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Il principato adottivo:

Il Principato adottivo fu un metodo di successione utilizzato nell'antica


Roma dagli Imperatori romani Nerva, Traiano, Adriano ed Antonino Pio,
anche se già con Galba si incomincia a parlare della necessaria scelta di un
successore e consisteva nel scegliere una persona al di fuori dell'ambito
familiare, permettendo così la nomina dell'uomo ritenuto più idoneo a
governare. Il vecchio
senatore Marco Cocceio Nerva, una volta eletto imperatore, si dedicò
intensamente al risanamento della situazione agricola romana, colpita da
una grave crisi. Durante i suoi due anni di governo Nerva adottò come
figlio Marco Ulpio Traiano. La politica interna di Traiano fu incentrata
sullo sviluppo delle risorse economiche italiane; per favorire la ripresa
dell'agricoltura, l'imperatore impose ai membri del Senato di investire
almeno un terzo del loro patrimonio nelle attività italiche tese allo sviluppo
del lavoro dei campi. Inoltre, per migliorare l'unità di tutto l'impero, estese
i diritti di cittadinanza nelle varie provincie, promosse l'uso della lingua
latina e si dedicò personalmente al controllo delle amministrazioni
provinciali. Ma il grande impegno dimostrato da Traiano negli anni del suo
governo, trova testimonianza nelle attività di politica estera. Tra il 101 e il
106 d.C. l'imperatore portò al termine la guerra contro i Daci di Decebalo,
con la conseguente occupazione del territorio che venne ridotto a provincia
dell'impero romano. L'attuale nome di quella regione, Romania, ci può far
capire come doveva essere profonda l'influenza romana a quei tempi.
Contemporaneamente alla campagna dacica, l'imperatore portò a termine
la conquista dell'Arabia nord-occidentale, che divenne a sua volta
provincia con il nome di "Arabica". Fra il 114 e il 116 d.C. Traiano riprese
l'offensiva contro i Parti che, secondo i suoi progetti, doveva portare ad
una penetrazione romana sino in India. I piani dell'imperatore però non si
attuarono, a causa di una vasta insurrezione di quei popoli, e il governo di
Roma dovette accontentarsi di annettere all'impero le sole provincie
dell'Armenia, della Mesopotamia e dell'Assiria. Nel 117, mentre si trovava
ancora in Cilicia, Traiano fu colpito da una paralisi e morì lontano da
Roma. Alla morte di Traiano si registra la massima espansione dell'impero.
È bene precisare a questo punto che Traiano non si dedicò intensamente
alla politica estera solo per una smania espansionistica ingiustificata ma
che egli cercava in questo modo di risollevare la difficilissima situazione
economica italiana, portando Roma grandi bottini, risorse minerarie e
nuove masse di schiavi. Traiano adottò come erede Publio Elio Adriano,
che nel 117 venne eletto imperatore dal Senato.
Adriano, anch'egli di origine spagnola, resosi conto che le finanze
dell'impero non potevano permettere altre campagne militari, preferì
tornare ad una politica estera di semplice contenimento. Una testimonianza
di questo atteggiamento può essere considerato il Vallum Adriani, cioè un
bastione difensivo fatto costruire in Britannia dall'imperatore contro le
irruzioni delle tribù scozzesi. Durante il suo regno Adriano portò a
compimento un vasto programma di riorganizzazione dell'impero,
compiendo una lunga serie di ispezioni in tutte le provincie romane ed
occupandosi personalmente e con grande assiduità dei problemi
amministrativi delle varie zone. Nonostante la sua indole pacifica, anche
Adriano fu costretto a ricorrere alle armi per sopprimere un'aspra rivolta
scatenata dagli Ebrei. Fra il 131 e il 135 le legioni romane affrontarono
vittoriosamente le popolazioni ebraiche, che subirono un'ennesima
persecuzione e furono allontanate definitivamente dalla loro terra. Nel 138,
alla morte di Adriano, salì al potere Tito Aurelio Antonino,
soprannominato "Pio" per il suo zelo nel voler rinnovare i culti religiosi.

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