quale
estendeva la cittadinanza romana a tutti gli abitanti liberi dell’impero. Grazie a questa legge tutti
erano tenuti a pagare le tasse, anche i provinciali. Tutto l’impero era sotto legislazione romana
ordinaria, quindi tutti erano legati da una sola civiltà, lingua, un solo ordinamento giuridico, diritti e
doveri.
La morte di Caracalla
Caracalla voleva eguagliare Alessandro Magno, così nel 216 intraprese una spedizione contro i Parti,
ma nel 217, non più appoggiato dall’esercito, fu ucciso in una congiura, ordita dal prefetto del
pretorio della Mauritania e gradito al senato, Macrino. Il potere famigliare venne mantenuto da
Giulia Domna, che elesse come predecessore il giovane Sestio Vario Avito Bassiano (218). Gli eserciti
di Macrino e Bassiano si scontrarono ad Antiochia, nell’attuale Turchia, dove Macrino fu sconfitto,
catturato e messo a morte.
Il regno di Eliogabalo
Vario Avito, conosciuto come Eliogabalo (dato che era sacerdote del dio del Sole El-gabal venerato in
Siria) tentò di imporre questo culto a Roma. Il suo governo fu sempre dominato da donne
importanti, come sua nonna (Giulia Mesa), sua zia (Giulia Mamea) e sua madre (Giulia Soemia), che

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presero persino parte al Senato. Eliogabalo conferì potere a persone lui fedeli, ma 222, lui e la madre
furono eliminati dalla loro stessa famiglia, a causa di una congiura di pretoriani.
Alessandro, l’ultimo dei Severi
Morto Eliogabalo, salì al trono Alessandro, a soli 14 anni. Egli governò per 13 anni e tentò di
ripristinare la fiducia tra l'imperatore e l’aristocrazia senatoria. Riuscì a risanare le finanze pubbliche
attraverso un controllo più rigoroso dei servizi fondamentali dello Stato e si occupò anche di
abbellire Roma. Eliogabalo promosse la diffusione delle scuole nei villaggi e nominò il giurista
Ulpiano prefetto del pretorio. Inoltre portò avanti una politica di tolleranza religiosa. Nel 235 venne
però assassinato a Magonza, dopo il fallimento delle spedizioni militari contro Parti e Germani.
Questo segnò la fine della dinastia dei Severi e l'inizio di una nuova fase di crisi.

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La crisi del III secolo e Diocleziano
Il caos istituzionale: l’anarchia
militare
Introduzione
La crisi del III secolo è dovuta a diversi fattori tra cui il rapporto tra città e campagna. Le città erano
diventate il centro politico ed economico dell’Impero, mentre la campagna partecipava solo in parte
allo sviluppo. L’esercito si era riempito di contadini poveri, provinciali, che combattevano per un
impero che aveva ideali per loro estranei. Le persone che coltivavano i campi erano vincolate a
restare nei campi, si aggiungeva in più una condizione di schiavitù molto estesa. C’era stata una
svalutazione monetaria, che aveva portato ad un’inflazione. Anche il commercio decade, infatti le vie
di comunicazione diventano insicure.
Cinquant’anni di anarchia
Tra il 235 e il 284 si alternarono al potere ben ventuno imperatori e ci fu un’anarchia militare.
Diocleziano (284-305) salì infatti al potere solo nel 284. Addirittura salì al trono il primo imperatore di
origine barbarica, ovvero Massimino il Trace (235-238). Durante l’anarchia militare giunsero al trono
imperatori provenienti dai ranghi militari più acclamati da eserciti nelle aree nevralgiche dell’impero.
Questi eserciti costituivano un corpo a sé stante e succedeva talvolta che le stesse milizie che
avevano acclamato un imperatore lo eliminassero, magari perché un altro pretendente offriva loro
più ricchi donativi. Seguì alla crisi un caos istituzionale e una crisi inflazionistica.
Una crisi globale
L’esercito aveva impatto sulla vita politica, ma soprattutto economica e sociale dell’impero. Alcuni
imperatori furono indotti a svalutare la moneta, dato che dovevano mantenere le spese per l’esercito
e l’apparato burocratico e amministrativo. La quantità di materiale prezioso nelle monete diminuì,
per questo ne furono prodotte di più, ma la moneta si svalutò. I prezzi salirono e ciò generò un
irrefrenabile processo inflazionistico; il potere d’acquisto che garantivano i salari era completamente
inadeguato al valore della moneta e alla crescita del prezzo dei generi di consumo, cui trasporto era
reso pericoloso dalle strade divenute insicure. Lo stato ha bisogno di denaro e per questo aumenta
le imposte (cosa che colpì solo certi ceti sociali) e da questo momento in avanti verrà percepito
come inaffidabile ed estraneo dai cittadini.
La diffusione del Cristianesimo
Molte persone si convertirono al Cristianesimo, infatti la religione tradizionale aveva perso la sua
popolarità, data la perdita di prestigio dell’autorità imperiale. Fino ad allora, anche se c'erano stati
episodi di aperta ostilità, lo Stato romano aveva dalla sua parte il vantaggio numerico e culturale. La
diffusione del Cristianesimo fu dovuta alla conversione di numerosi e stimati personaggi
appartenenti alle élites cittadine e agli intellettuali. Però i Cristiani cominciarono ad essere ritenuti
un serio pericolo per lo Stato. Ci sono concetti che il mondo pagano non riesce a concepire, come ad
esempio la misericordia. Un grande problema era anche che i Cristiani erano pacifisti, per questo si
rifiutavano di difendere lo Stato.
La ripresa delle persecuzioni
La prima sistematica persecuzione anticristiana iniziò con l’imperatore Decio (249-251) nel 250. Il
numero di martiri aumentò e questo causò un aumento dei Crstiani. Egli emise un editto nel quale
ordinava a tutti i cittadini dell'impero di offrire un sacrificio pubblico agli dèi e all'imperatore; a chi si
rifiutava sarebbe spettato l’arresto o addirittura la morte.
La floridezza delle province orientali
Le crisi del III secolo in Occidente colpirono solo in parte l’Oriente e colpirono solo in parte anche le
aree che erano state interessate dall’influenza ellenistica (come il Nord Africa, le regione palestinese,
la Siria, la Turchia e la stessa Grecia).

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Una prima divisione dell’impero
Nel 251 Decio morì combattendo contro i Goti, che avevano invaso l’area balcanica. Valeriano
(253-260) si impose come nuovo imperatore, associando il trono al figlio Gallieno (253-268): egli si
occupò di gestire l’amministrazione della parte orientale dell’impero, mentre al figlio fu affidata la
parte occidentale. Questa dualità fu gradita al Senato che pensava garantisse un equilibrio di potere.
I due imperatori dovettero affrontare subito diverse minacce: i Germani (Europa centro-occidentale),
le tribù mauritane (Africa settentrionale), Parti (Oriente). Dal 224 i Parti erano governati dalla dinastia
dei Sasanidi (nemici dichiarati di Roma). Nel 260, con un esercito decimato da una pestilenza,
Valeriano venne sconfitto e catturato dal re Shapur. Morirà in prigionia, durante la costruzione di una
diga. I Romani non riuscirono nemmeno ad organizzare una spedizione di soccorso per salvare il
povero Valeriano.
Un tentativo di restaurazione di Gallieno
Tra 253 e 263 Gallieno dovette combattere su più fronti: contro i Franchi (Gallie), gli Alemanni
(Milano), Goti (Asia Minore e penisola balcanica). Questi spostamenti non riguardavano interi popoli,
bensì tribù isolate o sole avanguardie, da cui l'esercito poteva facilmente difendersi (non senza
spargimento di sangue, incendi e razzie). Con Gallieno si raggiunse il picco delle rivolte locali, che
indebolirono di molto l’esercito e impedirono l'unificazione del princeps. La Spagna, la Gallia,
l’Oriente, la Britannia e il regno di Palmira (governato da Odenato e Zenobia) erano ormai di fatto
governati come Stati separati.
Il fiorire della cultura
Gli ultimi cinque anni del governo di Gallieno si distinsero da una relativa pace. Gallieno adottò
decisioni importanti escludendo i senatori ed integrando i cavalieri. Inoltre fondò reparti di cavalleria
mobile, una specie di pronto soccorso che contrastava facilmente scorribande barbare.
I successori
Nel 268 Gallieno venne ucciso da un generale della cavalleria. In seguito alla sua morte ci fu una
controffensiva degli imperi illirici. L’imperatore Claudio II (268-270) riuscì a sconfiggere i Goti a Naisso
(Da quel momento in poi verrà conosciuto con il nome di “Claudio il Gotico”). Il più importante tra
questi imperatori fu Aureliano (270-275), che sconfisse gli Alemanni (271), i Vandali e i Goti, oltre che a
porre fine ai regni delle Gallie e di Palmira, riunificando così l’impero.
Le riforme dei Aureliano
Aureliano mise in circolazione una nuova moneta. Costruì le mura aureliane, per la difesa di Roma: la
costruzione iniziò nel 271, le mura erano lunghe 19km e alte 6m.
Esercito e religione
Aureliano si fece informalmente nominare “Dominus et Deus”, defindo così che il potere imperiale
non venga assegnato dalle legioni, ma dalla divinità stessa.

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Diocleziano e il rafforzamento del
potere imperiale
La fine dell’anarchia
Alla morte di Probo (276 - 282), l’esercito acclamò imperatore nel 284 Diocleziano (284-305), che
porterà avanti un principato assolutistico, volto a realizzare una serie di riforme per restituire stabilità
al potere imperiale.
La riforma del potere politico
Con Diocleziano l’imperatore diventa il “motore” di ogni decisione, ad esempio era in potere di
emanare editti (riguardo agli interessi pubblici) senza la necessaria approvazione del Senato.
Diocleziano sapeva che per la propria supremazia doveva avere un numeroso esercito, una
burocrazia fedele e direttamente dipende da lui.
La riforma dell’esercito
Diocleziano non aveva mai brillato come guerriero, ma conosceva bene le esigenze dei militari. La
sua prima riforma fu quella dell’esercito, che era la prima causa di debolezza del potere imperiale, a
causa delle frequenti rivolte. Diocleziano limita l’arruolamento solo ai figli dei soldati, diminuisce il
numero del corpo dei pretoriani e aumentò l'influenza dei prefetti del pretorio.
Le legioni
Diocleziano è un imperatore vittorioso. Diocleziano aumentò il numero delle legioni (da 33 a 60),
divise l’esercito tra limitanei (ovvero le truppe stanziate a confine) e comitatus o comitatenses (le
truppe da combattimento mobili).
Le conseguenze
L'esercito si barbarizzò soprattutto tra i limitanei. Diocleziano, aggravò la situazione finanziaria dello
Stato, possedendo un esercito di oltre 600.000 uomini. D’altro canto riuscì a riportare diverse vittorie
significative: Goti (Danubio), Parti (Oriente), Britannia, Gallia.

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La riforma dell’Impero
La riforma dello Stato
Diocleziano ridimensionò le province, per evitare che nessuno prendesse il potere. Nel 293
Diocleziano divise l’impero in due: l’impero d’Oriente e l’impero d’Occidente. La distinzione tra
province senatorie e imperiali cessò di esistere.
La struttura amministrativa
L’impero fu diviso in due. A loro volta le due parti furono suddivise in altre due (tetrarchie) - le
prefetture (Gallia, Illirico, Italia, Oriente) - a cui governo c’era un rango imperiale, scelto da
Diocleziano. Le prefetture erano divise in 12 diocesi (divisione amministrativa), ciascuna delle quali
comprendeva più province. Il reclutamento seguiva un organizzazione gerarchica e l’Italia venne
equiparata alle altre aree territoriali.
La tetrarchia
Diocleziano divise il potere con altre tre persone, tutte di sua fiducia. Egli assunse il titolo di augusto,
che conferì anche a Massimiano, valoroso generale: Diocleziano si occupava dell’Oriente,
Massimiano dell’Occidente. I due augusti nominarono poi due cesari (in posizione a loro
subordinata): Galerio e Costanzo Cloro. Alla morte di ogni augusto sarebbe succeduto il corrispettivo
cesare, che a sua volta avrebbe dovuto nominare un suo successore.
Le quattro capitali
Nel territorio dell’Impero vengono identificate quattro capitali (posizionate nei punti strategici),
ovvero Treviri (Costanzo Cloro), Nicomedia(Galerio), Milano (Massimiano) e Sirmio (Diocleziano).
Il ruolo di Roma
Roma, benché emarginata come centro decisionale, rimase sede delle antiche magistrature e fu
definita la città eterna. Diocleziano ci fece costruire maestose terme, senza badare a spese e diede
120.000 razioni di pane, olio e carne di maiale alla popolazione.
Un potere assoluto
Con l’affermazione del potere autoritario dell’imperatore, Diocleziano sperava di risolvere il problema
dell’anarchia militare. In questo modo tutte le decisioni erano prese a corte, emarginando così il
Senato (cui sede è a Roma). La figura dell’imperatore si andò divinizzando e per questo i tetrarchi
iniziarono persecuzioni, temendo che il Cristianesimo potesse portare questo equilibrio alla
decaduta.
Limiti e pregi della tetrarchia
Per vedere come funzionava il meccanismo della tetrarchia, Diocleziano decise di abdicare nel 305. Il
potere ripartito in questa maniera facilitava la difesa dei confini, oltre che a facilitare la gestione del
potere tramite la collegialità e la delega.

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La riforma fiscale
La crisi economica
Dato la riorganizzazione dell’apparato statale e militare, ingenti somme di denaro furono spese
affinché si potessero attuare suddette riforme. Diocleziano riuscì a provvedere a parare l’inflazione e
a creare introiti fissi, cosa che altri imperatori o non fecero, o per farlo chiesero assurde somme di
denaro in forma di tributi.
La riscossione delle tasse
Diocleziano fece calcolare ad ogni provincia l’estensione di terreno agricolo, suddiviso in igum,
ovvero un terreno che spettava ad un singolo cittadino. Le tasse dipendevano dal tipo di coltura e
dalla fertilità del terreno e i cittadini erano sempre tenuti a pagare le tasse: con questo sistema se un
anno veniva prodotto poco, allora il contadino si trovava in difficoltà a pagare le tasse, non avendo
avuto profitto dal terreno coltivato. Venne introdotta anche una tassa sul bestiame. Ai contadini non
conveniva fare figli, dato che essi non producevano nessun reddito e per questo la popolazione
demografica diminuì.
Le imposte fondiarie
Ad ogni ripartizione delle imposte, lo Stato si avvaleva dei dati relativi al fabbisogno delle diocesi.
Queste ultime dovevano produrre un gettito fiscale calcolato sul totale degli iuga che costituivano. I
funzionari raccoglievano il totale dei dati - tramite censimenti fiscali quinquennali (indizioni) - che
dal 287 si ripeterono regolarmente. Sul catasto (ovvero un apposito registro) venivano segnati i
terreni e su un altro elenco i cittadini (diventati ormai sudditi).
La cristallizzazione sociale

Il calmiere dei prezzi


Viene introdotta una nuova riforma economica. Nasce infatti una nuova tassa per poter pagare
l’annona militare per il mantenimento dell’esercito. C’è un problema inflazionistico, per questo viene
emanato l'editto dei prezzi (Nel 301 venne emanato l'editto) ovvero un calmiere di beni e prestazioni
lavorative…. risulta essere un fallimento totale. Per Diocleziano i prezzi si erano alzati a causa della
crisi del III secolo.
La spinta inflazionistica

La condizione delle campagne

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La fine del governo di Diocleziano
Il recupero della tradizione
Tra il 303 e il 305 Diocleziano emanò degli editti contro i Cristiani. Ne bruciò i libri sacri, ne limitò la
celebrazione dei riti e i Cristiani vennero esclusi dalle cariche pubbliche. Vennero revocati i diritti
degli honestiores che professavano il Cristianesimo e ci furono una serie di arresti e condanne a
morte. Il numero dei martiri aumentava, ma con essi aumenta anche il numero delle conversioni.
Nel 311 Galerio, con un editto di tolleranza, pose fine alla persecuzione.
La repressione anticristiana

I giudizi su Diocleziano

Gli esiti negativi

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Storia: Costantino e l'impero
cristiano
Costantino, l’ultimo grande
imperatore
Il fallimento della tetrarchia
Allora, nel 305 Diocleziano e Massimiano abdicarono. Gli succedettero i due cesari Galerio e Costanzo
Cloro. Alla morte di Costanzo Cloro, suo figlio, Costantino, si contendeva il trono con il figlio di
Massimiano, Massenzio.
Il trionfo di Costantino
Questa rivalità sfociò nel 312 in una battaglia, la battaglia di Ponte Milvio, dove Costantino ebbe la
meglio su Massenzio, che sconfisse e uccise. Secondo una fonte Cristiana, Costantino avrebbe avuto
una visione prima della battaglia: infatti combatterà sotto il segno della croce (In hoc signo vinces).
Nel frattempo l’augusto d’Oriente, Licinio sconfisse Galerio ad Adrianopoli nel 313 (Lattanzio, La
morte dei persecutori). I due vincitori si incontrarono a Milano e nello stesso anno firmarono l’editto
di milano (conosciuto anche come editto di tolleranza), nel quale era concessa la libertà di culto ai
Cristiani (Fonte: Lattanzio, La morte dei persecutori, 48) Nel 324, dopo le battaglie a Costantinopoli,
Adrianopoli e Crisopoli, Costantino riuscì ad usurpare il ruolo di imperatore d’Oriente a Licinio e così
divenne l’unico imperatore dell’Impero.
Il programma di governo
Costantino intervenne a modificare in modo opportuno le riforme Dioclezianee: aumentò il numero
dei soldati, mantenne la suddivisione in quattro delle prefetture, usò il Cristianesimo per unificare
l’Impero, impose nuove tasse ai senatori (per creare una nuova classe dirigente che fosse fedele alla
monarchia).

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La libertà di culto
L’editto di Milano
Con quest'editto Costantino proclamava la libertà religiosa a tutti i cittadini romani
indipendentemente dal culto professato. Costantino al momento dell’emanazione dell’editto non
era ancora Cristiano, ma secondo il suo biografo dopo una grave malattia, si convertì, a seguito di un
miracolo compiuto dal vescovo di Roma.
La basilica cristiana
Costantino prosegue con il suo programma di assimilazione del Cristianesimo, favorendo la
costruzione di basiliche in tutto l'impero. Concede quindi dei finanziamenti per la costruzione di
nuove basiliche e concede esenzioni fiscali alla chiesa. Crea dei tribunali ecclesiastici, nei quali i
giudici sono i vescovi che compiono parte del potere giudiziario.
Costantino e le dispute teologiche
Nel 325 si tenne un Concilio ecumenico a Nicea, in Asia minore. In questo consiglio veniva punita
l'eresia del prete Ario, che sosteneva che la natura di Cristo non fosse umana e divina, ma solo
umana, quindi i vescovi condannarono l'arianesimo, che venne considerato come un'eresia e venne
imposto il credo Niceno, ovvero il credo della Trinità (lo stesso del credo cattolico).

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La nuova Roma
Bisanzio
Già con Diocleziano le capitali si erano moltiplicate, ma queste non erano centro di politica,
economica, cultura o religione dell'impero, nonostante fossero riccamente abbellite e presentassero
edifici sontuosi. Erano soltanto le sedi Imperiali dato che il vero centro, la vera capitale dell'impero,
rimaneva Roma. Costantino decise di cambiare la capitale, infatti scelse la città di Bisanzio che era
edificata su un'antica colonia greca, ma aveva una posizione strategica e si trovava tra lo stretto del
Mar Mediterraneo e il Mar Nero, che era un'importante snodo commerciale per le rotte verso
l'estremo Oriente. Bisanzio corrisponderebbe all'attuale attuale Istanbul. Riguardo alla religione in
Oriente si presentavano molti più cristiani.
Il progetto universalistico
A
Costantinopoli

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Le riforme di Costantino
L’esercito
Costantino riorganizzò l'esercito incrementando gli elementi barbari dell'esercito mobile, ovvero dei
comitatus e aveva promosso una barbarizzazione così al confine. La parte dell'esercito mobile veniva
direttamente comandata dall'imperatore e da due magistrati di nomina Imperiale, ovvero il
magister equitum (che comandava la cavalleria) e il magister peditum ( che comandava la fanteria).
Inoltre ordina la costruzione di ponti sul Reno e sul Danubio.
I barbari

L’amministrazione dell’impero

Il solidus
Costantino decide di privilegiare la moneta d'oro ottenendo così una nuova moneta ovvero il solidus
aureus da cui deriva anche la parola soldi. Questa diventa la moneta principale dell'impero, infatti
Costantino impose l'obbligo di pagare le tasse con queste monete d'oro. Rese obbligatorio che la
usassero tutti i cittadini. Questo ovviamente causò il divario tra cittadini ricchi e poveri.
La politica fiscale

I nuovi costumi
A

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La difficile successione: Giuliano
l’Apostata
La tetrarchia dinastica
Nel 337 d.C Costantino morì. Per i cristiani sarà ricordato come “Il Grande” infatti alla sua morte,
all'interno del suo sepolcro verranno fatte costruire 13 tombe, ovvero le tombe dei Dodici Apostoli più
la sua (che veniva considerata come la tomba dell'ultimo apostolo). Attorno all'ottavo secolo venne
rinvenuto un documento falso, che fino ad allora era stato creduto con me vero, nel quale c’è scritto
che il Papa ha il potere personale dell'impero.
Le lotte intestine
Si tornò con Costantino al principio dell'ereditarietà. Costantino lasciò in eredità tre figli, ovvero
Costantino II, Costanzo II e Costante e anche il nipote Dalmazio. Dalmazio morì poco dopo;
Costantino, Costante e Costanzo raggiunsero un accordo per il governo congiunto dell'impero, che
però fu un disastro. Costanzo II riuscì a guadagnare la successione e cercò quindi di affidare il
governo dell'Impero d'Occidente ad un suo collega. La sua scelta cadde su un familiare
sopravvissuto, ovvero il cugino Flavio Claudio Giuliano (360-363), figlio del fratellastro Costantino.
Giuliano imperatore
Giuliano era un intellettuale e uno scrittore e da Cristiano diventa un pagano, infatti verrà conosciuto
come Giuliano l' Apostata. Nel 360 improvvisamente morì Costanzo II.
Gli editti di tolleranza
Giuliano era stato educato al Cristianesimo, ma una volta che salì al trono decise di rinnegare questa
fede pubblicamente. Il suo obiettivo era di contrastare ciò che erano state le ingiustizie di Costantino
verso i pagani, quindi voleva ripristinare la dignità della tradizione dell'impero romano. Per farlo
riuscì a cacciare i Cristiani facendo persecuzioni in maniera alternativa, non con metodi violenti.
Infatti tramite precisi editti di tolleranza riuscì a ripristinare nei templi i simboli e i riti pagani.
Giuliano riuscì a circondarsi di collaboratori ed eliminò i privilegi alla chiesa e i fedeli furono cacciati
dalle cariche statali più importanti. In caso si avesse avuto successo in campo un militare, sarebbe
stato grazie agli dei non razie al Dio della dei Cristiani.
Una politica anacronistica

Gli editti di tolleranza


Anche con questi editti il Cristianesimo aveva ormai fondato radici profonde nell'Impero. Infatti
pochi erano quelli che si erano riabbracciati ai culti pagani dato che il Cristianesimo aveva cambiato
il modo di pensare degli dei cittadini. Gli imperatori successivi a Giugliano infatti restituiranno i
poteri alla chiesa abbattendo tutti i privilegi pagani che erano stati emanati da Giuliano.

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La dissoluzione dell’impero
d’Occidente
Il regno di Teodosio
L’arrivo dei Visigoti
Giuliano si spinse fino in Persia nella quale morì. Nel 364 come imperatore fu acclamato
Valentiniano I (364-365). Egli associò per il trono d'Oriente il fratello Valente (364-378). Tra 374 e 375
gli Unni arrivarono in Europa, oltrepassarono il Volga e si spinsero fino ai territori di Visigoti e
Ostrogoti. Gli Unni in confronto a queste popolazioni erano nomadi, quindi si spostavano tutti
insieme. Il loro regno durò un decennio, ed era incentrato a parare le incursioni dei Visigoti e degli
Ostrogoti. Valentiniano I grazie all'aiuto del generale Teodosio rafforzò le difese romane ordinando la
costruzione di fortificazioni lungo il Danubio e riuscì a contenere la pressione delle tribù
germaniche. I Visigoti però chiesero, ormai pressati dall'arrivo degli Unni, di stanziarsi al di là del
confine lungo il Danubio. Da ora in avanti dal 367 al 383 governerà Graziano in Occidente e in
Oriente rimarrà il fratello di Valentiniano cui fu associato il trono d'Oriente ( 364-378). Graziano e
Valente li autorizzarono a stanziarsi lungo i confini del Danubio poiché pensavano di poterli
convertirli al Cristianesimo e di renderli soldati limitanei. Al confronto di qualsiasi altra migrazione
quella dei Visigoti era una vera e propria migrazione che mise i romani in grave difficoltà e che fu
risolta solo con il riconoscimento come generale delle truppe romane del capo Visigoto, senza che
per questo egli abbandonasse la guida del suo popolo.
La disfatta contro i barbari
Poiché i romani avevano consentito ai Visigoti di mantenere una propria struttura politico-militare e
una propria autonomia, questo causò una creazione di uno Stato nello Stato. Questo causerà nei
secoli a venire un violento dualismo. Quindi non c'è convivenza. Presto i Visigoti si scontrarono
contro i romani. Valente decise di affrontarli ad Adrianopoli, nella quale però subì una pesantissima
sconfitta nel 378 (Tre opinioni a confronto: Paolo Orosio, Storie contro i pagani; Ambrogio,
All’imperatore Graziano sulla fede; Libanio, A Teodosio per la vendetta di Giuliano)(Ammiano
Marcellino, Storie). Si narra che la guerra fosse scoppiata all'improvviso, per questo Valente non aveva
le truppe pronte per contrastare una controffensiva dei barbari. Durante questa controffensiva
barbarica Valente morì in battaglia e l'impero rimase nelle mani del giovane Graziano e del fratello
ancora più giovane ovvero Valentiniano II.
Graziano imperatore
Ormai Graziano e il fratello erano attaccati da Quadi, Sarmati e Goti. Così nel 379 nominò un Augusto
d'Oriente ovvero Teodosio (379-395)un generale poco più che trentenne figlio dell’omonimo
generale Valentiniano.
Teodosio e i barbari
La politica di Teodosio nei confronti dei Barbari è di assimilazione e quindi riesce ad inaugurare dei
rapporti di accordi giuridici con i barbari che prevedevano la loro parziale inclusione nell'esercito
Romano. Tenta quindi nel corso del V secolo a far stanziare i Visigoti anche alle difese militari. non
solo con i Visigoti ma anche con Vandali, i Burgundi e gli Ostrogoti. Questa era in realtà un'arma a
doppio taglio dato che poteva essere abbastanza pericoloso avere dei nemici all'interno del proprio
esercito e all'interno del proprio territorio.
Un nuovo dualismo sociale

L’editto di Tessalonica
Nacque perciò l'Editto di Tessalonica del 380. Quando nel 313 venne emanato l'Editto di Milano, da
Costantino e Licinio, che serviva a per garantire che ogni culto fosse liberamente accettato
all'impero romano dall'impero. Invece nel 380 Teodosio emanò l'Editto di Tessalonica, che

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riconosceva il cristianesimo cattolico come la religione ufficiale di Stato dell'impero Romano e
puniva tutti i pagani e gli eretici. Ai pagani vennero vietate le Olimpiadi, i riti e furono confiscati i
templi. I cristiani si trasformarono così da perseguitati a persecutori
Gli usurpatori dell’impero di Occidente
La reazione Pagana: nel 395 ci fu la morte di Graziano e Teodosio continuò a regnare da solo. Riuscì a
fermare numerosi tentativi di usurpazione come quello di Eugenio Flavio, che guida una ribellione
che viene fermata presso il fiume Frigido nel 394 fu sconfitto ed eliminato. Dieci anni dopo l'editto
nel 380, la plebe uccise un generale Goto e per questo motivo Teodosio decise di ordinarne la strage.
Il vescovo di Milano per questa ragione impose al re di compiere una pubblica penitenza, poiché fu
la causa della morte di numerosi cattolici (Alla fine il re la fece).

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La guerra contro i Visigoti
La definitiva sconfitta dell’impero
Come detto in precedenza nel 395 Graziano morì e nello stesso anno morì Teodosio. Da ora in avanti
salgono al potere due nuovi imperatori: l’oriente verrà affidato ad Arcadio, primogenito di Teodosio
(395-408), mentre l'occidente verrà affidato al secondogenito Onorio (395-423). L'operazione che fu
portata avanti da Teodosio causò una scissione definitiva dell'impero, poiché occidente e oriente
praticamente corrispondevano a due entità statali completamente differenti.
Stilicone
Stilicone fu assegnato da Teodosio come il genitore barbaro dei suoi figli. Stilicone offrì il sostegno
all'Impero d'Occidente dopo che nel 402 fermò Pollenzo l'assalto dei Visigoti, comandati dal capo
Alarico, che si diressero in Italia. Alarico però riuscì ad insediarsi indisturbato nel territorio Illirico dove
regnava ancora la politica di tolleranza barbarica di pochi decenni prima di Teodosio. Per questo
motivo Stilicone fu accusato dall'aristocrazia Romana di convivenza con il nemico.
La discesa dei barbari
Nel 406 Stilicone riuscì ad annientare a Fiesole gli Ostrogoti. L'ultima vittoria di Stilicone fu quella
contro Vandali, Svevi e Alamanni che furono sospinti dagli Unni e attraversarono facilmente il
confine settentrionale poiché le truppe romane erano occupate contro gli Ostrogoti. Questa ondata
si riversò anche nelle province occidentali come nella Spagna e nelle Gallie. La corte fu evacuata da
Roma e fu trasferita sulla costa, ovvero a Ravenna, città più facilmente difendibile da cui era possibile
la fuga per mare verso Oriente. Stilicone venne accusato ancora una volta di essere dalla parte dei
barbari invasori, infatti proprio lui aveva chiesto ad Onorio di pagare Alarico per garantire la sua
fiducia. Per l'aristocrazia romana ovviamente accusa Stilicone e il generale fu dunque giustiziato nel
408 insieme alla sua famiglia.
Il sacco di Roma
Dopo la morte di Stilicone I barbari che si trovavano all'interno dell'esercito imperiale si rivoltarono e
così per la prima volta dopo secoli Roma venne saccheggiata. Questo saccheggio fu da parte di
Alarico nel 410 che assediò Roma per tre giorni (Zosimo, Storia nuova)
Il primo regno barbarico
Alarico morì improvvisamente. I Visigoti quindi risalirono la Gallia meridionale dove il loro nuovo
sovrano Ataulfo, fratello di Alarico stabilì la capitale a Tolosa e sposò Galla Placidia, sorella di Onorio,
fatta prigioniera in Italia. Così nasceva il primo regno barbarico in territorio Romano. Nella Gallia
occidentale si instaura così una convivenza Romano-Gallica.

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L’invasione degli Unni
I Vandali in Africa
Nel 429 i Vandali sottomisero l’intera provincia dell'Africa. Nel 430 l’impero d’occidente era costituito
solo dall’Italia.
Attila il flagello di Dio?
(Il popolo degli Unni, Ammiano Marcellino, Storie)
La difesa di Ezio
Gli Unni giunsero ai confini dell'impero. L'impero però riuscì tuttavia a difendersi e a trovare le forze
per opporsi all'invasione grazie al generale di origine Gallica Ezio. Ezio alleato con i Visigoti sconfisse
nel 451 Attila presso i campi Catalaunici in Francia. Poi ritenendo che la totale distruzione degli Unni
avrebbe rafforzato il popolo dei Visigoti decise di lasciare ritirare Attila. Pochi mesi dopo però Attila
tornò e nel 452 marciò sull'Italia, distrusse Aquileia devastando completamente la regione. In questa
occasione quindi i cittadini si spostarono nella laguna vicina creando così a Venezia. Secondo la
tradizione Papa Leone I sarebbe riuscito ad andare incontro ad Attila ottenendo così la pace e il ritiro
delle truppe degli Unni. Secondo le fonti storiche ci fu una diffusione di una malattia.

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Il crollo dell’impero d'Occidente
Il secondo sacco di Roma
Nel 455 Roma subì il suo secondo sacco. Nel 454 Ezio fu assassinato e il vuoto di potere seguito
all'eliminazione dell'imperatore Valentiniano III fornirono ai vandali di Genserico provenienti
dall'Africa l'occasione di devastare nel 455, per la seconda volta in meno di 50 anni, Roma. Secondo
la tradizione a parte ad arrivare con le navi il Papa avrebbe trattato le condizioni di saccheggio con i
Vandali. questa volta Il saccheggio fu molto, molto, più grave e violento: per due settimane l'ex
capitale dell'impero fu depredata da tutte le ricchezze di tanti secoli. L'Italia cadde nella più totale
anarchia.
L’ultimo imperatore
L'impero d'occidente era dominato da Vandali, Svevi, Visigoti e Burgundi. Finalmente nel 475 Oreste,
ex segretario di Attila capo dell'esercito, di stanza in Italia, per lo più formato da barbari federati,
insediò sul trono il figlio, ovvero Romolo Mobilio al quale fu anche indicato Il nomignolo
dispregiativo di Augustolo (475-476) (che sta ad indicare quanto il titolo imperiale dell'Impero
d'occidente sia decaduto).
Odoacre
Nel 476 Romolo fu deposto e mandato in esilio in Campania da Odoacre, altro generale barbaro che
secondo la tradizione inviò le insegne imperiali da Roma a Zenone, imperatore d'Oriente, ottenendo
da questi l'autorizzazione a governare l'Italia per suo conto. Odoacre riuscì a cacciare i Vandali della
Sicilia e ad arginare le scorrerie sui confini Alpini. Egli attuò una politica di pace di convivenza con
l'elemento Romano. (Procopio, La guerra vandalica e La guerra gotica)
Una fine silenziosa
Ormai l'occidente dopo più di 12 secoli (1229 anni) si estinse. Sì, da una parte riuscì a mantenere la
pace tra romani e barbari, ma ormai questi ultimi riuscirono ad ottenere sempre più parti del
territorio, mentre l'Africa, era in mano ai Vandali. Ormai l'elemento Romano dell'impero era
definitivamente tramontato.

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