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E.

Luttwak – La grande strategia dell’impero romano


 Nel periodo imperiale uso non primario della forza militare -> forza militare usata indirettamente
come strumento di pressione politica
 La stessa tendenza a tenere in serbo le forze si manifesta anche in guerra a livello tattico (alle
battaglie campali si preferisce prendere il nemico per fame)
 A Masada venne fatto un uso spropositato della forza militare che dovette creare una tremenda
impressione

Il sistema Giulio-Claudio
Stati “clienti” ed eserciti mobili, da Augusto a Nerone

La situazione delle province e la politica estera sotto Augusto


 Nel 25 a.C. fu completata la conquista della Spagna, che venne divisa in tre province (Betica,
Lusitania e Tarragonense)
 La Gallia venne divisa in tre nuove province (Aquitania, Gallia Lugdunense e Gallia Belgica); la
vecchia provincia della Gallia Transalpina, creata nel 121 a.C., fu ribattezzata Gallia Narbonense
 In Germania la creazione di una provincia prevedeva un attacco convergente contro i Marcomanni,
ma l’offensiva dovette essere revocata a causa della rivolta in Illiria (Pannonia), soppressa nel 9 d.C.,
cui poi seguì il disastro di Teutoburgo
 Le regione alpine finirono di essere sottomesse nel 15 a.C. e furono in parte annesse all’Italia e in
parte divise in due province, Rezia e Norico
 Sotto Augusto vengono conquistate tutte le altre regioni sulle rive del Danubio, dalla Croazia
all’attuale Moldavia; le regioni costiere dell’Illiria vengono a costituire la provincia della Dalmazia,
mentre l’interno diventa la provincia della Pannonia. Il corso inferiore del Danubio fino al grande
delta delimita il vasto dominio della Mesia, mentre il regno “cliente” della Tracia occupava la
maggior parte dell’entroterra, che corrisponde all’attuale Bulgaria
 Il regno della Galazia, già “cliente” di Roma, viene annesso nel 25 a.C. e trasformato in provincia

 In epoca giulio-claudia oltre alle legioni della fanteria pesante, ancora costituite in massima parte da
cittadini volontari a lungo servizio, esistevano gli auxilia, generalmente reclutati fra i peregrini.
Suddivisi in ali di cavalleria (alae), in coorti di fanteria leggera o unità miste di cavalleria e fanteria
(cohortes equitatae), erano funzionalmente complementari alle forze legionarie.

 Le legioni vengono dislocate in modo da formare una sottile linea di confine con forze di riserva
praticamente inesistenti (le quattro coorti urbane presenti in Italia erano forze di polizia, e le nove
coorti pretorie erano una sorta di scorta degli imperatori); al tempo stesso, le legioni erano dislocate
anche seguendo logiche di sicurezza interna (es. in Spagna, appena pacificata, o in Dalmazia), per
prevenire e sedare le rivolte locali, che potevano sorgere ad esempio in reazione al sistema di
tassazione e di coscrizione imperiale (es. rivolta in Illiria del 6-9 d.C, o quella di Tacfarina in Africa, a
più riprese fra il 14 e il 24 d.C.). Le rivolte interne vengono avvertite come più pericolose delle
minacce esterne, che in questa fase sono rappresentate solo dai Parti (sotto gli Arsacidi vengono
indeboliti da lotte interne e non vengono avvertiti come una seria minaccia; secondo Tacito ad
esempio i Germani destavano più preoccupazione)
 Un secondo strumento di controllo strategico sono le colonie (v. territori assegnati da Cesare e
Augusto ai veterani), basi di osservazione e controllo i cui abitanti, ex soldati e figli di soldati,
costituivano un esercito già pronto e capace di difendere le città in caso di attacco

 In questa fase non esiste una demarcazione precisa dei confini dell’impero, né un sistema fisso di
difesa di tali confini; le legioni non sono ancora alloggiate in fortificazioni stabili costruite in pietra,
ma in tende di pelle o in quartieri invernali di legno; non dovevano difendere o intercettare gruppi di
predatori ma servire come forze mobili pronte ad attaccare di sorpresa. Non esisteva un limes (nel
suo significato posteriore; originariamente era invece la via perpendicolare al confine, quindi di
penetrazione nel territorio nemico). La protezione veniva assicurata in un modo indiretto che
permetteva di risparmiare il potenziale militare diretto, sfruttando invece gli stati e i popoli “clienti”
di Roma. A Oriente inoltre ci si affidava alle 4 legioni di stanze in Siria, e allo status di stato-
cuscinetto dell’Armenia

La situazione degli stati clienti


 La Mauritania era governata da Giuba II, una creatura dei romani, insediato sul trono nel 25 a.C.
 La Giudea nel 6 d.C. da stato cliente era diventata una provincia, ma solo perché non si trovò nella
famiglia di Erode un degno successore, e alcune parti del vecchio regno rimasero autonome
 In Anatolia, vari stati clienti tra cui la Cappadocia, il Ponto, la Commagene
 A est della Crimea, lo stato del Bosforo non contiguo al territorio dell’impero ma ugualmente
sottoposto a un certo controllo
 La Tracia rimase “cliente” fino al 46 d.C.; afflitta da problemi di sicurezza interna e esterna, il
sovrano Roemetalce I dovette essere più volte soccorso contro i Bessi
 Sotto Tiberio viene creata una catena di clientele anche oltre il Reno e il Danubio, seppure meno
stabili perché meno stabile era il potere di coloro che trattavano con Roma, e inoltre si trattava di
popoli con abitudini migratorie che quindi potevano emigrare lontano dal potere imperiale (es.
Maroboduo portò i marcomanni in Boemia per evitare le pressioni del potere militare romano), al
costo però di rinunciare ai rapporti commerciali e occupare nuove terre potenzialmente peggiori;
richiedevano un controllo costante, mediante tutte le tecniche diplomatiche di Roma (sussidi,
spedizioni punitive). Dopo la disfatta di Teutoburgo si inizia una nuova politica diplomatica, il cui
primo strumento era la manipolazione e separazione dei popoli germanici
 Caligola sembrerebbe aver concepito di nuovo il progetto di conquistare la Germania (nel 39 d.C.
pare che le truppe fossero state concentrate sul Reno a questo scopo); Claudio tornerà alla politica
di Tiberio

 Rapporto patronus/cliens tipico della società romana, con concessione di beneficia da parte del
protettore in cambio di officia da parte del protetto
 Non è corretto parlare di “stati cuscinetto” perché tali clienti non avevano un ruolo militare passivo
 Anche qualora gli stati-clienti non fossero in grado di sostenere la difesa fino all’arrivo delle forze
imperiali, sarebbe stato comunque il loro territorio a subire i danni e non quello romano
 Vespasiano inverte questa politica, annettendo in Anatolia gli stati del Ponto, della Cappadocia e
della Commagene, creando un presidio permanente di due legioni e nuovo settore di difesa, con
annessa infrastruttura stradale di sostegno
 L’altro evidente contributo degli stati “clienti” era il reclutamento di truppe locali (auxilia), che
integravano l’esercito regolare romano (es. con arcieri) e venivano poi inserite nell’ordinamento
regolare quando lo stato veniva assorbito dall’impero

 Roma governava anche i rapporti tra i suoi clienti, che non potevano ingrandirsi l’uno a spese
dell’altro (es. quando Erode inviò delle truppe nell’Arabia Nabatea, Augusto gli ordinò di fermarsi)

 Una differenza tra i clienti orientali e i popoli dell’Europa continentale è che i primi sarebbero stati
meglio in grado di comprendere in astratto il potenziale militare romano, mentre i secondi avevano
bisogno di manifestazioni di forza concrete

 I capi barbari potevano essere ricompensati con la cittadinanza o il grado di cavalieri, o, se non
sufficienti, con sussidi per le popolazioni (procedura comune già prima del principato)

La struttura delle legioni

 Nel II secolo a.C. esistevano tre classi di fanteria pesante (hastati, principes, triarii), cui si
aggiungevano 1200 fanti leggeri (velites)
 Con la riforma di Mario i velites vengono aboliti e il contingente di cavalleria, pare,
gradualmente ritirato (es. al tempo di Cesare non figurano); in seguito vengono eliminati anche i
triarii, per passare a una nuova organizzazione tattica con una coorte standard di 480 uomini,
muniti di gladium e pilum
 Durante il principato la struttura rimane simile, tranne per un piccolo contingente di cavalleria
che, a quanto pare, viene introdotto di nuovo
 Le legioni eccellevano in condizioni di combattimento ad alta intensità, contro masse compatte
e concentrate e contro i centri del potere nemico che piegavano con l’assedio e con l’assalto; la
cavalleria non aveva una forza d’urto ma era usata solo per azioni di avanscoperta e picchetto
 Le legioni avevano un predominio nelle situazioni ad alta intensità anche sugli auxilia, che a volte
potevano essere poco fidati (nelle fonti si fa spesso riferimento a ciò); le condizioni però non
dovevano essere eccessivamente sfavorevoli (es. durante la rivolta di Civile e dei suoi batavi del
69-70 d.C. due legioni, sguarnite e a corto di vettovaglie, ebbero la peggio durante un assedio)

 L’assenza di staffe ha fatto pensare che la cavalleria non potesse essere usata come forza d’urto,
e in ogni caso già nel periodo classico masse serrate di fanti scoraggiavano le cariche; i Parti
adottarono la soluzione di combinare cavalleria pesante (armata con lance) e leggera (armata
con archi) in modo da indurre la fanteria a serrare i ranghi e renderla più vulnerabile al tiro degli
arcieri
 È possibile comunque che anche le alae di cavalleria ausiliaria possedessero un elemento d’urto,
almeno contro la fanteria leggera o corpi di fanteria male organizzati
 Durante le guerre di Cesare in Gallia compare già il classico trio formato da arcieri cretesi,
frombolieri balearici e fanti numidi (lancieri?), che rimarrà una costante delle truppe ausiliarie
sotto il principato
 Il vantaggio maggiore dell’arco sul pilum non era tanto la gittata ma il volume di tiro
 Frombolieri e arcieri svolgevano la stessa funzione, cioè di copertura della fanteria durante
l’avanzata o la ritirata; lo stesso deve dirsi dell’artiglieria (ballistae), che in caso di terreno solido
e regolare veniva usata anche nelle battaglie campali
 Gli ausiliari solitamente non erano dotati di artiglieria, perlopiù per ragioni di sicurezza
 Le difficoltà che i Romani incontrarono con alcuni popoli (Parti, Daci, Sarmati, nomadi
dell’Arabia e dell’Africa settentrionale) erano in parte dovuti al fatto che essi non avevano una
struttura socio-economica basata sulle città da distruggere, ma abitavano in modo disperso e
per essere sconfitti era necessario il loro completo sterminio (es. Domiziano con i Nasamoni
nell’Africa settentrionale); se questa analisi è esatta, ciò costituiva un limite all’espansionismo
romano

Dai Flavi ai Severi


Frontiere “scientifiche” e difesa “di sbarramento” da Vespasiano a Marco Aurelio

 Inizialmente istigati alla ribellione a favore di Vespasiano durante la guerra civile, quando non
servirono più i Batavi di Civile continuarono a perseguire la propria causa per la creazione di un
impero gallico, ma non trovarono l’appoggio degli altri Galli o dei Germani; in ogni caso, la
rivolta inflisse un grave colpo al prestigio romano
 Tra il 70 e il 96 d.C. non vi furono grandi guerre di conquista; Domiziano affrontò i Daci (che non
era stato possibile ridurre a più miti consigli per via diplomatica) con alterna fortuna, per poi
abbandonare la guerra a causa dell’insorgere di minacce di invasione da parte dei Germani
(Marcomanni, Quadi, Iazigi) e dei Sarmati, e del tentativo di usurpazione di L. Antonio
Saturnino, governatore della Germania superiore
 Un analogo tentativo di Traiano di ridurre la Dacia a uno stato-cliente dopo la campagna del
101-2 d.C. fallì, e nel 105-6 l’imperatore dovette riprendere le operazioni di guerra. Seguì la
campagna in Oriente del 114-117 (a causa come al solito dell’Armenia), ma dopo averla
condotta a termine con successo Traiano si ammalò e morì. Adriano attuò una politica di
consolidamento, abbandonando le conquiste di Traiano (tranne la Dacia), che allungavano
inutilmente i confini

L’accampamento mobile

 Nella repubblica e all’inizio del principato, il mezzo più caratteristico dell’arte bellica romana era
stato l’accampamento mobile, che veniva eretto alla fine di ogni giornata di marcia; i critici
moderni hanno spesso osservato che la sicurezza garantita da questo tipo di accampamento non
era commensurabile all’enorme sforzo necessario per costruirlo. Va comunque sottolineato che
l’effetto psicologico di sicurezza che forniva, e che il lavoro impiegato permetteva di ridurre il
numero di sentinelle necessarie, garantendo il riposo al resto delle truppe

 Al tempo di Adriano si avverte un mutamento nella percezione dei confini di Roma, che si fa
più definita: la linea invisibile di demarcazione del potere imperiale lascia il posto a concrete
difese di frontiera, come in Germania o nell’Africa settentrionale (Fossatum Africae, in Algeria,
forse la prima linea di demarcazione continua di epoca imperiale, se costruita sotto Domiziano)
 Tale nuova strategia difensiva si fa risalire ai Flavi, che in oriente smantellano il sistema
clientelare annettendo l’Armenia Minore, la Sofene e la Commagene: da lì in poi in ogni settore
del limes si costruiscono reti stradali, fortini, torri di osservazione o di segnalazione; si passa dal
sistema delle clientele a un metodo basato sull’uso diretto della forza militare; avvento di una
nuova strategia di difesa basata sui confini di sbarramento; creazione di nuove infrastrutture
amministrative e di una nuova rete di comunicazioni, aumento del contingente legionario (dalle
4 legioni giulio-claudie al tempo di Adriano ne figurano 8) senza però aumentare
sostanzialmente gli effettivi, esaurendo le riserve e togliendo elasticità all’esercito
 In epoca post-Flavia si applica uno schema di difesa “avanzata”, che aveva lo scopo di
intercettare il nemico oltre i confini imperiali
 Nel II secolo rispetto all’età giulio-claudia e alle sue frontiere scarsamente vigilate si fa strada
l’esigenza di assicurare una sicurezza continua alla vita e alla proprietà dei civili, e tenere
separate le popolazioni provinciali da quelle barbariche
 Progressivamente i rapporti di sovvenzionamento tra i “clienti” e l’impero mutano, dalla
funzione iniziale di donazione come ricompensa per qualche valido comandante si passa a una
rendita per buona condotta

Il Fossatum Africae
 La sua costruzione fu condizionata dal fattore idrico, giacché il fossatum corrispondeva a degli
schemi lineari di approvvigionamento d’acqua che permettevano di creare delle oasi coltivate
lungo un vasto tratto di quella che sarebbe stata altrimenti una fascia di deserto; esempio di
barriera continua di confine progettata non come linea Maginot ma per permettere lo sviluppo
di una vita civilizzata secondo criteri intesi a facilitare la sopravvivenza a lungo termine
dell’impero, creando un ambiente sociale capace di recepire gli ideali romani e di rispondere
adeguatamente all’autorità imperiale

 Il Vallo di Antonino alla fine del secolo fu abbandonato perché – anche se più conveniente
rispetto a quello di Adriano – racchiudeva e confinava con una popolazione refrattaria alla
romanizzazione

 La campagna militare di Domiziano contro i Germani (83-5) portò alla creazione di una linea di
frontiera meglio organizzata

Elementi che erano alla base della politica di confine romana:


 Il confine doveva facilitare il passaggio tra le regioni continentali dell’impero
 Non doveva includere aree dove la romanizzazione riusciva difficile
 Doveva includere aree adatte all’insediamento
 Infine, doveva essere il più corto possibile; questa era un’esigenza secondaria, perché a volte
era più opportuno creare dei salienti per dividere i nemici

 Il limes Porolissensis creato con la conquista della Dacia rappresentava un saliente i cui fianchi
erano occupati da popolazioni soggette al controllo diplomatico di Roma (Iazigi e Roxolani); con
la crisi del III secolo divenne una zona vulnerabile perché Roma aveva perso il controllo sui
Sarmati su entrambi i lati, e sotto Aureliano (o appena dopo) fu abbandonato

 La guerra di Traiano contro i Parti (114-117), iniziata sempre a proposito di contese in Armenia,
da alcuni è stata interpretata come un tentativo di creare una frontiera “scientifica” al di là
dell’Eufrate, giacché i Romani si trovavano in una posizione svantaggiosa dove dovevano
difendere una striscia di terra lunga e stretta, compresa fra il mare a ovest, e un fianco
vulnerabile a est; altri pensano che mirava a un controllo delle vie di penetrazione commerciale
verso l’India
 Oltre l’Armenia l’altro stato-cuscinetto era l’Osroene, su cui però nacquero conflitti fino
all’annessione definitiva con Settimio Severo

 Il passaggio dall’espansionismo egemonico alla difesa territoriale di sbarramento


(territorializzazione delle legioni) comportò un mutamento delle qualità richieste dall’esercito
romano; problema di tenere costante il morale e la preparazione di un esercito che ora doveva
assolvere a funzioni di difesa e non aveva prospettive di bottino; la sostituzione degli
accampamenti rurali con comodi baraccamenti urbani e fortezze incideva negativamente; lungo
periodo di pace tra la morte di Traiano (117) e il regno di Marco Aurelio

 Durante il II secolo aumenta la proporzione di truppe ausiliarie, più leggere e adatte a compiti
di guardia e sentinella sul confine

 Introduzione del corpo dei numeri, unità più piccole degli auxilia che al contrario di essi avevano
mantenuto un carattere nazionale; manodopera facilmente reperibile e che si rinnovava perché
al contrario degli auxilia al congedo non ricevevano la cittadinanza ma tramandavano il proprio
ruolo ai figli

 Data la territorializzazione delle legioni, le truppe legionarie richieste per le operazioni su larga
scala venivano fornite sotto forma di distaccamenti (vexillationes), uso che si intensifica dopo
Traiano; in genere si trattava di soldati privi di legami familiari che non avevano motivo di
rimanere attaccati a un territorio. L’uso di vexillationes evitava di dover spostare intere legioni,
cosa che avrebbe esposto a gravi rischi il settore rimasto scoperto (subito dopo la conclusione
della guerra contro i Parti, Marco Aurelio fu costretto a muovere contro i popoli settentrionali)

 Alla fine, per compensare la minore elasticità del sistema nel 165 fu necessario ricorrere al
reclutamento di nuove legioni (II e III Italicae)

La grande crisi del III secolo e le nuove strategie


 Già durante il II secolo le popolazioni sul Reno e lungo il corso superiore del Danubio iniziano a
riunirsi in agglomerati più grandi e molto più pericolosi, formando le federazioni dei Franchi e
degli Alemanni
 A Oriente si crea un grave squilibrio con l’ascesa dei Sassanidi (224 d.C.)
 Da un lato probabilmente la territorializzazione dell’esercito frenò molti aspiranti al trono per i
quali doveva essere più difficile spingere i soldati a seguirli lontano dalle proprie terre; dall’altro,
quando ciò avveniva lasciava sguarniti i confini, favorendo le invasioni; quest’ultime, d’altra
parte, a volte erano esse stesse motivo di rivolte da parte degli usurpatori, che reagivano
all’incapacità del governo centrale di garantire la sicurezza; l’imperatore di turno era spesso
costretto a rivolgere la propria attenzione ai pericoli interni a detrimento di quelli esterni (es.
Filippo l’Arabo che pur di tornare a Roma per rivendicare il trono conclude sfavorevolmente una
pace con i Persiani dopo la guerra intrapresa da Gordiano III)
 Dopo mezzo secolo di caos Diocleziano persegue una politica di irregimentazione interna e
sistematico consolidamento delle frontiere (editto dei prezzi, fortezze lungo tutti i confini),
finanziati da un sistema di imposte in natura; passaggio dalla difesa territoriale del II secolo alla
difesa in profondità
Tipologie di sistemi difensivi
 Difesa elastica; si basa esclusivamente sulla mobilità delle truppe, abbandonando il perimetro
di confine con tutte le sue fortificazioni; la difesa conta quindi su un concentramento di forze
pari a quello nemico, ma rinuncia ai vantaggi tattici normalmente legati al suo ruolo
 Difesa in profondità; combinazione di roccheforti autonome e reparti mobili di soldati dislocati
davanti e dietro di esse; l’offensiva nemica può sfruttare il vantaggio di una piena libertà di
concentramento, mentre la difesa può contare sul reciproco sostegno delle roccheforti e delle
truppe mobili; per avere successo è necessario che le roccheforti siano abbastanza salde da
reggere gli attacchi senza bisogno dell’appoggio delle unità mobili; che quest’ultime riescano a
resistere o sottrarsi agli attacchi concentrati del nemico senza dover trovare rifugio nelle
roccheforti; e che gli assalitori siano costretti a espugnare le roccheforti per riuscire a prevalere.
In queste condizioni l’offensiva nemica si trova ad affrontare la superiorità militare della difesa,
basata sull’azione combinata delle unità fisse e di quelle mobili

 Avendo sviluppato nel II secolo un ampio sistema di difesa di confine, la risposta dei Romani alla
prima grave penetrazione nemica, avvenuta sotto Marco Aurelio (166 ca.), consisté
nell’incrementare e riparare il sistema difensivo già esistente. Non fu adottato né un metodo di
difesa «elastica» né di difesa «in profondità», bensì furono rafforzate le opere di fortificazione e
aumentate le guarnigioni lungo i tratti di confine più vulnerabili; furono create due nuove legioni
(II Italica e III Italica), e dislocate rispettivamente nel Norico e nella Rezia, due province che fino
a quel momento erano state sprovviste di presidi legionari. La fondamentale strategia difensiva
di confine non fu abbandonata neppure quando, un secolo più tardi, fu creato il primo nucleo di
una riserva strategica sotto l’imperatore Settimio Severo, e continuarono invece i tentativi di
porre rimedio localmente alle carenze del sistema difensivo, mediante la costruzione di ulteriori
fortificazioni e la creazione di nuove guarnigioni.

 Con il tracollo delle difese durante la crisi del III secolo, nel punto in cui le difese fossero state
sfondate si passa alla strategia di tipo elastico, ma nel caso fosse stato possibile operare una
scelta deliberata si preferiva una strategia di difesa in profondità. L’adozione di questo sistema
di difesa, avvenuta alla fine del III secolo, non fu né totale né definitiva, e ogni volta che
mostrava segni di successo veniva abbandonata e si cercava di restaurare il sistema di
sbarramento. Su questo principio era basata la politica militare di Diocleziano e quella dei più
fortunati tra i suoi successori, fino a Valentiniano (364-375), sotto il quale fu fatto l’ultimo
tentativo di difesa mediante il sistema a sbarramento.

 Durante il tardo impero, il vantaggio più importante rimasto alle forze romane era quello della
logistica e dell’approvvigionamento

 I forti del I e II secolo non erano adatti a resistenze prolungate perché servivano da basi per
operazioni tattiche di tipo offensivo; nel III secolo vengono rivisti aggiungendo tutta una serie di
dispositivi e miglioramenti difensivi

 Il precedente sistema a sbarramento era superiore per i benefici che garantiva alla società, ma
eccessivamente costoso da mantenere, in presenza di nemici divenuti capaci di concentrare un
enorme numero di soldati su qualsiasi settore dei confini; inoltre questo sistema non
presentava una resistenza elastica, poiché non esistevano fortificazioni dietro le difese della
linea di confine. Una difesa in profondità, invece, poteva sopravvivevere anche a penetrazioni
gravi e prolungate senza subire un tracollo totale.

 In presenza di continui flussi migratori da nord a sud e da est a ovest la strategia romana
doveva mirare non a una vittoria totale ma al mantenimento di un livello minimo ma
adeguato di sicurezza, al minor costo possibile per la società

 La presenza di validi comandanti e la fortuna in battaglia potevano invertire il ciclo


degenerativo del sistema di difesa “in profondità”. In Occidente si ebbero alcune di queste
importanti inversioni di tendenza fra il III secolo e la fine del IV, e ciascuna di esse culminò in un
temporaneo ritorno alla difesa “di sbarramento” dei confini. Fu così possibile superare, nella
metà orientale dell’impero, la grande crisi del V secolo, e molte altre successive. Ma il ciclo
degenerativo iniziato in Occidente dopo il regno di Valentiniano (364-75) poté essere invertito in
seguito solo parzialmente, e dopo la morte di Teodosio I (avvenuta nel 395) divenne addirittura
irreversibile. Allora gran parte dell’impero d’Occidente divenne arena di combattimento fra
eserciti barbarici, che saccheggiavano il territorio, o in nome di un’autorità imperiale sempre più
evanescente, o semplicemente a nome proprio.

 La differenza tra i conflitti con i popoli settentrionali e quelli con i Parti è che i secondi erano
sporadici, con una fine e un inizio precisi

 Nel 167 Quadi e Marcomanni arrivarono fino ad Aquileia; si trattava comunque di razzie su
larga scala che non provocavano danni alla base logistica dell’impero, rendendo la vittoria
finale dei Romani solo una questione di tempo (179 d.C., vittoria sul Danubio)

 Alla metà del III secolo i pericoli si fanno più gravi: i Goti, avversari più temibili dei precedenti
Carpi e Sarmati, nel 238 si spingono a ovest fino ad attaccare Tira (sul Dnestr) e ad attraversare
la foce del Danubio quattro anni più tardi; dal 253 al 269 circa Goti ed Eruli saccheggiano le
coste del Mar Nero e in seguito quelle del Mar Egeo, penetrando anche nell’entroterra; gli
Alemanni nel 260 costringono i Romani a evacuare il limes antoniniano oltre il Reno e il
Danubio; i Franchi nel 275 oltrepassano il confine in seguito alla caduta dell’impero gallico;
inoltre pirati sassoni che minacciavano le coste della Britannia meridionale e della Gallia, le cui
devastazioni dovettero intensificarsi nel periodo 268-282 d.C.

 La trasformazione fondamentale dell’ambiente al di fuori dell’impero si verifica in Oriente con


l’ascesa dei Sassanidi, che a differenza dei Parti Arsacidi concepiscono un programma di
conquiste non sporadico e non limitato geograficamente, poggiando su un sistema
centralizzato (es. religione di stato) e non su vassalli semiautonomi facilmente manipolabili dai
Romani; possesso di un’adeguata tecnica di assedio; gli attacchi iniziano con Ardashir nel 230 e
proseguono con alterne vicende per tutto il secolo e oltre (Alessandro Severo riesce a ristabilire
lo status quo; Filippo l’Arabo, successore di Gordiano III, accetta una pace sfavorevole; nel 260
Valeriano viene catturato a Edessa; Aureliano e Caro, e più tardi Galerio, riescono a ristabilire il
predominio romano in Siria e la sovranità dell’Armenia con la pace del 298; trattato di Gioviano
nel 363 con Shapur II, che prevede la cessione alla Persia della Mesopotamia settentrionale,
compresa Nisibi)

 I pericoli maggiori si manifestavano in presenza di attacchi simultanei (es. Alemanni nel 233, in
simultanea alla controffensiva romana contro Ardashir; il crollo finale del confine terrestre fra il
Reno e il Danubio avviene nel 260, al tempo delle massime pressioni sul fronte orientale)

 A Oriente esisteva un chiaro rapporto reciproco, più o meno intenzionale, fra il ritmo degli
attacchi per terra e per mare dei Goti, e l’intensificarsi delle pressioni persiane. Nel 250 Decio
partì per ristabilire il confine lungo il corso inferiore del Danubio, ma l’anno successivo subisce
una disastrosa sconfitta ad Abritto; nel 252 Shapur dà inizio a un’offensiva, e nei quattro anni
seguenti si verificano invasioni (la Dacia viene sommersa dai barbari, i Goti raggiungono
Salonicco, Shapur conquista il territorio fino ad Antiochia, Franchi e Alemanni sottopongono la
frontiera romana a pressioni costanti

 A causa dei ripetuti spostamenti delle vexillationes, verso la fine del III secolo le basi legionarie
dovevano ospitare perlopiù soldati anziani e quelli altrimenti inadatti al combattimento sul
campo; la riorganizzazione delle difese di confine rappresenta quindi un adattamento del
sistema alle proprie risorse, giacché era impensabile che unità militari fisse e sempre più simili a
una sorta di milizia potesse servire efficacemente come forze mobili d’attacco, ma se provviste
di mura e torri potevano resistere a lungo

 Nel 288 l’impero riesce a organizzare un attacco su grande scala con Massimiano che attraversa
tutta l’Africa settentrionale; ciononostante, il limes di Volubile viene evacuato, giacché la
vittoria aveva creato le condizioni per una riorganizzazione dei confini in base a considerazioni
strategiche che riguardavano l’impero nel suo insieme

 La pace con la Persia del 298 rappresenta l’unica situazione in cui si registra un miglioramento
strategica; altrove invece si abbandona la Dacia (sotto Aureliano il confine si ritira sulla linea
fluviale di epoca precedente a Traiano, e stessa cosa in Germania); analoga ritirata nella
Mauritania Tingitana

 I confini sopravvissuti al III secolo risultano “razionalizzati”: i salienti (deboli topograficamente


ma strategicamente utili) in Europa lasciano il posto a confini fluviali più semplici, e in Africa a
frontiere desertiche più brevi; in Oriente con Galerio viene ristabilita una difesa “avanzata”,
mantenendo la linea di confine precedentemente stabilita da Settimio Severo, e supportata dai
rapporti clientelari instaurati con i popoli vicini (Armeni, Iberi nel Caucaso)
 Restaurata la potenza dell’impero, con Diocleziano si dà avvio alla trasformazione delle
fortificazioni di frontiera, che dovevano essere capaci di una resistenza prolungata, con forti
collocati in profondità allo scopo di proteggere le linee interne di comunicazione

 Dalla seconda metà del III secolo in poi, in seguito alla grande invasione dell’Italia del 259-260 a
opera degli Alemanni (poi sconfitti a Milano da Gallieno) e a quella degli Iutungi (messi in fuga
da Aureliano nella valle del Po) sia i forti normali che i fortini stradali iniziano a essere edificati
sulle vie di comunicazione all’interno dei confini (sotto il principato, alle maggiori vie di
comunicazione erano stati riservati solo limitati presidi, formati da distaccamenti di soldati scelti
fra i legionari e adibiti al servizio di sentinella); creazione di barriere multiple attraverso i
corridoi di invasione che conducevano all’Italia settentrionale; i fortini stradali erano sufficienti
a garantire una certa sicurezza contro le invasioni che si disperdevano durante le varie
scorrerie, e contro il brigantaggio, quest’ultimo favorito dall’oppressione fiscale
 Diverse città si affrettano a costruire cinte murarie (es. Atene in seguito all’attacco degli Eruli
del 267), anche incorporando le strutture urbane; talvolta si abbandonano vaste strutture fisse
tornando ai villaggi fortificati in altura; processo di ibridazione tra città e forti, con città che si
trasformano in forti e viceversa (es. fattorie fortificate in Libia lungo il limes Tripolitanus)
 La trasformazione dei centri rurali in punti fortificati era più semplice nelle zone aride, dove le
disponibilità idriche già imponevano una concentrazione della vita rurale; più difficile invece
nelle regioni in cui esistevano vaste riserve d’acqua (Europa), dove la vita rurale era diffusa ad
ampio raggio e il problema delle difese non poteva essere risolto in modo economico e solo i
proprietari terrieri più ricchi potevano potevano permettersele

Miglioramenti dei sistemi difensivi:

 Mura più spesse


 Torri non più solo decorative e di sorveglianza, ora più aggettanti per migliorare il tiro laterale
 Falsebrache molto più larghe1 che permettevano un angolo di tiro migliore per l’artiglieria,
fossati più ampi
 Le porte ora non hanno solo una funzione decorativa e civica; aggiunta di cortili rientranti
(l’ingresso vero e proprio ora dà su una corte interna e ben sorvegliata), porte mimetizzate da
bastioni circolari; uso di uscite di sicurezza (strette fessure per permettere ai difensori di uscire
allo scoperto inosservati)
 Alle fortificazioni dotate di ampie strade (via sagularis) che separano le mura dalle abitazioni (a
protezione di quest’ultime dai proiettili) dalla metà del IV secolo si sostituiscono fortificazioni
con baracche appoggiate alle mura (mezzo economico per aumentarne lo spessore)

1
Muro di cinta basso, situato esternamente rispetto alla cinta muraria principale, utile per aumentare la linea
difensiva raddoppiandone il tiro, oltre che per effettuare spostamenti all’esterno della città senza essere visti
 Le truppe imperiali erano più numerose di prima, ma non venivano più dislocate esclusivamente
lungo la linea di confine; di conseguenza, i forti e le fortezze del tardo impero erano occupati da
un numero di soldati molto minore di quello del I e II secolo.
 Dal III secolo l’importanza delle legioni subisce un costante deterioramento; sui confini ora non
avevano il tipo di mobilità richiesta ai compiti di difesa, la loro funzione era stata quella di
stabilizzare politicamente più che militarmente le frontiere
 Nel IV secolo le truppe a tempo pieno che avevano esercitato la sorveglianza dei confini in base
a una tattica mobile e difensiva cedono il posto a soldati-contadini (limitanei) che coltivano la
terra a esse assegnata e prestano unicamente una difesa statica e localizzata (la nuova strategia
richiedeva soprattutto soldati capaci di resistere nelle loro posizioni); più adatti al ruolo di
difensori in quanto avevano le proprie famiglie e i propri possedimenti da proteggere in situ
 Probabilmente la qualità dei limitanei era influenzata anche da quella delle truppe a tempo
pieno di stanza nel loro settore (se si trattava di unità mobili valide, o di truppe già degenerate
in una milizia territoriale o composte da pensionati); ai limitanei era richiesto solo di offrire una
tenace resistenza e di servire da appoggio alle truppe mobili in azione nella zona

L’esercito del tardo impero


 Sotto il principato, tutte le truppe dell’esercito, tranne i 7000 soldati che formavano le coorti
pretorie e urbane, erano “provinciali”, nel senso che erano normalmente incaricati della difesa
di determinate province. Tali truppe consistevano esclusivamente in unità, legioni, e auxilia (alae
di cavalleria, coorti di fanteria e cohortes equitatae miste), tutte impegnate “a tempo pieno”
nelle attività di difesa. Non esistevano unità di limitanei “a mezzo servizio”, né una riserva
mobile regolare a livello regionale e imperiale.
 Al tempo di Costantino, nel IV secolo, lo schema di spiegamento delle truppe provinciali era
mutato: erano comparsi i limitanei, mentre le alae e le cohortes ausiliarie erano scomparse.
Esistevano ancora delle unità chiamate legioni, ma si trattava di unità molto più piccole rispetto
alle precedenti, non dislocate in singole basi di notevole ampiezza, bensì frammentate in
distaccamenti permanenti. In quel tempo fecero la loro comparsa anche delle nuove unità
militari, i cunei di cavalleria e gli auxilia di fanteria, entrambi formati probabilmente da 500
uomini ciascuno. Al pari dei limitanei, tutte queste truppe provinciali vennero a trovarsi sotto gli
ordini del comandante del settore, il dux limitis, pur mantenendosi delle unità regolari “a tempo
pieno”, il cui grado era una via di mezzo fra quello dei limitanei di estrazione contadina, e l’élite
delle forze da campo, i comitatenses. Questa evoluzione, che nel IV secolo avrebbe causato
un’ulteriore stratificazione delle forze romane, iniziò già nel III secolo con una serie di
trasformazioni.
 Fino alle massicce invasioni del III secolo, le legioni avevano costituito la spina dorsale
dell’esercito romano, e la loro distribuzione era cambiata di poco rispetto al tempo di Adriano;
con Marco Aurelio (165) vengono create la II e III Italicae, e con Settimio Severo le tre legioni I,
II e III Parthicae, portando il numero totale a 33 (forse 34, contando la IV Italica probabilmente
istituita da Alessandro Severo)

 Non è detto che nel III secolo le legioni avessero perso la propria leggendaria efficienza, giacché i
pericoli si trovarono ad affrontare erano di molto superiori a quelli sotto il principato
 La Notitia Dignitatum (fine IV – inizi V secolo) parla di 188 tipi di “legioni”, ma si tratta di unità
da combattimento diverse, formate probabilmente da 1000 uomini per quelle mobili da campo,
e 3000 circa o anche meno per quelle territoriali; i soldati non erano più forze scelte di fanteria
pesante ben addestrata ed equipaggiata; l’artiglieria non faceva più parte dell’organico
legionario; al gladium si sostituiva la spatha, spada lunga di origine barbarica più adatta a un tipo
di battaglia indisciplinato e in ordine sparso; già al tempo di Diocleziano le legioni erano state
indebolite dalle rimozioni di vexillationes non risarcite, dallo sfacelo a livello dei rifornimenti e
del comando, dalle ripetute invasioni
 Fin quando Diocleziano non riformò le legioni, non era più possibile realizzare una strategia
basata sulla difesa avanzata (poiché richiedeva una netta superiorità tecnica a livello locale), e
tantomeno una difesa in profondità, che richiedeva una rete sicura di forti e avamposti
fortificati; l’unico tipo di difesa possibile nel periodo 250-284 era quello elastico, che in ogni
caso garantiva una sicurezza finale al potere imperiale (ma non al suo territorio)
 Diocleziano si propone di ristabilire una difesa territoriale, se non di sbarramento almeno in
profondità, con cui esporre alle operazioni belliche solo le zone esterne ai confini; costruzione di
innumerevoli fortificazioni e infrastrutture su tutto il territorio (es. Strata Diocletiana costruita
dopo la guerra contro i Persiani fra il 293 e il 305), mantenimento di teste di ponte fortificate
(es. sul lato opposto del Danubio, nella Ripa Sarmatica) per intercettare in tempo gli attacchi
nemici; rioccupazione dei vecchi forti lungo il Danubio; tutto ciò era finanziato da uno spietato
sistema di tassazione in natura
 È possibile che al tempo dell’abdicazione di Diocleziano (305) fossero state aggiunte fino a 35
nuove legioni (per un totale di 67 o 68), che non erano i battaglioni di 1000 uomini caratteristici
dell’epoca successiva)

Costantino
 Il sistema viene sostituito da un altro in cui valide forze mobili da campo (comitatenses)
vengono concentrate per servire in operazioni che interessavano tutto l’impero, indebolendo di
conseguenza le truppe provinciali; decadimento anche qualitativo (dequalificazione delle
caratteristiche fisiche richieste nel reclutamento)

La nascita dell’esercito da campo e l’ascesa della cavalleria


 Al massimo sotto Adriano, la strategia di sicurezza sviluppatasi si avvicinava a un sistema che
prevedeva forze militari immobili; le legioni erano dotate di mobilità limitata e le grandi
distanze rendevano inutile l’istituzione di una riserva centrale
 Quest’ultima trovava però una ragione d’essere nella protezione del potere centrale: Augusto
disponeva dei propri soldati scelti (evocati) e del proprio corpo di guardia formato da schiavi
batavi; verso l’epoca di Domiziano troviamo gli equites singulares (truppe a cavallo di circa
1000 uomini); nel 330 troviamo anche le scholae, un corpo scelto di soldati a cavallo agli ordini
dell’imperatore stesso
 Istituiti nel 27 a.C., i Pretoriani erano un corpo privilegiato che riceveva il doppio del soldo
legionario, per un totale di 5000 soldati
 Esistevano poi le coorti urbane (che rimasero sempre in numero di 4 con 500 uomini ciascuna),
e i vigiles, composti da 3500 uomini alla fine del II secolo; quest’ultimi però erano liberti che
servivano da pompieri e poliziotti, non erano soldati. Un massimo di 8000 uomini (pretoriani,
coorti urbane) faceva parte delle unità disponibili come forza centrale, sufficienti come scorta
per l’imperatore, ma non abbastana forte come esercito da campo
 Con Settimio Severo sopravviene la prima grande innovazione: una delle tre legioni da lui
create, la II Parthica, viene stanziata in Italia (ad Albano), forse per motivi più politici e interni
che militari ed esterni, giacché le tre legioni erano agli ordini di comandanti di rango equestre
(praefecti) e non senatorio (legati); in ogni caso, la II Parthica avrebbe potuto costituire il nucleo
di un esercito centrale da campo. Severo inoltre incrementò le forze già esistenti (cioè coorti
pretorie e urbane, e perfino i vigiles); ora erano disponibili 30.000 uomini, liberi dal servizio di
difesa dei confini, che potevano fornire una notevole riserva centrale di almeno 23.000 uomini
da impiegare nelle eventuali campagne)
 Durante gli anni più difficili del III secolo, sotto Gallieno (253-268) si fa cenno a una riserva
centrale, o meglio a truppe da campo tenute come riserve regionali (si trattava di corpi di
cavalleria dislocati lungo le strade principali, strumento principale di una nuova strategia
mobile fondata su una difesa in profondità talmente profonda da costituire praticamente una
difesa elastica in cui nessuna parte dell’impero era difesa con assoluta sicurezza, tranne il cuore
dell’Italia
 Il successore designato, Claudio, era un comandante di cavalleria, così come il precedente
usurpatore Aureolo, e così come il successore Aureliano; notevole importanza politica della
presenza di un corpo mobile di cavalleria, privo di legami con qualsiasi postazione fissa, il cui
comandante, se non era l’imperatore stesso, poteva diventarlo, poiché non esisteva nessuna
forza paragonabile da poter mettere in moto contro un vasto corpo centralizzato di cavalleria
 Con la cavalleria risultava raddoppiata la mobilità strategica delle forze di spedizione impiegate
via terra, rinunciando però alla superiorità tattica che la fanteria aveva nei confronti dei barbari
(il nostalgico Vegezio mostrava ostilità alla cavalleria, ritenendo la fanteria meno costosa, più
versatile e più adatta a trasmettere le tradizioni legionarie
 Nella storia della cavalleria romana si osserva il notevole successo dei corpi di cavalleria
leggera equipaggiati con armi da lancio, e l’altrettanto notevole fallimento della cavalleria
pesante equipaggiata con armi d’urto
 Nonostante ciò, sotto Traiano, aveva già fatto la sua comparsa un’unità miliaria di cavalleria
pesante formata da lancieri (Ala I Ulpia Contariorum Miliaria), e anche prima, Giuseppe Flavio
descrive un’arma usata dalla cavalleria di Vespasiano in Giudea (nel 68 circa) come un kontos,
cioè una lancia pesante tipica della cavalleria pesante. Questa cavalleria non prevedeva la
corazza per i soldati; la prima unità di cavalleria corazzata compare al tempo di Adriano, con
un’Ala I Gallorum et Pannoniorum Catafractata, un termine che indicava la cavalleria provvista
di una piccola corazza rigida. La cavalleria pesante era stata alla base delle forze dei Parti, e lo fu
anche per quelle dei Sassanidi. La loro cavalleria, però, era completamente protetta da una
corazza rigida, e anche i cavalli erano parzialmente coperti da un’armatura, sul tipo di quella
usata dai cavalieri del tardo medioevo; i Romani li soprannominavano clibanarii (forni per il
pane), e certo non avranno avuto vita facile nella calura del deserto siriaco
 Nella campagna di Aureliano contro Palmira la cavalleria leggera viene impiegata con successo
inducendo la cavalleria pesante nemica all’inseguimento fino a cadere esausti
 Nonostante questa palese dimostrazione di superiorità della cavalleria leggera rispetto ai
cavalieri corazzati (purché appoggiata da una solida fanteria), unità di clibanarii cominciano ad
apparire anche nell’esercito romano (la Notitia Dignitatum ne elenca 9)

Il problema dell’esercito da campo al tempo di Diocleziano


 Gli storici sono discordi nell’attribuire la suddivisione tra truppe confinarie stabili (limitanei) e
truppe da battaglia (comitatenses) già a Diocleziano, che insieme ai colleghi avrebbe creato o
ampliato il sacer comitatus (la scorta che accompagnava gli imperatori sul campo di battaglia),
sostituendo gli eserciti improvvisati dei loro predecessori con delle truppe fisse; in base a ciò,
Costantino avrebbe solo continuato l’opera di trasformazione, aggiungendo una nuova struttura
di comando
 Secondo l’altra opinione, il sacer comitatus sarebbe stato solo una scorta e non un esercito da
campo, né il primo nucleo di questo; sarebbe stato Costantino a rimuovere un gran numero di
truppe dai settori di confine per creare il suo esercito da campo centralizzato di comitatenses
 In ogni caso, fu certamente Costantino che istituì i nuovi posti di comando dell’esercito fisso da
campo: il magister peditum per la fanteria e il magister equitum per la cavalleria, e nei primi
decenni del IV secolo esisteva già la duplice struttura dell’esercito, che comprendeva i limitanei
e le truppe provinciali lungo i confini, agli ordini dei comandanti del settore (duces), e le forze
da campo centralizzate, agli ordine dell’imperatore e dei suoi magistri
 È probabile che alla fine del V secolo i comitatenses siano notevolmente aumentati di numero,
a spese delle truppe provinciali (ora chiamate limitanei), il cui rango e i cui relativi privilegi erano
in continuo declino (es. nel 406 alcuni confini vengono a trovarsi sguarniti di truppe a causa della
guerra interna intrapresa da Stilicone; in questi casi le frontiere venivano lasciate alla difesa di
certe alleanze barbariche, pallide imitazioni delle relazioni di clientela del I secolo
 È significativo che in Oriente (che sopravvisse più a lungo) la percentuale di limitanei nella
composizione dell’esercito fosse superiore che in Occidente
 A incentivare la nascita dell’esercito da campo fu anche l’esempio stabilito da Settimio Severo,
che era al comando del proprio esercito; l’esempio divenne una norma alla quale era
impossibile sottrarsi

L’evoluzione post-costantiniana
Alla fine del IV secolo si osserva una nuova organizzazione:
 Nuove unità, i c.d. palatini, fungono da truppe centrali da campo, sotto il comando diretto degli
imperatori di Oriente e Occidente
 I comitatenses sono diventati eserciti regionali da campo di rango inferiore
 I limitanei sono decaduti a un rango ancora più basso

 Ulteriore deterioramento della qualità e quantità di risorse umane e materiali a disposizione


della difesa del territorio, e ulteriore declino della sicurezza territoriale (nel V secolo un
cittadino qualsiasi dell’impero, un mercante di nome Viminacio, preferiva vivere al di fuori
dell’impero, tra gli Unni, nell’accampamento stesso di Attila)

I tre sistemi di sicurezza imperiale


1. Giulio-claudio (prosecuzione del sistema dell’imperialismo repubblicano); controllo egemonico,
stati-clienti che provvedono alla sicurezza dei confini e quindi delle aree interne; le forze armate
non hanno compiti di difesa territoriale e sono fondamentalmente mobili, facilmente dislocabili
da un punto all’altro, impiegabili in operazioni di espansione in assenza di ribellioni interne (es.
in Germania, o in Britannia all’epoca di Claudio)
2. Antoniniano (dall’età dei Flavi alla crisi della metà del III secolo); territorializzazione, le forze
armate sono dislocate ovunque e usate largamente in modo diretto, assumendo quei compiti di
difesa prima demandati ai clienti, i quali continuano a esistere ma con minore utilità
3. Il terzo sistema nasce durante la crisi del III secolo per far fronte alla rinnovata minaccia di
popolazioni che si confederano tra loro; sotto Diocleziano, uno schema di difesa in profondità
basato su una serie di fortificazioni costruite in posizione on eccessivamente profonda rispetto a
ai confini sostituisce la difesa elastica di Gallieno e della generazione precedente, che prevedeva
l’intervento di appositi eserciti da campo per combattere contro i gruppi di barbari penetrati
anche molto profondamente nel territorio imperiale; i nemici non sono più tenuti sulla difensiva
da una tattica di difesa avanzata, ma sono solo trattenuti dall’avanzare; la trasfusione di truppe
provinciali nell’esercito centrale da campo indebolisce la difesa dei confini che diventano più
vulnerabili alla penetrazione nemica; cade l’immagine del potere delle legioni impiegata a
scopo di persuasione politica e il bilancio del sistema risulta così finalmente in pareggio (il
livello di sicurezza garantito diviene direttamente proporzionale alle risorse spese per l’esercito
e per le fortificazioni, va definitivamente perduta l’economia di forze dei tempi del principato)

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