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L'esercito romano fu l'insieme delle forze militari terrestri e di mare che servirono Roma antica,
nella serie di campagne militari che caratterizzarono la sua espansione, dall'epoca dei sette re, alla
Repubblica romana, all'epoca imperiale e fino al definitivo declino.
L'esercito era composto, a seconda dell'epoca storica analizzata, da varie componenti: le legioni di
cittadini romani, gli alleati o le truppe ausiliarie, la flotta ravennate, di Miseno oltre a quelle fluviali
e le guarnigioni di Roma (guardia pretoriana, coorti urbane e corpo dei vigili).
Nel corso di una lunghissima storia, che ne ha fatto "l'istituzione militare più efficace e più longeva
che si conosca nella storia umana",[1] l'esercito romano ha conosciuto una continua evoluzione
strutturale che, nel tempo, ne ha profondamente modificato l'organizzazione militare e la stessa
costituzione.
Dalle sue origini di Roma, intorno all'VIII secolo a.C., fino alla dissoluzione finale, nel 476 d.C.,
con il disfacimento dell'impero d'Occidente, l'organizzazione delle forze armate di Roma subì
sostanziali trasformazioni. Al più alto livello della struttura, le forze erano divise in esercito terrestre
e marina militare romana, sebbene questa distinzione fosse più labile di quanto si possa riscontrare
nella moderna dottrina militare.
All'interno dei massimi livelli di entrambe le branche, le trasformazioni strutturali occorsero sia in
conseguenza di effettive riforme militari, sia per l'emergere di naturali evoluzioni strutturali.
Dell'organizzazione militare romana, Flavio Giuseppe ci dice:
« [...] riguardo alla loro organizzazione militare, essi hanno questo grande impero come premio del
loro valore, non come dono della fortuna. Non è infatti la guerra che li inizia alle armi e neppure
solo nel momento dei bisogno che essi la conducono [...], al contrario vivono quasi fossero nati con
le armi in mano, poiché non interrompono mai l'addestramento, né stanno ad attendere di essere
attaccati. Le loro manovre si svolgono con un impegno pari ad un vero combattimento, tanto che
ogni giorno tutti i soldati si esercitano con il massimo dell'ardore, come se fossero in guerra
costantemente. Per questi motivi essi affrontano le battaglie con la massima calma; nessun panico li
fa uscire dai ranghi, nessuna paura li vince, nessuna fatica li affligge, portandoli così, sempre, ad
una vittoria sicura contro i nemici [...]. Non si sbaglierebbe chi chiamasse le loro manovre,
battaglie senza spargimento di sangue e le loro battaglie esercitazioni sanguinarie. »
Fase II
Con l'espansione dei territori cadenti sotto il controllo romano, e con l'accrescersi in
grandezza delle forze armate, i soldati divennero gradualmente dei professionisti salariati.
Quale conseguenza, il servizio militare prestato ai livelli più bassi (e non remunerati) divenne
progressivamente di più lungo termine. Le unità militari romane, in questo periodo, erano
estremamente omogenee e fortemente regolate. L'esercito consisteva di unità di fanteria
composte da cittadini, conosciute come legioni (lat.: legiones), a cui si affiancavano truppe
ausiliarie, non legionarie, costituite da alleati privi di cittadinanza romana, che erano
chiamate auxilia. Alle seconde si faceva ricorso soprattutto quali truppe di appoggio, di
fanteria leggera o di cavalleria, o per ricevere supporto logistico.
Fase III
Al culmine della potenza dell'Impero romano, sulle forze ricadeva il compito di presidiare e
rendere sicuro il Limes, il confine esterno delle vaste province romane che erano passate sotto
il controllo di Roma. In questo periodo, normalmente, non si profilavano sull'impero serie
minacce strategiche, così che l'enfasi era posta sulla salvaguardia dei territori conquistati.
In risposta a queste nuove esigenze strategiche, l'esercito subì trasformazioni strutturali e
divenne più dipendente dalle guarnigioni fisse piuttosto che affidarsi ad accampamenti mobili
e a operazioni in campo aperto.
Fase IV
Quando Roma iniziò ad avere difficoltà nel garantire il controllo sul suo enorme territorio, il
servizio militare nelle truppe regolari continuò a essere salariato e professionista. Tuttavia, la
tendenza a utilizzare truppe alleate o mercenarie era aumentato a tal punto che queste
finirono per rappresentare una quota notevole del totale delle forze. Contemporaneamente,
andò scomparendo l'uniformità strutturale che poteva riscontrarsi agli albori
dell'organizzazione militare di Roma. In questa fase, il tipo di soldati impiegati variava dalla
tipologia degli arcieri a cavallo, armati alla leggera, fino alla fanteria pesante, inquadrati in
reggimenti di dimensione e caratteristiche variabili. Questo si accompagnava a una tendenza,
manifestatasi nel tardo impero, a un crescente predominio del ruolo della cavalleria, in luogo
dei reparti di fanteria, un fenomeno che andava di pari passo con la necessità emergente di
operazioni a maggior mobilità.
Tipico elmo villanoviano risalente al primo periodo regio di Roma, proveniente dal museo etrusco
Guarnacci di Volterra.
Lo stesso argomento in dettaglio: Romolo e comizi curiati.
Non si conosce con esattezza la struttura dell'esercito in questa fase: Mommsen riteneva che a quel
tempo l'organizzazione militare di Roma fosse regolamentata delle "Leggi dell'[apocrifo] Re
[V]Italus"[4] ma, in generale, il contenuto di queste leggi è a noi totalmente sconosciuto,
nonostante Aristotele vi faccia riferimento come ancora parzialmente in vigore, ai suoi tempi,
presso alcune popolazioni dell'Italia.[5]
Secondo la tradizione fu Romolo a creare, sull'esempio della falange greca,[6] la legione romana.
Egli iniziò a dividere la popolazione che era adatta alle armi, in contingenti militari. Ogni
contingente militare era formato da 3.000 fanti e 300 cavalieri, scelti tra la popolazione, e che
chiamò legione (latino: legio),[7][8] una tradizione di cui gli studiosi riconoscono l'evidente
carattere di arbitrarietà.[a 1] I 3.000 fanti (pedites) e 300 cavalieri (equites) erano arruolati dalle tre
tribù che formavano la primitiva popolazione di Roma: i Tities, i Ramnes ed i Luceres. In epoca
regia era formata da cittadini compresi tra i 17 ed i 46 anni, in grado di potersi permettere il costo
dell'armamento.[9]
La legione si disponeva su tre file, nella tipica formazione a falange,[10] con la cavalleria ai lati.
Ogni fila di 1.000 armati era comandata da un tribunus militum, mentre gli squadroni di cavalleria
erano alle dipendenze di un tribunus celerum,[11][12] mentre il Rex assumeva il comando
dell'intero esercito ed a cui spettava, inoltre, il compito di scioglierlo al termine della campagna
dell'anno.[13]
Mommsen usa argomenti filologici e riferimenti a Livio e altri autori per suggerire che la gran
massa dei fanti consisteva probabilmente di pilumni (lanciatori di pilum), con un numero più
piccolo a servire forse come arquites (arcieri).[14] La cavalleria era di molto inferiore in numero e
consisteva probabilmente unicamente dei cittadini più ricchi della città.[15] L'esercito conteneva
forse anche le prime forme di carri,[16] a cui sembra alludere il riferimento al termine flexuntes[17]
(o flexuntae: "carrettai, costruttori di carri") usato a volte per riferirsi alla cavalleria romana.[18]
Ora sulla base dei recenti ritrovamenti archeologici si è potuto notare che il primo esercito romano,
quello di epoca romulea, era costituito da fanti che avevano preso il modo di combattere e
l'armamento dalla civiltà villanoviana della vicina Etruria. I guerrieri combattevano
prevalentemente a piedi con lance, giavellotti, spade (con lame normalmente in bronzo, ed in rari
casi in ferro, della lunghezza variabile tra i 33 ed i 56 cm[19]), pugnali (con lame di lunghezza
compresa tra i 25 ed i 41 cm[20]) ed asce, mentre solo i più ricchi potevano permettersi
un'armatura composta da elmo e corazza, gli altri una piccola protezione rettangolare sul petto,
davanti al cuore, delle dimensioni di circa 15 x 22 cm.[21] Gli scudi avevano dimensioni variabili
(comprese tra i 50 ed i 97 cm[22]) e di forma prevalentemente rotonda (i cosiddetti clipeus,
abbandonati secondo Tito Livio attorno alla fine del V secolo a.C.[10]) atti ad una miglior
maneggevolezza.[19] Plutarco racconta, inoltre, che una volta uniti tra loro, Romani e Sabini,
Romolo introdusse gli scudi di tipo sabino, abbandonando il precedente di tipo argivo e
modificando le precedenti armature.[23]
Si dice però che Romolo, quando la città di Roma si ingrandì e si unirono i Sabini, abbia deciso di
raddoppiare le sue truppe in: 6000 fanti e 600 cavalieri.[24] E da ultimo sembra che Romolo
costituì una guardia personale di trecento cavalieri chiamata Celeres[25][26] (eliminata poi da
Numa Pompilio[27]), similmente a quanto fece oltre settecento anni più tardi Augusto con la
creazione della guardia pretoriana a difesa del Princeps. E sempre Romolo sembra fu il primo ad
aver distribuito personalmente ai soldati la terra conquistata in guerra.[28]
Secondo Pietro De Francisci i primi eserciti erano formati dalle gentes, unitamente ai rispettivi
clientes. E ipotizza che non sia del tutto improbabile che queste gentes abbiano potuto condurre
specifiche spedizioni in modo del tutto autonomo come accadde alla gens Fabia nella battaglia del
Cremera.[29] Solo in seguito queste bande armate potrebbero essere state inquadrate nelle tribus e
poi nelle curiae.[29]
Raffigurazione scultorea di un oplita (c. V secolo a.C., Museo archeologico di Sparta), a cui si
ispirava la prima classe di fanteria, nella riforma di Servio Tullio.
Lo stesso argomento in dettaglio: Civiltà etrusca e Tarquini. Dall'inizio del VII secolo a.C.,
dominava sulla regione la civiltà etrusca dell'Età del ferro[30] Come molti altri popoli della
regione, i Romani si scontrarono con gli Etruschi. Intorno alla fine del secolo, i Romani avevano
perso la loro lotta per l'indipendenza, e gli Etruschi, conquistata Roma, stabilirono sulla città una
dittatura militare, o un regno. Con l'inizio di questa fase, anche l'organizzazione dell'esercito subì
una trasformazione strutturale.
Sebbene molte fonti della storiografia romana, compreso Livio e Polibio si diffondano estesamente
sull'esercito romano in quel periodo dell'Età Regia che fece seguito alla presa di potere degli
Etruschi, si tratta pur sempre di fonti tarde, mentre manca qualsiasi resoconto dell'epoca. Polibio,
per esempio, scrive qualcosa come 300 anni dopo gli eventi in questione, e Livio circa 500 anni
dopo. Inoltre, qualunque resoconto avessero tenuto i Romani all'epoca, sarebbe andato distrutto
quando la città fosse stata in seguito saccheggiata. Le fonti relative a questo periodo della storia
militare romana non possono pertanto essere considerate affidabili al pari di quelle disponibili per
epoche successive, come, ad esempio, a partire dalla prima guerra punica.
Secondo le narrazioni sopravvissute, furono tre i re di Roma durante l'occupazione etrusca:
Tarquinio Prisco, Servio Tullio, e Tarquinio il Superbo. In questo periodo, l'esercito di Roma
conobbe una riforma: dall'originario assetto tribale, precedentemente descritto, a un assetto
centuriale, con suddivisioni fondate su classi socio-economiche,[31] anziché tribali. Questa riforma
è tradizionalmente attribuita a Servio Tullio, il secondo dei re etruschi di Roma, che, secondo
tradizione, aveva già portato a termine il primo censimento per tutti i cittadini.[32] Livio ci informa
che Tullio riformò l'esercito trasponendovi la struttura originariamente concepita per la vita civile,
quale risultato del censimento[31] A qualsiasi livello, il servizio militare, a quell'epoca, era
considerato un dovere civico e un modo per ottenere un avanzamento di status all'interno della
società.[33]
Tuttavia non si può affermare che le classi sociali di Roma fossero create dal censimento, piuttosto
furono da esso enucleate. Sarebbe quindi più corretto dire che la struttura dell'esercito veniva
leggermente affinata, piuttosto che radicalmente riformata. Prima di queste riforme, la fanteria era
divisa nella classis dei cittadini ricchi e nella infra classem dei cittadini più poveri. I secondi erano
esclusi dalla linea regolare di battaglia, in considerazione della qualità scadente del loro
armamento[34] Nel corso della riforma, questa grossolana divisione binaria tra cittadini più poveri
e cittadini più ricchi fu ulteriormente affinata su più stratificazioni.
La riforma di Tarquinio Prisco, quinto re di Roma, riguardò la sola classe dei cavalieri,
aumentandone gli effettivi.[35] Egli decise di raddoppiare il numero delle centurie o comunque
aumentarne i loro effettivi[36] (fino ad allora in numero di tre), e di aggiungerne altre a cui diede
un nome differente.[37] Queste ultime furono chiamate posteriores[38] o sex suffragia,[39]
portando così il totale dei cavalieri a 600.[38] Questa riforma per il De Francisci potrebbe essere
stata apportata da Tarquinio Prisco o dal successore Servio Tullio.[12]
Dettaglio del vaso Chigi, con scontro tra fanterie oplitiche del 650-640 a.C. (Museo nazionale
etrusco di Villa Giulia, Roma)
Lo stesso argomento in dettaglio: Riforma serviana dell'esercito romano e comizi centuriati.
Secondo la tradizione, fu Servio Tullio a compiere una prima riforma timocratica dei cittadini
romani[40] atti a prestare il servizio militare (obbligati ad armarsi a proprie spese e perciò chiamati
adsidui[41]), suddividendoli in cinque classi (sei se consideriamo anche quella dei proletarii[42])
sulla base del censo,[31][43] a loro volta ordinati in ulteriori quattro categorie: i seniores (maggiori
di 46 anni: anziani) e gli iuniores (tra 17 e 46 anni: giovani), ovvero coloro che rientravano nelle
liste degli abili a combattere; i pueri (di età inferiore ai 17 anni: i fanciulli) e gli infantes (di età
inferiore agli 8 anni: i bambini) non ancora in età per prestare il servizio militare.[44] In questo
nuovo sistema la prima classe, la più facoltosa, poteva permettersi l'equipaggiamento completo da
legionario, mentre quelle inferiori avevano armamenti via via più leggeri, e dove le prime tre
costituivano la fanteria pesante e le ultime due quella leggera:[41]
Dopo aver così organizzato la fanteria, Servio Tullio passò alla cavalleria, dove reclutò altre 12
centurie di equites dal fiore dell'aristocrazia cittadina, alle 6 già presenti, formate da Tarquinio
Prisco e riconducibili ai sex suffragia:[45] in totale 18 centurie.[46] Secondo il De Francisci, la
cavalleria venne organizzata non più in centuriae, ma in turmae.[47]
In sostanza l'esercito serviano contava 1.800 cavalieri e 17.000 fanti potenzialmente atti alle armi
(suddivisi in 5 classi ed in 170 centurie) oltre ad alcune unità speciali per un totale di 193 centurie.
[43] Si trattava di 2 compagini legionarie, una utilizzata per difendere la città e l'altra per compiere
campagne militari esterne.[48] Qui di seguito una tabella riassuntiva:
« Additum deinde omnium maxime « I patrizi poi aggiunsero un dono quanto mai
tempestivo principium in multitudinem opportuno per la plebe: il senato, senza che mai
munere, ut ante mentionem ullam plebis prima plebe e tribuni vi avessero fatto menzione,
tribunorumque decerneret senatus, ut decretò che i soldati ricevessero uno stipendio tratto
stipendium miles de publico acciperet, cum dalle casse dello Stato. Fino a quel momento
ante id tempus de suo quisque functus ei ciascuno adempiva al servizio militare a proprie
munere esse. (60) Nihil acceptum unquam a spese. (60) A quanto risulta, nessun provvedimento
plebe tanto gaudio traditur. » fu accolto con tanta gioia dalla plebe. »
Nella prima fase della repubblica romana l'esercito continuò a evolvere e, sebbene tra i romani vi
fosse la tendenza ad attribuire tali cambiamenti a grandi riformatori, è più probabile che i
cambiamenti fossero il prodotto si una lenta evoluzione piuttosto che di singole e deliberate
politiche di riforma.[58] La formazione manipolare fu probabilmente copiata dai nemici Sanniti, a
sud di Roma, forse quale conseguenza della sconfitta romana nella Seconda guerra sannitica.[59]
[60] Non a caso Polibio scrive dei Romani:
« I Romani, quando vennero a conoscenza di [determinate] armi [e tattiche], subito le imitarono,
perché più di qualsiasi altro popolo sono capaci di cambiare abitudini e di puntare al meglio. »
(Polibio, VI, 25.11.)
Dalla prima alla seconda guerra punica (264-219 a.C.)
L'organizzazione interna dell'esercito romano descritta da Polibio nel suo VI libro delle Storie, è da
datarsi al principio della seconda guerra punica (218-202 a.C.). Non possiamo escludere, però, che
tale riorganizzazione (rispetto a quella proposta da Tito Livio nel paragrafo precedente), non possa
appartenere ad un'epoca antecedente e databile addirittura alla stessa guerra latina (340-338 a.C.),
[61] o alla terza guerra sannitica (298-290 a.C.) oppure alla guerra condotta contro Pirro e parte
della Magna Grecia (280-272 a.C.).
La legione manipolare polibiana al principio della seconda guerra punica (218 a.C.).[62]
A differenza delle successive formazioni legionarie, composte esclusivamente di fanteria pesante, le
legioni della prima e media età repubblicana consistevano di fanteria sia leggera che pesante. Il
termine esercito manipolare, cioè un esercito basato su unità chiamate manipoli (lat. manipulus
singolare, manipuli plurale, da manus, ovvero "mano"), è pertanto utilizzato in contrapposizione
con il successivo "esercito legionario" tardo repubblicano e alto imperiale, che era incentrato invece
su un sistema di unità chiamate coorti. L'esercito manipolare si basava in parte sul sistema di classi
sociali e in parte sull'età e sull'esperienza militare,[63] e rappresentava quindi un compromesso
teorico tra il precedente modello basato interamente sulle classi e gli eserciti degli anni che ne erano
indipendenti. In pratica, poteva succedere che perfino gli schiavi erano spinti spinti ad arruolarsi
nell'esercito repubblicano in caso di necessità.[64] Normalmente si arruolava una legione all'anno,
ma nel 366 a.C. successe per la prima volta che due legioni fossero arruolate in uno stesso anno.[15]
L'esercito manipolare deve il suo nome alle modalità tattiche con cui la sua fanteria pesante era
dispiegata in battaglia. I manipoli erano unità di 120 uomini, tutti provenienti da una medesima
classe di fanteria. I manipoli erano piccoli abbastanza da permettere, sul campo di battaglia,
movimenti tattici di singole unità di fanteria, nel contesto del più grande esercito. I manipoli,
tipicamente, erano dispiegati in tre ranghi separati (lat.: triplex acies), basati sui tre tipi di fanteria
pesante degli hastati, dei principes e dei triarii.[65]
I tribuni militari eletti annualmente, erano 24 (quattordici dei quali con cinque anni di servizio e
dieci con dieci anni di servizio), sei per ciascuna delle 4 legioni arruolate e disposte lungo lungo i
fronti settentrionali, meridionali e a difesa dell'Urbe.[66][67] L'arruolamento delle 4 legioni
avveniva con l'estrazione a sorte delle tribù tra i 24 tribuni militari, e quella che era stata via via
sorteggiata era chiamata dal singolo tribuno.[68]
"I Romani [...] arruolano abitualmente quattro legioni all'anno, ciascuna formata da quattromila
fanti e duecento cavalieri; e quando si profila qualche necessità, essi aumentano il numero dei fanti
fino a cinquemila e i cavalieri fino a trecento. Il numero degli alleati, in ciascuna legione, è in
numero pari a quello dei cittadini, ma nella cavalleria è tre volte superiore"
Polibio, Storie, I, 268–70
I cittadini romani erano, inoltre, obbligati a prestare servizio militare, entro il quarantaseiesimo
anno di età, per almeno 10 anni per i cavalieri e 16 anni per i fanti (o anche 20 in caso di pericolo
straordinario).[66] Sono esclusi dal servizio militare legionario coloro che avevano un censo
inferiore alle 400 dracme (paragonabili a 4.000 assi secondo il Gabba[69]), anche se vengono
impiegati nel servizio navale.[70]
Il cursus honorum prevedeva che nessuno potesse intraprendere la carriera politica senza aver
prestato almeno 10 anni di servizio militare.[71]
Ogni legione era formata da 4.200 fanti (portati fino a 5.000, in caso di massimo pericolo) e da 300
cavalieri.[72] Le unità alleate di socii (ovvero le Alae, poiché erano poste alle "ali" dello
schieramento) erano costituite, invece di un numero pari di fanti, ma superiori di tre volte nei
cavalieri (900 per unità).[73] I fanti erano poi suddivisi in quattro differenti categorie, sulla base
della classe sociale/equipaggiamento ed età:[74]
1. primi ad essere arruolati erano i Velites, in numero di 1.200[75] (tra i più poveri ed i più
giovani),[76] e che facevano parte delle tre schiere principali (qui di seguito, di Hastati,
Principes e Triarii), in numero di 20 per ciascuna centuria.[61] Questo schieramento
consisteva in truppe armate molto alla leggera, senza armature, adatti per questo al compito
affidatogli, azioni di schermaglia e di disturbo (cosiddetti cacciatori). Erano muniti di una
spada e di un piccolo scudo rotondo (diametro: 3 piedi≈90 cm), oltre che di diversi
giavellotti leggeri, con una corta asta in legno di 90 cm (3 piedi) dal diametro di un dito, e
una sottile punta metallica di circa 25 cm. Le loro file erano ingrossate dall'inserimento di
fanteria leggera proveniente dagli alleati e da rorarii irregolari.
2. seguono gli Hastati, il cui censo ed età erano ovviamente superiori,[76] in numero di 1.200,
[75] pari a 10 manipoli.[77] Formavano tipicamente la prima linea nello schieramento in
battaglia. Ciascun manipolo astato era formato da 40 unità, con una profondità di tre uomini.
[78] Erano fanti corazzati in cuoio, con corazza ed elmetto di ottone adornata con tre piume,
alte approssimativamente di 30 cm, e muniti di scudo di legno rinforzato in ferro alto
120 cm in forma di un rettangolo dal profilo ricurvo e convesso. Erano armati di una spada
nota come gladio e da due lance da getto note come pila: un'era il pesante pilum
dell'immaginario popolare mentre l'altra era un affusolato giavellotto.
3. poi vengono i Principes, di età più matura,[76] sempre in numero di 1.200,[75] pari a 10
manipoli.[77] Costituivano tipicamente il secondo blocco di soldati nello schieramento
offensivo. Erano soldati di fanteria pesante armati e corazzati come gli hastati, eccetto che
vestivano una più leggera corazza in maglia piuttosto che di metallo solido. Ciascuno dei
manipoli di tipo principes era formato da un rettangolo largo 12 unità e profondo 10.[78]
4. ed infine i Triarii, i più anziani,[76] in numero di 600 (pari a 10 manipoli[77]),[75] non
aumentabile nel caso in cui la legione fosse incrementata nel suo numero complessivo (da
4.200 fanti a 5.000), a differenza di tutte le altre precedenti classi, che potevano passare da
1.200 a 1.500 fanti ciascuna.[79] Erano gli ultimi residui delle truppe di stile oplitico
nell'esercito romano. Erano armati e corazzati come i principes, fatta eccezione per la picca,
che essi portavano al posto dei due pilum. Un manipolo di triarii era diviso in due
formazioni, ciascuna larga 6 unità e profonda 10[78]
5. La cavalleria era, infine, arruolata principalmente dalla più facoltosa classe degli equestri,
ma, a volte, contributi addizionali alla cavalleria erano forniti a volte da socii e Latini della
penisola italiana. Esisteva una classe addizionale di truppe, gli accensi (detti anche
adscripticii e, in seguito, supernumerarii) che seguivano l'esercito senza specifici ruoli
militari che erano dispiegati dietro i triarii. Il loro ruolo di accompagnatori dell'esercito era
soprattutto nel colmare eventuali lacune che potevano verificarsi nei manipoli, ma sembra
anche che siano stati occasionalmente impiegati come attendenti degli ufficiali.[65]