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Nel V sec. a.C. Roma si scontra più volte con gli Etruschi (in particolare la città di Veio) e con i popoli
dell’Italia centrale Equi e Volsci.
Nel IV sec. a.C. inizia l’espansionismo di Roma , che conquista prima il Lazio poi l’intera Italia
centro-meridionale.
Sono due i fattori che rendono possibile l’espansionismo:
1. la fine degli scontri tra plebei e patrizi, che avevano indebolito Roma;
2. la crisi degli Etruschi, impegnati a contrastare i Celti nella Pianura Padana.
Nel 396 a.C. Roma conquista Veio ed estende il proprio dominio all’intera valle del Tevere.
Nel 390 a C. i Galli (così i Romani chiamavano i Celti) guidati da Brenno invadono il Lazio e
saccheggiano Roma. Accettano di lasciare la città solo dietro pagamento di un lauto riscatto.
Roma si riprende velocemente e costruisce una nuova cinta di mura le Mura Serviane.
Nel 340 a.C. le città della Lega Latina, con cui Roma è alleata ma che di fatto comanda, si
ribellano. Ma vengono sconfitte. La Lega Latina è sciolta ed è sostituita da trattati stipulati tra
Roma e le singole città, che sono posti come trattati di alleanza, ma in realtà sanciscono
l’egemonia di Roma, che diventa la padrona del Lazio.
LE GUERRE SANNITICHE
Quando Roma inizia ad espandersi verso sud in particolare nella Campania, che ha vasti e fertili
campi e città dal commercio molto sviluppato, si scontra con i Sanniti, i quali ambivano agli stessi
territori, vivevano in un’area prevalentemente montuosa ai confini con la Campania.
Roma e i sanniti si affrontano in tre lunghe guerre per il possesso della Campania:
Roma e Taranto (la più potente città Greca) hanno stipulato un trattato che definisce le rispettive
zone di influenza, ma Roma viola il trattato inviando nel 282 a.C. una flotta nel Golfo di Taranto.
Per contrastare i romani i Tarantini chiedono aiuto a Pirro, re dell’Epiro (regno ellenistico che sorge
nell’attuale Albania). Pirro giunge in Italia con un esercito di elefanti da combattimento. Sconfigge
due volte le legioni romane in battaglia, ma le sue vittorie non sono risolutive e viene sconfitto a
Benevento nel 275 a.C.. Da qui il modo dire “vittoria di Pirro” per indicare una vittoria che non
porta a nessun vantaggio.
Priva del suo alleato, Taranto è costretta ad arrendersi, Roma estende il proprio dominio anche alla
Puglia e alla Calabria.
MUNICIPI E ALLEATI
le città conquistate sono assoggettate a Roma secondo due modalità:
● MUNICIPI
I municipi diventano parte del territorio di Roma, i loro abitanti diventano cittadini, hanno gli
stessi obblighi dei cittadini romani (pagare le tasse, arruolarsi nell’esercito), ma non hanno tutti
i diritti (per es. non possono candidarsi a cariche pubbliche) Si tratta quindi di una condizione
sfavorevole.
● CITTA’ ALLEATE (RUOLO SUBORDINATO MA AMPI MARGINI DI AUTONOMIA)
Le città alleate restano indipendenti e possono autogovernarsi, essendo però legate a Roma
da patti di alleanza, resta in capo a Roma la conduzione della politica estera. Gli alleati sono tenuti al
pagamento di un tributo e in caso di guerra devono fornire soldati e armi.
ROMANIZZAZIONE DELL’ITALIA
la capacità di Roma di legare a sé gli abitanti dei territori conquistati è tale che le popolazioni
sottomesse adottano le usanze, lo stile di vita e la lingua dei vincitori.
PRIVILEGI DEI CITTADINI ROMANI
Nella Roma repubblicana il potere spetta ai cittadini. Per i Romani essere cittadini significa
partecipare alle assemblee e ricoprire cariche pubbliche, ma soprattutto godere di una serie di diritti e
di vantaggi economici:
I cartaginesi sono più forti in mare, tuttavia l’impiego dei corvi, ponti levatoi muniti di un
uncino in metallo con cui possono agganciare le navi cartaginesi nemiche, abbordarle e
sfruttare la maggiore abilità nel combattimento corpo a corpo, permette ai romani di conseguire
la prima vittoria in una battaglia navale contro i cartaginesi nel 260 a.C. al largo di
Milazzo.
Nel 256 a.C. sull’onda del successo di Milazzo, il Senato romano organizza una spedizione in
Africa al comando del console Attilio Regolo. La spedizione si conclude tragicamente. Gli
scontri riprendono in Sicilia e si concludono con la vittoria decisiva di Roma nello scontro navale
presso le isole Egadi (241 a.C.). La Sicilia passa sotto il dominio di Roma e Cartagine deve
pagare un pesante risarcimento di guerra.
La principale conseguenza della prima guerra punica è la fine del predominio cartaginese sui
mari e il passaggio a Roma del controllo sul Mediterraneo centrale.
La sicilia, così come successivamente Sardegna e Corsica, non mantiene la propria autonomia
ma diventa una provincia sottoposta al dominio di Roma. I siciliani non sono alleati ma sudditi di
Roma.
I romani iniziano ad espandersi verso nord conquistando l’Illiria (attuali Slovenia e Croazia) e la
Pianura Padana (Gallia Cisalpina).
Nuovo territorio di scontro tra Roma e Cartagine diventa la penisola Iberica.
La seconda guerra punica (218 - 202 a.C.)
La causa della nuova guerra è la distruzione ad opera dei cartaginesi, di Sagunto Città iberica
alleata di Roma, situata a sud del fiume Ebro, ovvero nella zona che il trattato del 226
assegnava a Cartagine.
Il Senato di Roma dopo la distruzione vota l’entrata in guerra contro cartagine.
I cartaginesi guidati da Annibale invece di aspettare in Spagna l’arrivo degli eserciti romani,
decidono di portare la guerra nel cuore dell’Italia, cercando di spingere gli italici alla ribellione.
Invece di arrivare dalla Spagna via mare, Annibale decide di arrivarci via terra, nel 218 a.C.
nonostante sembrasse un’impresa impossibile, attraversa la spagna, varca i Pirenei, prosegue
nella Gallia meridionale, valica le Alpi coperte di neve. Una volta giunto nella Pianura Padana,
Annibale ottiene l’appoggio dei Galli e sconfigge i Romani prima nei pressi del fiume Trebbia
poi nei pressi del Ticino. Nel 217 a.C. giunge in Umbria sconfiggendo i romani presso il lago
Trasimeno.
Di fronte a questo pericolo il Senato, nomina dittatore Quinto Fabio Massimo, che tenta di
indebolire Annibale con atti di guerriglia. Si arriva allo scontro nel 216 a.C. a Canne in Puglia,
dove Annibale ha la meglio (disfatta di canne la peggior sconfitta mai subita dall’esercito
romano.
Roma riesce però a riorganizzarsi e riprendere le città ribelli che si erano unite a Cartagine , il
proconsole Scipione l’Africano, organizza una spedizione direttamente contro Cartagine,
Annibale è costretto a tornare in Africa per difendere la patria.
Lo scontro decisivo è a Zama, nel 202 a.C. che si conclude con la vittoria dei romani.
Cartagine negli anni successivi torna ad essere una città ricca e prospera ma il suo territorio è
limitato all’attuale Tunisia e non rappresenta più una minaccia per Roma.
Tuttavia il Senato guidato da Marco porcio Catone detto il Censore che aveva un’ avversione
per Cartagine è favorevole ad un’ultima e definitiva guerra e dichiara guerra a Cartagine, le
proposte di resa giunte da questa sono rifiutate e la città distrutta e trasformata in una nuova
provincia d’Africa.
Roma ha un dominio che si estende dalla penisola Iberica all’attuale Turchia è dunque
diventata la regina del mediterraneo.
LA DIFFUSIONE DEL LUSSO
Roma nel II secolo a.C. era la capitale di un impero esteso all’intero Mediterraneo. Le guerre
avevano portato enormi ricchezze provenienti da bottini di guerra, tributi versati dalle province,
profitti dalla vendita come schiavi dei prigionieri, sfruttamento delle miniere dei paesi
conquistati. La popolazione crebbe e la città iniziò ad avere un aspetto monumentale. L’arrivo
di queste ricchezze modificò lo stile di vita dei Romani che cominciarono a vivere nel lusso.
Grazie alla conquista della Grecia, si diffuse a Roma la cultura ellenistica (giunsero a Roma
opere d’arte e libri provenienti dalle città saccheggiate, intellettuali e scienziati greci giunsero a
Roma come prigionieri.
Questa cultura fu accolta con favore da parte dei ceti più ricchi, ma osteggiata dai
conservatori.
Questi guidati da Catone il Censore, temevano che questi nuovi influssi culturali potessero
mettere a rischio i valori tradizionali di Roma ( la sobrietà, l’attaccamento alla terra, il sacrificio
dell’interesse personale a favore di quello della repubblica).
Le nuove ricchezze arrivarono a privati cittadini e la gestione di queste fu assunta da un nuovo
ceto sociale i cavalieri, questo nome originariamente indicava i cittadini sufficientemente
ricchi da prestare servizio militare nella cavalleria. I cavalieri appartengono a famiglie ricche
che derivano i propri guadagni da attività commerciali, finanziarie e imprenditoriali, ma che non
possono diventare consoli o senatori.
L’accesso alle cariche pubbliche era infatti riservato alla nobilitas le famiglie appartenenti al
ceto senatorio.
Nel 218 a.C. fu approvata la Lex Claudia che vietava ai senatori il commercio, le attività
creditizie, infatti per la mentalità romana ancora legata ai vecchi valori repubblicani, il
commercio e le attività finanziarie erano indegne di un uomo di elevata condizione sociale.
Questa legge spinse i senatori ad investire le ricchezze accumulate nell’acquisto di terre i
latifondi.
Tra i membri della nobiltà senatoria , la corruzione si diffuse a tal punto che ricoprire un
incarico pubblico non fu più visto come un modo per servire la repubblica, ma come
un’opportunità di arricchirsi.
ECONOMIA SCHIAVISTICA
L’economia di Roma ora si basava sullo sfruttamento del lavoro a basso costo degli schiavi,
dato che al termine di ogni guerra migliaia di prigionieri venivano ridotti in schiavitù, il numero
degli schiavi crebbe, i Romani avevano così a disposizione manodopera abbondante ad
un basso costo.
Gli schiavi che lavoravano nei campi e nelle miniere dovevano sopportare fatiche disumane. A
causa delle dure condizioni di vita a cui erano sottoposti, a partire dal II sec. a.C. le rivolte
degli schiavi si fecero sempre più frequenti.
Alla fine delle guerre inoltre venivano confiscate da Roma le terre conquistate che entravano a
far parte dell’agro pubblico, la maggior parte di queste terre venne occupata dai ceti più ricchi
ossia cavalieri e senatori, si formarono così i latifondi ossia grandi proprietà terriere
appartenenti ad un unico proprietario (il latifondista), coltivate attraverso il ricorso agli
schiavi.
Alla diffusione dei latifondi si accompagnò la crisi della piccola proprietà terriera, causata
oltre che dalla concorrenza dei latifondi, anche dalle lunghe campagne militari che tenevano i
contadini lontani per lunghi anni dai campi che finivano in stato di abbandono e dal
cambiamento delle coltivazioni in Italia ( dal grano coltivato ora in Sicilia o Spagna all’ulivo e
alla vite) che richiedevano maggiori investimenti di capitale, perché per ottenere i primi raccolti
si doveva aspettare qualche anno.
Il mondo dei piccoli contadini entra in crisi, molti abbandonarono le campagne e si trasferirono
a Roma , formando la nuova plebe urbana, nullatenenti che non avevano un lavoro fisso, ma
vivevano di lavori saltuari, espedienti o di carità.
Per evitare che la plebe urbana si ribellasse, lo Stato garantì ai cittadini la distribuzione di
grano gratuitamente e la possibilità di accedere ai giochi sempre gratuitamente.
Il numero dei cittadini arruolabili nell’esercito calò drasticamente, per la mancanza di persone
in grado di pagarsi l’equipaggiamento militare.
Inoltre si diffuse un forte malcontento tra gli Italici ossia la popolazione dei territori romani che
non aveva la cittadinanza romana, in quanto questi partecipavano alle campagne militari al
pari dei cittadini ma non ne traevano nessun beneficio economico, non potendo neppure
partecipare alla distribuzione delle terre dell’agro pubblico.
Pertanto iniziarono forti proteste dei popoli italici che pretendevano l’estensione della
cittadinanza romana.
Nel 133 a.C. il tribuno della plebe Tiberio Gracco si rese conto che la crisi della della piccola
proprietà terriera era uno dei più gravi problemi della repubblica che poteva comprometterne
la sopravvivenza, pertanto propose una riforma agraria per risolvere la crisi. La legge di
riforma agraria fissava un limite alla quantità di terra che ogni cittadino poteva possedere, la
terra eccedente doveva essere ridistribuita. I senatori si opposero alla riforma e Tiberio fu
ucciso.
Nel 123 a.C. divenne tribuno della plebe il fratello di Tiberio, Gaio Gracco, che riprende la
riforma agraria e propone altre leggi a favore della plebe e dei cavalieri.
Quando Gracco propone di estendere la cittadinanza romana agli alleati latini, il senato lo fa
uccidere.